Resoconto seduta n.61 del 03/04/2007
SEDUTA N. 61 DEL 3 APRILE 2007



La seduta inizia alle ore 10,40


Presidenza del Presidente
Raffaele Bucciarelli



Comunicazioni del Presidente

PRESIDENTE. Do per letto il processo verbale della seduta n. 60 del 20 marzo 2007, il quale, ove non vi siano obiezioni, si intende approvato ai sensi dell'articolo 29 del Regolamento interno.
Sono state presentate le seguenti proposte di legge:
- n. 161, in data 15 marzo 2007, ad iniziativa dei Consiglieri Bugaro, Rocchi, Ricci, Solazzi e Pistarelli, concernente: "Costituzione della fondazione del Consiglio regionale delle Marche", assegnata alla I Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio;
- n. 162, in data 23 marzo 2007, ad iniziativa del Consigliere Rocchi, concernente: "Modifiche alla legge regionale 24 dicembre 1998, n. 45 recante "Norme per il riordino del trasporto pubblico regionale e locale nelle Marche", assegnata alla IV Commissione in sede referente.
Sono state presentate le seguenti mozioni:
- n. 167 dei Consiglieri Badiali e Ricci "Procedure amministrative per somministra-zione alimenti e bevande";
- n. 168 del Consigliere D'Anna "Grave situazione causata dallo smaltimento illecito di rifiuti";
- n. 169 dei Consiglieri Capponi e Bugaro "Family Day".
La Giunta regionale ha trasmesso, in data 20 marzo 2007, le seguenti deliberazioni:
- n. 216 "Art. 34 della l.r. 23 febbraio 2007, n. 2 - Reiscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2007 di economie relative a stanziamenti aventi specifica destinazione. €. 459.925,48";
- n. 217 "Art. 34, comma 2 - della l.r. 23 febbraio 2007, n. 2 - "Variazione compensativa al Programma Operativo Annuale 2007. Importo di €. 254.000,00";
- n. 218 "Art. 34, comma 1 - della l.r. 23 febbraio 2007, n. 2 - Reiscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2007 di maggiori entrate accertate nell'anno precedente. €. 5.968.653,30";
- n. 219 "Art. 34, comma 1 - della l.r. 23 febbraio 2007, n. 2 - Reiscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2007 di recuperi accertati nell'anno precedente. €. 171.570,40";
- n. 220 "Art. 34, comma 1 - della l.r. 23 febbraio 2007, n. 2 - Variazione compensativa al Programma Operativo Annuale 2007 - Progetto Hydrocare. Importo €. 10.000,00";
- n. 221 "Art. 34, comma 1 - della l.r. 23 febbraio 2007, n. 2 - Reiscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2007 di economie relative a stanziamenti aven-ti specifica destinazione. €. 17.460.385,36";
- n. 222 "Variazione del bilancio di previsione e del Programma Operativo Annuale (POA) 2007 per reiscrizioni di economie di spesa relative a stanziamenti aventi specifica destinazione. €. 11.186.908,64";
- n. 223 "Art. 34 della l.r. 23 febbraio 2007, n. 2 - Variazione al bilancio di previsione e al Programma Operativo Annuale (POA) 2007 per reiscrizioni di somme aventi specifica destinazione e relative a maggiori entrate contabilizzate a fine esercizio 2006. €. 757.877,24"¬
- n. 224 "Art. 34 della l.r. 23 febbraio 2007, n. 2 - Reiscrizione nel bilancio di previsione per l'anno 2007 di economie relative a stanziamenti aventi specifica destinazione. €. 44.258.673,62".
Hanno chiesto congedo il Presidente della Giunta Spacca e l'Assessore Marcolini.
Ultima comunicazione di un fatto che è avvenuto questa mattina. Un grande incendio intorno alle ore sei è divampato presso lo stabilimento di pollame Arena di Castelplanio, in provincia di Ancona. I danni sono ingenti e l’enorme e maleodorante nube di fumo nero, prodotta dalla combustione del pollame e dei contenitori di plastica con il quale viene commercializzato, ha creato panico tra la popolazione, anche se l’Agenzia regionale per l’ambiente ha escluso la presenza di sostanze tossiche. Sono state decine le telefonate ai centralini dei vigili del fuoco, polizia e carabinieri.
Un paio di persone residenti nei pressi dello stabilimento hanno accusato lievi malori e sono state medicate in ospedale – lo leggo da un articolo Ansa arrivato poco fa –.
Sul posto si sono diretti i mezzi di soccorso che hanno mandato in tilt il traffico lungo la vecchia Statale 76. Undici i mezzi antincendio dei vigili del fuoco giunti da Jesi, Ancona, Fabriano, Senigallia e dal distaccamento aeroportuale di Falconara Marittima, insieme a polizia, carabinieri e vigili urbani. La protezione civile regionale ha dirottato verso Castelplanio le proprie squadre di soccorso.
Sembra, anche se non ancora accertato, che possano esserci feriti gravi.
Ho cercato personalmente di mettermi in contatto con il sindaco di Castelplanio ma non ci sono riuscito, so che il Consigliere Badiali era presente in loco quindi lo invito a riferire al Consiglio della situazione.

Franco BADIALI. Come diceva il Presidente l’incendio si è verificato questa mattina intorno alle ore sei, ha coinvolto un’ampia parte dell’azienda del gruppo ex Garbini, ora Arena, dove c’è il magazzino, il settore della lavorazione dei finiti, la spedizione e l’archivio, sono migliaia di metri quadrati. Ci sono stati feriti ma purtroppo c’è anche un decesso, una signora che lavorava presso l’azienda.
Stanno lavorando numerose squadre dei vigili del fuoco venute anche da fuori provincia, l’incendio è circoscritto nella parte interessata. È stata investita dai fumi tutta la catena della lavorazione quindi i danni sono ingentissimi.
Non sappiamo soprattutto quello che farà l’azienda in futuro, ci sono 800 occupati, tra cui 400-500 a tempo indeterminato e oltre 300 a tempo determinato, che non hanno nessuna garanzia e nessuna tutela. Inoltre c’è un sistema di indotto, i trasportatori, gli allevatori e quelli che portano il mangime, di altre 400 persone, in totale ci sono 1.300-1.400 persone.
Chiedo al Consiglio di prendere coscienza di questo fatto, soprattutto chiedo all’Assessore Ascoli di mettersi in contatto per aprire una trattativa con l’azienda e con i sindacati, che questa mattina erano sul posto, per trovare una soluzione. Per quanto riguarda quelli a tempo determinato c’è la cassa integrazione in modo che poi possano riprendere, per quelli a tempo indeterminato la situazione è più problematica, si potrebbe inserire nella vertenza nazionale del settore aviario. Penso che dobbiamo fare tutto il possibile affinché questo sia fatto. In questa azienda ci sono le persone più deboli, molti extra-comunitari che non hanno altro che quel lavoro.


Sull’ordine del giorno

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Massi.

Francesco MASSI GENTILONI SILVERI. Mi associo all’intervento del collega Badiali e alle richieste che ha fatto, esprimendo la piena solidarietà per quanto è avvenuto.
Chiedo, dato che siamo nel pieno di un dibattito che riguarda l’ambiente, ci sono anche notizie sui giornali di oggi, di anticipare l’interpellanza sul rendiconto del Pear a cui l’Assessore Amagliani aveva promesso di rispondere fin da gennaio. Quindi rinuncio alle due interrogazioni se la Giunta sarà disponibile a dare risposta a questa interpellanza.

PRESIDENTE. C’è una proposta di modifica dell’ordine del giorno, il Consigliere Massi chiede di anticipare la discussione dell’interpellanza n. 39. Pongo in votazione tale richiesta.

Il Consiglio approva

In attesa dell’Assessore Amagliani iniziamo l’ordine del giorno con le interrogazioni.



Interrogazione n. 558
del Consigliere Castelli
“Rating Regione Marche”
Rinvio

PRESIDENTE. L’interrogazione n. 558 del Consigliere Castelli è rinviata per assenza dell’Assessore Marcolini.


Interrogazione n. 635
del Consigliere Binci
“Mancato funzionamento del sistema informativo agricolo regionale”
Svolgimento

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 635 del Consigliere Binci. Per la Giunta risponde l’Assessore Petrini.

Paolo PETRINI. Con riferimento alla procedura di autorizzazione al pagamento degli aiuti previsti nell'ambito del Psr 2000-2006 si precisa che per la gestione delle domande a superficie la Regione Marche, anche al fine di rimuovere all'origine le incongruenze tra archivi informatici verificatesi nell'annualità 2005 all'atto dell'invio ad Agea dei consueti elenchi di liquidazione, ha stabilito di far transitare il trattamento informatico delle stesse dal sistema informativo regionale Siarm direttamente al portale nazionale Sian.
I dati immessi dai Caa sul portale nazionale sono stati successivamente acquisiti nel sistema informativo regionale, al fine di consentire agli istruttori l'utilizzo di funzionalità di controllo, necessarie per la corretta esecuzione del loro lavoro e non altrimenti presenti sul portale nazionale. Tale acquisizione di dati è stata eseguita nel mese di luglio 2006, nei giorni immediatamente successivi alla loro fornitura da parte di Agrisan. La fase di invio degli elenchi di liquidazione è stata eseguita direttamente sul portale nazionale. Nessun ritardo nell'erogazione delle liquidazioni relative a tali interventi può pertanto essere attribuito al sistema informativo regionale.
Per quanto concerne le misure relative ad investimenti strutturali per le misure A, P1.1 e J2.1 si è proceduto ad una ristrutturazione del software relativo per consentire in chiusura dell'annualità 2006 e dell'intero periodo di programmazione la gestione d'emergenza dell'ultima fase dell'autorizzazione. Tale intervento tecnico ha comportato un adeguamento puntuale del sistema e la conseguente elaborazione dei previsti elenchi di liquidazione entro i termini concordati tra istruttori e responsabili di struttura. La situazione effettiva degli ordini di pagamento al momento è la seguente.
Il 21/12/2006 si è provveduto ad inviare ad Agea le richieste di liquidazione la cui lavorazione era completa a tale data, secondo il prospetto seguente, che adesso vi illustro in maniera sintetica: 36 domande per 1.237.626,06 euro.
Tali richieste di liquidazione, come d’altra parte quelle relative alle misure agroambientali non sono state evase da Agea per esaurimento dei fondi disponibili. Successivamente all’adeguamento del sistema informativo regionale è stato inoltre possibile portare a completamento delle procedure informatizzate le richieste di liquidazione sintetizzate nei due prospetti seguenti, che in sintesi danno un totale di 193 domande per circa 7 milioni e 300 mila euro.
Queste pratiche prima di poter essere inviate in liquidazione ad Agea devono ricevere il nulla osta informatico da parte dell'istruttore responsabile, che prevede l'immissione del riferimento all'eventuale decreto di pagamento provinciale. Tale funzionalità è sempre stata attiva e disponibile per l'utilizzo. Pertanto anche queste pratiche possono ritenersi sostanzialmente giunte alla conclusione della loro lavorazione informatizzata.
Per quanto attiene alle altre misure relative ad investimenti strutturali il sistema informativo fornisce il supporto per l'acquisizione informatizzata delle domande e dell'istruttoria, ma si avvale dei pacchetti software forniti da Agea per la fase di invio delle richieste di liquidazione. La funzionalità di tali pacchetti software è disaccoppiata rispetto alle procedure regionali che quindi non costituiscono un collo di bottiglia, ma solo un elemento di supporto per la corretta esecuzione delle istruttorie.
Si precisa in relazione al punto 4) dei chiarimenti richiesti, che le procedure fin qui adottate sono aderenti al manuale delle procedure Agea. Queste non possono essere né eluse, né modificate dalla Regione Marche, ma esclusivamente applicate in modo scrupoloso.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Binci.

Massimo BINCI. Voglio premettere lo spirito di questa interrogazione. In data odierna moltissime domande sono ancora giacenti presso i Servizi competenti in attesa degli accertamenti finali. La fase amministrativa più importante per permettere alle aziende di rivolgersi anche al sistema bancario per far fronte alle difficoltà finanziarie in cui versano è appunto quella finale che prevede l’emissione del decreto per la liquidazione ad Agea e la relativa trasmissione degli elenchi. Se questa situazione nei mesi passati è stata bloccata è a causa, in parte, del sistema informativo regionale. Si è creato un grave danno alle aziende e si è messo in difficoltà il settore in quanto non si è potuto accedere al credito ordinario senza il decreto di liquidazione.
Da alcuni giorni mi risulta che il sistema, dopo un lungo periodo di blocco, è funzionante ma ancora non sono state attivate le procedure che permettono di procedere all’emissione dei decreti di liquidazione. E’ importante che questi decreti vengano liquidati velocemente anche per permettere l’accesso al credito ordinario.
Come dicevo prima all’Assessore, lo spirito di questa interrogazione, al di là dell’andare incontro alla necessità di accesso al credito da parte degli agricoltori, è anche per questa fase transitoria e di passaggio rispetto al nuovo periodo di programmazione.
In vista del nuovo periodo di programmazione e dell’istituzione dell’organismo pagatore regionale è necessario che la macchina regionale sia pronta e rodata. Facendo un paragone sportivo si è in una fase di riscaldamento quindi è importante che si verifichi che il motore, tutte le parti meccaniche e il software relativo siano funzionanti e in grado di poter far fronte alla rendicontazione dei futuri bandi, ai relativi pagamenti e all’immissione dei dati.
Sono soddisfatto dello sforzo dell’Assessore fatto nella direzione di riorganizzare la preparazione del nuovo periodo. Mi auguro che il sistema informatico regionale sia all’altezza delle capacità e dei bisogni dell’agricoltura regionale.


Interrogazione n. 566
del Consigliere Capponi
“Settore agricolo – ritardi nell’erogazione dei finanziamenti e mancata adozione tecniche di over-booking”
Svolgimento

Interrogazione n. 534
del Consigliere D’Anna
“Numerose problematiche del mondo agricolo”
Svolgimento

Interpellanza n. 37
del Consigliere Massi
“Chiusura del periodo di programmazione del PSR per il periodo 2000/2006”

(Abbinate)
Svolgimento

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 566 del Consigliere Capponi, l’interrogazione n. 534 del Consigliere D’Anna e l’interpellanza n. 37 del Consigliere Massi, abbinate. Per la Giunta risponde l’Assessore Petrini.

