Resoconto seduta n.84 del 13/11/2007
SEDUTA N. 84 DEL 13 NOVEMBRE 2007
La seduta inizia alle ore 10,10
Presidenza del Presidente
Raffaele Bucciarelli
Comunicazioni del Presidente
PRESIDENTE. Innanzitutto do il benvenuto alle ragazze e ai ragazzi della scuola secondaria di primo grado Galileo Ferraris di Falconara che sono venuti a far visita al nostro Consiglio regionale.
Do per letto il processo verbale della seduta n. 83 del 6 novembre 2007 il quale, ove non vi siano obiezioni, si intende approvato ai sensi dell’articolo 29 del Regolamento interno.
Sono state presentate le seguenti proposte di legge regionale:
- n. 195, in data 5 novembre 2007, ad iniziativa dei Consiglieri Giannotti, Tiberi, concernente: “Modifiche alla legge regionale 16 gennaio 1995, n. 12 `Ordinamento delle Comunità Montane come modificata dalla legge regionale 28 dicembre 1995, n. 66 e dalla legge regionale 20 giugno 1997, n. 35”, assegnata alla I Commissione in sede referente e al Consiglio delle Autonomie locali ai sensi del comma 4 dell’articolo 11 della legge regionale 10 aprile 2007, n. 4;
- n. 196, in data 6 novembre 2007, ad iniziativa dei Consiglieri Massi, Lippi, Viventi, concernente: “Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 6 luglio 1998, n. 21 “Interventi finanziari per il commercio”, assegnata alla III Commissione in sede referente;
- n. 197, in data 6 novembre 2007, ad iniziativa dei Consiglieri Brandoni, Altomeni, Binci, Procaccini, Benatti, Ortenzi, Mammoli, Mollaroli, concernente: “Modifiche alla legge regionale 27 luglio 1998, n. 22 “Diritti della partoriente, del nuovo o nato e del bambino spedalizzato”, assegnata alla V Commissione in sede referente;
- n. 198, in data 7 novembre 2007, ad iniziativa del Consigliere Castelli, concernente: “Modifiche alla legge regionale 25 gennaio 2005, n. 2 concernente “Norme regionali per l’occupazione, la tutela e la qualità del lavoro”, assegnata alla III Commissione in sede referente.
Sono state presentate, inalata 7 novembre 2007, le seguenti proposte di atto amministrativo:
- n. 70, ad iniziativa della Giunta regionale concernente: “Approvazione variante al piano stralcio di bacino per l’assetto idrogeologico del bacino interregionale dei fiumi Marecchia e Conca (PAI) - Integrazione aree in dissesto a rischio elevato e molto elevato: località Mercato in Comune di Casteldelci (PU), località Ugrigno in Comune di Sant’Agata Feltria (PU), località Boscara in Comune di Maiolo (PU)”, assegnata alla IV Commissione in sede referente;
- n. 71, ad iniziativa della Giunta regionale concernente: Approvazione della integrazione al piano stralcio di bacino per l’assetto idrogeologico del bacino interregionale Marecchia - Conca (PAI) relativa alle fasce del territorio di pertinenza dei corsi d’acqua ad alta vulnerabilità idrogeologica”, assegnata alla IV Commissione in sede referente;
- n. 72, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente: “Approvazione del piano stralcio di bacino per l’assetto idrogeologico del bacino per l’assetto idrogeologico del fiume Tronto (PAI)”, assegnata alla IV Commissione in sede referente;
- n. 73, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente. “Criteri e modalità per l’erogazione di contributi a sostegno della gestione associata intercomunale di funzioni e servizi per il 2007", assegnata alla I Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio.
Sono state presentate le seguenti mozioni:
- n. 220, della Consigliere Mammoli: “Esclusione del “Coro lirico marchigiano Vincenzo Bellini” dalla Lucia di Lammermoor del Teatro Pergolesi di Jesi del novembre 2007;
- n. 221, della Consigliere Mammoli: “Sostegno economico al progetto sperimentale `L’autismo all’università’ - progetto dell’Università di Camerino per l’inserimento di un ragazzo artistico”;
- n. 222, del Consigliere Viventi: “Rincaro del prezzo della benzina”;
- n. 223, del Consigliere D’Anna: “Ventilata chiusura del distaccamento di Polizia Stradale di Fano”;
- n. 224 del Consigliere Castelli: “Crisi di una cartiera di Ascoli Piceno ed inesorabile processo di deindustrializzazione della provincia di Ascoli Piceno”;
- n. 225 dei Consiglieri Capponi, Bugaro, Cesaroni, Ciriaci, D’Anna, Tiberi, Giannotti, Lippi, Massi, Viventi, Silvetti, Castelli: “Programma di sviluppo rurale 2007 - 2013 (Reg. CE 1698/2005). Gestione delle controdeduzioni alle osservazioni UE nell’ambito del negoziato in atto con Commissione Europea”.
Il Presidente della Giunta regionale ha promulgato in data 30 ottobre 2007 il seguente regolamento:
- n. 3 “Attuazione della legge regionale 24 novembre 2004, n. 24 ‘Ordinamento del sistema fieristico regionale”.
Ha chiesto congedo il Consigliere Brini.
Sull’ordine dei lavori
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Massi.
Francesco MASSI GENTILONI SILVERI. Come è stato già accennato alla Conferenza dei Presidenti dei gruppi, come firmatari chiediamo l’anticipazione, subito dopo la parte riguardante le risposte alle interrogazioni, della mozione n. 218 sull’autonomia di Banca Marche.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Pistarelli.
Fabio PISTARELLI. Due questioni che ho già anticipato durante la Conferenza dei Presidenti dei gruppi.
La prima, che anche il collega Massi ha richiesto, è l’impegno che già vi era stato la scorsa settimana di discutere la mozione n. 218 sulla Banca delle Marche. Il sistema creditizio marchigiano è un argomento di discussione e di attenzione di queste ore, di questi giorni, di queste settimane da parte dell’opinione pubblica e dei soggetti interessati, tra questi quindi devono esserci anche le Istituzioni.
La seconda questione che ho sollevato alla Conferenza dei Presidenti dei gruppi, e che vorrei venisse ufficializzata la posizione e l’impegno che l’Assessore Marcolini nella stessa riunione ha espresso, riguarda l’Ersu di Macerata, proprio ieri c’è stata una decisione, a mio avviso grave, di commissariamento dell’Ente. Mi permetto di riferire che l’Assessore Marcolini, o direttamente l’Assessore Ascoli o il Presidente della Giunta, si è impegnato per la prossima seduta a riferire in Aula e quindi poter discutere del punto.
Io ho già oggi gli elementi per discuterne e anche se capisco che la Giunta chiede di poter fare un’istruttoria vorrei comunque che l’impegno venga ufficializzato in questa seduta odierna.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Capponi.
Franco CAPPONI. Soltanto per dire che sostengo l’anticipazione della mozione n. 218 subito dopo le interrogazioni.
PRESIDENTE. La richiesta di anticipazione del Consigliere Massi deve essere votata dal Consiglio. Per quanto riguarda, invece, la richiesta del Consigliere Pistarelli, così come accettato da tutti in sede di Conferenza dei Presidenti dei gruppi consiliari, la prossima seduta del Consiglio, dopo gli atti ispettivi, si aprirà una comunicazione sull’argomento come già richiesto alla Giunta.
Ha la parola il Consigliere Bugaro.
Giacomo BUGARO. Voglio soltanto annunciare che sulla mozione n. 218 presenterò una proposta di risoluzione.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della richiesta del Consigliere Massi di discutere dopo la mezz’ora degli atti ispettivi la mozione n. 218 “Autonomia Banca delle Marche”.
(Il Consiglio approva)
Interrogazione n. 403
del Consigliere Castelli
“Spese per il cofinanziamento regionale del Programma Aree urbane”
Decadenza
PRESIDENTE. L’interrogazione n. 403 del Consigliere Castelli decade per assenza dell’interrogante.
Interrogazione n. 672
del Consigliere Viventi
“Innovazione sistema autotrasporto merci. Potenziamento Intermodalità”
Svolgimento
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 672 del Consigliere Viventi. Per la Giunta risponde l’Assessore Marcolini.
Pietro MARCOLINI. Il Consigliere Viventi ha presentato una interrogazione a risposta orale nella quale, dopo alcune premesse relative al traffico merci ed alle recenti decisioni del Governo in merito ad alcune agevolazioni, interroga la Giunta regionale per conoscere quali azioni, oltre a quelle già attivate, intende mettere in atto affinché il Governo nazionale dia attuazione in maniera esaustiva alle disposizioni della legge n. 265/02, inserendo tra gli interventi da finanziare anche quelli rivolti alla creazione di catene logistiche ed allo sviluppo della intermodalità ed in special modo quella treno-gomma.
Preso atto che l’obiettivo della Giunta regionale è quello di favorire in ogni modo l’intermodalità del trasporto merci limitando, per quanto possibile, il ricorso al trasporto su gomma a favore dei vettori ferrovie e nave, allo stato attuale l’Interporto non essendo ancora in grado di svolgere ancora le sue funzioni in quanto non completo degli allacci ferroviari e stradali, si ritiene possibile per adesso intervenire soltanto sul traffico per ridurre la quantità di trasporto su gomma da e per il porto cercando di operare per far si che quota parte dei trailers e dei containers scaricati e caricati per i porti greci e per il resto del Mediterraneo sia immessa sulla rete nazionale via ferrovia per essere poi inviata negli interporti o nei porti di destinazione.
PRESIDENTE. Consiglieri, per cortesia, non vorrei interrompere la vostra riunione, ma dobbiamo decidere, o continuate la riunione voi o continuiamo la seduta del Consiglio!
Prego Assessore.
Pietro MARCOLINI. Per ottenere tale risultato è necessario organizzare un’apposita area di carico e scarico nei pressi del porto, servita da binari ferroviari e gestita da un operatore che abbia a disposizione locomotori e pianali ribassati atti a comporre treni bloccati da inviare a destinazione.
Vorrei segnalare come insieme al Comune siamo riusciti a evitare le radicazioni dei binari dalla zona portuale, cosa che era in procinto di essere drammaticamente realizzata.
Abbiamo mantenuto attivo il collegamento con la stazione marittima, altro elemento che era in discussione soltanto fino a pochi mesi fa.
Poiché sono state individuate dall’Autorità portuale di Ancona sostanzialmente due direttrici forti utilizzate dai trasportatori su gomma, l’una in direzione Francia e Spagna del Sud, l’altra in direzione del Centro Europa – in particolare Germania e Olanda, riorientatori del grande traffico soprattutto su merci – è possibile per tali direttrici ipotizzare la formazione di treni blocco che permettano il recapito dei carichi a destinazione al posto dell’utilizzo del solo vettore su gomma.
In tale direzione si sta orientando la Regione Marche cioè per promuovere la formazione di treni bloccati lungo le direttrici indicate, da comporre nell’area dello Scalo Marotti attualmente sotto utilizzato.
A questo scopo si stanno contattando le Regioni vicine, soprattutto l’Umbria ma anche l’Emilia Romagna e l’Abruzzo. Voglio rilevare che nel rinnovo degli organismi dell’Interporto l’amministratore di Sviluppo-Umbria è stato nominato vicepresidente dell’Interporto, che segnala una intesa che guarda in prospettiva e non si ferma all’oggi. Quindi, dicevo, rapporti rapporto con le Regioni vicine e gli operatori legati agli armatori che operano nell’Adriatico e nel Tirreno perché insieme ad alcuni gestori ferroviari si possa verificare la fattibilità di un collegamento via terra tra la sponda Adriatica ed il porto di Civitavecchia, che era la vecchia idea che riguardava anche materiale energetico, quindi collegare l’Adriatico e il Tirreno. Questo ci consentirebbe di guardare con maggiori possibilità ai collegamenti con le piattaforme logistiche del Centro Nord Europa.
Voglio ricordare, infine, che con la collega Pistelli si sta predisponendo un progetto nell’ambito del Programma Marco Polo 2 per ottenere un apposito finanziamento europeo che consenta di assistere economicamente gli operatori della gomma che faranno questa scelta.
Indubbiamente la vicenda ex Cemim ha costituito un’ipoteca per il pieno sviluppo dell’Interporto. Fortunatamente quella vicenda è alle spalle, anche da un punto di vista della gestione fallimentare sono state trovate delle soluzioni che sbloccano questa reciproca neutralizzazione sul versante giudiziario e ci fanno sperare che il piano programma adottato dall’Interporto in collegamento con il porto e l’aeroporto possano dare corpo finalmente all’unica piattaforma logistica regionale che collega, appunto, le modalità ferro, gomma e aria con una valenza di carattere nazionale.
PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Viventi.
Luigi VIVENTI. Ringrazio l’Assessore Marcolini per le informazioni che ha fornito in merito a questa interrogazione. L’unica cosa che non ho capito e che chiedevo nell’interrogazione è se per i finanziamenti previsti dal decreto del 2006, attuativo della legge del 2002, destinati verso le cosiddette autostrade del mare quindi verso le rotte esistenti, quelle cioè verso il Tirreno, la Giunta regionale è riuscita far sì che venissero dirottati verso l’Adriatico e non solo per il Tirreno.
Pietro MARCOLINI. Abbiamo avuto contatti sia con il Ministro Bianchi che con il suo staff, ci è stata dichiarata un’attenzione anche dal sottosegretario De Piccoli, stiamo cercando di dirottare – come lei dice – le risorse verso l’Adriatico.
Luigi VIVENTI. Questa è la sostanza dell’interrogazione. Grazie.
Interrogazione n. 815
del Consigliere Procaccini
“Crisi ditta di Osimo”
Rinvio
PRESIDENTE. L’interrogazione n. 815 del Consigliere Procaccini è rinviata per assenza dell’Assessore competente.
Interrogazione n. 730
dei Consiglieri Santori, Capponi
“Stato di attuazione delle politiche regionali della sicurezza dei cittadini e della integrazione dei soggetti Rom ed extracomunitari”
Rinvio
PRESIDENTE. L’interrogazione n. 730 dei Consiglieri Santori, Capponi è rinviata per assenza dell’Assessore competente.
Interrogazione n. 404
del Consigliere Castelli
“Adeguamento e ristrutturazione Rsa di Filottrano”
Interrogazione n. 405
del Consigliere Castelli
“Ristrutturazione e adeguamento Rsa in Comune di Corinaldo”
Interrogazione n. 406
del Consigliere Castelli
“Realizzazione R.S.A. n. 20 posti letto in comune di Fossombrone”
Interrogazione n. 407
del Consigliere Castelli
“R.S.A. per disabili presso l’Ospedale Muzio Gallo di Osimo”
(abbinate)
Svolgimento
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca le interrogazioni n. 404, 405, 406, 407 del Consigliere Castelli, abbinate. Per la Giunta risponde l’Assessore Mezzolani.
Almerino MEZZOLANI. Per rispondere alle richieste del Consigliere Castelli si riepilogano di seguito gli elementi più salienti, che riguardano lo sviluppo dell’intervento per la ristrutturazione dell’Rsa di Filottrano, acquisiti in collaborazione con la p.f. “Demanio idrico, porti, lavori pubblici, edilizia sanitaria ed ospedaliera “ che condivide con il Servizio salute la competenza in materia.
L’opera era ed è prevista nell’ambito della 2 della fase del Programma straordinario di investimenti in campo sanitario finanziato ai sensi dell’articolo 20 della legge n. 67/88.
Il progetto esecutivo è stato approvato dal dirigente del Servizio lavori pubblici e urbanistica il 10 febbraio 2004 per un importo complessivo di € 619.748,27 di cui € 588.760,87 a carico dello Stato, ammesso a finanziamento dal Ministero della salute con decreto del 9.03.2004.
I lavori sono stati aggiudicati e sono proseguiti fino al IV stato di avanzamento a tutto il 31 ottobre 2006; con decreto n. 420 del Servizio lavori pubblici del 21 dicembre 2006 è stata approvata una perizia di variante.
L’ultimo pagamento utile per liquidare le spese tecniche risulta essere stata effettuato ad aprile 2007. Successivamente il contratto è stato rescisso dalla stazione appaltante per gravi inadempimenti contrattuali e nel mese di luglio 2007 è stata valutata la consistenza dei lavori eseguiti prima dell’abbandono del cantiere da parte dell’impresa aggiudicataria cui ha fatto seguito, nel mese di agosto, la comunicazione di fallimento della medesima da parte del curatore fallimentare.
Attualmente è in via di completamento la predisposizione di una perizia tecnica che dovrà essere sottoposta all’approvazione del competente organo regionale per consentire il riappalto dei lavori che potrebbe avvenire entro la fine del corrente anno.
Per quanto riguarda i lavori strutturazione ed adeguamento della Rsa di Corinaldo, l’intervento era anch’esso previsto nell’ambito della seconda fase del Programma straordinario di investimenti in campo sanitario finanziato ai sensi dell’articolo 20 della legge n. 67/88.
Il progetto esecutivo è stato approvato dal dirigente del Servizio lavori pubblici e urbanistica il 24 ottobre 2003 per un importo complessivo di € 1.549.370,70 di cui € 1.471.902,16 a carico dello Stato, ammesso a finanziamento dal Ministero della Salute con decreto del 11 novembre 2003.
I lavori sono stati aggiudicati in data 28 gennaio 2004 e regolarmente consegnati all’impresa aggiudicataria in data 28 aprile 2004, quindi nel pieno rispetto dei tempi previsti dalla normativa vigente (che prevede l’aggiudicazione dell’appalto entro 270 giorni dalla data di ammissione a finanziamento del contratto entro 60 giorni dalla data di ammissione a finanziamento, la firma del contratto entro 60 giorni dalla data di aggiudicazione dell’appalto e la consegna dei lavori entro 45 giorni dalla data di stipula del contratto).
PRESIDENTE Mi scusi Assessore. Consiglieri rinnovo l’invito, non so più in quale lingua devo dirlo, ma se continuate a parlare l’interrogante non riesce a sentire la risposta dell’Assessore.
Almerino MEZZOLANI. Il 5 ottobre 2005 la Zona territoriale n. 4 dell’Asur ha presentato per la necessaria approvazione un progetto di completamento, finanziato con il ribasso d’asta ottenuto sull’appalto principale, per il rifacimento parziale della copertura; in corso d’istruttoria si rilevava l’esistenza di una variante progettuale mai approvata dagli organi competenti che, pertanto, è stata esaminata e regolarmente approvata dal Servizio lavori pubblici il 29 dicembre 2005.
Nel mese di maggio, perché poi c’è un aggiornamento, la realizzazione dell’opera risultava procedere regolarmente; la data di ultimazione dei lavori prevista originariamente per il 19 ottobre 2005 è slittata per effetto dei giorni di sospensione, dovuti in gran parte alla redazione della variante e dei giorni di proroga previsti per l’esecuzione della variante medesima.
Per quanto riguarda l’utilizzo del finanziamento assegnato a marzo risultava emesso il IV stato di avanzamento lavori per un totale di € 494.732,89 pari al 47,56% dell’importo di contratto.
Ad integrazione di questa documentazione si comunica che allo stato attuale i lavori relativi alla Rsa di Corinaldo risultano eseguiti per circa il 92% con l’emissione del VII stato di avanzamento lavori al settembre u.s..
Per quanto riguarda l’Rsa nel Comune di Fossombrone, l’intervento previsto nell’ambito della seconda fase del Programma straordinario di investimenti in campo sanitario finanziato ai sensi dell’articolo 20 della legge n. 67/88, è stato ammesso a finanziamento dal Ministero della salute il 10 ottobre 2003. La realizzazione dell’opera non ha avuto seguito in quanto il direttore generale dell’Azienda sanitaria unica regionale, con nota prot. n. 2849 del 4 agosto 2004, ha comunicato di non considerare più utile la realizzazione della struttura proponendone la sostituzione con intervento analogo in altra sede; la carenza di elementi certi di riferimento non ha successivamente consentito di procedere alla modifica dell’accordo di programma.
Il finanziamento assegnato per la realizzazione dell’opera è stato successivamente revocato dal Ministero della salute in applicazione del comma 310 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Legge Finanziaria per il 2006) e allo stato delle cose questo finanziamento verrà rimodulato dentro il nuovo accordo di programma in relazione con le esigenze che nel momento si sono determinate.
Pertanto alla luce di questo non si ravvede, come dichiarato dal Consigliere Castelli, l’ipotesi di danno erariale in quanto il finanziamento revocato permane nella piena disponibilità della Regione che nell’ambito della prosecuzione del Programma di investimenti ha la piena possibilità di riproporne l’utilizzo anche alla luce del quadro di riferimento complessivo venutosi a determinare con la recente approvazione del nuovo Piano sanitario regionale; sono attualmente in corso presso il Servizio salute, in collaborazione con le direzioni aziendali, le opportune valutazioni degli elementi istruttori necessari per la definizione di un nuovo Programma di investimenti aggiornato in tal senso. Quindi il finanziamento verrà riutilizzato in altro modo.
Per quanto riguarda l’Rsa disabili presso l’Ospedale Muzio Gallo di Osimo l’intervento era previsto anche questo nell’ambito della seconda fase del Programma straordinario di investimenti in campo sanitario finanziato ai sensi dell’articolo 20 della legge n. 67/88.
Il progetto esecutivo è stato approvato dal dirigente del servizio lavori pubblici e urbanistica il 19 maggio 2003 per un importo complessivo di € 10.426.235,85 di cui € 7.248.111,06 a carico dello Stato, ammesso a finanziamento dal Ministero della salute con decreto del 9.07.2003.
I lavori sono stati aggiudicati in data 22 dicembre 2003 e la firma del contratto è avvenuta in data 18 febbraio 2004, quindi nel pieno rispetto dei tempi previsti dalla normativa vigente che prevede l’aggiudicazione dell’appalto entro 270 giorni dalla data di ammissione a finanziamento, la firma del contratto entro 60 giorni dalla data di aggiudicazione dell’appalto e la consegna dei lavori entro 45 giorni dalla data di stipula del contratto.
La realizzazione dell’opera ha proceduto regolarmente fino all’emissione del 1° stato di avanzamento lavori, eseguiti a tutto il 26 ottobre 2004, per un importo di € 422.336,40 pari al 7,16 % dell’importo di contratto.
In data 11 aprile 2005 con determina n. 87 il direttore della Zona n. 7 dell’Asur si decideva di risolvere in danno, per grave inadempimento contrattuale, il contratto di appalto che, tra l’altro, disciplinava non solo i lavori di realizzazione del 2° lotto – oggetto della presente interrogazione –, ma anche quelli di completamento del 1° lotto della struttura; con il medesimo provvedimento il direttore dava anche atto che si provvedeva con successivo e separato atto all’approvazione di una perizia dei lavori da realizzare al fine di completare l’opera e che, successivamente, si procederà a norma di legge all’indizione di una nuova gara di appalto.
Ad integrazione della suddetta comunicazione ci sono anche altri passaggi.
Con determina n. 996 del 15 dicembre 2006 il direttore generale dell’Asur ha approvato l’aggiornamento del progetto di completamento del primo lotto e di realizzazione del secondo lotto, il cui quadro economico complessivo risulta variato a seguito della modifica ed integrazione dell’atto di concessione d’uso della struttura alla Lega del Filo d’oro come segue: € 12.811.763,94 di cui € 6.684.804,85 a carico dello Stato, € 351.858,69 a carico del Bilancio regionale, € 1.344.008,17 quale autofinanziamento aziendale e € 4.500.000,00 quale apporto della Lega del Filo d’oro.
In base al nuovo atto di concessione, pertanto, la Lega del Filo d’oro modifica da € 1.462.609,91 a € 4.500.000,00 il proprio apporto finanziario che sarà interamente recuperato dal medesimo Ente nell’arco di vigenza della convenzione stipulata con l’Asur.
Il progetto esecutivo di completamento è stato approvato dal competente Servizio regionale il 26 giugno 2007 ed attualmente è in corso la procedura per la gara di appalto che a termini di legge deve essere indetta a livello europeo in quanto l’importo dei lavori supera i 5 milioni di euro.
Nel frattempo, e precisamente in data 29 gennaio 2007, l’apposita Commissione ha completato il collaudo tecnico-amministrativo della consistenza dei lavori eseguiti prima dell’abbandono del cantiere da parte dell’impresa aggiudicataria e con la conseguente valutazione dei danni subìti dalla stazione appaltante.
PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Castelli che per la replica ha dieci minuti. Presidente Capponi, rinnovo l’invito al gruppo di Forza Italia, che oggi mi sembra abbastanza agitato, a prestare attenzione ai lavori del Consiglio.
Guido CASTELLI. Mi auguro che il gruppo di Forza Italia, a cui va tutta la mia simpatia, possa organizzare tutta la sua vitalità in maniera tale che io possa parlare delle Rsa.
In questi periodi è noto come da parte della cosiddetta società civile si alzino delle perplessità nei confronti del sistema politico e istituzionale in genere. Fra le tante ragioni che determinano il distacco tra la società e le istituzioni vi è la tematica degli sprechi, la tematica dei costi, ma anche la tematica delle lungaggini, dei ritardi, che è una tematica che spesso non viene conosciuta, ma che pure rappresenta uno degli snodi fondamentali per capire le ragioni che hanno indotto ad una certa divisione tra quello che il comune sentire della gente comune e quello che è, invece, il sistema della classe dirigente politica italiana.
Ho portato all’attenzione di questo Consiglio regionale quattro casi che credo possano essere affrontati e letti proprio alla luce di questa mia considerazione iniziale.
Quale è stato l’elemento che mi ha indotto ad interrogare l’Assessore alla sanità sulle vicende inerenti le Rsa di Filottrano, Corinaldo, Fossombrone e Osimo? E’ il fatto che io mi sono accorto che dopo anni dallo stanziamento, quindi dalla effettiva presa in carico delle possibilità economiche utili a realizzare queste Rsa, poco o nulla risulta concretamente realizzato di quelle infrastrutture destinate al ricovero degli anziani. Ecco perché ho ritenuto particolarmente necessario chiedere conto delle ragioni che hanno indotto questi ritardi, tali – lo ha appena detto l’Assessore Mezzolani – da determinare addirittura la revoca del finanziamento.
Questo corto circuito che spesso riguarda le pubbliche amministrazioni e spessissimo la Regione Marche, porta probabilmente tanta parte della nostra società marchigiana a non capire come si possa, ad esempio, pretendere l’aumento della stessa benzina – è il caso di qualche giorno fa – quando poi le risorse che vengono attinte dalle tasche del consumatore, in questo caso dall’automobilista, non trovano una rapida concretizzazione.
Ecco dunque che per parlare dell’edificio citato in riferimento anche alla Lega del Filo d’oro ci è sembrato obiettivamente strano che di quei 14 miliardi di vecchie lire alla data di maggio 2006 non erano stati utilizzati il 90% di quei fondi.
Credo che questo sia un aspetto che per quanto riguarda la sanità marchigiana meriti un’attenzione particolare.
Sappiamo anche che la Regione fu punita dalla Finanziaria del 2005 che arrivò addirittura a revocare 160 milioni di euro, quindi 340 miliardi non utilizzati, peraltro nello stesso momento in cui vengono lanciati gli allarmi circa l’insufficienza delle risorse, la carenza dei denari per alimentare il nostro Servizio sanitario regionale. Quindi un vero e proprio paradosso che porta i soldi effettivamente giacenti a non essere utilizzati e i soldi necessari per fare altri interventi e quindi poter finanziarie altre attività nel mondo sanitario a non essere presenti.
Credo che da questo punto di vista sia assolutamente necessario che l’efficienza e l’efficacia del Servizio sanitario regionale e più in generale della Regione Marche costituiscano il primo punto di una riflessione certa, sicura e determinata perché, secondo me, è scandaloso che non vengano utilizzati soldi che lo Stato ci assegna per avanzare in quei progetti che comunque afferiscono anche alla problematica della non autosufficienza.
Vedo passare davanti a me il Presidente della V Commissione che da sempre prende in considerazione questa problematica con il piglio e la convinzione che gli deriva anche dal suo passato di sindacalista, sa bene anche lui che la vicenda della mancata utilizzazione delle risorse sanitarie rappresenta una delle pagine che maggiormente determina l’opportunità di un rossore nelle gote dei nostri membri della Giunta regionale.
Tra l’altro qualche mese fa l’Assessore Mezzolani con la giusta enfasi annunciò il fatto di aver recuperato quei famosi 160 milioni di vecchie lire che nel frattempo ci erano stati tolti per l’inefficienza del sistema. Da lì questo annuncio e una serie di procedure e di riunioni che vennero convocate dal direttore dell’Asur e dallo stesso dirigente del Servizio che dovevano stabilire il nuovo piano di utilizzo di questo denaro. Nelle nostre zone territoriali giacciono – è il caso di usare nuovamente questo verbo – tanti progetti rispetto ai quali gli stessi direttori non sanno benissimo che tipo di destino pensare o ipotizzare.
Il 10 maggio 2007, Presidente Luchetti, i direttori di Zona vennero convocati proprio perché dovevano prendere in esame l’elenco di tutti i progetti giacenti rispetto ai quali si trattava di valutare con esattezza, precisione e realismo quali fossero da aggiornare per poi essere portati a finanziamento.
Nella seconda stesura del Piano sanitario nella parte finale – come è noto ne ha avute quattro – venne enucleata una proposta – non so se ve la ricordate – dove si ipotizzavano addirittura investimenti per 330 milioni di euro di cui 210 di pertinenza Asur, quindi Azienda territoriale sanitaria, e 120 delle Aziende ospedaliere. Si vide bene di fare una grande raccolta di tutto il passato, dalla Piramide di Cheope al Circo Massimo, per arrivare poi al Muzio Gallo di Osimo, in cui si volle descrivere lo stato dell’arte. Quindi tanti direttori di Zona si avvicinarono positivamente rispetto a quell’elenco e vennero, dopo che l’elenco venne espunto dalla quarta versione del Piano sanitario, convocati all’ultima riunione del 31 luglio di cui recano traccia e mappe interne all’Asur. Ovvero entro il 31 luglio si doveva procedere con un deciso passo in avanti per stabilire quali infrastrutture realizzare sulla base delle risorse effettivamente disponibili, cioè quali opere tornare a credere necessarie per il nostro servizio.
Da quel 31 luglio non si è saputo più niente, la nebbia è più fitta che mai, una vera coltre fumogena ha di nuovo avvolto le stanze dell’Asur che ci hanno recentemente anche resi edotti di altre problematiche riguardanti questa ormai eterna diffida che sta costellando il Sistema sanitario regionale tra il direttore dell’Asur Maluccelli, i direttori di Zona e tutta questa grande confusione che sta dominando il nostro Servizio sanitario regionale.
Morale, caro Assessore Mezzolani, è che i ritardi non sono ascrivibili alla sua gestione, lei probabilmente dovrebbe essere considerato il vero e proprio cireneo della Regione Marche, ma questo giudizio benevolo, che in genere io le riconosco, verrà meno perché ormai da un po’ di tempo galoppa la nuova stagione.
La stagione dei Ruta e dei Maluccelli è iniziata l’anno scorso ed io la diffido ormai ad invocare il passato per giustificare certi ritardi, ormai dopo un anno lei perde il bonus di scusanti e di giustificazioni che derivano dal fatto che lei è l’Assessore sopraggiunto. Dunque ormai lei è l’Assessore pienamente responsabile della gestione Maluccelli e Ruta che anche da questo punto di vista sembra fare acqua da tutte le parti.
Il 30 novembre è vicino, termine entro il quale la Giunta regionale dovrà depositare la proposta organica di riforma del sistema; la attendiamo, caro Assessore, e dal 1° dicembre Alleanza Nazionale scenderà in piazza per rendere informati tutti i cittadini marchigiani di quali stasi ed inerzie la vedono responsabile in quello che non esitiamo a definire il tracollo del Servizio sanitario regionale.
Interrogazione n. 878
dei Consiglieri Procaccini, Brandoni, Binci
“Chiusura di una cartiera di Ascoli Piceno”
Interrogazione n. 889
del Consigliere Castelli
“Crisi Ahlstrom ed inesorabile processo di deindustrializzazione della provincia di Ascoli Piceno”
Interrogazione n. 890
del Consigliere Rocchi
“Grave situazione occupazionale nell’ascolano determinatasi a seguito di progressivi processi di deindustrializzazione in atto”
(abbinate)
Svolgimento
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 878 dei Consiglieri Procaccini, Brandoni, Binci, alla quale vengono abbinate anche le interrogazioni n. 890 del Consigliere Rocchi e n. 889 del Consigliere Castelli che sono state presentate dopo l’invio dell’ordine del giorno. Invece, la mozione n. 224, sempre di argomento identico, verrà iscritta all’ordine del giorno così come previsto dal regolamento.
Per la Giunta risponde l’Assessore Ascoli.
