Resoconto seduta n.95 del 24/01/2008
SEDUTA N. 95 DEL 24 GENNAIO 2008


La seduta inizia alle ore 10,40


Presidenza del Vicepresidente
David Favia



Comunicazioni del Presidente

PRESIDENTE. Do per letto il processo verbale della seduta n. 94 del 15 gennaio 2008, il quale, ove non vi siano obiezioni, si intende approvato ai sensi dell’articolo 29 del Regolamento interno.
Sono state presentate le seguenti proposte di legge:
- n. 213, in data 14 gennaio 2008, ad iniziativa del Consigliere Bugaro, concernente: “Modifiche alla legge regionale 23 ottobre 2007 n. 14”, assegnata alla II Commissione in sede referente;
- n. 214, in data 10 gennaio 2008, ad iniziativa dei Consiglieri Bugaro, Capponi, Brini, Giannotti, Castelli, Massi, Pistarelli, D’Anna, Lippi, concernente: “Iniziative a favore delle donne lavoratrici, per la promozione delle pari opportunità e per la tutela della maternità. Istituzione del fondo regionale per la maternità”, assegnata alla III Commissione in sede referente ed alla II Commissione per il parere obbligatorio;
- n. 215, in data 24 dicembre 2007, ad iniziativa del Consigliere regionale Comi: “Norme per la sicurezza nella pratica degli sport invernali – “Modificazioni ed integrazioni della legge regionale 22 ottobre 2001, n. 22 (Disciplina degli impianti di trasporto a fune in servizio pubblico, delle piste da sci e dei sistemi di innevamento programmato)”, assegnata alla IV Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio;
Sono state presentate le seguenti mozioni:
- n. 244, ad iniziativa dei Consiglieri Mollaroli, Giannini, Benatti, Mammoli, Ortenzi: “In difesa della legge 194/1978”;
- n. 245, ad iniziativa dei Consiglieri Romagnoli, Pistarelli, Castelli, D'Anna, Silvetti: “Solidarietà al Santo Padre Benedetto XVI per i fatti accaduti presso l'Università “La Sapienza” di Roma.;
- n. 246, ad iniziativa dei Consiglieri Bugaro, Capponi, Cesaroni: “Iniziative volte alla realizzazione di impianti di termovalorizzazione per lo smaltimento dei rifiuti”;
- n. 247, ad iniziativa dei Consiglieri Massi, Altomeni, Viventi, Lippi: “Area Porto di Pesaro: verifica epidemiologica”;
- n. 248, ad iniziativa dei Consiglieri D’Anna e Silvetti: “Disciplina vigilanza privata”
Hanno chiesto congedo i Consiglieri Altomeni, Rocchi, Tiberi, Procaccini, il Presidente Bucciarelli e gli Assessori Mezzolani e Giaccaglia.


Interrogazione n. 819
del Consigliere Comi
“Tagli ai corsi scolastici per adulti e delle ore di sostegno per studenti diversamente abili”
(Ritiro)

PRESIDENTE. L’interrogazione n. 819 del Consigliere Comi è stata ritirata con lettera in data odierna.


Interrogazione n. 904
del Consigliere Castelli
“Riduzione delle ore di sostegno agli alunni disabili che frequentano le strutture scolastiche marchigiane”
(Svolgimento)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 904 del Consigliere Castelli. Per la Giunta risponde l’Assessore Ascoli.

Ugo ASCOLI. In merito all’interrogazione del Consigliere Castelli si fa presente che l'organico da assegnare a ciascuna istituzione scolastica, definito sulla base degli alunni iscritti in ciascun anno scolastico, al momento non è competenza della Regione. La Corte Costituzionale con sentenza n. 13 del 13 gennaio 2004 ha stabilito che: "L'art. 22, comma 3, della legge n. 448 del 2001 deve pertanto continuare ad operare fino a quando le singole Regioni si saranno dotate di una disciplina e di un apparato istituzionale idoneo a svolgere la funzione di distribuire gli insegnanti tra le istituzioni scolastiche nel proprio ambito territoriale secondo i tempi e i modi necessari ad evitare soluzioni di continuità del servizio, disagi agli alunni e al personale e carenze nel funzionamento delle istituzioni scolastiche".
Con Circolare ministeriale del 12 giugno 2007, n. 51, inviata ai direttori generali degli uffici scolastici regionali, il Ministro della pubblica istruzione invita “Al fine di assumere, in materia di adeguamento degli organici alle effettive esigenze della scuola, opportune scelte il più possibile condivise, le SS.LL. vorranno attivare i necessari incontri con gli Assessori regionali per acquisirne gli orientamenti, in vista di una programmazione integrata dell'offerta formativa".
Il sottoscritto ha regolarmente partecipato agli incontri presso l'Ufficio scolastico regionale in materia di organici, facendo presente le necessità del territorio.
Per quanto riguarda l'organico di sostegno abbiamo nella nostra regione questa situazione: nell’anno scolastico 2006/2007 c’erano 4.245 allievi con disabilità degna di un sostegno scolastico e i posti assegnati complessivamente sono stati 2.175, di cui 802 dati in deroga personalmente dall’ufficio scolastico regionale.
Nel 2007/2008, cioè l’anno in corso, c’è stato un aumento rilevante degli alunni con disabilità, sono passati a 4.544, i posti complessivamente a sostengo sono aumentati di 100, sono 2.275, di cui 861 dati in deroga dall’ufficio scolastico regionale, ovvero, circa 60 in più rispetto all’anno scolastico passato.
Che cosa è accaduto da un anno scolastico all’altro? E’ accaduto che nella Finanziaria il Ministero della pubblica istruzione ha fissato il rapporto di 1 a 2 da tenersi nelle prime classi, ovvero ogni due ragazzini con disabilità un insegnante di sostegno, e ha lasciato le Regioni libere di regolare il rapporto, pur dovendo andare vicino all’1 a 2, nelle classi successive.
Il tentativo che si è fatto nella nostra regione è quello di mantenersi il più possibile sotto la media dell’1 a 2, e ci siamo riusciti.
Quindi la regione Marche si caratterizza per un numero di posti di sostegno dati assolutamente più alto di quello che sarebbe stato se avessimo dovuto tenere conto di questo rapporto secco 1 a 2. Infatti registriamo con una certa soddisfazione che si sono realizzati fino ad ora un centinaio di posti in più, dico fino ad ora perché la situazione è ancora aperta, in corso d’anno ci potranno essere ulteriori assegnazioni.
Certamente l’aumento del numero di insegnanti a sostegno non è uguale all’aumento del numero degli allievi con disabilità, ma credo che si sia fatto il massimo possibile per quanto riguarda i vincoli che la Finanziaria ci ha dato.
L’elemento che mi conforta è che non abbiamo avuto nessun ricorso e nessuna protesta scritta o formale da parte dei genitori, il che significa che siamo riusciti, o è riuscito l’Ufficio scolastico regionale con il nostro conforto, a distribuire queste ore di sostegno in modo da poter far fronte almeno alle esigenze più gravi.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Ringrazio l’Assessore Ascoli della riposta. Avevo parlato con lui anche nel periodo immediatamente successivo all’apertura dell’anno scolastico perché a me, come peraltro a tanti altri Consiglieri regionali e non solo, era stato proposto questo problema come di un impatto piuttosto grave.
Tutto nasce da una Finanziaria che ha operato nel senso prima descritto. Del resto anche il collega Comi aveva presentato un’interrogazione che traeva spunto dalla medesima problematica.
Il problema è che il fatto dell’aumento importante e significativo degli alunni disabili inevitabilmente dovrebbe essere considerato come un fatto positivo. E’ positivo in quanto la consapevolezza di socializzare anche percorsi formativi comporta una sempre maggiore coscienza anche delle famiglie del disabile rispetto all’esigenza di apprendere attraverso l’utilizzo dei canali formativi messi a disposizione anche per chi disabile non è.
Questa è una cosa molto importante, è il frutto di una rinnovata attenzione nei confronti della disabilità, ma che comporta dei limiti e dei vincoli che la Finanziaria non è stata in grado di soddisfare nel modo migliore.
Tra l’altro anche la Finanziaria per il 2008 interviene ulteriormente sul problema degli insegnanti di sostegno e mi sembra che anche dalle nuove previsioni dei commi 413 e 414 della Finanziaria, si debba paventare che anche per il prossimo anno scolastico la Regione dovrà metterci del suo.
Riconosco all’Assessore Ascoli un particolare impegno da questo punto di vista, ma abbiamo un problema che deve necessariamente, anche da parte della Regione, comportare un intervento se possibile ancora più massiccio.
Questo perché è evidente che il sostengo alla disabilità è un sostegno che per quanto riguarda l’orario scolastico deve essere considerato prioritario. Il disabile vive e socializza massimamente all’interno delle scuole, quindi l’intervento a favore del sostengo è l’intervento a favore della disabilita tout-court.
So bene che anche nel fondo sociale di questa Finanziaria non ci sono segnali di incoraggiamento particolare, so bene che la problematica del welfare regionale è uno dei motivi di maggiore critica, che dai sindacati e dalle associazioni sale nei confronti della Regione, ma proprio per questo credo sia necessario un impegno diverso e maggiore.
Sappiamo bene che, ad esempio, sulla problematica della non autosufficienza esistono delle prese di posizione molto importanti e significative da parte dei sindacati e da parte delle associazioni di riferimento, vediamo ora che dal territorio salgono delle precise valutazioni relativamente al sostegno ai disabili, insomma, la questione welfare – strano a dirsi – è una di quelle sulle quali è richiesto un intervento e un impegno maggiore da parte del territorio regionale.
È una questione che attiene non solo alla civiltà dei comportamenti, ma attiene anche alla coerenza che questo Governo regionale deve mostrare nei confronti di quel programma che ha consentito a Gian Mario Spacca di essere rieletto, sulla base di un impegno di questa maggioranza diretto e finalizzato ad una maggiore garanzia e sostenibilità anche dal punto di vista sociale.
Invece, curioso e paradigmatico al tempo stesso, questa maggioranza mostra la corda proprio lì dove un’amministrazione di sinistra doveva essere più efficace ed operativa, cioè sulla questione sociale che è aperta nel territorio marchigiano e che traversa tutte le categorie delle fragilità sociali e collettive.
Credo che, al di là delle agenzie per gli anziani che pure mirabilmente sembra prendano la strada delle Marche, è richiesto a questo Governo e a questo Consiglio un impegno nuovo e maggiore che renda coerente questa maggioranza con gli impegni che le hanno fruttato la riconferma del 2005.