Paolo PETRINI. Con riferimento al Psr 2000-2006 la Regione Marche, nel corso dell'anno 2006 ha provveduto ad inviare ad Agea per la liquidazione contributi, un ammontare complessivo di oltre 101 Meuro, corrispondente ad una quota Feoga di quasi 41 Meuro. Sommando tali importi alle liquidazioni rendicontate da Agea per la Regione Marche per il periodo 2000-2005, risultano degli importi totali pari a oltre 458 Meuro di contributo totale e a oltre 187,2 Meuro di quota Feoga. Rispetto alla dotazione finanziaria dell'intero periodo di programmazione 2000-2006 (185.460.000 di quota Feoga) il livello di attuazione si attesta pertanto al 101%.
Entro il 15 ottobre 2006 Agea, per mancanza di fondi, ha proceduto alla liquidazione per l'anno 2006 di una parte degli elenchi inviati dalla Regione, pari a 70,7 Meuro di contributo totale e a 27,1 di quota Feoga per l'anno 2006, che sommato a quanto liquidato nel periodo 2000-2005 porta a 427,5 Meuro liquidati di contributo totale e a 173,5 Meuro liquidati di quota Feoga. Se pertanto considerassimo solo l'effettivamente liquidato da parte di Agea la percentuale di attuazione si attesterebbe al 93,5%.
La mancata liquidazione da parte di Agea dell'intero ammontare inviato in liquidazione è stata determinata da una ridotta disponibilità finanziaria rispetto alle richieste di liquidazione manifestate dalle Regioni. Il quadro delle priorità assunte in sede di Comitato di sorveglianza nazionale non ha consentito l'esaurimento delle richieste di nessuna Regione, nemmeno di quelle in under spending come le Marche. Per l'intera Italia risulta che, alla data del 15/10/2006 sono giacenti presso Agea (o presso gli altri Opr regionali) richieste di liquidazione non evase per mancanza di fondi per oltre 297 Meuro di quota Feoga (di cui per le Marche 12,62). Queste somme sono state dichiarate come "liquidabili" da parte di Agea, quindi, pervenute correttamente e prive di anomalie.
Se considerassimo tale importo nel calcolo delle percentuali, il livello di attuazione della Regione Marche passerebbe da 101% a 100,4%.
Nel calcolo del riparto delle assegnazioni del nuovo periodo di programmazione 2007-2013, alle Marche sono stati assegnati 12,62 Meuro di Fears in più rispetto al normale riparto, in considerazione del mancato pagamento da parte di Agea di quanto correttamente inviato.
A non essere stati liquidati, oltre alle misure strutturali inviate dopo il 20 settembre 2006, sono stati per lo più i premi delle misure E (indennità compensative), F (misure agroambientali), H e ex. Regolamento 2080 (misure forestali) per la campagna 2006, anche se inviati nel rispetto della tempistica prevista dalla decisione del Cds nazionale di giugno 2006.
Per entrare nel merito della questione, Agea ha provveduto a comunicarci l'ammontare complessivo di quota Feoga che alla data del 15 ottobre 2006 risultava "liquidabile" e non pagato per mancanza di fondi (12,62 Meuro), senza fornire altri dettagli. Successivamente ci ha comunicato l'elenco dei beneficiari che da un loro esame risultavano non pagati, senza però tener conto degli invii effettuati dalla Regione nei primi quindici giorni di ottobre. Tenendo conto anche di questi ulteriori invii, e considerando anche i soggetti che alla data del 15 ottobre 2006 risultavano ad Agea essere in anomalia, la quantificazione dei beneficiari che non sono stati liquidati peri motivi espressi sopra può essere sintetizzato nella tabella che vi consegnerò in cui c'è una suddivisione per misura e, quando ritenuto importante, per annualità di competenza. Dalla tabella risultano pertanto non liquidati oltre 3.900 domande per un importo di 29.314.000,00 euro, facente riferimento a tutte le misure.
In relazione a tale problematica, la prima iniziativa messa in atto all'interno del Servizio è stata quella di sensibilizzare il mondo bancario affinché a tutti i soggetti ricadenti nella situazione sopra evidenziata venissero accordati, se richiesti, dei finanziamenti a tassi agevolati.
Contemporaneamente, si è provveduto ad informare e coinvolgere anche il consigliere d'amministrazione marchigiano espresso quale componente del Cda dell'Alea al fine di meglio seguire la suddetta situazione, nonché il coordinatore della Commissione politiche agricole, nonché lo stesso Ministro.
L’iniziativa certamente più consistente messa in atto dalla Giunta Regionale per riparare a tale problema, è consistita però nell'anticipazione dell'intera somma pari a 29.314.000,00 euro ad Agea affinché la stessa Agenzia potesse provvedere alla liquidazione dei beneficiari non pagati entro il termine del 15 ottobre 2006. Le quote di competenza Comunitaria e Nazionale di tale cifra verranno restituite alla Regione Marche successivamente all'approvazione del Psr 2007-2013, che si ipotizza possa avvenire entro il mese di settembre 2007.
In questi giorni L'Agea sta provvedendo all'emanazione del decreto di liquidazione e dei conseguenti mandati di pagamento relativi a tali soggetti. Si presuppone pertanto che entro la metà di aprile tutte le aziende di cui ai punti precedenti, le cui domande siano risultate prive di anomalie ai successivi controlli di Alea, riceveranno la liquidazione di quanto loro spettante.
In merito alla questione dell'overbooking, la Regione Marche, in linea con le altre regioni italiane, ha utilizzato appieno il sistema dell'overbooking, approvando progetti e impegnando risorse eccedenti la propria dotazione finanziaria. In particolare alla fine del 2006 gli impegni dell'intero periodo ammontavano a circa 594 Meuro di contributo totale, e a 237 Meuro di quota Feoga, pari a circa il 130% della dotazione finanziaria dell'intero periodo di programmazione.
Per quanto riguarda in particolare la misura F possiamo fare un punto della situazione sulla campagna 2006. Delle oltre 3.200 domande presentate ne sono state inviate in liquidazione ad Agea entro il 30 novembre 2006 n. 2.658. Agea ha provveduto a liquidarne 217, mentre le restanti 2.441 non sono state pagate per mancanza di fondi, come spiegato sopra. Delle oltre 500 domande non inviate in liquidazione entro il 30/11/2006, 234 sono bloccate perché estratte a controllo.
Per quanto riguarda la nuova programmazione si riferisce quanto segue:
- Il Psr 2007-2013 è stato approvato in Giunta con dgr 204 del 13 marzo 2007 e il negoziato a Bruxelles richiederà un tempo di circa sei mesi;
- per le misure agroambientali saranno pubblicati bandi sub-condizione prima dell'estate 2007;
- il Servizio agricoltura non ha notificato a Bruxelles ancora nessun documento in ragione della necessità di attendere l'esame delle commissioni consiliari e la discussione in aula. Sono stati promossi 3 incontri preliminari sul documento in bozza per avere delle indicazioni dagli uffici di Bruxelles sugli approfondimenti di alcune parti del documento, anche in considerazione che il lavoro preparatorio è stato svolto prima di conoscere il negoziato del Piano di sviluppo nazionale.
- è stato presentato in Giunta il Piano per l'anno 2007 dei Servizi di Sviluppo per un ammontare di circa 2.200.000 €.
Si precisa, infine, che la Giunta regionale ha adottato, nella seduta del 31 luglio u.s., la delibera n. 921 con cui è dato incaricato alla dirigente del Servizio agricoltura forestazione e Pesca di avviare la procedura prevista dal d.lgs. 27 maggio 1999 n. 165 e dal Decreto del 12 ottobre 2000 del Ministro delle Politiche Agricole e Forestale, al fine di istituire un nuovo servizio regionale quale Organismo Pagatore e di avviare l'istanza di riconoscimento. L'opportunità di avvio di tale processo è stata proposta quale obiettivo strategico dell'amministrazione regionale per l'anno 2006 ed è stata riconosciuta strategica dalla stessa amministrazione con dgr n. 320/2006. Tale obiettivo strategico è stato, peraltro, riconfermato dal Servizio agricoltura forestazione e Pesca come obiettivo strategico per l'anno 2007 nel documento di riferimento che è in fase di stesura.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Capponi.

Franco CAPPONI. Ho ascoltato la risposta dell’Assessore Petrini. In questo anno, Assessore, siamo stati molto attenti a tutte le disfunzioni che il Servizio agricoltura ha avuto, soprattutto perché guardiamo, seppur lei giustifica tutto quello che è avvenuto, al risultato finale, cioè quello che ancora 4000 agricoltori ancora devono riscuotere, anche se abbiamo approvato questo finanziamento per 29 milioni di euro per sopperire a una carenza che c’è stata.
Ritengo di controbattere soltanto questi dati, il ritardo con cui sono avvenuti i finanziamenti soprattutto per l’agroambiente e per gli investimenti legati al miglioramento delle strutture agrarie. Questo genererà, Assessore, un disagio per la Giunta e per la Regione nel prossimo periodo di programmazione dei fondi strutturali perché la gente non si sentirà tutelata nella certezza di avere i fondi che gli sono stati già assegnati. Quindi sono avvenuti ritardi nell’erogazione dei finanziamenti.
Una volta lei accusò di ritardo Agea ma appurammo che non era così, eravamo noi che non avevamo mandato i dati in modo corretto. Avevamo detto che nel mese di marzo pagavamo, oggi siamo già in ritardo di un mese rispetto agli obiettivi che ci eravamo dati con il finanziamento che la Regione ha riconosciuto come anticipazione.
Ci sono state tante situazioni di squilibrio in questa gestione che danneggiano soprattutto pesantemente i trasferimenti riconosciuti a questa Regione. Siamo arrivati terz’ultimi, lei dice il 101%, Assessore io ho altri dati, quello ufficiale del Ministero e di Agea porta al 97% i fondi che riusciamo a rendicontare per questo periodo, quindi al di sotto delle risorse assegnate, mentre la media delle altre Regioni si attesta intorno al 115%. In pratica significa che questa Regione ha perso 40-50 milioni di euro rispetto a quello che mediamente hanno ottenuto le altre Regioni. Tra l’altro i nostri agricoltori l’hanno ottenuto con estremo ritardo rispetto agli altri. Inoltre trascineremo per scivolamento, quindi imporremo al prossimo periodo di programmazione un prelievo ulteriore, un abbassamento delle risorse disponibili che oggi possono essere stimate intorno ai 40-50 milioni di euro. Tutto questo contribuisce a penalizzare, a rendere incerto in modo particolare il settore dell’agroambiente ma anche quello relativo agli investimenti.
Assessore, visto che tutti questi danni sono già stati generati è inutile che lei si giustifichi o che io l’attacchi o la critichi. Secondo me oggi bisogna pensare ad una organizzazione diversa per il futuro, più snella, più efficiente, fare delle previsioni anticipatamente rispetto ai blocchi che si possono avere alla fine della programmazione dove certamente rimangono sempre di più i nodi al pettine. Le pratiche più complesse sono quelle che hanno problemi di autorizzazione, di concessione, problemi che certamente si scaricano alla fine del periodo, e di cui non abbiamo saputo prevedere le difficoltà che avremmo incontrato, appunto, in questo fine periodo.
Le chiedo, soprattutto in questo momento, di cercare di rispettare i tempi, Agea ci dice che ci sono altri problemi nella liquidazione di queste ultime pratiche perché gli elenchi che sono stati inviati non sono stati depurati dalle liquidazioni effettuate precedentemente, abbiamo mandato dei resoconti non perfezionati. Questo genererà ulteriore ritardo.
Non siamo qui a fare le pulci o ce l’abbiamo con lei, diciamo soltanto che stiamo assistendo a delle cose che non hanno senso per una Regione che vuole parlare di efficienza, vuole essere vicina al mondo agricolo e vuole interessarsi di ambiente. I risultati che abbiamo sono estremamente differenti rispetto a quelli annunciati dalla Giunta e dal Presidente.
Le chiediamo quindi un impegno maggiore e di riferire al Consiglio regionale quali saranno le strategie che si vorranno adottare per il futuro affinché ciò non rimanga come vulnus che andrebbe ulteriormente a penalizzare ulteriormente un settore che già mostra grandi difficoltà.

PRESIDENTE Ha la parola il Consigliere D’Anna. Ricordo i Consiglieri che hanno cinque minuti di tempo.

Giancarlo D’ANNA. Certamente cinque minuti sono pochi dopo aver atteso sette mesi per la risposta ad una interrogazione. Questo è sintomatico di un certo modo di lavorare di questo Consiglio regionale che si ripercuote anche sulle categorie interessate, nella fattispecie quella del mondo agricolo.
Chi mi ha preceduto ha evidenziato alcuni aspetti delle diverse problematiche che ho sollevato nella mia interrogazione. Problematiche che in questi giorni sono emerse di nuovo quando in Commissione abbiamo affrontato il Piano di sviluppo rurale. Tutti i ritardi che sono stati identificati sia nell’interrogazione del Consigliere Massi sia in quella del sottoscritto che in quella del collega Capponi, ci danno una conferma delle sensazioni che hanno le associazioni di categoria che si trovano in evidenti difficoltà per una serie di motivi non ultimo la presa di posizione da parte della Comunità europea per quanto riguarda l’etichettatura. Questo penalizza i prodotti di qualità del nostro territorio, su cui ho presentato una interrogazione, e ci sono problematiche che non danno certezza agli agricoltori sugli investimenti che devono fare perché non hanno la sicurezza di avere i contributi nei tempi dovuti. E’ chiaro che investire e contare su delle risorse che non arrivano, o arrivano in ritardo, che mette in seria difficoltà le associazioni di categoria, gli agricoltori piccoli, medi e grandi, fa sì che non si possano prevedere investimenti nel futuro. Questo è molto grave perché l’agricoltura italiana ha bisogno di molta più attenzione, l’agricoltura di questa Regione, della quale spesso ci vantiamo, necessita di una macchina organizzativa e burocratica che non allunghi e dilati i tempi in un mondo nel quale devono essere date risposte immediate per evitare che altri paesi concorrenti all’Italia ci soffino le quote di mercato che con tanta difficoltà ci siamo impegnati a ridurre negli scorsi anni.
Queste problematiche sono certificate anche dalle varie manifestazioni che si sono tenute nei confronti del Consiglio regionale nei mesi scorsi, che hanno voluto denunciare con forza la sofferenza del mondo agricolo e l’inefficienza della macchina amministrativa e burocratica della Regione.
Ci auguriamo che con il Psr che andremo discutere e a votare nelle prossime settimane si riesca a porre fine e a ridimensionare le problematiche che stanno mettendo in difficoltà il mondo dell’agricoltura a cui teniamo particolarmente non solo per i prodotti d’eccellenza ma anche per l’ottimo lavoro di presidio che fa nel territorio. Molto spesso si parla di entroterra, che va tenuto in considerazione, con una attenzione maggiore al mondo agricolo, con maggiori interventi, con interventi tempestivi che fino ad oggi non ci sono stati. Occorre necessariamente cambiare rotta, che vuol dire sburocratizzare la macchina, dare certezza affinché gli investimenti vengano eseguiti e supportati dalla Regione, per non incorrere nel rischio di mettere la parola fine al mondo agricolo, non solo quello dei prodotti tipici ma anche quello della tradizione e della cultura di cui spesso ci vantiamo anche quando vendiamo il nostro prodotto turistico marchigiano.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Massi.

Francesco MASSI GENTILONI SILVERI. Rinuncio in quanto soddisfatto della replica dei colleghi e anche per chiedere il passaggio all’interpellanza visto che ora c’è l’Assessore.

PRESIDENTE. Purtroppo è passata la mezz’ora prevista del regolamento e che avevamo concordata. Sarà la prima nell’ordine del giorno della prossima seduta del Consiglio regionale, altrimenti non riusciremo a stare nei tempi che ci siamo dati per l’approvazione del Cal.


Comunicazioni del Presidente del Consiglio Regionale in merito al 50° Anniversario della firma del trattato di Roma istitutivo della Comunità europea
Dibattito