Ugo ASCOLI. Nelle interrogazioni ci sono due problematiche diverse da affrontare, una è la situazione della azienda Ahlstrom e l’altra che è sì correlata a questa, ma che ha anche altre motivazioni riguardante l’economia del territorio piceno, intendendosi con questo soprattutto la parte meridionale della provincia attuale di Ascoli Piceno.
La Ahlstrom è una società internazionale leader nella produzione di materiali ad alte prestazioni a base di fibre e serve mercati in tutto il mondo. Le soluzioni sono utilizzate in una ampia gamma di prodotti di uso quotidiano per l’ambiente, la sanità, i trasporti, gli imballaggi, la casa e l’ufficio. Con sede ad Helsinki, quotata in Borsa nella capitale finlandese, è divisa in cinque business area e ha circa 6.500 dipendenti.
Compete in un mercato globale di dimensioni mondiali attraversato da una crisi del settore cartario determinata dagli elevati costi energetici e delle materie prime.
In particolare, il comparto delle carte speciali ha risentito, oltre che ai fenomeni sopra indicati, di numerose criticità quali un sistema di estrema competizione sui prezzi di vendita, l’aumento del costo delle materie prime (cellulosa e prodotti chimici) e dell’energia.
Per fronteggiare ciò il gruppo Ahlstrom ha maturato la decisione di focalizzare gli investimenti e le acquisizioni su business che garantiscono maggiore sostenibilità a lungo termine.
La produzione di Ahlstrom Turin Spa, quella che opera in Italia, si articola in tre comparti:
- Release & Label Papers in Mathi (TO) produce carte base da siliconare;
- Filtration in Mathi (TO) produce media filtranti destinati principalmente al comparto automobilistico;
- Coated One Side in Ascoli Piceno produce carte grafiche per l’imballaggio flessibile.
Nello stabilimento di Mathi (TO), al fine di salvaguardare la propria posizione sul mercato, la Società ha implementato una serie di azioni volte alla riduzione di costi fissi e al massimo utilizzo degli impianti, attraverso l’adeguamento della struttura aziendale e dei modelli gestionali. In data 30 ottobre 2007 con lettera raccomandata agli Enti e alle Strutture previste per legge la Ahlstrom avviava le procedura di mobilità ex articoli 4 e 24 legge n. 223/91 per n. 195 lavoratori di cui n. 43 impiegati e n. 148 operai, n. 1 quadro e n. 3 dirigenti dello stabilimento di Ascoli Piceno, con conseguente chiusura dello stabilimento stesso.
Oltre a quanto sopra specificato, vengono indicate anche le motivazioni che seguono.
Lo stabilimento di Ascoli Piceno ha registrato nell’ultimo triennio risultati negativi di bilancio:
- 2006: fatturato € 69.437.000,00, con decremento del 2,0 % sull’anno precedente con risultato operativo negativo per € 781.000,00;
- 2005: fatturato € 70.837.000,00 con incremento del 14,0 % sull’anno precedente dovuto in parte ad un provento straordinario cioè il ripristino del valore delle immobilizzazioni per € 3.983.000,00;
- 2004: fatturato € 62.094.000,00 con incremento del 3,0 % sull’anno precedente;
Tali risultati hanno pesato in maniera rilevante sul bilancio complessivo dell’azienda considerando che:
- nel 2005 le tonnellate vendute sono state pari a 81.886, nel 2006 pari a 75.576 e il venduto nell’anno corrente (fino al 30 settembre) è stato di 57.367 tonnellate;
- il gross margin nel 2005 è stato di € 20.325.000,00, nel 2006 di € 17.433.000,00 e nell’anno in corso (fino al 30 settembre) di € 12.608.000,00;
- l’Ebit, ante imposte, nel 2005 è stato di € 6.244.000,00, comprensivo del valore delle immobilizzazioni di cui al punto precedente, nel 2006 è stato negativo per 1.493.000,00 e nell’anno in corso (fino al 30 settembre) negativo per € 689.000,00;
Nel corso degli ultimi anni la Società ha operato numerosi investimenti nello stabilimento di Ascoli Piceno allo scopo di ottimizzare il processo produttivo, rendere gli impianti più efficienti e diversificare e aumentare le tipologie di carta prodotte. Nonostante ciò e a fronte della criticità determinata dall’impossibilità di comprimere ulteriormente i costi fissi e dell’aggravarsi della crisi del mercato le situazioni non sono migliorate.
La quotazione dei prezzi è eccessivamente elevata rispetto alle aspettative dei clienti, l’impossibilità di proporsi con offerte competitive sul mercato non consentono di prevedere per lo stabilimento di Ascoli Piceno alcuna possibilità di ripresa. I motivi tecnici, organizzativi e produttivi per i quali si ritiene di non poter fare ricorso a strumenti alternativi per evitare la mobilità e di conseguenza la cessazione della produzione sono i seguenti:
- la crisi in cui versa lo stabilimento di Ascoli Piceno ha natura strutturale e non congiunturale;
- la progressiva perdita di commesse;
- la mancanza di sufficienti nuove commesse acquisibili e idonee per tipologia e volumi per consentire un conveniente utilizzo dello stabilimento di Ascoli Piceno;
- la mancanza di una concreta possibilità di riportare, stanti i costi di produzione, lo stabilimento di Ascoli Piceno a livello di redditività.
Fin qui l’analisi dell’azienda, ora concludo con la procedura di mobilità.
E’ disciplinata dalla legge n. 223/91, avviata dall’azienda in data 30 ottobre 2007 consiste in una prima fase dove le OO.SS. hanno facoltà di avviare, entro 7 giorni dalla data di ricevimento della comunicazione, l’esame congiunto per esaminare le cause dell’eccedenza e la possibilità di utilizzazione diversa del personale al fine di attenuare sul piano sociale le conseguenze dell’eccedenza. In tal modo si instaura la procedura sindacale che deve esaurirsi entro complessivi 45 giorni.
La Regione sta aspettando che si concluda questa fase che ha la durata di 30 giorni, convocherà le parti per tentare la conciliazione della controversia anche formulando proposte per la realizzazione di un accordo che preveda l’uso di altri strumenti di ammortizzatori sociali.
La Regione farà ogni possibile sforzo per utilizzare nel modo più efficace tutto il periodo accordato dalla legge, esplorando qualunque possibilità di raggiungere un accordo tra le parti sociali finché esista una pur minima prospettiva di esito positivo della mediazione.
Tuttavia, e qui vengo alla seconda parte, questa situazione della Ahlstrom è un’ulteriore questione che si aggiunge ad altre che hanno già interessato questo tessuto sociale-economico della provincia di Ascoli Piceno, in questa area c’è una perdita di produttività complessiva, c’è una crisi strisciante nel settore agro-alimentare e dei grandi gruppi multinazionali che si sono collocati in questa area nei decenni passati.
Quindi siamo consapevoli, e come Giunta ne abbiamo già discusso, che ci sia una specificità economica da prendere in considerazione per questa parte della nostra provincia e stiamo valutando azioni e misure che possano, nell’ambito della programmazione complessiva della Regione, realizzare concreti programmi per migliorare l’attività occupazionale di questa provincia.
Contemporaneamente partecipiamo già al tavolo che ha insediato la Provincia di Ascoli Piceno sull’economia e sulla produzione della stessa provincia e stiamo valutando insieme quelle misure che sul fronte delle politiche attive del lavoro possano migliorare la situazione.
Ricordo, a dimostrazione che la crisi è seria e strutturale, che è l’unica provincia nella nostra regione che vede aumentare anche il tasso Istat ufficiale di disoccupazione femminile, nelle altre tre province, invece, il tasso è diminuito.
Questo è l’indicatore delle ulteriori difficoltà che ci sono, così come c’è, notoriamente, una maggiore proporzione di persone disoccupate con diploma e con laurea.
Ci troviamo di fronte ad un problema grave che la Giunta non intende sottovalutare. Affronteremo la questione con una serie di strumenti che vanno dalle politiche infrastrutturali, alle politiche dell’industria, dell’innovazione e del lavoro, e valuteremo anche se c’è la possibilità, come si chiede nell’interrogazione presentata dal Consigliere Rocchi, di estendere a questa parte della nostra regione alcune misure, come quelle pensate per le regioni meridionali, al fine di consentire un’ulteriore boccata di ossigeno per questa provincia.
Quindi l’impegno della Regione è massimo, gli strumenti sono molti, però non possiamo pensare nel brevissimo termine di invertire la situazione in quanto si tratta di crisi strutturale dovuta al fatto che questa provincia è l’unica zona delle Marche che ha avuto una sua atipicità nello sviluppo economico basato sul fatto che c’era, come noto, la Cassa del Mezzogiorno e questo aveva favorito l’insediamento di grandi gruppi industriali e di multinazionali e che, ahimé, si stanno progressivamente ritirando per effetto dei processi di globalizzazione.
C’è in atto un confronto anche con le forze sociali, informeremo il Consiglio dei passi che stiamo facendo e dei progressi, che speriamo di fare insieme alle altre istituzioni locali, per migliorare la situazione della provincia.
PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Procaccini.
Cesare PROCACCINI. Ringrazio l’Assessore Ascoli, ma in realtà siamo di fronte nel sud delle Marche ad una crisi strutturale che ha bisogno di un intervento complessivo.
Non sarebbe male che il Consiglio regionale dedicasse una sessione specifica sulle possibilità dello sviluppo della nostra regione ed in particolare della provinciali di Ascoli che ha bisogno di una modificazione sostanziale del proprio modello di sviluppo.
Le competenze regionali sono scarse in termini di risorse, tuttavia l’indirizzo politico può essere all’altezza della situazione nei diversi settori, da quello manifatturiero, a quello del turismo, del mare e della cultura.
Nella provincia di Ascoli in generale occorre recuperare una unitarietà regionale all’interno di una visione nazionale ed europea della regione Marche.
Discutiamo della vertenza della chiusura o della possibile vendita della cartiera multinazionale Ahlstrom che nel suo gruppo unitario ha quasi 7 mila lavoratori, e parliamo della cartiera di Ascoli Piceno di licenziamenti di 200 persone.
Intanto vogliamo esprimere la solidarietà ai lavoratori in lotta per il proprio posto di lavoro e anche il sostegno alle Organizzazioni sindacali che sono al lavoro per cercare di recuperare una situazione che in larga parte è compromessa.
Questa situazione avviene in un contesto dove in meno di un triennio la provincia di Ascoli Piceno ha perso 10 mila posti di lavoro in tutti i settori, dal calzaturiero, all’agricoltura e all’alimentare. Negli ultimi mesi si annunciano altre chiusure, oltre ad Ahlstrom con 200 posti di lavoro, la Slg Carbon, altra multinazionale, con 150 posti di lavoro.
Il problema delle politiche attive regionali vanno nella necessità di essere riconvertite, in primo luogo con un sostegno alle imprese che dia garanzia di contratti a lungo termine e poi, soprattutto, di vedere – di prenderne atto, come diceva l’Assessore Ascoli – se l’impegno istituzionale della Regione Marche può servire ad orientare un diverso modello di sviluppo, a creare ed allargare un ammortizzatore sociale di tipo generalizzato, sia regionale che nazionale.
La Regione Marche deve soprattutto vedere se può intervenire, attraverso le proprie leggi di settore, per aiutare chi è rimasto indietro nello sviluppo economico.
Mentre discutiamo del bilancio regionale – sappiamo che è difficile farlo quadrare in virtù delle sempre maggiori difficoltà e della forbice che si allarga tra la necessaria esigenza e la possibilità reale – dobbiamo orientarlo, anche all’interno di questa contraddizione, con una selezione per aiutare la provincia di Ascoli Piceno e il suo settore produttivo affinché ci sia un’evidenza della Regione Marche di fronte all’impegno per questo obiettivo.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Rocchi.
Lidio ROCCHI. Pochissime considerazioni perché già il collega Procaccini ha detto di questo problema impellente che c’è nella provincia di Ascoli Piceno.
Questa crisi sta mortificando molte famiglie dell’ascolano; ricordo che 40-50 anni fa con il provvedimento nazionale della Cassa del Mezzogiorno si poteva riuscire a superare, anche se parzialmente, i problemi che c’erano allora.
Qui ci troviamo in una situazione vergognosa, non è possibile che nel 2007 ci possano essere mille o duemila lavoratori che non hanno più il posto di lavoro. L’Assessore Agostini lo sa bene.
Credo che la Regione debba essere presente, magari con un tavolo di concertazione, in modo da poter raggiungere almeno qualche risultato.
Non è possibile che il sud di questa regione deve sempre essere messo nelle condizioni di non poter reagire a quello che sta succedendo.
Quindi chiedo alla Giunta che occorre avere più attenzione e possibilità – lo diceva giustamente l’Assessore Ascoli – di poter dare, anche con lo scarso bilancio che abbiamo, a questi operai la possibilità di avere fiducia nel futuro.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Castelli.
Guido CASTELLI. Ringrazio anche gli altri Consiglieri che si sono dedicati a questo problema. Ha detto bene l’Assessore Ascoli sul fatto che ormai è necessario che la Regione prenda atto che esistono due Marche.
Vi prego di credermi se vi dico che la cosa non viene formulata dal sottoscritto perché abita ad Ascoli Piceno, ma tutti i marchigiani devono prendere atto di questo dato di cui sicuramente né io, né l’Assessore Agostini, né gli altri siamo soddisfatti.
Noi non veniamo qui a parlare della crisi Ahlstrom con il cappello in mano, invocando leghismi inutili e sciocchi o localismi per agitare le acque, perché quello delle due velocità delle Marche è un dato oggettivo ed è un dato oggettivo il fatto che ci sia un’assoluta necessità che la Regione debba assumere un atteggiamento culturale specifico verso una realtà che è diversa perché, ad esempio, non ha mai fatto parte dal punto di vista economico del modello marchigiano.
Il modello marchigiano fatto di piccola e media impresa connotata da una grande capacità di inventiva e di ricerca non ha, se non in maniera molto marginale, riguardato la provincia di Ascoli Piceno che ha una storia diversa che è quella della grande industria. E’ ancora la zona delle Marche in cui il tasso di occupazione nella grande industria ha caratteri addirittura superiori alla media nazionale fintanto che questo dato sarà confortato dall’esistente, ma l’esistente purtroppo è pregiudicato nella maniera che hanno descritto prima l’Assessore Ascoli e i colleghi Consiglieri.
Quando parlo di atteggiamento culturale parlo della necessità, secondo me, di fare cose utili e concrete che abbiano comunque nella programmazione regionale un riferimento specifico alla situazione ascolana.
Ad esempio, il caso dell’intervento comunitario. Noi abbiamo qualche mese fa previsto le forme di utilizzo dei fondi comunitari per quanto riguarda il Fers e altro, lo abbiamo fatto memori di una nuova impostazione che l’Unione europea ha dato alla programmazione comunitaria, si è superato il concetto di zonizzazione, che in qualche misura privilegiava le aree in declino industriale che venivano classificate forse in maniera troppo formale e rigida, ma che sicuramente risultavano beneficiarie delle provvidenze finalizzate al riequilibrio dei territori.
E’ evidente che l’aver concepito una programmazione comunitaria, che da questo punto di vista supera, perché lo doveva fare forzosamente, il concetto di zonizzazione, ma che rischia di non evidenziare con la dovuta specificità le esigenze della parte sud delle Marche, è un problema.
Quindi bisogna fare in modo che i fondi comunitari vengano erogati nel rispetto della finalità che la stessa Unione europea assegna a quei fondi, che sono fondi per il riequilibrio dei territori.
Secondo punto. Nella politica fiscale non credo di dire un eresia se invito la Giunta regionale a valutare la possibilità di un trattamento non omogeneo perché ci sono zone ricche e ci sono zone povere.
Io non so quali potrebbero essere materialmente i sistemi per declinare questo principio, ma è comunque un’esigenza. Dico un’eresia se arrivo a proporre che per le zone in declino industriale ci possa essere una rimodulazione dell’Irap, cioè della misura che riguarda le imprese?! Non parlo dei consumi o del reddito delle persone fisiche, ma l’Irap possiamo cominciare a ripensarla per le aree non solo ascolane, perché il declino industriale non è solo ad Ascoli, ma anche per alcune zone dell’entroterra maceratese e il fermano?!
E’ arrivato o no il momento di evitare quell’atteggiamento un po’ lezioso che ha ispirato il Presidente Spacca quando, presentando il rapporto Censis sul nostro sistema industriale, ha forse indugiato un po’ troppo sugli aspetti positivi che sicuramente ci sono e che ci rendono orgogliosi di avere in alcune zone di questa regione dei veri e propri esempi di produttività, di redditività e di creatività?
Il senso di questa nostra discussione è questo: dico sì alla proposta di chi mi ha preceduto riferita ad una sessione specifica su questo problema, dico soprattutto sì all’adozione in maniera sistematica di una forma mentis, quella di chi deve, se ha a cuore certi problemi sociali ed economici, capire e pensare definitivamente che le Marche sono a due velocità. Di questo problema dobbiamo farci carico da Gabicce ad Arquata del Tronto.
Mozione n. 218
dei Consiglieri Massi, Capponi, Benatti, Rocchi, Lippi, Mammoli, Pistarelli, Brandoni, Giannotti
“Autonomia Banca Marche”
Discussione e votazione risoluzione
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la mozione n. 218 dei Consiglieri Massi, Capponi, Benatti, Rocchi, Lippi, Mammoli, Pistarelli, Brandoni, Giannotti.
Comunico che il Consigliere Santori ritira la sua adesione a tale mozione, quindi la sottoscrizione alla stessa.
Ha la parola il Consigliere Massi per l’illustrazione.
Francesco MASSI GENTILONI SILVERI. Sarò breve anche perché penso che ci saranno tanti interventi dei firmatari della mozione e anche di quelli che non hanno firmato.
E’ una mozione che approda in Aula per far pronunciare questo Consiglio su un tema particolarmente sentito in questo momento. Avete visto quale sia l’eco che c’è in tutti i media di questa regione e sui giornali specializzati del nostro Paese.
La prima valutazione è: c’è una legittimazione ed un’opportunità per il Consiglio regionale di occuparsi di questa vicenda?
Come ha dimostrato il punto precedente riguardante un’azienda dell’ascolano in forte difficoltà occupazionali, ma come ha dimostrato anche un po’ tutta la storia del nostro Consiglio regionale dove si sono affrontati problemi sia internazionali che locali, credo che ci sia una forte legittimazione, oltre ad una chiara opportunità, che il Consiglio regionale si pronunci anche su questa vicenda.
La vicenda è strettamente privata? Credo che per l’esperienza che hanno tutti i Consiglieri che siedono qui la risposta è estremamente semplice: non può essere considerato un fatto privato innanzitutto per la natura stessa delle casse di risparmio da cui derivano le fondazioni e la Banca Marche oggi.
Il carattere economico-sociale ed economico-solidaristico delle casse di risparmio è storia delle casse stesse, non dobbiamo risottolinearlo noi.
La caratteristica di Banca Marche è legata anche all’esperienza ormai consolidata di tre fondazioni che hanno segnato una svolta nella storia del nostro territorio a livello economico, sociale, culturale e solidaristico.
Il pronunciamento del Consiglio regionale oggi, che certamente è un invito, è un auspicio, non ha alcun valore cogente, è fatto nella consapevolezza che la Regione Marche e il Consiglio regionale seguono questa vicenda con preoccupazione, con un’ansia particolare, affinché l’autonomia e l’indipendenza di Banca Marche in questo momento sia la garanzia per il tessuto economico locale di avere ancora un interlocutore autorevole, come è stato nella storia più o meno recente. Un interlocutore autorevole soprattutto per la piccola e media impresa di ogni genere e anche per la quasi totalità degli enti locali di questa regione. Sottolineo che l’85% delle tesorerie dei nostri enti locali ce l’ha Banca Marche.
Sapete delle sponsorizzazioni – a parte quel giro colossale di finanziamenti che sono arrivati dalle fondazioni, ne sanno qualcosa i nostri Assessori alla cultura, ai servizi sociali, alla sanità – che sono arrivate e continuano ad arrivare alla nostra realtà economico- sociale da parte della Spa Banca Marche.
Altre esperienze insegnano che se la sede e il cervello pensante delle banche dopo le fusioni sono altrove, quindi non più nelle Marche, ci saranno più difficoltà, questo è chiaro, è sotto gli occhi di tutti.
Quando si parla dell’internazionalizzazione, della globalizzazione e della capacità di una banca di stare sul mercato e di essere competitiva, è troppo facile dire che si deve perdere l’autonomia che c’è perché solo nei grandi gruppi è possibile raccogliere questa sfida.
Voglio citare alcuni passaggi che sono in una recente relazione di un personaggio, che molti colleghi qui conoscono, parlo del Presidente dell’Associazione delle Casse di risparmio d’Italia Guzzetti, dove di fronte a Padoa Schioppa e Mario Draghi ha pronunciato queste frasi: “I dati proposti anche quest’anno dalla relazione di Banca d’Italia forniscono un’evidenza che parla largamente a favore delle banche locali. Negli ultimi dieci anni le banche di minor dimensione hanno visto la loro quota di mercato crescere di nove punti percentuali, tanto nel caso dei finanziamenti alle imprese quanto nel caso del prestito alle famiglie. Nel campo della raccolta si è rafforzata la loro capacità di attrazione della clientela già tradizionalmente forte. Nelle realtà urbane più ridotte vivono e lavorano tre italiani su cinque e in queste aree le banche di minore dimensione localizzano l’80% dei loro sportelli. I prestiti fino a 2 milioni e mezzo di euro costituiscono oltre i due terzi dei finanziamenti da loro erogati alle imprese. Tutto questo non per negare che le banche d’Italia maggiori possano trovare significativa opportunità di crescita nella nuova realtà europea, ma per sottolineare che soprattutto nel caso delle famiglie e delle piccole imprese il mercato continua a proporsi nella forma di un articolato mosaico e non come un’entità indifferenziata. Le banche minori rimangono le strutture più sensibili per cogliere le diversità dei territori in un contesto di più intenso confronto competitivo e sapere individuare un mercato di riferimento adatto alle proprie capacità umane. Ieri come oggi rimane la vera condizione di sviluppo tanto per la banca piccola quanto per la banca grande.”.
Questo lo dice un tecnico di spessore nazionale e internazionale come Guzzetti che voi conoscete. Sembra la fotografia della realtà dei rapporti tra le nostre banche, i nostri poteri locali, le nostre imprese e le nostre famiglie.
A questo si aggiunge anche la preoccupazione dei lavoratori di Banca Marche. Purtroppo l’esperienza delle fusioni ci dice che le chiusure degli sportelli, laddove non ci sono movimenti economici di castelletto sufficienti, ci sono state. Questo tante volte anche alla faccia delle realtà più disagiate, quelle montane o più lontane dove magari non c’è tanta economia, ma dove c’è più sociale e quindi più bisogno di solidarietà.
Tutto questo, cari colleghi, ci ha portato – questa è una mia grande soddisfazione come consigliere di questo Consiglio – a ritrovarci con le firme di colleghi di diversi schieramenti e partiti, a testimonianza del fatto che abbiamo pensato insieme, uguale, nello stesso momento e sulle stesse cose.
Mi auguro che ci sia su questo ulteriore convergenza anche di quei Consiglieri che non hanno firmato e quindi che siano fugate le perplessità dei Consiglieri che oggi hanno qualche titubanza su questo argomento.
Nei prossimi giorni ci saranno delle decisioni importanti, quindi a cominciare da domani che ci sia una riaffermazione del ruolo di questo istituto, con la sua autonomia, con la sua indipendenza e con la sua forza, in quanto tutti i dati dell’ultima gestione semestrale depongono a favore della capacità di questo istituto di stare sul mercato anche internazionale.
Fugata al questione dell’indipendenza e dell’autonomia non è detto che in futuro non ci potrà essere spazio per altre operazioni di parternariato con istituti autorevoli. Questo sicuramente sarà forse auspicabile e possibile, ma oggi credo che questo Consiglio, come tutta la nostra comunità, debba avere l’interesse a rafforzare sul territorio l’autonomia e il prestigio dell’istituto Banca Marche.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Pistarelli.
Fabio PISTARELLI. Sono firmatario della mozione che è in discussione insieme a tanti altri colleghi e sono stato in più di un’occasione l’autore anche di interventi pubblici. In tempi non recentissimi sollevai la questione all’opinione pubblica di quanto stava avvenendo già nel mese di giugno, e non direi in Banca Marche, ma nel sistema creditizio marchigiano.
Penso sia necessario fare oggi una sintetica cronistoria della realtà del sistema creditizio marchigiano e in particolare della realtà di Banca Marche.
Banca Marche è stata una felicissima intuizione a cavallo tra gli anni ‘80 e ’90 di un modello marchigiano di efficienza, di radicamento, di espressione globale e vera del territorio sul versante del credito.
Dico questo perché dalla storia di Banca Marche si evince fortemente questo elemento, la Cassa di risparmio della provincia di Macerata che unisce le proprie forze con Jesi e con Pesaro per rilanciare quella che è stata un’esperienza molto positiva nata in provincia di Macerata, appunto quella di Carima (Cassa di risparmio della provincia di Macerata), rilanciarla e rafforzandola come modello marchigiano è stata un’intuizione veramente positiva che ha avuto effetti molto molto importanti nel nostro tessuto sociale ed economico.
Questo modello, ne parlano i numeri, ha funzionato sia per le ricadute sociali ed economiche, sia per quanto concerne i bilanci e la solidità del gruppo che si è formato, ma soprattutto per la governance, cioè il fatto di aver scelto di essere marchigiani dalla testa ai piedi.
Le fondazioni che detengono la maggioranza del capitale sociale sono l’espressione vera e diretta di coloro che hanno costruito questo sistema.
Oggi la discussione deve vertere su questo. Vogliamo cambiare questo modello? Vogliamo fare sì che prevalgano ragioni tutte economiche e tutte di convenienza interna all’assetto societario alla proprietà della Banca Marche o vogliamo fare in modo che queste caratteristiche, che io ho richiamato brevemente, ma che si evincono dalla storia di questa banca, rimangano fortemente come modello positivo? Un modello positivo che ha funzionato, che certamente potrà avere ulteriori sviluppi e impulsi attraverso incontri, interrelazioni, innesti di ulteriori componenti sociale, ma che non devono assolutamente perdere di vista la caratteristica attuale di questa azienda di credito, cioè il fatto che la proprietà sia in mano alle fondazioni. Fondazioni che sono espressione della storia del credito marchigiano attraverso Carima, Cassa di risparmio di Jesi e Cassa di risparmio di Pesaro. Le fondazioni sono l’espressione delle categorie, dei tanti soci, di coloro che hanno nel tempo fatto crescere la Banca delle Marche.
Ecco perché oggi non è una indebita “ingerenza” il dibattito che stiamo facendo, oggi anche l’Istituzione regionale, come le tante Istituzioni locali che tra l’altro hanno già fatto le loro prese di posizione, deve parlare, deve dire la sua. Perché? Perché proprio la lettura dell’attuale governance, dell’attuale proprietà, degli attuali assetti, cioè quelli che passano attraverso le tre fondazioni (Cassa di Risparmio di Macerata, di Jesi e di Pesaro) ci dice che è il radicamento territoriale, che è il fatto di essere stati gli artefici come territorio, come categorie, come imprese, come piccole e medie realtà economiche delle Marche, della costruzione di questo modello. Quindi non dobbiamo perdere questa caratteristica e questa natura.
Ecco perché le Istituzioni devono dire la loro, perché la Banca delle Marche deve continuare ad essere espressione della sua storia e della sua evoluzione fino ai giorni nostri.
L’operazione che sta un po’ preoccupando o comunque interessando l’opinione pubblica e i vari soggetti, siano essi istituzionali che economici, fa prevalere, a nostro avviso, gli elementi di snaturamento del modello della Banca Marche, perché è un’operazione tutta economico-finanziaria che sposterà assolutamente il baricentro, ma soprattutto, ripeto, le caratteristiche e la natura della Banca delle Marche.
Il grande gruppo Intesa San Paolo da poco fusosi, offre – almeno così dicono le schede di dettaglio che hanno illustrato i giornali economici che abbiamo letto – un’operazione economico-finanziaria che è di fatto un’acquisizione dell’Istituto Banca Marche.
Questo aspetto economico-finanziario sicuramente ha i suoi lati positivi sotto il profilo della convenienza economica perché è un’offerta molto forte, a detta di molti vantaggiosissima proprio sotto il profilo del prezzo ad azione. Ma quale ricaduta ha sotto un profilo di governance, cioè di modello? Quella di vedere azzerata la storia e il radicamento territoriale di questo istituto in quanto il grande gruppo Intesa San Paolo è un gruppo che sicuramente fa queste operazioni per logiche macro, certamente molto meno legate al territorio, molto meno legate alla storia, molto meno legate ai soggetti che hanno fatto la Banca delle Marche o sono per nulla legate.
Questo perché varranno i grandi numeri, varranno le logiche complessive, varranno le economie di scala, non varrà più il rapporto diretto territorio-azienda di credito. Questo è un rapporto che ha avuto non solo ricadute positive nei numeri e nei bilanci dell’istituto stesso – si guardino le semestrali ultime, si guardi l’andamento complessivo della banca –, ma ha avuto soprattutto ricadute positive sul tessuto economico e sociale di questa regione.
Quando si ha un interlocutore diretto, immediato – lo ha ricordato anche prima il collega Massi citando una relazione che di recente è stata fatta dal Presidente Guzzetti – la maggior parte delle relazioni e dei rapporti li si ha con istituti vicini al territorio in grado di interpretare sensibilità, bisogni, esigenze e caratteristiche del territorio stesso.
Questi sono i numeri complessivi del sistema. Qui è valso soprattutto questo tipo di rapporto, è valso proprio per salvaguardare e dare prospettive a tante aziende piccole e medie, artigiane, commerciali e industriali. Questo rapporto ha potuto garantire nel tempo anche una capacità di relazione che è andata oltre il freddo calcolo economico-finanziario e questa è una caratteristica che non dobbiamo assolutamente perdere, è un valore e un patrimonio che non dobbiamo assolutamente cancellare.
Oggi viviamo un momento di estrema delicatezza, possiamo senz’altro dire autorevolmente la nostra opinione proprio perché oggi possiamo dire che la Banca delle Marche è dei marchigiani, è profondamente legata al territorio attraverso le fondazioni che nella stagione delle riforme del sistema bancario e creditizio avevano assunto direttamente la proprietà e la governance dell’azienda di credito, pur in una logica di aggregazione, in una logica territoriale e regionale, ma anche sovraregionale, perché sappiamo del valore e dell’importanza di sportelli e di impieghi che vi sono anche al di sopra e al di fuori del territorio marchigiano.
Tutto questo oggi deve essere oggetto di una nostra presa di posizione, mi auguro che sia una posizione ampia, partecipata, in grado di coinvolgere tutte le forze politiche, tutti i gruppi rappresentati in questo Consiglio regionale. Questo ne va dell’autonomia non della banca, ma del nostro territorio, del suo assetto economico, produttivo e sociale. Un’autonomia che ha significato modello marchigiano, che ha significato per le imprese garanzia di vita e di continuità anche attraverso quelle difficoltà che sono state affrontate proprio perché vi era un’azienda di credito in grado di dialogare direttamente, di capire che l’idea poteva essere quella vincente, di leggere i bilanci con attenzione e con un occhio differente. Quindi tutto questo deve rimanere.
Oggi questa Istituzione regionale può autorevolmente e in maniera assolutamente corretta dire la propria, proprio perché nell’interfaccia che c’è tra il territorio e il suo tessuto economico, sociale e produttivo, la Banca delle Marche è un elemento essenziale e indispensabile. Si potrebbero perdere tutte queste caratteristiche e potremmo perdere questo elemento perché abbiamo visto cosa hanno comportato le aggregazioni e le fusioni con i grandi gruppi, si guardi, ad esempio, la storia della Banca popolare di Ancona.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Solazzi.
Vittoriano SOLAZZI. Prendo la parola non per entrare nel merito della mozione, ma per fare una proposta che va nel verso della ratio che sta dietro la stessa mozione la cui vicenda suscita interesse. Proposta però che vuole avere un approccio, se mi consentite, che tutela un po’ di più il risultato finale che auspichiamo, cioè quello di fugare dubbi e preoccupazioni. Quindi mi sembra non opportuno affrontare questa questione che è un tema assolutamente sensibile per gli interessi diffusi che ci sono in campo.
Voglio essere più chiaro, noi rischiamo di andare a ruota libera in una discussione, come quella che abbiamo aperto, su un tema sensibile in cui di mezzo ci sono gli interessi di migliaia di clienti e di azionisti, con tutto quello che questo comporta.
Se il vero problema è condivisibile, cioè la preoccupazione di questo Consiglio rispetto ad uno scenario che non deve lasciarci indifferenti come rappresentanti della comunità marchigiana, allora, perché questa mattina non sospendiamo questo dibattito che “potrebbe creare danni” e decidiamo di costituire una delegazione in cui ci sia una rappresentanza, se si vuole, della Giunta e una rappresentanza del Consiglio?
