Resoconto seduta n.64 del 08/05/2007
SEDUTA N. 64 DELL’8 MAGGIO 2007


La seduta inizia alle ore 15,05


Presidenza del Presidente
Raffaele Bucciarelli



Relazione del Presidente della Giunta Regionale sul sistema integrato per le politiche di sicurezza e di educazione alla legalità (art. 2, comma 2 della l.r. n. 11/2002)

Comunicazioni della Giunta regionale in tema di sicurezza stradale

(Segue discussione congiunta)

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Lippi.

Leonardo LIPPI. Per quanto riguarda in generale il tema sulla sicurezza vorrei fare una osservazione fondamentale. Oggi in questa nostra società c’è bisogno di tanta educazione, si parla di sicurezza ma soprattutto bisogna educare i cittadini alla sicurezza, al rispetto del prossimo, al rispetto di se stessi, al rispetto della solidarietà, quegli insegnamenti che i nostri genitori, i nostri nonni, hanno tenuto come valori fondamentali. Se nella nuova società, nelle nuove generazioni, non ci fosse questo grosso deficit della mancanza prima di tutto del rispetto di se stessi e degli altri, i tanti temi dibattuti sull’argomento sicurezza si risolverebbero in maniera più efficace e più efficiente e non ci sarebbe quel drammatico elenco quotidiano che si traduce in morti sul lavoro, morti per incidenti stradali, morti all’uscita dalle discoteche, che alla fine dell’anno fanno il computo quasi come quello che avveniva nei conflitti di interesse mondiale, nei conflitti che si esercitano dove non c’è cultura, dove non c’è educazione, dove non c’è scolarizzazione.
E’ importante che chi amministra la politica faccia una azione concreta e intervenga fortemente sulle Istituzioni, in particolare sulla scuola, per dare un contributo forte per riprendere quello che la società sta insegnando in maniera drammaticamente deficitaria alle nuove generazioni. Questo lo dico anche come genitore che quotidianamente si trova a contrastare questo deficit e che vuole garantire l’educazione prima dei figli e poi della società tutta.
E’ bene che in questo consesso, come in tutti gli altri dove le Istituzioni si confrontano democraticamente, senza differenziazioni, come ricordava prima il Consigliere Capponi, si affronti questo tema che non può vedere le maggioranze contrapposte alle opposizioni, è un tema nel quale deve esserci la necessità di un dialogo e un linguaggio unanime affinché si possa dare tutti insieme un contributo forte per riprendere la strada del rispetto del prossimo, e prima di tutti di se stessi.
Il richiamo che faceva il Vicepresidente all’ascolto è uno dei tanti temi che si riconducono al rispetto dell’altro, quando questo viene a proporre le sue indicazioni, le sue idee, e le confronta all’interno di un consesso come il Consiglio regionale, e all’interno di una società come quella che stiamo approntando.
Vanno bene quindi tutti gli sforzi che si attuano ma soprattutto quelli che sono frutto di una concreta azione dell’ascolto di tutte le componenti di una società in evoluzione, che varia, che ha molteplici esigenze, che a volte però viene colpita più dall’interesse generale, quello economico, rispetto a quello fondamentale dell’educazione ai valori insiti di questa società, che partono dalla famiglia, nucleo primario, che si traducono in concretezza negli atteggiamenti quotidiani che osserviamo anche se spesso purtroppo negativamente perché i mass media esaltano soltanto le negatività, non esaltano mai le positività che questa società ci riserva. Quindi se iniziassimo a dare un contributo e ad osservare anche le cose belle della vita sicuramente cambierebbero atteggiamento anche i nostri figli.

PRESIDENTE. Ha la parola la Consigliera Mollaroli.

Adriana MOLLAROLI. Voglio anche io esprimere apprezzamento per la relazione del Vicepresidente e più complessivamente per l’azione che la nostra Regione sta svolgendo ormai da diversi anni sul tema della sicurezza.
Abbiamo una delle leggi regionali più avanzate d’Italia, abbiamo cominciato a lavorare molto tempo fa su questi temi su due fronti, primo, quello di mettere insieme e coordinare tutte le forze militari e civili che si occupano di questo tema, quindi coordinando meglio chi si occupa di reprimere questi fenomeni, secondo, lavorare molto sul fronte della prevenzione. Credo che questi due restino gli assi fondamentali per avere una seria politica di sicurezza nel nostro Paese.
Mi sembra che quest’anno si stia lavorando dentro questo tema complesso e difficile, sicurezza e tante cose insieme, e ci si sta concentrando su alcune emergenze nelle quali purtroppo la nostra regione ha dei primati negativi, mi riferisco a quello della sicurezza sul lavoro e a quello della sicurezza stradale con particolare riferimento alle giovani generazioni.
Pochi giorni fa sono stati presentati dal Censis dei materiali sull’economia della nostra regione da dove si vede che siamo una regione che sta vivendo un momento abbastanza felice dal punto di vista economico, ma sono per guardare anche nel retrobottega dove troviamo fatti che non ci fanno sicuramente onore, cioè quelli che ci fanno mantenere il primato sulle morti, sugli incidenti sul lavoro e sulle malattie professionali.
Dobbiamo assolutamente correggere la nostra iniziativa su questo fronte, darci l’obiettivo concreto tangibile a ridurre, che deve vedere lavorare insieme più soggetti, non solo di competenza regionale, come l’Assessorato alla salute chi si occupa di questo tema e quindi non può sottrarsi. Mi auguro davvero che possiamo darci quegli obiettivi che ci potranno vedere il prossimo anno tornare qui con risultati significativi.
Vorrei che la nostra regione correggesse questo primato che ha numeri molto consistenti, si parla di un migliaio di lavoratori in vari settori nella nostra regione, dall’industria, all’edilizia, all’agricoltura, quindi abbiamo molto da fare.
Sulla sicurezza stradale c’è l’emergenza giovani sicuramente da correggere, ma dovremmo farlo più complessivamente perché non riguarda solo i giovani anche se hanno un fenomeno molto consistente che riguarda le morti nei weekend legato a fattori che conosciamo, l’abuso di alcolici, l’uso da chi ha da poco la patente di potenti automobili. Su questo però voglio aprire un fronte, non credo che dobbiamo occuparci soltanto di questa emergenza, nella nostra regione sempre di più ci sono comportamenti di automobilisti che vanno corretti, non c’è rispetto assoluto per chi da pedone usa la strada, e credo che tra le iniziative da prendere c’è quella che dovremmo incontrare chi si occupa della formazione dei nuovi patentati, ma anche i vecchi, per dire che la strada non è solo degli automobilisti, la strada è dei pedoni, è dei ciclisti, quindi ripristinare una serie di regole da questo punto di vista.
Mi interessa affrontare due altre questioni, primo quella dell’integrazione che nelle Marche è una grande questione. Siamo tra le regioni che hanno un numero di immigrati tra i più alti d’Italia, nella fascia della popolazione studentesca siamo al terzo posto in Italia, quindi non possiamo non avere una politica seria da questo punto di vista. Mi dispiace che l’altra volta sia stato approvato il piano dell’immigrazione senza discussione – qui ritengo ci sia una colpevolezza anche soggettiva, quindi non è solo critica ma autocritica –.
Credo sia un lusso che non possiamo permetterci, è stato un errore, il tema dell’integrazione e delle politiche che facciamo nei confronti di questo fenomeno storico non verrà sconfitto da nessuna volontà politica fintanto non verranno risolte, e non saranno tempi brevi, le grandi ingiustizie e le grandi sofferenze nel mondo. Dobbiamo in questa Regione attrezzarci meglio su questo fronte, sono convinta che ciò che abbiamo fatto fino ad ora è stato utile ma non basta più.
Questa mattina ci dava messaggi preoccupanti l’intervento della Consigliera Mammoli, credo che le Istituzioni debbano lavorare molto perché non possiamo, in una regione come la nostra dove gli immigrati sono una presenza significativa e che contribuiscono anche alla ricchezza del nostro tessuto economico, permetterci di avere fenomeni ancora così rilevanti di non tolleranza e di preoccupazione.
Mi rivolgo al Presidente del Consiglio dicendo che dovremmo dedicare a questo tema, magari nelle vicinanze dell’avvio dell’anno scolastico, una seduta straordinaria, così come più volte ho chiesto all’Assessore alle politiche sociali che dovremo fare una conferenza su questo tema. Dopo nove anni che abbiamo una legge sull’immigrazione di cui ne abbiamo approvato il terzo piano triennale, credo che questa Regione debba dedicare un momento di approfondimento per non liquidare questa tematica in maniera superficiale.
Molto abbiamo fatto ma servono altre politiche, bisogna rileggere il fenomeno e lavorare per una conferenza regionale sul tema dell’immigrazione che serva per fare il punto, capire cosa è successo in questi anni, cosa abbiamo fatto e che cosa è necessario ancora fare, non liquidare una tematica così importante soltanto con battute in una seduta come questa o come quando abbiamo approvato il piano sull’immigrazione senza averlo discusso in maniera approfondita
Poco tempo fa abbiamo approvato in questa Aula un ordine del giorno contro la violenza sessuale, ritengo sia bene che tra le politiche e le azioni che dobbiamo affrontare dentro il piano della sicurezza debbano esserci azioni mirate a reprimere e a correggere anche questo fenomeno che purtroppo ha visto numerose azioni colpire donne nella nostra regione. Possono essere tante le cose da fare, può essere fatta una campagna con manifesti, si può produrre materiale da distribuire nelle scuole rivolto alla fascia di giovani. Non possiamo non fare nulla, non solo perché dobbiamo rispettare l’ordine del giorno approvato ma soprattutto perché anche questo è un pezzo delle politiche della sicurezza che servono alla nostra regione e che aiutano per una crescita equilibrata e con contenuti civili più elevati.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere D’Anna.

Giancarlo D’ANNA. Questo è un argomento che troppo spesso viene affrontato con le solite frasi, i soliti slogan, senza tenere conto di quello che accade realmente fuori.
Innanzitutto le prerogative della Regione sono molto limitate, come pure limitati sono i fondi a disposizione dell’Osservatorio che ogni anno servono sì e no a dare l’opportunità a qualche Comune di inserire alcune telecamere sul territorio. Succede come con gli autovelox che quando si sa che c’è si riduce la velocità per accelerare subito dopo, stessa cosa accade nelle città, il ladro o il malintenzionato sa quali zone evitare e tutto intorno continua come prima e peggio di prima.
In questi anni il problema della sicurezza è stato sottovalutato sotto tutti gli aspetti. E’ stato ribadito che la sicurezza è composta da tanti aspetti, uno di questi è anche quello dei vigili del fuoco che qui non sono stati citati. I vigili del fuoco a livello nazionale hanno delle serie problematiche, nella nostra provincia ce l’hanno più che in altre, è un discorso che non è stato affrontato e che va affrontato in modo serio.
Preoccupa ancora di più il silenzio assoluto che c’è in questa regione sul fenomeno della droga, un fenomeno sottovalutato, consistente, che sta portando nelle nostre città la prostituzione, traffici di ogni genere. Basta prendere qualsiasi quotidiano locale per vedere che tipo di educazione diamo ai nostri figli, e un quotidiano locale sta dentro tutte le case, e che mio figlio legga “Ancona, bellissima californiana transex, bionda, femminile, con grosse sorprese cerca amici distinti”, vorrei sapere che risposte educative potrei poi dare a un ragazzino di 8, 9, 10 anni quando ogni giorno ci sono annunci come questi che sono la conseguenza di un racket che c’è dietro e che nessuno si è preso la briga di smantellare.
Il problema della droga porta come conseguenza un afflusso di persone che poi delinquono sul territorio, un esempio sono i continui furti che avvengono soprattutto nelle zone dell’entroterra dove non ci sono più i presidi di una volta, la polizia non c’è, i carabinieri spesso hanno stazioni molto piccole e non riescono a controllare il territorio, la sera spesso sono chiuse e devono intervenire i carabinieri delle grandi città.
A questo proposito ci sono città come Fano per la quale da anni ci stiamo battendo per un passaggio di categoria e poter quindi ottenere un numero maggiore di forze di polizia, su questo esiste una mozione in Consiglio regionale che ancora non è stata votata.
Visto che le prerogative a disposizione da parte della Regione sono poche dovremmo almeno spingere sul Governo nazionale per far prendere provvedimenti seri da questo punto di vista.
Sicurezza è anche il controllo dei rifiuti, questa regione è diventata – nelle ultime settimane ci sono stati segnali molto preoccupanti – una sorta di discarica incontrollata per gente che viene a scaricare prodotti da tutte le altre regioni d’Italia. Vorrei vedere che tipo di controllo e che tipo di sicurezza c’è al di là delle discariche, perché se quelle dove c’è un minimo di controllo vengono utilizzate per smaltire rifiuti tossici, figuriamoci quello che può avvenire in zone decentrate dove non c’è neanche un controllo. Quando parliamo di sicurezza facciamo quindi molta attenzione anche a questo discorso.
Sicurezza sociale. Non posso che pensare a quei poveri ragazzi che sono stati investiti pochi giorni fa ad Appignano. Si dice che sarebbe potuto succedere anche ad un italiano di investire altre persone, non so se sta in questi termini, sta di fatto che comunque c’è in questa regione e in questa nazione gente che se ne frega della solidarietà, gente che la vede come una “mucca da mungere”, gente che la vede come una disponibilità a fregare gli italiani, è questo purtroppo che accade. Nel confronto con le altre culture non ci sono problemi per nessuno ma quando si diventa uno strumento dal quale si può solo “mungere” non andiamo d’accordo.
Il fenomeno dei rom l’abbiamo vissuto anche a Fano, nel corso degli anni sono stati spesi oltre 3 miliardi senza avere un minimo di risultato. Se in dodici, tredici, quindici anni non è accaduto niente e poi non fanno testo, finiamola di fare la farsa della solidarietà, dei diritti e dei doveri, della coesistenza, o ci si sta o non ci si sta! Da questo punto di vista le pene devono essere certe e severe, senza sconti. La gente è stanca di vedere grossi titoli sui giornali, manifestazioni e altro, e poi vedere che dopo quindici, venti giorni, tre o quattro mesi chi delinque o chi è responsabile di azioni gravissime, come quelle di Appignano, esce fuori perché si è pentito cinque minuti dopo. Non è possibile ragionare così, dove sta il pentimento?! E le famiglie rovinate?! E il senso di disagio che tutti noi viviamo dove lo mettiamo?!
Ci sono storie che si portano dietro per anni, mi riallaccio al discorso della droga. Questo è un fenomeno preoccupante nelle scuole, non dico alle elementari ma alle medie già c’è questo problema molto serio, che riguarda tutti, sia quelli che hanno figli che quelli che non li hanno. Stiamo creando una società nella quale ognuno si sente autorizzato a fare quello che vuole. I nostri ragazzi non hanno più valori perché tutto è tollerato, ci sono forze politiche che poi legittimano l’uso e il consumo delle droghe. Dove sono i riferimenti se all’interno della scuola si possono fare determinate cose, se fuori dalla scuola se ne possono fare altre, e se si è colti in fallo si viene prima denunciati e poi si ritorna a piede libero!
Vogliamo prendere atto che questa è la società che ci circonda oppure vogliamo far finta di niente! Diciamo “solidarietà”, “accogliamo tutti”, certo, accogliamo, ma vediamo anche di sopravvivere, qui si tratta di sopravvivenza, non è più un discorso da convegno. I convegni da questo punto di vista non servono assolutamente a niente, servono solo a creare un maggiore distacco tra noi classe politica e i cittadini. Bisogna spingere, ognuno nel suo piccolo, per fare in modo che ci sia maggiore sicurezza, quella vera, che è composta da tante piccole cose.
Qui voglio fare un appello alle forze dell’ordine che sono penalizzate per una serie di motivi, mettiamoci nei panni del carabiniere o del poliziotto che per 1.200 euro al mese deve rischiare la vita per prendere chi delinque e poi vederlo liberato dopo quattro-cinque giorni. Se dopo una settimana quello è fuori e gli dice “Carabiniere come stai? Tuo figlio sta bene?”, per 1.200 euro vanno a rischiare?! Se si mettono in galera devono rimanerci altrimenti i primi a girarsi dall’altra parte saranno quelli delle forze dell’ordine. Se non c’è continuità, se ognuno non fa il proprio dovere, se non ci sono pene certe, a voglia a discutere di politiche della sicurezza!
Credo che se qualcosa la Regione vuol fare deve continuamente spingere, lo devono fare tutte le forze politiche, i nostri rappresentanti in Parlamento e in tutti gli enti, per creare condizioni di sicurezza vera basata sull’accoglienza ma soprattutto su regole ferree che se disattese devono essere punite in modo esemplare. E’ inutile parlare di sicurezza o fare convegni che non servono a niente se poi non c’è la sostanza, quella che garantisce ai cittadini di starsene tranquilli nelle loro case e fuori.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Binci.