PRESIDENTE. Invito i Consiglieri ad entrare nel clima europeo secondo le modalità che il nostro staff ha preparato che sarà di sicura simpatia oltre che di particolare interesse ed innovazione. (Tentativo di trasmissione a video). Per motivi tecnici non è possibile trasmettere il documento video preparato dal nostro staff che era niente altro che un saluto da parte di ragazzi nelle venticinque lingue che ormai si parlano nell’Unione europea. Do inizio quindi alla mia comunicazione.
Signor Presidente della Giunta, signora Assessore, signori Assessori, colleghe e colleghi Consiglieri, ho creduto importante proporre a voi tutti un momento di riflessione su un tema che è ormai parte della quotidianità di ciascuno di noi; sto parlando dell'Europa e dei 50 anni dalla firma del Trattato che ha istituito la Comunità europea.
In questi giorni, come avete avuto modo di apprendere da tutti i mezzi di informazione, si stanno svolgendo in tutti gli Stati membri le celebrazioni per ricordare la data del 25 marzo 1957, celebrazioni culminate con la firma da parte dei capi di Stato e di Governo dei 27 Stati membri della Dichiarazione di Berlino del 25 marzo scorso.
Berlino città che più di ogni altra è stata il cuore ed anche il simbolo delle tragedie e delle contraddizioni di questa nostra Europa nel XX secolo.
Quella del 25 marzo è per noi popoli europei una data che non ho difficoltà a definire storica: ci volle infatti la lungimiranza, la tenacia e il coraggio dei padri fondatori dell'Europa per proporre un accordo il cui dato fondamentale era ed è rappresentato dalla volontà, chiara ed inequivocabile, di superare quelle divisioni che avevano condotto gli Stati europei a decenni di guerre e di distruzione materiale, umana e spirituale.
A distanza di 50 anni mentre viviamo, credo con preoccupazione, da un lato un evidente scetticismo nei confronti di un futuro comune, dall'altro reali difficoltà a rilanciare il processo costituzionale e la dinamica dell'integrazione, possiamo e dobbiamo infatti riconoscere che l'Europa unita ha rappresentato nel tempo sinonimo di pace e di sicurezza per tutti le Nazioni che ne fanno parte.
Nata come un grande mercato in un momento storico che viene conosciuto come il periodo della "Guerra Fredda", ove la divisione era forte e tangibile sotto ogni aspetto, l'Europa ha gradualmente esteso la propria azione e le proprie competenze istituzionali a temi di grande rilevanza per tutta l'umanità, a cominciare da quello della tutela dei diritti fondamentali e del rifiuto di ogni forma di discriminazione.
Principi questi che per la prima volta venivano enunciati da più stati insieme e nello stesso tempo veniva assunto l'impegno reale a realizzarli, affermarli, per porli alla base del vivere comune in Europa e nel mondo.
L'Unione europea rappresenta, al momento ed in primo luogo condivisione di un modello di sviluppo sociale ed economico che è si frutto di rapporti di forza e di equilibri ma soprattutto è basato sulla solidarietà; pensiamo ai fondi strutturali e alla politica di coesione, di cui anche la nostra regione continua a beneficiare, certo, ma che consentiranno ai cittadini degli Stati entrati di recente nell'Unione europea – e penso in particolare all'allargamento del giugno 2004 a ben 10 Stati – di ridurre il divario economico e sociale che li separa dagli altri Paesi membri.
Parlare di Europa, oggi, deve significare valorizzarne le diversità; il motto dell'Europa "unita nella diversità" racchiude in sé il significato di questa grande unione nella quale convivono lingue, culture e religioni diverse in un rapporto di reciproco arricchimento.
L'Europa è il futuro dei nostri figli, delle giovani generazioni che considerano l'Euro la loro prima, unica moneta; che viaggiano all'interno del continente europeo senza controlli alle frontiere, che studiano in Stati diversi da quello di origine ed hanno così l'opportunità di arricchire il proprio bagaglio culturale.
Quella di oggi è l'Europa dei saperi, della vivacità e degli scambi culturali, di tutta una serie di programmi di istruzione e di formazione grazie ai quali i giovani europei possono costruire, insieme, una cittadinanza comune che nasce anche dalle loro esperienze personali: sto pensando, in proposito, in particolare al programma Erasmus, che dal 1987 ha consentito a più di un milione e mezzo di studenti delle università d'Europa di vivere una esperienza che è in primo luogo esperienza di vita oltre che occasione di conoscere ed apprezzare le differenze.
E' anche il soggetto che entro il 2010 diventerà l'economia della conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo, secondo quanto previsto dalla Strategia di Lisbona e sono convinto che nostro compito sia quello di raggiungere questo obiettivo elevando le garanzie sociali ed i diritti, primo fra tutti quello al lavoro equamente retribuito.
L'Unione europea, quella che tutti noi vogliamo, ha introdotto nel proprio ordinamento il principio della sostenibilità ambientale come principio trasversale a tutte le sue politiche: la tutela dell'ambiente, una tutela attenta e rigorosa, è in tal modo divenuta parametro di congruità dell'azione comunitaria e di quella degli Stati membri. E' proprio l'Europa che ricorda a tutti gli altri Paesi, in queste settimane, l'importanza del rispetto degli impegni assunti con il Protocollo di Kyoto per la riduzione dell'effetto serra.
La contraddizione fra questo tipo di sviluppo che abbiamo e la capacità del pianeta di sostenerlo si è ormai imposta ed il suo superamento non passa certamente attraverso i risultati di guerre nuove o vecchie ma obbliga l'umanità intera ad interrogarsi e a trovare nuove forme e nuovi tipi di sviluppo, incoraggiando, ad esempio, l'uso delle fonti energetiche alternative e rinnovabili.
Ancora, è soprattutto grazie alle sollecitazioni che ci provengono dall'Europa che destiniamo oggi, anche all'interno delle nostre politiche, una attenzione più o meno adeguata al tema delle pari opportunità, inteso anch'esso come principio generale contro ogni forma di discriminazione, finalizzato a valorizzare coloro che nella società europea continuano ad avere problemi di affermazione piena delle proprie potenzialità, a cominciare dalle donne.
Con il passare del tempo, vuoi per motivi legati alla storia, vuoi per esigenze economiche ed anche per ragioni culturali, l'Europa ha assunto un ruolo di primo piano nel settore della cooperazione allo sviluppo e in quello dell'aiuto umanitario, promuovendo un modello di sviluppo globale fondato su forme di sostegno che vanno oltre il mero aiuto economico e che riguardano piuttosto temi di grande rilievo quali la stabilizzazione istituzionale, la tutela dei diritti dell'uomo, la parità tra uomo e donna, la salvaguardia e la valorizzazione dell'ambiente naturale.
Mi riferisco innanzitutto al Sistema delle Preferenze Generalizzate che dovrebbe costituire uno degli strumenti chiave dell'assistenza ai cosiddetti paesi in via di sviluppo, per il raggiungimento di uno scambio equo ed equilibrato e che rafforza, per il periodo 2006/2015, i principi fondamentali del sistema stesso, quali il mantenimento di un'offerta tariffaria volta a consentire l'ingresso nell'Unione europea dei prodotti provenienti dai Paesi impoveriti a condizioni vantaggiose e non di mercato e ad agevolare i paesi che ne hanno maggiormente bisogno, quali i paesi meno sviluppati, le piccole economie e i paesi a basso reddito.
A tale proposito non possiamo che auspicare l'apertura dell' "Area di libero scambio" con i paesi magrebini in condizioni concordate e condivise.
È obbligo inoltre ricordare che l'impegno più rilevante che l'Europa chiede ai paesi emergenti è il rispetto dei principi fondamentali in materia di diritti dei lavoratori a cominciare dalle convenzioni internazionali che tutelano il lavoro dei bambini.
Come ho già accennato, da anni ormai lo sviluppo delle regioni europee, quindi anche delle Marche, è supportato dall'azione dei fondi strutturali che hanno il "merito", se così si può dire, di rendere visibile e concreta la presenza della Comunità europea nella vita quotidiana dei nostri cittadini e delle nostre imprese.
Mi riferisco ad importanti interventi nel campo delle infrastrutture quali l'Interporto di Jesi, al cui rafforzamento contribuiranno i fondi Fesr anche della programmazione 2007-2013, alla Rotonda a mare di Senigallia, uno dei simboli del turismo della regione, per limitarsi al territorio della provincia di Ancona – ma ne avremmo tante altre –, alle iniziative di sostegno alla rete delle aree protette e dei parchi naturali, con cui è promossa una modalità di vivere il territorio marchigiano secondo i principi della sostenibilità.
Penso agli interventi nel settore della formazione professionale e del lavoro e al supporto al tessuto dell'imprenditoria agricola che deve saper coniugare gli elementi della tradizione con quelli della qualità del prodotto e della redditività.
Sotto tale profilo, proprio perché in queste settimane le nostre Commissioni consiliari stanno approfondendo i contenuti del nuovo Programma di sviluppo rurale, mi sento di aggiungere che sostenere veramente l'agricoltura significa porla al centro della discussione politica, economica e sociale, valorizzare appieno le specificità che la Regione esprime in questo settore, favorendo sia l'insediamento di nuove aziende grazie all'entusiasmo di tante giovani donne e uomini che scelgono di operare nei campi, sia la permanenza di quelle già presenti. Non possiamo trascurare che l'agricoltura delle Marche si è sempre sviluppata con una attenzione massima al rispetto e alla salvaguardia del territorio ed è in questa direzione che noi dobbiamo continuare ad indirizzare i nostri sforzi.
Per il nostro Consiglio regionale Europa vuol dire innanzitutto sussidiarietà. Il principio di sussidiarietà, espressamente sancito dal trattato istitutivo della Comunità europea e richiamato nella stessa Dichiarazione di Berlino, è la migliore garanzia che le politiche comunitarie siano decise attraverso un partenariato diffuso che mette in relazione Bruxelles e le sue istituzioni con le regioni d'Europa ed i loro territori e consente di ridurre distanze che potrebbero apparire eccessive.
Esercitare con piena consapevolezza i diritti che derivano dall'applicazione di tale principio ci permette di avvicinare i nostri territori alle opportunità che l'Europa offre loro, oltre a comportare la partecipazione ad un processo decisionale che comunque va reso sempre più democratico e trasparente.
Anche noi infatti possiamo contribuire a questo risultato impegnandoci per rendere l'Europa sempre più parte attiva dei lavori della nostra Assemblea e comunicando, come stiamo facendo in questa occasione, la realtà dell'Europa ai cittadini marchigiani, in particolare ai giovani.
Ma non è tutto, l'esercizio pieno di questo metodo è tanto più importante in quanto consente alle istituzioni democratiche di sollecitare l'attenzione dell'Europa rispetto a tematiche fondamentali per il futuro dei suoi cittadini. Penso all'intenso dibattito che si è sviluppato intorno alla prima proposta di direttiva Bolkestein sulla libera circolazione dei servizi le cui modifiche sostanziali rispetto alla versione originaria sono dovute sia al movimento di lavoratori, alle loro organizzazioni, al mondo democratico sviluppatosi in tutta Europa, sia alle prese di posizione formali delle molte istituzioni degli Stati membri, tra cui anche il nostro Consiglio regionale. Ho citato la vicenda della direttiva Bolkestein come esempio del bisogno continuo di tenere vive le rappresentanze sociali, affinché l'Europa sia sempre più l'Europa dei popoli e i ricordati movimenti ne hanno determinato una consistente riscrittura a dimostrazione di quanto sia importante l'esercizio della partecipazione democratica.
Questo Consiglio regionale è particolarmente attento all'applicazione del principio della sussidiarietà e a farsi parte attiva rispetto alla partecipazione, alla costruzione dell'idea di Europa. E’ in questa direzione che stiamo infatti rilanciando il progetto delle reti interistituzionali che nella sua prima fase intende mettere in relazione gli enti locali delle Marche, che hanno già attivato, o che intendono attivare, un programma di gemellaggi con altri Paesi europei, come pure intendiamo porre in essere relazioni istituzionali con le realtà regionali degli Stati federali europei dotate di assemblee legislative al fine di attivare un proficuo scambio di esperienze per la costruzione di un progetto comune che rafforzi la democrazia in Europa ed il riconoscimento dei diritti di tutti coloro che hanno deciso di viverci.
Al riguardo molto opportunamente il Comitato delle regioni, nella dichiarazione firmata all'unanimità il 23 marzo scorso, ricorda a noi tutti che il decentramento e la capacità di governare a più livelli sono tra i modi migliori per progredire nell'integrazione europea e per costruire una società europea multietnica e interculturale.
E' sempre in questo contesto che il Consiglio regionale delle Marche partecipa ai lavori della Carle, la Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative regionali europee.
Tra i molteplici scenari che si aprono di fronte all'Europa di domani quello dell'entrata in vigore della Costituzione per l'Europa, e più in generale della revisione dei trattati istitutivi, è senza dubbio il tema di maggior rilievo ed è quello su cui oggi c’è la maggiore attenzione politica.
Perché questa "Vecchia Europa" possa veramente svolgere il proprio ruolo di soggetto politico ed istituzionale sulla scena internazionale è necessario che si adottino quelle riforme faticosamente promosse nella Costituzione; ciò anche al fine di consentire all'Unione europea di essere promotrice vera di un modello di relazioni internazionali differente da quello che ancora oggi purtroppo c’è e che troppo spesso è fondato sulla contrapposizione tra Stati.
Le nostre istituzioni regionali possono dare il loro contributo perché, come diceva Albero Spinelli che ha dedicato la sua vita alla edificazione della casa comune europea, "L'Europa non cade dal cielo", si costruisce, giorno per giorno, con gli sforzi, il lavoro, l'impegno di ciascuno di noi.
Per questi motivi mi sento oggi di condividere quanto riportato nella Dichiarazione di Berlino e cioè che "l'Europa è il nostro futuro comune".
È nostro dovere crederci ed operare per questo. Grazie per la vostra attenzione.
Ha la parola il Consigliere Ricci.

Mirco RICCI. E’ doveroso dire qualcosa rispetto a questo passaggio storico davvero importante, la celebrazione dei 50 anni degli Statuti europei, mezzo secolo, proprio mentre tutti ci rendiamo conto che sul panorama internazionale il ruolo dell’Europa si trova in una vera e propria svolta. Siamo chiamati tutti, dai ruoli istituzionali ai quali partecipiamo e come semplici cittadini, a fare in modo che il ruolo dell’Europa sia ulteriormente rilanciato, che diventi attore più efficace sullo scenario internazionale.
Oggi, più che celebrare 50 anni di successi dell’Europa unita, come ricordava il Presidente, fra i quali quello di essere stata in grado di mantenere la pace in quest’area continentale, anche se ci sono stati passaggi difficili, gravi, anche vicino alle porte del nostro Paese, c’è la necessità di costruire le condizioni affinché l’Europa possa attraversare questo passaggio di svolta ed andare verso le nuove sfide che ha di fronte.
Per poter fare questo l’Europa deve mantenere il ruolo dinamico che ha avuto fino adesso, non può essere una Europa immobile ma deve essere attiva su tanti fronti, come lo è stata fino adesso e forse anche di più. Per mantenere questo ruolo dinamico ha bisogno di nuovi strumenti istituzionali e costituzionali, occorre costruire da oggi in avanti una Europa adeguata ai problemi del XXI secolo.
E’ auspicabile che anche i nuovi trattati, la eventuale possibilità di avere una Costituzione europea, nuovi strumenti istituzionali e costituzionali, possano essere ottenuti prima del 2009, prima del voto per il rinnovo del Parlamento europeo, quindi avere una accelerazione anche da questo punto di vista.
Facevo riferimento a nuove sfide, parliamo di temi che conosciamo, che abbiamo affrontato, mi riferisco al fatto che siamo di fronte ad una competizione economica globale che ha messo in campo nuove disuguaglianze molto forti a livello europeo, e non solo, cioè il tema dei cambiamenti climatici, della sicurezza non solo quella legata al tragico dualismo pace e guerra ma sicurezza intesa come quella di cui ognuno di noi ha bisogno tutti i giorni nella vita quotidiana.
Quindi auspichiamo che oggi i 50 anni degli Statuti europei sia l’occasione di pensare anche al domani dell’Europa, che sia una Europa dinamica di fronte ad una svolta di questa portata.
C’è un punto di forza accanto al tema di fondo della pace e della sicurezza, quello di pensare di unire alla fase di sviluppo economico una economia sociale, una economia sempre più legata e vissuta per rendere più equo anche lo sviluppo sociale di questa parte continentale.
E’ chiaro che abbiamo una possibilità enorme quella di poter mettere in campo e rivitalizzare di fatto il modello europeo. La "Vecchia Europa" porta con sé valori e principi profondi che sono la somma della storia dei vari Paesi che hanno aderito e che stanno aderendo alla Comunità europea. Rivitalizzare questo modello anche attraverso una propria Costituzione potrebbe essere un ulteriore slancio verso i prossimi anni.
Pensiamo in campo europeo al tema legato ad una maggiore protezione sociale, al tema del mercato del lavoro, alla sussidiarietà, alla solidarietà, all’equità sociale, quindi produrre un mutamento rispetto al grande canale dell’economia globale come quello di affiancare una economia attenta al sociale.
Sono questi i temi di fondo che possiamo mettere in campo rispetto ad una riflessione sui 50 anni europei, giocare un ruolo essenziale per la pace globale, i diritti umani, il dialogo interculturale, la dignità del lavoro, lo sviluppo e la democrazia, parlare con una voce forte su questi temi, estendere la stabilità, la pace, la prosperità, fermare i cambiamenti climatici. Temi profondi che possono collocare davvero l’Europa sempre più grande in un panorama mondiale con un ruolo dinamico e attivo.
Pensiamo quindi ad una Europa più democratica, più sociale, più aperta, più trasparente e più efficiente, una Europa che tenga conto sia del contesto internazionale in cui si colloca con un ruolo attivo, sia del bene dei cittadini italiani ed europei.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Capponi.

Franco CAPPONI. Vogliamo onorare e lanciare qualche nuova idea per rafforzare questa appartenenza all’Europa.
L’Europa è stata per secoli una idea, una speranza di pace e di comprensione, contrassegnata in questo periodo dai grandi conflitti. Oggi questa speranza si è avverata, festeggiamo questo cinquantesimo anniversario.
L'unificazione europea ci ha permesso di raggiungere pace e un buon livello di benessere. Ogni Stato membro ha contribuito ad unificare gradatamente l'Europa, a consolidare la democrazia e lo stato di diritto. Queste sono alcune affermazioni contenute nella Dichiarazione di Berlino fatte in occasione dei festeggiamenti del cinquantesimo anniversario della firma dei Trattati di Roma.
Riteniamo che le divisioni sono state superate grazie all'amore per la libertà dei popoli alimentato da una serie di valori irrinunciabili come la difesa della dignità umana, che però, a nostro avviso, affondano sicuramente anche nelle radici giudaico-cristiane dell'Europa.
Oggi tutto ciò si fonde in un unico humus di valori comuni, condividiamo questo concetto, a partire dai quali spesso ci definiamo appartenenti al cristianesimo o alle radici cristiane, che non sono però nostra proprietà privata ma sono valori speriamo universali che appartengono all'umanità intera, che abitano l'Europa da lungo tempo e che ne hanno contrassegnato il percorso di pace.
L'integrazione è anche l'insegnamento tratto da conflitti sanguinosi e di una storia di sofferenze che ci ha consentito di alzare il livello dei nostri ideali. L'essere umano è al centro di tutte le politiche, la sua dignità è inviolabile, i suoi diritti inalienabili, donne ed uomini hanno pari diritti.
Oggi in quest'aula non dobbiamo cadere nella retorica di una ricorrenza importante, importante sì, ma lontana dai nostri problemi quotidiani. Dobbiamo preoccuparci come forze politiche di non far regredire questo sentimento europeista, magari rinunciando a far passare per nostre scelte le strategie determinate dal concetto di appartenenza all’Europa unita. A volte, come accade in questo Consiglio, parliamo di programmi comunitari, di programmi di sviluppo, parliamo di coesione, sarebbe bello che chi ci governa e anche il nostro comportamento come consiglieri rendesse queste cose più incisive, dettate dallo spirito di appartenenza e non dal proprio protagonismo. Quindi rafforzare una costruzione di appartenenza più ampia di quella pur demarcata di una regione che anche essa ha delle importanti peculiarità.
Dovremmo far conoscere di più il pensiero dell'Europa e della sua vicinanza ai valori fondanti della nostra civiltà. Se oggi la vivacità del nostro sistema economico ci consente di veicolare le merci nel contesto globalizzato è sicuramente da rivalutare il ruolo svolto dalla Unione europea per questo e come siano state lungimiranti le iniziative che hanno consentito a questa Regione, le Marche, di adattarsi e trovare spazio nel mercato, conseguire nel contempo i propri obiettivi di trasformazione, dall'economia agricola tradizionale alla difesa delle peculiarità ambientali e degli obiettivi più legati alla cultura locale, perseguendo la valorizzazione della nostra storia, della nostra cultura, delle nostre città come giacimento inesauribile di sviluppo non alienabile né riproducibile.
Di questo dovremmo far menzione sempre ai nostri cittadini, ai nostri giovani, magari rinunciando a volte, ripeto, alle esaltazioni di schieramento ed addirittura di personalistiche autoproclamazioni. Vogliamo essere attori del cambiamento nel contesto dei valori di riferimento sempre più condivisi.
Per questo il gruppo di Forza Italia, e mi auguro tutti gli altri gruppi con i rappresentanti eletti dai territori in questa Istituzione, i Comuni, le città delle Marche, riconosce l'inestimabile contributo dato dall'Unione europea negli ultimi cinquant’anni alla pace, alla democrazia e alla prosperità, di cui siamo fieri di avervi concorso come attori protagonisti.
Grazie alla costruzione europea ritengo di rafforzare alcuni temi su cui oggi dobbiamo impegnarci di più. Dare una risposta più ambiziosa alle aspettative degli europei, specialmente dei giovani. In relazione alla costruzione europea indichiamo alcuni obiettivi fondamentali che sono poi quelli che il Comitato delle Regioni ha espresso nel suo documento.
In qualità di rappresentanti dei luoghi di esercizio della democrazia e della solidarietà di prossimità, nonché spazio di progettualità e base per la formazione di una identità culturale, siamo convinti che il decentramento e la governance a più livelli siano tra i modi migliori per progredire nell'integrazione europea.
Siamo pronti ad impegnarci collettivamente affinché l'Europa diventi una entità politica più forte alla quale i nostri cittadini saranno fieri di appartenere, che possa ispirare loro fiducia nel futuro e nei rapporti con il resto del mondo.
In questa prospettiva abbiamo la ferma intenzione di continuare a contribuire alla creazione di una unione sempre più stretta tra i popoli d'Europa pur nel rispetto della diversità, dell'identità e dell'autonomia regionale e locale.
Vogliamo dare priorità e definire come elemento chiave la competitività all’interno dell’Europa e del mondo globalizzato.
Riteniamo di dover rivalutare il ruolo chiave dell’impresa, dell’imprenditore e cercare di creare un ambiente positivo e favorevole per lo sviluppo soprattutto delle piccole e medie imprese. Dobbiamo dare un contenuto al concetto di sviluppo sostenibile.
Per concludere, il nostro gruppo ritiene che si debba guardare con forza al valore assoluto dell' Europa per la nostra Regione e per tutte le Regioni, rilanciare sulla crisi di consenso popolare generata da interessi non primari rispetto agli scenari che abbiamo di fronte e andare alla approvazione della Convenzione europea.
Concordiamo come gruppo di Forza Italia appartenente al Partito Popolare Europeo – non è per caso che il nostro gruppo ha scelto questa particolare denominazione in questo consesso – e così come il Presidente di turno, il cancelliere tedesco Angela Merkel, avanziamo nuove proposte ai cittadini per rafforzare il valore dell'Unione europea e che, senza disconoscere gli altri valori fondanti di una rete di intense relazioni stabilitesi in quest'area, riconosca anche le radici cristiane alla base dei valori e che grandemente hanno contribuito a costruire questo humus, speriamo solo per un vigoroso rilancio in questa fase di attesa. Ma la politica dei piccoli passi e dei grandi slanci ideali e di successi è lastricata nella realtà dell'Europa, come sognarono proprio i grandi padri fondatori: “Il futuro appartiene ai sognatori ed i sogni, per chi ci crede davvero, tante volte si trasformano in realtà”.
Noi lavoreremo per questo.