La prima cosa che questa delegazione dovrebbe fare, secondo me, è chiedere un incontro ai presidenti delle fondazioni per valutare le cose che ci devono portare a conoscenza, cioè de visum et auditum direttamente dai presidenti delle fondazioni, in un confronto sereno dove si dovranno chiedere informazioni precise. Fare questo però in un luogo dove anche la discrezione delle cose che si dicono è importante rispetto ad un tema che coinvolge interessi ampi nel quale credo che un po’ di tutela ci dovrebbe essere.
Lo dico nell’interesse dei risparmiatori e nell’interesse degli azionisti, non si può andare a ruota libera su questa cosa. Salvo poi il fatto che dopo questo incontro con i presidenti delle fondazioni la delegazione dovrebbe valutare quali iniziative intraprendere, in quanto è chiaro che la nostra autonomia, come rappresentanti della comunità marchigiana, è assolutamente piena.
Quindi farei un percorso un po’ diverso che, per carità, alla fine ci porta sempre allo stesso risultato, cioè quello di prendere una posizione e altro, ma dove comunque ci deve essere uno spazio in cui si cerca di conoscere i dati e le cose e poi uno spazio in cui questi dati e queste cose si elaborano per prendere poi le posizioni.
A me sembra che così sia più corretto altrimenti rischiamo di perdere tempo, di dire cose che possono creare alcuni problemi e probabilmente senza raggiungere quell’obiettivo che invece è chiaro in tutti noi, cioè quello che su un argomento così importante e strategico non solo per l’economia, ma per tutta la società marchigiana, dobbiamo fare i passi efficaci, ma anche fatti con quella prudenza che la sensibilità del tema responsabilmente, secondo me, ci dovrebbe richiedere.
PRESIDENTE. Quindi, Consigliere Solazzi, se ho ben capito c’è una proposta di rinvio della discussione.
Vittorio SOLAZZI. Richiedo la sospensione del Consiglio, la costituzione di una delegazione e naturalmente la sospensione del dibattito.
PRESIDENTE. Il Consiglio è sospeso.
La seduta è sospesa alle ore 11.45
La seduta riprende alle ore 12.20
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Bugaro.
Giacomo BUGARO. Ero d’accordo sulla sospensione della discussione di questa mozione per dare l’incarico al Presidente della Giunta regionale di rapportarsi con i vertici delle fondazioni e della Banca al fine di poter poi rappresentare la situazione all’intero Consiglio e qui giungere ad una soluzione la più unitaria possibile.
Vedo che però questo non è possibile, ne prendo atto, mi sembra anche che le posizioni siano trasversali – non voglio essere assolutamente polemico –, nel senso che ci sono posizioni differenziate, quindi anche io voglio esprimere la mia circa Banca Marche.
Il patto di sindacato che è alla base della governance di Banca Marche sta per scadere. La Banca in questi anni ha contribuito, grazie a scelte oculate, ad una sua crescita, si è trasformata da una realtà locale ad una realtà interregionale in quanto la sua espansione si è aperta a diverse realtà regionali, oggi Banca Marche è sicuramente una protagonista dell’economia locale.
Questa sua eccellente espansione, però, ha ingenerato nel management, cioè in coloro che guidano la banca, alcuni dubbi per il futuro. Sappiamo perfettamente che un settore così competitivo nell’economia come quello bancario, che tutti i giorni assiste a nuove fusioni, a nuovi accorpamenti e alla nascita di nuove realtà bancarie estremamente ragguardevoli nella loro dimensione, impone delle dovute riflessioni. Questi signori che oggi governano la banca queste riflessioni se le sono poste tant’è che hanno dato incarico ad un advisor di ricercare delle possibili alleanze con altri soggetti bancari.
E’ per questo che dico che è sbagliato chiudersi a riccio rappresentando una posizione che è l’esatto contrario di quello che fino ad oggi tutti quanti abbiamo detto, cioè che “piccolo è bello”. Non è più così e questo arroccamento su posizione campanilistica regionale mi sembra un po’ anacronistica.
Ma in ciò non sono, al contrario, – e lo dico nella risoluzione che ho presentato insieme ad altri colleghi – disposto a cedere su tutto il fronte nella vendita di Banca Marche ovvero non sono d’accordo che la sua maggioranza venga venduta.
Per questo ho presentato una risoluzione che tiene presente alcuni punti fondamentali: che i livelli occupazionali siano garantiti; che la centralità, quindi la governance, la sede centrale, la direzione generale, rimanga lì dov’è; che venga soprattutto mantenuta la sigla Banca Marche.
Tutto questo lo dico qualora i vertici di Banca Marche ravvisino nelle offerte che sono loro pervenute delle possibilità di aprirsi a nuovi partnership, però mantenendo ben saldo il timone di comando della banca.
Quindi la mia posizione è leggermente più aperta rispetto alla totale chiusura che ho visto nella mozione presentata dal collega Massi dove si dice che deve rimanere tutto così com’è. Io dico che non deve rimanere tutto così com’è, dico che deve rimanere la governance della banca fortemente caratterizzata dalla marchigianità, ma che non dobbiamo chiudere aprioristicamente a possibili partnership con altri soggetti che possono dare know-how e capitali per continuare ad assistere alla crescita della Banca che implicitamente porta con sé anche la crescita del territorio.
Oggi la Banca delle Marche è in una dimensione tale che non è né carne né pesce, se così possiamo dire, perché non è né un grande istituto né un piccolo istituto, deve porsi il problema del suo futuro tanto è vero che all’unanimità il Consiglio di amministrazione ha dato incarico ad un advisor di trovare dei partner con i quali aprire un confronto.
Se così non fosse non si capisce perché Deutsche Bank ha iniziato a raccogliere quelle che potevano essere delle offerte di partnership. Questo mandato a Deutsche Bank non glielo ha dato il Consiglio regionale, ma all’unanimità il CdA della banca. Questo significa che tutti i componenti che rappresentano le varie sensibilità, che rappresentano le tre fondazioni che fino a dicembre stanno alla base del patto di sindacato che guida la banca, sentono la necessità di un confronto differente. Questo perché la Banca oggi è in una dimensione tale che nel medio periodo, anche se è stato fatto da poco un aumento di capitale che ha dato ossigeno alla sua crescita per altri due-tre anni, avrà la necessità di un partner finanziario più forte per assicurare quel servizio e quella crescita che fino ad oggi ha avuto.
Quindi sostengo con forza che Banca Marche debba rimanere a prevalente guida marchigiana, e vado anche oltre, perché secondo me dovrebbe trovare un rapporto di collaborazione alla pari, cioè con un altro istituto bancario non troppo più grande della sua dimensione. Mi spiego meglio, Banca Marche ha la possibilità di fare delle alleanze con altri istituti bancari simili che possono caratterizzare in tutta l’area dell’Italia centrale la presenza di una banca veloce, snella, aperta alle esigenze delle piccole e medie imprese e attenta ai bisogni delle famiglie.
Questo Banca Marche lo può fare e questo penso sia stato lo spirito degli amministratori che hanno chiesto a Deutsche Bank di fare questa esplorazione nel mercato.
Dunque non sono d’accordo che Banca Marche confluisca in un grande agglomerato bancario e questo lo ribadisco nella mia proposta di risoluzione, non sono d’accordo che Banca Marche abdichi alla sua vocazione territoriale e non sono d’accordo che scompaia in quella galassia di grandi agglomerati bancari che oggi caratterizza il mercato.
Sono, invece, assolutamente propenso che Banca Marche si apra a nuove forme di collaborazione, che riesca ad integrarsi con altri istituti delle sue stesse dimensioni perché facendo massa critica e mettendosi insieme con le garanzie corrette per il mercato e per il territorio – e le formule ci sono, ci sono esempi importanti nel panorama finanziario nazionale di questi accorpamenti – significa poter dare al nostro territorio, alle nostre aziende e alle nostre famiglie, la certezza di avere un partner finanziario di eccellenza che possa garantire tutti i servizi alla a alla z. Cosa diversa, invece, è la totale chiusura che sembra un arroccamento antistorico, anacronistico e quasi una difesa di posizioni di rendita personale; trovo questo assolutamente dannoso per la crescita non solo della Banca delle Marche, ma di tutto il territorio.
Chiudo dicendo una cosa che forse avrei dovuto dire all’inizio, cioè che avrei preferito che questo dibattito si fosse sviluppato in maniera differente o che non si fosse sviluppato per nulla. E’ anche vero, però, che siamo la massima espressione democratica della Regione, è vero che nei commi dell’articolo 117 della Costituzione è previsto che il Consiglio regionale tratti argomenti riguardanti le fondazioni, le casse di risparmio e gli istituti di credito di carattere regionale, pertanto in questa discussione ho in un certo modo variato la mia posizione rispetto ad una rigidità in questo senso.
Quindi sono d’accordo che il Consiglio regionale esprima un suo auspicio, ma invito i Consiglieri a non farsi prendere quasi dalla paura di aprirsi al futuro. Certamente questa apertura deve essere fatta con garanzie, ma rimanere fermi e arroccati su posizioni come quelle che qui molti hanno rappresentato, significa, secondo me, non fare il bene né delle Banca né della nostra regione.
PRESIDENTE. Ha la parola la Consigliera Giannini.
Sara GIANNINI. Il dibattito di oggi è sicuramente importante perché discutiamo – naturalmente con le dovute cautele perché ritengo necessaria un’attenzione alla delicatezza della materia – sul destino e sulle preoccupazioni che emergono nel territorio regionale riguardo alle operazioni di vendita di Banca Marche.
Pochi mesi fa c’è stato un convegno organizzato dal nostro gruppo per affrontare in termini non definitivi le opinioni che riguardano il destino di Banca Marche, le operazioni di vendita che stanno interessando in questo momento l’istituto di credito più importante della nostra regione.
Sicuramente – come dice la mozione – in questo momento stiamo discutendo di un istituto che ha segnato la storia e lo sviluppo della nostra regione, lo ha segnato attraverso azioni di sostegno alla piccola e media impresa e all’agricoltura ed ha costruito, insieme ai tanti attori sociali, economici e politici delle Marche, il benessere di cui siamo portatori e fruitori.
Sono stata firmataria anche di un ordine del giorno che esprimeva critiche sul comportamento della Banca delle Marche su una questione specifica che riguardava i rapporti con la Società Quadrilatero e voglio esprimere qui una posizione che non può essere sicuramente acritica rispetto a comportamenti che, secondo me, dovrebbero essere in futuro più approfonditi e moderati, però è inevitabile che riconosciamo insieme ai comuni e alle altre strutture pubbliche e private che questo istituto bancario, che è diffuso su tutto il territorio, possa essere considerato anche un presidio istituzionale.
Credo che la mozione presentata, con l’integrazione che poi proporrò, dia il senso innanzitutto della preoccupazione e dell’interesse che questo Consiglio ha nei confronti di un’operazione economico-finanziaria di così grande portata, entra nei meccanismi del nostro modello produttivo economico e sociale che nel futuro ne può condizionare lo sviluppo in un senso o nell’altro, cioè nell’arretramento o anche, e in questo momento non lo possiamo prevedere, nella possibilità di una sua forte incentivazione.
Penso comunque che sia utile e giusto che oggi assumiamo, oltre alla votazione sulla mozione, con la proposta di risoluzione che proporrò al Consiglio e che tra l’altro è stata firmata da numerosi Consiglieri, anche l’impegno di attivare immediatamente attraverso il Presidente della Giunta regionale, che ci rappresenta tutti, un immediato confronto con i presidenti delle fondazioni, coloro che in questo momento hanno in mano la questione della vendita della Banca delle Marche. E dopo questo immediato confronto il Presidente della Giunta nella prossima seduta consiliare ci comunichi l’esito dell’incontro con quelle informazioni che potranno essere riferite pubblicamente.
Questo è, secondo me, un processo che rivela la nostra attenzione e preoccupazione, ma che assume anche la preoccupazione e l’attenzione non solo dei piccoli azionisti ma anche dei tanti dipendenti di Banca Marche che in questo momento sono preoccupati del loro futuro, preoccupati della conoscenza delle informazioni, della formazione, delle capacità direzionali e gestionali che in questi anni si sono accumulate e di come queste verranno impiegate nel futuro anche in un nuovo eventuale assetto proprietario.
Credo che da questo punto di vista noi assumiamo questa sollecitazione, lo facciamo in un modo corretto rispetto anche all’autonomia di cui la Banca gode e che il Consiglio regionale non può assolutamente minare, su questo concordo con l’intervento del Consigliere Solazzi. Inoltre credo che con l’approvazione della mozione e con l’integrazione che proponiamo lo facciamo in modo autorevole dando un segnale di compattezza, per quanto è possibile rispetto alle opinioni personali di tutti i Consiglieri, dell’intera Assemblea legislativa delle Marche nei confronti di un’operazione così rilevante per la nostra società marchigiana sia dal punto di vista economico che dal punto di vista sociale.
La proposta di risoluzione avanzata da me e dal Consigliere Ricci, che poi è stata firmata anche da tanti altri Consiglieri di diversi gruppi, è quella di aggiungere all’ultimo capoverso: “Impegna, il Presidente della Giunta ad attivarsi in tutte le sedi competenti affinché siano messe in atto quelle iniziative volte ad impedire la vendita di Banca Marche e in particolare ad attivare un incontro urgente con le fondazioni perché siano chiariti i criteri della valutazione delle offerte che tengano conto doverosamente dei costi e dei ricavi, ma anche dei costi e dei benefici sociali che l’eventuale perdita di controllo da parte loro della Banca delle Marche potrà comportare. Si impegna a valorizzare il ruolo e la funzione regionale della banca che ha accompagnato i processi di sviluppo della nostra regione nei passaggi fondamentali del suo sviluppo economico, mantenendone ben salde le radici territoriali”.
Dovremmo chiedere a Banca delle Marche di affrontare proprio in questo momento anche una rivisitazione dei suoi modelli organizzativi e dei servizi che vengono offerti ai risparmiatori e alle imprese, sia dal punto di vista dell’innovazione che della maggiore capacità di poter rispondere alle sfide che la globalizzazione pone nei confronti dei nostri operatori economici e della società delle Marche.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Capponi.
Franco CAPPONI. Ho valutato attentamente la questione Banca delle Marche anche perché in questo periodo è stata posta in modo assolutamente errato perché sulla stampa si è parlato per mesi di vendita di Banca delle Marche.
Tutti gli esperti di sistemi bancari, ma anche le nostre associazioni di categoria, hanno invece ravvisato, in una strategia di mantenimento della governance della Banca sul territorio, la sua potestà organizzativa e gestionale come l’unica strategia per far compiere alla stessa Banca Marche quel ruolo che ha egregiamente svolto e che è andato oltre alla valorizzazione di un capitale umano disponibile in questa regione, lo ha addirittura professionalizzato, ha legato sempre più le sorti del sistema territorio proprio con la stessa Banca.
Per una regione come la nostra, piccola e con pochi centri strategici decisionali, è strategico avere un management, un’organizzazione e una direzione che si può configurare come quella di una grande società. E’ importante che questo resti ancorato al nostro territorio per mantenere quel mix di responsabilità e di legame tra tradizione e sviluppo, tra localismo ed internazionalizzazione che ha fatto la fortuna del modello di sviluppo marchigiano.
Bisogna considerare anche la rete di servizi che Banca Marche ha creato sul territorio, cosa che non è di poco conto. Certamente nessun grande gruppo avrebbe pensato di aprire uno sportello bancario o effettuare dei servizi nei più piccoli comuni dell’entroterra di questa regione. Questo, invece, proprio per questa sua conformazione e obiettivo strategico, Banca Marche lo ha fatto.
Proprio ieri sul quotidiano “La Repubblica”, a seguito dell’operazione mps antonveneta, si confermava sempre più l’idea che va avanti nel nostro Paese e cioè che oltre al processo di acquisizioni e fusioni che hanno creato i grandi poli internazionali, le banche stanno cercando sempre più di creare poli territoriali molto coesi con governance che garantiscono la conoscenza del microcosmo locale produttivo e sociale.
A dire questo è stato Stefano Gatti, direttore del corso di economia e finanza alla Bocconi, uno dei massimi esperti di banche, che non ha mostrato dubbi nell’affermare che la tendenza del mercato è pensare internazionale ma anche agire locale delineando un futuro sempre più forte per gli Istituti di credito radicati sul territorio. Gatti ha fatto espresso riferimento alla Banca delle Marche ritenendo che per la stessa è premiante la scelta dell’autonomia anche in uno scenario di sviluppo dove questo aspetto acquista sempre più peso e diventa sempre più strategico.
Sarà necessario forse, ma non è detto nell’immediato, creare alleati e acquisire know how di rilievo internazionale. Ma questa non è la scelta che oggi è all’ordine del giorno perché oggi c’è la dismissione di Banca Marche.
Sulla correttezza dell’espressione del Consiglio regionale abbiamo già detto, ma sulla natura propria delle fondazioni, cioè quella del radicamento sul territorio e sulla rappresentanza di interessi diffusi, rafforzo ancora il fatto che il Consiglio regionale debba avere piena potestà di esprimere una propria posizione e dare un proprio preciso indirizzo.
Io sono un piccolo azionista di Banca delle Marche e come me ce ne sono altri ventimila che hanno scelto di acquisire piccoli pacchetti azionari e non per fare speculazione sulle azioni, ma per rafforzare la presenza di Banca Marche sul territorio e per renderla strategica per lo sviluppo.
Noi pensiamo ad una Banca delle Marche con una forte autonomia, con una presenza radicata e non invischiata in altre logiche. Su questo condivido la posizione dell’amico e collega di partito Bugaro il quale sostanzialmente ha espresso il concetto di una terza via possibile alla quale anche io non mi sottraggo, cioè quello che se Banca Marche deve rafforzarsi che lo faccia mantenendo però una precisa governance locale. Su questo siamo d’accordo e penso che anche le enunciazioni presenti nella proposta di risoluzione vadano in questa direzione.
Ho riletto in questi giorni quello che Guzzetti, come ha detto il Consigliere Massi, aveva riportato alla 83a Giornata mondiale sul risparmio, praticamente affidava alle banche territoriali un duplice ruolo, quello economico e quello sociale.
Non possiamo, a mio avviso, per una semplificazione di genere o per la ricerca di una effimera maggiore disponibilità temporanea di risorse da spargere a pioggia sul territorio, sottrarci alla storia locale. Le casse di risparmio sono nate per fusione di tante micro banche quindi portano con sé una tradizione che va rispettata e pure studiata, portano l’esperienza a perseguire il bene comune attraverso lo sviluppo dell’impresa che, secondo noi, è l’unica capace di garantire l’occupazione, lo sviluppo e il raggiungimento di altri obiettivi. Inoltre Banca delle Marche ha soprattutto contribuito a valorizzare un capitale umano che si è interconnesso con il network di sviluppo regionale.
In poche parole sarebbe come favorire, in una logica di dismissione delle fondazioni alla partecipazione in Banca Marche senza nessuna strategia, una funzione di mero assistenzialismo senza tenere per noi l’altro aspetto, quello di pensare allo sviluppo delle imprese, di pensare alle nuove generazioni, di pensare all’efficienza e non di meno all’internazionalizzazione che è anche contenuta nell’emendamento alla proposta di risoluzione del collega Bugaro.
Ritengo che la posizione che abbiamo espresso, anche con questa modifica al dispositivo della proposta di risoluzione, apre alla valutazione delle offerte che sono pervenute, ma anche ad una valutazione condizionata dal fatto, come prima si diceva, che qualora fosse necessario aprirsi ad altri gruppi lo si faccia tenendo conto delle pregiudiziali che sono state prima indicate e che nel documento sono riportate nella premessa.
Quindi la difesa di un’autonomia per valorizzare il territorio, la difesa occupazionale, la difesa del mantenimento di una governance che ha prodotto sicuramente positività per il nostro territorio e, soprattutto, management qualificato che non possiamo rinvenire nel resto del tessuto regionale o, meglio, se lo possiamo rinvenire, non potrebbe essere a disposizione della intera comunità delle Marche.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Brandoni.
Giuliano BRANDONI. A me pare che questo dibattito debba avere anche una considerazione di carattere più generale.
Questa mozione, importantissima, registra un qualche ritardo. Da tempo si è aperta la discussione sulle vicende di Banca Marche, però da troppo tempo questo Consiglio, e forse la politica, hanno avuto un atteggiamento distratto su questa vicenda.
Oggi colmiamo un deficit, ma non solo, facciamo un’operazione politica ulteriore, in qualche modo stabiliamo una funzione e un ruolo delle istituzioni.
Un istituto di credito in un territorio è un’istituzione importante, ha molte funzioni, alcune non solo di carattere economico, e soprattutto rappresenta e presume un’ipotesi di sviluppo.
Quindi questo dibattito ci induce ad un’ulteriore riflessione, cioè se e come la struttura pubblica può non solo intervenire su queste vicende, ma anche costruire le condizioni per influenzarle e governarle. Qualsiasi programmazione e qualsiasi ipotesi di sviluppo su un territorio ha bisogno del conforto e del controllo del credito. Questo è un elemento significativo, decisivo, quindi oggi facciamo intanto questa operazione di recupero.
Ho ascoltato qualcuno che invitava i Consiglieri a non avere paura e a riflettere sulle magnifiche sorti progressive che le vicende della globalizzazione producono anche negli istituti di credito, quindi a non avere paura che la Banca delle Marche possa navigare in campo aperto.
Io penso che non sia questo il punto e la preoccupazione. Il punto e la preoccupazione del dibattito che stiamo facendo sulla mozione e sulle proposte di risoluzioni, che mi auguro diventino risoluzioni unitarie di tutto il Consiglio, è quello di ridare e di intervenire su un indirizzo di carattere politico, programmatico, quindi di carattere economico, e rispetto a questo di pensare agli strumenti di cui il territorio si dota e che ci sono, come vanno valorizzati e come vanno sinergicamente inseriti in un’idea di comunità e di società.
Queste sono le considerazioni che vorrei aggiungere a questo dibattito che altrimenti rischierebbe di essere una reiterazione di condizioni e di considerazioni.
Inoltre, la Banca Marche è anche un’impresa che sta in questo territorio, che ha numerosi lavoratori e lavoratrici che sono di grande capacità e che in questo territorio producono due volte – se posso dire così –, producono sia dal punto di vista del fare quotidiano, che in quello di indirizzare in molti casi non solo i soggetti del risparmio, ma anche le imprese che ad essi si rivolgono, quindi una funzione straordinaria che non possiamo e non dobbiamo perdere.
Credo che questa mozione ha anche un ulteriore importante elemento. La fase di trattativa di vendita di questo istituto, che non compete solo a questo Consiglio che ha sì il dovere di esprimere il proprio indirizzo, di confrontarsi con i soggetti di Banca Marche, ma che non interviene direttamente, è un segnale, un’indicazione, un monito e un invito a chi eventualmente intenderà comprare o intervenire su questo istituto, che a quel punto saprà che le istituzioni marchigiane staranno attente alle azioni e alle attività che su questo territorio si faranno, staranno attente e pronte a tutelare i lavoratori che vi operano, staranno attente a garantire che il territorio abbia la possibilità di continuare ad avere un istituto di credito di riferimento.
Quindi il dibattito che oggi facciamo ha queste caratteristiche e la soluzione a cui si sta arrivando mi sembra di grande saggezza che speriamo potrà produrre e contribuire a saggezze altrui che ci auguriamo di poter aiutare con questa nostra azione.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Viventi.
Luigi VIVENTI. La cosa che abbiamo detto nella riunione dei Presidenti dei gruppi era quella di non scendere nei particolari per non procurare ad un’impresa che è sul mercato danni con dichiarazioni che potrebbero essere anche improprie.
Per questo motivo avevo fatto la proposta, che il collega Solazzi ha anticipato, di provare a fare una delegazione che possa parlare con i presidenti delle fondazioni che sono, fino a prova contraria, i soci di riferimento dell’istituto, quindi di verificare lo stato delle cose per poi portarlo alla conoscenza dei Consiglieri regionali. La discussione è poi più o meno evoluta in questa direzione.
Ritengo necessari alcuni punti, primo, è evidente che quando si tratta di iniziative private noi abbiamo una capacità di intervento molto scarso, anche se in questo caso, essendo una Banca regionale, penso sia legittimo che il Consiglio regionale esprima una sua opinione al riguardo, ma se la cosa è legittima ho la sensazione che sia inutile. Siccome sono sempre abituato a dire quello che penso lo voglio fare con chiarezza anche in questa occasione.
In questo caso forse la pubblica amministrazione può avere una minima voce in capitolo come cliente. Un collega diceva che probabilmente l’85% dei servizi di tesoreria del territorio sono gestiti dalla Banca Marche, pertanto una certa presenza come clientela da parte della pubblica amministrazione c’è e comunque sia è giusto che per un evento di questa rilevanza il Consiglio regionale esprima un’opinione.
E’ altrettanto evidente, però, che la nostra debolezza è chiara, è chiara anche quando leggiamo il testo della risoluzione, che ci apprestiamo ad approvare, quando dice che dobbiamo mettere in essere tutte le azioni volte ad impedire la cessione dell’istituto. Se vi chiedessi quali sono queste azioni volte ad impedire la cessione dell’istituto credo che nessuno mi saprebbe rispondere in maniera concreta, questo perché praticamente non ne abbiamo alcuna. Quindi è da qui che probabilmente c’è anche una certa inutilità di queste nostre votazioni.
Certo in quest’Aula potremmo anche dire che una politica del credito non è stata mai fatta. La Giunta regionale ha mai portato in quest’Aula una discussione sul credito? Almeno da quando ci sono io non è mai accaduto.
Quindi anche sotto questo profilo siamo sostanzialmente spuntati, primo perché non siamo azionisti di riferimento – questo è il problema più grande –, secondo è perché non abbiamo mai svolto un’azione di sollecitazione in questa direzione.
Pertanto facciamo pure quello che è comunque lecito fare, però ben sapendo che le decisioni vengono prese o forse sono state già prese in altra sede.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Procaccini.
Cesare PROCACCINI. Pochissime considerazioni poiché purtroppo le competenze istituzionali ed in particolare delle Regioni sono minime rispetto all’acquisto o alla vendita di soggetti privati. Dico purtroppo perché il mondo bancario rappresenta, invece, un volano per lo sviluppo, perché, per esempio, un punto in più o in meno dei tassi di interesse potrebbe comportare sviluppo regresso per una comunità.
Nella regione Marche che è fortemente manifatturiera il sistema bancario va preso con molta attenzione. Quando diciamo che la finanza ha ormai surclassato la politica e la programmazione oggi è uno di questi casi dove emerge un’impotenza rispetto ad un settore che, al contrario, è decisivo per lo sviluppo della sua comunità.
Si diceva “piccolo è bello” o “grande è bello”, ma non so se queste due considerazioni venivano fatte a seconda delle convenienze.
Noi dovremmo guardare all’obiettivo che ci vogliamo prefiggere, cioè quello di garantire una presenza diffusa dei sistemi del credito alle imprese e ai piccoli risparmiatori in virtù di una crescita complessiva del servizio reso, reso soprattutto a costi accessibili in una situazione economica che in generale è molto grave.
In questo contesto dovremmo anche analizzare il perché nel nostro Paese ormai va di moda la vendita delle banche. Questo fenomeno ha costituito nell’ultimo periodo anche una questione morale e giudiziaria. Addirittura alcune grandi aziende capitalistiche del nostro Paese, prima di tutte la Fiat, hanno dismesso branche consistenti dell’attività produttiva per rimettersi nel sistema creditizio diventando in larga parte società di capitali.
Quindi l’eventuale vendita, ed in questo caso la vendita o la smobilitazione di Banca Marche, si inserisce in un contesto di più generale ridimensionamento del sistema del credito regionale e non per un fatto affettivo o campanilistico, neanche noi abbiamo una visione ristretta, anzi, siamo internazionalisti in una visione dello sviluppo e della solidarietà e dei diritti. Tuttavia dobbiamo evitare che il sistema regione Marche diventi ancora più residuale nei confronti della cosiddetta competitività che anche il centro-destra qualche volta decanta.
La smobilitazione dei gruppi medio-piccoli, cannibalizzati da multinazionali prima tedesche e poi olandesi, ha portato alla regressione nelle Marche, in primo luogo in termini di servizi resi e di uniformità sul territorio, in secondo luogo con una perdita di addetti e quindi della garanzia dei posti di lavoro ed in terzo luogo non ha dato beneficio al credito perché i cartelli realizzati a livelli più alti hanno stabilizzato i tassi di interesse a livelli medio-alti e non medio-bassi. L’ultimo caso è quello dell’Antonveneta che prima era nazionale, poi è diventata olandese e domani diventerà spagnola.
Tutto questo passaggio di proprietà quale beneficio ha prodotto per gli interessi generali della società delle Marche? Nessuno, anzi, ha causato un danno.
La vendita della Banca Marche non solo non darà nessun beneficio dal punto di vista di un affetto al marchio o per la sua sussistenza nel territorio delle Marche, questo non ci interessa, ma il caso specifico si inserirà in un ulteriore declino del sistema delle Marche.
E’ per questo che dobbiamo dare un’indicazione contro la vendita della Banca Marche ed è per questo che abbiamo sottoscritto una delle proposte di risoluzione che sarà posta al voto.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Giannotti.
Roberto GIANNOTTI. Sono un po’ in imbarazzo ad intervenire su questa materia però lo faccio con senso di responsabilità anche perché già gli amici autorevoli del gruppo al quale appartengo hanno espresso in maniera abbastanza precisa una posizione con diverse sfaccettature. Credo che non si possa dire che non è prevalsa negli interventi dei Consiglieri di Forza Italia la consapevolezza che stiamo discutendo di una cosa seria.
Intanto una cosa va fatta rilevare, cioè che questa discussione avviene non per iniziativa dell’Esecutivo ma per iniziativa consiliare. Credo che questa già sia una linea di demarcazione precisa, cioè nelle sue articolazioni è più sensibile il Consiglio regionale a un problema grande quale quello di cui stiamo trattando che l’Esecutivo regionale che dovrebbe essere invece il motore.
Questa mattina abbiamo chiesto formalmente alla Giunta regionale su un altro versante, che per esempio si faccia carico di esprimere la propria posizione rispetto al problema della Valle del Marecchia. Anche qui è il Consiglio nelle sue espressioni che sollecita, questa è una dimostrazione della scarsa capacità dell’Esecutivo di porsi come punto di riferimento di questa regione.
L’altro concetto importante, che è stato espresso in maniera particolare dal Consigliere Viventi, è che stiamo parlando di una iniziativa privata, quindi interveniamo nell’autonomia di una struttura che opera nel settore del credito. E questa è la prima volta che avviene perché non c’è stata analoga attenzione rispetto a fenomeni associativi che hanno riguardato altri istituti di credito o comunque non c’è stata una discussione così accesa rispetto ad altre operazioni che hanno coinvolto le Marche – mi riferisco a istituti di credito di altre dimensioni ma altrettanto importanti –.
Certo, c’è anche la valenza oggettiva, che questa Banca ha un radicamento più diffuso, ha una base associativa vastissima, credo che si parli addirittura di 33 mila soci in tutta la regione, quindi una buona fetta dei marchigiani è partecipe di questa avventura.
Ho detto queste cose perché mi sembra che entrambe le posizioni che sono state messe in campo hanno una ragion d’essere. Banalizzo, da una parte si dice che la banca è in difficoltà, l’associarsi a un grande istituto di credito garantirebbe una capacità di presenza sul mercato maggiore, garantirebbe un’ulteriore qualificazione dei servizi, garantirebbe una liquidità in capo alle fondazioni ben diversa da quelle di oggi; a questo si contrappone un’altra posizione che dice che questi vantaggi sono oggettivi, ma il rischio è che a lungo andare il carattere di marchigianità dell’istituto venga a decrescere, quindi il futuro non si prospetta roseo.
Credo che entrambe queste posizioni abbiano un senso, quindi auspicavo che saremmo riusciti a trovare un riferimento comune che salvaguardasse questa doppia esigenza. Questo non è stato e il rischio è che il Consiglio regionale si pronunci magari assumendosi la responsabilità, con il voto che esprimerà, di intervenire in senso negativo o positivo sul valore delle azioni della Banca – 250 euro oggi potrebbero essere 212 domani oppure 262 –. C’è il rischio oggettivo di una interferenza o comunque di una posizione che non aiuti una scelta che sia la più congeniale agli interessi dei marchigiani, sia in termini di difesa di un patrimonio che in termini di mantenimento di un’altissima qualità del servizio.
Per questo motivo, pur avendo sottoscritto la mozione, annuncio che mi asterrò sui documenti presentati, proprio perché non capisco la difficoltà a trovare un punto di convergenza che tenga conto del positivo che c’è nella posizione di tutti.