Massimo BINCI. Condivido l’intervento della Consigliera Mollaroli nella parte che riguarda l’integrazione e la valorizzazione delle culture e delle differenze, quindi l’aspetto culturale di integrazione necessario per un approccio e per una migliore convivenza con le persone che vengono da altri Paesi, come le comunità dei Rom che hanno difficoltà di integrazione nel tessuto delle nostre città e della nostra regione.
Dico questo perché parto dall’assunto che gli Enti locali e la Regione, quindi le nostre Istituzioni, devono partire dal discorso della prevenzione, come avviene in tutti i settori. Attivare quindi tutte le politiche di prevenzione riguardo ai problemi di sicurezza legati, come in questo caso, all’integrazione. Le prime politiche devono essere quelle di prevenzione che servono per far sentire una persona in un territorio come a casa sua, quindi occorre che ci siano attività positive per favorire l’integrazione, la valorizzazione delle differenze delle diverse culture e religioni.
Sul discorso della prevenzione per quanto riguarda gli episodi che mettono in discussione la sicurezza del vivere civile, ugualmente ci sono una serie di interventi preventivi ai fenomeni come il bullismo, l’abuso di alcool, il disagio giovanile, dove è importante l’aspetto culturale, la formazione e il finanziamento che compete alla Regione, di progetti all’interno delle scuole.
Altre questioni abbastanza presenti sui mass media e che poi determinano la percezione individuale rispetto alla sicurezza sono quelle delle violenze sessuali e dei maltrattamenti. Anche qui c’è da fare un grosso lavoro, si è parlato di violenze sulle donne, quelle per esempio vittime di violenza familiare per le quali non c’è l’intervento come per l’abbandono dei minori dove c’è l’obbligo dei Comuni, spesso queste donne sono costrette a rimanere in casa continuando a subire maltrattamenti, peraltro la maggior parte delle violenze sulle donne è fatta da persone che conoscono e non dal “Bobò” straniero.
Abbiamo da fare la nostra bella parte per diminuire gli episodi di violenza. Va fatto anche un lavoro di prevenzione rispetto alla valorizzazione del tessuto sociale che c’è sempre stato nelle Marche. Con la cultura della televisione e del lavorare tutto il giorno non c’è più un tessuto sociale, ogni unità familiare è chiusa in se stessa, quindi il controllo sociale che prima era dato dal confronto e dall’incontrarsi ora non c’è più.
Educazione alla legalità. Molte volte chi è vittima di soprusi e di violenze non sa quali sono i suoi diritti, non sa che non è normale farsi picchiare dai genitori, dal marito, dal compagno o dall’insegnante, spesso ci sono situazioni di plagio. Quindi anche questo è un fattore culturale che si potrebbe combattere con una semplice informazione scolastica sul diritto delle persone, indipendentemente dal fatto se siano piccoli, donne o stranieri.
C’è da migliorare il rapporto e l’aspetto rieducativo delle carceri che attualmente sono depositi di carne umana, persone che vengono trattate e inserite in istituti che sono peggio dei vecchi manicomi dove la gente veniva abbandonata. Non è vero, e contesto il Consigliere D’Anna, che non ci sia per queste persone, soprattutto per quelle più fragili da un punto di vista di diritti, le persone straniere, la certezza del diritto. Nell’unica visita che ho fatto al carcere di Montacuto ho visto decine e decine di ragazzi stranieri che hanno fatto sei mesi in carcere perché non avevano il permesso di soggiorno, quando sono usciti dovevano ritornare a casa in tre giorni ma senza soldi non riuscivano a farlo, dopo una settimana sono stati ripresi e ora stanno scontando un anno e mezzo di carcere. Quindi in Italia c’è la certezza delle pene ma solo per i più disgraziati, perché chi ha i soldi e un buon avvocato sicuramente non va in galera per questi motivi.
L’altra questione è quella dell’assetto delle nostre città. Secondo il rapporto Censis nella nostra regione alcuni dei fattori che determinano situazioni di microcriminalità sono l’aumento dei fenomeni di degrado e di disordine urbano. Questo implica in qualche modo l’organizzazione delle città che andiamo a costruire, che sono sempre più disegnate sulla base delle esigenze dei proprietari delle aree e in primo piano non rimangono mai abbastanza le esigenze di chi in quelle aree dovrà andare a vivere.
Poi c’è la questione del disagio giovanile, l’aiuto alla ricerca del lavoro, ecc.. Secondo me prima di scagliare la prima pietra dovremmo metterci in una condizione di ascolto e fare tutte le azioni positive, dopodichè dovrà esserci anche l’aspetto repressivo rispetto alla tutela della persona ma questo è fortemente legato alle risorse. E’ inutile rimandare tutti questi interventi nella speranza che avremo centomila telecamere o centomila poliziotti, perché anche i poliziotti poi si devono pagare con i bilanci e non mi sembra che l’aria sia, né nei Comuni né nello Stato, quella di poter mettere in piedi una rete di controllo alla “grande fratello” dove nessuno può girare neanche l’angolo perché tutti lo guardano. L’illusione della sicurezza demandata ad altri e non al nostro impegno non porta a niente, porta solo a lavarci la coscienza ma non a risolvere il problema.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Brandoni.

Giuliano BRANDONI. Ascoltando questo dibattito mi è venuto in mente di chiedermi che cosa è un luogo comune. Un luogo comune credo sia la superficiale constatazione della realtà fenomenica o peggio ancora, come ho ascoltato qui, le risposte scioccamente apodittiche. Lo dico senza volontà di polemica ma con atteggiamento di constatazione.
C’è però un problema grave che è il rischio che il luogo comune produce. Credo che produca non solo la deformazione della realtà ma anche della verità. E così questo dibattito ha rischiato di piegare il dibattito sulla sicurezza che è un problema vero ed importante.
Ieri il giornale “La Repubblica” pubblicava un articolo di un signore che diceva: “Sono un elettore di sinistra e sto diventando razzista”.
Questo dibattito si sta piegando su questo versante, sembra che il problema della sicurezza sia sinonimo del problema della immigrazione. Certo è’ vero che c’è un problema in questo Paese che riguarda l’immigrazione ma è un problema di risposte sociali, di destrutturazione della società che non è una destrutturazione che guarda i tempi antichi come migliori, quando c’era la caserma dei carabinieri, il prete e il capostazione, no, non è quella, è una società che ha modificato nel modo di produrre e di agire i rapporti e le condizioni di vita, ha precarizzato largamente la nostra quotidianità. La precarizzata quando si lavora e fuori dal lavoro, quando si lavora ha prodotto l’incremento degli incidenti sul lavoro, quella strage quotidiana che registriamo di morti e feriti, perché ha ridotto le sicurezze, ha ridotto i diritti e i controlli, e quei morti o quelle persone che subiscono incidenti, ricordatevelo, sono in gran parte gli emigrati di cui abbiamo paura la sera. Non solo, sono ritornati episodi per cui chi cade in un cantiere, chi si fa male in una fabbrica, poi lo ritrovi da un’altra parte, perché quell’incidente non può essere nemmeno ricordato, sembra di vedere la Torino degli anni ’60 quando i nostri emigrati vivevano quelle realtà.
Questo è uno degli aspetti su cui affrontare la questione della sicurezza.
La sicurezza è una questione complessa e complicata, direi che c’è un principio che va assolutamente ricordato, quello della legalità. Il diritto romano che era un fondamento di società diceva “Non c’è pena senza legge”, probabilmente dovremmo riflettere quale è il sistema della legalità del nostro Paese, non solo per ritornare ai luoghi comuni dove esistono due legalità, due diritti, come ricordava il Consigliere Binci, il diritto di chi può garantirsi una giustizia, un avvocato, e di chi non se la può garantire, o un sistema complicato da questo punto di vista, ma non è questa la questione, la sicurezza riguarda largamente una serie di politiche attive che da una parte chiamano al ripristino vero della legalità e dall’altra parte provano a guardare alle politiche forti di integrazione sociale che non riguardano solo l’immigrazione.
Ho avuto paura del dibattito di oggi perché ha rischiato di piegare verso questo tipo di acquisizione la questione, cioè che il problema della sicurezza fosse o sia solo in gran parte un problema della legalità.
Per quanto riguarda i giornali e il sistema comunicativo, più che dei transex pubblicati a pag. 23 dai nostri quotidiani locali, mi preoccuperei di certi titoli. Di fronte alla tragedia di Appignano del Tronto il titolo di un giornale come il Corriere Adriatico apriva così: “Rom uccide quattro giovani”. E’ stato un incidente stradale gravissimo, un problema altrettanto grave perché il problema di integrazione in quelle comunità è complesso, complicato e articolato. D’altronde chi conosce un po’ la nostra storia regionale sa per esempio che, se solo di problema si tratta, il problema dei Rom non ha una datazione né decennale né ventennale, è un problema storico, antico, di costruzione e integrazione, quindi ha altri livelli.
Quelli sono i titoli che ci dovrebbero impaurire, perché quelli sono i titoli che costituiscono i luoghi comuni e sono quei luoghi comuni che a volte rischiano di trasformare il dibattito di un Consiglio regionale con interventi che non ho ascoltato, lo dico con sincerità, nemmeno nelle osterie che amo frequentare a tarda sera.
Quindi gradirei che avessimo un confronto di altro tipo e di altro livello.
Questa è la questione, forse abbiamo fatto male ad affrontare questo dibattito dietro un altro confronto importante come quello sull’Aerdorica, forse dovremmo trovare altre occasioni di confronto e di discussione perché, Consigliere D’Anna, servono anche i convegni, servono per capire e per cercare anche da parte nostra di modificare le certezze apodittiche, se guardassimo con attenzione più minuta alla società che viviamo queste certezze possono diventare dubbi e i dubbi possono diventare risposte e le risposte in qualche modo soluzioni. Solo un percorso di questo tipo ci garantisce di affrontare il tema della sicurezza in maniera diversa da questo.
Ringrazio comunque per aver oggi iniziato, penso che dovremmo tentare, perché il patrimonio di questa regione è ricco, un patrimonio ricco non è la descrizione fatta in alcuni interventi, è fatto di reti di solidarietà da una parte, di reti altrettanto importanti che è l’azione amministrativa dei nostri Comuni, delle nostre Comunità locali che rispondono e sanno rispondere molte volte meglio delle caserme dei carabinieri ai problemi di integrazione, ai problemi di comunicazione e di vivibilità.
Siamo di fronte a una domanda che ci riguarda da dentro, non da fuori, dalle modifiche genetiche che questa società sta vivendo e a queste modifiche dovremmo guardare con più coraggio e con più umiltà.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Santori.