Presidenza del Presidente
Roberto Giannotti

PRESIDENTE. Ha la parola la Consigliera Benatti.

Stefania BENATTI. Da sempre l’Europa è sinonimo di futuro, lo è stata nel ‘900 e lo è all’inizio di questo nuovo millennio. Riprendendo una frase di Cofi Annan che dice che è l’unica novità dalla fine della seconda guerra mondiale ma è anche la nostra unica assicurazione per un mondo migliore.
E’ proprio l’Europa il progetto che di fatto salda il ‘900 con il terzo millennio. E’ il sogno politico che più ha appassionato i cittadini del nostro continente e della nostra Italia. Ne è a dimostrazione l’euro, progetto politico ed economico su cui i cittadini italiani hanno scommesso, hanno creduto, dimostrando, come spesso capita al nostro popolo, una inusitata capacità di appassionarsi ad un progetto economico e politico.
Anche noi dobbiamo essere consapevoli che stiamo lavorando per il futuro, stiamo lavorando per i nostri figli. E’ questa una delle grandi lezioni che ci consegnano i padri dell’Europa, prima fra tutti Alcide De Gasperi, quella di avere il senso del compito storico che sta svolgendo la politica e l’Europa.
E’ questo senso di apertura al futuro, di lavorare per un progetto più grande di noi, che va oltre di noi, a cui la politica italiana non ci ha più abituato, purtroppo, è la grande sfida e il grande sogno che lanciamo ai nostri giovani. Siamo una generazione che ha conosciuto l’Europa, l’ha studiata sui libri, e ha cercato di conoscerla viaggiando, la nostra generazione va in Europa come chi va a conoscere un cugino o un parente che ha conosciuto da poco. I nostri figli invece sono la generazione dell’Europa, sono i cittadini europei, studiano, vivono, vanno e vengono dalle maggiori capitali europee con l’Interrail, hanno tante possibilità.
Una delegazione della Regione è stata a Bruxelles in occasione della Giornata delle Marche, con il Presidente Bucciarelli abbiamo visitato l’Adg cultura della Commissione europea, proprio il giorno prima che partissero le celebrazioni del ventesimo anniversario del programma Erasmus, abbiamo percepito il clima, respirato l’aria di un continente ormai senza frontiere in cui i nostri ragazzi sguazzano, navigano, utilizzano internet per tenere i collegamenti con gli amici dei diversi Paesi.
Dobbiamo essere consapevoli di questo compito storico che stiamo svolgendo e dobbiamo, utilizzando l’Europa, ridare la possibilità ai nostri giovani di credere ai valori importanti per la democrazia e che nell’Europa si sono completamente attuati, cioè la pace, la democrazia, il benessere e la solidarietà.
Facciamo anche riferimento a noi, dobbiamo cogliere l’insegnamento di questi 50 anni, che cosa l’Europa ci ha insegnato, o meglio, cosa l’Europa ci deve ancora far maturare.
Credo che la cosa che più dobbiamo imparare dall’Europa è il metodo comunitario, un metodo virtuoso che permette in Europa di conciliare l’esperienza nazionale di ciascuno con l’ambizione di un grande progetto europeo. Sappiamo tutti cosa significa aprire un dibattito sulla scorta di questa esperienza comunitaria all’interno della nostra Regione, cosa significa contemperare le esigenze delle comunità locali con un progetto più ampio che è quello della nostra Regione. Dovremmo mutuare tanto di questo metodo virtuoso nella nostra realtà regionale e darci degli obiettivi di lungo respiro. Un respiro lungo della politica è fondamentale, sapendo che il progetto più complessivo di prospettiva deve essere quello vincente, non mortificando per questo le esperienze dei singoli territori.
Sappiamo che l’integrazione economica e l’integrazione politica dell’Europa non si è arrestata nonostante le resistenze dei leader nazionali.
Per noi fino adesso Europa ha significato accesso ai finanziamenti, oggi credo che dobbiamo fare un passo avanti. Per noi oggi è importante mettersi in sintonia con l’Europa e dotarsi di un quadro giuridico di idee, di strumenti per affrontare e vincere le sfide della globalizzazione.
Qui entra a pieno titolo anche la nostra competenza e la nostra responsabilità in quanto legislatori regionali. Dobbiamo avere non solo la capacità di cogliere le opportunità che l’Europa ci dà, di accedere ai finanziamenti, di dare opportunità alle nostre imprese e alle nostre popolazioni, ma dobbiamo anche entrare nello spirito della legislazione comunitaria. Fino adesso siamo abituati a vedere più i lacci e laccioli della burocrazia europea e meno la visione di sistema, la visione di insieme. Credo invece che nel campo dei diritti e delle sicurezze l’Europa ci abbia insegnato molto e dobbiamo entrare in una maggiore sintonia, dobbiamo essere legislatori che sanno fare le leggi europee, che significa far fare un passo avanti, anche se oggi è difficoltoso cercare di armonizzare la realtà con le prospettive. Pensiamo al tema della sicurezza sul lavoro, al tema delle grandi normative, dove l’Unione Europa ha sempre dato con le sue direttive una prospettiva di lungo respiro e su queste le legislazioni nazionali e regionali si devono adeguare. Quindi per noi rappresenta l’avamposto che dobbiamo seguire per fare crescere il livello di civiltà della nostra legislazione nazionale e regionale.
In questa logica anche la sessione comunitaria che terremo, le riflessioni che stiamo approfondendo quasi da autodidatti, le questioni delle politiche comunitarie, dovranno vedere il Consiglio regionale impegnato con una visione più moderna.
Abbiamo anche un altro insegnamento che ci dà l’Europa, cioè la capacità di coinvolgimento dei cittadini, la capacità di individuare nuovi strumenti per il parternariato, per la comunicazione istituzionale, per l’informazione a tutti i cittadini. Anche sul campo della cittadinanza attiva, sul campo dell’affermazione della cittadinanza europea, dobbiamo da una parte trarre oggi gli insegnamenti nel momento in cui iniziamo la discussione sulle forme di coinvolgimento della società alla politica – oggi c’è il Cal mai avremo anche altre occasioni per riflettere sugli strumenti della partecipazione – e dall’altra partecipare come Regioni, come Giunta per quanto riguarda la gestione e come Consiglio per quanto riguarda l’affermazione e la diffusione della cittadinanza europea.
Quindi dobbiamo prepararci a lavorare per sentirci sempre più protagonisti in questo grande sogno che sempre più sta diventando una confortante realtà.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Poche considerazioni perché dovremmo approfondire in un dibattito sulle questioni internazionali e dell’Europa.
In primo luogo vorrei dire che il percorso della costruzione dell’Europa che oggi conosciamo non sarebbe stato possibile senza la sconfitta del nazismo nella seconda guerra mondiale, poi si andò al Trattato del 1957 dove si incontrarono diverse realtà e diverse visioni e opzioni sul percorso dell’Unione europea, successivamente alle tappe che portano ai giorni nostri. Ancor prima ci furono i Trattati del carbone e dell’acciaio nel 1951, il Trattato di Roma nel 1954, ci fu poi il vero manifesto politico, quello di Ventotene, dove si parlava di una Europa libera e unita. Successivamente ci furono i Trattati economici, come il Mercato Comune Europeo, che prendevano atto di una Europa in crescita, seppur divisa di flussi migratori, la necessità di dare un governo agli Stati in una visione sovranazionale. Poi ci furono le questioni del lavoro e delle tragedie sul lavoro come quella di Marcinelle.
Nel 1992 si ebbe una involuzione di tipo economico perché il Trattato di Maastricht accentuava l’aspetto più economicista dell’Europa rispetto a quello di una visione dei popoli. In questo trattato del 1992 l’accentuazione del mercato e le sue compatibilità economiche hanno assunto un sopravvento rispetto alle questioni dei flussi migratori, dell’integrazione, dell’inclusione, sono sembrati adeguarsi alla logica capitalistica della globalizzazione. Da essa, la Direttiva Bolkestein sulla necessità, da parte di una visione del profitto, di liberalizzare tutto, perfino l’utilizzo dell’acqua e dell’aria cioè le due materie vitali per le persone.
Nel 2000 il Trattato di Nizza per rafforzare una visione istituzionale sovranazionale degli Stati, perché si prendeva atto, e in parte è tutt’ora così, di un ruolo marginale del Parlamento europeo sovrastato dalla Commissione europea, dagli organi tecnici e di governo.
Nel 2004 la Convenzione europea, è errato parlare oggi di Costituzione europea. Nel 2004 quella convenzione, e i referendum che ci sono stati nei diversi Stati, ha costituito delle prove di Costituzione europea. Ci auguriamo che quella Costituzione guardi alla pace, ai diritti, perché oggi c’è bisogno di una nuova e più ampia Europa. Ci sono nuove aspettative non solo economiche, è vero che c’è stata la fine della Guerra fredda e la caduta del muro di Berlino, fatto importante perché è sempre positivo quando cade un muro, ma altri muri sono sorti, quello in Israele verso la Palestina, quello degli Stati Uniti per fermare i flussi migratori dal Messico.
Purtroppo in Europa dopo la caduta del muro di Berlino, dopo la fine della Guerra fredda, non si è dispiegata la pace e la democrazia, nuove e peggiori dittature si sono affermate, per la prima volta dopo 50 anni nel cuore dell’Europa c’è stata una guerra, una grande guerra, che ha dissolto la Jugoslavia, ha portato alla scomparsa di interi popoli e intere etnie. Quindi bisogna far riflettere a chi con una visione superficiale dice che tutto è andato bene perché dopo tanti anni nel cuore dell’Europa c’è stata la guerra.
L’obiettivo dovrebbe essere quello di lottare per la pace, per una visione di lotta al terrorismo integrata, crediamo che nella nuova Europa, visto anche lo scenario internazionale dove non esistono più blocchi contrapposti, occorra superare anacronistici sistemi di difesa e di offesa. Occorre, secondo la nostra analisi, che l’Europa si doti di un sistema autonomo di difesa europea, come forza di interposizione nelle zone di conflitto e si doti anche di un sistema internazionale europeo di attività di polizia per lottare contro il terrorismo.
In ultima analisi, occorre andare ad una Europa dell’inclusione, dell’integrazione, del lavoro garantito, della sicurezza nei luoghi di lavoro, soprattutto andare verso una Europa che lavori per la pace.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Parlare di Europa è tema sicuramente affascinante ma anche complesso per tutte le vicende che si sono succedute dal 1957, positive per certi aspetti, problematiche per altri.
Ricordo solo gli ultimi passaggi sulla Costituzione europea che hanno visto due Paesi importanti, Francia e Olanda, esprimersi popolarmente in maniera negativa e difforme rispetto all’indicazione degli altri Paesi comunitari.
Ricordo le problematiche relative all’allargamento perché dal nucleo originario dei padri fondatori, degli Stati che hanno nel 1957 sottoscritto l’importante Trattato di Roma, siamo passati ad una Europa che ha superato i venticinque Paesi membri e ha allargato i suoi confini ad un Est europeo che era stato per lungo tempo preda della logica dei due blocchi scaturita dal secondo conflitto mondiale.
Altra problematica il fatto di veder avviato nel 1957 un processo su basi di scambio e di collaborazione di natura principalmente economica-sociale. Questo processo è andato molto avanti fino alla unificazione monetaria, e ora vederlo fermarsi, vederlo con delle difficoltà quando lo stesso doveva invece diventare processo politico di unificazione. Quante volte abbiamo parlato di una Europa che doveva essere sì monetaria, commerciale, di interscambio, ma anche Europa delle patrie, una Europa che intravedesse la possibilità di veder costruiti dei percorsi condivisi sotto il profilo della coesione politica. Quante volte abbiamo invocato, anche in questi ultimi tempi di terribili conflitti, di gravissimi scontri in varie parti del mondo, il ruolo dell’Europa che potesse essere in grado di interpretare un'unica politica e un'unica impostazione e che potesse sedere con un’unica voce nei banchi dei consessi internazionali.
Tutto questo ancora non è, lo dobbiamo dire apertamente, ma che deve essere nell’agenda e nella riflessione politica. Per fare questo occorre ancora fare parecchia strada attraverso anche la sensibilizzazione dei temi ricordati dal Presidente Bucciarelli e dagli altri Consiglieri che sono intervenuti, ma sottolineo soprattutto l’aspetto, che ha riguardato anche i lavori della Commissione per quanto riguarda la Costituzione europea, di un richiamo a valori, a principi che possano fondare una nuova Europa ma antica nella sua storia e nelle sue tradizioni. Quindi il richiamo alle radici cristiane dell’Europa, questo è un passaggio che è auspicabile possa ritornare nell’agenda politica, di ritornare negli atti e nelle attività del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali che devono portare il loro contributo forte. Perché? Perché richiamare origini e radici significa poter guardare al futuro con occhi e sguardi più sicuri, per costruire il futuro prima di tutto occorre ritornare a parlare di identità dei popoli europei, di identità delle tradizioni e della storia europea.
Tutto questo, secondo noi, deve essere lo sguardo prospettico verso gli anni a venire, se vogliamo effettivamente che questa idea di Europa possa essere realizzata, perché senza una identità, senza un richiamo forte a radici e valori, senza un richiamo forte alla nostra comune visione dell’Europa, non solo geopolitica ed economica ma prima di tutto storica, sarà molto difficile realizzare quegli obiettivi a cui tutti oggi ci siamo richiamati.
Questo è il contributo che il Gruppo di An dà alla riflessione di oggi ringraziando anche la Presidenza del Consiglio per aver posto questo tema all’attenzione dei lavori della nostra Istituzione.

PRESIDENTE. Ha la parola la Consigliera Mammoli, vorrei pregare la brevità dell’intervento perché l’Assessore che deve chiudere la discussione deve allontanarsi dall’aula.