Debbo comunque rilevare con soddisfazione che il dibattito, al di là di tutto, ha messo in piedi una capacità culturale e propositiva di questo Consiglio regionale che è indiscutibile.
PRESIDENTE. Ha la parola l’Assessore Marcolini.
Pietro MARCOLINI. Innanzitutto vorrei dire al Consigliere Giannotti di sgombrare un po’ il campo dalle polemiche che esistono tra la maggioranza e l’opposizione e da questo punto di vista nemmeno tra esecutivo e legislativo.
Vorrei segnalare che le iniziative sono state piuttosto numerose sia sulla stampa che sulla televisione e negli incontri che il Presidente ha avuto con i presidenti delle fondazioni negli ultimi mesi. Quindi dire che l’Esecutivo si sia disinteressato di uno dei più grandi sommovimenti bancari mi sembra ingeneroso. Dopodichè uno può giudicare insufficiente o discutibile quello che uno fa, ma dire che si è ignorata l’iniziativa questo mi sembra veramente ingrato.
Voglio segnalare, peraltro, che della questione di Banca Marche si è occupato il Consiglio anche sulla scorta di sollecitazioni che sono venute sia dalla maggioranza che dall’opposizione. Sul versante della maggioranza il documento presentato dall’allora capogruppo Giannini pone un problema che a mio avviso rimane tuttora attuale, quello della governance della Banca Marche, che riguarda un sistema di governo e di radicamento nel territorio che non è perfetto ma è migliorabile, che non è intoccabile perché va assolutamente adeguato ai tempi.
Lo dico per questo sistema complesso e privatistico, ma che risponde a criteri di riferimento alla comunità che sono le fondazioni.
Faccio riferimento in particolare ai comitati elettorali delle fondazioni che sono ancorati a un piccolo mondo antico che non c’è più e che stride con le esigenze moderne. Non parlo, anche se del tutto legittimamente, della impermeabilità della presenza delle istituzioni in Banca Marche – non voglio accennare a questo problema in questo momento – parlo invece dell’adeguatezza dei comitati elettorali dovuti agli statuti dell’inizio del ‘900, che danno ancora un potere ad alcune categorie economiche prevalenti come un dato antistorico.
Penso al peso dell’agricoltura rispetto all’industria e all’artigianato. Siamo ormai a un contributo del 4% dell’agricoltura rispetto al Pil regionale e ancora una prevalenza categoriale, o alla discriminazione che avviene tuttora in base agli statuti per la libera associazione delle categorie. Tenete presente che nella Fondazione della Cassa di risparmio di Macerata tuttora viene indicato che gli artigiani che aderiscono alla Cgia possono avere voti elettorali attivi e quelli che non sono iscritti alla Cgia no.
Voglio cogliere questa occasione per dire che siamo convinti che Banca Marche abbia accompagnato utilmente lo sviluppo economico, ma l’occasione di sostenere questo processo e di guidare unitariamente gli impulsi per la riorganizzazione dell’offerta dei servizi bancari della regione non ci fa essere ciechi di fronte alla necessità di un adeguamento della sua governance, che abbia maggiore rispetto per la modernità delle componenti economiche per la componente che richiamava poco fa il Consigliere Viventi rispetto al dato istituzionale. Perché le istituzioni sono cellula democratica delle organizzazione della vita pubblica, ma sono anche il primo cliente della Banca delle Marche con più di un terzo dell’intero fatturato
Questo per dire che la discussione che facciamo su Banca Marche non può essere semplicemente conservatrice di uno status quo che è quello attuale.
In questo voglio cogliere le sollecitazioni che sono venute dal consigliere Bugaro, dal Consigliere Solazzi, che nel mantenere ben salde le radici territoriali, vogliono sottolineare la necessità di un ampliamento dell’offerta dei servizi della Banca per accompagnare i processi di internazionalizzazione, di raffinazione dei servizi legati al mondo della produzione, capace quindi di accompagnare i processi in atto nella ricerca scientifica, nell’innovazione tecnologica e nell’internazionalizzazione.
Pensiamo che Banca Marche sia non soltanto per motivi storici la più grande banca delle Marche, ma che abbia, in modo particolare negli anni più vicino a noi, allargato la propria influenza, allargato il proprio numero di sportelli, aumentato l’occupazione, aumentati i profitti e che quindi sia in condizione più serena per giudicare le proposte di partecipazione di acquisto parziale o totale.
Siamo convinti che ci sia la possibilità per un dialogo paritario della Banca delle Marche per integrare necessariamente i propri servizi, che non debba rassegnarsi ad una sorta di grande fattura di liquidazione della sua autonomia per scialare nei prossimi pochi anni, rendendo pingue, anzi, suntuoso il capitale a disposizione degli attuali amministratori, e che non guardi alla prospettiva del medio e lungo periodo.
La preoccupazione prevalente che mi è parso di cogliere negli interventi è quella di mantenere le radici territoriali ben salde qui, valorizzando tutti i percorsi innovativi e organizzativi, penso ai centri di informatica, alle centrali delle riscossioni delle entrate, alla riqualificazione degli investimenti per la piccola media impresa, alla qualificazione del rapporto con gli enti locali.
Dobbiamo lanciare un messaggio ai proprietari delle fondazioni che vada nella direzione di una apertura controllata, in direzione dell’allargamento dei servizi, che mantenga la testa, il cuore e i piedi ben piantati qui nelle Marche.
In tal senso mi pare che la risoluzione presentata dal Consigliere Ricci ed altri vada nella direzione di rendere un chiaroscuro più interessante, più adeguato al momento la posizione della istituzione regionale Marche.
L’invito fatto al Presidente di incontrare nei prossimi giorni i tre presidenti portando questo segnale, questa visione dell’istituzione regionale, che ovviamente non può costituire impedimento né giuridico né economico, ma una sponda attiva da parte della maggiore istituzione regionale, possa essere di conforto a coloro che lavorano per soluzioni che rispettino le condizioni che dicevo prima.
Mi pare che questo impegno, che vede largamente convergente l’Assemblea regionale, possa essere anche un viatico per favorire l’emergere delle soluzioni che qui ci siamo auspicate. La possibilità di essere utili risiede nel tempo stretto e nella unità di intenti della nostra azione.
Quindi il mandato dato al Presidente di incontrare le fondazioni e il ritorno in Aula per aggiornare, dopo la ricognizione, le posizioni delle fondazioni che possono risultare sensibilizzate alle posizioni delle istituzioni, sarà l’occasione per un ulteriore pronunciamento di soddisfazione oppure di condizionamento ulteriore per una puntata, quella della settimana prossima, che non sarà risolutiva.
PRESIDENTE. Passiamo ora alla votazione delle due proposte di risoluzioni presentate alla mozione n. 218.
Risoluzione dei Consiglieri Bugaro, Silvetti e Tiberi, alla quale è stato presentato anche un emendamento a firma del Consigliere Bugaro che così recita: “nel dispositivo, alla settima riga togliere dalla parola “e” fino alla parola “Marche” e inserire al loro posto “alle fondazioni”, poi eliminare il punto 4)”.
La discussione è aperta. Ha la parola il Consigliere Bugaro.
Giacomo BUGARO. Quando si dice “esprime a tutto il consiglio di amministrazione e alla direzione generale di Banca Marche” ho tolto “alla direzione generale” e ho inserito “alle fondazioni di Banca Marche”, inoltre in fondo ho tolto il punto “per la conferma dell’attuale management…” perché sembrava troppo forte. Questo è lo spirito dell’emendamento.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione.
Emendamento alla prima risoluzione. Lo pongo in votazione.
(Il Consiglio non approva)
Risoluzione. La pongo in votazione.
(Il Consiglio non approva)
Risoluzione presentata dai Consiglieri Ricci, Giannini, Massi, Procaccini, Brandoni, Lippi, Capponi, Pistarelli, Mammoli. La pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Comunicazioni della Giunta Regionale in ordine ai recenti fatti di Appignano del Tronto e più in generale sulle tematiche della sicurezza
Rinvio
PRESIDENTE. Il punto 2) all’ordine del giorno, avendo raccolto anche varie indicazioni da parte dei Presidenti dei Gruppi e del Consigliere Castelli, si rinvia alla prossima seduta. Questo anche al fine di raccogliere le indicazioni emerse dai capigruppo di discutere prima di sospendere la seduta il punto 3) e il punto 4).
Proposta di legge n. 186
della Giunta regionale
“Disciplina dell’attività di acconciatore e di estetista”
Discussione e votazione
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la proposta di legge n. 186 ad iniziativa della Giunta regionale. Ha la parola il relatore di maggioranza Consigliere Binci.
Massimo BINCI. Questa proposta di legge disciplina l’attività di estetista e di acconciatore in attuazione a quanto disposto dal decreto legislativo n. 7 del 2007, convertito in legge n. 40, recante “Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese”, la cosiddetta Legge Bersani che liberalizza alcuni tipi di attività commerciali ed economiche.
In accoglimento delle direttive europee questa normativa liberalizza l’attività di estetista e di acconciatori togliendo il limite delle distanze e il limite numerico, previsti dalle precedenti leggi, tra attività commerciali. Quindi non ci saranno più limiti di distanza e di quantità all’interno dei singoli Comuni.
La Giunta regionale entro tre mesi dall’approvazione di questa legge adotterà le disposizioni per lo sviluppo dei settori e gli indirizzi ai Comuni al fine di migliorare la qualità dei servizi per il consumatore e assicurare le migliori condizioni di accessibilità ai servizi medesimi. Inoltre la Giunta detterà la definizione dei contenuti dei programmi relativi alle iniziative di formazione professionali nonché le modalità di svolgimento degli esami.
Spetta alle Province l’autorizzazione delle iniziative di formazione professionale, il riconoscimento della qualifica professionale, il rilascio dell’abilitazione, l’adozione dei regolamenti di cui all’articolo 6, la vigilanza, il controllo e l’irrogazione delle sanzioni amministrative.
L’esercizio delle attività di estetista ed acconciatore in qualunque forma e a qualsiasi titolo esercitato è subordinato al conseguimento di qualifica e abilitazione professionale. Quindi sono predisposti corsi professionali e il riconoscimento da parte di comitati provinciali della qualifica conseguita a seguito dell’esercizio di almeno tre anni di attività, che permette di conseguire autonomamente la qualifica professionale senza dover accedere ai corsi professionali.
I Comuni, sentite le associazioni di categoria degli acconciatori e degli estetisti, regolamenteranno i requisiti igienici, i requisiti dimensionali dei locali, i requisiti per migliorare la qualità dei servizi, l’obbligo della modalità di esposizione delle tariffe e dei turni di chiusura, le disposizioni per la sospensione e la cessazione dell’attività.
Il Comune accerta il possesso dell’abilitazione professionale di acconciatore ed esercita le funzioni di vigilanza e controllo in ordine al rispetto dei requisiti per l’esercizio delle attività, fatte salve le competenze dell’Azienda sanitaria in materia di igiene, sanità e sicurezza.
Sono previste le sanzioni amministrative per le violazioni. Ci sono poi delle norme finali e transitorie che regolamentano questo periodo in attesa dell’attivazione dei corsi professionali.
PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza Consigliera Ciriaci.
Graziella CIRIACI. Come ha già illustrato il relatore di maggioranza, recepire questa nuova legge ci permette di migliorare le attività all’interno dei centri commerciali e le attività libere nei Comuni e la liberalizzazione dell’apertura senza più un limite di distanza.
Abbiamo già discusso di eventuali chiarimenti per quanto riguarda la formazione, abbiamo accolto informazioni da parte dei professionisti, quindi da chi svolge l’attività già da tempo. Questa legge è stata accolta con molto entusiasmo, tra l’altro aspettano l’istituzione di commissioni e di aggregazioni che possano essere condivise per la formazione. Si sente molto l’esigenza di dare professionalità, perché sia le attività private che chi la svolge ha questa l’esigenza.
Una cosa molto importante che è stata evidenziata da chi svolge l’attività è quella di creare una formazione oltre che a livello regionale e nazionale anche a livello internazionale per migliorarsi e per dare una migliore qualificazione.
Dopo aver apportato alcune modifiche abbiamo votato a favore di questa legge, quindi ne condividiamo sia l’apertura che la programmazione.
PRESIDENTE. La discussione è aperta. Ha la parola la Consigliera Mammoli.
Katia MAMMOLI. Mi fa molto piacere che oggi approviamo questa legge. Come qualche tempo fa abbiamo portato in quest’Aula una certa liberalizzazione di pubblici esercizi, oggi affrontiamo i problemi dei parrucchieri, barbieri ed estetisti.
E’ vero che non esisteva un contingentamento precedente all’approvazione di questa legge sia a livello nazionale che a livello regionale rispetto ai barbieri e parrucchieri, perché trattandosi di artigianato e di servizi non poteva esserci questo contingentamento. Ma in realtà un contingentamento esisteva perché, tenendo conto di una legge fatta nel periodo fascista, nel momento in cui coloro che operavano in questo settore dovevano disporre le distanze tra un esercizio e l’altro tendevano a farle il più lontane possibile. Quindi oltre alle distanze tra un esercizio e l’altro di barbiere, parrucchiere o estetista, il fatto che non tutti i locali potevano essere utili per svolgere un certo servizio faceva sì che ci fosse, appunto, una specie di contingentamento.
Siccome i Comuni dovevano, prima di approvare le distanze di questi esercizi, tenere conto del parere della consulta fatta dagli stessi operatori delle categorie professionali e dalle associazioni di categoria, è evidente che c’era tutto l’interesse che fossero in pochi a svolgere lo stesso tipo di lavoro.
Se in passato aveva un senso il discorso delle distanze, perché per quanto riguarda soprattutto il barbiere lo si riteneva un servizio che veniva svolto nella via di appartenenza, oggi, con le abitudini della vita moderna non si ha più bisogno di considerare a quanta distanza c’è il servizio, è più necessario che si scelga il proprio barbiere o parrucchiere rispetto alla professionalità dello stesso artigiano. Quindi il discorso delle distanze non ha più senso.
Chi ha lavorato nei Comuni e chi come me ha gestito anche questo servizio ha assistito a delle situazioni di una tale ridicolaggine che dimostrava quanta attenzione ci fosse su questo. Quando si trattava di andare a misurare la distanza ci trovavamo con misurazioni diverse a seconda di chi voleva che si misurasse partendo da una certa strada o da un’altra.
Quindi fino ad ora è stato estremamente difficile gestire questo tipo di operazione proprio perché c’erano interessi contrapposti che facevano sì che fosse più difficile poter svolgere questo tipo di operazione.
Per fortuna qualche tempo fa c’è stata la modifica che ha riguardato gli estetisti, i quali fino ad alcuni anni fa, al di là del discorso delle distanze, potevano con una notevole tranquillità aprire i laboratori. Non parliamo poi dei solarium e dei centri di abbronzatura, si potevano aprire senza che ci fosse un diploma specifico per poter svolgere tale attività, si aprivano solo dopo aver imparato per due o tre ore ad usare la macchina, sapendo poi cosa significa utilizzare un macchinario per l’abbronzatura.
Con la legge di oggi si dà l’opportunità di aprire nuove attività lavorative e questo è un settore che tira molto i giovani, soprattutto i centri di estetica, perché ringraziando Dio abbiamo più possibilità economiche, c’è una progettazione, una pubblicità continua rispetto all’aspetto fisico. Pertanto di questi centri ne sorgono in continuazione e tutto sommato è bene che ci siano.
Quindi è bene che chi vuole fare questo tipo di lavoro lo possa fare tranquillamente, ma lo deve fare avendo quella professionalità che consenta di svolgere al meglio questo tipo di lavoro. Soprattutto dal punto di vista sanitario, visto che vanno ad intervenire l’uno nella testa e l’altro nel corpo delle persone, che possano farlo dopo aver conseguito un diploma che consenta con la massima tranquillità di svolgere questa attività.
A me fa molto piacere che ci sia questa legge perché gli operatori dei Comuni sul territorio non avranno più gli scontri tra chi cerca di far nascere qualche esercizio in più e tra chi continua a garantire solo quelli che ci sono, che poi sono quelli che sono già in attività e che fanno parte delle varie associazioni di categoria.
Quindi diamo l’opportunità ai giovani che vogliono fare questo tipo di professione, diamogli la professionalità e poi sarà il cliente, che in base alle professionalità maggiori o minori dell’uno o dell’altro, sceglierà l’esercizio nel quale andare, quindi lo sceglierà non certo rispetto alla distanza tra un esercizio e l’altro.
PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi passiamo alla votazione.
Articolo 1. Lo pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Articolo 2. Lo pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Articolo 3. Lo pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Articolo 4. Lo pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Articolo 5. Lo pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Articolo 6. Lo pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Articolo 7. Lo pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Articolo 8. Lo pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Articolo 9. Lo pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Articolo 10. Lo pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Coordinamento tecnico. Lo pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Proposta di legge n. 186. La pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Pongo in votazione il proseguimento della seduta.
(Il Consiglio approva)
Proposta di atto amministrativo n. 63
della Giunta regionale
“Criteri di ripartizione dei Progetti Speciali di competenza regionale – Fondo Sanitario Regionale dell’anno 2007 – Spesa di parte corrente”
Discussione
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 63 ad iniziativa della Giunta regionale. Ha la parola il relatore di maggioranza Consigliere Luchetti.
Marco LUCHETTI. Ci troviamo di fronte ad un atto amministrativo molto importante che riguarda i progetti speciali inerenti il servizio sanitario.
Si tratta della ripartizione che facciamo ogni anno di quote di risorse finalizzate a specifiche attività sanitarie che vengono sotto il nome di progetti speciali.
Come i colleghi ricorderanno su questa questione abbiamo avuto in passato varie discussioni sia per la scarsa tempestività, che questo atto purtroppo ha sempre manifestato, sia nel merito dei contenuti.
La tempestività non c’è stata neanche questa volta in quanto dovevamo presentarlo entro il 31 marzo, ma sapete che quest’anno siamo stati in presenza di un’attività abbastanza frenetica nei primi mesi dell’anno per l’approvazione del Piano sanitario e questa è una delle scusanti che debbono essere tenute in considerazione rispetto ai ritardi con cui l’atto viene presentato.
Dobbiamo invece considerare importante che questo atto sta diventando sempre più cogente rispetto al titolo stesso perché riguarda progetti speciali e specifici.
Per la verità ci siamo incamminati verso una ripulitura degli atti precedenti che avevano la caratteristica di annoverare nel proprio ambito anche attività non propriamente riconducibili ad una progettualità speciale, una ripulitura che ha portato l’entità finanziaria da molto cospicua a piuttosto risicata, si sta parlando di circa 2 milioni e 944 mila euro, mentre prima avevamo 70 miliardi di vecchie lire. Ora questa spesa è stata ricondotta ad una entità molto più piccola proprio perché la progettualità è stata finalizzata verso una specialità.
Tanto è vero che si possono annoverare progetti molto importanti e specifici. Tra quelli ripetuti negli anni precedenti ci sono, ad esempio, i progetti con l’Inail per gli incidenti sul lavoro, i progetti sugli incidenti stradali, la progettualità per la tutela degli anziani durante l’estate con il progetto Elios e il progetto per l’autismo. Ma a parte questa ripetizione ci sono altri progetti molto importanti e si è tenuto conto anche del Piano sanitario.
In questa direzione possiamo parlare sia di una progettualità speciale di una medicina d’avanguardia e innovativa come quella dell’ozono e, soprattutto, parlando di Piano sanitario, ci riferiamo a quella progettualità che abbiamo indicato per l’attività motoria con l’Università di Urbino che diventa un punto di riferimento, anche se iniziale, per quanto riguarda lo stanziamento. Una progettualità che si innesta nelle linee di Piano che devono spostare verso la prevenzione parte della finalizzazione finanziaria ed economica della sanità.
Da questo punto di vista si sono fatti passi avanti. Come Commissione abbiamo dato l’indicazione di procedere verso la direzione di porre nei budget ordinari del finanziamento del servizio sanitario alcuni progetti che sono diventati consolidati e che ricorrono abbastanza puntualmente tutti gli anni e poi si individuano progetti sempre più specifici e di grosso rilievo per quanto riguarda la gran parte delle risorse a disposizione.
Questa è la filosofia che è stata colta anche dall’Assessorato, ci ripromettiamo pertanto che entro il 31 marzo ci ritroveremo a discutere di una progettualità ancora più calzante.
Quindi mi sembra di poter sottoporre positivamente questo atto, come è stato accolto anche dalla Commissione, affinché si dia l’avvio a tutti gli altri progetti che vengono qui indicati. Sicuramente il Servizio sanitario potrà giovarne sia in termini di novità che in termini della stessa applicazione del Piano sanitario regionale.
PRESIDENTE. E’ assente il relatore di minoranza quindi apro la discussione. Ha la parola il Consigliere Bugaro.
Giacomo BUGARO. Noi siamo contrari a questa proposta di atto amministrativo perché, come abbiamo avuto modo di dire in Commissione, l’atto è arrivato in maniera tardiva sia all’esame della Commissione e quindi dell’Aula. E’ un atto di cui in Commissione ne abbiamo solo preso atto, non si è riusciti ad entrare nel merito delle questioni perché ormai i tempi erano scaduti. Addirittura bisognerà – e per questo do il conforto al Presidente della Commissione sull’emendamento – modificarlo per spostarne l’attuazione al 30 giugno 2008.
Questa comunque è l’ennesima dimostrazione di come l’Organo esecutivo si rapporta con l’Organo legislativo.
Quante volte in quest’Aula siamo tornati su questo argomento. Prima ci è stato fatto credere che l’approvazione del Piano sanitario era prioritaria e bisognava per forza approvarlo – per i noti motivi su cui non torno – entro le ferie estive, poi ci arriva quest’atto che è una polverizzazione di un serie di progetti, dei quali alcuni sono condivisibili mentre altri mostrano dei seri dubbi in quanto sono le solite prebende che la Giunta elargisce – non voglio usare termini impropri e soprattutto pesanti –, ma si capisce che sono delle dazioni in giro di accontentamento di gruppi e situazioni vicine al segno politico della Giunta, oltretutto non abbiamo neppure avuto il modo, ripeto, di poter entrare nel merito.
Il nostro voto è senz’altro negativo perché non c’è stata, appunto, questa possibilità di poterci esprimere nel merito delle questioni.
Riteniamo che anche se ci sono alcuni progetti condivisibili, altri sono un puro esempio di spreco di denaro pubblico. In questo Paese non si fa altro che parlare di antipolitica e dei costi della politica, quando poi i maggiori costi della politica vengono non tanto e non solo dai costi del mantenimento delle strutture istituzionali, ma vengono soprattutto dall’uso improprio che viene fatto del denaro pubblico. E questo è un esempio classico di quanto sto sostenendo, cioè interventi a pioggia per gli amici degli amici che in realtà non portano nessun beneficio alla crescita e allo sviluppo della comunità regionale.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Castelli.
Guido CASTELLI. Questo atto amministrativo giunge tardivamente, come peraltro abbiamo ripetutamente sottolineato in Commissione, non è la prima volta che il Consiglio regionale invoca una tempestività diversa e adeguata in riferimento a questo provvedimento che di anno in anno viene presentato sempre con la solita tardività. Ma purtroppo siamo anche nella condizione di dichiararci impotenti, Presidente Luchetti, perché ogni anno chiediamo tempestività e ogni anno questa viene disconosciuta.
Tuttavia in riferimento a quello che è accaduto per l’anno 2007 si impone una riflessione nuova e diversa e per certi versi più grave, perché siamo nella condizione di poter dire che la tardività è tale agli occhi del Consiglio, ma in realtà dissimula un atteggiamento che non esito a definire fraudolento da parte della Giunta regionale, che mentre sottopone l’atto solo oggi al vaglio del Consiglio regionale opera già da tempo come se l’atto fosse adottato, sottraendosi così al diritto-dovere di attendere l’opinione del Consiglio regionale. Mi riferisco in particolare ad uno dei provvedimenti più discutibili contenuti nei progetti che oggi dovremmo approvare, un progetto che mi fa pensare proprio all’espressione “amici degli amici” usata prima dal Consigliere Bugaro.
Credo che una parte consistente di questi progetti non sia confezionata per gli amici degli amici, però rimango attonito almeno per due di questi. Il primo è il progetto che prevede l’assegnazione al Comune di Ancona di 60 mila euro per il trasporto dei cittadini da Ancona a Torrette. Onestamente non rinnego e non disconosco il diritto e dovere del Comune di Ancona di assicurare il trasporto a Torrette dei cittadini di questo capoluogo, però contesto che sia questo il luogo dove attingere le risorse. Questo perché il trasferimento dovrebbe essere deliberato dall’Assessorato di Marcolini e assegnato per le ordinarie attività di alimentazione del trasporto urbano. Cosa c’entrano, Assessore Mezzolani, i 60 mila euro a favore del Comune di Ancona con i progetti speciali per la sanità! E questo è il primo rilievo.
In riferimento, Presidente Luchetti, a questa iniziativa, è ulteriormente sindacabile e censurabile il fatto che mentre oggi, novembre 2007, stiamo approvando questo dato, in realtà quei 60 mila euro sono stati già assegnati al Comune di Ancona il 29 ottobre. Quindi non solo stiamo facendo una cosa illegittima dal punto di vista di merito, ma facciamo una cosa illegittima anche dal punto di vista formale. C’è una determina con la quale il dirigente competente, dott. Ruta, decreta di assegnare, impegnare e liquidare la somma di 60 mila euro al Comune di Ancona per il finanziamento della spesa di trasporto. Questo è un chiaro debito fuori bilancio che oggi dovremmo sanare a posteriori sulla base di una prassi che lascio giudicare alla vostra intelligenza e alla vostra sensibilità.
Questo è un atto illegittimo, la normativa contabile prevede in questi casi che il rapporto finanziario lega chi ha deliberato la spesa in assenza di adeguata copertura e l’accipiens, il Comune di Ancona che la dovrebbe ricevere.
Io non ho nulla contro il dott. Ruta, ma non è questo il sistema, anche perché evidentemente ci sono profili di svilimento della funzione consiliare che sono tanto evidenti da non meritare ulteriori commenti.
Sotto altro profilo c’è un aspetto che non esitiamo a definire nei termini usati dall’amico collega Bugaro “gli amici degli amici”, in particolare mi riferisco ad un’altra perla confezionata dal Servizio in riferimento al progetto n. 17. Questo progetto prevede uno stanziamento importante di 223 mila euro per un capitolo che apparentemente sembra foriero di importanti effetti per quanto riguarda la comunità marchigiana, è il capitolo relativo alla realizzazione di campagne di educazione sanitarie. Chi di noi vuole disconoscere l’importanza di una corretta educazione nell’alimentazione o nelle pratiche motorie?
La cosa che non possiamo però accettare, Assessore Mezzolani, è che si usino questi soldi per finanziare la campagna di comunicazione istituzionale fatta di pubblicità sui giornali e sui muri che hanno cosparso la regione Marche nello scorso giugno in favore del Piano sanitario in itinere. Noi usiamo i soldi dei diabetici, noi usiamo i soldi che dovrebbero servire a convincere gli obesi, per fare la pubblicità agli atti della Giunta! Atti che tra l’altro in quella fase non erano neanche approvati dal Consiglio. “Nel cuore del sistema ci sei tu”, Consigliere Bugaro, tu ricorderai questa frase così foriera di speranza che affollava i desideri e le aspettative ancor prima di presentare il Piano sanitario.
Ricordo a luglio una interrogazione del collega Pistarelli che si sentì rispondere dall’Assessore Mezzolani che in effetti il capitolo da cui si era attinto per finanziare quella campagna da 111 mila euro, una botta da 200 milioni bruciati in venti giorni per fare la pubblicità ad un Piano che ancora non c’era, era il capitolo 10301 che è quello che con il progetto n. 17 andiamo ad alimentare. Sono soldi già spesi! Sono soldi spesi male! Sono soldi che oggi ci si chiede di validare nelle forme improprie e discutibili politicamente e contabilmente che li hanno riguardati nel luglio scorso.
Terzo rilievo che giustifica, secondo me, una critica di tipo di versa, ma non meno importante, è che attraverso i progetti speciali quindi dei denari che vengono ad essere utilizzati a latere di quella che è la programmazione regionale, noi facciamo una cosa molto importante, ma che è assolutamente improprio fare in questa sede. Ovvero finanziamo la convenzione con l’Università di Ancona per le attività di formazione dei corsi di laurea delle professioni sanitarie non mediche, gli ex diplomi per le infermiere. Sapete che in maniera sacrosanta questa Giunta, su nostra pressione ed è stata anche una battaglia di Cgil, ha ridelegato alle periferie le funzioni relative i corsi di laurea in particolare in scienze infermieristiche. Ma vi sembra possibile che invece di un finanziamento dedicato, programmato, stabile, noi alimentiamo questi corsi attraverso 387 mila euro che in maniera, ripeto, anche qui contabilmente discutibile, arriviamo ad assegnare ora in rapporto ad una convenzione che meriterebbe, invece, ben altra considerazione normativa, ben altra collocazione sistemica nel nostro quadro di finanziamenti.
Quindi penso che un provvedimento di questo genere non meriti attenzione, forse neanche il voto contrario sarebbe giusto perché non vorremmo apparire come coloro che dicono no ad altre cose importanti e significative che la Commissione ha encomiabilmente inserito ex novo in questo atto, mi riferisco in particolare al progetto n. 21 quello della fisiologia clinica e dell’esercizio fisico – ascrivo il merito in particolare ai Consiglieri Luchetti e Procaccini che su questa cosa si sono interessati molto – in collaborazione con l’Università di Urbino e ce ne sono tante altre di cose serie.
A questo punto penso, quindi, penso che la cosa migliore sia non partecipare al voto, in quanto non è che sono contrario a queste cose, dico però che rasenta lo sconcio la modalità con cui questa Giunta regionale ha utilizzato denari in assenza di autorizzazione consiliare, in spregio addirittura delle normative contabili.
Simili comportamenti, secondo me, meritano l’esecrazione totale del Consiglio, quindi credo di poter valutare insieme agli altri Consiglieri addirittura di non partecipare al voto affinché non si dica che siamo contrari al denaro per la ricerca sul cancro – ci mancherebbe altro –, ma siamo assolutamente contrari a questo sistema fraudolento di gestione delle risorse sanitarie.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Bugaro.
Giacomo BUGARO. Vorrei fare una domanda di carattere tecnico. Si può votare l’atto per parti separate, cioè punto per punto? Certo, alla fine con il voto finale sull’intero atto, ma visto che ci sono punti specifici si potrebbero votare come se fossero articoli di legge.
Una legge si vota articolo per articolo e poi nella sua interezza, non vedo perché non possa essere fatto anche qui, anche una mozione è un unico testo, ma si può votare anche per parti separate.
Quindi se sarà possibile chiederò la votazione per parti separate a nome mio e dei Consiglieri Castelli e Capponi.
PRESIDENTE. Non è possibile quindi passiamo alla votazione. Iniziamo dall’emendamento n. 1 della V Commissione che posticipa il tempo di scadenza per l’assunzione di impegni dal 31 dicembre 2007 al 30 giugno 2008.
Ha la parola il Consigliere Pistarelli.
Fabio PISTARELLI. Annunciamo, per le motivazioni rese già dai colleghi Consiglieri, che abbandoniamo l’Aula.
(I Consiglieri dell’opposizione abbandonano l’Aula)
Giacomo BUGARO. Chiedo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Prego i Consiglieri segretari di procedere alla verifica del numero legale.
Michele ALTOMENI. Procedo alla chiama:
Luciano Agostini presente
Michele Altomeni presente
Marco Amagliani assente
Fabio Badiali presente
Stefania Benatti presente
Massimo Binci presente
Giuliano Brandoni presente
Ottavio Brini assente
Raffaele Bucciarelli presente
Giacomo Bugaro presente
Franco Capponi assente
Guido Castelli assente
Enrico Cesaroni assente
Graziella Ciriaci assente
Francesco Comi presente
Giancarlo D’Anna assente
Sandro Donati assente
David Favia assente
Sara Giannini presente
Roberto Giannotti assente
Leonardo Lippi assente
Marco Luchetti presente
Katia Mammoli presente
Francesco Massi assente
Almerino Mezzolani presente
Luigi Minardi presente
Adriana Mollaroli presente
Rosalba Ortenzi assente
Paolo Petrini presente
Fabio Pistarelli assente
Cesare Procaccini presente
Mirco Ricci assente
Lidio Rocchi assente
Franca Romagnoli assente
Vittorio Santori assente
Daniele Silvetti assente
Vittoriano Solazzi presente
Gian Mario Spacca assente
Oriano Tiberi assente
Luigi Viventi assente
PRESIDENTE. I Consiglieri presenti sono 18, il numero legale non c’è quindi la seduta è tolta.