Vittorio SANTORI. Non volevo intervenire perché condivido quello che è stato il comune sentire di questo Consiglio sul problema sicurezza, un problema molto particolare e complesso.
Dopo aver sentito tutte le varie voci è bene che intervenga per fare chiarezza su alcune cose che non mi sembrano assolutamente vere.
Innanzitutto non è vero che nel nostro Paese il ricco ha una situazione di difesa migliore degli altri, è il contrario, questo è l’unico Paese al mondo dove l’immigrato può addirittura fare a spese dei cittadini opposizione perfino al decreto di espulsione. Questo è l’unico Paese al mondo che consente il gratuito patrocinio anche in questi casi amministrativi, non si tratta di questioni penali, ma anche quando il fatto è puramente amministrativo o civile. Quindi pensate bene a che punto di tutela siamo arrivati. Di questo vado fiero, non rimpiango nulla anzi sono convinto che è stata la strada giusta, ma purtroppo tanto permissivismo ha portato a comprendere male il nostro atteggiamento nei confronti di tanta gente.
Chi viene in Italia deve rispettare le leggi italiane, chi viene in Italia deve lavorare perché la nostra Repubblica è fondata sul lavoro, questo discorso vale per i cittadini italiani, per i cittadini europei e per qualsiasi altra persona viene nel nostro Paese.
La questione nomadi, è gente che da quaranta anni sta in Italia, pensano a sposarsi tra di loro, non partecipano a nessuna nostra questione, vivono a modo loro, nelle loro case, si chiudono nelle loro sette, continuano a fare quello che vogliono, girano con mezzi senza assicurazioni, ecc., l’integrazione nei confronti di queste persone, dopo quaranta anni, bisogna dirlo chiaramente, non è avvenuta. Se non è avvenuta bisogna applicare le leggi. Nel nostro Paese, purtroppo, per una serie di elementi, vuoi a livello nazionale, vuoi a livello locale, si è lasciato credere che si possa vivere in zone franche, che certe cose vengono tollerate perché poi gli italiani sono buoni, pensano a loro, ti lasciano in pace quindi tu puoi lavorare in nero, fai venire gli amici del tuo Paese e li sfrutti in Italia, in cantine di cinquanta metri metti cinquanta cinesi e li fai lavorare notte e giorno senza assicurazione e senza niente, tanto poi se viene qualcuno viene una volta poi non viene più!
Forse stiamo raccogliendo il frutto di un permissivismo e di un messaggio che erroneamente abbiamo dato. Non c’è nulla di più vero di ciò che è stato detto, cioè che il maggior e miglior deterrente è la certezza della pena, questo nel confronto di tutti, immigrati, residenti, ecc., ma soprattutto la certezza che la pena venga scontata fino in fondo e per fare questo è importantissimo che lo Stato si adegui, soprattutto il settore giustizia che nel nostro Paese non funziona e assicura all’80% dei reati l’impunità attraverso la prescrizione. Questo significa che o i magistrati non fanno il loro lavoro o non sono in numero sufficiente per svolgere il loro lavoro.
Queste cose vanno affrontate, come giustamente un po’ tutti hanno detto nelle sedi competenti, non è solo la nostra la sede competente, anzi noi possiamo soltanto intervenire a livelli di incentivazione e di pubblicizzazione di certi aspetti, educare al rispetto del vivere civile, al rispetto delle norme e delle leggi, intervenendo con qualche soldo in più laddove si può.
E’ importante che le Istituzioni in genere, a partire dal Governo, non diano messaggi come quello sulla droga, aumentando o raddoppiando la dose personale, perché si sa che chi si droga è un potenziale spacciatore. Quindi prima o poi è un conto che andremo a pagare perché il drogato lo incontriamo anche a bordo della vettura, lo incontriamo dappertutto e quindi la conseguenza di quello che può succedere la vediamo tutti i giorni sui giornali.
Maggiore attenzione, sono d’accordo, parliamone nelle sedi competenti, ma affrontiamo veramente il discorso prendendoci ognuno le nostre responsabilità.

PRESIDENTE. Ha la parola l’Assessore Amagliani.

Marco AMAGLIANI. Onestamente devo ammettere che non ho ascoltato tutto il dibattito, ma altrettanto onestamente devo dire che quella parte di dibattito che ho ascoltato già mi basta per dire ciò che penso, perché alcuni passaggi che sono stati fatti sono emblematici di come secondo alcuni di voi, cari colleghi, bisognerebbe risolvere il problema, questo non l’ho capito ma sicuramente ho capito di come viene affrontato, e cioè in modo razzista e xenofobo, uso le parole per quelle che valgono e quindi le utilizzo relativamente a ciò che ho ascoltato.
Parto da una questione: Appignano del Tronto. Alcuni dicevano “state in silenzio e piangete”. Solidarietà umana nei confronti di quei quattro ragazzi che avevano più o meno l’età dei miei figli non può non esserci, è del tutto evidente, ma vorrei correggere il Consigliere Brandoni quando dice che sul Corriere Adriatico vi era scritto “Un Rom…”, no non c’era scritto questo ma “Uno zingaro investe e uccide quattro ragazzi” e dire zingaro è ancora più spregiativo…(interruzione)… Consigliere Castelli, io non ti ho risposto sulla Stampa, non è che non ne abbia anche per te e per il tuo Celani il quale si rifiuta dietro le bugie, a me non può dirle le bugie perché aspettava una mia telefonata per concludere l’operazione di trasferimento di quella comunità Rom e chiedeva a me e a Nazzareno Agostini di aspettare un mese perché aveva dei problemi politici meglio non conosciuti, ma la soluzione era quella perché un’altra non c’era! Non si possono dire cose che non rispondono al vero. Non voglio essere retorico, ad Appianano del Tronto ci sono andato ma non si è accorto nessuno di come ha vissuto quella comunità per anni, come hanno vissuto quei bambini, il più piccolo di due anni e il più grande di sette, in cui sarebbe bastata una scintilla per fare una carneficina. Allora se c’è un delinquente imbecille che si ubriaca e si mette in auto e uccide, così come tanti altri delinquenti imbecilli di questa società opulenta che il sabato sera si mettono in macchina completamente ubriachi ed uccidono altrettante vite umane, non bisogna fare due pesi e due misure, no, il peso è sempre quello, sono delinquenti e imbecilli ma che nulla hanno a che fare con l’integrazione della comunità Rom che fino a quel momento problemi così grandi non ne aveva dati. Certo adesso è semplicissimo, si approfitta populisticamente e vigliaccamente di un fatto per scatenarsi addosso in modo razzista – non so usare un altro termine – nei confronti di un complesso più generale rispetto al quale, da quello che ho sentito, nessuno sa nemmeno quello che stiamo facendo.
Così come non si sa, caro Consigliere D’Anna, il fatto che in questa Regione si cerchi di portare alla luce ciò che è successo alla Recomat di Maiolati e quello che è successo nel pesarese nelle due discariche significa che qui i controlli ci sono, non me ne voglio assumere la paternità, ma funzionano perché abbiamo un Noe che funziona, abbiamo un Arpam che si impegna, abbiamo una serie di soggetti che fanno il loro lavoro. Lo dico pubblicamente, ringrazio in modo particolare il Maresciallo Di Venere, e non è un caso che il Noe nazionale fa un unico accordo di programma con la Regione Marche. C’è una sola Regione che fa un accordo con il Noe nazionale e mette in corrispondenza le proprie banche dati per controllare ancor più e meglio. Sapete chi è il dirigente del Noe nazionale? Il famoso Capitano Ultimo, colui che prese e mise in galera Totò Riina, per intenderci, per capire di cosa parliamo. Parliamo di un sistema che funziona e probabilmente funzionava così tanto – mi assumo la responsabilità di quello che dico – per cui i Ros della Sicilia li abbiamo spenti. Ma quel signore è bravo, competente e onesto e continua a fare il proprio lavoro, lo fa talmente bene che capisce che dall’altra parte trova corrispondenza perché quel traffico illegittimo voglio smantellarlo, starò qui a fare il mio dovere onestamente, finché avrò la forza per farlo, con altrettante persone che vogliono fare la stessa identica cosa. Così stanno le cose. Il traffico di rifiuti è in tutta Italia, basta prendere qualsiasi testata, non è una questione che riguarda soltanto noi, abbiamo bloccato un traffico che stava arrivando dalla Campania, avevamo sentore e l’abbiamo bloccato ancor prima che prendesse i primi spunti. Di questo si tratta.
Così come quando parliamo della giustizia della pena. Non so quanti di voi sono andati nelle carceri marchigiane, io ne ho visitate alcune, il carcere è un luogo di rieducazione o è un luogo di punizione e di pena soltanto? Avendone visitate alcune vi posso dire che mancano in alcuni casi gli standard minimi per far sì che un soggetto che ha sbagliato venga poi recuperato per essere riammesso in questa società.
I nostri impegni, i nostri finanziamenti sono del tutto insufficienti così come sono insufficienti relativamente alla questione degli immigrati. Non so se siamo più o meno bravi degli altri, sta di fatto che sulle politiche abitative siamo la prima Regione d’Italia, lo dicevo questa mattina alla Presidente della Commissione, cerchiamo di intervenire per assicurare ancor più e ancor meglio il ricongiungimento.
Per tutto il resto volevo arrivare ad un punto. Poter cancellare dal bilancio regionale quel compartimento stagno che si chiama “immigrati”. Perché dovremmo fare un capitolo per gli immigrati? Per questi signori, perché di signori si tratta come tutti noi, che vengono qua, che vengono sfruttati due volte, perché vengono sfruttati sul lavoro con contributi minimi, quando ci sono, sfruttati dagli stessi padroni che gli affittano poi le abitazioni con le quali si riprendono tutto ciò che avevano dato prima. Molte di queste situazioni sono reali, allora trovi che in trenta metri quadrati ci abitano non solo i venti cinesi ma anche i dieci extracomunitari di varie nazionalità.
In questa Regione abbiamo creato la Consulta per gli immigrati, l’abbiamo fatta insieme a loro, con tutte le difficoltà del caso, perché mettere in piedi una cosa come questa non è facile, perché abbiamo a che fare con varie etnie, con varie nazionalità e con tutte le difficoltà. Cosa abbiamo fatto? Abbiamo raddoppiato le risorse. E’ poca cosa ma non potevamo fare altro.
Quello che manca rispetto a questo atteggiamento che vedo in modo così eclatante è che manca la proposta che rende evidente la volontà di sollevare un problema ma anche di dire quale è la risoluzione a questo problema. Ci sono Comuni interi che ancora non utilizzano i fondi nemmeno quelli messi a disposizione dalla Regione. Ci sono anche delle norme in questo Paese. I Comuni hanno previsto nel loro piano regolatore uno spazio da utilizzare per far sì che i Rom possano collocarsi dignitosamente? No, perché la volontà è che la risposta non c’è, e se la risposta non c’è vuol dire che è un problema che non esiste, esiste solo in termini di sicurezza, per cui quale è la risposta? E’ solo la certezza della pena e della galera.
Edoardo De Filippo diceva che la galera non ha fatto mai bene a chicchessia, questa è la verità, perché la galera non recupera, tanto meno quando è in quelle condizioni. Il recupero va fatto, cari colleghi Consiglieri, attraverso le garanzie sociali, garanzie sociali che in questo Paese non ci sono, non ci sono mai state e vengono ancor meno nei confronti degli ultimi, perché qui il problema è che si vuole colpire il diverso, lo zingaro, l’immigrato, il drogato. Qui bisognerebbe distinguere tra chi è la vittima e chi è lo spacciatore, altro che tutto è consentito! Facendo questa confusione di ruoli abbiamo riempito le galere di vittime non di spacciatori, invece il problema è colpire lo spacciatore.
Il problema vero è che alla fine di tutto ciò arriveremo in modo indistinto a colpire il diverso. Se questa è la sicurezza allora credo che siamo al Medioevo.

PRESIDENTE. Ha la parola il Vicepresidente Agostini per la replica.