Katia MAMMOLI. Cercherò di essere breve ma bisognerebbe chiederlo a tutti fin dall’inizio, non può essere richiesta la brevità soltanto a chi interviene alla fine nella disattenzione generale.
Ringrazio innanzitutto il Presidente e tutto il Consiglio regionale per aver voluto mettere oggi in discussione questo importante argomento.
Le ricorrenze sono importanti e devono essere programmate e rivendicate, ma non soltanto perché guardiamo al passato soddisfatti di quello che è stato fatto ma soprattutto perché deve essere un momento di riflessione che consenta di guardare al futuro per quello che vorremmo che fosse, e soprattutto consenta di fare una analisi della situazione dell’Europa di oggi rispetto a quella che avremmo voluto che fosse.
Cinquant’anni dalla firma del Trattato, in questo tempo è stato fatto un grande percorso ma non è sicuramente sufficiente, né soddisfacente soprattutto per chi nell’Europa ha sempre creduto, noi parlavamo di giovane Europa prima ancora che ci fosse l’Unità d’Italia.
Come hanno fatto anche altri colleghi, vorrei anche io fare un breve esame della situazione dell’Europa adesso e in prospettiva, soprattutto perché se facciamo una valutazione insieme all’Unione europea dei problemi che sono tuttora sul tappeto forse avremo più forza per farlo.
L’Europa appare in questo momento una specie di cantiere di percorsi incompiuti, nessuno dei grandi volani del processo di integrazione è stato terminato, anche se tutti sono stati iniziati. Eppure su questi temi si è fatta da tempo una scelta mai portata a termine fino in fondo.
Il mercato interno annaspa ancora, con la direttiva dei servizi che apre e chiude, con le deroghe alla libera circolazione dei lavoratori dei nuovi Paesi membri, con le libere professioni spesso ostacolate nell’esercitare liberamente nei vari paesi.
La politica estera, è stato già detto, incomincia ad esistere, abbiamo le prime operazioni reali, ma abbiamo visto in questi ultimi anni quanto la stessa Europa si sia divisa rispetto ad una politica estera comune, quanto non esista una voce vera comune e quanto sarebbe necessario, urgente – ma ancora non esiste – un seggio europeo al Consiglio di Sicurezza dell’Onu che porti la voce di tutta l’Europa.
L’allargamento procede ma con la confusione e l'incertezza dei prossimi confini, delle prospettive finali, lasciando sperare a sospirare Paesi candidati, una scena senz’altro più ampia ma che ancora non ha chiaro dove vorrebbe arrivare.
La politica energetica è spesso sventolata ma siamo ancora agli abbozzi.
La ricerca, la tanto auspicata realizzazione dell’agenda di Lisbona è iniziata ma anche questa è ancora un abbozzo.
Infine la Costituzione, negoziata scrupolosamente e firmata a Roma solennemente, incarna ancora l’incompiuto.
Secondo me quello che ancora peggio, e anche oggi ne stiamo dando la prova, come ne diamo la prova quando andiamo a votare per l’elezione d’Europa, è che sembra essersi smarrito il senso dell’Europa, non c’è più l’interesse che fino a qualche anno fa era fortissimo, non c’è più la volontà, la speranza che ci ha portato in Italia a fare anche tanti sacrifici per la moneta unica, che nel 2000 ha fatto sì che ci fosse questa grande speranza per un futuro più forte all’interno dell’Europa.
L’Italia è legata indissolubilmente, nei suoi periodi peggiori e in quelli migliori, al termometro dell'Europa. Quando l'Europa vola e cresce, anche l'Italia segue, ma se l'Europa va male, l'Italia va malissimo, non ha paracaduti e non ha sbocchi commerciali. Con una Commissione debole ci sono minori garanzie per la lotta agli abusi della concorrenza in Italia, se il Consiglio è incerto, non ci sarà nessuno a forzare la mano per un rigore di bilancio, e se le risorse finanziarie comuni sono minori sicuramente in Italia arriveranno molti meno fondi di quanti ne andranno in altre nazioni del nord.
Nel frattempo il mondo cambia e impone il suo tempo. Ma il tempo dell'Europa, come quello dell’Italia forse ancor peggio, sembra un tempo di appagamento e di arroccamento sul benessere, sul consumismo e su ampio spazio di libertà individuale. Appagati dalle conquiste del dopoguerra siamo poco intenzionati a rimettere le lancette dell’orologio in linea con il fuso mondiale.
Spadolini governò in tempi di mare molto mosso e guidò il Paese insegnando il metodo delle “emergenze”, ovvero quello di identificare i problemi sui quali non si può più attendere, le questioni che vanno risolte prima delle altre, e subito. Cominciamo quindi a vedere alcune di queste emergenze.
La prima, è stato detto anche questo, riaffermare la consapevolezza della strada percorsa. Pare che nessuno, soprattutto le nuove generazioni – a volte mi chiedo se alle nuove generazioni la storia venga veramente insegnata – abbia conoscenza del passato recente dell'Europa, delle divisioni al suo interno. Spesso i nomi che sono per noi, meno giovani, ricordi tristi e amari, dicono poco alle nuove generazioni, allora bisogna ricordare che cosa ha significato l’ultima guerra mondiale all’interno dell’Europa stessa, che cosa ha significato la Shoà.
Bisogna raccontare che cosa è l'Europa e che cosa vuole diventare, quale percorso ha compiuto in questi 50 anni. L’Europa andrà avanti unita quantomeno dal sorgere di nemici comuni. Insomma, un po' di coraggio su quanto è stato realizzato e cercare di aiutare l'Europa a credere nel suo futuro perché quando si va in giro per il mondo si capisce subito che il futuro appartiene ai popoli che credono nel futuro.
Il secondo problema che dovrebbe essere risolto immediatamente in Europa è quello di investire nella cultura, nella formazione, nella ricerca, nell’approfondimento dei meccanismi del passaggio inter-generazionale di conoscenze, certi che fra 50 anni l'Europa avrà difficoltà a restare competitiva – ma molto meno di 50 anni – eccetto che nel campo delle idee. L'Europa infatti dovrà far fronte a problemi ambientali, sarà non competitiva sul versante produttivo, sarà indietro nella crescita demografica, avrà difficoltà energetiche, e avrà solo nella società della conoscenza, se avremo imparato a svilupparla, un suo punto di forza rispetto al resto del pianeta.
L’altro problema importantissimo e gravissimo in Europa, così come in Italia, è la burocrazia. La burocrazia può tentare il colpo ed affossare l'Europa che alla burocrazia ha affidato i rapporto con i cittadini, le imprese, le collettività locali, gli studenti, le organizzazioni non governative. Non solo in Europa ma anche nel resto del mondo chiunque entri in rapporto con le Istituzioni europee – non parliamo poi di quelle italiane – e soprattutto con la Commissione, è spaventato dalla macchinosità procedurale, dai costi esorbitanti di rendicontazione e di confezionamento dei progetti, dalle scadenze vessatorie. Non è un problema delle istituzioni, è un modello che si proietta sull'insieme della società. Ormai la burocrazia è una vera emergenza non facile da affrontare. Dietro tale complessità di regole si nascondono molte cose, al punto che lo stesso Consiglio non legifera in modo pubblico, contravvenendo, e proprio qui nella democratica Europa, ai più elementari criteri di assunzione esplicita di responsabilità che spettano a un organismo legislativo.
Anche in Italia la burocrazia è alle stelle. Gli italiani aspettano ancora che si sappia fare della semplificazione delle procedure la battaglia principale. I dati di confronto col resto dell'Europa sono agghiaccianti, si prendano ad esempio i tempi e i costi per avviare una azienda, i costi e il numero di adempimenti per addetto e di giornate medie necessarie. Questo dovrebbe essere uno dei primi problemi che l’Italia e l’Europa dovrebbero risolvere.
Quarto punto, l’Europa appare come un insieme di isolette o di moli legati o non legati da ponti. Questo il compito di emergenza per le libertà, per gli sforzi individuali, spesso frustrati, che non sono poi integrati e che si incontrano con altri sforzi. Molte sono le potenzialità accennate e inespresse in Europa, una rete di slanci di generosità, di voglia di fare, di scelte individuali, di progetti che l'Europa non sa cogliere e valorizzare né saprà farlo finché non si doti di una società aperta e più libera. Immigrati che sono risorse sotto tutti i profili, che sono costretti alla clandestinità. Giovani ricchi di idee che non trovano accesso, corporazioni, mancanza di organizzazione, che sono porte chiuse e ostacoli alla mobilità sociale.
Pietra angolare di queste potenzialità inespresse è la donna, perché l'emancipazione femminile, insieme ad altri elementi, è stata la rivoluzione del XX secolo che ha ridisegnato processi economici, struttura del potere, comportamenti sociali. Ultimamente anche su questo settore si batte la fiacca sia in Italia che in Europa. Ancora troppo spesso il ruolo della donna in politica e nell'impresa è lasciato a margine, ancora la donna è troppo sola ovvero troppo poco considerata e valorizzata nel suo insostituibile ruolo a favore della coesione sociale, la donna deve essere un valore espresso appieno non soltanto dall’Italia ma da tutta Europa.

Presidenza del Presidente
Raffaele Bucciarelli

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Brandoni.

Giuliano BRANDONI. Cercherò di imparare dall’Europa una procedura, tempi europei per gli interventi, pochi minuti.
Penso che ogni anniversario è una occasione di palestra della retorica e credo che discutendo di un tema come questo la retorica dovrebbe essere evitata. Stavo pensando che forse questo momento del Consiglio poteva essere sostituito da un’altra azione più semplice che poteva aiutarci a capire in maniera più adeguata quale è la nostra Europa. Sarebbe bastato spostare il nostro Consiglio nell’ambito dei cantieri navali di Ancona, lì avremmo visto l’Europa che oggi abbiamo di fronte, avremmo visto l’Europa dei calafati rumeni, l’Europa dei migranti nelle ditte di appalto, avremmo visto l’Europa dei lavoratori transfrontalieri che vengono a lavorare in Italia per salari molto più bassi. Avremmo visto un’altra Europa, quella del lavoro che oggi è ben lontana dall’essere rappresentata dalla retorica di quello che tante volte giudichiamo un percorso virtuoso.
Cinquant’anni sono stati importanti, hanno costruito o possono costruire una identità, ma non è l’identità dei trattati economici, non è l’identità dei trattati dell’Europa dei mercanti che possono trasformare il nostro continente in una aggregazione politica e sociale coesa e capace di salvaguardare l’elemento sostanzialmente vero che è la qualità della civiltà che c’è, almeno in parte, nel nostro continente.
Dico la qualità della civiltà perché anche su questo terreno c’è una discussione che mi pare per alcuni aspetti speciosa e per altri particolarmente conservatrice, quella dell’identità dell’Europa, è stato detto anche qui, come l’identità e le sue radici cristiano-giudaiche. Io vedo un’altra Europa, vedo l’Europa del figlio di un beccaio di Jesi, perché pare così fossero i natali di Federico II, che ha pensato e ha dato un segnale vero di tolleranza, di allargamento, di multietnicità dei valori che si chiamavano diritti e libertà.
Vado così lontano perché penso all’Europa che abbiamo di fronte e sulla quale dobbiamo confrontarci, che ci propone leggi come la Bolkestein, e che ha trovato la sua ragion d’essere quando negli anni ’90 ha deciso di partecipare e risolvere i suoi problemi interni, penso alla Jugoslavia, con una guerra cattiva e ingiusta, con il tentativo di semplificare la poliedricità politica e culturale di questo continente con i bombardamenti.
Sto con l’Europa dei lavoratori del cantiere e sto anche con l’Europa dei lavoratori della Zastava che difendevano sotto le bombe il loro diritto al lavoro, il loro diritto ad esistere e il loro diritto alla determinazione.
Quando penso a questa Europa penso all’Europa senza retorica, l’Europa del lavoro, che teme per alcuni aspetti le burocrazie di Bruxelles e i Trattati come quello di Maastricht, che ha deciso, come ha fatto in Francia ed in altri Paesi, che il Trattato costituzionale avrebbe dato ai popoli poco spazio, poca possibilità di essere e di esistere, e che quindi, ha deciso con un voto e con la democrazia di respingere quei trattati.
Penso all’Europa del 2001 a Genova, fatta di giovani, di colori e di lavoratori, che decideva che era possibile partecipare e rompere le linee rosse. Rompere le linee rosse significava ricostruire attraverso quell’idea di Europa fatta di democrazia, di partecipazione e di riconoscimento di un diritto fondamentale. Se si guarda oggi alle procedure e ai processi culturali che ci sono nel mondo, l’Europa ha sostanzialmente da difendere un valore, il diritto e i diritti del lavoro.
Vedo che da molte parti mi si invita alla sinteticità quindi chiudo qui, penso che dovremmo percorrere – è un invito che faccio al Presidente del Consiglio – l’anno dei 50 anni dell’Europa con appuntamenti tematici che guardano e possono dare, dal punto di vista del Consiglio regionale, uno spunto significativo alle riflessioni che questo Consiglio tutto insieme ha fatto.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Viventi.

Luigi VIVENTI. Credo che celebrare i 50 anni di storia dell’Unione europea sia impossibile per noi, Democratici Cristiani, farlo senza ricordare Alcide De Gasperi che ne fu l’intuitore primo.
Dobbiamo però, al di là delle celebrazioni che servono a poco, dire le cose come stanno, quindi evidenziare le questioni che non funzionano oggi all’interno dell’Unione europea.
Intanto dobbiamo prendere atto che alcuni Paesi fondatori come la Francia si sono espressi contro la Costituzione e se ciò hanno fatto ci sarà pure un motivo. In effetti le stesse nostre Regioni, tra cui la Regione Marche, sono molto spesso vincolate nell’utilizzo dei fondi europei al rispetto di procedure che per quanto riguarda l’agricoltura, l’impresa, il commercio, ecc., sono lunghissime, estenuanti, e che non facilitano l’utilizzo dei fondi stessi.
Ci sono anche altre situazioni di difficoltà perché abbiamo pensato che si potesse costruire una nazione, se possiamo utilizzare questo termine, attraverso l’utilizzo di una moneta comune, una nazione però non si forma con questo ma si forma attraverso il comune sentire sui valori, sui principi, sulla cultura, sul modo di essere, sul modo di vivere. Purtroppo, già quando nella stessa Costituzione europea sono state negate le radici giudaico-cristiane, credo che si sia fatto un torto forte alla storia stessa dell’Europa.
Oggi prendiamo atto soltanto della difficoltà di essere Unione europea, per esempio sulla politica estera e, come dicevo prima, sotto profilo della politica economica e finanziaria abbiamo accettato e condiviso una moneta comune che però da sola non fa l’Europa, anzi da sola, se da una parte ha posto l’Italia al riparo di possibili speculazioni pesanti, dall’altra però non possiamo negare che avendo accettato un rapporto con il marco tedesco è stato fatto un errore – secondo me del Presidente Romano Prodi - di accettare un rapporto di quel tipo – oggi ne scontiamo le conseguenze perché chiaramente un euro così forte non favorisce le esportazioni. Anche se si mantengono bassi i tassi di interesse, siamo al 3,75 con una inflazione che sta sotto il 2% nella media europea, c’è quindi uno sbilanciamento sempre a favore dei tassi. Il dato più negativo è sicuramente il rapporto con il dollaro, giunto in questi giorni a 1,34, questo non facilita le esportazioni, non bisogna aver studiato all’università per capirlo. Considerate che un paese come la Cina, che oggi può fare e disfare dal punto di vista economico ciò che vuole, continua a tenere svalutata la propria moneta nonostante i margini enormi di produttività esistenti al proprio interno. Non voglio dilungarmi su questo perché probabilmente andrei anche fuori tema.
Tutto ciò per dire che se vogliamo veramente dare un senso e un futuro all’Unione europea dobbiamo partire dalle basi, non possiamo pensare di fare l’Europa solo con la moneta, dobbiamo avere la condivisione nei valori fondamentali, di una cultura che è quella che deve essere la cultura dominante nei paesi che ne fanno parte, e ci deve essere un comune sentire anche per quanto riguarda gli atteggiamenti nella politica estera, altrimenti dobbiamo prendere atto che questo progetto sta segnando purtroppo i suoi passi.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Binci.

Massimo BINCI. Voglio semplicemente ripercorrere la nascita e la crescita della Comunità europea. Si è passati da accordi commerciali di sei Stati al Parlamento europeo di ventisette Stati, si è passati da semplici accordi commerciali alla definizione dei diritti dei cittadini europei, dalla regolamentazione di semplici transazioni commerciali alla regolamentazione dei diritti dei cittadini, dei consumatori, a una programmazione congiunta degli Stati europei per fronteggiare una economia globale, allo stesso tempo sta nascendo una politica estera unica europea per fronteggiare con le caratteristiche e i valori europei il tentativo di risolvere la situazione delle aree di crisi e di guerra all’interno del mondo, per portare una politica di cooperazione, di sviluppo e di solidarietà, propria delle democrazie europee.
Siamo passati da una situazione in cui si passavano le frontiere con i doganieri ad una libera circolazione delle merci ma soprattutto delle persone, siamo arrivati ad una moneta unica europea.
L’Europa, soprattutto per l’Italia, è un riferimento forte, è una situazione in cui possiamo confrontare la nostra democrazia, le nostre prospettive economiche e le politiche sociali con quelle degli altri Paesi. Quindi l’Europa ci porta ad un confronto, ci porta ad essere una società aperta, ad una società che programma il futuro, quindi l’Italia ha una propria dimensione, al di fuori di quella nazionale, pur mantenendo la propria identità e portando i propri valori in una casa comune.

PRESIDENTE. Ha la parola al Vice Presidente Agostini.