La seduta termina alle ore 14,05
La seduta inizia alle ore 10,10
Presidenza del Presidente
Raffaele Bucciarelli
Comunicazioni del Presidente
PRESIDENTE. Innanzitutto do il benvenuto alle ragazze e ai ragazzi della scuola secondaria di primo grado Galileo Ferraris di Falconara che sono venuti a far visita al nostro Consiglio regionale.
Do per letto il processo verbale della seduta n. 83 del 6 novembre 2007 il quale, ove non vi siano obiezioni, si intende approvato ai sensi dell’articolo 29 del Regolamento interno.
Sono state presentate le seguenti proposte di legge regionale:
- n. 195, in data 5 novembre 2007, ad iniziativa dei Consiglieri Giannotti, Tiberi, concernente: “Modifiche alla legge regionale 16 gennaio 1995, n. 12 `Ordinamento delle Comunità Montane come modificata dalla legge regionale 28 dicembre 1995, n. 66 e dalla legge regionale 20 giugno 1997, n. 35”, assegnata alla I Commissione in sede referente e al Consiglio delle Autonomie locali ai sensi del comma 4 dell’articolo 11 della legge regionale 10 aprile 2007, n. 4;
- n. 196, in data 6 novembre 2007, ad iniziativa dei Consiglieri Massi, Lippi, Viventi, concernente: “Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 6 luglio 1998, n. 21 “Interventi finanziari per il commercio”, assegnata alla III Commissione in sede referente;
- n. 197, in data 6 novembre 2007, ad iniziativa dei Consiglieri Brandoni, Altomeni, Binci, Procaccini, Benatti, Ortenzi, Mammoli, Mollaroli, concernente: “Modifiche alla legge regionale 27 luglio 1998, n. 22 “Diritti della partoriente, del nuovo o nato e del bambino spedalizzato”, assegnata alla V Commissione in sede referente;
- n. 198, in data 7 novembre 2007, ad iniziativa del Consigliere Castelli, concernente: “Modifiche alla legge regionale 25 gennaio 2005, n. 2 concernente “Norme regionali per l’occupazione, la tutela e la qualità del lavoro”, assegnata alla III Commissione in sede referente.
Sono state presentate, inalata 7 novembre 2007, le seguenti proposte di atto amministrativo:
- n. 70, ad iniziativa della Giunta regionale concernente: “Approvazione variante al piano stralcio di bacino per l’assetto idrogeologico del bacino interregionale dei fiumi Marecchia e Conca (PAI) - Integrazione aree in dissesto a rischio elevato e molto elevato: località Mercato in Comune di Casteldelci (PU), località Ugrigno in Comune di Sant’Agata Feltria (PU), località Boscara in Comune di Maiolo (PU)”, assegnata alla IV Commissione in sede referente;
- n. 71, ad iniziativa della Giunta regionale concernente: Approvazione della integrazione al piano stralcio di bacino per l’assetto idrogeologico del bacino interregionale Marecchia - Conca (PAI) relativa alle fasce del territorio di pertinenza dei corsi d’acqua ad alta vulnerabilità idrogeologica”, assegnata alla IV Commissione in sede referente;
- n. 72, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente: “Approvazione del piano stralcio di bacino per l’assetto idrogeologico del bacino per l’assetto idrogeologico del fiume Tronto (PAI)”, assegnata alla IV Commissione in sede referente;
- n. 73, ad iniziativa della Giunta regionale, concernente. “Criteri e modalità per l’erogazione di contributi a sostegno della gestione associata intercomunale di funzioni e servizi per il 2007", assegnata alla I Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio.
Sono state presentate le seguenti mozioni:
- n. 220, della Consigliere Mammoli: “Esclusione del “Coro lirico marchigiano Vincenzo Bellini” dalla Lucia di Lammermoor del Teatro Pergolesi di Jesi del novembre 2007;
- n. 221, della Consigliere Mammoli: “Sostegno economico al progetto sperimentale `L’autismo all’università’ - progetto dell’Università di Camerino per l’inserimento di un ragazzo artistico”;
- n. 222, del Consigliere Viventi: “Rincaro del prezzo della benzina”;
- n. 223, del Consigliere D’Anna: “Ventilata chiusura del distaccamento di Polizia Stradale di Fano”;
- n. 224 del Consigliere Castelli: “Crisi di una cartiera di Ascoli Piceno ed inesorabile processo di deindustrializzazione della provincia di Ascoli Piceno”;
- n. 225 dei Consiglieri Capponi, Bugaro, Cesaroni, Ciriaci, D’Anna, Tiberi, Giannotti, Lippi, Massi, Viventi, Silvetti, Castelli: “Programma di sviluppo rurale 2007 - 2013 (Reg. CE 1698/2005). Gestione delle controdeduzioni alle osservazioni UE nell’ambito del negoziato in atto con Commissione Europea”.
Il Presidente della Giunta regionale ha promulgato in data 30 ottobre 2007 il seguente regolamento:
- n. 3 “Attuazione della legge regionale 24 novembre 2004, n. 24 ‘Ordinamento del sistema fieristico regionale”.
Ha chiesto congedo il Consigliere Brini.
Sull’ordine dei lavori
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Massi.
Francesco MASSI GENTILONI SILVERI. Come è stato già accennato alla Conferenza dei Presidenti dei gruppi, come firmatari chiediamo l’anticipazione, subito dopo la parte riguardante le risposte alle interrogazioni, della mozione n. 218 sull’autonomia di Banca Marche.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Pistarelli.
Fabio PISTARELLI. Due questioni che ho già anticipato durante la Conferenza dei Presidenti dei gruppi.
La prima, che anche il collega Massi ha richiesto, è l’impegno che già vi era stato la scorsa settimana di discutere la mozione n. 218 sulla Banca delle Marche. Il sistema creditizio marchigiano è un argomento di discussione e di attenzione di queste ore, di questi giorni, di queste settimane da parte dell’opinione pubblica e dei soggetti interessati, tra questi quindi devono esserci anche le Istituzioni.
La seconda questione che ho sollevato alla Conferenza dei Presidenti dei gruppi, e che vorrei venisse ufficializzata la posizione e l’impegno che l’Assessore Marcolini nella stessa riunione ha espresso, riguarda l’Ersu di Macerata, proprio ieri c’è stata una decisione, a mio avviso grave, di commissariamento dell’Ente. Mi permetto di riferire che l’Assessore Marcolini, o direttamente l’Assessore Ascoli o il Presidente della Giunta, si è impegnato per la prossima seduta a riferire in Aula e quindi poter discutere del punto.
Io ho già oggi gli elementi per discuterne e anche se capisco che la Giunta chiede di poter fare un’istruttoria vorrei comunque che l’impegno venga ufficializzato in questa seduta odierna.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Capponi.
Franco CAPPONI. Soltanto per dire che sostengo l’anticipazione della mozione n. 218 subito dopo le interrogazioni.
PRESIDENTE. La richiesta di anticipazione del Consigliere Massi deve essere votata dal Consiglio. Per quanto riguarda, invece, la richiesta del Consigliere Pistarelli, così come accettato da tutti in sede di Conferenza dei Presidenti dei gruppi consiliari, la prossima seduta del Consiglio, dopo gli atti ispettivi, si aprirà una comunicazione sull’argomento come già richiesto alla Giunta.
Ha la parola il Consigliere Bugaro.
Giacomo BUGARO. Voglio soltanto annunciare che sulla mozione n. 218 presenterò una proposta di risoluzione.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della richiesta del Consigliere Massi di discutere dopo la mezz’ora degli atti ispettivi la mozione n. 218 “Autonomia Banca delle Marche”.
(Il Consiglio approva)
Interrogazione n. 403
del Consigliere Castelli
“Spese per il cofinanziamento regionale del Programma Aree urbane”
Decadenza
PRESIDENTE. L’interrogazione n. 403 del Consigliere Castelli decade per assenza dell’interrogante.
Interrogazione n. 672
del Consigliere Viventi
“Innovazione sistema autotrasporto merci. Potenziamento Intermodalità”
Svolgimento
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 672 del Consigliere Viventi. Per la Giunta risponde l’Assessore Marcolini.
Pietro MARCOLINI. Il Consigliere Viventi ha presentato una interrogazione a risposta orale nella quale, dopo alcune premesse relative al traffico merci ed alle recenti decisioni del Governo in merito ad alcune agevolazioni, interroga la Giunta regionale per conoscere quali azioni, oltre a quelle già attivate, intende mettere in atto affinché il Governo nazionale dia attuazione in maniera esaustiva alle disposizioni della legge n. 265/02, inserendo tra gli interventi da finanziare anche quelli rivolti alla creazione di catene logistiche ed allo sviluppo della intermodalità ed in special modo quella treno-gomma.
Preso atto che l’obiettivo della Giunta regionale è quello di favorire in ogni modo l’intermodalità del trasporto merci limitando, per quanto possibile, il ricorso al trasporto su gomma a favore dei vettori ferrovie e nave, allo stato attuale l’Interporto non essendo ancora in grado di svolgere ancora le sue funzioni in quanto non completo degli allacci ferroviari e stradali, si ritiene possibile per adesso intervenire soltanto sul traffico per ridurre la quantità di trasporto su gomma da e per il porto cercando di operare per far si che quota parte dei trailers e dei containers scaricati e caricati per i porti greci e per il resto del Mediterraneo sia immessa sulla rete nazionale via ferrovia per essere poi inviata negli interporti o nei porti di destinazione.
PRESIDENTE. Consiglieri, per cortesia, non vorrei interrompere la vostra riunione, ma dobbiamo decidere, o continuate la riunione voi o continuiamo la seduta del Consiglio!
Prego Assessore.
Pietro MARCOLINI. Per ottenere tale risultato è necessario organizzare un’apposita area di carico e scarico nei pressi del porto, servita da binari ferroviari e gestita da un operatore che abbia a disposizione locomotori e pianali ribassati atti a comporre treni bloccati da inviare a destinazione.
Vorrei segnalare come insieme al Comune siamo riusciti a evitare le radicazioni dei binari dalla zona portuale, cosa che era in procinto di essere drammaticamente realizzata.
Abbiamo mantenuto attivo il collegamento con la stazione marittima, altro elemento che era in discussione soltanto fino a pochi mesi fa.
Poiché sono state individuate dall’Autorità portuale di Ancona sostanzialmente due direttrici forti utilizzate dai trasportatori su gomma, l’una in direzione Francia e Spagna del Sud, l’altra in direzione del Centro Europa – in particolare Germania e Olanda, riorientatori del grande traffico soprattutto su merci – è possibile per tali direttrici ipotizzare la formazione di treni blocco che permettano il recapito dei carichi a destinazione al posto dell’utilizzo del solo vettore su gomma.
In tale direzione si sta orientando la Regione Marche cioè per promuovere la formazione di treni bloccati lungo le direttrici indicate, da comporre nell’area dello Scalo Marotti attualmente sotto utilizzato.
A questo scopo si stanno contattando le Regioni vicine, soprattutto l’Umbria ma anche l’Emilia Romagna e l’Abruzzo. Voglio rilevare che nel rinnovo degli organismi dell’Interporto l’amministratore di Sviluppo-Umbria è stato nominato vicepresidente dell’Interporto, che segnala una intesa che guarda in prospettiva e non si ferma all’oggi. Quindi, dicevo, rapporti rapporto con le Regioni vicine e gli operatori legati agli armatori che operano nell’Adriatico e nel Tirreno perché insieme ad alcuni gestori ferroviari si possa verificare la fattibilità di un collegamento via terra tra la sponda Adriatica ed il porto di Civitavecchia, che era la vecchia idea che riguardava anche materiale energetico, quindi collegare l’Adriatico e il Tirreno. Questo ci consentirebbe di guardare con maggiori possibilità ai collegamenti con le piattaforme logistiche del Centro Nord Europa.
Voglio ricordare, infine, che con la collega Pistelli si sta predisponendo un progetto nell’ambito del Programma Marco Polo 2 per ottenere un apposito finanziamento europeo che consenta di assistere economicamente gli operatori della gomma che faranno questa scelta.
Indubbiamente la vicenda ex Cemim ha costituito un’ipoteca per il pieno sviluppo dell’Interporto. Fortunatamente quella vicenda è alle spalle, anche da un punto di vista della gestione fallimentare sono state trovate delle soluzioni che sbloccano questa reciproca neutralizzazione sul versante giudiziario e ci fanno sperare che il piano programma adottato dall’Interporto in collegamento con il porto e l’aeroporto possano dare corpo finalmente all’unica piattaforma logistica regionale che collega, appunto, le modalità ferro, gomma e aria con una valenza di carattere nazionale.
PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Viventi.
Luigi VIVENTI. Ringrazio l’Assessore Marcolini per le informazioni che ha fornito in merito a questa interrogazione. L’unica cosa che non ho capito e che chiedevo nell’interrogazione è se per i finanziamenti previsti dal decreto del 2006, attuativo della legge del 2002, destinati verso le cosiddette autostrade del mare quindi verso le rotte esistenti, quelle cioè verso il Tirreno, la Giunta regionale è riuscita far sì che venissero dirottati verso l’Adriatico e non solo per il Tirreno.
Pietro MARCOLINI. Abbiamo avuto contatti sia con il Ministro Bianchi che con il suo staff, ci è stata dichiarata un’attenzione anche dal sottosegretario De Piccoli, stiamo cercando di dirottare – come lei dice – le risorse verso l’Adriatico.
Luigi VIVENTI. Questa è la sostanza dell’interrogazione. Grazie.
Interrogazione n. 815
del Consigliere Procaccini
“Crisi ditta di Osimo”
Rinvio
PRESIDENTE. L’interrogazione n. 815 del Consigliere Procaccini è rinviata per assenza dell’Assessore competente.
Interrogazione n. 730
dei Consiglieri Santori, Capponi
“Stato di attuazione delle politiche regionali della sicurezza dei cittadini e della integrazione dei soggetti Rom ed extracomunitari”
Rinvio
PRESIDENTE. L’interrogazione n. 730 dei Consiglieri Santori, Capponi è rinviata per assenza dell’Assessore competente.
Interrogazione n. 404
del Consigliere Castelli
“Adeguamento e ristrutturazione Rsa di Filottrano”
Interrogazione n. 405
del Consigliere Castelli
“Ristrutturazione e adeguamento Rsa in Comune di Corinaldo”
Interrogazione n. 406
del Consigliere Castelli
“Realizzazione R.S.A. n. 20 posti letto in comune di Fossombrone”
Interrogazione n. 407
del Consigliere Castelli
“R.S.A. per disabili presso l’Ospedale Muzio Gallo di Osimo”
(abbinate)
Svolgimento
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca le interrogazioni n. 404, 405, 406, 407 del Consigliere Castelli, abbinate. Per la Giunta risponde l’Assessore Mezzolani.
Almerino MEZZOLANI. Per rispondere alle richieste del Consigliere Castelli si riepilogano di seguito gli elementi più salienti, che riguardano lo sviluppo dell’intervento per la ristrutturazione dell’Rsa di Filottrano, acquisiti in collaborazione con la p.f. “Demanio idrico, porti, lavori pubblici, edilizia sanitaria ed ospedaliera “ che condivide con il Servizio salute la competenza in materia.
L’opera era ed è prevista nell’ambito della 2 della fase del Programma straordinario di investimenti in campo sanitario finanziato ai sensi dell’articolo 20 della legge n. 67/88.
Il progetto esecutivo è stato approvato dal dirigente del Servizio lavori pubblici e urbanistica il 10 febbraio 2004 per un importo complessivo di € 619.748,27 di cui € 588.760,87 a carico dello Stato, ammesso a finanziamento dal Ministero della salute con decreto del 9.03.2004.
I lavori sono stati aggiudicati e sono proseguiti fino al IV stato di avanzamento a tutto il 31 ottobre 2006; con decreto n. 420 del Servizio lavori pubblici del 21 dicembre 2006 è stata approvata una perizia di variante.
L’ultimo pagamento utile per liquidare le spese tecniche risulta essere stata effettuato ad aprile 2007. Successivamente il contratto è stato rescisso dalla stazione appaltante per gravi inadempimenti contrattuali e nel mese di luglio 2007 è stata valutata la consistenza dei lavori eseguiti prima dell’abbandono del cantiere da parte dell’impresa aggiudicataria cui ha fatto seguito, nel mese di agosto, la comunicazione di fallimento della medesima da parte del curatore fallimentare.
Attualmente è in via di completamento la predisposizione di una perizia tecnica che dovrà essere sottoposta all’approvazione del competente organo regionale per consentire il riappalto dei lavori che potrebbe avvenire entro la fine del corrente anno.
Per quanto riguarda i lavori strutturazione ed adeguamento della Rsa di Corinaldo, l’intervento era anch’esso previsto nell’ambito della seconda fase del Programma straordinario di investimenti in campo sanitario finanziato ai sensi dell’articolo 20 della legge n. 67/88.
Il progetto esecutivo è stato approvato dal dirigente del Servizio lavori pubblici e urbanistica il 24 ottobre 2003 per un importo complessivo di € 1.549.370,70 di cui € 1.471.902,16 a carico dello Stato, ammesso a finanziamento dal Ministero della Salute con decreto del 11 novembre 2003.
I lavori sono stati aggiudicati in data 28 gennaio 2004 e regolarmente consegnati all’impresa aggiudicataria in data 28 aprile 2004, quindi nel pieno rispetto dei tempi previsti dalla normativa vigente (che prevede l’aggiudicazione dell’appalto entro 270 giorni dalla data di ammissione a finanziamento del contratto entro 60 giorni dalla data di ammissione a finanziamento, la firma del contratto entro 60 giorni dalla data di aggiudicazione dell’appalto e la consegna dei lavori entro 45 giorni dalla data di stipula del contratto).
PRESIDENTE Mi scusi Assessore. Consiglieri rinnovo l’invito, non so più in quale lingua devo dirlo, ma se continuate a parlare l’interrogante non riesce a sentire la risposta dell’Assessore.
Almerino MEZZOLANI. Il 5 ottobre 2005 la Zona territoriale n. 4 dell’Asur ha presentato per la necessaria approvazione un progetto di completamento, finanziato con il ribasso d’asta ottenuto sull’appalto principale, per il rifacimento parziale della copertura; in corso d’istruttoria si rilevava l’esistenza di una variante progettuale mai approvata dagli organi competenti che, pertanto, è stata esaminata e regolarmente approvata dal Servizio lavori pubblici il 29 dicembre 2005.
Nel mese di maggio, perché poi c’è un aggiornamento, la realizzazione dell’opera risultava procedere regolarmente; la data di ultimazione dei lavori prevista originariamente per il 19 ottobre 2005 è slittata per effetto dei giorni di sospensione, dovuti in gran parte alla redazione della variante e dei giorni di proroga previsti per l’esecuzione della variante medesima.
Per quanto riguarda l’utilizzo del finanziamento assegnato a marzo risultava emesso il IV stato di avanzamento lavori per un totale di € 494.732,89 pari al 47,56% dell’importo di contratto.
Ad integrazione di questa documentazione si comunica che allo stato attuale i lavori relativi alla Rsa di Corinaldo risultano eseguiti per circa il 92% con l’emissione del VII stato di avanzamento lavori al settembre u.s..
Per quanto riguarda l’Rsa nel Comune di Fossombrone, l’intervento previsto nell’ambito della seconda fase del Programma straordinario di investimenti in campo sanitario finanziato ai sensi dell’articolo 20 della legge n. 67/88, è stato ammesso a finanziamento dal Ministero della salute il 10 ottobre 2003. La realizzazione dell’opera non ha avuto seguito in quanto il direttore generale dell’Azienda sanitaria unica regionale, con nota prot. n. 2849 del 4 agosto 2004, ha comunicato di non considerare più utile la realizzazione della struttura proponendone la sostituzione con intervento analogo in altra sede; la carenza di elementi certi di riferimento non ha successivamente consentito di procedere alla modifica dell’accordo di programma.
Il finanziamento assegnato per la realizzazione dell’opera è stato successivamente revocato dal Ministero della salute in applicazione del comma 310 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Legge Finanziaria per il 2006) e allo stato delle cose questo finanziamento verrà rimodulato dentro il nuovo accordo di programma in relazione con le esigenze che nel momento si sono determinate.
Pertanto alla luce di questo non si ravvede, come dichiarato dal Consigliere Castelli, l’ipotesi di danno erariale in quanto il finanziamento revocato permane nella piena disponibilità della Regione che nell’ambito della prosecuzione del Programma di investimenti ha la piena possibilità di riproporne l’utilizzo anche alla luce del quadro di riferimento complessivo venutosi a determinare con la recente approvazione del nuovo Piano sanitario regionale; sono attualmente in corso presso il Servizio salute, in collaborazione con le direzioni aziendali, le opportune valutazioni degli elementi istruttori necessari per la definizione di un nuovo Programma di investimenti aggiornato in tal senso. Quindi il finanziamento verrà riutilizzato in altro modo.
Per quanto riguarda l’Rsa disabili presso l’Ospedale Muzio Gallo di Osimo l’intervento era previsto anche questo nell’ambito della seconda fase del Programma straordinario di investimenti in campo sanitario finanziato ai sensi dell’articolo 20 della legge n. 67/88.
Il progetto esecutivo è stato approvato dal dirigente del servizio lavori pubblici e urbanistica il 19 maggio 2003 per un importo complessivo di € 10.426.235,85 di cui € 7.248.111,06 a carico dello Stato, ammesso a finanziamento dal Ministero della salute con decreto del 9.07.2003.
I lavori sono stati aggiudicati in data 22 dicembre 2003 e la firma del contratto è avvenuta in data 18 febbraio 2004, quindi nel pieno rispetto dei tempi previsti dalla normativa vigente che prevede l’aggiudicazione dell’appalto entro 270 giorni dalla data di ammissione a finanziamento, la firma del contratto entro 60 giorni dalla data di aggiudicazione dell’appalto e la consegna dei lavori entro 45 giorni dalla data di stipula del contratto.
La realizzazione dell’opera ha proceduto regolarmente fino all’emissione del 1° stato di avanzamento lavori, eseguiti a tutto il 26 ottobre 2004, per un importo di € 422.336,40 pari al 7,16 % dell’importo di contratto.
In data 11 aprile 2005 con determina n. 87 il direttore della Zona n. 7 dell’Asur si decideva di risolvere in danno, per grave inadempimento contrattuale, il contratto di appalto che, tra l’altro, disciplinava non solo i lavori di realizzazione del 2° lotto – oggetto della presente interrogazione –, ma anche quelli di completamento del 1° lotto della struttura; con il medesimo provvedimento il direttore dava anche atto che si provvedeva con successivo e separato atto all’approvazione di una perizia dei lavori da realizzare al fine di completare l’opera e che, successivamente, si procederà a norma di legge all’indizione di una nuova gara di appalto.
Ad integrazione della suddetta comunicazione ci sono anche altri passaggi.
Con determina n. 996 del 15 dicembre 2006 il direttore generale dell’Asur ha approvato l’aggiornamento del progetto di completamento del primo lotto e di realizzazione del secondo lotto, il cui quadro economico complessivo risulta variato a seguito della modifica ed integrazione dell’atto di concessione d’uso della struttura alla Lega del Filo d’oro come segue: € 12.811.763,94 di cui € 6.684.804,85 a carico dello Stato, € 351.858,69 a carico del Bilancio regionale, € 1.344.008,17 quale autofinanziamento aziendale e € 4.500.000,00 quale apporto della Lega del Filo d’oro.
In base al nuovo atto di concessione, pertanto, la Lega del Filo d’oro modifica da € 1.462.609,91 a € 4.500.000,00 il proprio apporto finanziario che sarà interamente recuperato dal medesimo Ente nell’arco di vigenza della convenzione stipulata con l’Asur.
Il progetto esecutivo di completamento è stato approvato dal competente Servizio regionale il 26 giugno 2007 ed attualmente è in corso la procedura per la gara di appalto che a termini di legge deve essere indetta a livello europeo in quanto l’importo dei lavori supera i 5 milioni di euro.
Nel frattempo, e precisamente in data 29 gennaio 2007, l’apposita Commissione ha completato il collaudo tecnico-amministrativo della consistenza dei lavori eseguiti prima dell’abbandono del cantiere da parte dell’impresa aggiudicataria e con la conseguente valutazione dei danni subìti dalla stazione appaltante.
PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Castelli che per la replica ha dieci minuti. Presidente Capponi, rinnovo l’invito al gruppo di Forza Italia, che oggi mi sembra abbastanza agitato, a prestare attenzione ai lavori del Consiglio.
Guido CASTELLI. Mi auguro che il gruppo di Forza Italia, a cui va tutta la mia simpatia, possa organizzare tutta la sua vitalità in maniera tale che io possa parlare delle Rsa.
In questi periodi è noto come da parte della cosiddetta società civile si alzino delle perplessità nei confronti del sistema politico e istituzionale in genere. Fra le tante ragioni che determinano il distacco tra la società e le istituzioni vi è la tematica degli sprechi, la tematica dei costi, ma anche la tematica delle lungaggini, dei ritardi, che è una tematica che spesso non viene conosciuta, ma che pure rappresenta uno degli snodi fondamentali per capire le ragioni che hanno indotto ad una certa divisione tra quello che il comune sentire della gente comune e quello che è, invece, il sistema della classe dirigente politica italiana.
Ho portato all’attenzione di questo Consiglio regionale quattro casi che credo possano essere affrontati e letti proprio alla luce di questa mia considerazione iniziale.
Quale è stato l’elemento che mi ha indotto ad interrogare l’Assessore alla sanità sulle vicende inerenti le Rsa di Filottrano, Corinaldo, Fossombrone e Osimo? E’ il fatto che io mi sono accorto che dopo anni dallo stanziamento, quindi dalla effettiva presa in carico delle possibilità economiche utili a realizzare queste Rsa, poco o nulla risulta concretamente realizzato di quelle infrastrutture destinate al ricovero degli anziani. Ecco perché ho ritenuto particolarmente necessario chiedere conto delle ragioni che hanno indotto questi ritardi, tali – lo ha appena detto l’Assessore Mezzolani – da determinare addirittura la revoca del finanziamento.
Questo corto circuito che spesso riguarda le pubbliche amministrazioni e spessissimo la Regione Marche, porta probabilmente tanta parte della nostra società marchigiana a non capire come si possa, ad esempio, pretendere l’aumento della stessa benzina – è il caso di qualche giorno fa – quando poi le risorse che vengono attinte dalle tasche del consumatore, in questo caso dall’automobilista, non trovano una rapida concretizzazione.
Ecco dunque che per parlare dell’edificio citato in riferimento anche alla Lega del Filo d’oro ci è sembrato obiettivamente strano che di quei 14 miliardi di vecchie lire alla data di maggio 2006 non erano stati utilizzati il 90% di quei fondi.
Credo che questo sia un aspetto che per quanto riguarda la sanità marchigiana meriti un’attenzione particolare.
Sappiamo anche che la Regione fu punita dalla Finanziaria del 2005 che arrivò addirittura a revocare 160 milioni di euro, quindi 340 miliardi non utilizzati, peraltro nello stesso momento in cui vengono lanciati gli allarmi circa l’insufficienza delle risorse, la carenza dei denari per alimentare il nostro Servizio sanitario regionale. Quindi un vero e proprio paradosso che porta i soldi effettivamente giacenti a non essere utilizzati e i soldi necessari per fare altri interventi e quindi poter finanziarie altre attività nel mondo sanitario a non essere presenti.
Credo che da questo punto di vista sia assolutamente necessario che l’efficienza e l’efficacia del Servizio sanitario regionale e più in generale della Regione Marche costituiscano il primo punto di una riflessione certa, sicura e determinata perché, secondo me, è scandaloso che non vengano utilizzati soldi che lo Stato ci assegna per avanzare in quei progetti che comunque afferiscono anche alla problematica della non autosufficienza.
Vedo passare davanti a me il Presidente della V Commissione che da sempre prende in considerazione questa problematica con il piglio e la convinzione che gli deriva anche dal suo passato di sindacalista, sa bene anche lui che la vicenda della mancata utilizzazione delle risorse sanitarie rappresenta una delle pagine che maggiormente determina l’opportunità di un rossore nelle gote dei nostri membri della Giunta regionale.
Tra l’altro qualche mese fa l’Assessore Mezzolani con la giusta enfasi annunciò il fatto di aver recuperato quei famosi 160 milioni di vecchie lire che nel frattempo ci erano stati tolti per l’inefficienza del sistema. Da lì questo annuncio e una serie di procedure e di riunioni che vennero convocate dal direttore dell’Asur e dallo stesso dirigente del Servizio che dovevano stabilire il nuovo piano di utilizzo di questo denaro. Nelle nostre zone territoriali giacciono – è il caso di usare nuovamente questo verbo – tanti progetti rispetto ai quali gli stessi direttori non sanno benissimo che tipo di destino pensare o ipotizzare.
Il 10 maggio 2007, Presidente Luchetti, i direttori di Zona vennero convocati proprio perché dovevano prendere in esame l’elenco di tutti i progetti giacenti rispetto ai quali si trattava di valutare con esattezza, precisione e realismo quali fossero da aggiornare per poi essere portati a finanziamento.
Nella seconda stesura del Piano sanitario nella parte finale – come è noto ne ha avute quattro – venne enucleata una proposta – non so se ve la ricordate – dove si ipotizzavano addirittura investimenti per 330 milioni di euro di cui 210 di pertinenza Asur, quindi Azienda territoriale sanitaria, e 120 delle Aziende ospedaliere. Si vide bene di fare una grande raccolta di tutto il passato, dalla Piramide di Cheope al Circo Massimo, per arrivare poi al Muzio Gallo di Osimo, in cui si volle descrivere lo stato dell’arte. Quindi tanti direttori di Zona si avvicinarono positivamente rispetto a quell’elenco e vennero, dopo che l’elenco venne espunto dalla quarta versione del Piano sanitario, convocati all’ultima riunione del 31 luglio di cui recano traccia e mappe interne all’Asur. Ovvero entro il 31 luglio si doveva procedere con un deciso passo in avanti per stabilire quali infrastrutture realizzare sulla base delle risorse effettivamente disponibili, cioè quali opere tornare a credere necessarie per il nostro servizio.
Da quel 31 luglio non si è saputo più niente, la nebbia è più fitta che mai, una vera coltre fumogena ha di nuovo avvolto le stanze dell’Asur che ci hanno recentemente anche resi edotti di altre problematiche riguardanti questa ormai eterna diffida che sta costellando il Sistema sanitario regionale tra il direttore dell’Asur Maluccelli, i direttori di Zona e tutta questa grande confusione che sta dominando il nostro Servizio sanitario regionale.
Morale, caro Assessore Mezzolani, è che i ritardi non sono ascrivibili alla sua gestione, lei probabilmente dovrebbe essere considerato il vero e proprio cireneo della Regione Marche, ma questo giudizio benevolo, che in genere io le riconosco, verrà meno perché ormai da un po’ di tempo galoppa la nuova stagione.
La stagione dei Ruta e dei Maluccelli è iniziata l’anno scorso ed io la diffido ormai ad invocare il passato per giustificare certi ritardi, ormai dopo un anno lei perde il bonus di scusanti e di giustificazioni che derivano dal fatto che lei è l’Assessore sopraggiunto. Dunque ormai lei è l’Assessore pienamente responsabile della gestione Maluccelli e Ruta che anche da questo punto di vista sembra fare acqua da tutte le parti.
Il 30 novembre è vicino, termine entro il quale la Giunta regionale dovrà depositare la proposta organica di riforma del sistema; la attendiamo, caro Assessore, e dal 1° dicembre Alleanza Nazionale scenderà in piazza per rendere informati tutti i cittadini marchigiani di quali stasi ed inerzie la vedono responsabile in quello che non esitiamo a definire il tracollo del Servizio sanitario regionale.
Interrogazione n. 878
dei Consiglieri Procaccini, Brandoni, Binci
“Chiusura di una cartiera di Ascoli Piceno”
Interrogazione n. 889
del Consigliere Castelli
“Crisi Ahlstrom ed inesorabile processo di deindustrializzazione della provincia di Ascoli Piceno”
Interrogazione n. 890
del Consigliere Rocchi
“Grave situazione occupazionale nell’ascolano determinatasi a seguito di progressivi processi di deindustrializzazione in atto”
(abbinate)
Svolgimento
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 878 dei Consiglieri Procaccini, Brandoni, Binci, alla quale vengono abbinate anche le interrogazioni n. 890 del Consigliere Rocchi e n. 889 del Consigliere Castelli che sono state presentate dopo l’invio dell’ordine del giorno. Invece, la mozione n. 224, sempre di argomento identico, verrà iscritta all’ordine del giorno così come previsto dal regolamento.
Per la Giunta risponde l’Assessore Ascoli.
Ugo ASCOLI. Nelle interrogazioni ci sono due problematiche diverse da affrontare, una è la situazione della azienda Ahlstrom e l’altra che è sì correlata a questa, ma che ha anche altre motivazioni riguardante l’economia del territorio piceno, intendendosi con questo soprattutto la parte meridionale della provincia attuale di Ascoli Piceno.