Luciano AGOSTINI. Rapidamente vorrei fare alcune considerazioni conclusive, non concludere un dibattito che mi è sembrato interessante. Forse ha ragione il Consigliere Brandoni, andava fatto in un altro modo, con più attenzione e anche con più tensione da parte di questo Consiglio regionale, ma purtroppo siamo ormai abituati a parlare agli uffici stampa piuttosto che a un confronto tra noi stessi.
Credo che sia stato comunque molto utile questo dibattito dal quale assumo una consapevolezza e qualche ragione in più di comportamento come amministratore sulle politiche che dobbiamo costruire nel prossimo futuro.
Volevo fare alcune considerazioni perché penso che nella evoluzione della società, del mondo, dei grandi cambiamenti che stiamo vivendo in questo inizio secolo, anche i temi che ci sembrano un po’ più ideologizzati o schierati, devono avere un approccio diverso nel modo di concepirli. Se facessimo questo sforzo credo che anche in questo Consiglio regionale troveremmo più punti di incontro che quelli di dissenso.
Se sul problema della sicurezza e sui problemi legati alla sicurezza, e dico anche alla legalità, depurassimo dalla nostra discussione quelli che sono vecchi retaggi ideologici, forse riusciremmo a trovare punti di sintesi più avanzati che ci consentirebbero, anche di fronte a drammi molto forti, di scendere nella tentazione di farli ridiventare di parte.
Da questo punto di vista vorrei tentare di fare un ragionamento che in questo momento non c’entra nulla né con l’adesione al mio partito, né alle questioni che stiamo vivendo, di grande trasformazione e anche alle questioni che viviamo più da vicino. Ricordava il collega Amagliani che lui è stato ad Appignano, noi ci viviamo, quindi non possiamo non essere toccati da quella tragedia e ne da quella tragedia non possiamo e non dobbiamo trarre alcune ragioni che devono indurci a comportamenti diversi dal passato.
Penso che ci siano delle questioni che vanno affrontate in maniera diversa. Sono d’accordo con chi diceva che il vivere in uno Stato di diritto deve poter dare la possibilità di accedere ai diritti e ai doveri tutti i soggetti che vi operano. Questo è un elemento di fondamentale importanza perché su questo principio toglie il retaggio della nostra ideologia. Dopo vedremo quali sono i problemi che dobbiamo affrontare ma intanto dobbiamo essere consapevoli che in uno Stato di diritto c’è la necessità che chi vi abita, chi vi vive, chi vi opera, rispetti i diritti ma anche i doveri.
Questo è un dato importante e se questo è vero, di fronte a un atto delinquenziale si risponde con il diritto della pena, con la certezza della pena. Non possiamo tentennare su questo. Di fronte a un soggetto che delinque si deve rispondere con la certezza della pena.
Questo è un principio sacrosanto, poi ci potremmo dividere, ma i problemi della giustizia non si possono affrontare con la querelle, altri mi diranno che non si possono affrontare con l’indulto, discuteremo su questo, ci confronteremo e troveremo le soluzioni, ma su un punto non possiamo non essere seri.
Allora anche di fronte alla questione di Appignano, qui è stata ricordata e ci voglio entrare, di fronte a un soggetto che delinque, ci deve essere la massima applicazione del diritto. Se il sabato sera uno si mette dentro a una macchina e viaggia a 100 km all’ora ubriaco, quello è un atto delinquenziale e come tale va trattato. Non ci sono giustificazioni di sorta che possono tollerare atti delinquenziali del genere.
Mi rendo conto che c’è anche un problema culturale. Spesso quando parliamo di sicurezza – non voglio identificare dentro questo né il centro-destra né il centro-sinistra perché è un retaggio che ci portiamo tutti – parliamo di immigrazione. Se c’è un atto di mala sanità ne parlano tutti, delle milioni di prestazioni che la sanità nazionale offre tutti i giorni non ne parla nessuno.
Il fenomeno di immigrazione a noi serve, la globalizzazione e la mondializzazione dei mercati e della società fa sì che il flusso migratorio sia inarrestabile, più di quanto non lo sia stato in passato. Mio padre è stato emigrato in un Paese per lavorare, venivamo dalla montagna e quindi se voleva mantenere la famiglia doveva emigrare. Non voglio appellarmi a questo e dire che siccome i nostri padri stati trattati bene o male e quindi noi dobbiamo fare altrettanto. I tempi sono cambiati, oggi il flusso migratorio è dovuto a tantissimi fattori, quindi già questo è un dato. Dopodichè ci sono alcuni Paesi occidentali, la nostra regione è tra questi, che ne hanno bisogno per il proprio sviluppo. Non possiamo pensare al fenomeno della sicurezza come un assioma sicurezza-immigrazione, non funziona né in termini di sicurezza né in termini di integrazione.
Dobbiamo costruire un ragionamento e una cultura che possano consentire un livello di discussione dove la sicurezza non ha appartenenza, è un valore della convivenza civile e se questo è vero dobbiamo lavorarci tutti, quindi vanno trattati i fatti singoli laddove si delinque e create le condizioni perché questo non avvenga.
Certo sono profondamente convinto dei valori della solidarietà e della giustizia, ma dobbiamo guardare e lavorare con grande forza ai fattori della prevenzione e della integrazione che sono fondamentali.
Che tutto sia prodotto dalla società non funziona più, fa parte di un’altra epoca. Credo che da questo punto di vista abbiamo dato il nostro contributo, ringrazio anche il Servizio che su un tema che non appartiene immediatamente alle competenze istituzionali della Regione ci si dedica e ci si applica per le cose che abbiamo fatto in questi anni, forse poco, ma abbiamo fatto il possibile, abbiamo lavorato troppo sulle telecamere ma a volte è importante che anche queste ci siano, dobbiamo rafforzare i livelli di prevenzione e di integrazione cercando di costruire un rapporto ancora più forte, come ricordava il collega Amagliani, con le istituzioni e le autonomie locali, ma dall’altra parte dobbiamo rafforzare anche il livello di rapporto tra istituzioni territorio e forze di polizia che ogni giorno mettono a repentaglio la propria vita per garantire un valore di convivenza civile – ve lo dice uno che ha una sorella impegnata in polizia e ogni giorno, attraverso le sue telefonate, parlo spesso di queste cose –.
Quindi non ci può essere su questi tre fattori nella concezione delle politiche di sicurezza qualcuno che pesa di più e qualcuno che pesa di meno. I tre fattori devono camminare insieme, devono avere una costruzione di insieme, integrata, in relazione e in rete, perché se riusciremo a farle camminare insieme toglieremo la crosta dell’ideologia nelle nostre discussioni e affermeremo il principio che diventa un principio di convivenza civile, universale, della sicurezza per tutti i cittadini.
L’invito che faccio ai Consiglieri è di evidenziare i problemi, il problema della droga, come veniva evidenziato da D’Anna, il problema dei Rom che non può essere trattato solo sotto il profilo dell’integrazione, questo voglio sia chiaro, abbiamo esperienze consumate, quindi c’è un livello di civiltà ma anche questo livello deve essere contestualizzato ai risultati che riusciamo a raggiungere con l’integrazione –.
Attenzione a una cosa, viviamo in una regione tutto sommato sicura, dove però la percezione dell’insicurezza aumenta ogni anno. Se andiamo a vedere le statistiche dell’Osservatorio non abbiamo una crescita dei delitti in senso lato, non abbiamo un fenomeno che aumenta, però aumenta il fenomeno della percezione dell’insicurezza. Dipende anche da noi tentare di ridurre quel gap tra un livello di delitti che non aumenta e un livello di percezione dell’insicurezza che invece aumenta. Dipende anche da noi, da come riusciamo a far vivere la nostra azione sociale, la nostra azione politica, ovviamente dobbiamo cercare anche la collaborazione degli altri attori sociali nella nostra regione ma dipende anche da noi.
Concludo qui, mi rendo conto che occorrerebbe un approfondimento maggiore ma quando il Consiglio lo vorrà saremo disponibili ad affrontare ulteriormente questo tema della sicurezza che, come qui è stato ricordato, attraversa tutti i settori, da quello economico del mondo del lavoro a quello in particolare del mondo del sociale. Avremo quindi occasione di ritornare su questi fenomeni, è chiaro poi, Consigliere D’Anna, che alla discussione va prodotto un atto concreto, ma credo sia importante parlare anche tra di noi e raggiungere dei punti di convergenza maggiori nell’interesse della collettività e dei cittadini.

PRESIDENTE. Sono state presentate due proposte di risoluzione, una riguarda la sicurezza sulle strade firmata dai Consiglieri Pistarelli, Brandoni, Donati, Massi, Capponi, Ricci, l’altra riguarda il sistema integrato per le politiche di sicurezza e di educazione alla legalità firmata dai Consiglieri Rocchi, Mammoli, Ricci.
Sulla prima proposta risoluzione ha la parola il Consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Solo due parole per dire che tra le tante iniziative lodevolissime che si sono avute anche di recente, ricordo una patrocinata da un giornale molto letto a livello locale il 28 aprile che ha attraversato anche la nostra regione con l’adesione anche dell’Istituzione regionale, e tante altre iniziative che ci sono state ricordate con gli allegati a questa discussione sulla sicurezza stradale. Ci è sembrato – parlo al plurale perché è stata sottoscritta da tutti Capigruppo di maggioranza e opposizione – intelligente un appello, tra i tanti fatto dalla direzione nazionale dell’Automobil club d’Italia, affinché da questi giorni di confronto e di dibattito istituzionale possano scaturire azioni positive, nel senso che dicevamo, e che diceva anche il Vicepresidente Agostini che ringrazio anche per l’equilibrio che ha avuto nell’affrontare determinati temi e della sensibilità per capire quali sono i ragionamenti che sono venuti dai banchi del Consiglio regionale. E’ un appello che vogliamo cogliere in questa Aula sulla questione della sicurezza sulle strade, su cui ricordo molto velocemente ci sono dati terribili: nel mondo ogni anno oltre 1 milione e 200 mila morti registrati, solo in Italia come se scomparissero paesi interi perché si parla più di 5 mila morti annualmente ormai costanti. E’ una cosa che esula non solo dalla nostra competenza, l’abbiamo riconosciuto tutti, ma anche da quella delle politiche nazionali. Quindi bisogna fare uno sforzo, un incontro che vada anche oltre il livello europeo e le Nazioni Unite, questo appello va in quella direzione.
Mi sembra utile chiudere questa parte della sicurezza stradale con questo documento sottoscritto da tutti i gruppi, può che essere un contributo alla discussione di questo tema tragico, terribile e molto importante che bisogna affrontare in maniera seria.

PRESIDENTE. Se nessuno chiede la parola, pongo in votazione la prima proposta di risoluzione.

(Il Consiglio approva)

Sulla seconda proposta di risoluzione ha la parola la Consigliera Mammoli.

Katia MAMMOLI. Si vuole invitare semplicemente la Regione ad un confronto con il Ministero dell’Interno per avere un quadro chiaro sui problemi della sicurezza e delle forze dell’ordine che intervengono nei settori della sicurezza. Ci sono necessità che ognuno di noi può verificare nel proprio territorio su quanto la dislocazione e le infrastrutture o la logistica di alcune forze dell’ordine stiano in palazzi vetusti o in luoghi difficilmente accessibili anche per la viabilità, quindi con difficoltà anche rispetto agli interventi. E’ una risoluzione abbastanza semplice, non mi sembra che ci sia da aggiungere altro.

PRESIDENTE. Se non ci sono interventi pongo in votazione la seconda proposta di risoluzione.

(Il Consiglio approva)


Proposta di legge regionale n. 148 (2^ relazione)
a iniziativa dei Consiglieri Ortenzi, Lippi
“Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 16 dicembre 2005, n. 36 (Riordino del sistema regionale delle politiche abitative) e alla legge regionale 27 dicembre 2006, n. 22 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale n. 36/2005)”
Discussione e votazione

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la proposta di legge n. 148 ad iniziativa dei Consiglieri Ortenzi, Lippi. Ha la parola il relatore di maggioranza Consigliera Ortenzi.

Rosalba ORTENZI. Questa proposta di legge è stata rinviata in Commissione nella seduta consiliare del 20 marzo scorso, è stata riesaminata e stralciata nella parte che riguarda gli Erap di Fermo e Ascoli Piceno.
Rispetto alla prima relazione è stato soppresso l’articolo 2, interpretazione autentica del comma 5 bis dell’articolo 29 della l.r. 36/2005, che era stato approvato nel dicembre 2005, ed è stato soppresso l’articolo 3, modalità temporali del trasferimento tra l’Erap di Ascoli e quello di Fermo.
La proposta di oggi è molto tecnica, risulta formata da un articolo unico che contiene numerose modifiche alla legge regionale n. 36/05 e alla successiva legge di modifica alla legge n. 22/06, dirette a risolvere alcune incertezze interpretative e difficoltà applicative emerse nell’attuazione di questa disciplina regionale e rilevate dal Servizio competente.
Più precisamente si tratta di interventi normativi e puntuali finalizzati sia a facilitare la comprensione del dettato normativo sia a migliorare la disciplina transitoria.
Le previsioni normative più rilevanti sono il comma 3 che introduce la distinzione, all’interno dei requisiti necessari per accedere all’edilizia sovvenzionata, tra quelli che solo il richiedente deve possedere e quelli che debbono essere posseduti anche da tutti gli altri componenti del nucleo familiare.
Il comma 7 intende garantire l’operatività delle commissioni preposte alla formazione della graduatoria sino alla scadenza del termine di cui al comma 7 della legge regionale n. 22 del 2006.
Il comma 8 aggiunge una nuova condizione oggettiva da considerare nel calcolo dei punteggi riferiti alle varie domande di assegnazione nell’allegato A.
L’approvazione oggi di questa proposta consente che le commissioni preposte alla formulazione delle graduatorie per l’edilizia residenziale pubblica si mettano subito al lavoro, ritengo che sia passato anche troppo tempo.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza Consigliere Capponi.

Franco CAPPONI. Le modifiche che vengono apportate sono funzionali a una maggiore intellegibilità del testo della legge n. 36/05 e della legge n. 22/06.
L’aggiunta del comma 8, per i punteggi che possono essere attribuiti ai soggetti portatori di handicap che abitano in alloggi non propri rispetto alle allora condizioni, ci vede d’accordo.
Ritengo comunque che in merito al fatto del rinvio delle norme relative ai regolamenti che i Comuni devono adottare per poter emanare bandi, ci sia bisogno anche di una azione di sollecitazione e di informazione da parte dell’apposito Assessorato attraverso una riunione delle Conferenze provinciali delle Autonomie che possiamo richiedere che vengano espletate, anche perché vedo che la riforma che doveva dare una più ampia partecipazione agli enti locali non è stata sufficientemente divulgata e soprattutto interpretata dagli enti locali.
Quindi una raccomandazione affinché ci sia una azione di sensibilizzazione che venga svolta attraverso le Conferenze provinciali delle autonomie.
Il nostro parere è favorevole.

PRESIDENTE. La discussione è aperta. Se non ci sono interventi passiamo alla votazione degli articoli.
Articolo 1. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Coordinamento tecnico. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Proposta di legge n. 148. La pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)


Proposta di atto amministrativo n. 36
a iniziativa della Giunta Regionale
“Valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente (D.Lgs. 351/1999): Zonizzazione del territorio regionale, piano di azione, individuazione autorità competente”
Discussione e votazione

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 36 ad iniziativa della Giunta regionale.
Ha la parola il relatore di maggioranza Consigliere Comi.