Sull’ordine del giorno

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Brini.

Ottavio BRINI. Vorrei chiedere all’Aula, vista l’importanza e l’urgenza delle problematiche che riguardano i temi della sicurezza e visto che quasi tutti i gruppi consiliari hanno presentato delle mozioni di cui al punto 7) dell’ordine del giorno, riguardo alla chiusura dei distaccamenti di Polizia stradale di Fano e Civitanova, di anticiparne la discussione dopo il punto della Sadam.
Questo problema è stato rinviato ormai da diverso tempo e il piano Amato è in discussione, pertanto chiedo che il Consiglio regionale si esprima nella giornata di oggi su questa mia richiesta.

PRESIDENTE. Il Consigliere Brini ha chiesto di mettere in votazione l’anticipazione delle mozioni di cui al punto 7) all’ordine del giorno sulla chiusura del distaccamento di polizia stradale di Fano, dopo la Sadam e qualora rimanga tempo rispetto alle ore 13,30. Ha la parola il Consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. La questione, Presidente, riguarda non solo Fano, ma anche Civitanova, e come ha detto il collega Brini, ci sono mozioni, che in effetti sono state presentate da tutti i gruppi ed in particolare dal nostro, che riguardano i due, argomento che è attualmente in discussione in queste settimane quindi è urgente.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Ricci.

Mirco RICCI. Anche nella riunione dei Capigruppo noi abbiamo chiesto l’iscrizione d’urgenza della proposta di legge sugli Erap, e su questo si era d’accordo. Si era anche detto di discutere la mozione sul Papa al prossimo Consiglio regionale – anch’essa urgente –. Quindi nulla osta da parte mia a questa anticipazione, ma oltre ad aver definito l’orario di chiusura del Consiglio intorno alle 13,30, la Conferenza dei Capigruppo aveva già stabilito i termini delle nuove iscrizioni di questa mattina.

PRESIDENTE. Quindi devo ritenere che lei ha chiesto anche l’iscrizione d’urgenza della proposta di legge sugli Erap.

Mirco RICCI. Io l’ho solo anticipato perché lo chiederà la Presidente della Commissione.

PRESIDENTE. Ha la parola la Consigliera Ortenzi.

Rosalba ORTENZI. Chiedo di iscrivere la proposta di legge n. 202, modifica della legge n. 36 sul riordino del sistema regionale delle politiche abitative.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la richiesta del Consigliere Brini di anticipazione delle mozioni sulla chiusura dei distaccamenti della polizia stradale di Fano e Civitanova.

(Il Consiglio approva)

Pongo in votazione la richiesta della Presidente Ortenzi di iscrizione urgente della proposta di legge n. 202.

(Il Consiglio approva)

Quindi, anche in base alla decisione presa nella Conferenza dei Presidenti dei gruppi, verrà discussa la proposta di legge n. 202 prima della Sadam, e subito dopo le mozioni di cui Brini ha chiesto l’anticipazione; tutto questo comunque anche in rispetto alla decisione di chiudere intorno alle ore 13,30.


Interrogazione n. 715
del Consigliere Viventi
“Situazione impianto di fertirrigazione in comune di Senigallia”
(Svolgimento)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 715 del Consigliere Viventi. Per la Giunta risponde l’Assessore Carrabs.

Gianluca CARRABS. Per quanto riguarda l’interrogazione n. 715 del Consigliere Viventi si relazione quanto segue.
Con delibera di Giunta regionale n. 5210 del 2 luglio 1990 era stato approvato il progetto esecutivo relativo al potenziamento del depuratore ed alla realizzazione dell'impianto di fertirrigazione nel Comune di Senigallia, per un importo complessivo di lire 18.356.780.000 (finanziato con delibera Cipe/89).
I relativi lavori sono stati affidati alla Società Snam Progetti con contratto 19 settembre 1990 rep. n. 34129.
L'ultimazione dei lavori è stata accertata dalla direzione lavori in data 22 giugno 1996.
La ditta appaltatrice, come previsto dal c.s.a., ha effettuato dal 23 giugno 1996 al 30 marzo 1998 la gestione di alcune sezioni dell'impianto.
Con verbale in data 30 marzo 1998 le opere realizzate sono state consegnate al Comune di Senigallia per la gestione degli impianti stessi.
Il certificato di collaudo dei lavori è stato emesso in data 29 marzo 2001 ed è stato approvato con decreto dal Dirigente del servizio lavori pubblici n. 1124 del 13 settembre 2001.
Con legge regionale n. 18/1998, in attuazione della legge n. 36/2994, la gestione del servizio idrico integrato è stato affidato alle Ato che svolgono le funzioni di programmazione e controllo delle attività e degli interventi.
Attualmente la Società Multiservizi dichiara che l'impianto svolge i suoi compiti di depurazione, mentre la parte relativa alla "fertirrigazione" non può essere attivata in quanto le caratteristiche dell'acqua da utilizzare non risponde ai parametri fissati dalla normativa entrata in vigore dopo la realizzazione dell'opera.
Non vi sono programmi per adeguare l'impianto in quanto allo stato attuale non risultano richieste di utilizzo dell'acqua trattata da parte di utenti agricoli.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Viventi.