Luciano AGOSTINI. Ringrazio il Presidente e l’Ufficio di Presidenza per aver voluto cogliere l’occasione di questo Consiglio regionale per riflettere e confrontarci sui 50 anni dell’Unione europea. Ritengo che questo sia uno dei temi centrali del dibattito politico, e non solo politico perché coinvolge la vita civile ed economica della nostra Comunità e di quelle europee.
Gli interventi che ho ascoltato sono stati ricchi di contenuto, ognuno ha cercato di portare il proprio contributo con il proprio punto di vista, ma mi pare che la centralità dell’Unione europea sia stata messa in risalto da tutti.
Vedo un Consiglio regionale unito sui principi che hanno ispirato i 50 anni dell’Unione europea, il percorso fin qui svolto e l’auspicio che nella unità il percorso iniziato possa produrre altri ulteriori obiettivi importanti, come quelli raggiunti in questi anni.
Probabilmente quando cinquant’anni fa i padri della ricostruzione europea dal dopoguerra pensarono di dar vita alle varie forme, inizialmente, come è stato ricordato, non si cercò immediatamente di costruire una identità politica ma si tentò di costruire un processo che partisse dalle cose concrete, dall’unione del carbone, alla siderurgia, alla Comunità economica europea e poi, con l’evoluzione dei tempi, anche quando per tanti anni il mondo si era diviso in due blocchi, si è cercato di fare dei passi in avanti, con grande lungimiranza, pur nell’alternanza politica dei Governi degli Stati che in questi anni si sono dati, avendo sempre come punto di riferimento l’obiettivo importante dell’Unione europea e della sua integrazione.
Ora abbiamo riflettuto su alcuni punti salienti, abbiamo visto quanto è stato importante costruire una Europa economica, lo abbiamo visto non solo dal punto di vista del principio politico ma lo vediamo tutti i giorni. Prima di affrontare questa discussione ci sono state alcune interrogazioni che ci hanno consentito, ad esempio, di sviscerare meglio quelli che sono stati i finanziamenti in agricoltura o nelle varie attività produttive. Gli Stati europei si sono dati alcune regole perché insieme si potesse costruire uno sviluppo economico più forte, tentando anche di sostenere le economie più deboli per riportarle ad un equilibrio che dovrà consentire una migliore e maggiore integrazione.
Così come in questo momento abbiamo affrontato l’Unione monetaria, quando nel 1994 ci demmo i famosi parametri di Maastricht, tanto discussi, in alcuni casi anche vituperati, per altri, a volte, come è stato recentemente fatto, rimessi in discussione, ma quelli erano accordi fondamentali perché si potesse costruire l’unione finanziaria e monetaria. Quindi siamo entrati nell’euro, c’è stato questo passo in avanti.
Adesso stiamo ragionando quale tipo di sviluppo eco-sostenibile dobbiamo darci, quali sono le regole di uno sviluppo comune che dobbiamo darci di fronte alle nuove problematiche della modificazione climatica. Credo che questi sono tutti temi importanti che se sappiamo continuare a costruirli con la lungimiranza dell’obiettivo della integrazione degli Stati europei saranno obiettivi che potremo centrare.
Mi è parso importante in questi anni il contributo delle Regioni che non sono state indifferenti, anzi, nel processo di integrazione, soprattutto dal punto di vista dello sviluppo e dal punto di vista economico, hanno avuto una funzione importante, fondamentale, quella che vediamo ogni qualvolta dobbiamo costruire i processi di sostegno ai finanziamenti europei, lì il ruolo centrale ce l’hanno le Regioni. Quindi una visione che parte dal territorio, una visione dell’integrazione che parte in maniera sussidiaria, dal basso si cerca di costruire il processo di integrazione mettendo al centro il riequilibrio dei territori che meno hanno ricevuto in termini di sviluppo. In questo senso penso che la Regione Marche abbia in questi ultimi anni giocato un ruolo sempre più importante. Il nostro Presidente e il Vice Presidente dell’Europa delle Regioni debbono avere anche questo tipo di obiettivo, quello di contribuire ad accelerare il processo di integrazione che più volte si tenta di stoppare. Abbiamo visto l’esperienza della convenzione europea, in molti Stati questa è passata, in altri c’è stata una resistenza, la stessa entrata dell’euro non tutti l’hanno accompagnata con sufficiente forza e spinta politica che un processo di questo genere doveva avere.
Dobbiamo contribuire anche nel nostro piccolo, anche dalla nostra Regione, a dare una impronta ed un impulso ai Governi affinché questo processo, come è stato negli anni passati per l’allargamento all’est, non debba fermarsi e debba avere sempre di più un respiro lungo di tipo politico.
La cosa a cui dobbiamo guardare con grande interesse è l’unione politica, abbiamo fatto quella finanziaria, abbiamo fatto quella economica, stiamo tentando di ricercare le nuove regole di uno sviluppo eco-compatibile comune, dobbiamo pensare a costruire una Europa politica a tutti gli effetti partendo anche dalle conquiste del ‘900 che abbiamo fatto, la Consigliera Mammoli ne ricordava alcune tra le più importanti come la grande rivoluzione femminile, il secolo scorso ha visto porre al centro un nuovo protagonismo di un soggetto autonomo e forte quale quello delle donne. Quindi anche da questo punto di vista dobbiamo cogliere gli aspetti che ci ha dato il secolo scorso per contribuire a cogliere quegli obiettivi di unità politica che dobbiamo costruire in Europa.
Perché l’unità politica? Questo è un dibattito abbastanza ricorrente, lo banalizzo, in molti si sono chiesti, nel momento in cui abbiamo sistemato le nostre cose economiche e dello sviluppo, nel momento in cui abbiamo sistemato le cose dal punto di visto finanziario, perché dobbiamo ulteriormente procedere? Penso che questo sia ancora più attuale oggi. Abbiamo visto nelle ultime vicende relative alle tensioni internazionali come l’Europa unita può svolgere un ruolo quando è una entità politica. Abbiamo avuto la capacità, la forza di poter svolgere un ruolo importante, ad esempio in Libano, compreso lo Stato italiano, perché c’era una unità sostanziale nell’azione di politica estera dell’Unione europea, non è stato così per altre vicende, come l’Iraq. Quindi soprattutto in un mondo che sullo scenario internazionale vede il riaffacciarsi di grandi tensioni, l’Europa può giocare un ruolo in politica estera decisivo, fondamentale, ma perché questo possa essere giocato ci vuole la forza della unità politica degli Stati europei. E’ una funzione che non vogliamo sia giocata contro qualcuno ma che deve essere acquisita con autonomia e pari dignità. Vogliamo ragionare insieme ai grandi Stati del mondo, in primo luogo con gli Stati Uniti d’America, non contro, ma nemmeno subalterni. La nostra unità politica ci rende la possibilità di essere una forza autonoma che, insieme alle grandi forze mondiali, può generare equilibrio ed essere elemento di rasseneramento delle tensioni che si creano nel mondo.
Per ultimo, penso che un richiamo vada fatto sui giovani. L’integrazione nell’Unione europea non può prescindere da questa condizione, da un impegno serio e vero delle nuove classi dirigenti, dei giovani. Tanto è stato fatto, forse le cose che più appaiono in termini di integrazione sono i grandi progetti che hanno coinvolto i giovani, il progetto Leonardo, l’Erasmus, grandi progetti che in questi anni hanno lavorato perché le diverse comunità di giovani potessero scambiarsi le proprie esperienze, costruire un più elevato livello culturale e professionale tale da potersi dichiarare cittadini europei e non più solo cittadini del proprio Stato.
Questo credo sia un altro degli elementi che dobbiamo fortemente tenere in considerazione perché le nostre parti politiche e le Istituzioni a tutti i livelli, dalle più piccole alle più grandi, possano dare il loro contributo partendo proprio dal ricordo e dalla storia dei 50 anni di Europa per poter proseguire con più celerità, con più forza, verso la strada dell’integrazione e dell’unità politica dell’Europa.

PRESIDENTE. Come concordato il Consiglio viene sospeso per cinque minuti per dar modo di stabilire l’andamento dei lavori della proposta di legge n. 31 con i Presidenti dei gruppi e con i relatori di maggioranza e minoranza.


La seduta è sospesa alle ore 12,55



La seduta riprende alle ore 13,50

Proposta di legge regionale n. 31
della Giunta Regionale concernente
“Disciplina del Consiglio delle Autonomie Locali”
Discussione e votazione

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la proposta di legge n. 31 ad iniziativa della Giunta regionale. Ha la parola il Consigliere Capponi.

Franco CAPPONI. Ritiriamo gli emendamenti presentati, così penso faranno anche i Consiglieri Massi e Pistarelli.

PRESIDENTE. Per accordo con i Presidenti dei gruppi i relatori di maggioranza e di minoranza hanno rinunciato alla presentazione della proposta di legge n. 31, quindi passiamo alla votazione degli articoli.
Articolo 1.
Emendamento n. 1 dei Consiglieri Rocchi, Procaccini, Brandoni. Ritirato.
Emendamento n. 2, dei Consiglieri Pistarelli, D’Anna, Silvetti, Romagnoli, Castelli, Capponi. Ritirato.
Emendamento n. 2 bis, dell’Assessore Minardi. Se non ci sono interventi lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 1, così come emendato. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 2.
Emendamento n. 3, dei Consiglieri Procaccini, Brandoni, Rocchi. Ritirato.
Emendamento n. 4, dei Consiglieri Procaccini, Brandoni, Rocchi. Ritirato.
Subemendamento n. 004 bis, dei Consiglieri Capponi, Massi, Pistarelli. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Emendamento n. 4 bis, dell’Assessore Minardi.
Per un errore tecnico propongo, chiedendo a tutti i Consiglieri di essere in aula e di porre attenzione, di ricominciare la votazione dall’articolo 1. Pongo in votazione questa proposta.

(Il Consiglio approva)

Articolo 1.
Emendamento n. 1 dei Consiglieri Rocchi, Procaccini, Brandoni. Ritirato.
Emendamento n. 2, dei Consiglieri Pistarelli, D’Anna, Silvetti, Romagnoli, Castelli, Capponi. Ritirato.
Submendamento n. 02 bis, della Consigliera Mollaroli ed altri. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Emendamento n. 2 bis, dell’Assessore Minardi. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 1, così come emendato. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Dopo l’Articolo 1.
Emendamento n. 3, dei Consiglieri Procaccini, Brandoni, Rocchi. Ritirato.
Articolo 2.
Emendamento n. 4, dei Consiglieri Procaccini, Brandoni, Rocchi. Ritirato.
Subemendamento n. 004 bis, dei Consiglieri Capponi, Massi, Pistarelli. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Subemendamento n. 04 bis, della Consigliera Mollaroli ed altri. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Emendamento n. 4 bis, dell’Assessore Minardi. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Emendamento n. 5, del Consigliere Massi. Decaduto.
Emendamento n. 6, del Consigliere Massi. Decaduto.
Emendamento n. 6 bis, dell’Assessore Minardi. Decaduto.
Emendamento n. 7, del Consigliere Massi. Decaduto.
Articolo 2, così come emendato. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 2 bis.
Emendamento n. 8, dei Consiglieri Procaccini, Brandoni, Rocchi. Ritirato.
Emendamento n. 9, del Consigliere Massi. Ritirato.
Emendamento n. 9 bis, dell’Assessore Minardi. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Emendamento n. 10, dei Consiglieri Capponi, Ciriaci, Giannotti, Tiberi, Bugaro, Cesaroni, Brini, Pistarelli. Ritirato.
Articolo 2 bis, così come emendato. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 2 ter.
Emendamento n. 10 bis (sostitutivo), dell’Assessore Minardi. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)


Articolo 3.
Emendamento n. 11, dei Consiglieri Procaccini, Brandoni, Rocchi. Ritirato.
Articolo 3. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 4.
Emendamento n. 12, del Consigliere Massi. Ritirato.
Emendamento n. 13, dei Consiglieri Capponi, Tiberi, Ciriaci, Giannotti, Cesaroni, Brini, Bugaro, Pistarelli. Ritirato.
Emendamento n. 14, del Consigliere Massi. Ritirato.
Articolo 4. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)


Articolo 4 bis.
Emendamento n. 14 bis, del Vice Presidente Agostini. Ritirato.
Emendamento n. 14 ter, dell’Assessore Minardi. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Emendamento n. 14 quater, del Vice Presidente Agostini. Ritirato.
Emendamento n. 14 quinques, dell’Assessore Minardi. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Emendamento n. 14 sexties, del Vice Presidente Agostini. Ritirato.
Emendamento n. 14 septies, dell’Assessore Minardi. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 4 bis, così come emendato. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 5.
Emendamento n. 15, dei Consiglieri Procaccini, Brandoni, Rocchi. Ritirato.
Emendamento n. 16, del Consigliere Massi. Ritirato.
Articolo 5. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 5 bis.
Emendamento n. 17, dei Consiglieri Procaccini, Brandoni, Rocchi. Ritirato.
Emendamento n. 18, del Consigliere Massi. Ritirato.
Articolo 5 bis. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 6.
Subemendamento n. 019 della Consigliera Mollaroli. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Emendamento n. 19, dei Consiglieri Pistarelli, Capponi, D’Anna, Romagnoli, Silvetti, Castelli. Decaduto.
Articolo 6, così come emendato. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 7.
Emendamento n. 19 bis, dell’Assessore Minardi. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Emendamento n. 20, dei Consiglieri Capponi, Tiberi, Ciriaci, Giannotti, Cesaroni, Brini, Bugaro, Pistarelli. Ritirato.
Emendamento n. 21, dei Consiglieri Pistarelli, Capponi, D’Anna, Romagnoli, Silvetti, Castelli. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio non approva)

Emendamento n. 21 bis, dell’Assessore Minardi. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)


Emendamento n. 22, dei Consiglieri Procaccini, Brandoni, Rocchi. Ritirato.
Emendamento n. 22 bis dell’Assessore Minardi. Ritirato.
Articolo 7, così come emendato. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 8.
Emendamento n. 23, dei Consiglieri Procaccini, Brandoni, Rocchi. Ritirato.
Articolo 8. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 9.
Emendamento n. 24, dei Consiglieri Procaccini, Brandoni, Rocchi. Ritirato.
Articolo 9. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 10.
Emendamento n. 25, dei Consiglieri Procaccini, Brandoni, Rocchi. Ritirato.
Emendamento n. 26, del Consigliere Massi. Ritirato.
Emendamento n. 26 bis, dell’Assessore Minardi. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Emendamento n. 27, del Consigliere Massi. Ritirato.
Articolo 10, così come emendato. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 11. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 12.
Emendamento n. 28, dell’Assessore Minardi. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 12, così come emendato. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Coordinamento tecnico. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Ordine del giorno. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Dichiarazioni di voto. Ha la parola il Consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Una breve dichiarazione perché l’atto merita una riflessione, seppur breve.
In questo periodo quasi tutte le Regioni – la nostra lo sta facendo ora – in sede di approvazione del Consiglio delle autonomie locali cercano di dare più o meno potere a questo organismo a seconda della realtà locale. In generale, da quello che si sente in giro, tutti cercano di limitarne i poteri perché si ha paura che questo organismo possa vedere l’espropriazione di funzioni e competenze da parte delle Regioni stesse.
In questa visione, che in parte è corretta, si perde di vista il vero problema che secondo noi è quello della rappresentanza della partecipazione.
Il fatto stesso che la modifica del Titolo V della Costituzione, e le cosiddette leggi Bassanini, prevedano forme di legislazione concorrente, veri e propri doppioni, vuol dire che la seconda Repubblica sul versante della partecipazione e della rappresentanza ha fatto dei notevoli passi indietro. Tutto viene istituzionalizzato, la politica intesa come costruzione dei programmi si è indebolita, quello che è rimasto dei grandi partiti di massa o si è marginalizzato o sempre più diventa leggero, le primarie, i gazebo, i club elettorali, ecc.. Arretrano le grandi idee, gli ideali, si cercano e si creano comitati pro o contro a seconda delle necessità. In questo contesto la legislazione – lo dico in senso autocritico perché questa deregolamentazione l’ha iniziata il centro-sinistra, certo se fosse passata la controriforma del Governo Berlusconi sarebbe stato ancora peggio – anziché riflettere in maniera seria ha cercato e sta creando confusione, concorrenza e conflitto tra le Istituzioni, attribuendo ad ogni livello le stesse funzioni, con il risultato che si allungheranno i tempi delle decisioni, un ritardo che pagheranno in primo luogo i cittadini.
Non è che si è allargata la partecipazione anzi si è ristretta perché si è ridotta la presenza e la partecipazione attiva dei consigli elettivi. Si restringe perché la composizione naturale di questi “organismi” è tutta riferita ai Sindaci, ai Presidenti delle Province e delle Comunità montane.
In questo contesto, che ho descritto in maniera schematica per ragioni di tempo, che alcuni esperti costituzionali hanno definito nuovismo ingenuo, abbiamo cercato, come Comunisti Italiani, di recuperare almeno la rappresentanza dei Consigli comunali, provinciali e delle Comunità montane. Questo non avrebbe risolto il problema generale ma avrebbe limitato i danni dell’esproprio della rappresentanza. Abbiamo sottoscritto, insieme allo SDI e a Rifondazione, delle modifiche al testo uscito dalla I Commissione, che peraltro ha svolto un eccellente lavoro di audizione, quel testo era peggiorativo rispetto alla proposta della Giunta regionale.
Nel frattempo il punto all’ordine del giorno del Consiglio sulle autonomie elettive è stato più volte rinviato, c’è stata quindi la possibilità di approfondire la materia e di interloquire in maniera proficua con l’Assessore Minardi al quale debbo riconoscere uno sforzo di comprensione sulle questioni da noi poste, mi pare che egli abbia compiuto una sintesi positiva.
E’ per questo che abbiamo ritirato le nostre proposte e voteremo quella integrale, modificata dagli emendamenti, anche perché non è con questa legge del Consiglio delle autonomie locali che può essere risolto il problema della rappresentanza.
Occorre, come dice l’ordine del giorno proposto, andare ad una legislazione più compiuta. Insistiamo, se ci è permesso, affinché siano discussi i testi che giacciono in Commissione che prevedono la possibilità di una discussione di proposte di legge per dare maggiori possibilità, ad esempio, al protagonismo delle giovani generazioni.
E’ per queste brevi e schematiche considerazioni che il gruppo dei Comunisti Italiani voterà a favore.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Capponi.

Franco CAPPONI. Questa disciplina del nuovo Consiglio delle autonomie locali che amplifica la rappresentatività e le funzioni della vecchia Conferenza regionale delle autonomie, ci vede convergere su una proposta che gradatamente nel tempo ha assunto il ruolo di effettiva rappresentatività delle autonomie locali e delle sue diversità di funzione politica, istituzionale, di genere e diversità tra gli enti.
Anche io debbo dare atto a chi ha lavorato, in particolare all’Assessore Minardi per la disponibilità a raccogliere le indicazioni che sono state amalgamate in un testo che sostanzialmente ci soddisfa.
Riteniamo che tutto vada anche valutato alla luce dei risultati ottenuti dalla vecchia Conferenza regionale delle autonomie, per questo ci siamo battuti affinché la rappresentanza anche delle opposizioni, o comunque la rappresentanza di Sindaci e dei Presidenti delle Province, potesse essere garantita in modo da poter svolgere all’interno di questa struttura un discorso compiuto, un arricchimento personale, una rappresentatività effettiva della realtà del territorio marchigiano. Quindi non uno strumento di potere di nuovo in mano alla maggioranza che vuole ammantare la discussione e il dibattito tra le varie rappresentanze delle assemblee locali ma un effettivo dialogo per la soluzione dei problemi e per una ulteriore semplificazione del decentramento e dei rapporti tra gli enti locali.
Più che altro ora dovremmo dare questo compito al Cal, di individuare i percorsi di una sussidiarietà del decentramento delle funzioni che in questa regione si è arenato da molto tempo.
Nel dispositivo comunque non trovo in modo esplicito la garanzia della rappresentatività dei Comuni e delle Assemblee che fanno riferimento al centro-destra. Chiedo che nella replica, specialmente al Presidente del gruppo dei Ds e al Presidente del gruppo della Margherita e agli altri che lo vorranno fare, il Consigliere Procaccini lo ha fatto intendere con il suo intervento, di rafforzare ulteriormente questo concetto non mettendolo in un ordine del giorno ma in una dichiarazione di intenti che tenda a vedere il Cal come uno strumento di dibattito, di dialogo, anche interpartitico ed istituzionale.
Il nostro voto sarà favorevole se questo verrà dato, altrimenti sarà di astensione perché queste garanzie effettive nella legge non ci sono, ci sono le premesse per il rispetto di questi principi ma non c’è la certezza. Credo quindi che una dichiarazione da gentiluomini serva a dare questa certezza. Il nostro comportamento è stato corretto, rispettoso e responsabile.
Termino con l’auspicio che ora il Consiglio regionale affronti anche una modifica della legge n. 46, una modifica urgente che serve prima di tutto a rivedere se vogliamo ancora svolgere questo ruolo di sostegno agli investimenti a favore degli enti locali, ma l’altro aspetto è quello di definire realmente il collegamento che avviene dal livello regionale a livello comunale, cosa che non determina neanche il Cal che sorge quasi come aggiunta alla legge n. 46. Ritengo che gli eletti nella Conferenza regionale delle autonomie nel futuro debbano rappresentare, ad esempio, il Consiglio direttivo della Conferenza provinciale delle autonomie in modo da determinare a cascata un collegamento e una responsabilità dei rappresentanti all’interno del consesso del Cal, altrimenti qui si viene molte volte per rappresentare se stessi e non una categoria di enti locali e i bisogni di quella categoria, bensì questioni che sono estranee agli obiettivi che ci siamo dati. Certamente è giusto il fatto che chi si assenta per tre volte venga sostituito perché il rischio di questi Consigli delle autonomie locali è proprio quello che non ci sia la partecipazione per poter creare realmente un collegamento effettivo.
Auspico anche quello che ha detto il Consigliere Procaccini, farei un’altra dichiarazione aggiuntiva a quello che egli ha chiesto, di invitare i Sindaci e i Presidenti di Provincia a delegare i propri presidenti di Consiglio perché questo potrebbe rendere, secondo me, molto più di respiro la costituzione di questo strumento che ci stiamo dando oggi. Aspetto una risposta.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Massi.