Francesco COMI. Molto brevemente per illustrare questo atto del quale si è discusso molto in Commissione e in modo condiviso.
Questo atto rappresenta un adempimento quasi dovuto per la Regione Marche per rispettare il contenuto di un decreto legislativo e di una direttiva europea che impone anche alla Regione Marche di contribuire ad un modello di sviluppo sostenibile.
In questo quadro la Commissione europea e il Governo ci hanno impegnato a definire norme, metodi, criteri, per mantenere la qualità dell’aria, laddove è buona, e laddove non lo è, e cercare di migliorarla.
Il decreto legislativo tende da un lato a stabilire gli obiettivi per la qualità dell’aria al fine di prevenire, evitare, scongiurare o ridurre gli effetti dannosi per la salute e per l’ambiente, dall’altro serve a stabilire metodi e criteri condivisi su base nazionale per la valutazione della qualità dell’aria, e al tempo stesso mettere a disposizione delle autorità istituzionali competenti le informazioni adeguate in modo tale che da un lato siano rese pubbliche e dall’altro consentano una programmazione adeguata.
La Giunta regionale, sia pure in ritardo rispetto a quello che era un impegno che doveva essere adempiuto già dall’anno 2000, ha adottato una proposta con la quale definisce la zonizzazione del territorio regionale al fine della valutazione e della gestione della qualità dell’aria, ovvero ha individuato due zone, una zona A e una zona B, dove monitorare, controllare e programmare azioni e misure.
La zona A è una zona regionale nella quale il livello di PM10 comporta il rischi di superamento dei valori limite e delle soglie di allarme, riguarda soprattutto la gran parte dei comuni costieri, dei comuni capoluogo e delle grandi città.
La zona B è quella dove il livello di PM10 non comporta il rischio del superamento dei valori limite, riguarda i piccoli centri e l’entroterra.
Questa articolazione per zona serve a differenziare le azioni e i criteri dei vari interventi.
La stessa delibera prevede poi due tipi di misure, misure di controllo e di programmazione per la riduzione o la sospensione di attività che potrebbero essere climalteranti.
Le misure di controllo riguardano, per esempio, la conversione di impianti di riscaldamento nelle scuole da olio combustibile a metano, azioni e finanziamenti per l’acquisto di nuovi autobus a metano, abbonamenti agevolati per incentivare l’uso del mezzo pubblico, l’emanazione di bandi prevedendo contributi per contenere i consumi energetici, e molte altre azioni.
La Regione, nell’adempiere a questo atto, mette a disposizione delle risorse, forse non tutte quelle che sarebbero auspicabili per raggiungere gli obiettivi dovuti.
Adotta inoltre una serie di misure programmatorie quali la riduzione o la sospensione del traffico degli automezzi, ad eccezione dei mezzi pubblici, il blocco della circolazione dei mezzi particolarmente inquinanti, le misure di riduzione e sospensione del riscaldamento degli edifici pubblici e privati, la riduzione della temperatura massima negli ambienti interni e altre misure. Tutte misure che vengono adottate ogni qualvolta il regime dell’attività possa compromettere, superando i limiti previsti, la qualità dell’ambiente.
Con la stessa delibera vengono individuate anche le autorità competenti ad effettuare le misure di interessi locali e di controllo. Sono il Sindaco per quanto riguarda le misure per il territorio municipale, il Presidente della Provincia quando il territorio riguarda più comuni di una stessa provincia, il Presidente della Regione quando il territorio interessato riguarda più comuni di diverse province.
E’ un atto dovuto che si aggiunge ad una programmazione coerente della Regione Marche e che va nella direzione di un auspicato sviluppo eco-sostenibile.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza Consigliere Lippi.

Leonardo LIPPI. Confermo quanto ha illustrato il Consigliere di maggioranza Comi. Questo è un atto tecnico di recepimento della direttiva comunitaria.
Devo sottolineare che tutte queste misure di prevenzione sono significative se poi al monitoraggio e alla prevenzione seguono azioni concrete, attive, non solo di reazione ai problemi ma anche di superamento delle logiche che hanno visto fino ad oggi un uso smodato della tecnologia senza sapere le conseguenze a cui portava.
Oggi abbiamo gli elementi necessari per una valutazione degli effetti conseguenti che poi si ripercuotono tutti sull’aspetto umano. Prevenire in questi termini la diffusione delle polveri sottili è l’elemento che oggi trattiamo, significa anche ridurre in termini qualitativi e quantitativi anche le problematiche legate a livello sanitario. Quindi è una azione concreta che va nella direzione della tutela alla salute dell’uomo e nella riduzione dei costi sociali, dei costi sanitari, dei costi che si ripercuotono sull’intera collettività.
La ricognizione, lo studio e la conoscenza delle cause di uno sviluppo economico, se ben guidate e programmate, si risolvono anche in elementi di risparmio in altri settori che sono le conseguenze che hanno portato fino a ieri, e speriamo che non ne portino più, nei confronti dell’uomo in termini di salute.
Annuncio il voto favorevole.

PRESIDENTE. La discussione è aperta. Se non ci sono interventi passiamo alla votazione degli emendamenti.

Emendamento n. 1 del Consigliere Altomeni. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Emendamento n. 2 del Consigliere Altomeni che ha la parola.

Michele ALTOMENI. Chiedo scusa per non aver potuto portare in Commissione questi emendamenti perché in quel momento seguivo la terza Commissione, quindi li ho portati direttamente in Consiglio dopo averli però concordati con l’Assessore.
Questo emendamento va ad aggiungere alcuni punti nell’allegato B, che in parte sono misure che la Regione già fa e che riguardano le piste ciclabili, i finanziamenti e la partecipazione per i cambi di alimentazione nelle auto, conversione a metano, ecc., altri per i progetti che prevedono le biciclette a noleggio, l’elaborazione di finanziamenti insieme agli enti locali di piani di forestazione, i parcheggi scambiatori, le reti tranviarie e la mappatura delle emissioni.
Illustro anche l’emendamento n. 3, per non riprendere poi la parola. L’allegato C parla della divisione dei poteri, prevede il potere sostitutivo della Regione, nel senso che attribuiamo dei compiti ai Sindaci e ai Presidenti di Provincia e qualora non dovessero attuarli la Regione ha il potere sostitutivo, quindi la possibilità di attuare le misure al posto degli enti inadempienti.

PRESIDENTE. La discussione è aperta. Se nessuno chiede la parola passiamo alla votazione.

Emendamento n. 2. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Emendamento n. 3 del Consigliere Altomeni. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Ha la parola il Consigliere Santori per dichiarazione di voto.

Vittorio SANTORI. Ho forti perplessità nel votare questo provvedimento in quanto il Consigliere Comi lo definisce coerente mentre io ho qualche perplessità sulla coerenza in quanto si tratta di un atto dove la mano sinistra non sa cosa fa la destra.
Ricorderete qualche anno fa quando le benzine contenevano piombo e quindi c’era il problema dell’inquinamento all’uomo per quanto riguarda il saturnismo, cioè il contenuto di piombo. Da quando le benzine sono state depurate dal piombo oggi sono cancerogene, lo ripeto ancora una volta, sono cancerogene. Con questi palliativi non affrontiamo questo problema, non facciamo assolutamente niente, né un servizio alla collettività.
Sono invece d’accordo in via subordinata che è un atto dovuto perché ce lo impone la Comunità europea e quindi rispondiamo con le zonizzazioni e con quello che dobbiamo fare, ma dobbiamo risolvere il problema della cancerogenicità della benzina.

PRESIDENTE. Coordinamento tecnico. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Proposta di atto amministrativo n. 36, così come emendata. La pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Mozione n. 159
dei Consiglieri Mollaroli, Ricci, Giannini
“Statalizzazione dell’Università di Urbino”

Mozione n. 9
dei Consiglieri Mollaroli, Ricci
“Statalizzazione dell’Università di Urbino”

(abbinate)
Discussione e votazione

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca le mozioni n. 159 dei Consiglieri Mollaroli, Ricci, Giannini e n. 9 dei Consiglieri Mollaroli, Ricci.
Ha la parola il Consigliere Ricci.

Mirco RICCI. Non credo ci sia il clima adeguato per discutere queste tre mozioni tenuto conto che nel prossimo Consiglio discuteremo interpellanze, interrogazioni e mozioni, quindi dedicato solo a questo. Le mozioni da discutere oggi sono tre, le facciamo tutte e tre in fila, le discutiamo e nessuno va via, oppure le rinviamo tutte e tre per non dare valore o all’una o all’altra, anche se capisco che alcune hanno un problema contingente, purtuttavia non rinuncio a discutere quella di Urbino, Presidente, sono quattro Consigli che è iscritta al primo punto.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Bugaro.

Giacomo BUGARO. Siamo d’accordo per fare tutte e tre le mozioni anche perché quella nostra, la n. 169, come d’accordo con la Conferenza dei capigruppo, deve essere fatta necessariamente oggi, che si approvi o no, perché la manifestazione ci sarà sabato.

PRESIDENTE. Bene, quindi per la mozione n. 159, abbinata alla n. 9, ha la parola la Consigliera Mollaroli.

Adriana MOLLAROLI. Cercherò di essere sintetica e chiara. Questa è una mozione importante, nella premessa voglio ricordare brevemente, insieme al Consigliere Ricci e alla Consigliera Giannini, la storia di una antica e gloriosa università marchigiana urbinate.
Non ripeto gli aspetti, ne avete il testo, che ricostruiscono la storia importantissima di questa università, tra le più antiche della nostra regione, i cui passaggi storici sono ricordati dalla bolla Aeternae Sapientiae di Clemente X, dall’Ordinamento dell’istruzione superiore del 1923, dal periodo in cui è stata università libera, negli anni cinquanta, cioè nel periodo del dopoguerra, della ricostruzione morale, sociale, politica e culturale del nostro Paese, oltre che economica, che ha avuto un prestigioso rettore quale è stato Carlo Bo, un umanista tra i più illustri della nostra storia nazionale, un grande studioso di letteratura francese ed italiana, un uomo che è stato un protagonista della cultura degli anni ’50. Voglio ricordare anche gli interventi prestigiosi da un punto di vista urbanistico ed architettonico lasciatici da Giancarlo De Carlo, uno dei primi esempi di università campus è nata lì, un prezioso patrimonio architettonico della modernità, questione della quale il nostro Paese è scarso. Quindi quella città oltre ad avere una prestigiosa storia di studi e di cultura c’è anche un esempio di un patrimonio architettonico della modernità. All’interno degli edifici della nostra Università sono conservati arredi firmati da Alvar Aalto.
Oggi l’Università di Urbino comprende 11 facoltà, 34 lauree triennali, 26 lauree specialistiche, 3 lauree a ciclo unico più una laurea magistrale, 12 dottorati di ricerca, 28 master, 8 specializzazioni e perfezionamento. Gli studenti che frequentano sono circa 19 mila e circa un migliaio i docenti, oltre a questo ci moltissimi lavoratori che operano in quel settore. Il 56% degli studenti proviene da fuori università. Questa è la storia prestigiosa di questo nostro Ateneo.
Di recente ha cambiato il suo status, da libera università è diventata università statale, ha avuto il riconoscimento del Ministero, con decreto del Ministro Mussi, a quel decreto di statalizzazione sono state poste una serie di condizioni perché l’ateneo vive una situazione anche di difficoltà economica.
Sappiamo benissimo che l’Università di Urbino non è l’unica nelle Marche, abbiamo prestigiose altre università, nessuno vuole dare primati all’una o all’altra, però adeguati riconoscimenti sì.
Con questa mozione chiediamo che la Regione sostenga, per la parte che le può competere anche con scelte significative, le azioni politiche e finanziarie che possono aiutare l’Ateneo a rientrare nelle condizioni previste dal decreto ed avere un percorso stabile e sicuro per il futuro nella statalizzazione.
In questa mozione non indichiamo situazioni specifiche, potremmo anche entrare maggiormente nel dettaglio, ma per ora il Consiglio è impegnato soltanto al sostegno di azioni politico-finanziarie, poi quando sarà necessario e se questa mozione sarà convintamene sostenuta dall’intero Consiglio, in altre sedi potremo definire quali saranno le azioni più significative o, se vogliamo, prevederlo anche nel corso della discussione di oggi.
Queste sono le ragioni, quindi chiedo al Consiglio regionale di sostenere questa mozione per impegnare la Giunta affinché per le motivazioni che, io insieme ai Consiglieri Ricci e Giannini, abbiamo indicato nella stessa derivino atti conseguenti da parte della Giunta regionale.

Presidenza del Vicepresidente
David Favia

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Due questioni, cara collega Mollaroli. La prima, auspicherei che questo documento venisse condiviso e partecipato da tutti, stiamo parlando di una questione che riguarda un impegno dell’Istituzione regionale a fianco di un Ateneo che di recente ha avuto un decreto di statalizzazione. Seconda cosa che non è una questione pregiudiziale ma buon senso, non si può impegnare la Giunta a sostenere e partecipare alle azioni politico-finanziarie, indicate dal decreto del Ministro e dal piano programmatico dell’Ateneo ai fini del risanamento economico, certezza, stabilità e sviluppo dello stesso, senza aver discusso del piano programmatico o dei contenuti, almeno per quanto riguarda la conoscenza delle linee che sono state definite dal Ministero.
Impegniamo la Giunta a sostenere cosa? Siamo di fronte a quale problematica? Ci sono debiti pregressi da dover risanare? Quanti e quali? Che tempistica hanno avuto?
Penso che il nostro compito possa essere letto anche sotto questo profilo, di aiuto e ausilio una tantum ad una istituzione prestigiosa, ecc., ma non vorrei che sia poi un precedente pericoloso in quanto tutti gli Atenei sono in condizioni non floridissime sotto un profilo di capacità economico-finanziaria, soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo e le certezze economiche. Perché? Perché con l’autonomia si sono dati non solo onori ma oneri molto pesanti alle vite degli Atenei. Quindi non vorrei ci sia un “pericoloso” precedente perché altri Atenei, come Ancona, Macerata, Camerino, ecc., potrebbero dire che anche loro hanno delle difficoltà, e visto che la Regione si è impegnata per Urbino perché non dovrebbe farlo anche per questi?
Prima di tutto capire l’entità del problema, capire quanta capacità la Giunta ha per quanto riguarda i suoi fondi e i capitoli specifici da poter invocare, già nel diritto allo studio siamo impegnati sul fronte degli Ersu ma non direttamente nelle amministrazioni delle università.
C’è anche un problema tecnico, non so sotto il profilo di bilancio quali potrebbero essere le voci destinate a questo quando il diritto allo studio è assolto attraverso gli enti regionali.
Non è per una questione pregiudiziale od ostativa perché vorrei aiutare concretamente l’università, ma non bisogna fare un passo falso che da una parte potrebbe portarci a non attivare nulla, dall’altra ad attivare ma con il rischio di vedere partite che si aprono e che non hanno una facile soluzione perché, ripeto, se lo chiedesse anche Ancona, Macerata o Camerino, con quali motivazioni potremo dire “no, per voi non è necessario l’intervento regionale”.
Questo mi sembra un atteggiamento di responsabilità, né pregiudiziale né ostativo, perché se ci si impegna ad affiancare azioni politico-finanziarie facciamo un passo che deve essere motivato da scelte che devono avere un canale di bilancio specifico o una programmazione che possa andare verso quella direzione.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Ricci.