Luigi VIVENTI. Ringrazio l’Assessore per la risposta data a questa interrogazione. Purtroppo qui emerge un fatto chiaro, cioè di come vengono spesi i soldi in Italia, nella Regione, nei Comuni, ecc.. Perché e’ stato realizzato un impianto per il quale sono stati spesi globalmente circa 18 miliardi delle vecchie lire – quindi non stiamo parlando di niente – e per l’impianto in specie di fertirrigazione sono stati spesi circa 10 miliardi – se le cifre a mia disposizione sono esatte -.
Ora viene detto che questo impianto di fertirrigazione non è utile per gli scopi per i quali è stato costruito, perché la Multiservizi dice che non fornisce un’acqua idonea per irrigare gli orti, i campi, ecc.. Allora perché questi soldi sono stati spesi? Ce lo dovremmo chiedere tutti, anche lei Assessore che personalmente non c’entra nulla in queste decisioni e con quanto accaduto in passato.
Tra l’altro, se ho ben capito dalla sua risposta, la Multiservizi fa anche un ragionamento di natura gestionale economica, dice che oggi per rendere funzionale questo impianto bisognerebbe spendere per ipotesi altri 2 miliardi di vecchie lire, poi questo bene prodotto lo si dovrebbe vendere agli agricoltori che ne fanno richiesta. Giusto! E se questi non ne fanno richiesta perché magari costa troppo è evidente che andremmo a fare un investimento inutile perché non verrà mai ammortizzato.
Quindi a maggior ragione risulta l’inutilità di quest’opera e i denari che in questo modo sono stati mal spesi dalle Amministrazioni che l’hanno autorizzata.
Questi ragionamenti non vengono fatti perché ci sono i fondi della Comunità europea, li abbiamo e allora li spendiamo, quindi sarebbe meglio dire che non è compatibile e che non è possibile, così risparmieremo. Così, invece, sono proprio soldi buttati via, e questo è un modello di mala amministrazione.


Interrogazione n. 838
del Consigliere Castelli
“Divieto all’esercizio della caccia nelle aree interessate da incendi boschivi”
(Svolgimento)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 838 del Consigliere Castelli. Per la Giunta risponde l’Assessore Petrini.

Paolo PETRINI. In relazione a questo problema in premessa evidenzio quello che era accaduto a livello centrale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero ambiente.
A seguito di una riunione a livello interministeriale del 4 settembre 2007 era stata inviata da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri una bozza di ordinanza volta a regolamentare l'attività venatoria nei territori percorsi dal fuoco. Sulla stessa ordinanza era richiesta l'intesa delle Regioni.
Con la suddetta bozza si stabiliva che i Sindaci dei Comuni i cui territori sono stati percorsi dal fuoco, adottano ordinanze sindacali per rendere immediatamente operativo il divieto di caccia sui soprassuoli delle zone boscate percorse dal fuoco di cui all'art. 10 della legge n. 353/2000.
I Presidenti delle Regioni si sostituiscono, richiamando il decreto del Presidente del Consiglio Ministri del 27 luglio 2007 (dichiarazione stato emergenza dal 24 giugno e fino al 31 ottobre 2007 nei territori delle regioni interessate dagli incendi boschivi), ai Sindaci inadempienti in caso di mancata attuazione delle disposizioni indicate. Le Regioni definiscono modalità con cui vietare o limitare l'attività venatoria nelle aree limitrofe a quelle incendiate.
Una precedente nota della Direzione per la protezione della natura del Ministero dell'ambiente, indirizzata agli Assessorati all'ambiente delle Regioni in data 9 agosto 2007, richiamava la normativa sull'applicazione del divieto di caccia nelle aree percorse dal fuoco e invitava le Amministrazioni regionali ad emanare provvedimenti anche nelle aree contigue e circostanti a quelle colpite.
Che cosa è avvenuto successivamente a questo? La bozza di ordinanza non ha avuto seguito poiché la Regione Marche, sentite le altre Regioni – in particolare le confinanti con le quali esistono protocolli d'intesa per la predisposizione di calendari venatori omogenei e per l'interscambio di cacciatori – non ha inteso esprimere il proprio assenso. Identica posizione risulta poi essere stata assunta da tutte le Regioni.
La non adesione alle indicazioni governative, senza con questo voler sminuire o limitare la gravità degli eventi dell'estate scorsa, verificatisi anche nella Regione Marche, può essere motivata al fatto che è già in vigore la legge n. 353/2000 che all’art. 10 è estremamente precisa e limitativa, oltre che per altri settori, anche per l'attività venatoria nei soprassuoli interessati dagli incendi. Al riguardo lo stesso calendario venatorio 2007/2008 riporta la normativa in vigore, anche per informare costantemente e adeguatamente i cacciatori.
Eccessiva è sembrata anche l'indicazione di estendere il suddetto divieto alle aree contigue e circostanti.
Ad ogni buon conto, su mia iniziativa, veniva convocata in data 10 settembre 2007 una riunione con i Presidenti degli Ambiti territoriali di Caccia della regione Marche per discutere collegialmente le eventuali limitazioni all'esercizio venatorio.
La riunione, alla quale hanno partecipato tutti i responsabili degli Ambiti e un rappresentante della protezione Civile regionale, evidenziava la gravità del fenomeno interessante diversi territori con particolare estensione nella province di Ascoli Piceno, Pesaro e Urbino e Macerata.
L'ufficio regionale della protezione civile forniva al riguardo un elenco aggiornato dei Comuni interessati e il numero degli incendi sviluppatisi in ognuno di questi. I dati forniti facevano riferimento ad episodi interessanti superfici superiori ad un ettaro.
Lo stesso elenco, aggiornato al 31 agosto 2007, veniva poi ufficialmente inviato dalla scrivente struttura agli Ambiti territoriali di caccia con l'invito a formalizzare ufficialmente le rispettive posizioni dopo i necessari approfondimenti con gli organismi dirigenti degli stessi.
Con successive note, gli Ambiti esprimevano unanimemente parere sfavorevole alla limitazione della caccia nelle aree contigue e circostanti, ravvisando inutile, anche da un punto vista faunistico, qualsiasi fascia di rispetto al di là dei divieti già espressamente previsti.
Pertanto si ribadisce:
1) che l’Assessorato all'agricoltura ha seguito con attenzione e tempestività l'intera problematica degli incendi boschivi, con riferimento anche agli aspetti legati all'imminente inizio dell'attività venatoria;
2) che non si è inteso aderire alle iniziative sopracitate perché ritenute immotivate e tecnicamente non rispondenti alle necessità rappresentate, in presenza infatti di una normativa puntuale e ineludibile;
3) che però appare altrettanto immotivata la richiesta di una deroga alla legge n. 353/2000 tale da consentire la caccia attualmente interdetta nei soprassuoli delle zone boscate percorsi dal fuoco (art. 10, comma 1), della quale si dubita anche dal punto di vista dell'ammissibilità giuridica;
4) che la richiamata espansione numerica e territoriale del cinghiale, con i conseguenti danni alle produzioni agricole e alla sicurezza degli automobilisti stante l'esponenziale aumento di entrambe le situazioni, è ben conosciuta e attentamente seguita dall'Assessorato; a riprova di ciò l'apertura della caccia al cinghiale è stata anticipata per la prima volta al 14 ottobre 2007 secondo quanto stabilito dal calendario venatorio in vigore.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Assessore Petrini, inizierò dalla fine. Non più tardi dell’altro ieri le associazioni agricole hanno ulteriormente manifestato il proprio disappunto per il trend preoccupante che sta assumendo tutta la problematica dei danni che vengono provocati, alle colture e agli automobilisti, quindi ai cittadini, proprio dalla proliferazione incontrollata dei selvatici che sono in una misura talmente importante e significativa da determinare obblighi risarcitori che sfiorano i 3 milioni di euro. Somme che sono obiettivamente insostenibili per un bilancio di una Regione già in difficoltà e che peraltro assorbono la maggior parte dei proventi che dovrebbero essere gestiti dagli stessi Atc grazie alle tasse di concessione pagati dai tanti vituperati cacciatori che, paradossalmente, vanno e rifluire in un circuito che provoca obblighi risarcitori da rendere vane altre iniziative per le quali, invece, gli Atc sono stati concepiti. Ormai gli Atc sono enti soggetti pagatori di danni provocati da cinghiali, dagli istrici e da ungulati vari che solcano le nostre bellissime falde sub-appenniniche.
Confermato come il problema assuma un significato tanto noto, ma non sufficientemente noto da imporre alla Regione un cambio di rotta da questo punto di vista, ricordo che la richiesta di deroga che fu avanzata non solo dal Comune di Roccafluvione, ma anche da altri Comuni contermini, traeva spunto proprio dal fatto che la legge 353/2000, prevedendo l’inibizione decennale all’esercizio non solo della caccia, ma anche della pastorizia e dell’attività edilizia nelle superfici interessate da incendi, è una legge che applicata tout-court nei territori della parte sub-appenninica della provincia di Ascoli Piceno – ma ritengo che per il pesarese fosse la stessa cosa – rischiava automaticamente di far aumentare quei problemi di sovraffollamento della popolazione degli ungulati che già conosciamo.
Da lì Comuni di tutti i colori, più varie associazioni venatorie e associazioni agricole avevano chiesto alla Regione di farsi parte dirigente affinché quella deroga, che come tutte le deroghe è fatto straordinario, fatto soprattutto per conseguire il quale è necessario uno sforzo supplementare e un atteggiamento non burocratico verso questo obiettivo, era diretta proprio a far sì che il problema del sovraffollamento, in particolare dei cinghiali ma anche di altri animali selvatici, potesse essere per lo meno non assecondato da un’applicazione automatica del disposto dell’articolo 10 della legge 353/2000.
Addirittura, come ci riferisce l’Assessore Petrini, il Governo, immagino sotto la spinta del noto Ministro dell’ambiente Pecoraro Scanio – mi perdoni l’Assessore Carrabs – prevedeva un’applicazione più estesa. Bene ha fatto la Regione a non aderire a questo invito forzoso che applicato al territorio marchigiano sarebbe stata una follia.
Capisco che nelle Marche ci sia la possibilità di un’applicazione automatica, deterministica della inibizione a costruire, a promuovere attività edilizie, ma – viva Dio – il divieto dell’esercizio della caccia nei luoghi interessati dagli incendi – conosco meglio la situazione che si è verificata vicino ad Ascoli Piceno – nella misura peraltro prevista dalla legge n. 353 del 2000, è davvero un’assurdità.
Quindi, da un lato posso essere soddisfatto della resistenza passiva che l’Assessore Petrini ha fatto rispetto ai dictact di Peroraro Scanio, ma mi sarei anche aspettata una maggiore attenzione rispetto ad un problema che non è solo di Roccafluvione, che non è solo dei Comuni interessati dagli incendi boschivi di quest’anno, ma è un problema più generale, cioè quello di come arrivare ad una gestione equilibrata dei selvatici che provocano danni alle colture e ai cittadini.
È un problema serissimo, costosissimo, che investe direttamente la Regione che è chiamata a liquidare una parte di questi danni, è un problema che va a menomare le possibilità di gestione equilibrata dell’attività venatoria da parte degli Atc ed è un problema, non ultimo, che provoca un decadimento progressivo anche delle possibilità dei nostri imprenditori agricoli di far fronte a questa situazione.
Ringraziando per la parte che ha visto l’Assessore Petrini, ripeto, resistente passivo dei dictact di Pecoraro Scanio, lo invito anche a riprendere in mano la problematica della gestione del sovraffollamento dei selvatici che proprio in questi giorni è tornato prepotentemente alla ribalta e che continua a pregiudicare la possibilità di un buon esercizio agricolo, come peraltro denotano le sempre maggiori lagnanze, legittime oltre che maggiori, che provengono dal mondo agricolo.