La Ahlstrom è una società internazionale leader nella produzione di materiali ad alte prestazioni a base di fibre e serve mercati in tutto il mondo. Le soluzioni sono utilizzate in una ampia gamma di prodotti di uso quotidiano per l’ambiente, la sanità, i trasporti, gli imballaggi, la casa e l’ufficio. Con sede ad Helsinki, quotata in Borsa nella capitale finlandese, è divisa in cinque business area e ha circa 6.500 dipendenti.
Compete in un mercato globale di dimensioni mondiali attraversato da una crisi del settore cartario determinata dagli elevati costi energetici e delle materie prime.
In particolare, il comparto delle carte speciali ha risentito, oltre che ai fenomeni sopra indicati, di numerose criticità quali un sistema di estrema competizione sui prezzi di vendita, l’aumento del costo delle materie prime (cellulosa e prodotti chimici) e dell’energia.
Per fronteggiare ciò il gruppo Ahlstrom ha maturato la decisione di focalizzare gli investimenti e le acquisizioni su business che garantiscono maggiore sostenibilità a lungo termine.
La produzione di Ahlstrom Turin Spa, quella che opera in Italia, si articola in tre comparti:
- Release & Label Papers in Mathi (TO) produce carte base da siliconare;
- Filtration in Mathi (TO) produce media filtranti destinati principalmente al comparto automobilistico;
- Coated One Side in Ascoli Piceno produce carte grafiche per l’imballaggio flessibile.
Nello stabilimento di Mathi (TO), al fine di salvaguardare la propria posizione sul mercato, la Società ha implementato una serie di azioni volte alla riduzione di costi fissi e al massimo utilizzo degli impianti, attraverso l’adeguamento della struttura aziendale e dei modelli gestionali. In data 30 ottobre 2007 con lettera raccomandata agli Enti e alle Strutture previste per legge la Ahlstrom avviava le procedura di mobilità ex articoli 4 e 24 legge n. 223/91 per n. 195 lavoratori di cui n. 43 impiegati e n. 148 operai, n. 1 quadro e n. 3 dirigenti dello stabilimento di Ascoli Piceno, con conseguente chiusura dello stabilimento stesso.
Oltre a quanto sopra specificato, vengono indicate anche le motivazioni che seguono.
Lo stabilimento di Ascoli Piceno ha registrato nell’ultimo triennio risultati negativi di bilancio:
- 2006: fatturato € 69.437.000,00, con decremento del 2,0 % sull’anno precedente con risultato operativo negativo per € 781.000,00;
- 2005: fatturato € 70.837.000,00 con incremento del 14,0 % sull’anno precedente dovuto in parte ad un provento straordinario cioè il ripristino del valore delle immobilizzazioni per € 3.983.000,00;
- 2004: fatturato € 62.094.000,00 con incremento del 3,0 % sull’anno precedente;
Tali risultati hanno pesato in maniera rilevante sul bilancio complessivo dell’azienda considerando che:
- nel 2005 le tonnellate vendute sono state pari a 81.886, nel 2006 pari a 75.576 e il venduto nell’anno corrente (fino al 30 settembre) è stato di 57.367 tonnellate;
- il gross margin nel 2005 è stato di € 20.325.000,00, nel 2006 di € 17.433.000,00 e nell’anno in corso (fino al 30 settembre) di € 12.608.000,00;
- l’Ebit, ante imposte, nel 2005 è stato di € 6.244.000,00, comprensivo del valore delle immobilizzazioni di cui al punto precedente, nel 2006 è stato negativo per 1.493.000,00 e nell’anno in corso (fino al 30 settembre) negativo per € 689.000,00;
Nel corso degli ultimi anni la Società ha operato numerosi investimenti nello stabilimento di Ascoli Piceno allo scopo di ottimizzare il processo produttivo, rendere gli impianti più efficienti e diversificare e aumentare le tipologie di carta prodotte. Nonostante ciò e a fronte della criticità determinata dall’impossibilità di comprimere ulteriormente i costi fissi e dell’aggravarsi della crisi del mercato le situazioni non sono migliorate.
La quotazione dei prezzi è eccessivamente elevata rispetto alle aspettative dei clienti, l’impossibilità di proporsi con offerte competitive sul mercato non consentono di prevedere per lo stabilimento di Ascoli Piceno alcuna possibilità di ripresa. I motivi tecnici, organizzativi e produttivi per i quali si ritiene di non poter fare ricorso a strumenti alternativi per evitare la mobilità e di conseguenza la cessazione della produzione sono i seguenti:
- la crisi in cui versa lo stabilimento di Ascoli Piceno ha natura strutturale e non congiunturale;
- la progressiva perdita di commesse;
- la mancanza di sufficienti nuove commesse acquisibili e idonee per tipologia e volumi per consentire un conveniente utilizzo dello stabilimento di Ascoli Piceno;
- la mancanza di una concreta possibilità di riportare, stanti i costi di produzione, lo stabilimento di Ascoli Piceno a livello di redditività.
Fin qui l’analisi dell’azienda, ora concludo con la procedura di mobilità.
E’ disciplinata dalla legge n. 223/91, avviata dall’azienda in data 30 ottobre 2007 consiste in una prima fase dove le OO.SS. hanno facoltà di avviare, entro 7 giorni dalla data di ricevimento della comunicazione, l’esame congiunto per esaminare le cause dell’eccedenza e la possibilità di utilizzazione diversa del personale al fine di attenuare sul piano sociale le conseguenze dell’eccedenza. In tal modo si instaura la procedura sindacale che deve esaurirsi entro complessivi 45 giorni.
La Regione sta aspettando che si concluda questa fase che ha la durata di 30 giorni, convocherà le parti per tentare la conciliazione della controversia anche formulando proposte per la realizzazione di un accordo che preveda l’uso di altri strumenti di ammortizzatori sociali.
La Regione farà ogni possibile sforzo per utilizzare nel modo più efficace tutto il periodo accordato dalla legge, esplorando qualunque possibilità di raggiungere un accordo tra le parti sociali finché esista una pur minima prospettiva di esito positivo della mediazione.
Tuttavia, e qui vengo alla seconda parte, questa situazione della Ahlstrom è un’ulteriore questione che si aggiunge ad altre che hanno già interessato questo tessuto sociale-economico della provincia di Ascoli Piceno, in questa area c’è una perdita di produttività complessiva, c’è una crisi strisciante nel settore agro-alimentare e dei grandi gruppi multinazionali che si sono collocati in questa area nei decenni passati.
Quindi siamo consapevoli, e come Giunta ne abbiamo già discusso, che ci sia una specificità economica da prendere in considerazione per questa parte della nostra provincia e stiamo valutando azioni e misure che possano, nell’ambito della programmazione complessiva della Regione, realizzare concreti programmi per migliorare l’attività occupazionale di questa provincia.
Contemporaneamente partecipiamo già al tavolo che ha insediato la Provincia di Ascoli Piceno sull’economia e sulla produzione della stessa provincia e stiamo valutando insieme quelle misure che sul fronte delle politiche attive del lavoro possano migliorare la situazione.
Ricordo, a dimostrazione che la crisi è seria e strutturale, che è l’unica provincia nella nostra regione che vede aumentare anche il tasso Istat ufficiale di disoccupazione femminile, nelle altre tre province, invece, il tasso è diminuito.
Questo è l’indicatore delle ulteriori difficoltà che ci sono, così come c’è, notoriamente, una maggiore proporzione di persone disoccupate con diploma e con laurea.
Ci troviamo di fronte ad un problema grave che la Giunta non intende sottovalutare. Affronteremo la questione con una serie di strumenti che vanno dalle politiche infrastrutturali, alle politiche dell’industria, dell’innovazione e del lavoro, e valuteremo anche se c’è la possibilità, come si chiede nell’interrogazione presentata dal Consigliere Rocchi, di estendere a questa parte della nostra regione alcune misure, come quelle pensate per le regioni meridionali, al fine di consentire un’ulteriore boccata di ossigeno per questa provincia.
Quindi l’impegno della Regione è massimo, gli strumenti sono molti, però non possiamo pensare nel brevissimo termine di invertire la situazione in quanto si tratta di crisi strutturale dovuta al fatto che questa provincia è l’unica zona delle Marche che ha avuto una sua atipicità nello sviluppo economico basato sul fatto che c’era, come noto, la Cassa del Mezzogiorno e questo aveva favorito l’insediamento di grandi gruppi industriali e di multinazionali e che, ahimé, si stanno progressivamente ritirando per effetto dei processi di globalizzazione.
C’è in atto un confronto anche con le forze sociali, informeremo il Consiglio dei passi che stiamo facendo e dei progressi, che speriamo di fare insieme alle altre istituzioni locali, per migliorare la situazione della provincia.
PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Procaccini.
Cesare PROCACCINI. Ringrazio l’Assessore Ascoli, ma in realtà siamo di fronte nel sud delle Marche ad una crisi strutturale che ha bisogno di un intervento complessivo.
Non sarebbe male che il Consiglio regionale dedicasse una sessione specifica sulle possibilità dello sviluppo della nostra regione ed in particolare della provinciali di Ascoli che ha bisogno di una modificazione sostanziale del proprio modello di sviluppo.
Le competenze regionali sono scarse in termini di risorse, tuttavia l’indirizzo politico può essere all’altezza della situazione nei diversi settori, da quello manifatturiero, a quello del turismo, del mare e della cultura.
Nella provincia di Ascoli in generale occorre recuperare una unitarietà regionale all’interno di una visione nazionale ed europea della regione Marche.
Discutiamo della vertenza della chiusura o della possibile vendita della cartiera multinazionale Ahlstrom che nel suo gruppo unitario ha quasi 7 mila lavoratori, e parliamo della cartiera di Ascoli Piceno di licenziamenti di 200 persone.
Intanto vogliamo esprimere la solidarietà ai lavoratori in lotta per il proprio posto di lavoro e anche il sostegno alle Organizzazioni sindacali che sono al lavoro per cercare di recuperare una situazione che in larga parte è compromessa.
Questa situazione avviene in un contesto dove in meno di un triennio la provincia di Ascoli Piceno ha perso 10 mila posti di lavoro in tutti i settori, dal calzaturiero, all’agricoltura e all’alimentare. Negli ultimi mesi si annunciano altre chiusure, oltre ad Ahlstrom con 200 posti di lavoro, la Slg Carbon, altra multinazionale, con 150 posti di lavoro.
Il problema delle politiche attive regionali vanno nella necessità di essere riconvertite, in primo luogo con un sostegno alle imprese che dia garanzia di contratti a lungo termine e poi, soprattutto, di vedere – di prenderne atto, come diceva l’Assessore Ascoli – se l’impegno istituzionale della Regione Marche può servire ad orientare un diverso modello di sviluppo, a creare ed allargare un ammortizzatore sociale di tipo generalizzato, sia regionale che nazionale.
La Regione Marche deve soprattutto vedere se può intervenire, attraverso le proprie leggi di settore, per aiutare chi è rimasto indietro nello sviluppo economico.
Mentre discutiamo del bilancio regionale – sappiamo che è difficile farlo quadrare in virtù delle sempre maggiori difficoltà e della forbice che si allarga tra la necessaria esigenza e la possibilità reale – dobbiamo orientarlo, anche all’interno di questa contraddizione, con una selezione per aiutare la provincia di Ascoli Piceno e il suo settore produttivo affinché ci sia un’evidenza della Regione Marche di fronte all’impegno per questo obiettivo.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Rocchi.
Lidio ROCCHI. Pochissime considerazioni perché già il collega Procaccini ha detto di questo problema impellente che c’è nella provincia di Ascoli Piceno.
Questa crisi sta mortificando molte famiglie dell’ascolano; ricordo che 40-50 anni fa con il provvedimento nazionale della Cassa del Mezzogiorno si poteva riuscire a superare, anche se parzialmente, i problemi che c’erano allora.
Qui ci troviamo in una situazione vergognosa, non è possibile che nel 2007 ci possano essere mille o duemila lavoratori che non hanno più il posto di lavoro. L’Assessore Agostini lo sa bene.
Credo che la Regione debba essere presente, magari con un tavolo di concertazione, in modo da poter raggiungere almeno qualche risultato.
Non è possibile che il sud di questa regione deve sempre essere messo nelle condizioni di non poter reagire a quello che sta succedendo.
Quindi chiedo alla Giunta che occorre avere più attenzione e possibilità – lo diceva giustamente l’Assessore Ascoli – di poter dare, anche con lo scarso bilancio che abbiamo, a questi operai la possibilità di avere fiducia nel futuro.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Castelli.
Guido CASTELLI. Ringrazio anche gli altri Consiglieri che si sono dedicati a questo problema. Ha detto bene l’Assessore Ascoli sul fatto che ormai è necessario che la Regione prenda atto che esistono due Marche.
Vi prego di credermi se vi dico che la cosa non viene formulata dal sottoscritto perché abita ad Ascoli Piceno, ma tutti i marchigiani devono prendere atto di questo dato di cui sicuramente né io, né l’Assessore Agostini, né gli altri siamo soddisfatti.
Noi non veniamo qui a parlare della crisi Ahlstrom con il cappello in mano, invocando leghismi inutili e sciocchi o localismi per agitare le acque, perché quello delle due velocità delle Marche è un dato oggettivo ed è un dato oggettivo il fatto che ci sia un’assoluta necessità che la Regione debba assumere un atteggiamento culturale specifico verso una realtà che è diversa perché, ad esempio, non ha mai fatto parte dal punto di vista economico del modello marchigiano.
Il modello marchigiano fatto di piccola e media impresa connotata da una grande capacità di inventiva e di ricerca non ha, se non in maniera molto marginale, riguardato la provincia di Ascoli Piceno che ha una storia diversa che è quella della grande industria. E’ ancora la zona delle Marche in cui il tasso di occupazione nella grande industria ha caratteri addirittura superiori alla media nazionale fintanto che questo dato sarà confortato dall’esistente, ma l’esistente purtroppo è pregiudicato nella maniera che hanno descritto prima l’Assessore Ascoli e i colleghi Consiglieri.
Quando parlo di atteggiamento culturale parlo della necessità, secondo me, di fare cose utili e concrete che abbiano comunque nella programmazione regionale un riferimento specifico alla situazione ascolana.
Ad esempio, il caso dell’intervento comunitario. Noi abbiamo qualche mese fa previsto le forme di utilizzo dei fondi comunitari per quanto riguarda il Fers e altro, lo abbiamo fatto memori di una nuova impostazione che l’Unione europea ha dato alla programmazione comunitaria, si è superato il concetto di zonizzazione, che in qualche misura privilegiava le aree in declino industriale che venivano classificate forse in maniera troppo formale e rigida, ma che sicuramente risultavano beneficiarie delle provvidenze finalizzate al riequilibrio dei territori.
E’ evidente che l’aver concepito una programmazione comunitaria, che da questo punto di vista supera, perché lo doveva fare forzosamente, il concetto di zonizzazione, ma che rischia di non evidenziare con la dovuta specificità le esigenze della parte sud delle Marche, è un problema.
Quindi bisogna fare in modo che i fondi comunitari vengano erogati nel rispetto della finalità che la stessa Unione europea assegna a quei fondi, che sono fondi per il riequilibrio dei territori.
Secondo punto. Nella politica fiscale non credo di dire un eresia se invito la Giunta regionale a valutare la possibilità di un trattamento non omogeneo perché ci sono zone ricche e ci sono zone povere.
Io non so quali potrebbero essere materialmente i sistemi per declinare questo principio, ma è comunque un’esigenza. Dico un’eresia se arrivo a proporre che per le zone in declino industriale ci possa essere una rimodulazione dell’Irap, cioè della misura che riguarda le imprese?! Non parlo dei consumi o del reddito delle persone fisiche, ma l’Irap possiamo cominciare a ripensarla per le aree non solo ascolane, perché il declino industriale non è solo ad Ascoli, ma anche per alcune zone dell’entroterra maceratese e il fermano?!
E’ arrivato o no il momento di evitare quell’atteggiamento un po’ lezioso che ha ispirato il Presidente Spacca quando, presentando il rapporto Censis sul nostro sistema industriale, ha forse indugiato un po’ troppo sugli aspetti positivi che sicuramente ci sono e che ci rendono orgogliosi di avere in alcune zone di questa regione dei veri e propri esempi di produttività, di redditività e di creatività?
Il senso di questa nostra discussione è questo: dico sì alla proposta di chi mi ha preceduto riferita ad una sessione specifica su questo problema, dico soprattutto sì all’adozione in maniera sistematica di una forma mentis, quella di chi deve, se ha a cuore certi problemi sociali ed economici, capire e pensare definitivamente che le Marche sono a due velocità. Di questo problema dobbiamo farci carico da Gabicce ad Arquata del Tronto.
Mozione n. 218
dei Consiglieri Massi, Capponi, Benatti, Rocchi, Lippi, Mammoli, Pistarelli, Brandoni, Giannotti
“Autonomia Banca Marche”
Discussione e votazione risoluzione
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la mozione n. 218 dei Consiglieri Massi, Capponi, Benatti, Rocchi, Lippi, Mammoli, Pistarelli, Brandoni, Giannotti.
Comunico che il Consigliere Santori ritira la sua adesione a tale mozione, quindi la sottoscrizione alla stessa.
Ha la parola il Consigliere Massi per l’illustrazione.
Francesco MASSI GENTILONI SILVERI. Sarò breve anche perché penso che ci saranno tanti interventi dei firmatari della mozione e anche di quelli che non hanno firmato.
E’ una mozione che approda in Aula per far pronunciare questo Consiglio su un tema particolarmente sentito in questo momento. Avete visto quale sia l’eco che c’è in tutti i media di questa regione e sui giornali specializzati del nostro Paese.
La prima valutazione è: c’è una legittimazione ed un’opportunità per il Consiglio regionale di occuparsi di questa vicenda?
Come ha dimostrato il punto precedente riguardante un’azienda dell’ascolano in forte difficoltà occupazionali, ma come ha dimostrato anche un po’ tutta la storia del nostro Consiglio regionale dove si sono affrontati problemi sia internazionali che locali, credo che ci sia una forte legittimazione, oltre ad una chiara opportunità, che il Consiglio regionale si pronunci anche su questa vicenda.
La vicenda è strettamente privata? Credo che per l’esperienza che hanno tutti i Consiglieri che siedono qui la risposta è estremamente semplice: non può essere considerato un fatto privato innanzitutto per la natura stessa delle casse di risparmio da cui derivano le fondazioni e la Banca Marche oggi.
Il carattere economico-sociale ed economico-solidaristico delle casse di risparmio è storia delle casse stesse, non dobbiamo risottolinearlo noi.
La caratteristica di Banca Marche è legata anche all’esperienza ormai consolidata di tre fondazioni che hanno segnato una svolta nella storia del nostro territorio a livello economico, sociale, culturale e solidaristico.
Il pronunciamento del Consiglio regionale oggi, che certamente è un invito, è un auspicio, non ha alcun valore cogente, è fatto nella consapevolezza che la Regione Marche e il Consiglio regionale seguono questa vicenda con preoccupazione, con un’ansia particolare, affinché l’autonomia e l’indipendenza di Banca Marche in questo momento sia la garanzia per il tessuto economico locale di avere ancora un interlocutore autorevole, come è stato nella storia più o meno recente. Un interlocutore autorevole soprattutto per la piccola e media impresa di ogni genere e anche per la quasi totalità degli enti locali di questa regione. Sottolineo che l’85% delle tesorerie dei nostri enti locali ce l’ha Banca Marche.
Sapete delle sponsorizzazioni – a parte quel giro colossale di finanziamenti che sono arrivati dalle fondazioni, ne sanno qualcosa i nostri Assessori alla cultura, ai servizi sociali, alla sanità – che sono arrivate e continuano ad arrivare alla nostra realtà economico- sociale da parte della Spa Banca Marche.
Altre esperienze insegnano che se la sede e il cervello pensante delle banche dopo le fusioni sono altrove, quindi non più nelle Marche, ci saranno più difficoltà, questo è chiaro, è sotto gli occhi di tutti.
Quando si parla dell’internazionalizzazione, della globalizzazione e della capacità di una banca di stare sul mercato e di essere competitiva, è troppo facile dire che si deve perdere l’autonomia che c’è perché solo nei grandi gruppi è possibile raccogliere questa sfida.
Voglio citare alcuni passaggi che sono in una recente relazione di un personaggio, che molti colleghi qui conoscono, parlo del Presidente dell’Associazione delle Casse di risparmio d’Italia Guzzetti, dove di fronte a Padoa Schioppa e Mario Draghi ha pronunciato queste frasi: “I dati proposti anche quest’anno dalla relazione di Banca d’Italia forniscono un’evidenza che parla largamente a favore delle banche locali. Negli ultimi dieci anni le banche di minor dimensione hanno visto la loro quota di mercato crescere di nove punti percentuali, tanto nel caso dei finanziamenti alle imprese quanto nel caso del prestito alle famiglie. Nel campo della raccolta si è rafforzata la loro capacità di attrazione della clientela già tradizionalmente forte. Nelle realtà urbane più ridotte vivono e lavorano tre italiani su cinque e in queste aree le banche di minore dimensione localizzano l’80% dei loro sportelli. I prestiti fino a 2 milioni e mezzo di euro costituiscono oltre i due terzi dei finanziamenti da loro erogati alle imprese. Tutto questo non per negare che le banche d’Italia maggiori possano trovare significativa opportunità di crescita nella nuova realtà europea, ma per sottolineare che soprattutto nel caso delle famiglie e delle piccole imprese il mercato continua a proporsi nella forma di un articolato mosaico e non come un’entità indifferenziata. Le banche minori rimangono le strutture più sensibili per cogliere le diversità dei territori in un contesto di più intenso confronto competitivo e sapere individuare un mercato di riferimento adatto alle proprie capacità umane. Ieri come oggi rimane la vera condizione di sviluppo tanto per la banca piccola quanto per la banca grande.”.
Questo lo dice un tecnico di spessore nazionale e internazionale come Guzzetti che voi conoscete. Sembra la fotografia della realtà dei rapporti tra le nostre banche, i nostri poteri locali, le nostre imprese e le nostre famiglie.
A questo si aggiunge anche la preoccupazione dei lavoratori di Banca Marche. Purtroppo l’esperienza delle fusioni ci dice che le chiusure degli sportelli, laddove non ci sono movimenti economici di castelletto sufficienti, ci sono state. Questo tante volte anche alla faccia delle realtà più disagiate, quelle montane o più lontane dove magari non c’è tanta economia, ma dove c’è più sociale e quindi più bisogno di solidarietà.
Tutto questo, cari colleghi, ci ha portato – questa è una mia grande soddisfazione come consigliere di questo Consiglio – a ritrovarci con le firme di colleghi di diversi schieramenti e partiti, a testimonianza del fatto che abbiamo pensato insieme, uguale, nello stesso momento e sulle stesse cose.
Mi auguro che ci sia su questo ulteriore convergenza anche di quei Consiglieri che non hanno firmato e quindi che siano fugate le perplessità dei Consiglieri che oggi hanno qualche titubanza su questo argomento.
Nei prossimi giorni ci saranno delle decisioni importanti, quindi a cominciare da domani che ci sia una riaffermazione del ruolo di questo istituto, con la sua autonomia, con la sua indipendenza e con la sua forza, in quanto tutti i dati dell’ultima gestione semestrale depongono a favore della capacità di questo istituto di stare sul mercato anche internazionale.
Fugata al questione dell’indipendenza e dell’autonomia non è detto che in futuro non ci potrà essere spazio per altre operazioni di parternariato con istituti autorevoli. Questo sicuramente sarà forse auspicabile e possibile, ma oggi credo che questo Consiglio, come tutta la nostra comunità, debba avere l’interesse a rafforzare sul territorio l’autonomia e il prestigio dell’istituto Banca Marche.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Pistarelli.
Fabio PISTARELLI. Sono firmatario della mozione che è in discussione insieme a tanti altri colleghi e sono stato in più di un’occasione l’autore anche di interventi pubblici. In tempi non recentissimi sollevai la questione all’opinione pubblica di quanto stava avvenendo già nel mese di giugno, e non direi in Banca Marche, ma nel sistema creditizio marchigiano.
Penso sia necessario fare oggi una sintetica cronistoria della realtà del sistema creditizio marchigiano e in particolare della realtà di Banca Marche.
Banca Marche è stata una felicissima intuizione a cavallo tra gli anni ‘80 e ’90 di un modello marchigiano di efficienza, di radicamento, di espressione globale e vera del territorio sul versante del credito.
Dico questo perché dalla storia di Banca Marche si evince fortemente questo elemento, la Cassa di risparmio della provincia di Macerata che unisce le proprie forze con Jesi e con Pesaro per rilanciare quella che è stata un’esperienza molto positiva nata in provincia di Macerata, appunto quella di Carima (Cassa di risparmio della provincia di Macerata), rilanciarla e rafforzandola come modello marchigiano è stata un’intuizione veramente positiva che ha avuto effetti molto molto importanti nel nostro tessuto sociale ed economico.
Questo modello, ne parlano i numeri, ha funzionato sia per le ricadute sociali ed economiche, sia per quanto concerne i bilanci e la solidità del gruppo che si è formato, ma soprattutto per la governance, cioè il fatto di aver scelto di essere marchigiani dalla testa ai piedi.
Le fondazioni che detengono la maggioranza del capitale sociale sono l’espressione vera e diretta di coloro che hanno costruito questo sistema.
Oggi la discussione deve vertere su questo. Vogliamo cambiare questo modello? Vogliamo fare sì che prevalgano ragioni tutte economiche e tutte di convenienza interna all’assetto societario alla proprietà della Banca Marche o vogliamo fare in modo che queste caratteristiche, che io ho richiamato brevemente, ma che si evincono dalla storia di questa banca, rimangano fortemente come modello positivo? Un modello positivo che ha funzionato, che certamente potrà avere ulteriori sviluppi e impulsi attraverso incontri, interrelazioni, innesti di ulteriori componenti sociale, ma che non devono assolutamente perdere di vista la caratteristica attuale di questa azienda di credito, cioè il fatto che la proprietà sia in mano alle fondazioni. Fondazioni che sono espressione della storia del credito marchigiano attraverso Carima, Cassa di risparmio di Jesi e Cassa di risparmio di Pesaro. Le fondazioni sono l’espressione delle categorie, dei tanti soci, di coloro che hanno nel tempo fatto crescere la Banca delle Marche.
Ecco perché oggi non è una indebita “ingerenza” il dibattito che stiamo facendo, oggi anche l’Istituzione regionale, come le tante Istituzioni locali che tra l’altro hanno già fatto le loro prese di posizione, deve parlare, deve dire la sua. Perché? Perché proprio la lettura dell’attuale governance, dell’attuale proprietà, degli attuali assetti, cioè quelli che passano attraverso le tre fondazioni (Cassa di Risparmio di Macerata, di Jesi e di Pesaro) ci dice che è il radicamento territoriale, che è il fatto di essere stati gli artefici come territorio, come categorie, come imprese, come piccole e medie realtà economiche delle Marche, della costruzione di questo modello. Quindi non dobbiamo perdere questa caratteristica e questa natura.
Ecco perché le Istituzioni devono dire la loro, perché la Banca delle Marche deve continuare ad essere espressione della sua storia e della sua evoluzione fino ai giorni nostri.
L’operazione che sta un po’ preoccupando o comunque interessando l’opinione pubblica e i vari soggetti, siano essi istituzionali che economici, fa prevalere, a nostro avviso, gli elementi di snaturamento del modello della Banca Marche, perché è un’operazione tutta economico-finanziaria che sposterà assolutamente il baricentro, ma soprattutto, ripeto, le caratteristiche e la natura della Banca delle Marche.
Il grande gruppo Intesa San Paolo da poco fusosi, offre – almeno così dicono le schede di dettaglio che hanno illustrato i giornali economici che abbiamo letto – un’operazione economico-finanziaria che è di fatto un’acquisizione dell’Istituto Banca Marche.
Questo aspetto economico-finanziario sicuramente ha i suoi lati positivi sotto il profilo della convenienza economica perché è un’offerta molto forte, a detta di molti vantaggiosissima proprio sotto il profilo del prezzo ad azione. Ma quale ricaduta ha sotto un profilo di governance, cioè di modello? Quella di vedere azzerata la storia e il radicamento territoriale di questo istituto in quanto il grande gruppo Intesa San Paolo è un gruppo che sicuramente fa queste operazioni per logiche macro, certamente molto meno legate al territorio, molto meno legate alla storia, molto meno legate ai soggetti che hanno fatto la Banca delle Marche o sono per nulla legate.
Questo perché varranno i grandi numeri, varranno le logiche complessive, varranno le economie di scala, non varrà più il rapporto diretto territorio-azienda di credito. Questo è un rapporto che ha avuto non solo ricadute positive nei numeri e nei bilanci dell’istituto stesso – si guardino le semestrali ultime, si guardi l’andamento complessivo della banca –, ma ha avuto soprattutto ricadute positive sul tessuto economico e sociale di questa regione.
Quando si ha un interlocutore diretto, immediato – lo ha ricordato anche prima il collega Massi citando una relazione che di recente è stata fatta dal Presidente Guzzetti – la maggior parte delle relazioni e dei rapporti li si ha con istituti vicini al territorio in grado di interpretare sensibilità, bisogni, esigenze e caratteristiche del territorio stesso.
Questi sono i numeri complessivi del sistema. Qui è valso soprattutto questo tipo di rapporto, è valso proprio per salvaguardare e dare prospettive a tante aziende piccole e medie, artigiane, commerciali e industriali. Questo rapporto ha potuto garantire nel tempo anche una capacità di relazione che è andata oltre il freddo calcolo economico-finanziario e questa è una caratteristica che non dobbiamo assolutamente perdere, è un valore e un patrimonio che non dobbiamo assolutamente cancellare.
Oggi viviamo un momento di estrema delicatezza, possiamo senz’altro dire autorevolmente la nostra opinione proprio perché oggi possiamo dire che la Banca delle Marche è dei marchigiani, è profondamente legata al territorio attraverso le fondazioni che nella stagione delle riforme del sistema bancario e creditizio avevano assunto direttamente la proprietà e la governance dell’azienda di credito, pur in una logica di aggregazione, in una logica territoriale e regionale, ma anche sovraregionale, perché sappiamo del valore e dell’importanza di sportelli e di impieghi che vi sono anche al di sopra e al di fuori del territorio marchigiano.
Tutto questo oggi deve essere oggetto di una nostra presa di posizione, mi auguro che sia una posizione ampia, partecipata, in grado di coinvolgere tutte le forze politiche, tutti i gruppi rappresentati in questo Consiglio regionale. Questo ne va dell’autonomia non della banca, ma del nostro territorio, del suo assetto economico, produttivo e sociale. Un’autonomia che ha significato modello marchigiano, che ha significato per le imprese garanzia di vita e di continuità anche attraverso quelle difficoltà che sono state affrontate proprio perché vi era un’azienda di credito in grado di dialogare direttamente, di capire che l’idea poteva essere quella vincente, di leggere i bilanci con attenzione e con un occhio differente. Quindi tutto questo deve rimanere.
Oggi questa Istituzione regionale può autorevolmente e in maniera assolutamente corretta dire la propria, proprio perché nell’interfaccia che c’è tra il territorio e il suo tessuto economico, sociale e produttivo, la Banca delle Marche è un elemento essenziale e indispensabile. Si potrebbero perdere tutte queste caratteristiche e potremmo perdere questo elemento perché abbiamo visto cosa hanno comportato le aggregazioni e le fusioni con i grandi gruppi, si guardi, ad esempio, la storia della Banca popolare di Ancona.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Solazzi.
Vittoriano SOLAZZI. Prendo la parola non per entrare nel merito della mozione, ma per fare una proposta che va nel verso della ratio che sta dietro la stessa mozione la cui vicenda suscita interesse. Proposta però che vuole avere un approccio, se mi consentite, che tutela un po’ di più il risultato finale che auspichiamo, cioè quello di fugare dubbi e preoccupazioni. Quindi mi sembra non opportuno affrontare questa questione che è un tema assolutamente sensibile per gli interessi diffusi che ci sono in campo.
Voglio essere più chiaro, noi rischiamo di andare a ruota libera in una discussione, come quella che abbiamo aperto, su un tema sensibile in cui di mezzo ci sono gli interessi di migliaia di clienti e di azionisti, con tutto quello che questo comporta.
Se il vero problema è condivisibile, cioè la preoccupazione di questo Consiglio rispetto ad uno scenario che non deve lasciarci indifferenti come rappresentanti della comunità marchigiana, allora, perché questa mattina non sospendiamo questo dibattito che “potrebbe creare danni” e decidiamo di costituire una delegazione in cui ci sia una rappresentanza, se si vuole, della Giunta e una rappresentanza del Consiglio?