Mirco RICCI. Integro con poche parole perché l’intervento della collega Mollaroli ha già chiarito in maniera precisa i contenuti della mozione.
Mi voglio rivolgere al Consigliere Pistarelli perché condivido ciò che ha detto, il percorso bisogna coglierlo meglio. Dico questo anche in relazione all’emendamento che avete presentato, oggi non chiediamo con questa mozione di entrare nel merito di un percorso che rappresenta una proposta di carattere economico-finanziario, su come intervenire, cerchiamo di impegnare la Giunta in relazione ad una svolta che c’è e che riguarda Urbino – e non è una questione solo di Urbino ma regionale e nazionale – dove questa università passa da libera e privata a statale. Questo percorso che ha portato alla formazione da parte del Ministro di un decreto che ha preoccupato tutti coloro che vivono in quell’ambiente perché conteneva anche dei passaggi non chiarissimi, poi quando è stato prodotto ci ha quasi convinto, è chiaro che prevedeva delle tappe ben precise, la statalizzazione e la responsabilità di questa università rispetto ad una novità assoluta, quella di un ateneo statale, che conteneva anche alcuni passaggi che hanno coinvolto il Comune di Urbino, che hanno chiamato in causa la stessa Ersu con il suo patrimonio, che hanno portato il Comune di Urbino a modificare alcune previsioni urbanistiche rispetto alle nuove realizzazioni, che ha visto la Regione riconsiderare il suo impegno sull’Ersu e sugli interventi per l’ateneo, quindi un percorso abbastanza complicato.
Chiediamo che la Regione in primo luogo chiami a collaborare il Comune di Urbino, la Provincia, gli enti interessati, l’Ersu stessa, a trovare una soluzione, per esempio attraverso l’azzeramento del pagamento dell’affitto che la Regione ha in carico per gli Ersu, quindi non paghi più gli affitti con l’accollo di una quota di mutuo, intervieni in questo modo per acquistare una parte del patrimonio.
Il percorso di partecipazione alla riduzione del debito pregresso dell’Università di Urbino non è chiaro, non possiamo entrare nel merito adesso.
Abbiamo chiesto con questa mozione che ci sia l’impegno a farlo, a portarlo avanti e a farlo in breve tempo. Dopodichè scegliere la strada, come diceva qualche tempo fa l’Assessore Marcolini, per esempio che la Giunta regionale sia l’acquirente, oppure fare in modo che l’acquisti l’Ersu e la Regione si accolli l’onere della rateizzazione, anche questa è una proposta che dobbiamo ancora valutare.
La strada che sceglieremo non è chiara oggi dal punto di vista finanziario ed economico, quello che chiediamo è che ci sia l’impegno della Giunta a farsi carico del risanamento del debito pregresso di questa Università affinché sia possibile e concretizzabile il passaggio alla statalizzazione.
E’ evidente che c’è un elemento da chiarire, come non solo a Urbino ma altrove nelle Marche, si possa fare un discorso più generale rispetto agli altri Ersu. Oggi riconsiderare il patrimonio Ersu, razionalizzarlo, gestirlo meglio, è una questione che c’è sia ad Urbino che altrove. Se l’Ersu è uno degli strumenti attraverso cui la Regione e l’università si avvalgono per il diritto allo studio si farà, tant’è che questo orientamento, da affrontare nei prossimi mesi, l’ho sentito anche da autorevoli componenti della Giunta, quindi come intervenire anche in altre situazioni attraverso i contributi diretti della Regione.
La mozione vuole richiamare l’attenzione sulla necessità di contribuire all’affermarsi definitivo del processo di statalizzazione. E’ chiaro che cambiare pagina, passare da un tipo di gestione ad una struttura che risponde ad una logica statale significa anche fare in modo che i dirigenti, a partire dal rettore, si accollino il peso di una esperienza tutta nuova, e si confidi che da qui in avanti la gestione non abbia più come in passato quei disavanzi di debiti che sono stati prodotti. Questo è un elemento sul quale è inutile tacere ed è bene che su questo si controlli e vigili.
Le questioni sono queste, cioè che entrare nel merito di come la Regione possa fattivamente contribuire ancora non siamo in grado di farlo, la mozione chiede il sostegno della Giunta e degli altri enti interessati per andare verso un sostegno all’affermarsi definitivo del processo di statalizzazione.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere D’Anna.

Giancarlo D’ANNA. Nella presentazione della mozione firmata dai Consiglieri Mollaroli, Ricci e Giannini, ci sono una serie di informazioni interessanti e importanti, sarebbe stato opportuno riuscire a capire perché si è arrivati ad una situazione debitoria, accennata soltanto dal Consigliere Ricci, e di cui gli do atto. Una delle situazioni che ha portato alla richiesta di statalizzazione era quella per cui non si riusciva più a stare dietro, siccome nei scorsi mesi e negli scorsi anni ci sono state delle feroci polemiche anche sulle spese che sono state fatte all’interno dell’Università di Urbino che poi hanno portato a questa situazione, credo sarebbe stato opportuno informare i Consiglieri regionali anche di quello che è avvenuto da questo punto di vista per metterci nelle condizioni di fare una scelta.
E’ evidente che noi eravamo contrario alla statalizzazione prima, e lo siamo anche oggi perché uno dei rischi che si corrono, come è stato evidenziato più volte in passato, è quello che una volta diventata statale l’Università di Urbino possa avere, come spesso succede nella sanità, un ridimensionamento a vantaggio magari di altre facoltà del territorio.
Ci sentiamo comunque in dovere di andare incontro alle esigenze, nonostante le polemiche che ci sono state prima, ma mettendo bene in chiaro che devono essere accertate le responsabilità, se ci sono, delle spese che hanno portato a un deficit di questo tipo.
La cosa più opportuna da fare in questo momento sarebbe quella di ritirare questa mozione, parlarne in modo approfondito non solo con i Capigruppo ma anche con i consiglieri che della provincia di Pesaro Urbino che sono espressione per poter fare un intervento comune. Penso che questo possa essere un percorso accettabile, ecco perché avrei preferito il rinvio della mozione.

Presidenza del Presidente
Raffaele Bucciarelli

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Altomeni.

Michele ALTOMENI. Sarò brevissimo, voglio solo ringraziare i colleghi che hanno presentato questa mozione ed esprimere la mia soddisfazione, perché ricordo, purtroppo, quando un paio di anni fa a fare questa battaglia ad Urbino eravamo solo noi comunisti italiani, lasciati in solitudine da tutto il centro-destra e il centro-sinistra che erano assolutamente contrari all’ipotesi della statalizzazione. Quindi vedere oggi che su questo si costruisce, penso quasi all’unanimità, una decisione collettiva del Consiglio regionale, non può che farci piacere. Annuncio il voto favorevole di Rifondazione Comunista.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Santori.

Vittorio SANTORI. Come non condividere questa iniziativa e questa mozione. Però da un po’ di tempo a questa parte penso di essere diventato trasparente, non mi vedete più, così come accade per la Provincia di Ascoli, voi non la state vedendo più da anni.
Vorrei approvare questa mozione ma il problema è che ci dovrebbe essere pari attenzione per quello che si sta facendo e si sta promuovendo a livello di università anche per il territorio della Provincia di Ascoli.
Se ci sarà un pari impegno sarò contento di votarla, perché è giusto che Pesaro abbia attenzione ma è giusto anche che non vi dimentichiate della Provincia di Ascoli Piceno ed in particolare di Ascoli Piceno.
Per questo faccio appello affinché la Regione abbia a cuore l’intero territorio regionale che gli appartiene e non solo per chi urla di più o chi ha più potere.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Anche noi voteremo questa mozione che tra l’altro non è nuova in questo Consiglio regionale.
Il problema dell’Università di Urbino è serio e il fatto che il Governo abbia avviato le procedure per la statalizzazione è importante, è un fatto nuovo, significativo, che dà una maggiore garanzia ad una delle più antiche università d’Italia.
Il problema del ruolo delle università delle Marche andrebbe discusso in maniera complessiva. Questa sera non ne abbiamo il tempo ma credo che se le presidenze del Consiglio e della Giunta regionale prevedessero una iniziativa monotematica sul ruolo delle università delle Marche, ci accorgeremmo che l’Università di Urbino oggi giunge alla statalizzazione non per una scelta di tipo politico condivisa ma per una necessità, perché l’alternativa alla statalizzazione sarebbe solo quella di essere spazzata via. Ci accorgeremmo che la logica aziendalista, seguita anche dalla politica delle università, ha portato in una fase di espansione che purtroppo, o per fortuna, a seconda dei punti di vista, è stata breve.
Ricercare a tutti i costi, in una regione così piccola dove ci sono quattro università, corsi di laurea e laurea breve decentrati da tutte le parti, si è dimostrato un boomerang. Non solo oggi questi corsi non riescono ad avere più una garanzia di sussistenza e di prosieguo ma addirittura le sedi centrali rischiano di non avere più garanzie.
Ecco allora che all’interno di una discussione più complessiva, a partire dall’Università di Urbino, altrimenti guarderemo il problema solo dal buco della serratura, dovremmo aprire uno scenario sul ruolo dei saperi dell’università e della scuola della nostra regione, soprattutto in una fase dove il sistema degli enti locali ha maggiori competenze che non rispetto al passato, dove però a fronte di maggiori competenze ci sono maggiori risorse.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Capponi.

Franco CAPPONI. Siccome molte cose sono state dette farò un intervento brevissimo. Noi rimaniamo, e lo rimarremmo, contrari alla statalizzazione avvenuta a Pesaro, perché sapevamo che per questa università potevano esserci molte prospettive anche nella forma previgente di gestione. Certamente ritengo che un impegno a favore dell’Università di Urbino debba ricomprendere un programma che vada a beneficio di tutte le università delle Marche, anche di quelle che possono essere sviluppate nelle realtà fermane ed ascolane.
Inoltre, questa azione che chiediamo deve avvenire in modo trasparente, che non sia una delega in bianco alla Giunta a trattare cose che il Consiglio regionale non sa.
Ritengo quindi che questa mozione abbia una scarsa portata se non una volontà politica che comunque i proponenti potevano assolutamente svolgere attraverso il Governo regionale di cui sono emanazione.
Noi abbiamo proposto un emendamento, comunque su tutta la mozione resta un nostro nulla di fatto perché riteniamo che il problema debba essere affrontato in un altro modo e non con questo atto. Quindi il nostro voto sarà di astensione.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Il collega D’Anna ha espresso la richiesta di ritiro, che credo sia la cosa più giusta. In subordine volevo dire che potremmo richiedere la votazione per parti separate perché in realtà l’approvazione del principio della statalizzazione è tutta da valutare e da verificare.
La statalizzazione infatti è tutta da dimostrare che sia il toccasana per l’Università di Urbino che è una delle più antiche università non statali. Fin quando c’è stata una gestione oculata delle risorse e del patrimonio immenso, questa università è stata centro di attenzione e di interessi a livello mondiale, ma è vero che nell’ultimo frangente della gestione i conti si sono assolutamente sballati, tanto è vero che il Governo di centro-destra, il Ministro Moratti, non ha disposto la statalizzazione ma ha operato un finanziamento straordinario per l’Università di Urbino, non optando per la statalizzazione ma proprio per questo prevedendo la possibilità di un attingimento extra ordinem, quindi di un finanziamento del tutto particolare, per garantire a questo prestigioso Ateneo il mantenimento di una autonomia che è anche il corollario di una realtà universitaria che oggi come oggi, con la statalizzazione, potrebbe rischiare di essere risucchiata nel calderone delle università marchigiane, mentre Urbino si caratterizzava per una sua tipicità.
E’ tutto quindi da dimostrare, anzi sono convinto del contrario, che la statalizzazione sia la strada meritevole di essere imboccata per questa università. Presumibilmente ci sarà perdita di autonomia, ci sarà anche la perdita della consapevolezza di una gestione più oculata e più razionale delle risorse che sono significative e importanti.
Ricordo che tempo fa l’allora vice Ministro dell’economia Baldassarri, che si era a lungo intrattenuto sulle problematiche anche della gestione del patrimonio dell’università di Urbino, aveva chiosato circa il fatto della mancata razionale gestione anche sotto il profilo del pagamento dell’Iva sui beni considerevoli e di proprietà di questa istituzione.
Qualora la proposta di ritiro del collega D’Anna non venga approvata, io propongo, ma penso anche il gruppo, la votazione per parti separate, in maniera tale che non si voti l’approvazione del passaggio che riguarda la statalizzazione.

PRESIDENTE. Se non ci sono più interventi, passiamo alla votazione della proposta di rinvio del Consigliere D’Anna.

(Il Consiglio non approva)

PRESIDENTE. Emendamento n. 1 della Consigliera Mollaroli, che ha la parola.

Adriana MOLLAROLI. Viene soppressa la parola “partecipare”, quindi gli impegni della Regione sono “a sostenere” e non “a partecipare”, è meno impegnativo.

PRESIDENTE. Emendamento n. 1. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

PRESIDENTE. Emendamento n. 2 del Consigliere Giannotti, ha la parola il Consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Credo che da questo punto di vista il Consiglio regionale debba essere serio e rigoroso, se venisse approvato un emendamento di questo tipo sarebbe un ulteriore colpo per gli Ersu delle altre università. Oggi, a fronte di un minore flusso di studenti, esiste uno squilibrio per una situazione consolidata – non dico sia un bene o un male per l’Ersu di Urbino – ma se addirittura si chiede una cosa che aggrava la situazione saremmo proprio alla follia. Inoltre il Consiglio regionale rinuncerebbe al ruolo di governo complessivo della politica del diritto allo studio.
Per questi motivi voteremo contro.

PRESIDENTE. Emendamento n. 2. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio non approva)

C’è un ulteriore emendamento (n. 3) presentato ora a firma del Consigliere Castelli che propone la soppressione dell’ultimo capoverso delle premesse, quando si dice “Considerato che il riconoscimento alla statalizzazione riafferma il prestigio di tale Ateneo e lo inserisce pienamente nel contesto delle università statali, regionali e nazionali”.

Emendamento n. 3. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio non approva)

Pongo in votazione la mozione, così come emendata.