Interrogazione n. 633
del Consigliere Giannotti
“Prospettive personale dell’Ersu”

Interrogazione n. 785
dei Consiglieri Giannotti, Santori, Bugaro, Capponi, Ciriaci, Brini, Tiberi, Cesaroni
“Dichiarazioni Ersu”

Interrogazione n. 931
del Consigliere Giannotti
“Prospettive Ersu”

(abbinate)
(Svolgimento)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 633 del Consigliere Giannotti, l’interrogazione n. 785 dei Consiglieri Giannotti, Santori, Bugaro, Capponi, Ciriaci, Brini, Tiberi, Cesaroni, l’interrogazione n. 931 del Consigliere Giannotti, abbinate. Per la Giunta risponde l’Assessore Ascoli.

Ugo ASCOLI. Le interrogazioni sono tre, quindi il discorso è complessivo, proverò a rispondere separatamente e poi farò una sintesi.
Per quanto riguarda l’interrogazione n. 633, quella relativa alle prospettive del personale dell'Ersu di Urbino, si fa presente che, acquisite le informazioni presso lo stesso Ersu di Urbino, le problematiche sollevate non sono mai state oggetto di delibera da parte del Consiglio di amministrazione dell'ente, né sono state mai sottoposte al suo esame come punto all'ordine del giorno di una seduta consiliare. Da parte della presidenza dell'Ersu si conferma che non c'è nessun tipo di orientamento o volontà di mutamento dell'attuale stato giuridico del personale dell'ente.
Ciò premesso, si precisa, inoltre che: il documento a cui si fa riferimento, a firma dei presidenti Ersu degli inizi del mese di dicembre 2006, conteneva alcune osservazioni sui rapporti Regione/Ersu, di carattere interno, in qualità di scaletta per un incontro effettuato con il sottoscritto; la Giunta regionale non ha mai manifestato la volontà di modificare l'attuale stato giuridico del personale del ruolo degli Ersu, anzi, con un comunicato apparso sulla stampa locale del 13 febbraio 2007 ha fugato qualsiasi preoccupazione basata su voci allarmistiche del tutto infondate; sulla questione sono state incontrate anche le organizzazioni sindacali di categoria alle quali sono state fornite ampie rassicurazioni in proposito.
La posizione della Regione Marche è quindi chiara; i temi fondamentali dei servizi universitari, del diritto allo studio e al lavoro restano prioritari e potranno sempre essere oggetto di un confronto approfondito.
In merito all’interrogazione n. 785 si fa presente quanto segue.
Il Consiglio di amministrazione dell'Ersu di Ancona, con proprio atto n. 6 in dato 5 aprile 2007, ha dato mandato all'assemblea dei soci, secondo i poteri a lei riconosciuti dallo statuto della Società E.C. servizi Srl, di procedere a quanto previsto dall'articolo 23 dello statuto stesso.
In data 21 agosto 2007 l'assemblea dei soci ha deliberato di sciogliere con effetto immediato la Società E.C. servizi Srl e di metterla in liquidazione, con contestuale nomina del liquidatore.
In data 29 agosto 2007 sono stati depositati presso la Camera di commercio di Ancona gli atti relativi allo scioglimento della Società, cessazione amministratori e nomina liquidatore.
Alla data attuale il liquidatore sta acquisendo la documentazione contabile della Società e si presume che entro il mese di marzo 2008 procederà a quanto demandato dall'assemblea dei soci.
Quindi alla luce di quanto sopra esposto si è proceduto nel rispetto degli impegni assunti.
In merito alla interrogazione n. 931 si precisa quanto segue.
Nell'ambito del raggiungimento dell'obiettivo di pervenire ad una semplificazione amministrativa e di ridurre i costi sugli enti dipendenti una ipotesi di lavoro, a cui si darà corso nel 2008, è quella di predisporre una proposta di legge regionale per realizzare un unico soggetto gestore dei servizi per il diritto allo studio universitario nella regione Marche.
Tale ipotesi, che verrà valutata nella sua portata, ha l'obiettivo oltre che di ridurre i costi di andare ad una riforma basata su meno burocrazia e più servizi agli studenti.
L'accorpamento dei quattro Ersu e l’istituzione di un unico soggetto permetterà un recupero di risorse, ma soprattutto di realizzare economie di scala a tutto vantaggio di migliori e più uniformi servizi agli studenti universitari.
Naturalmente i servizi continueranno ad essere erogati nelle diverse sedi universitarie, come attualmente; per il personale nulla cambia in quanto esiste già un ruolo unico regionale del personale degli Ersu.
Questa ipotesi fornirebbe inoltre una risposta ai bilanci degli Ersu che mostrano segni di sofferenza.
La finalità è quella di razionalizzare il sistema, coniugando l'ottimizzazione dei servizi con l'obiettivo di un loro potenziamento, fino ad allargare sia la fascia degli studenti che utilizzeranno i servizi sia la qualità e la quantità dei servizi stessi. Gli effetti saranno da subito evidenti, un organismo unico anziché quattro, un unico organo di revisione anziché quattro.
Sull'operazione verranno effettuate consultazioni con i rappresentanti degli studenti, con gli enti locali, con i sindacati e con le forze sociali interessate.
In questa direzione si sono già mosse altre Regioni, come il Lazio, l'Emilia Romagna ed altre, altre Regioni come la Toscana si stanno muovendo.
Anche a livello nazionale si sta discutendo una proposta di legge che supera la legge quadro 390 del 1991 ormai ampiamente superata, nella direzione dei livelli essenziali delle prestazioni sul diritto allo studio universitario.
Il 2008 sarà un anno che modificherà lo scenario complessivo nel settore del diritto allo studio universitario e la Regione Marche vuole essere protagonista in questa direzione.
Da ultimissimo posso dire che le organizzazioni sindacali si sono riunite con le Rsu dei quattro Ersu esattamente due giorni fa ad Ancona presso la sala della Regione, e hanno chiesto di nuovo un incontro al Presidente della Giunta e al sottoscritto – incontro che verrà organizzato nel più breve tempo possibile – per poter affrontare questi argomenti e chiarire tutte le questioni che sono in pregiudicato di essere messe in novità.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Do atto all’Assessore Ascoli di avere ufficialmente detto che la Giunta regionale si appresta a smantellare quei pochi strumenti di democrazia partecipata, cioè chiudere gli enti per il diritto allo studio di Camerino, Urbino, i Ancona e Macerata, dando vita ad un organismo regionale. Sostanzialmente l’annuncio è stato questo.
Non so se questa sia una decisione della maggioranza, mi auguro di no, però rimane il fatto che quanto meno si è svelato l’inganno.
Per tantissimo tempo è stato detto agli operatori locali, agli studenti, ai lavoratori, che questo non sarebbe avvenuto, oggi invece in maniera molto candida e chiara l’Assessore ha detto che si è iniziato un percorso per la centralizzazione a livello regionale degli Ersu.
E’ una scelta che ritengo sbagliata, una scelta improponibile e inadeguata che va contro lo spirito della legge.
Debbo ricordare ai colleghi Consiglieri che tutte le ipotesi di dar vita a forme di centralismo regionale nelle Marche sono fallite. E’ fallita l’ipotesi di costituire un’azienda unica regionale per la gestione del settore turistico, è fallita la scelta di gestire a livello centralizzato la sanità. Quindi credo che si preannunci il terzo fallimento di questa Giunta regionale, cioè la possibilità di buttare al macero anni di esperienza sul piano della gestione dei servizi agli studenti.
Ho difficoltà a seguire questo discorso perché comunque sarebbe un provvedimento lesivo di quanto previsto dalla legge. La legge istitutiva degli Ersu fa richiamo specifico alla valorizzazione e alla rappresentazione puntuale delle esigenze locali, quindi una scelta di questo genere va contro gli interessi che la legge stessa voleva legittimare.
Non voglio andare oltre perché avremo il tempo di discutere sui richiami fatti dall’Assessore, sulla riduzione dei costi, sulla minor burocrazia, sui migliori servizi, però ho l’impressione che la scelta non sia in positivo, che sia una scelta di tenere sotto controllo uno strumento importantissimo, uno strumento di pressione politica, uno strumento clientelare, rimettendo alla discrezionalità e al controllo diretto della Giunta regionale questo tipo di servizio.
Non credo che ci saranno vantaggi concreti per gli studenti, quindi sarà una battaglia dura che faremo in Consiglio regionale e certamente anche sul territorio.
Non me ne voglia il mio amico Sindaco di Urbino che si è lasciato andare l’altro giorno a qualche concessione verbale, ma non credo che nei disegni della Giunta regionale ci sia quello di fare l’Ersu unico regionale assegnando ad Urbino la sede regionale.
C’è una polemica questa mattina sui giornali del Presidente della terza Commissione rispetto all’ente unico fieristico, non credo che sia una prospettiva, è una prospettiva nefasta rispetto alla quale faremo una grande battaglia politica.
Io sono contro l’Ersu regionale, sono contro lo scioglimento degli Ersu. L’Assessore non ha detto che la sede dell’Ersu unico, qualora si faccia, sarà ad Urbino, dubito molto che possa e che voglia fare questo tipo di scelta. Se si hanno le garanzie che si dicano così almeno abbiamo un altro punto di riferimento.
Noi siamo contro la centralizzazione, siamo contro lo scioglimento degli Ersu locali.
L’Assessore è stato più chiaro rispetto al problema della privatizzazione dei servizi, ha pure banalizzato sul documento dei Presidenti degli Ersu. E’ chiaro che nella scelta della riduzione operativa anche il peso di questo pronunciamento acquista un’altra valenza, ma c’è comunque il discorso da tenere in considerazione del ruolo del punto di vista dei Rettori.
Credo che anche questo sia un problema che deve essere monitorato, deve essere tenuto sotto controllo, non credo che sia stato saggio attivare la discussione sul piano della possibile esternalizzazione. Oggi c’è stato detto che non c’è questo intendimento, io mi auguro che non sia così.
Mi permetto di sollevare qualche rilievo rispetto ai tempi di chiusura di questa esperienza anconetana. Assessore, lei ha risposto a una mia interrogazione nel giugno dello scorso anno dando per fatta una cosa che non è stata fatta.

PRESIDENTE. Consigliere, per cortesia, concluda, sono già trascorsi dieci minuti quindi il doppio del tempo.

Roberto GIANNOTTI. Le interrogazioni sono tre quindi tre volte il tempo.
Oggi ci viene detto che E.C. Servizi srl di Ancona non è chiusa, si chiuderà a marzo. Spero che sia così.
C’è il problema del personale per il quale c’è una vertenza in atto, c’è una discussione aperta che coinvolge le organizzazioni sindacali, c’è una questione relativa anche ai precari di questo settore che le è stata posta, quindi mi sembra che ci voglia qualcosina di più di una rassicurazione formale.
Mi dichiaro insoddisfatto e ribadisco che Forza Italia è contraria alla centralizzazione di questo strumento e si batterà in tutte le sedi affinché venga salvaguardata l’autonomia degli Ersu locali, quindi la qualità dei servizi sul territorio agli studenti.


Interrogazione n. 821
del Consigliere Brandoni
“Stato di attuazione del Piano provinciale dei rifiuti della Provincia di Ancona”
(Svolgimento)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 821 del Consigliere Brandoni. Per la Giunta risponde l’Assessore Amagliani.