La prima cosa che questa delegazione dovrebbe fare, secondo me, è chiedere un incontro ai presidenti delle fondazioni per valutare le cose che ci devono portare a conoscenza, cioè de visum et auditum direttamente dai presidenti delle fondazioni, in un confronto sereno dove si dovranno chiedere informazioni precise. Fare questo però in un luogo dove anche la discrezione delle cose che si dicono è importante rispetto ad un tema che coinvolge interessi ampi nel quale credo che un po’ di tutela ci dovrebbe essere.
Lo dico nell’interesse dei risparmiatori e nell’interesse degli azionisti, non si può andare a ruota libera su questa cosa. Salvo poi il fatto che dopo questo incontro con i presidenti delle fondazioni la delegazione dovrebbe valutare quali iniziative intraprendere, in quanto è chiaro che la nostra autonomia, come rappresentanti della comunità marchigiana, è assolutamente piena.
Quindi farei un percorso un po’ diverso che, per carità, alla fine ci porta sempre allo stesso risultato, cioè quello di prendere una posizione e altro, ma dove comunque ci deve essere uno spazio in cui si cerca di conoscere i dati e le cose e poi uno spazio in cui questi dati e queste cose si elaborano per prendere poi le posizioni.
A me sembra che così sia più corretto altrimenti rischiamo di perdere tempo, di dire cose che possono creare alcuni problemi e probabilmente senza raggiungere quell’obiettivo che invece è chiaro in tutti noi, cioè quello che su un argomento così importante e strategico non solo per l’economia, ma per tutta la società marchigiana, dobbiamo fare i passi efficaci, ma anche fatti con quella prudenza che la sensibilità del tema responsabilmente, secondo me, ci dovrebbe richiedere.
PRESIDENTE. Quindi, Consigliere Solazzi, se ho ben capito c’è una proposta di rinvio della discussione.
Vittorio SOLAZZI. Richiedo la sospensione del Consiglio, la costituzione di una delegazione e naturalmente la sospensione del dibattito.
PRESIDENTE. Il Consiglio è sospeso.
La seduta è sospesa alle ore 11.45
La seduta riprende alle ore 12.20
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Bugaro.
Giacomo BUGARO. Ero d’accordo sulla sospensione della discussione di questa mozione per dare l’incarico al Presidente della Giunta regionale di rapportarsi con i vertici delle fondazioni e della Banca al fine di poter poi rappresentare la situazione all’intero Consiglio e qui giungere ad una soluzione la più unitaria possibile.
Vedo che però questo non è possibile, ne prendo atto, mi sembra anche che le posizioni siano trasversali – non voglio essere assolutamente polemico –, nel senso che ci sono posizioni differenziate, quindi anche io voglio esprimere la mia circa Banca Marche.
Il patto di sindacato che è alla base della governance di Banca Marche sta per scadere. La Banca in questi anni ha contribuito, grazie a scelte oculate, ad una sua crescita, si è trasformata da una realtà locale ad una realtà interregionale in quanto la sua espansione si è aperta a diverse realtà regionali, oggi Banca Marche è sicuramente una protagonista dell’economia locale.
Questa sua eccellente espansione, però, ha ingenerato nel management, cioè in coloro che guidano la banca, alcuni dubbi per il futuro. Sappiamo perfettamente che un settore così competitivo nell’economia come quello bancario, che tutti i giorni assiste a nuove fusioni, a nuovi accorpamenti e alla nascita di nuove realtà bancarie estremamente ragguardevoli nella loro dimensione, impone delle dovute riflessioni. Questi signori che oggi governano la banca queste riflessioni se le sono poste tant’è che hanno dato incarico ad un advisor di ricercare delle possibili alleanze con altri soggetti bancari.
E’ per questo che dico che è sbagliato chiudersi a riccio rappresentando una posizione che è l’esatto contrario di quello che fino ad oggi tutti quanti abbiamo detto, cioè che “piccolo è bello”. Non è più così e questo arroccamento su posizione campanilistica regionale mi sembra un po’ anacronistica.
Ma in ciò non sono, al contrario, – e lo dico nella risoluzione che ho presentato insieme ad altri colleghi – disposto a cedere su tutto il fronte nella vendita di Banca Marche ovvero non sono d’accordo che la sua maggioranza venga venduta.
Per questo ho presentato una risoluzione che tiene presente alcuni punti fondamentali: che i livelli occupazionali siano garantiti; che la centralità, quindi la governance, la sede centrale, la direzione generale, rimanga lì dov’è; che venga soprattutto mantenuta la sigla Banca Marche.
Tutto questo lo dico qualora i vertici di Banca Marche ravvisino nelle offerte che sono loro pervenute delle possibilità di aprirsi a nuovi partnership, però mantenendo ben saldo il timone di comando della banca.
Quindi la mia posizione è leggermente più aperta rispetto alla totale chiusura che ho visto nella mozione presentata dal collega Massi dove si dice che deve rimanere tutto così com’è. Io dico che non deve rimanere tutto così com’è, dico che deve rimanere la governance della banca fortemente caratterizzata dalla marchigianità, ma che non dobbiamo chiudere aprioristicamente a possibili partnership con altri soggetti che possono dare know-how e capitali per continuare ad assistere alla crescita della Banca che implicitamente porta con sé anche la crescita del territorio.
Oggi la Banca delle Marche è in una dimensione tale che non è né carne né pesce, se così possiamo dire, perché non è né un grande istituto né un piccolo istituto, deve porsi il problema del suo futuro tanto è vero che all’unanimità il Consiglio di amministrazione ha dato incarico ad un advisor di trovare dei partner con i quali aprire un confronto.
Se così non fosse non si capisce perché Deutsche Bank ha iniziato a raccogliere quelle che potevano essere delle offerte di partnership. Questo mandato a Deutsche Bank non glielo ha dato il Consiglio regionale, ma all’unanimità il CdA della banca. Questo significa che tutti i componenti che rappresentano le varie sensibilità, che rappresentano le tre fondazioni che fino a dicembre stanno alla base del patto di sindacato che guida la banca, sentono la necessità di un confronto differente. Questo perché la Banca oggi è in una dimensione tale che nel medio periodo, anche se è stato fatto da poco un aumento di capitale che ha dato ossigeno alla sua crescita per altri due-tre anni, avrà la necessità di un partner finanziario più forte per assicurare quel servizio e quella crescita che fino ad oggi ha avuto.
Quindi sostengo con forza che Banca Marche debba rimanere a prevalente guida marchigiana, e vado anche oltre, perché secondo me dovrebbe trovare un rapporto di collaborazione alla pari, cioè con un altro istituto bancario non troppo più grande della sua dimensione. Mi spiego meglio, Banca Marche ha la possibilità di fare delle alleanze con altri istituti bancari simili che possono caratterizzare in tutta l’area dell’Italia centrale la presenza di una banca veloce, snella, aperta alle esigenze delle piccole e medie imprese e attenta ai bisogni delle famiglie.
Questo Banca Marche lo può fare e questo penso sia stato lo spirito degli amministratori che hanno chiesto a Deutsche Bank di fare questa esplorazione nel mercato.
Dunque non sono d’accordo che Banca Marche confluisca in un grande agglomerato bancario e questo lo ribadisco nella mia proposta di risoluzione, non sono d’accordo che Banca Marche abdichi alla sua vocazione territoriale e non sono d’accordo che scompaia in quella galassia di grandi agglomerati bancari che oggi caratterizza il mercato.
Sono, invece, assolutamente propenso che Banca Marche si apra a nuove forme di collaborazione, che riesca ad integrarsi con altri istituti delle sue stesse dimensioni perché facendo massa critica e mettendosi insieme con le garanzie corrette per il mercato e per il territorio – e le formule ci sono, ci sono esempi importanti nel panorama finanziario nazionale di questi accorpamenti – significa poter dare al nostro territorio, alle nostre aziende e alle nostre famiglie, la certezza di avere un partner finanziario di eccellenza che possa garantire tutti i servizi alla a alla z. Cosa diversa, invece, è la totale chiusura che sembra un arroccamento antistorico, anacronistico e quasi una difesa di posizioni di rendita personale; trovo questo assolutamente dannoso per la crescita non solo della Banca delle Marche, ma di tutto il territorio.
Chiudo dicendo una cosa che forse avrei dovuto dire all’inizio, cioè che avrei preferito che questo dibattito si fosse sviluppato in maniera differente o che non si fosse sviluppato per nulla. E’ anche vero, però, che siamo la massima espressione democratica della Regione, è vero che nei commi dell’articolo 117 della Costituzione è previsto che il Consiglio regionale tratti argomenti riguardanti le fondazioni, le casse di risparmio e gli istituti di credito di carattere regionale, pertanto in questa discussione ho in un certo modo variato la mia posizione rispetto ad una rigidità in questo senso.
Quindi sono d’accordo che il Consiglio regionale esprima un suo auspicio, ma invito i Consiglieri a non farsi prendere quasi dalla paura di aprirsi al futuro. Certamente questa apertura deve essere fatta con garanzie, ma rimanere fermi e arroccati su posizioni come quelle che qui molti hanno rappresentato, significa, secondo me, non fare il bene né delle Banca né della nostra regione.
PRESIDENTE. Ha la parola la Consigliera Giannini.
Sara GIANNINI. Il dibattito di oggi è sicuramente importante perché discutiamo – naturalmente con le dovute cautele perché ritengo necessaria un’attenzione alla delicatezza della materia – sul destino e sulle preoccupazioni che emergono nel territorio regionale riguardo alle operazioni di vendita di Banca Marche.
Pochi mesi fa c’è stato un convegno organizzato dal nostro gruppo per affrontare in termini non definitivi le opinioni che riguardano il destino di Banca Marche, le operazioni di vendita che stanno interessando in questo momento l’istituto di credito più importante della nostra regione.
Sicuramente – come dice la mozione – in questo momento stiamo discutendo di un istituto che ha segnato la storia e lo sviluppo della nostra regione, lo ha segnato attraverso azioni di sostegno alla piccola e media impresa e all’agricoltura ed ha costruito, insieme ai tanti attori sociali, economici e politici delle Marche, il benessere di cui siamo portatori e fruitori.
Sono stata firmataria anche di un ordine del giorno che esprimeva critiche sul comportamento della Banca delle Marche su una questione specifica che riguardava i rapporti con la Società Quadrilatero e voglio esprimere qui una posizione che non può essere sicuramente acritica rispetto a comportamenti che, secondo me, dovrebbero essere in futuro più approfonditi e moderati, però è inevitabile che riconosciamo insieme ai comuni e alle altre strutture pubbliche e private che questo istituto bancario, che è diffuso su tutto il territorio, possa essere considerato anche un presidio istituzionale.
Credo che la mozione presentata, con l’integrazione che poi proporrò, dia il senso innanzitutto della preoccupazione e dell’interesse che questo Consiglio ha nei confronti di un’operazione economico-finanziaria di così grande portata, entra nei meccanismi del nostro modello produttivo economico e sociale che nel futuro ne può condizionare lo sviluppo in un senso o nell’altro, cioè nell’arretramento o anche, e in questo momento non lo possiamo prevedere, nella possibilità di una sua forte incentivazione.
Penso comunque che sia utile e giusto che oggi assumiamo, oltre alla votazione sulla mozione, con la proposta di risoluzione che proporrò al Consiglio e che tra l’altro è stata firmata da numerosi Consiglieri, anche l’impegno di attivare immediatamente attraverso il Presidente della Giunta regionale, che ci rappresenta tutti, un immediato confronto con i presidenti delle fondazioni, coloro che in questo momento hanno in mano la questione della vendita della Banca delle Marche. E dopo questo immediato confronto il Presidente della Giunta nella prossima seduta consiliare ci comunichi l’esito dell’incontro con quelle informazioni che potranno essere riferite pubblicamente.
Questo è, secondo me, un processo che rivela la nostra attenzione e preoccupazione, ma che assume anche la preoccupazione e l’attenzione non solo dei piccoli azionisti ma anche dei tanti dipendenti di Banca Marche che in questo momento sono preoccupati del loro futuro, preoccupati della conoscenza delle informazioni, della formazione, delle capacità direzionali e gestionali che in questi anni si sono accumulate e di come queste verranno impiegate nel futuro anche in un nuovo eventuale assetto proprietario.
Credo che da questo punto di vista noi assumiamo questa sollecitazione, lo facciamo in un modo corretto rispetto anche all’autonomia di cui la Banca gode e che il Consiglio regionale non può assolutamente minare, su questo concordo con l’intervento del Consigliere Solazzi. Inoltre credo che con l’approvazione della mozione e con l’integrazione che proponiamo lo facciamo in modo autorevole dando un segnale di compattezza, per quanto è possibile rispetto alle opinioni personali di tutti i Consiglieri, dell’intera Assemblea legislativa delle Marche nei confronti di un’operazione così rilevante per la nostra società marchigiana sia dal punto di vista economico che dal punto di vista sociale.
La proposta di risoluzione avanzata da me e dal Consigliere Ricci, che poi è stata firmata anche da tanti altri Consiglieri di diversi gruppi, è quella di aggiungere all’ultimo capoverso: “Impegna, il Presidente della Giunta ad attivarsi in tutte le sedi competenti affinché siano messe in atto quelle iniziative volte ad impedire la vendita di Banca Marche e in particolare ad attivare un incontro urgente con le fondazioni perché siano chiariti i criteri della valutazione delle offerte che tengano conto doverosamente dei costi e dei ricavi, ma anche dei costi e dei benefici sociali che l’eventuale perdita di controllo da parte loro della Banca delle Marche potrà comportare. Si impegna a valorizzare il ruolo e la funzione regionale della banca che ha accompagnato i processi di sviluppo della nostra regione nei passaggi fondamentali del suo sviluppo economico, mantenendone ben salde le radici territoriali”.
Dovremmo chiedere a Banca delle Marche di affrontare proprio in questo momento anche una rivisitazione dei suoi modelli organizzativi e dei servizi che vengono offerti ai risparmiatori e alle imprese, sia dal punto di vista dell’innovazione che della maggiore capacità di poter rispondere alle sfide che la globalizzazione pone nei confronti dei nostri operatori economici e della società delle Marche.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Capponi.
Franco CAPPONI. Ho valutato attentamente la questione Banca delle Marche anche perché in questo periodo è stata posta in modo assolutamente errato perché sulla stampa si è parlato per mesi di vendita di Banca delle Marche.
Tutti gli esperti di sistemi bancari, ma anche le nostre associazioni di categoria, hanno invece ravvisato, in una strategia di mantenimento della governance della Banca sul territorio, la sua potestà organizzativa e gestionale come l’unica strategia per far compiere alla stessa Banca Marche quel ruolo che ha egregiamente svolto e che è andato oltre alla valorizzazione di un capitale umano disponibile in questa regione, lo ha addirittura professionalizzato, ha legato sempre più le sorti del sistema territorio proprio con la stessa Banca.
Per una regione come la nostra, piccola e con pochi centri strategici decisionali, è strategico avere un management, un’organizzazione e una direzione che si può configurare come quella di una grande società. E’ importante che questo resti ancorato al nostro territorio per mantenere quel mix di responsabilità e di legame tra tradizione e sviluppo, tra localismo ed internazionalizzazione che ha fatto la fortuna del modello di sviluppo marchigiano.
Bisogna considerare anche la rete di servizi che Banca Marche ha creato sul territorio, cosa che non è di poco conto. Certamente nessun grande gruppo avrebbe pensato di aprire uno sportello bancario o effettuare dei servizi nei più piccoli comuni dell’entroterra di questa regione. Questo, invece, proprio per questa sua conformazione e obiettivo strategico, Banca Marche lo ha fatto.
Proprio ieri sul quotidiano “La Repubblica”, a seguito dell’operazione mps antonveneta, si confermava sempre più l’idea che va avanti nel nostro Paese e cioè che oltre al processo di acquisizioni e fusioni che hanno creato i grandi poli internazionali, le banche stanno cercando sempre più di creare poli territoriali molto coesi con governance che garantiscono la conoscenza del microcosmo locale produttivo e sociale.
A dire questo è stato Stefano Gatti, direttore del corso di economia e finanza alla Bocconi, uno dei massimi esperti di banche, che non ha mostrato dubbi nell’affermare che la tendenza del mercato è pensare internazionale ma anche agire locale delineando un futuro sempre più forte per gli Istituti di credito radicati sul territorio. Gatti ha fatto espresso riferimento alla Banca delle Marche ritenendo che per la stessa è premiante la scelta dell’autonomia anche in uno scenario di sviluppo dove questo aspetto acquista sempre più peso e diventa sempre più strategico.
Sarà necessario forse, ma non è detto nell’immediato, creare alleati e acquisire know how di rilievo internazionale. Ma questa non è la scelta che oggi è all’ordine del giorno perché oggi c’è la dismissione di Banca Marche.
Sulla correttezza dell’espressione del Consiglio regionale abbiamo già detto, ma sulla natura propria delle fondazioni, cioè quella del radicamento sul territorio e sulla rappresentanza di interessi diffusi, rafforzo ancora il fatto che il Consiglio regionale debba avere piena potestà di esprimere una propria posizione e dare un proprio preciso indirizzo.
Io sono un piccolo azionista di Banca delle Marche e come me ce ne sono altri ventimila che hanno scelto di acquisire piccoli pacchetti azionari e non per fare speculazione sulle azioni, ma per rafforzare la presenza di Banca Marche sul territorio e per renderla strategica per lo sviluppo.
Noi pensiamo ad una Banca delle Marche con una forte autonomia, con una presenza radicata e non invischiata in altre logiche. Su questo condivido la posizione dell’amico e collega di partito Bugaro il quale sostanzialmente ha espresso il concetto di una terza via possibile alla quale anche io non mi sottraggo, cioè quello che se Banca Marche deve rafforzarsi che lo faccia mantenendo però una precisa governance locale. Su questo siamo d’accordo e penso che anche le enunciazioni presenti nella proposta di risoluzione vadano in questa direzione.
Ho riletto in questi giorni quello che Guzzetti, come ha detto il Consigliere Massi, aveva riportato alla 83a Giornata mondiale sul risparmio, praticamente affidava alle banche territoriali un duplice ruolo, quello economico e quello sociale.
Non possiamo, a mio avviso, per una semplificazione di genere o per la ricerca di una effimera maggiore disponibilità temporanea di risorse da spargere a pioggia sul territorio, sottrarci alla storia locale. Le casse di risparmio sono nate per fusione di tante micro banche quindi portano con sé una tradizione che va rispettata e pure studiata, portano l’esperienza a perseguire il bene comune attraverso lo sviluppo dell’impresa che, secondo noi, è l’unica capace di garantire l’occupazione, lo sviluppo e il raggiungimento di altri obiettivi. Inoltre Banca delle Marche ha soprattutto contribuito a valorizzare un capitale umano che si è interconnesso con il network di sviluppo regionale.
In poche parole sarebbe come favorire, in una logica di dismissione delle fondazioni alla partecipazione in Banca Marche senza nessuna strategia, una funzione di mero assistenzialismo senza tenere per noi l’altro aspetto, quello di pensare allo sviluppo delle imprese, di pensare alle nuove generazioni, di pensare all’efficienza e non di meno all’internazionalizzazione che è anche contenuta nell’emendamento alla proposta di risoluzione del collega Bugaro.
Ritengo che la posizione che abbiamo espresso, anche con questa modifica al dispositivo della proposta di risoluzione, apre alla valutazione delle offerte che sono pervenute, ma anche ad una valutazione condizionata dal fatto, come prima si diceva, che qualora fosse necessario aprirsi ad altri gruppi lo si faccia tenendo conto delle pregiudiziali che sono state prima indicate e che nel documento sono riportate nella premessa.
Quindi la difesa di un’autonomia per valorizzare il territorio, la difesa occupazionale, la difesa del mantenimento di una governance che ha prodotto sicuramente positività per il nostro territorio e, soprattutto, management qualificato che non possiamo rinvenire nel resto del tessuto regionale o, meglio, se lo possiamo rinvenire, non potrebbe essere a disposizione della intera comunità delle Marche.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Brandoni.
Giuliano BRANDONI. A me pare che questo dibattito debba avere anche una considerazione di carattere più generale.
Questa mozione, importantissima, registra un qualche ritardo. Da tempo si è aperta la discussione sulle vicende di Banca Marche, però da troppo tempo questo Consiglio, e forse la politica, hanno avuto un atteggiamento distratto su questa vicenda.
Oggi colmiamo un deficit, ma non solo, facciamo un’operazione politica ulteriore, in qualche modo stabiliamo una funzione e un ruolo delle istituzioni.
Un istituto di credito in un territorio è un’istituzione importante, ha molte funzioni, alcune non solo di carattere economico, e soprattutto rappresenta e presume un’ipotesi di sviluppo.
Quindi questo dibattito ci induce ad un’ulteriore riflessione, cioè se e come la struttura pubblica può non solo intervenire su queste vicende, ma anche costruire le condizioni per influenzarle e governarle. Qualsiasi programmazione e qualsiasi ipotesi di sviluppo su un territorio ha bisogno del conforto e del controllo del credito. Questo è un elemento significativo, decisivo, quindi oggi facciamo intanto questa operazione di recupero.
Ho ascoltato qualcuno che invitava i Consiglieri a non avere paura e a riflettere sulle magnifiche sorti progressive che le vicende della globalizzazione producono anche negli istituti di credito, quindi a non avere paura che la Banca delle Marche possa navigare in campo aperto.
Io penso che non sia questo il punto e la preoccupazione. Il punto e la preoccupazione del dibattito che stiamo facendo sulla mozione e sulle proposte di risoluzioni, che mi auguro diventino risoluzioni unitarie di tutto il Consiglio, è quello di ridare e di intervenire su un indirizzo di carattere politico, programmatico, quindi di carattere economico, e rispetto a questo di pensare agli strumenti di cui il territorio si dota e che ci sono, come vanno valorizzati e come vanno sinergicamente inseriti in un’idea di comunità e di società.
Queste sono le considerazioni che vorrei aggiungere a questo dibattito che altrimenti rischierebbe di essere una reiterazione di condizioni e di considerazioni.
Inoltre, la Banca Marche è anche un’impresa che sta in questo territorio, che ha numerosi lavoratori e lavoratrici che sono di grande capacità e che in questo territorio producono due volte – se posso dire così –, producono sia dal punto di vista del fare quotidiano, che in quello di indirizzare in molti casi non solo i soggetti del risparmio, ma anche le imprese che ad essi si rivolgono, quindi una funzione straordinaria che non possiamo e non dobbiamo perdere.
Credo che questa mozione ha anche un ulteriore importante elemento. La fase di trattativa di vendita di questo istituto, che non compete solo a questo Consiglio che ha sì il dovere di esprimere il proprio indirizzo, di confrontarsi con i soggetti di Banca Marche, ma che non interviene direttamente, è un segnale, un’indicazione, un monito e un invito a chi eventualmente intenderà comprare o intervenire su questo istituto, che a quel punto saprà che le istituzioni marchigiane staranno attente alle azioni e alle attività che su questo territorio si faranno, staranno attente e pronte a tutelare i lavoratori che vi operano, staranno attente a garantire che il territorio abbia la possibilità di continuare ad avere un istituto di credito di riferimento.
Quindi il dibattito che oggi facciamo ha queste caratteristiche e la soluzione a cui si sta arrivando mi sembra di grande saggezza che speriamo potrà produrre e contribuire a saggezze altrui che ci auguriamo di poter aiutare con questa nostra azione.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Viventi.
Luigi VIVENTI. La cosa che abbiamo detto nella riunione dei Presidenti dei gruppi era quella di non scendere nei particolari per non procurare ad un’impresa che è sul mercato danni con dichiarazioni che potrebbero essere anche improprie.
Per questo motivo avevo fatto la proposta, che il collega Solazzi ha anticipato, di provare a fare una delegazione che possa parlare con i presidenti delle fondazioni che sono, fino a prova contraria, i soci di riferimento dell’istituto, quindi di verificare lo stato delle cose per poi portarlo alla conoscenza dei Consiglieri regionali. La discussione è poi più o meno evoluta in questa direzione.
Ritengo necessari alcuni punti, primo, è evidente che quando si tratta di iniziative private noi abbiamo una capacità di intervento molto scarso, anche se in questo caso, essendo una Banca regionale, penso sia legittimo che il Consiglio regionale esprima una sua opinione al riguardo, ma se la cosa è legittima ho la sensazione che sia inutile. Siccome sono sempre abituato a dire quello che penso lo voglio fare con chiarezza anche in questa occasione.
In questo caso forse la pubblica amministrazione può avere una minima voce in capitolo come cliente. Un collega diceva che probabilmente l’85% dei servizi di tesoreria del territorio sono gestiti dalla Banca Marche, pertanto una certa presenza come clientela da parte della pubblica amministrazione c’è e comunque sia è giusto che per un evento di questa rilevanza il Consiglio regionale esprima un’opinione.
E’ altrettanto evidente, però, che la nostra debolezza è chiara, è chiara anche quando leggiamo il testo della risoluzione, che ci apprestiamo ad approvare, quando dice che dobbiamo mettere in essere tutte le azioni volte ad impedire la cessione dell’istituto. Se vi chiedessi quali sono queste azioni volte ad impedire la cessione dell’istituto credo che nessuno mi saprebbe rispondere in maniera concreta, questo perché praticamente non ne abbiamo alcuna. Quindi è da qui che probabilmente c’è anche una certa inutilità di queste nostre votazioni.
Certo in quest’Aula potremmo anche dire che una politica del credito non è stata mai fatta. La Giunta regionale ha mai portato in quest’Aula una discussione sul credito? Almeno da quando ci sono io non è mai accaduto.
Quindi anche sotto questo profilo siamo sostanzialmente spuntati, primo perché non siamo azionisti di riferimento – questo è il problema più grande –, secondo è perché non abbiamo mai svolto un’azione di sollecitazione in questa direzione.
Pertanto facciamo pure quello che è comunque lecito fare, però ben sapendo che le decisioni vengono prese o forse sono state già prese in altra sede.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Procaccini.
Cesare PROCACCINI. Pochissime considerazioni poiché purtroppo le competenze istituzionali ed in particolare delle Regioni sono minime rispetto all’acquisto o alla vendita di soggetti privati. Dico purtroppo perché il mondo bancario rappresenta, invece, un volano per lo sviluppo, perché, per esempio, un punto in più o in meno dei tassi di interesse potrebbe comportare sviluppo regresso per una comunità.
Nella regione Marche che è fortemente manifatturiera il sistema bancario va preso con molta attenzione. Quando diciamo che la finanza ha ormai surclassato la politica e la programmazione oggi è uno di questi casi dove emerge un’impotenza rispetto ad un settore che, al contrario, è decisivo per lo sviluppo della sua comunità.
Si diceva “piccolo è bello” o “grande è bello”, ma non so se queste due considerazioni venivano fatte a seconda delle convenienze.
Noi dovremmo guardare all’obiettivo che ci vogliamo prefiggere, cioè quello di garantire una presenza diffusa dei sistemi del credito alle imprese e ai piccoli risparmiatori in virtù di una crescita complessiva del servizio reso, reso soprattutto a costi accessibili in una situazione economica che in generale è molto grave.
In questo contesto dovremmo anche analizzare il perché nel nostro Paese ormai va di moda la vendita delle banche. Questo fenomeno ha costituito nell’ultimo periodo anche una questione morale e giudiziaria. Addirittura alcune grandi aziende capitalistiche del nostro Paese, prima di tutte la Fiat, hanno dismesso branche consistenti dell’attività produttiva per rimettersi nel sistema creditizio diventando in larga parte società di capitali.
Quindi l’eventuale vendita, ed in questo caso la vendita o la smobilitazione di Banca Marche, si inserisce in un contesto di più generale ridimensionamento del sistema del credito regionale e non per un fatto affettivo o campanilistico, neanche noi abbiamo una visione ristretta, anzi, siamo internazionalisti in una visione dello sviluppo e della solidarietà e dei diritti. Tuttavia dobbiamo evitare che il sistema regione Marche diventi ancora più residuale nei confronti della cosiddetta competitività che anche il centro-destra qualche volta decanta.
La smobilitazione dei gruppi medio-piccoli, cannibalizzati da multinazionali prima tedesche e poi olandesi, ha portato alla regressione nelle Marche, in primo luogo in termini di servizi resi e di uniformità sul territorio, in secondo luogo con una perdita di addetti e quindi della garanzia dei posti di lavoro ed in terzo luogo non ha dato beneficio al credito perché i cartelli realizzati a livelli più alti hanno stabilizzato i tassi di interesse a livelli medio-alti e non medio-bassi. L’ultimo caso è quello dell’Antonveneta che prima era nazionale, poi è diventata olandese e domani diventerà spagnola.
Tutto questo passaggio di proprietà quale beneficio ha prodotto per gli interessi generali della società delle Marche? Nessuno, anzi, ha causato un danno.
La vendita della Banca Marche non solo non darà nessun beneficio dal punto di vista di un affetto al marchio o per la sua sussistenza nel territorio delle Marche, questo non ci interessa, ma il caso specifico si inserirà in un ulteriore declino del sistema delle Marche.
E’ per questo che dobbiamo dare un’indicazione contro la vendita della Banca Marche ed è per questo che abbiamo sottoscritto una delle proposte di risoluzione che sarà posta al voto.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Giannotti.
Roberto GIANNOTTI. Sono un po’ in imbarazzo ad intervenire su questa materia però lo faccio con senso di responsabilità anche perché già gli amici autorevoli del gruppo al quale appartengo hanno espresso in maniera abbastanza precisa una posizione con diverse sfaccettature. Credo che non si possa dire che non è prevalsa negli interventi dei Consiglieri di Forza Italia la consapevolezza che stiamo discutendo di una cosa seria.
Intanto una cosa va fatta rilevare, cioè che questa discussione avviene non per iniziativa dell’Esecutivo ma per iniziativa consiliare. Credo che questa già sia una linea di demarcazione precisa, cioè nelle sue articolazioni è più sensibile il Consiglio regionale a un problema grande quale quello di cui stiamo trattando che l’Esecutivo regionale che dovrebbe essere invece il motore.
Questa mattina abbiamo chiesto formalmente alla Giunta regionale su un altro versante, che per esempio si faccia carico di esprimere la propria posizione rispetto al problema della Valle del Marecchia. Anche qui è il Consiglio nelle sue espressioni che sollecita, questa è una dimostrazione della scarsa capacità dell’Esecutivo di porsi come punto di riferimento di questa regione.
L’altro concetto importante, che è stato espresso in maniera particolare dal Consigliere Viventi, è che stiamo parlando di una iniziativa privata, quindi interveniamo nell’autonomia di una struttura che opera nel settore del credito. E questa è la prima volta che avviene perché non c’è stata analoga attenzione rispetto a fenomeni associativi che hanno riguardato altri istituti di credito o comunque non c’è stata una discussione così accesa rispetto ad altre operazioni che hanno coinvolto le Marche – mi riferisco a istituti di credito di altre dimensioni ma altrettanto importanti –.
Certo, c’è anche la valenza oggettiva, che questa Banca ha un radicamento più diffuso, ha una base associativa vastissima, credo che si parli addirittura di 33 mila soci in tutta la regione, quindi una buona fetta dei marchigiani è partecipe di questa avventura.
Ho detto queste cose perché mi sembra che entrambe le posizioni che sono state messe in campo hanno una ragion d’essere. Banalizzo, da una parte si dice che la banca è in difficoltà, l’associarsi a un grande istituto di credito garantirebbe una capacità di presenza sul mercato maggiore, garantirebbe un’ulteriore qualificazione dei servizi, garantirebbe una liquidità in capo alle fondazioni ben diversa da quelle di oggi; a questo si contrappone un’altra posizione che dice che questi vantaggi sono oggettivi, ma il rischio è che a lungo andare il carattere di marchigianità dell’istituto venga a decrescere, quindi il futuro non si prospetta roseo.
Credo che entrambe queste posizioni abbiano un senso, quindi auspicavo che saremmo riusciti a trovare un riferimento comune che salvaguardasse questa doppia esigenza. Questo non è stato e il rischio è che il Consiglio regionale si pronunci magari assumendosi la responsabilità, con il voto che esprimerà, di intervenire in senso negativo o positivo sul valore delle azioni della Banca – 250 euro oggi potrebbero essere 212 domani oppure 262 –. C’è il rischio oggettivo di una interferenza o comunque di una posizione che non aiuti una scelta che sia la più congeniale agli interessi dei marchigiani, sia in termini di difesa di un patrimonio che in termini di mantenimento di un’altissima qualità del servizio.
Per questo motivo, pur avendo sottoscritto la mozione, annuncio che mi asterrò sui documenti presentati, proprio perché non capisco la difficoltà a trovare un punto di convergenza che tenga conto del positivo che c’è nella posizione di tutti.