Francesco MASSI GENTILONI SILVERI. Aggiungo poco a quello che ha detto il Consigliere Capponi, in primo luogo per recepire la riflessione del Consigliere Procaccini che ha riportato in quest’aula un tema a me particolarmente caro, ma che dovete ammettere è stato sempre trattato in maniera sfuggente, cioè quello di una verifica dei dieci anni di danni prodotti agli enti locali dalla Bassanini. Quello che ha detto il Consigliere Procaccini sulla riduzione ad un bivacco di manipoli dei Consigli e delle nostre Assemblee elettive – caro Cesare mi dispiace dirlo ma mi capirai al volo se uso questo richiamo storico e doloroso – è più per i Consiglieri di maggioranza perché almeno quelli della minoranza una motivazione in più ce l’hanno, i Consiglieri di maggioranza stanno in uno stato di prostrazione e alienazione da psicoterapia.
Quando verrà affrontato questo problema? Mi dispiace dirlo, guardo gli amici dei DS, ma nel progetto della Ministra Lanzillotta per la Bassanini c’è solo il peggioramento di tutta la situazione e magari, secondo quello che prevede la Lanzillotta, Presidente e Assessore Minardi, dovevamo inserire nel Cal anche le rappresentanze delle holding e delle SpA, perché la prossima modifica costituzionale sarà che la Repubblica è fondata sulle holding, le SpA, poi i Comuni, le Province e le Regioni. Parliamoci chiaro, queste cose le dovrebbero dire quelli della sinistra, invece non lo sento e ciò mi preoccupa abbastanza.
Verificando la Bassanini, lasciamo perdere tutta la parte che riguarda la dirigenza, i funzionari, i controlli, il dramma dei difensori civici, il cittadino posto solo di fronte al Tar e al giudice ordinario – perché questo ha fatto – purtroppo sono stati snaturati anche i principi che erano giusti. Lo dico, non è una polemica, nel progetto Lanzillotta – queste critiche vengono da sinistra, lo sapete – c’è solo un peggioramento di questa situazione, cioè del rapporto di rappresentanza democratica tra cittadino ed eletto (...) neanche la Thatcher nel 1970 avrebbe fatto una cosa del genere, quindi non lo so, penso che ci sia bisogno di rifare il punto nel centro-sinistra su certe idee che sono veramente sconvolgenti.
Ringrazio anche io i colleghi della Commissione per il lavoro che è stato fatto, i dirigenti, i funzionari, l’Assessore Minardi che ha tentato una sintesi con questi emendamenti e anche gli altri colleghi della Casa delle Libertà. Con Capponi e con Pistarelli si faceva questo ragionamento, i nostri emendamenti sono fondati sulla giusta rivendicazione, al di là di maggioranza e minoranza, del pluralismo politico in questo organismo. Sappiamo che qui non c’è una norma che garantisce al mille per mille quello che vorremmo cioè una rappresentanza diversa e pluralistica all’interno del Consiglio delle autonomie locali, c’è un po’ tutto rimandato a un gentlemen’s agreement, cioè che quanto gestito dai nostri Presidenti della Provincia mi trova scettico e perplesso, ma ho piena fiducia umana e cristiana in tutti. Quindi mi associo all’appello che deve fare la Presidenza, la Giunta, il Consiglio, tutti i partiti e gli amministratori, affinché ci sia in questo organismo un pluralismo vero nel quale pregherei – questo è l’appello che voglio fare – di non inserire, non iniettare i veleni, i meccanismi, le strategie che sono di altre sedi. Se riuscissimo a far lavorare liberi i nostri amministratori, liberi anche dai nostri condizionamenti sia come persone che come partiti, a farli lavorare tranquilli per darci i pareri che servono, per fare il controllo che serve sulla legislazione urgente per riordinare i poteri, avremmo svolto una bella missione.
Naturalmente l’approccio alle votazioni con cui si eleggono gli amministratori dovrà essere molto, molto sereno, e spero che questo ci sia. Faccio riferimento alla Conferenza regionale delle autonomie che tante volte abbiamo visto svuotata ma che si è riempita spesso con la partecipazione di ottimi amministratori. Non perché sta dalla mia parte, ma il Consigliere Capponi, che ho sempre considerato uno che faceva andare per le lunghe il Consiglio regionale delle autonomie intervenendo con una certa competenza come Sindaco di Treia su tutti settori, quando trovava anche altri interlocutori, altre forze politiche, veniva fuori un risultato ottimo di quella Conferenza.
Adesso è un altro modello, mi auguro che i nostri amministratori mandino lì dentro i sindaci più motivati, gli amministratori che credono in questa missione di riorganizzazione, lasciando fuori, per quanto possibile, le tensioni politiche. Questo è l’auspicio, spero che la maggioranza lo raccolga, visto che una norma non c’è almeno deve esserci la fede in questa missione.

PRESIDENTE. Ha la parola la Consigliera Mollaroli.

Adriana MOLLAROLI. C’è soddisfazione per l’esito di questa nostra giornata, per essere riusciti finalmente a terminare questo lavoro lungo e complesso ma che con il voto all’unanimità di oggi mi pare possa definirsi, a partire da questo, un buon lavoro.
Non siamo la prima Regione italiana che si dà questo strumento ma siamo tra le prime, questo è un fatto estremamente importante. Non introdurrei elementi nel dibattito di oggi, come ha fatto il Consigliere Massi, sui percorsi di riforma che dal Governo nazionale si stanno attivando, avremo le sedi e le opportunità per ragionare su questo, senza pregiudizio, valutando il merito delle questioni e anche correggendo – non abbiamo problemi come maggioranza politica di questa Regione e del Governo nazionale – laddove si debba fare, dopo diversi anni di funzionamento della legge Bassanini può darsi che alcuni elementi saranno anche da correggere.
Oggi mi voglio attestare su ciò che stiamo compiendo nella nostra Regione, dirò poche cose. Noi che ci abbiamo lavorato a lungo e in maniera molto approfondita l’abbiamo fatto non solo per ragioni tecniche ma perché crediamo profondamente a questo strumento.
A cosa serve il Consiglio delle autonomie locali? Serve a riconfermare sicuramente che il Cal non è il luogo delle decisioni, le decisioni restano al Consiglio regionale, restano alla Giunta regionale per le materie di propria competenza, ma con questo strumento miglioreremo le nostre decisioni. E’ uno strumento di partecipazione in particolare in questa Regione.
Voglio soffermarmi su che cosa mi attendo da questo strumento, siamo una Regione dalla forte identità, più volte l’abbiamo definita policentrica. Nella nostra Regione, e in particolare nel nord Italia, è il Comune il riferimento principale dei cittadini che è l’istituzione ancora più amata e considerata. Spesso però questo provoca e ha provocato nella nostra Regione una deriva un po’ localistica. Con questo strumento mettiamo per la prima volta i Comuni a lavorare insieme sulle grandi politiche regionali, sui grandi strumenti di programmazione come il bilancio. Credo che questo sia fondamentale, i Comuni finalmente potranno lavorare insieme per prendere decisioni comuni che qualificheranno sicuramente le nostre scelte complessive. Mi sembra che questo possa far fare alla nostra Regione passi in avanti notevoli, per favorire e qualificare la partecipazione, per superare quei localismi che spesso danneggiano le nostre politiche e per produrre uno strumento di maggiore responsabilizzazione collettiva.
Ritengo quindi che sia per questo che serve il Cal nelle Marche, che sia un buon strumento di partecipazione che intendiamo arricchire, con l’ordine del giorno presentato, anche di una legge che regolerà la forma di partecipazione dell’associazionismo, abbiamo in Commissione il Crel, quindi ripartiremo su questo. Questo migliorerà lo strumento della partecipazione e consentirà ai nostri Comuni di produrre in una sede collettiva che non c’è mai stata. La vecchia Conferenza delle autonomie, con una rappresentanza limitata, non ha mai visto, se non per risolvere problemi specifici, lavorare insieme i nostri Comuni, le Province e le Comunità montane. A me sembra una straordinaria opportunità, spero che i Comuni la sappiano cogliere.
La Regione Marche oggi con questo strumento esce più moderna negli strumenti di partecipazione, facendo assumere alle Istituzioni locali una maggiore responsabilizzazione per superare quei localismi che spesso sono stati negativi.
Possiamo essere soddisfatti di questo lavoro, l’abbiamo sostenuto con questo auspicio e con questi contenuti e oggi lo portiamo all’approvazione. Speriamo davvero che questi contenuti non siano traditi e che gli enti locali, insieme alla Regione e alle Province, lavorino per migliorare la qualità delle nostre politiche e la qualità della partecipazione dei cittadini al governo della Regione Marche, che tra l’altro è un auspicio presente nel programma del Presidente Spacca e soprattutto nel nostro Statuto regionale che ha caratterizzato su questi cardini i suoi contenuti. Oggi vediamo marciare in avanti il nostro Statuto e come Consiglieri rappresentanti della nostra Regione possiamo esserne soddisfatti.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Questo atto viene in aula dopo un lungo percorso, in sintesi un percorso positivo. L’abbiamo più volte visto rinviato, questa volta possiamo dire con soddisfazione di non aver atteso invano perché c’è stato un lavoro ulteriore di approfondimento e confronto, e anche sforzo reciproco, maggioranza e opposizione, per trovare i giusti equilibri di un organismo importante, che abbiamo detto tutti, anche ai tempi della modifica di Statuto, essere un segnale di apertura seria di questa Istituzione verso un rapporto sempre più efficace e collaborativo con i territori. Oggi quindi possiamo dire che questo sforzo ha avuto compimento perché le sensibilità hanno trovato un metodo di lavoro che spero sia utile e utilizzato utilmente anche per il futuro e hanno trovato poi una reciproca e sostanziale volontà di confrontarsi e trovare una sintesi.
Ringrazio lo sforzo che ha fatto l’Assessore Minardi che ha voluto, in più di una occasione, essere direttamente coinvolto in questo tipo di impostazione e con lui tutti coloro che hanno portato contributi.
Gli emendamenti depositati sono stati utili, anche il lavoro parallelo di riflessione, di approfondimento su questi emendamenti è stato molto utile per trovare quegli equilibri che tutti abbiamo detto di voler ricercare quando abbiamo pensato all’inserimento di questo organismo all’interno dello Statuto, con rango di organismo istituzionale riconosciuto dalla nostra Carta fondamentale della vita della Regione.
Il collega Capponi ho detto che l’equilibrio era proprio in questo senso, cioè fare in modo che la rappresentanza istituzionale fosse plurale, come plurali sono le Marche, come plurali sono non solo per territorio o conformazione ma anche per sensibilità politiche e rappresentanze amministrative. Questo è stato raggiunto.
L’altro tema sarà la scommessa per il futuro, Massi ha ragione, siamo veramente in una situazione di imbarazzo dei nostri rappresentanti e di noi stessi rispetto alla vita istituzionale territoriale, agli enti che sono più vicini al territorio che tutti diciamo che devono essere quelli più da valorizzare perché più vicini al cittadino. Viviamo una situazione eufemisticamente definita imbarazzante, perché in effetti le riforme che si sono succedute hanno per certi aspetti snellito ma per altri hanno allontanato completamente le dinamiche amministrative rispetto alla impostazione dell’ente locale soprattutto, poi a salire, che era quella del confronto, della pluralità di voci che si componevano in un dibattito a volte sopra le righe ma che comunque aveva assolutamente nelle sale consiliari il proprio centro, adesso non più. Le scelte di fondo, le scelte più importanti, le scelte di grande ricaduta diretta nel cittadino sono in altre sedi completamente diverse e scevre rispetto anche ad un forte indirizzo politico. L’indirizzo è vero che c’è sulla carta, l’Assessore, la Giunta, il Sindaco fanno il programma amministrativo, ma è altresì vero che gli indirizzi ogni giorno si devono verificare, tarare rispetto alle esigenze. Con le aziende, le SpA, non so se riusciamo oggi a verificare se non a valle di un processo, o di un bilancio o di una gestione economico-finanziaria, pertanto molto più in ritardo rispetto alla situazione cogente o alla problematica da affrontare. Così per tante altre questioni, non solo per le cosiddette pubbliche utilità, ma anche per l’urbanistica, per le scelte sui lavori pubblici, ecc. Siamo veramente in imbarazzo che è dovuto da quelle riforme che avevano la finalità di snellire e di dare risposte rapide, ma forse siamo andati troppo avanti, sono troppo rapide, o forse la politica non è riuscita a capire che i ruoli erano modificati perciò i rapporti anche con gli uffici, i funzionari, i dirigenti, sono diversi rispetto al passato. Bisogna trovare luoghi di confronto nuovi, diversi, non si può ogni volta rincorrere il proprio dirigente o la azienda propria, nel senso dell’ente locale, per capire qualche cosa, dovrebbe essere esattamente il contrario.
Qualcosa di grosso da affrontare c’è, e forse è la sfida di questo passaggio. Se noi riusciamo, almeno per quello che ci compete come Regione, a dialogare con i territori in maniera seria con un organismo che, se funzionerà in maniera sostanziale, potrà affrontare queste questioni e dare il proprio contributo, forse accorceremo questo tipo di gap, se questo non sarà dovremmo pensare a queste questioni in maniera più preoccupata.
Oggi sono ottimista, rilevo questo passaggio positivo, quindi vediamo di far partire questa macchina e fare in modo che possa essere di ulteriore contributo. Mi pare che tutti ci abbiamo messo del nostro e che la ricaduta debba essere salutata come un passaggio positivo di un segnale istituzionale.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Credo che vada sottolineata l’unitarietà del Consiglio regionale in un atto che vara uno dei due principali strumenti istituzionali che il nuovo Statuto regionale ha posto in essere per questa legislatura.
Sulla questione del Cal c’è stato un dibattito, un approfondimento istituzionale, non solo a casa nostra ma in tutta Italia, per vedere e capire come interelare i governi territoriali con le Regioni. E’ un tema vecchio che abbiamo affrontato quindici anni fa con la legge n. 46, nel momento in cui abbiamo cercato di far intervenire i governi locali nella programmazione regionale, cercando di rendere più coeso il governo del territorio.
Questa operazione, non solo a casa nostra ma anche in altre Regioni, non è sempre riuscita soprattutto per l’assetto istituzionale che hanno assunto i territori e più tardi le Regioni in termini di una sfasatura istituzionale che il Titolo V della Costituzione ha recuperato ma che ha riprogettato in tutt’altra direzione e sotto un’altra condizione complessivamente intesa. Il Titolo V ha inaugurato una stagione istituzionale che, secondo me, non riusciamo ancora a declinare in termini consapevoli, soprattutto attraverso delle scelte coraggiose di tipo istituzionale. Al di là dei contenuti, come diceva il Consigliere Massi, della proposta Lanzillotta, avremmo bisogno di più coraggio per definire un assetto diverso dei poteri locali. Non a caso si è determinata in questi ultimi anni una situazione ambigua dove i Sindaci, e i Presidenti delle Province in seconda istanza, organizzavano addirittura un proprio sindacato per la rivendicazione nei confronti dei governi superiori, sia a livello regionale che a livello nazionale, proprio per una disfunzione istituzionale che trae origine dalla mancata attuazione del 119, cioè da quella separazione di responsabilità che è vera autonomia nel funzionamento delle risorse che supportano l’azione istituzionale.
Oggi variamo un organismo a cui, per la verità, ve lo dico con molta franchezza, visto come è andata con la legge n. 46, non attribuisco un significato palingenetico rispetto ai problemi di cui prima parlavo, non ci credo, perché abbiamo visto che in molte occasioni, dove la partecipazione doveva essere costante, dove doveva supportare effettivamente l’azione regionale, è finita, quando è andato bene, in una contrattazione tra Regione e Comuni per una ripartizione di interessi nel gestire particolari materie. Non funziona così, dobbiamo mettere mano effettivamente ad una nuova dimensione del governo locale dove ognuno deve fare quello che deve fare e ognuno ha le sue responsabilità.
Su questo tema non c’è stata, secondo me, una sufficiente riflessione, il Consigliere Pistarelli lo diceva prima, ci sono varie materie su cui dovremmo tornare a riflettere, prima di tutto il governo del territorio che non può essere più gestito con il Piano regolatore. Sono cambiati gli spazi e i tempi di governo, pertanto, al di là delle scorciatoie come le famose holding e le società per azioni di cui prima parlava il Consigliere Massi, il problema di fondo è che se vogliamo rideterminare un potere reale ai momenti istituzionali dobbiamo cambiare assolutamente dimensione del governo. Tra l’altro dobbiamo tener conto che questa nuova dimensione di governabilità che parte dal territorio non può andare bene per tutte le stagioni e per tutti i territori. Un conto è la Regione Marche, un conto è la Regione Lombardia, cioè c’è una modularità anche di competenze che va assolutamente tarata sui poteri reali di governo delle singole materie. Voi pensate che da qui a dieci anni le cose che abbiamo decentrato potranno essere ancora gestite con un decentramento così come l’abbiamo impostato negli anni 70?! Non è possibile. Lo vediamo già nella gestione di alcune materie, come quelle dell’industria e dell’artigianato, che non sono delegabili per la nostra dimensione di ruolo istituzionale.
Ecco perché credo che questo strumento debba servirci per fare una riflessione comune tra Enti locali e Regione, una cinghia di trasmissione istituzionale, non tanto rilevata in termini partecipativi, perché poi la partecipazione gli enti locali la sviluppano anche attraverso il proprio associazionismo, l’Anci, l’Upi, che ovviamente devono svolgere un diverso ruolo politico, ma tutta centrata sulla governabilità delle materie che il Titolo V ha posto in capo alle Regioni e ha delegato con l’art. 118 il potere amministrativo agli enti locali. Queste delega amministrativa è una delega che va assunta fino in fondo e chiarita fino in fondo con i poteri locali.
In più dobbiamo tener conto che parte del dibattito di questo nuovo istituto l’abbiamo avuto quando ci siamo trovati di fronte alla riconoscibilità o meno delle Comunità montane, pensate che ancora ragioniamo sulle queste, quando dall’altra parte abbiamo messo un altro istituto, quello delle Unioni comunali, che contrasta istituzionalmente con questo assetto. Anche dal punto di vista della legislazione a livello regionale dovremmo avere più coraggio per fare un progetto. Se dobbiamo ripensare ad una dimensione diversa del governo locale non possiamo non tenere conto anche di questi strumenti, che si stanno generalizzando per obiettive necessità degli enti locali, ma che poi non trovano sfogo concreto nella gestione programmata dei servizi.
L’esperienza della legge n. 46 ha detto molto da questo punto di vista, sono stato presente ad alcuni momenti della vita della Conferenza delle autonomie dove in molte occasioni il risultato è stato quello di continui rinvii, continui fraintendimenti nella proposizione della progettualità. Credo che dobbiamo prendere atto che se vogliamo svoltare dobbiamo fare in modo che dal punto di vista organizzativo il Cal dovrà essere strutturato in maniera molto precisa.
Qui chiamo a responsabilità anche l’Ufficio di Presidenza perché questa struttura si pone all’interno del Consiglio e pertanto dovrà funzionare. Questo significa una organizzazione specifica che deve correre dietro alla possibilità di far rappresentare effettivamente gli enti locali nel modo più adeguato possibile rispetto ai temi che dovranno dibattere e che la Regione proporrà loro di dibattere.
Se questo deve essere credo che dobbiamo fare in modo che la partecipazione, nel momento della formulazione degli atti, sia la più organizzata possibile, anche perché prevedo sicuramente una interrelazione tra i lavori della Commissione e i lavori del Cal, la legge in qualche modo rende questo ancor più complesso e su cui dovremmo stare attenti, nel senso che i lavori delle Commissioni hanno l’ulteriore onere di coinvolgimento di questa nuova struttura.
I tempi sono quelli che sono per quello che riguarda la formulazione degli atti, credo che si rischia, se non ci organizziamo bene, di fermare ulteriormente i procedimenti amministrativi e legislativi nel momento in cui il Cal assumerà la sua dimensione. Questo deve essere evitato. Ci siamo trovati in molte occasioni, addirittura abbiamo dovuto cambiare anche il regolamento, per i tempi di approvazione degli atti che vengono proposti. Pertanto credo che la Giunta debba tener conto nella formulazione degli atti di questa nuova realtà, altrimenti rischiamo di aver creato soltanto un inciampo. Questo non deve accadere, deve invece assumere un significato di rilancio e di collaborazione istituzionale che porti in un’altra dimensione il rapporto tra i Comuni, le Province, le Comunità montane e la Regione Marche.