Marco AMAGLIANI. In riferimento alla interrogazione di cui all'oggetto, nella quale si rappresenta un possibile quadro di criticità legato al rischio di una emergenza rifiuti nella provincia di Ancona in dipendenza della chiusura di alcuni impianti di smaltimento finale e della non ancora avvenuta realizzazione di un nuovo impianto, si forniscono per la risposta i seguenti elementi.
Il sistema regionale di gestione dei rifiuti, definito dal Piano regionale attualmente in vigore, individua il territorio della provincia di Ancona come Ato (Ambito territoriale ottimale) n. 2.
Lo stesso Ato n. 2 è suddiviso in due bacini definiti Bacino n. 1 gestito dal Consorzio Conero ambiente e dal Bacino n. 2 gestito dal Consorzio Cir 33.
Nel Bacino n. 1 al momento non sono operativi impianti di smaltimento, né per il trattamento dei rifiuti. Si registra una situazione di stallo circa la realizzazione di un nuovo impianto di discarica a servizio del bacino. Non abbiamo per questo territorio notizie di esperienze significative di raccolta differenziata.
Nel Bacino n. 2 al momento sono operativi gli impianti di smaltimento (discariche) di Corinaldo, Maiolati Spontini e Castelcolonna.
Per quanto concerne l'impiantistica di trattamento è in corso di realizzazione l'impianto di compostaggio di qualità di Corinaldo, cofinanziato da fondi Cipe, fondi regionali e in parte del Consorzio Cir 33. E' inoltre presente un piccolo impianto per la produzione di compost di qualità, che esclude la matrice organica del rifiuto urbano, presso l'impianto di Maiolati Spontini e nello stesso sito è prevista la realizzazione dell'impianto dedicato al trattamento del rifiuto "secco" dei bacino. Per la realizzazione di tale impianto, nonostante lo stesso sia incluso in uno specifico Accordo di programma con i Ministeri competenti, manca una parte dei fondi che avrebbero dovuto essere messi a disposizione da parte della Cassa depositi e prestiti.
II Consorzio Cir 33 ha avviato, tra aprile e giugno 2007, un nuovo servizio di raccolta spinta dei rifiuti in 13 Comuni e a novembre aderiranno al progetto altri 4 Comuni. L'intero territorio del bacino sarà completamente coperto nel 2008. Il nuovo sistema ha previsto il ritiro domiciliare dei rifiuti e una differenziazione spinta dei rifiuti stessi.
I risultati ad oggi sono assolutamente confortanti con una percentuale media di raccolta differenziata pari a circa il 53% (in alcuni casi si arriva al 70%).
Il buon esito della raccolta differenziata nel Bacino 2 e le prospettive di incremento della stessa fanno prevedere un sempre minor ricorso allo smaltimento in discarica.
Quindi se da una parte la situazione del Bacino 1, in base alle nostre conoscenze, è in una fase di stallo, per il Bacino 2 si dovrebbe prospettare un minimo fabbisogno di smaltimento e conseguentemente un aumento del periodo di vita delle discariche esistenti.
Comunque, tenuto conto delle specifiche competenze della Provincia in materia di organizzazione del sistema di gestione dei rifiuti e delle informazioni parziali di cui disponiamo si è provveduto a richiedere alla stessa Provincia, tramite la nota prot. n. 185346 del 20 settembre 2007 informazioni circa le capacità residue degli impianti di smaltimento operativi nella provincia di Ancona, le previsioni di utilizzo nei prossimi anni, lo stato delle procedure per l'individuazione di un nuovo sito da adibire a discarica a servizio del Bacino n. 1, della localizzazione e realizzazione degli impianti di trattamento, nonché delle altre informazioni utili a completare la presente risposta.
La Provincia di Ancona con nota ns. prot. n. 205873 del 16 ottobre 2007 ha provveduto a comunicare le capacità residue degli impianti di discarica operativi sul proprio territorio alla data del 30 giugno 2007: Castel Colonna - 86.000 mc., Chiaravalle - 65.000 mc., Corinaldo - 385.000 mc., Maiolati Spontini - 859.901 mc., che però ad oggi si sono ulteriormente ridotti: Castel Colonna 50 mila, Chiaravalle 30 mila, Corinaldo 350 mila, Maiolati Spontini autorizzati 230 mila e una proposta di autorizzazione per arrivare a 850 mila.
Considerato un consumo medio annuo di volumetria pari a circa 250.000 mc, come riferito dalla Provincia, sul totale delle volumetrie a livello provinciale, si avrebbe una autonomia superiore a 5 anni.
Quanto sopra, unitamente ai successi della raccolta differenziata, non lascia prevedere al momento, uno scenario di emergenza.
Successivamente, sempre la Provincia di Ancona, ha provveduto con nota a trasmettere idonea informativa relativa allo stato delle procedure inerenti l'individuazione del nuovo sito di discarica per il Bacino n. 1.
Dalla nota provinciale si prende atto che: la Provincia di Ancona, con delibera di Giunta provinciale n. 659 del 5 dicembre 2006 ha concluso il procedimento di localizzazione ottimale degli impianti di selezione e della discarica, approvando i risultati dello studio redatto dall'Università Politecnica delle Marche; nel gennaio 2007 lo studio è stato trasmesso al Consorzio Conero ambiente per gli adempimenti di competenza di cui al Piano provinciale di gestione dei rifiuti; nessun comune ha dato la propria disponibilità alla localizzazione della discarica sul proprio territorio. Aspetto comunicato dal consorzio Conero ambiente alla Provincia; nel mese di marzo sono pervenuti alla Provincia 5 ricorsi ai Tar avversi allo studio per i quali la Provincia stessa si è costituita in giudizio.
Pertanto da questo quadro sommariamente delineato si deduce una significativa diversità tra le situazioni dei due bacini della Provincia di Ancona. I risultati conseguiti nel Bacino 2 confermano l'auspicio, più volte espresso dalla Regione, che anche nelle Marche e in condizioni dimensionali (territoriali e di popolazione) "medie", si possono, tramite adeguate politiche consortili e interventi adeguati, raggiungere traguardi di raccolta differenziata molto al di sopra degli obiettivi minimi fissati a livello nazionale. Questa circostanza, oltre all'indubbio vantaggio del recupero di materia, consente di ridurre notevolmente i quantitativi di rifiuti destinati alle discariche e conseguentemente di allungare la vita delle stesse. Sotto questo profilo, quindi, dovrebbe allontanarsi anche il rischio dì emergenze discariche nel breve periodo. Certamente occorre che nel Bacino 1 vengano adottati provvedimenti tesi a far allineare i risultati della raccolta differenziata a quelli nazionali aggiornati (superiori ai livelli fissati dal Piano provinciale) o meglio a quelli del Bacino 2 anche tramite forme di collaborazione tra detti territori.