(Il Consiglio approva)


Mozione n. 169
dei Consiglieri Capponi, Bugaro
“Family Day”

Interrogazione n. 727
del Consigliere Viventi
“Partecipazione della Regione Marche al Family Day”

(abbinate)
Discussione e votazione

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la mozione n. 169 dei Consiglieri Capponi, Bugaro, abbinata all’interrogazione n. 727 del Consigliere Viventi.
Ha la parola il Consigliere Bugaro.

Giacomo BUGARO. Abbiamo presentato questa mozione perché c’è una importante manifestazione a Roma alla quale già, nel corso delle settimane scorse, molte altre Regioni hanno dato il proprio assenso a partecipare ufficialmente per sostenere questo istituto importante previsto dalla nostra Costituzione.
Non entro nel merito delle questioni perché si aprirebbe un dibattito fin troppo ampio e che potrebbe essere in questa sede certamente interessante ma non propedeutico all’obiettivo.
La mozione chiede semplicemente l’adesione del Consiglio regionale a questa manifestazione.

PRESIDENTE. Ha la parola la Consigliera Mollaroli.

Adriana MOLLAROLI. Ritengo che non si possa votare questa mozione perché è a sostegno ad una manifestazione chiaramente di parte, di coloro che sostengono la famiglia in una delle forme in cui storicamente si è realizzata. E’ vero che la nostra Costituzione riconosce la famiglia solo fondata sul matrimonio, ma nel corso degli anni la società italiana si è evoluta ed ha visto realizzarsi forme di convivenza dettate da tante ragioni, quali la libertà femminile, la nascita del divorzio, la possibilità di convivenza in maniera libera tra persone che preferiscono vivere insieme senza legami.
Ritengo che questa manifestazione sia chiaramente di parte e oltre a questo la manifestazione nasce anche contro una proposta di legge, avanzata dal Governo del centro-sinistra, che vorrebbe rendere l’Italia più europea, cioè dare alle convivenze di fatto, che non sono famiglia, sono riconoscimenti di nuovi diritti a persone che in varie forme convivono.
Quindi per queste ragioni ritengo non sia opportuno votare questa mozione né richiedere che il Consiglio regionale possa partecipare addirittura con gonfaloni e con una rappresentanza ufficiale.
Ognuno individualmente è libero di farlo, ma questa credo sia la strada giusta.
Non voglio sottovalutare un aspetto, quello che abbiamo bisogno di politiche serie a sostegno della famiglia in questo Paese, perché l’Italia è un paese dove di retorica sulla famiglia se ne è fatta molta nel corso degli anni, abbiamo legislazioni e misure a sostegno alla famiglia tra le più arretrate d’Europa.
Il Governo affronterà questi temi con una conferenza specifica nelle prossime settimane a Firenze dove dirà all’intero paese con quali strategie e strumenti dare davvero sostanza a una politica a sostegno della famiglia.
Questo crediamo sia la strada più giusta ed è per questo che riteniamo che questa mozione non sia da sostenere, vorrei invitare anche al ritiro.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Le parole della Consigliera Mollaroli sono veramente ingiustificate oltre che ingiuste e inaccettabili.
Prima di tutto il documento non solo non è attaccabile ma è assolutamente scevro da ogni riferimento, non solo di parte – anche se è una cosa impossibile il definire “una visione di parte” la concezione della famiglia così come costituzionalmente sancita – ma non entra minimamente nel merito delle discussioni, le richiama in premessa “è in atto nel Paese un intenso dibattito sul tema della famiglia”, non c’è cosa più equilibrata e di buon senso dell’impostazione di questo documento.
Definire l’adesione all’iniziativa del family day una iniziativa di parte è veramente una cosa fuori dal mondo, è organizzata da tantissime associazioni di tutte le ispirazioni e gli orientamenti anche sotto un profilo di appartenenza religiosa, culturale, ecc., dall’Acli, all’Agesci, all’Azione cattolica, ai gruppi ecclesiali vari.
Non c’è una adesione partitica per volontà precisa dei promotori, che abbiamo assolutamente non solo rispettato ma voluto fortemente sostenere.
Non c’è una indicazione contro, non si parla nei volantini e negli inviti che ho visto di riferimenti contro qualche proposta in itinere o meno, in discussione o meno, che vedrà o meno l’accettazione di Parlamenti o di altre Istituzioni.
Non c’è un minimo riferimento né alle questioni sollevate dalla Consigliera Mollaroli, le altre convivenze, i dico, i pacs o altro, non c’è nessun riferimento a questo.
In tutti i dibattiti, dove anche io ho partecipato da Consigliere regionale e non da esponente di partito, si è tenuto un equilibrio straordinario.
Ora non mi si venga a dire che come Regione Marche non possiamo aderire a questo, che è un appello alla famiglia, ai valori familiari. Aderiamo alle manifestazioni su Assisi o su altro, con gonfaloni della Regione Marche, certamente questa è una di quelle occasioni in cui si consacra un valore, si ribadisce una appartenenza al valore e alla difesa della famiglia che è il nucleo fondamentale della nostra società.
Quindi facciamo attenzione che se questo è un passaggio che il Consiglio regionale non vuol cogliere diventa un passaggio preda di faziosità o di visioni inaccettabili, che sono fuori dall’appello del 12 maggio.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Credo che questo sia una occasione per precisare un dato che deve essere chiaro, perché non può non assumere altri significati se non quello che vuole esprimere.
Sono d’accordo sull’impostazione data dalla mozione perché si rivolge nei confronti di un diritto che definisco un diritto civile. Siamo abituati a ragionare in termini di diritti civili unicamente quando si parla di diritti di soggetti individuali, e credo che sia una delle occasioni per riaffermare, in questo consesso, che dobbiamo prendere coscienza, proprio prendendo spunto dalla Costituzione, che la tutela della famiglia è una tutela che si rivolge a un diritto civile. Pertanto questa manifestazione è priva di colorazione politica, e non deve assumerla se non vogliono fargliela assumere chi ha interesse a farlo. Credo sia significativo che anche le istituzioni possano essere presenti perché si tratta proprio di lottare per un diritto civile.
Credo che tutti quanti ormai si rendano conto che non è un problema né religioso né ideologico, come diceva la Consigliera Mollaroli, ci si è resi conto che finalmente il problema familiare è alla base della convivenza comunitaria e anche della convivenza civile. Occorre fare degli sforzi per recuperare un vuoto che si è creato nel tempo proprio a causa delle separatezze ideologiche e a causa di una dimenticanza che era suffragata unicamente dalla tenuta sostanziale che tradizionalmente e culturalmente la famiglia ha avuto in questo Paese.
Ci siamo accorti troppo tardi che tutti i rivolgimenti sociali del nostro tempo hanno abbandonato quello che invece poteva essere un patrimonio che, purtroppo mal coltivato, ha subìto dei danni quasi irreparabili.
Dobbiamo aiutare la famiglia, è un impegno di tutti, e la nostra presenza anche come istituzione a questa manifestazione è significativa della continuità di una tradizione delle Marche che sempre hanno avuto vicino il significato della famiglia. Le nostre leggi non sono molto efficaci in questo proposito, nonostante abbiamo anche noi una legge per la famiglia, dobbiamo in qualche modo impegnarci più adeguatamente.
Pertanto, prendendo spunto anche da quello che la legge n. 328 ha inaugurato come nuova stagione dei servizi sociali – l’articolo 16 parla chiaramente di responsabilità genitoriali e pertanto per la prima volta una legge ha preso coscienza dell’importanza dell’educazione e quindi della famiglia in quanto sede privilegiata dell’educazione dei ragazzi e dei nostri figli – credo sia importante dare questo segnale.
Chiunque voglia attribuire un significato diverso lo fa non in nome della novità sostanziale che la società civile pur prevede, sappiamo perfettamente quali sono le difficoltà e credo che anche i ragionamenti che si fanno sui diritti civili delle persone che convivono hanno diritto ad esistere, pertanto vanno regolamentati anche se qualcuno li considera lesivi della famiglia. Non è vero, non si lede nulla, la cosa importante è che ci sia anche una forte convinzione, attraverso atti formali, leggi e atti amministrativi, a sostegno di quello che è un nucleo irrinunciabile della convivenza civile.
Ecco perché, dando questo significato, tutti quanti insieme potremo votare questa mozione.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Capponi.

Franco CAPPONI. Voglio riaffermare in modo forte che questa manifestazione, a cui il mio partito ma anche molti altri partiti dell’arco costituzionale del centro-sinistra hanno dato l’appoggio, non può essere considerata assolutamente una manifestazione di parte, come qualcuno l’ha definita. Anzi, all’interno di questo Consiglio regionale a questo punto mi vengono molti dubbi, le parole della Consigliera Mollaroli mi danno ancora più coraggio di rappresentare oggi la massima espressione del welfare regionale, proprio quello della famiglia.
Le critiche lampanti che sono emerse a questo family day, così come è successo anche in qualche altra Regione, ma ribadisco per esempio che la Regione Liguria amministrata dal centro-sinistra ha aderito al family day così come la Lombardia e il Veneto amministrate dal centro-destra, sono in un certo senso utili per poter riaffermare le ragioni del gesto e ricomprendere ancor più radicalmente il senso profondo di questa manifestazione di popolo.
Ribadiamo che il family day intende veicolare un messaggio civile, pubblico, e in ragione di ciò laico, quindi universalmente aperto a tutti coloro che concepiscono la famiglia secondo il dettato della nostra Carta costituzionale, altrimenti avrei auspicato che voi che siete al Governo presentaste una modifica costituzionale per dire che la famiglia non è più quella dell’articolo 29.
Non è un caso che molti intellettuali e politici dichiaratamente laici e agnostici si siano schierati a favore della famiglia e apprezzino un evento così caratterizzato, volto alla restituzione del senso originario dell’istituto naturale e sociale familiare.
Parlavo dell’articolo 29 della Costituzione che è la prova del grande equilibrio sociale della civiltà politica del nostro Paese, è ridondante solo citarlo. Basta soltanto richiamare la continuità con la cultura umanistica e cristiana, fondamento del comune sentire del nostro popolo.
Ci troviamo oggi di fronte ad una urgenza civile, sociale, antropologica e culturale, legata strettamente alla realtà originaria della famiglia. Si tratta di una duplice problematica, insieme politica e antropologica, della strutturazione di una società e di un modus vivendi civile che possa dirsi all’altezza dei bisogni e dei desideri costitutivi dell’uomo e della persona.
Questa manifestazione non è contro nessuno, è per riaffermare il valore della famiglia, non è contro gli uomini e le donne di questo tempo, l’agenda politica deve spostare le priorità dagli assetti politico-istituzionali a quelli antropologici e culturali e infine a quelli sociali.
Questo è il nuovo punto di vista che occorre guadagnare in merito alla priorità famiglia, pena la deriva del costruttivismo antropologico, cioè la moda di dover costruire un altro modello sociale, di dover costruire nuove logiche, della costituzione della nostra società, senza prima aver sperimentato a fondo la validità dell’istituto familiare.
L’assetto teorico e culturale europeo verte su questa evidenza originaria, ancora la centralità della famiglia. La dottrina sociale della Chiesa, debitrice anch’essa, seppure in modalità del tutto particolare di questa storia, ha definito la famiglia la cellula originaria della società. La politica di questo secolo si regge oppure cade proprio su questi terreni cruciali, apparentemente fuori dalla politica ma di fatto intrisi di decisiva politicità. Questo è un dato universalmente condivisibile.
D’altro canto il family day, così come è stato contrastato in questo tempo, è il segnale di un contrasto e di una tensione immanente alla società politica e solo in parte a quella civile.
Stiamo ragionando di cose di cui la società non ha e non vede come contrasto sociale. Come prima il Vicepresidente Agostini affermava per la sicurezza, anche per questo aspetto la politica molte volte cerca di costruire modelli per affermare nuove maggioranze, nuove idealità, nuove situazioni che non hanno nulla a che fare con la sensibilità sociale della nostra società.
Anche chi la contrasta non può non concepire il segno di contraddizione nella sua posizione, iscritto proprio in modo aperto e deciso per rendere ragione soprattutto alla verità.
Ma non basta. La famiglia oggi è in realtà, e lo ribadisco, un welfare in miniatura, non esiste welfare senza la base della famiglia, questo penso che possiamo affermarlo tutti, sia come modo di riproduzione di una civiltà, la nostra, sia come veicolo di una tradizione e di una cultura largamente costitutiva del volto di un popolo.
Una iniziativa decisamente voluta e organizzata da vasti settori della società dovrebbe essere considerata una risorsa e una occasione di riflessione comune e non una divisione.
Ribadisco che questa Regione ha partecipato a manifestazioni per molte altre sensibilità, di varissimo genere, dalle varie marce per la pace ad altro.
Ritengo quindi che questa rientri in una logica di condivisione e di unità della società marchigiana.
Questa è la nostra posizione e su questa ci batteremo fino in fondo.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Brandoni.