Leonardo LIPPI. Intervengo per annunciare il voto favorevole grazie all’ampio dibattito che è stato attivato su questo tema, la riflessione e le pause che si sono susseguite sono servite per raggiungere l’unanimità di tutto il Consiglio regionale su un atto che vede un nuovo modo di far dialogare il territorio con le istituzioni di più alto livello. Questo è il significato che diamo oggi con l’approvazione del Consiglio delle autonomie.
Questo deve avvenire in modo più frequente perché a volte manca l’ascolto della base, gli atti che produciamo all’interno di quest’aula si incrinano su alcuni aspetti proprio perché non si ascolta la base che porta il suo contributo, la base è rappresentata dalle istituzioni locali su tutto il territorio.
Ho vissuto nel decennio passato momenti di collaborazione continua con la rappresentanza istituzionale dell’Anci, devo dire quindi che la partecipazione attiva nei tavoli di costruzione del percorso legislativo favorisce, a volte, il serrato dibattito in un sistema elettorale che vede purtroppo questa schizofrenia di sistemi diversi di rappresentanza sul territorio con quelli istituzionali di più alto livello. Passo anche nella direzione di attuare una modifica completa della riforma di rappresentanza istituzionale dei cittadini e soprattutto la diretta collaborazione dei cittadini nei processi decisionali. Naturalmente c’è chi deve fare la sintesi, ma una sintesi basata su un attento ascolto della base e quindi del territorio facilita anche i processi legislativi decisionali delle maggioranze che devono a loro volta prendere le decisioni.
Il mio spirito è stato sempre quello di collaborazione attenta per portare il contributo di un territorio che a volte esprime il suo disagio, la sua difficoltà, ma se ascoltato viene riequilibrato nei termini e nei provvedimenti decisionali di programmazione. Quindi ogni provvedimento viene rafforzato nella sua azione perché poi trova il consenso unanime non solo della politica ma dell’intera comunità regionale, questo permette di proseguire nei programmi e soprattutto nelle scelte che vedono coinvolte le nuove generazioni a cui lasciamo l’eredità delle nostre scelte.
Questo è il momento fondamentale quindi deve essere aumentato il dibattito, chiudere la pagina di divisione estrema che è stata causata, dal dopoguerra in poi, su contrapposizioni ideologiche, e iscrivere una nuova pagina su cui le divisioni sono fatte di cose concrete per lo sviluppo e il progresso della nostra Comunità locale, della nostra Comunità regionale nonché della nostra Nazione all’interno dell’Europa. Questa mattina abbiamo ricordato i 50 anni della firma del Trattato, questo significa che la costruzione di un processo va avanti, non lo possiamo fermare, va avanti nei termini in cui maggiore è il dibattito e maggiore è il dialogo, quindi migliore sarà poi il successo dei provvedimenti che andiamo a scrivere.

PRESIDENTE. Ha la parola l’Assessore Minardi.

Luigi MINARDI. Sono contento per il lavoro che è stato svolto, per il fatto che approviamo questa legge, sono contento perché è il terzo atto di riscrizione delle regole che questo Consiglio ha avuto la capacità di fare, il primo è stato lo Statuto, il secondo la legge elettorale, il terzo il Cal. Questo ci ha sempre posto tra i primi Consigli regionali d’Italia che hanno raggiunto questi obiettivi, il che testimonia anche la bontà e l’attenzione con la quale i consiglieri hanno guardato a questo come uno dei temi più importanti della legislatura scorsa e di questa.
Voglio ringraziare tutti quelli che ci hanno lavorato, e quando una proposta di legge si conclude con un voto così ampio credo che a lavorarci siano stati un po’ tutti, a partire dalla Commissione consiliare, dai Presidenti dei gruppi, i singoli Consiglieri, le associazioni, che hanno partecipato ampiamente, che organizzano i Comuni, le Province, le Comunità montane, non vorrei trascurare le componenti tecniche che in questa Regione si sono impegnate abbondantemente in modo assolutamente appassionato e competente, mi rivolgo al Direttore del Consiglio regionale, al Direttore della Giunta e anche ai valenti tecnici messi attorno ad un tavolo dalle associazioni che hanno contribuito alla scrittura della legge. Ciò a dimostrazione che quanto più ampia è la partecipazione, che sono i punti di vista tecnici e politici espressi, tanto più facile è fare una sintesi.
Nonostante la soddisfazione per questi tre passaggi, voglio guardare a questo percorso con un po’ di disincanto, lo diceva il Consigliere Luchetti, ma lo dicevano anche altri consiglieri. Il disincanto deriva dal fatto che sarebbe assolutamente velleitario pensare di rinnovare la democrazia, siamo di fronte a un passaggio della crisi della democrazia e della rappresentanza, con una riscrittura di norme possa rinnovare la stessa democrazia. Se questo è necessario, e ci compete perché dobbiamo essere interpreti del miglioramento delle istituzioni, credo che molto più profonda è la crisi a cui dobbiamo guardare ed è una crisi che guarda ogni individuo. Fino a quando continueremo a vivere in una condizione di confusione e di malessere individuale, credo che sarà difficile pensare a una norma che favorisca la partecipazione se questa è fuori dall’immaginario delle giovani generazioni e delle persone “comuni”. La partecipazione ha bisogno di ossigeno nuovo che purtroppo in questa fase storica è abbastanza carente. Questo ossigeno è il piacere di fare bene il proprio compito e di farlo bene anche nell’interesse del miglioramento della vita delle proprie città, è lì che dobbiamo cercare di intervenire.
Quindi se abbiamo ben collaborato per raggiungere i primi tre obiettivi, vi dico che dobbiamo lavorare su altri due obiettivi che non riguardano la scrittura delle norme ma una attività di animazione nelle città, perché sono le città il crogiolo della passione civile, della crescita civile, dell’imparare a prendersi cura di sé e di chi sta vicino a noi.
Nelle città marchigiane vorrei istituire, dentro le politiche giovanili, se possibile, il maggior numero di consigli comunali dentro scuole secondarie superiori. Questa esperienza è già stata fatta nella scorsa legislatura a Tolentino ed è stata una esperienza interessantissima, molto formativa, al di là della conoscenza della funzione dei Comuni, come nascono i Comuni, quale è la loro missione, perché si organizzano i Comuni, quale è la loro funzione oggi, come prendono le decisioni. E’ quindi una lezione teorica di educazione civica, come si faceva una volta, si può fare qualcosa di più. Per esempio i giovani possono scegliere quattro-cinque temi e organizzare un consiglio comunale che li veda direttamente partecipi alle questioni che li riguardano direttamente, e che loro direttamente scelgono. E’ un circolare all’interno dei giovani di una idea della politica, quella che è e non quella che viene percepita in televisione dove emergono sempre più i vizi e i danni del teatrino della politica, quindi la politica vista come partecipazione a migliorare la qualità della vita delle proprie città.
Credo che sia questo un impegno che possiamo prenderci, anzi gli stessi consiglieri regionali possono essere i tutor di questo movimento che può essere fatto nelle città insieme ai giovani amministratori che sono presenti nella nostra regione, sono ben 700. Dal 1993 ad oggi la tendenza è quella della riduzione della presenza delle giovani generazioni sia negli Esecutivi che nelle Assemblee.
Questo movimento dobbiamo farlo, come dobbiamo incentivare, laddove possibile – può sembrare una enormità che non c’entra niente e che può sembrare assurdo – perfino le associazioni dei giochi storici, le quali hanno proprio la funzione di imparare ai giovani delle nostre città a stare insieme, a concorrere insieme per raggiungere gli obiettivi, a darsi una pratica di costruzione democratica delle decisioni che una volta era svolta anche dai partiti, ma che in presenza della crisi dei partiti viene svolta altrove. Non è vero che non esistono i luoghi nei quali non si imparano le tecniche dello stare insieme, dobbiamo sforzarci di essere innovativi anche su questo, perché se una cosa è accaduta negli ultimi decenni è anche perché la politica non è più monopolio dei partiti, la politica prende tante di quelle vie che dobbiamo cercare di individuare e di riconoscere.
Mi pare positivo che oggi abbiamo approvato un ordine del giorno nel quale si prende atto della ricchezza dell’associazionismo, che non è più limitato esclusivamente all’associazionismo storico e di categoria ma un associazionismo che è molto fiorente nella nostra regione, è un serbatoio di virtù civica, di desiderio di spendersi per il bene della città. Secondo me dobbiamo lavorare a questo.
Non voglio ovviamente trascurare l’importanza di quello che abbiamo fatto e voglio cercare di cogliere alcuni elementi, ma visto che tutti i consiglieri erano disposti a votare la legge è dunque noto quali sono gli obiettivi e i risultati che abbiamo raggiunto.
In primo luogo abbiamo voluto non aumentare la confusione istituzionale, ci siamo mossi perché l’obiettivo, in questa fase storica, è di costruire l’alleanza delle autonomie, perché nella regione non deve esserci più un contenitore di individui che si muovono caoticamente in ordine sparso, un sistema che non è normato dall’alto, ma che deve trovare, tra le sue componenti policentriche, gli obiettivi comuni, costruiti e condivisi. Bisogna intanto individuare i luoghi nei quali gli elementi di questo sistema sanno rispettarsi, imparano a dialogare, a condividere gli obiettivi nel tentativo di migliorare la nostra vita istituzionale e politica.
Il fatto che non si sia sovrapposto il Cal alla vecchia Conferenza delle autonomie locali è la dimostrazione che si sono compresi i rischi che ci sono nell’istituire nuovi organismi, non sovrapposizione e moltiplicazione, ma semplificazione.
Non comprendo come alcuni pensano che i tempi delle decisioni possano moltiplicarsi. La legge è abbastanza chiara, il passaggio doveva essere fatto prima, la Conferenza delle autonomie non si fa più, si fa il Cal nel quale ci si esprime in quindici giorni. Non è un motivo di confusione e di moltiplicazione, tutt’altro, credo che sia stata intelligentemente scelta la strada della semplificazione.
Altra questione che viene evidenziata nella discussione è quella dei poteri. Il Cal indebolirà i poteri dell’Assemblea elettiva visto che il Consiglio regionale nel tempo è venuto impoverendosi nei suoi poteri e nelle sue tecniche? L’obiettivo che è stato raggiunto con questa legge è quello di non fare del Cal un organismo che attrae verso di sé poteri sottratti all’Assemblea, non si è fatto del Cal un nuovo parlamentino ma il luogo nel quale è rappresentato il territorio nella sua forma massima, l’Ente locale, il Sindaco o il Presidente del Consiglio, apprezzando quindi anche l’idea di non moncare la democrazia soltanto sul versante degli Esecutivi. Credo che questo possa essere ben accettato perché la nuova personalità dei Sindaci potrebbe addirittura rafforzare ed essere assorbita dal Consiglio regionale, il quale, una volta costruita la giusta alleanza con il Cal – e bisogna ragionare su come incardinare il Cal nel Consiglio regionale che credo debba avvenire attraverso la condivisione della struttura di direzione di entrambi gli organismi –, questo rafforzerà il Consiglio regionale e non lo indebolirà.
Ultimo tema sollevato da più parti è la questione del pluralismo. Siamo stati attenti a questo e abbiamo cercato di curare tre tipi di pluralismo, credo che nella legge sia chiaro. Il pluralismo istituzionale, non abbiamo messo nessun livello istituzionale nella condizione di essere autosufficiente e di dominare l’intera assemblea, né quella dove vengono fatte le elezioni per il Cal, per cui sia i piccoli comuni che i maggiori hanno la garanzia di essere rappresentati, né dentro il Cal perché anche i comuni che potrebbero essere autosufficienti, perché in numero determinante rispetto alla composizione dell’assemblea, da soli non possono pensare di escludere le altre componenti.
Seconda questione il pluralismo politico. E’ da apprezzare il fatto che tutto il Consiglio si è mosso nell’idea di costruire un Cal non di parte, che sia favorevole a una parte o all’altra, alla maggioranza o alla minoranza, anche perché le componenti essendo cangianti intelligentemente hanno inteso scrivere una legge che va bene per tutti e non una legge di parte. Gran parte è già stato fatto in due modi. Primo, nell’evidenziare la composizione del Cal distinguendo in comuni minori e in comuni maggiori secondo un rapporto equo. Secondo, facendo in modo che ogni partecipante possa dare il voto soltanto nella sezione della quale è partecipante e nella misura di uno, in modo da garantire la rappresentanza di tutte le componenti. E’ evidente che questa è la norma più forte che potevamo mettere, non potevamo mettere qualcosa di diverso se non un richiamo al principio del pluralismo politico rappresentato nel Cal, una tecnica di elezione dei componenti del Cal che salvaguardasse la minoranza. Terza questione, che siamo assolutamente intenzionati a fare e a praticare ulteriormente, è quella di far comprendere a tutte le componenti territoriali che in un organismo di questo tipo non si ragiona per maggioranza o minoranza, o per componente politica, ma si ragiona nell’interesse dei territori che si rappresentano e nell’interesse del pluralismo, quindi è interesse di coloro che credono nel Cal di avere l’intera rappresentanza politica dentro di esso, non di avere un consigliere in più togliendolo alla minoranza, anche perché è chiaro che il Cal è un organo di consultazione e non di decisione.
Fare questa operazione compete ad ognuno, per quello che mi riguarda e per quello che riguarda la maggioranza, sarà sicuramente fatto in tutto il territorio far capire che è bene che venga rispettata la composizione più piena delle forze politiche, di coalizione e di maggioranza. Questa è la garanzia con la quale la maggior parte dei limiti del Cal verranno eliminati.
Non enfatizziamo la funzione dei Cal, molto dipenderà dalla qualità delle persone che metteremo a lavorare al suo interno, perché se le stesse forze politiche useranno il Cal per delle composizioni interne, indipendentemente dai ruoli e dalla funzione che deve avere, torniamo al ragionamento originario, perché non ci sono norme che possono migliorare il funzionamento delle istituzioni se queste norme non sono riempite da comportamenti umani adeguati alle necessità e agli obiettivi.
Vi ringrazio del lavoro fin qui svolto, ovviamente c’è ancora molta strada, ci sono ancora due questioni, una indicata dallo Statuto, quella dei Crel, l’altra indicata dall’ordine del giorno di oggi, quella della nuova legge per una partecipazione più ampia e non limitata a questi soggetti.
Se avete piacere di dare una mano per l'animazione alla partecipazione nelle città ne sarò ben contento, anzi, conto sul vostro contributo.

PRESIDENTE. La discussione è chiusa. Proposta di legge n. 31. La pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

La seduta è tolta.



La seduta termina alle ore 15,10