Per quanto riguarda le azioni intraprese da parte della Regione si deve innanzitutto precisare che ciascun Ente a fronte delle disposizioni vigenti ha compiti diversificati. Infatti alla Regione sono affidati compiti di pianificazione, di programmazione e di sostegno anche finanziario ai soggetti attuatori delle politiche sul territorio, quindi non può esercitare azioni coercitive nei confronti delle Amministrazioni provinciali. In tal senso segnaliamo che dopo la definizione del Piano, la Regione ha costantemente sostenuto, con le diverse risorse economiche disponibili, azioni finalizzate alle realizzazione degli impianti e allo sviluppo della raccolta differenziata laddove la stessa trovasse sia attuatori convinti che impianti adeguati per il recupero come di seguito elencato:
Ato 2 riferito alla Provincia di Ancona - Bacino 1 (Consorzio Conero ambiente), questo bacino non è a tutt'oggi operativo.
I finanziamenti di cui risultava beneficiario il Consorzio Conero Ambiente sono relativi al Ptta (Piano triennale per la Tutela ambientale) di cui alla legge n. 441/1987. Le risorse in questione ammontavano a lire 4.890.000.000 per l'impianto di trattamento rifiuti e lire 3.000.000.000 per la discarica. A causa dell'inerzia da parte dei beneficiari che non hanno utilizzato tempestivamente le risorse di cui la legge del 1987, non sono più disponili per l'accensione dei mutui da parte del Consorzio del Bacino 1 per la prevista realizzazione sia dell'impianto che della discarica.
Bacino 2 (Consorzio Cif 33): per quanto riguarda i finanziamenti concessi al Consorzio Vallesina-Misa per l'attuazione delle azioni previste dal relativo Piano industriale in coerenza con il Piano provinciale dei Rifiuti nel Bacino 2 dell’Ato 2 (Provincia di Ancona) le linee di intervento hanno riguardato da un lato il contributo alla realizzazione e/o adeguamento dell'impiantistica di trattamento, dall'altro il sostegno alle attività gestionali di raccolta dei rifiuti solidi urbani per frazioni merceologiche differenziate, con particolare riferimento alla frazione organica da avviare a recupero nell'impiantistica dedicata.
Per l'impiantistica sono state attivate risorse finanziarie a favore di interventi inseriti negli Accordi di programma quadro in materia di gestione dei rifiuti stipulati nell'ambito dell'intesa istituzionale di programma tra il Governo della Repubblica Italiana e la Regione Marche.
Gli interventi sono: la realizzazione dell'impianto di compostaggio di qualità per il trattamento delle matrici organiche selezionale presso la discarica di Corinaldo (inserito nell'Apq 1° Integrativo, stipulato il 30 dicembre 2004); la realizzazione di opere di adeguamento dello stesso impianto (inserito nella sezione programmatica dell'Apq 2° Integrativo, stipulato il 14 novembre 2006, poi trasferito nella sezione attuativa con un Protocollo di riprogrammazione firmato in data 31 ottobre 2007).
Il costo totale dell'impianto di compostaggio di qualità di Corinaldo, al netto delle economie finora registrate, è di euro 6.569.530,09, la cui copertura finanziaria è ripartita fra diverse fonti come di seguito elencato:
Realizzazione impianto di trattamento/recupero di Corinaldo:
- costo complessivo: euro 6.569.530,09 la cui copertura è garantita da:
- fondi statali di cui alla delibera Cipe 17/03 : euro 4.978.180,09
- fondi regionali di cui alla d.g.r. 2389/99: euro 413.165,52
- fondi regionali attivati ai sensi del decreto dirigenziale n. 74 del 2 maggio 2006: euro 258.228,45
- fondi regionali già assegnati alla Provincia di Ancona: euro 168.365,00
- fondi dello stesso Consorzio Vallesina-Misa: euro 751.611,03
Intervento di adeguamento dell'impianto di compostaggio di qualità di Corinaldo:
- costo totale euro 1.960.000,00 la cui copertura è garantita da:
- fondi statali di cui alla delibera Cipe 20/2004 euro 1.701.702,30
- fondi regionali euro 258.297,70
Raccolta differenziata "di prossimità e porta a porta"
Per quanto riguarda la raccolta differenziata sono state assegnate risorse a favore del progetto proposto dal Cir33, finalizzato alla riorganizzazione delle modalità di gestione dei rifiuti Rsua (rifiuti solidi urbani ed assimilati). Il progetto si pone come finalità quella di assicurare il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata fissati prima dal d.lgs. n. 22/97 (decreto Ronchi) e ribaditi oggi dal d.lgs. n. 152/2006 (Codice ambientale).
Nello specifico il progetto ha lo scopo di ottimizzare il sistema di raccolta differenziata di tipo "convenzionale" già avviato sul territorio attraverso l'eliminazione delle campane stradali con progressiva domiciliarizzazione della raccolta delle principali frazioni merceologiche recuperabili (carta, vetro, plastica) e l'introduzione del sistema di raccolta delle frazioni organiche comportabili (c.d. rifiuti urbani biodegradabili - Rub) da avviare all'impianto di compostaggio di Corinaldo in corso di realizzazione. Tale riorganizzazione consente di ottenere una maggiore responsabilizzazione delle utenze e favorire il raggiungimento di elevate percentuali di raccolta differenziata, nonché l'intercettazione di materiali recuperabili di migliore qualità. La scelta della metodologia di raccolta domiciliare consente, altresì di responsabilizzare i cittadini anche in riferimento all'esigenza di riduzione della produzione dei rifiuti attraverso l'integrazione con il sistema tariffario, passando dalla tassa sulle superfici alla tariffazione puntuale del servizio.
Le risorse fino ad oggi assegnate a tale fine ammontano: euro 549.859,79 attraverso assegnazione diretta per l'attivazione del progetto di riorganizzazione delle modalità di gestione dei rifiuti Rsua (Rifiuti solidi urbani ed assimilati); euro 50.000,00 assegnati attraverso la partecipazione a bando pubblico per l'incentivazione dei servizi di raccolta domiciliare per i Rsua collegati all'applicazione della tariffa puntuale; euro 180.000,00 assegnati attraverso la partecipazione a bando per l'incentivazione dei servizi dì raccolta domiciliare per Rsua.
Questo tipo di raccolta è in corso di attuazione e per quanto riguarda il "porta a porla" tredici Comuni su trentatre hanno attivato questa modalità di raccolta.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il Consigliere Brandoni.