Debbo comunque rilevare con soddisfazione che il dibattito, al di là di tutto, ha messo in piedi una capacità culturale e propositiva di questo Consiglio regionale che è indiscutibile.
PRESIDENTE. Ha la parola l’Assessore Marcolini.
Pietro MARCOLINI. Innanzitutto vorrei dire al Consigliere Giannotti di sgombrare un po’ il campo dalle polemiche che esistono tra la maggioranza e l’opposizione e da questo punto di vista nemmeno tra esecutivo e legislativo.
Vorrei segnalare che le iniziative sono state piuttosto numerose sia sulla stampa che sulla televisione e negli incontri che il Presidente ha avuto con i presidenti delle fondazioni negli ultimi mesi. Quindi dire che l’Esecutivo si sia disinteressato di uno dei più grandi sommovimenti bancari mi sembra ingeneroso. Dopodichè uno può giudicare insufficiente o discutibile quello che uno fa, ma dire che si è ignorata l’iniziativa questo mi sembra veramente ingrato.
Voglio segnalare, peraltro, che della questione di Banca Marche si è occupato il Consiglio anche sulla scorta di sollecitazioni che sono venute sia dalla maggioranza che dall’opposizione. Sul versante della maggioranza il documento presentato dall’allora capogruppo Giannini pone un problema che a mio avviso rimane tuttora attuale, quello della governance della Banca Marche, che riguarda un sistema di governo e di radicamento nel territorio che non è perfetto ma è migliorabile, che non è intoccabile perché va assolutamente adeguato ai tempi.
Lo dico per questo sistema complesso e privatistico, ma che risponde a criteri di riferimento alla comunità che sono le fondazioni.
Faccio riferimento in particolare ai comitati elettorali delle fondazioni che sono ancorati a un piccolo mondo antico che non c’è più e che stride con le esigenze moderne. Non parlo, anche se del tutto legittimamente, della impermeabilità della presenza delle istituzioni in Banca Marche – non voglio accennare a questo problema in questo momento – parlo invece dell’adeguatezza dei comitati elettorali dovuti agli statuti dell’inizio del ‘900, che danno ancora un potere ad alcune categorie economiche prevalenti come un dato antistorico.
Penso al peso dell’agricoltura rispetto all’industria e all’artigianato. Siamo ormai a un contributo del 4% dell’agricoltura rispetto al Pil regionale e ancora una prevalenza categoriale, o alla discriminazione che avviene tuttora in base agli statuti per la libera associazione delle categorie. Tenete presente che nella Fondazione della Cassa di risparmio di Macerata tuttora viene indicato che gli artigiani che aderiscono alla Cgia possono avere voti elettorali attivi e quelli che non sono iscritti alla Cgia no.
Voglio cogliere questa occasione per dire che siamo convinti che Banca Marche abbia accompagnato utilmente lo sviluppo economico, ma l’occasione di sostenere questo processo e di guidare unitariamente gli impulsi per la riorganizzazione dell’offerta dei servizi bancari della regione non ci fa essere ciechi di fronte alla necessità di un adeguamento della sua governance, che abbia maggiore rispetto per la modernità delle componenti economiche per la componente che richiamava poco fa il Consigliere Viventi rispetto al dato istituzionale. Perché le istituzioni sono cellula democratica delle organizzazione della vita pubblica, ma sono anche il primo cliente della Banca delle Marche con più di un terzo dell’intero fatturato
Questo per dire che la discussione che facciamo su Banca Marche non può essere semplicemente conservatrice di uno status quo che è quello attuale.
In questo voglio cogliere le sollecitazioni che sono venute dal consigliere Bugaro, dal Consigliere Solazzi, che nel mantenere ben salde le radici territoriali, vogliono sottolineare la necessità di un ampliamento dell’offerta dei servizi della Banca per accompagnare i processi di internazionalizzazione, di raffinazione dei servizi legati al mondo della produzione, capace quindi di accompagnare i processi in atto nella ricerca scientifica, nell’innovazione tecnologica e nell’internazionalizzazione.
Pensiamo che Banca Marche sia non soltanto per motivi storici la più grande banca delle Marche, ma che abbia, in modo particolare negli anni più vicino a noi, allargato la propria influenza, allargato il proprio numero di sportelli, aumentato l’occupazione, aumentati i profitti e che quindi sia in condizione più serena per giudicare le proposte di partecipazione di acquisto parziale o totale.
Siamo convinti che ci sia la possibilità per un dialogo paritario della Banca delle Marche per integrare necessariamente i propri servizi, che non debba rassegnarsi ad una sorta di grande fattura di liquidazione della sua autonomia per scialare nei prossimi pochi anni, rendendo pingue, anzi, suntuoso il capitale a disposizione degli attuali amministratori, e che non guardi alla prospettiva del medio e lungo periodo.
La preoccupazione prevalente che mi è parso di cogliere negli interventi è quella di mantenere le radici territoriali ben salde qui, valorizzando tutti i percorsi innovativi e organizzativi, penso ai centri di informatica, alle centrali delle riscossioni delle entrate, alla riqualificazione degli investimenti per la piccola media impresa, alla qualificazione del rapporto con gli enti locali.
Dobbiamo lanciare un messaggio ai proprietari delle fondazioni che vada nella direzione di una apertura controllata, in direzione dell’allargamento dei servizi, che mantenga la testa, il cuore e i piedi ben piantati qui nelle Marche.
In tal senso mi pare che la risoluzione presentata dal Consigliere Ricci ed altri vada nella direzione di rendere un chiaroscuro più interessante, più adeguato al momento la posizione della istituzione regionale Marche.
L’invito fatto al Presidente di incontrare nei prossimi giorni i tre presidenti portando questo segnale, questa visione dell’istituzione regionale, che ovviamente non può costituire impedimento né giuridico né economico, ma una sponda attiva da parte della maggiore istituzione regionale, possa essere di conforto a coloro che lavorano per soluzioni che rispettino le condizioni che dicevo prima.
Mi pare che questo impegno, che vede largamente convergente l’Assemblea regionale, possa essere anche un viatico per favorire l’emergere delle soluzioni che qui ci siamo auspicate. La possibilità di essere utili risiede nel tempo stretto e nella unità di intenti della nostra azione.
Quindi il mandato dato al Presidente di incontrare le fondazioni e il ritorno in Aula per aggiornare, dopo la ricognizione, le posizioni delle fondazioni che possono risultare sensibilizzate alle posizioni delle istituzioni, sarà l’occasione per un ulteriore pronunciamento di soddisfazione oppure di condizionamento ulteriore per una puntata, quella della settimana prossima, che non sarà risolutiva.
PRESIDENTE. Passiamo ora alla votazione delle due proposte di risoluzioni presentate alla mozione n. 218.
Risoluzione dei Consiglieri Bugaro, Silvetti e Tiberi, alla quale è stato presentato anche un emendamento a firma del Consigliere Bugaro che così recita: “nel dispositivo, alla settima riga togliere dalla parola “e” fino alla parola “Marche” e inserire al loro posto “alle fondazioni”, poi eliminare il punto 4)”.
La discussione è aperta. Ha la parola il Consigliere Bugaro.
Giacomo BUGARO. Quando si dice “esprime a tutto il consiglio di amministrazione e alla direzione generale di Banca Marche” ho tolto “alla direzione generale” e ho inserito “alle fondazioni di Banca Marche”, inoltre in fondo ho tolto il punto “per la conferma dell’attuale management…” perché sembrava troppo forte. Questo è lo spirito dell’emendamento.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione.
Emendamento alla prima risoluzione. Lo pongo in votazione.
(Il Consiglio non approva)
Risoluzione. La pongo in votazione.
(Il Consiglio non approva)
Risoluzione presentata dai Consiglieri Ricci, Giannini, Massi, Procaccini, Brandoni, Lippi, Capponi, Pistarelli, Mammoli. La pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Comunicazioni della Giunta Regionale in ordine ai recenti fatti di Appignano del Tronto e più in generale sulle tematiche della sicurezza
Rinvio
PRESIDENTE. Il punto 2) all’ordine del giorno, avendo raccolto anche varie indicazioni da parte dei Presidenti dei Gruppi e del Consigliere Castelli, si rinvia alla prossima seduta. Questo anche al fine di raccogliere le indicazioni emerse dai capigruppo di discutere prima di sospendere la seduta il punto 3) e il punto 4).
Proposta di legge n. 186
della Giunta regionale
“Disciplina dell’attività di acconciatore e di estetista”
Discussione e votazione
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la proposta di legge n. 186 ad iniziativa della Giunta regionale. Ha la parola il relatore di maggioranza Consigliere Binci.
Massimo BINCI. Questa proposta di legge disciplina l’attività di estetista e di acconciatore in attuazione a quanto disposto dal decreto legislativo n. 7 del 2007, convertito in legge n. 40, recante “Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese”, la cosiddetta Legge Bersani che liberalizza alcuni tipi di attività commerciali ed economiche.
In accoglimento delle direttive europee questa normativa liberalizza l’attività di estetista e di acconciatori togliendo il limite delle distanze e il limite numerico, previsti dalle precedenti leggi, tra attività commerciali. Quindi non ci saranno più limiti di distanza e di quantità all’interno dei singoli Comuni.
La Giunta regionale entro tre mesi dall’approvazione di questa legge adotterà le disposizioni per lo sviluppo dei settori e gli indirizzi ai Comuni al fine di migliorare la qualità dei servizi per il consumatore e assicurare le migliori condizioni di accessibilità ai servizi medesimi. Inoltre la Giunta detterà la definizione dei contenuti dei programmi relativi alle iniziative di formazione professionali nonché le modalità di svolgimento degli esami.
Spetta alle Province l’autorizzazione delle iniziative di formazione professionale, il riconoscimento della qualifica professionale, il rilascio dell’abilitazione, l’adozione dei regolamenti di cui all’articolo 6, la vigilanza, il controllo e l’irrogazione delle sanzioni amministrative.
L’esercizio delle attività di estetista ed acconciatore in qualunque forma e a qualsiasi titolo esercitato è subordinato al conseguimento di qualifica e abilitazione professionale. Quindi sono predisposti corsi professionali e il riconoscimento da parte di comitati provinciali della qualifica conseguita a seguito dell’esercizio di almeno tre anni di attività, che permette di conseguire autonomamente la qualifica professionale senza dover accedere ai corsi professionali.
I Comuni, sentite le associazioni di categoria degli acconciatori e degli estetisti, regolamenteranno i requisiti igienici, i requisiti dimensionali dei locali, i requisiti per migliorare la qualità dei servizi, l’obbligo della modalità di esposizione delle tariffe e dei turni di chiusura, le disposizioni per la sospensione e la cessazione dell’attività.
Il Comune accerta il possesso dell’abilitazione professionale di acconciatore ed esercita le funzioni di vigilanza e controllo in ordine al rispetto dei requisiti per l’esercizio delle attività, fatte salve le competenze dell’Azienda sanitaria in materia di igiene, sanità e sicurezza.
Sono previste le sanzioni amministrative per le violazioni. Ci sono poi delle norme finali e transitorie che regolamentano questo periodo in attesa dell’attivazione dei corsi professionali.
PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza Consigliera Ciriaci.
Graziella CIRIACI. Come ha già illustrato il relatore di maggioranza, recepire questa nuova legge ci permette di migliorare le attività all’interno dei centri commerciali e le attività libere nei Comuni e la liberalizzazione dell’apertura senza più un limite di distanza.
Abbiamo già discusso di eventuali chiarimenti per quanto riguarda la formazione, abbiamo accolto informazioni da parte dei professionisti, quindi da chi svolge l’attività già da tempo. Questa legge è stata accolta con molto entusiasmo, tra l’altro aspettano l’istituzione di commissioni e di aggregazioni che possano essere condivise per la formazione. Si sente molto l’esigenza di dare professionalità, perché sia le attività private che chi la svolge ha questa l’esigenza.
Una cosa molto importante che è stata evidenziata da chi svolge l’attività è quella di creare una formazione oltre che a livello regionale e nazionale anche a livello internazionale per migliorarsi e per dare una migliore qualificazione.
Dopo aver apportato alcune modifiche abbiamo votato a favore di questa legge, quindi ne condividiamo sia l’apertura che la programmazione.
PRESIDENTE. La discussione è aperta. Ha la parola la Consigliera Mammoli.
Katia MAMMOLI. Mi fa molto piacere che oggi approviamo questa legge. Come qualche tempo fa abbiamo portato in quest’Aula una certa liberalizzazione di pubblici esercizi, oggi affrontiamo i problemi dei parrucchieri, barbieri ed estetisti.
E’ vero che non esisteva un contingentamento precedente all’approvazione di questa legge sia a livello nazionale che a livello regionale rispetto ai barbieri e parrucchieri, perché trattandosi di artigianato e di servizi non poteva esserci questo contingentamento. Ma in realtà un contingentamento esisteva perché, tenendo conto di una legge fatta nel periodo fascista, nel momento in cui coloro che operavano in questo settore dovevano disporre le distanze tra un esercizio e l’altro tendevano a farle il più lontane possibile. Quindi oltre alle distanze tra un esercizio e l’altro di barbiere, parrucchiere o estetista, il fatto che non tutti i locali potevano essere utili per svolgere un certo servizio faceva sì che ci fosse, appunto, una specie di contingentamento.
Siccome i Comuni dovevano, prima di approvare le distanze di questi esercizi, tenere conto del parere della consulta fatta dagli stessi operatori delle categorie professionali e dalle associazioni di categoria, è evidente che c’era tutto l’interesse che fossero in pochi a svolgere lo stesso tipo di lavoro.
Se in passato aveva un senso il discorso delle distanze, perché per quanto riguarda soprattutto il barbiere lo si riteneva un servizio che veniva svolto nella via di appartenenza, oggi, con le abitudini della vita moderna non si ha più bisogno di considerare a quanta distanza c’è il servizio, è più necessario che si scelga il proprio barbiere o parrucchiere rispetto alla professionalità dello stesso artigiano. Quindi il discorso delle distanze non ha più senso.
Chi ha lavorato nei Comuni e chi come me ha gestito anche questo servizio ha assistito a delle situazioni di una tale ridicolaggine che dimostrava quanta attenzione ci fosse su questo. Quando si trattava di andare a misurare la distanza ci trovavamo con misurazioni diverse a seconda di chi voleva che si misurasse partendo da una certa strada o da un’altra.
Quindi fino ad ora è stato estremamente difficile gestire questo tipo di operazione proprio perché c’erano interessi contrapposti che facevano sì che fosse più difficile poter svolgere questo tipo di operazione.
Per fortuna qualche tempo fa c’è stata la modifica che ha riguardato gli estetisti, i quali fino ad alcuni anni fa, al di là del discorso delle distanze, potevano con una notevole tranquillità aprire i laboratori. Non parliamo poi dei solarium e dei centri di abbronzatura, si potevano aprire senza che ci fosse un diploma specifico per poter svolgere tale attività, si aprivano solo dopo aver imparato per due o tre ore ad usare la macchina, sapendo poi cosa significa utilizzare un macchinario per l’abbronzatura.
Con la legge di oggi si dà l’opportunità di aprire nuove attività lavorative e questo è un settore che tira molto i giovani, soprattutto i centri di estetica, perché ringraziando Dio abbiamo più possibilità economiche, c’è una progettazione, una pubblicità continua rispetto all’aspetto fisico. Pertanto di questi centri ne sorgono in continuazione e tutto sommato è bene che ci siano.
Quindi è bene che chi vuole fare questo tipo di lavoro lo possa fare tranquillamente, ma lo deve fare avendo quella professionalità che consenta di svolgere al meglio questo tipo di lavoro. Soprattutto dal punto di vista sanitario, visto che vanno ad intervenire l’uno nella testa e l’altro nel corpo delle persone, che possano farlo dopo aver conseguito un diploma che consenta con la massima tranquillità di svolgere questa attività.
A me fa molto piacere che ci sia questa legge perché gli operatori dei Comuni sul territorio non avranno più gli scontri tra chi cerca di far nascere qualche esercizio in più e tra chi continua a garantire solo quelli che ci sono, che poi sono quelli che sono già in attività e che fanno parte delle varie associazioni di categoria.
Quindi diamo l’opportunità ai giovani che vogliono fare questo tipo di professione, diamogli la professionalità e poi sarà il cliente, che in base alle professionalità maggiori o minori dell’uno o dell’altro, sceglierà l’esercizio nel quale andare, quindi lo sceglierà non certo rispetto alla distanza tra un esercizio e l’altro.
PRESIDENTE. Se non ci sono altri interventi passiamo alla votazione.
Articolo 1. Lo pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Articolo 2. Lo pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Articolo 3. Lo pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Articolo 4. Lo pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Articolo 5. Lo pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Articolo 6. Lo pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Articolo 7. Lo pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Articolo 8. Lo pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Articolo 9. Lo pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Articolo 10. Lo pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Coordinamento tecnico. Lo pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Proposta di legge n. 186. La pongo in votazione.
(Il Consiglio approva)
Pongo in votazione il proseguimento della seduta.
(Il Consiglio approva)
Proposta di atto amministrativo n. 63
della Giunta regionale
“Criteri di ripartizione dei Progetti Speciali di competenza regionale – Fondo Sanitario Regionale dell’anno 2007 – Spesa di parte corrente”
Discussione
PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 63 ad iniziativa della Giunta regionale. Ha la parola il relatore di maggioranza Consigliere Luchetti.
Marco LUCHETTI. Ci troviamo di fronte ad un atto amministrativo molto importante che riguarda i progetti speciali inerenti il servizio sanitario.
Si tratta della ripartizione che facciamo ogni anno di quote di risorse finalizzate a specifiche attività sanitarie che vengono sotto il nome di progetti speciali.
Come i colleghi ricorderanno su questa questione abbiamo avuto in passato varie discussioni sia per la scarsa tempestività, che questo atto purtroppo ha sempre manifestato, sia nel merito dei contenuti.
La tempestività non c’è stata neanche questa volta in quanto dovevamo presentarlo entro il 31 marzo, ma sapete che quest’anno siamo stati in presenza di un’attività abbastanza frenetica nei primi mesi dell’anno per l’approvazione del Piano sanitario e questa è una delle scusanti che debbono essere tenute in considerazione rispetto ai ritardi con cui l’atto viene presentato.
Dobbiamo invece considerare importante che questo atto sta diventando sempre più cogente rispetto al titolo stesso perché riguarda progetti speciali e specifici.
Per la verità ci siamo incamminati verso una ripulitura degli atti precedenti che avevano la caratteristica di annoverare nel proprio ambito anche attività non propriamente riconducibili ad una progettualità speciale, una ripulitura che ha portato l’entità finanziaria da molto cospicua a piuttosto risicata, si sta parlando di circa 2 milioni e 944 mila euro, mentre prima avevamo 70 miliardi di vecchie lire. Ora questa spesa è stata ricondotta ad una entità molto più piccola proprio perché la progettualità è stata finalizzata verso una specialità.
Tanto è vero che si possono annoverare progetti molto importanti e specifici. Tra quelli ripetuti negli anni precedenti ci sono, ad esempio, i progetti con l’Inail per gli incidenti sul lavoro, i progetti sugli incidenti stradali, la progettualità per la tutela degli anziani durante l’estate con il progetto Elios e il progetto per l’autismo. Ma a parte questa ripetizione ci sono altri progetti molto importanti e si è tenuto conto anche del Piano sanitario.
In questa direzione possiamo parlare sia di una progettualità speciale di una medicina d’avanguardia e innovativa come quella dell’ozono e, soprattutto, parlando di Piano sanitario, ci riferiamo a quella progettualità che abbiamo indicato per l’attività motoria con l’Università di Urbino che diventa un punto di riferimento, anche se iniziale, per quanto riguarda lo stanziamento. Una progettualità che si innesta nelle linee di Piano che devono spostare verso la prevenzione parte della finalizzazione finanziaria ed economica della sanità.
Da questo punto di vista si sono fatti passi avanti. Come Commissione abbiamo dato l’indicazione di procedere verso la direzione di porre nei budget ordinari del finanziamento del servizio sanitario alcuni progetti che sono diventati consolidati e che ricorrono abbastanza puntualmente tutti gli anni e poi si individuano progetti sempre più specifici e di grosso rilievo per quanto riguarda la gran parte delle risorse a disposizione.
Questa è la filosofia che è stata colta anche dall’Assessorato, ci ripromettiamo pertanto che entro il 31 marzo ci ritroveremo a discutere di una progettualità ancora più calzante.
Quindi mi sembra di poter sottoporre positivamente questo atto, come è stato accolto anche dalla Commissione, affinché si dia l’avvio a tutti gli altri progetti che vengono qui indicati. Sicuramente il Servizio sanitario potrà giovarne sia in termini di novità che in termini della stessa applicazione del Piano sanitario regionale.
PRESIDENTE. E’ assente il relatore di minoranza quindi apro la discussione. Ha la parola il Consigliere Bugaro.
Giacomo BUGARO. Noi siamo contrari a questa proposta di atto amministrativo perché, come abbiamo avuto modo di dire in Commissione, l’atto è arrivato in maniera tardiva sia all’esame della Commissione e quindi dell’Aula. E’ un atto di cui in Commissione ne abbiamo solo preso atto, non si è riusciti ad entrare nel merito delle questioni perché ormai i tempi erano scaduti. Addirittura bisognerà – e per questo do il conforto al Presidente della Commissione sull’emendamento – modificarlo per spostarne l’attuazione al 30 giugno 2008.
Questa comunque è l’ennesima dimostrazione di come l’Organo esecutivo si rapporta con l’Organo legislativo.
Quante volte in quest’Aula siamo tornati su questo argomento. Prima ci è stato fatto credere che l’approvazione del Piano sanitario era prioritaria e bisognava per forza approvarlo – per i noti motivi su cui non torno – entro le ferie estive, poi ci arriva quest’atto che è una polverizzazione di un serie di progetti, dei quali alcuni sono condivisibili mentre altri mostrano dei seri dubbi in quanto sono le solite prebende che la Giunta elargisce – non voglio usare termini impropri e soprattutto pesanti –, ma si capisce che sono delle dazioni in giro di accontentamento di gruppi e situazioni vicine al segno politico della Giunta, oltretutto non abbiamo neppure avuto il modo, ripeto, di poter entrare nel merito.
Il nostro voto è senz’altro negativo perché non c’è stata, appunto, questa possibilità di poterci esprimere nel merito delle questioni.
Riteniamo che anche se ci sono alcuni progetti condivisibili, altri sono un puro esempio di spreco di denaro pubblico. In questo Paese non si fa altro che parlare di antipolitica e dei costi della politica, quando poi i maggiori costi della politica vengono non tanto e non solo dai costi del mantenimento delle strutture istituzionali, ma vengono soprattutto dall’uso improprio che viene fatto del denaro pubblico. E questo è un esempio classico di quanto sto sostenendo, cioè interventi a pioggia per gli amici degli amici che in realtà non portano nessun beneficio alla crescita e allo sviluppo della comunità regionale.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Castelli.
Guido CASTELLI. Questo atto amministrativo giunge tardivamente, come peraltro abbiamo ripetutamente sottolineato in Commissione, non è la prima volta che il Consiglio regionale invoca una tempestività diversa e adeguata in riferimento a questo provvedimento che di anno in anno viene presentato sempre con la solita tardività. Ma purtroppo siamo anche nella condizione di dichiararci impotenti, Presidente Luchetti, perché ogni anno chiediamo tempestività e ogni anno questa viene disconosciuta.
Tuttavia in riferimento a quello che è accaduto per l’anno 2007 si impone una riflessione nuova e diversa e per certi versi più grave, perché siamo nella condizione di poter dire che la tardività è tale agli occhi del Consiglio, ma in realtà dissimula un atteggiamento che non esito a definire fraudolento da parte della Giunta regionale, che mentre sottopone l’atto solo oggi al vaglio del Consiglio regionale opera già da tempo come se l’atto fosse adottato, sottraendosi così al diritto-dovere di attendere l’opinione del Consiglio regionale. Mi riferisco in particolare ad uno dei provvedimenti più discutibili contenuti nei progetti che oggi dovremmo approvare, un progetto che mi fa pensare proprio all’espressione “amici degli amici” usata prima dal Consigliere Bugaro.
Credo che una parte consistente di questi progetti non sia confezionata per gli amici degli amici, però rimango attonito almeno per due di questi. Il primo è il progetto che prevede l’assegnazione al Comune di Ancona di 60 mila euro per il trasporto dei cittadini da Ancona a Torrette. Onestamente non rinnego e non disconosco il diritto e dovere del Comune di Ancona di assicurare il trasporto a Torrette dei cittadini di questo capoluogo, però contesto che sia questo il luogo dove attingere le risorse. Questo perché il trasferimento dovrebbe essere deliberato dall’Assessorato di Marcolini e assegnato per le ordinarie attività di alimentazione del trasporto urbano. Cosa c’entrano, Assessore Mezzolani, i 60 mila euro a favore del Comune di Ancona con i progetti speciali per la sanità! E questo è il primo rilievo.
In riferimento, Presidente Luchetti, a questa iniziativa, è ulteriormente sindacabile e censurabile il fatto che mentre oggi, novembre 2007, stiamo approvando questo dato, in realtà quei 60 mila euro sono stati già assegnati al Comune di Ancona il 29 ottobre. Quindi non solo stiamo facendo una cosa illegittima dal punto di vista di merito, ma facciamo una cosa illegittima anche dal punto di vista formale. C’è una determina con la quale il dirigente competente, dott. Ruta, decreta di assegnare, impegnare e liquidare la somma di 60 mila euro al Comune di Ancona per il finanziamento della spesa di trasporto. Questo è un chiaro debito fuori bilancio che oggi dovremmo sanare a posteriori sulla base di una prassi che lascio giudicare alla vostra intelligenza e alla vostra sensibilità.
Questo è un atto illegittimo, la normativa contabile prevede in questi casi che il rapporto finanziario lega chi ha deliberato la spesa in assenza di adeguata copertura e l’accipiens, il Comune di Ancona che la dovrebbe ricevere.
Io non ho nulla contro il dott. Ruta, ma non è questo il sistema, anche perché evidentemente ci sono profili di svilimento della funzione consiliare che sono tanto evidenti da non meritare ulteriori commenti.
Sotto altro profilo c’è un aspetto che non esitiamo a definire nei termini usati dall’amico collega Bugaro “gli amici degli amici”, in particolare mi riferisco ad un’altra perla confezionata dal Servizio in riferimento al progetto n. 17. Questo progetto prevede uno stanziamento importante di 223 mila euro per un capitolo che apparentemente sembra foriero di importanti effetti per quanto riguarda la comunità marchigiana, è il capitolo relativo alla realizzazione di campagne di educazione sanitarie. Chi di noi vuole disconoscere l’importanza di una corretta educazione nell’alimentazione o nelle pratiche motorie?
La cosa che non possiamo però accettare, Assessore Mezzolani, è che si usino questi soldi per finanziare la campagna di comunicazione istituzionale fatta di pubblicità sui giornali e sui muri che hanno cosparso la regione Marche nello scorso giugno in favore del Piano sanitario in itinere. Noi usiamo i soldi dei diabetici, noi usiamo i soldi che dovrebbero servire a convincere gli obesi, per fare la pubblicità agli atti della Giunta! Atti che tra l’altro in quella fase non erano neanche approvati dal Consiglio. “Nel cuore del sistema ci sei tu”, Consigliere Bugaro, tu ricorderai questa frase così foriera di speranza che affollava i desideri e le aspettative ancor prima di presentare il Piano sanitario.
Ricordo a luglio una interrogazione del collega Pistarelli che si sentì rispondere dall’Assessore Mezzolani che in effetti il capitolo da cui si era attinto per finanziare quella campagna da 111 mila euro, una botta da 200 milioni bruciati in venti giorni per fare la pubblicità ad un Piano che ancora non c’era, era il capitolo 10301 che è quello che con il progetto n. 17 andiamo ad alimentare. Sono soldi già spesi! Sono soldi spesi male! Sono soldi che oggi ci si chiede di validare nelle forme improprie e discutibili politicamente e contabilmente che li hanno riguardati nel luglio scorso.
Terzo rilievo che giustifica, secondo me, una critica di tipo di versa, ma non meno importante, è che attraverso i progetti speciali quindi dei denari che vengono ad essere utilizzati a latere di quella che è la programmazione regionale, noi facciamo una cosa molto importante, ma che è assolutamente improprio fare in questa sede. Ovvero finanziamo la convenzione con l’Università di Ancona per le attività di formazione dei corsi di laurea delle professioni sanitarie non mediche, gli ex diplomi per le infermiere. Sapete che in maniera sacrosanta questa Giunta, su nostra pressione ed è stata anche una battaglia di Cgil, ha ridelegato alle periferie le funzioni relative i corsi di laurea in particolare in scienze infermieristiche. Ma vi sembra possibile che invece di un finanziamento dedicato, programmato, stabile, noi alimentiamo questi corsi attraverso 387 mila euro che in maniera, ripeto, anche qui contabilmente discutibile, arriviamo ad assegnare ora in rapporto ad una convenzione che meriterebbe, invece, ben altra considerazione normativa, ben altra collocazione sistemica nel nostro quadro di finanziamenti.
Quindi penso che un provvedimento di questo genere non meriti attenzione, forse neanche il voto contrario sarebbe giusto perché non vorremmo apparire come coloro che dicono no ad altre cose importanti e significative che la Commissione ha encomiabilmente inserito ex novo in questo atto, mi riferisco in particolare al progetto n. 21 quello della fisiologia clinica e dell’esercizio fisico – ascrivo il merito in particolare ai Consiglieri Luchetti e Procaccini che su questa cosa si sono interessati molto – in collaborazione con l’Università di Urbino e ce ne sono tante altre di cose serie.
A questo punto penso, quindi, penso che la cosa migliore sia non partecipare al voto, in quanto non è che sono contrario a queste cose, dico però che rasenta lo sconcio la modalità con cui questa Giunta regionale ha utilizzato denari in assenza di autorizzazione consiliare, in spregio addirittura delle normative contabili.
Simili comportamenti, secondo me, meritano l’esecrazione totale del Consiglio, quindi credo di poter valutare insieme agli altri Consiglieri addirittura di non partecipare al voto affinché non si dica che siamo contrari al denaro per la ricerca sul cancro – ci mancherebbe altro –, ma siamo assolutamente contrari a questo sistema fraudolento di gestione delle risorse sanitarie.
PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Bugaro.
Giacomo BUGARO. Vorrei fare una domanda di carattere tecnico. Si può votare l’atto per parti separate, cioè punto per punto? Certo, alla fine con il voto finale sull’intero atto, ma visto che ci sono punti specifici si potrebbero votare come se fossero articoli di legge.
Una legge si vota articolo per articolo e poi nella sua interezza, non vedo perché non possa essere fatto anche qui, anche una mozione è un unico testo, ma si può votare anche per parti separate.
Quindi se sarà possibile chiederò la votazione per parti separate a nome mio e dei Consiglieri Castelli e Capponi.
PRESIDENTE. Non è possibile quindi passiamo alla votazione. Iniziamo dall’emendamento n. 1 della V Commissione che posticipa il tempo di scadenza per l’assunzione di impegni dal 31 dicembre 2007 al 30 giugno 2008.
Ha la parola il Consigliere Pistarelli.
Fabio PISTARELLI. Annunciamo, per le motivazioni rese già dai colleghi Consiglieri, che abbandoniamo l’Aula.
(I Consiglieri dell’opposizione abbandonano l’Aula)
Giacomo BUGARO. Chiedo la verifica del numero legale.
PRESIDENTE. Prego i Consiglieri segretari di procedere alla verifica del numero legale.
Michele ALTOMENI. Procedo alla chiama:
Luciano Agostini presente
Michele Altomeni presente
Marco Amagliani assente
Fabio Badiali presente
Stefania Benatti presente
Massimo Binci presente
Giuliano Brandoni presente
Ottavio Brini assente
Raffaele Bucciarelli presente
Giacomo Bugaro presente
Franco Capponi assente
Guido Castelli assente
Enrico Cesaroni assente
Graziella Ciriaci assente
Francesco Comi presente
Giancarlo D’Anna assente
Sandro Donati assente
David Favia assente
Sara Giannini presente
Roberto Giannotti assente
Leonardo Lippi assente
Marco Luchetti presente
Katia Mammoli presente
Francesco Massi assente
Almerino Mezzolani presente
Luigi Minardi presente
Adriana Mollaroli presente
Rosalba Ortenzi assente
Paolo Petrini presente
Fabio Pistarelli assente
Cesare Procaccini presente
Mirco Ricci assente
Lidio Rocchi assente
Franca Romagnoli assente
Vittorio Santori assente
Daniele Silvetti assente
Vittoriano Solazzi presente
Gian Mario Spacca assente
Oriano Tiberi assente
Luigi Viventi assente
PRESIDENTE. I Consiglieri presenti sono 18, il numero legale non c’è quindi la seduta è tolta.
La seduta termina alle ore 14,05