Giuliano BRANDONI. Intanto starei alla lettera di questa mozione che non giustifica sicuramente l’impegno a cui viene chiamata la Regione.
Viene detto in premessa che c’è un dibattito in questo Paese sui temi della famiglia. E’ vero, c’è un dibattito, un dibattito serio, importante, un dibattito che dovrebbe in qualche modo misurare le caratteristiche dei tempi, e quanto e come la famiglia, che è un istituto naturale di una società, sia oggi costituita e si costituisce in forme più articolate e diverse di quelle che abbiamo o pensiamo codificate nelle forme della tradizione.
La famiglia è, o dovrebbe essere, un luogo di affetti, di rispetto, di comunicazione.
Il dibattito che viene citato in questa mozione è nato a negare la ricerca di codificare le novità che la società ci propone. Queste riflessione, questo dibattito, in qualche modo viene negato da manifestazioni come quella del 12 maggio.
Tante volte i segni valgono più delle ulteriori enunciazioni, è chiamata “family day”, una forma di sudditanza all’inglesismo ma che ricorda non “giorno della famiglia”, che meriterebbe peraltro rispetto alla musicalità della nostra lingua. Al di là di questo, tale formulazione, family day, ricorda molto le campagne politiche di alcune forze del nostro Paese. Il “no tax day”, la stessa formulazione, le stesse caratteristiche, lo stesso coté, lo stesso versante di negazione della socialità. Forse quella manifestazione è un eterogenesi dei fini, invece di affrontare il dibattito vero che c’è nel nostro Paese sui temi della famiglia, lo nega, lo nasconde.
Quindi la riflessione da molti punti di vista è quella rifiutare questa mozione.
Tra l’altro c’è una sproporzione nella proposta. Non è vero, come si dice, che il gonfalone della Regione marcia sempre e comunque. Il gonfalone della Regione ha partecipato a manifestazioni, ad iniziative che hanno un valore emblematico per la nostra storia, ricordo per esempio il gonfalone della Regione alla strage di Bologna. Non siamo di fronte a vicende di questo tipo, al bisogno e alla necessità. Il gonfalone sfila quando rappresenta il sentimento comune di un territorio e di una popolazione, no quando le manifestazioni come questa servono a dividere e ad evitare il dibattito.
Quindi la premessa stessa di questa mozione ne nega il dispositivo. Un dibattito non si chiude con una manifestazione, un dibattito si chiude con un confronto, con un ascolto, si chiude con una discussione più articolata.
Ho ascoltato con interesse alcuni interventi e alcune affermazioni come quelle fatte dal Consigliere Capponi, mi piacerebbe un ulteriore confronto articolato, anche polemico, ma questa mozione non serve a questo perché ha un carattere strumentale.
Per queste considerazioni il voto di Rifondazione comunista sarà contrario.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Considerazioni telegrafiche perché il dibattito sulla famiglia meriterebbe attenzione, un dibattito che deve essere affrontato in modo serio. Secondo noi la famiglia, come nucleo di primo livello della nostra società, si difende – uso un termine improprio – con politiche sociali appropriate, con fondi per il diritto alla casa, al lavoro, alla famiglia e in primo luogo delle donne.
Un sistema di protezione che deve riguardare tutte le famiglie, sia quelle unite da un vincolo di matrimonio tradizionale in base alle fedi religiose e tutte le altre unioni che nel frattempo sono venute avanti in una società che si è modificata in maniera profonda.
Se si va a vedere il sito della Camera dei Deputati, nel 1979 l’allora Ministro Gava, quando si parlava di nuova riforma del diritto di famiglia, fece un disegno di legge che aveva questo primo capoverso: “Famiglia uguale a unione tra due persone unite da un vincolo affettivo”, non ne specificava le caratteristiche perché già allora i cattolici più avveduti intravedevano un mondo che si modificava.
Questa manifestazione, consigliere Bugaro, ha una caratteristica che divide. Condivido in pieno l’intervento del collega Brandoni, infatti questa manifestazione assume le caratteristiche di scontro sulle diverse forme di famiglia, assume i connotati di una contrapposizione, soprattutto è preoccupante perché viene da quella parte della società che dovrebbe essere più incline al confronto, alla disponibilità e – uso un altro termine improprio – alla tolleranza.
Volete affermare una supremazia ma oggi questa supremazia diventa effimera, uno può portare anche in piazza un tipo di famiglia, ma essa non è rappresentativa di una società che si è modificata.
Cosa bisognerebbe fare? Bisognerebbe, al contrario, dedicare delle serie politiche per tutti i tipi di famiglia, quella tradizionale e quello di tipo più innovativo.
Occorre prendere atto di una società che è cambiata e occorre che ci sia una classe politica all’altezza della situazione, che senza perdere la propria identità, la propria caratteristica e la propria fede, chi ne ha può parlare della fede, ma senza per questo imporre al resto della società il suo punto di vista, perché questo attiene non ad uno Stato laico ma attiene ad un’altra cosa, che è pericolosa e può portare oggi anche ad uno scontro antireligioso.
Pretendere che l’emblema della Regione partecipi, insieme ad una delegazione, ad una manifestazione chiaramente di parte, credo debba essere evitato, ognuno poi può partecipare come meglio crede, ma la Regione, secondo noi, non deve essere impegnata a partecipare ad una manifestazione che divide e non unisce.

PRESIDENTE. Ha la parola la Consigliera Benatti.

Stefania BENATTI. E’ bizzarro vedere, seguendo il lavori di questo Consiglio, forse stanchi da discussioni di ore e ore, come cerchiamo, su una mozione come questa che è di evidente richiamo nazionale, di convincerci facendo finta che il dibattito nazionale non ci sia e quindi facciamo affermazioni come fossero nuove di pacca, dicendo che non è vero che questa manifestazione è improntata con questo carattere.
E’ evidente, a mio giudizio, che quello che possiamo dire è esprimere nei confronti dei cittadini marchigiani da che parte stiamo, non certo dire che carattere avrà la manifestazione del family day, perché questa manifestazione è stata già decisa a livello nazionale, ci sono dei pronunciamenti di partiti, di associazioni e del mondo ecclesiale, come ci sono dei non pronunciamenti come quello del partito in cui io milito. La Margherita non ha riunito un organismo per decidere se aderire ufficialmente proprio perché, come sarà domani il Partito democratico, la Margherita nasce come un partito plurale, quindi le sensibilità sono diverse e su questi temi prevale più la coscienza rispetto agli ordini di scuderia.
Quindi non mi scandalizzo ed è pienamente legittimo che ognuno di noi dica da che parte sta rispetto a questo, non dando a nessuno patenti di altro genere e non dando a nessuno l’autorevolezza delle esegesi, sia dell’iniziativa che dei pronunciamenti più o meno ideologici.
Allora dico da che parte sto, per esempio dalla parte di quelli che leggono i volantini. Sono andata in Chiesa, come faccio tutte le domeniche, ho preso il volantino di invito di questa manifestazione, manifestazione che parte dal mondo ecclesiale. Tra le motivazioni e gli inviti di quel volantino – lo dico per chi non va in Chiesa e non li legge – c’è quello per dire no ai Dico…(interruzione dai banchi: non è vero!)…Come non è vero, la prossima volta porto il volantino, non si può mettere in dubbio la mia onestà intellettuale, ero nella parrocchia di Cesena domenica scorsa… (continua interruzione)…

PRESIDENTE. Per cortesia, Consiglieri, un po’ di rispetto per chi parla.

Stefania BENATTI. Uno delle motivazioni su quel volantino era per dire “no ai Dico”. Sono tra quelli che il volantino lo legge, quindi è inutile che si dica che non è vero, è vero! La manifestazione è nata per quel motivo lì, se non ci fosse stata la proposta di legge del Governo Bindi-Pollastrini probabilmente non ci sarebbe stata.
Altro è fare una raccolta di firme, per esempio io ho firmato quella fatta dal Movimento popolare dei focolarini che ha fatto una proposta di legge, che arriverà tra un po’ di tempo in questa sede del Consiglio regionale, che è rivolta ad avanzare una serie di proposte a favore della famiglia. Quella è una iniziativa promossa lo stesso da una associazione ecclesiale a cui ho dato la mia adesione perché ritengo sia una forma più costruttiva rispetto ad una manifestazione che nasce tra le motivazioni quantomeno più attuali se non prioritarie. Oggi l’Italia è divisa su questo dibattito, e credo che dentro questo Consiglio regionale non possiamo far finta di vedere che si è aperto un dibattito, sicuramente all’interno del mondo politico, ma contemporaneamente anche nella società. Forze più vive della società discutono su questo argomento e non possiamo non vedere o sottacere che su questo argomento si è aperto un dibattito forte anche all’interno della Chiesa, del mondo ecclesiale e dell’associazionismo ecclesiale.
Ognuno di noi poi, rispetto agli ambienti che frequenta, discuterà, io per esempio discuterò all’interno del mondo cattolico a cui voglio continuare a partecipare se non si pone un problema anche di pastorale, delle famiglie dei divorziati, delle famiglie dei separati. La Chiesa deve iniziare a guardare non solo all’affermazione dei diritti ma anche a sostenere le famiglie che si trovano in questa difficoltà, è evidente che queste sono le famiglie che in questo momento hanno più bisogno di un sostegno da parte della comunità ecclesiale.
Ma non è questa la sede per discutere queste cose, però dico che dobbiamo essere rispettosi di tutti, perché dietro a situazioni come quelle dei Dico in qualche caso ci sono dei drammi personali ben chiari.
E’ legittimo che ognuno dica come la società debba svilupparsi, quindi avremo modo nei dibattiti, sia in questa sede ma soprattutto in sede politica nel territorio, di dire come la pensiamo sulla proposta di Governo sui Dico.
Credo che, ed è per questo che voterò contro, come i vescovi hanno detto che è legittimo che il popolo e la comunità ecclesiale partecipino a questa iniziativa – e ben venga che il mondo cattolico faccia sentire anche la critica nei confronti del Governo anche se questa volta il Governo è quello a cui ho dato il mio voto – e hanno detto che vogliono rimanere indietro e far esprimere il popolo senza entrare nell’agone, il mondo politico farebbe bene a guardare, a raccogliere l’insegnamento, magari anche a tirare successivamente le conclusioni vedendo quanta gente partecipa, ma senza immettere in questa manifestazione, che è assolutamente legittima e risponde ad una sensibilità ben presente nel nostro paese, i nostri gonfaloni o le bandiere dei partiti, la stessa presenza di esponenti autorevoli del Governo o del nostro territorio, per non strumentalizzare, per non mettere il cappello o comunque per non creare maggiori divisioni. Quello che dobbiamo portare avanti come mondo politico sono le azioni concrete, non sono i pronunciamenti, Dobbiamo fare delle politiche che siano corrispondenti a quello che diciamo.
Come ultima considerazione sono tra quelli che considerano la testimonianza personale dei valori più importante della proclamazione dei valori negata dai comportamenti.
Credo che su questi argomenti chi andrà in piazza e chi avrà il gonfalone sarebbe opportuno, per me, che avesse nella rispondenza dei comportamenti la prima bandiera. Perché partecipare alla manifestazione contro i Dico e poi si hanno una o più famiglie, o la famiglia tradizionale con “la fidanzata”, non credo sia una cosa che corrisponde a Santa madre Chiesa.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della mozione, richiesta per appello nominale dai Consiglieri Pistarelli, Capponi, Lippi, partendo dalla lettera T.

Michele ALTOMENI. Procedo alla chiama.
Tiberi sì
Viventi assente
Agostini no
Altomeni no
Amagliani no
Badiali no
Benatti no
Binci no
Brandoni no
Brini assente
Bucciarelli no
Bugaro sì
Capponi sì
Castelli sì
Cesaroni assente
Ciriaci assente
Comi assente
D’Anna sì
Donati assente
Favia sì
Giannini no
Giannotti assente
Lippi sì
Luchetti sì
Mammoli no
Massi assente
Mezzolani no
Minardi assente
Mollaroli no
Ortenzi assente
Petrini no
Pistarelli sì
Procaccini no
Ricci no
Rocchi assente
Romagnoli assente
Santori sì
Silvetti sì
Solazzi sì
Spacca assente

(Il Consiglio non approva)

L’Interrogazione n. 727, abbinata a tale mozione, è da intendersi decaduta.

Mozione n. 173
dei Consiglieri Giannini, Brandoni
“Scadenza provvedimento su subcompartimento pesca vongolare”
Votazione sospesa

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la mozione n. 173 dei Consiglieri Giannini, Brandoni.
Ha la parola la Consigliera Giannini.

Sara GIANNINI. Se siete d’accordo rinuncio all’illustrazione e procediamo subito alla votazione.

PRESIDENTE. E’ stato presentato ora un emendamento a firma dell’Assessore Petrini che recita: “Nel primo punto degli impegni sostituire le parole ‘preesistenti e garanti’ con le parole ‘atte a garantire’ “.

Sara GIANNINI. Lo accettiamo.

PRESIDENTE. Allora passiamo alla votazione. Favorevoli…

Giacomo BUGARO. Chiedo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Siamo in sede di votazione.

Giacomo BUGARO. L’ho chiesto prima!

PRESIDENTE. Io l’ho sentita dopo aver aperto la votazione.

Sara GIANNINI. Questa Consigliere Bugaro me la segno! Ne abbiamo approvate tante, voi siete usciti e noi siamo rimasti a discutere, stavamo procedendo al voto…

PRESIDENTE. Scusate Consiglieri, siccome la richiesta della verifica del numero legale l’ho sentita quando avevo già aperto la votazione, si vota.

Giacomo BUGARO. C’era l’emendamento.

PRESIDENTE. Allora, favorevoli, contrari, astenuti.

Il Consiglio approva

L’emendamento è stato votato e questo è il primo voto.

Massimo BINCI. Presidente, effettivamente Bugaro è intervenuto mentre si parlava dell’emendamento, quindi la mozione può essere affrontata tranquillamente in un minuto la prossima volta.

Sara GIANNINI. No, no!

PRESIDENTE. Sentite, per regola, dopo la votazione dell’emendamento il Consigliere Bugaro poteva chiedere il numero legale, prima della votazione finale, però l’emendamento è stato votato e accolto. Consigliere Bugaro chiede la verifica del numero legale?

Giacomo BUGARO. Sì.

Mirco RICCI. Posso rispondere almeno sul piano politico al Consigliere Bugaro?

PRESIDENTE. Non è aperta la discussione, sarà legittimo se ci sarà il numero legale, quindi prima di tutto bisogna fare la verifica.

PRESIDENTE. Consiglieri segretari, per cortesia, procedere alla verifica del numero legale.

Fabio BADIALI. Procedo alla chiama:
Agostini presente
Altomeni assente
Amagliani presente
Badiali presente
Benatti presente
Binci assente
Brandoni presente
Brini assente
Bucciarelli presente
Bugaro presente
Capponi assente
Castelli assente
Cesaroni assente
Ciriaci assente
Comi assente
D’Anna assente
Donati assente
Favia presente
Giannini presente
Giannotti assente
Lippi assente
Luchetti assente
Mammoli presente
Massi assente
Mezzolani presente
Minardi assente
Mollaroli presente
Ortenzi assente
Petrini presente
Pistarelli assente
Procaccini presente
Ricci presente
Rocchi assente
Romagnoli assente
Santori assente
Silvetti assente
Solazzi presente
Spacca assente
Tiberi assente
Viventi assente

PRESIDENTE. Il numero legale non c’è. La seduta è tolta.

La seduta termina alle ore 18,15