Giuliano BRANDONI. Non possono non ringraziare l’Assessore per una risposta così puntuale e un’informazione così completa. Credo che dovrebbe ringraziarmi anche lui per avergli dato l’opportunità di dare un’informazione sul problema dei rifiuti, in generale, e della situazione della provincia di Ancona, in particolare, che proprio in questi giorni rischia di creare un eccessivo allarme e un’eccessiva preoccupazione.
Nella risposta, ovviamente, sono indicati i punti di forza, le cose realizzate, le difficoltà che ci troviamo di fronte e, come ha ricordato l’Assessore, il compito della Regione che è quello della programmazione e non un ruolo coercitivo nei confronti delle attività delle Province.
In questo caso una risposta come questa è un momento di convincimento, di conforto e di esortazione all’agire che può determinare la risoluzione di quelle difficoltà e in alcuni casi di quei ritardi, come la risposta ha indicato, che danno della raccolta dei rifiuti della provincia di Ancona un quadro in chiaro-scuro dove si sono realizzati punti di efficienza, efficacia e addirittura di eccellenza, e situazioni di ritardo.
In questo contesto mi auguro che prossimamente l’iniziativa dell’Assessorato e della Giunta regionale e anche, sulla base di queste esortazioni, della Provincia di Ancona, possa mettere rapidamente ad azione quelle prospettive che sono state indicate anche in questa risposta, che eviteranno nei prossimi mesi e anni delle preoccupazioni, anzi, potranno permettere di costruire su questo settore quei percorsi di avanguardia che determineranno risultati importanti.


Interrogazione n. 881
della Consigliera Benatti
“Istallazione del radar meteorologico”

Interrogazione n. 924
del Consigliere Massi
“Radar meteorologico Porta del Ragnolo-Sarnano”

Interrogazione n. 926
del Consigliere Comi
“Radar meteorologico Comune di Sarnano località Porta del Ragnolo”

(abbinate)
(Svolgimento)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca l’interrogazione n. 881 della Consigliera Benatti, l’interrogazione n. 924 del Consigliere Massi, l’interrogazione n. 926 del Consigliere Comi, abbinate. Per la Giunta risponde l’Assessore Carrabs.

Gianluca CARRABS. Per quanto riguarda le suddette interrogazioni sull’installazione del radar meteorologico si relaziona quanto segue.
Come già evidenziato nelle premesse dell'interrogazione della Consigliera Benatti, il progetto di copertura del territorio nazionale con una rete di radar meteorologici è in fase di realizzazione da parte del Dipartimento nazionale della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in attuazione delle disposizioni della Legge 365/2000 e delle successive ordinanze attuative emanate dalla Presidenza dei Consigli dei Ministri, con le quali è stata definita l'imprescindibile urgenza di dotare anche l'Italia, al pari degli altri paesi europei, di essenziali strumenti di previsione volti a garantire un sistema di preallarme e di allarme per fronteggiare il rischio idrogeologico in termini di frane e alluvioni.
Negli ultimi anni, infatti, anche in conseguenza degli ormai "famosi" cambiamenti climatici, si sta assistendo ad un progressivo incremento di eventi meteorologici estremi, non ultimi i recenti eventi che hanno colpito !a regione Marche, come l'ultima alluvione di Osimo, con gravi ripercussioni e danni sul tessuto sociale ed economico del Paese, per il quale il rischio idrogeologico e il dissesto del territorio rappresenta uno dei fattori più rilevanti.
II programma, pertanto, è attuato e finanziato a totale carico dello Stato, mentre la Regione ha svolto funzioni di supporto tecnico e di collaborazione al Dipartimento nazionale della protezione civile, al fine di individuare i siti potenzialmente idonei all'installazione dell'impianto previsto nelle Marche e destinato a monitorare tutta la porzione centro adriatica della penisola.
Quindi non è un progetto della Regione Marche, ma un progetto del Dipartimento nazionale della Protezione civile.
In particolare, l'assetto orografico e la presenza degli Appennini, condiziona in modo determinante la collocazione del radar che deve necessariamente essere posto a quote elevate per poter garantire la massima visibilità sul territorio, senza dimenticare che la localizzazione dell'impianto deve tener conto della posizione dei radar delle regioni confinanti, in quanto le immagini di ogni radar devono essere integrate con quelle di almeno altri due, al fine di garantire la ridondanza e la tridimensionalità delle immagini.
I siti adatti ad ospitare un radar della rete nazionale devono rispondere ad altri requisiti essenziali, quali: l'assenza di ostacoli nelle immediate vicinanze, come ad esempio tralicci e di altre fonti di emissioni elettromagnetiche, quali ripetitori radio televisivi e di telefonia mobile; l'accessibilità al sito tale da garantire, anche in condizioni meterologiche avverse, rapidi interventi di assistenza e manutenzione degli impianti, i quali devono essere mantenuti costantemente in piena efficienza.
Per la localizzazione del radar meteorologico, previsto nella regione Marche, alla luce dei requisiti tecnici appena indicati, sono stati presi in esame complessivamente 13 siti:
Monte Acuto, Monte D'Aria, Monte Fiegni, Monte Letegge, Monte Murano, Monte Nerone, Monte Paganuccio, Monte Pennino, Monte Pian de Conti, Porta del Ragnolo, Monte Primo, Monte San Vicino, Monte Vermenone.
Su tutti i siti è stata effettuata un’attenta analisi, che ha portato ad individuare come punti idonei all'installazione i siti di Monte Paganuccio (comune di Fossombrone) e quello di Porta del Ragnolo (comune di Sarnano).
Il sito di Monte Paganuccio è stato oggetto di una prima Conferenza di servizi, sempre indetta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ma essendo collocato all'interno della Riserva naturale statale del Furlo, l'Ente provinciale, gestore della riserva, ha espresso il proprio parere negativo.
Vale la pena ricordare che tutti i siti presi in esame ricadono in aree vincolate sotto il profilo faunistico e paesaggistico e che molti di essi sono già interessati da installazioni, quali tralicci ed antenne, che escludono la possibilità di installare il radar meteorologico. Molti altri siti risultano, invece, essere privi di viabilità che quindi dovrebbe essere realizzata con notevole impatto ambientale, mentre altri ancora non presentano l'essenziale requisito della visibilità.
Pertanto queste considerazioni tecniche hanno portato a prendere in esame il sito di Porta del Ragnolo che garantisce una buona visibilità, si integra bene con gli altri radar della rete nazionale, garantendo la mosaicatura, è dotato di viabilità e delle altre infrastrutture necessarie al funzionamento dell'impianto ed è posto al di fuori dei confini del Parco nazionale dei Monti Sibillini.
Dal punto di vista strutturale l'impianto radar, così come evidenziato anche nella relazione e nel parere positivo espresso dal Servizio ambiente della Regione Marchi in sede di Conferenza di servizi, occupa esclusivamente una superficie di circa 400 metri quadrati di cui gran parte risultano interrati, mentre l'unico elemento strutturale evidente è rappresentato da una torre cilindrica alta complessivamente 12 metri del diametro di 4,6 metri. Data la distanza dell'impianto dal Comune di Sarnano, l'impatto visivo risulta pertanto trascurabile.
I radar meteorologici, oltre ad essere strumenti essenziali per tutta .a catena previsionale della protezione civile, possono risultare di grande aiuto nel monitoraggio e nella sorveglianza di quei fenomeni che contribuiscono all'inquinamento atmosferico, nello studio delle dinamiche che possono contribuire ai comprendere i cambiamenti climatici e nella previsione di particolari fenomeni atmosferici quali neve e grandine, quest'ultima utile anche al settore agricolo.
Il Comune di Sarnano, tenuto conto della rilevanza del progetto e delle possibilità offerte dal posizionamento del radar sul proprio territorio, ha ritenuto essenziale poter acquisire al proprio patrimonio un'area più vasta (circa 100 ettari) di quella strettamente necessaria all'installazione del radar, ove poter svolgere attività di ricerca nel campo climatologico ed ambientale e da mettere a disposizione della comunità scientifica e delle attività di formazione della Protezione civile.
In relazione alle perplessità emerse nell'interrogazione del Consigliere Massi riguardanti gli effetti sulla popolazione causati dall'emissione di onde elettromagnetiche e la compatibilità dell'impianto nella promozione e nello sviluppo del turismo di Sarnano e nei paesi limitrofi, è possibile affermare che: in data 12 novembre 2007 l'Agenzia regionale per la protezione ambientale delle Marche (Arpam) - Servizio radiazioni e rumore prot. n. 0045652/13/11/2007 ha valutato gli aspetti relativi ai campi elettromagnetici ed al rumore prodotto dall'installazione di un radar medio in località Porta del Ragno!o, esprimendo parere favorevole alla realizzazione dell'impianto in esame.
Questo documento è stato consegnato dall'Arpam in Conferenza di servizi tenutasi a Roma in data 15 novembre 2007 presso il Dipartimento della Protezione civile nazionale.
In relazione alle problematiche sollevate dal Parco dei Sibillini, dalle comunità locali, dalle associazioni ambientaliste e dagli stessi interroganti, riguardo la localizzazione dal radar, sono stati effettuati diversi incontri sia con il Parco nazionale dei Monti Sibillini che con le associazioni ambientaliste, al termine dei quali la Regione ha deciso di proporre al Dipartimento della Protezione civile nazionale che la scelta del sito ove ubicare l'impianto sia effettuata anche attraverso una valutazione più approfondita degli aspetti di natura ambientale, quindi non solo tecnici, non escludendo l'incidenza sulla vocazione turistica e produttiva dei luoghi per i quali sia già stata definita l’idoneità tecnica.
Tale valutazione sarà sottoposta alla concertazione con gli enti territoriali e con le associazioni ambientaliste, tenendo conto che l'impianto radar rappresenta uno strumento essenziale per migliorare le capacità di risposta del sistema di allenamento e per la previsione del rischio idrogeologico.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, la Consigliera Benatti.

Stefania BENATTI. Ringrazio l’Assessore per l’approfondimento che ha fatto alle nostre interrogazioni su questo argomento.
Voglio fare tre considerazioni, la prima di carattere istituzionale, la seconda di carattere politico e la terza generica.
Quella di carattere istituzionale è che la motivazione per cui ho fatto questa interrogazione è assolutamente nel merito della localizzazione e non nel merito della scelta che le Marche debbano avere un radar di questo tipo, perché credo che nessuno all’interno della Regione Marche metta in discussione la validità dell’impianto e l’utilità per la nostra regione che da questo punto di vista – per usare un’espressione di gergo comune – ha già dato in termini di alluvioni, frane e altro. Quindi è evidente che la nostra regione ha assoluto bisogno di un impianto di questo tipo sia per monitorare il proprio territorio, ma anche per svolgere un’azione di controllo e di previsione per un territorio più ampio.
Quindi nulla quaestio sulla possibilità da parte della Regione Marche, utilizzando anche finanziamenti statali, di avere un impianto di questo genere.
La considerazione politica, Assessore, penso che la capisca molto bene. Lei ha detto che Porta del Ragnolo è stata scelta perché è un sito di facile accessibilità, dove c’è assenza di ostacoli e c’è una buona visibilità. Quindi questo sito è stato scelto perché è uno dei più belli delle Marche.
La valutazione politica che voglio fare a tutto il Consiglio regionale è che noi dobbiamo cominciare a ragionare sul fatto che le Marche in questo senso è ancora, rispetto ad altre regioni d’Italia, una regione “messa bene”, però ci troviamo a localizzare impianti di questo genere nei pochi siti che siamo riusciti a preservare. Abbiamo una parte del territorio cementificato, un’altra parte dove sono stati fatti interventi di altro tipo, come antenne o tralicci , e nei territori più belli a questo punto andremo a mettere le tecnologie più avanzate perché sono quelli dove c’è spazio.
Quindi la considerazione è abbastanza amara e paradossale, cioè che per mettere uno strumento che serve per tutelare il territorio abbiamo la necessità, visto che ci siamo consumati il resto del territorio della regione, di toccare quelli migliori. In questo senso c’è una guerra non tra poveri, ma tra i più belli.
E’ vero che questo impianto, vedendo anche i progetti, di per sé non ha un impatto ambientale stratosferico, perché probabilmente ce l’ha al pari di un traliccio di un’antenna radiotelevisiva, anzi, forse anche meno, è vero che ci sono tutta una serie di garanzie, però il problema politico – non siamo tecnici quindi non siamo deputati a dire se un sito è meglio di un altro dal punto di vista della conformità e dei parametri richiesti –, se non ci mettiamo mano e non creiamo una riflessione sulla materia urbanistica e ambientale, è che rischiamo nel periodo che ci attende, per ragioni di stato o per pubblica utilità, di andare a colpire i territori migliori.
La mia interrogazione era nata da una non corretta impostazione, a mio giudizio, da parte del Comune.
Da questo punto di vista non sono completamente soddisfatta perché, Assessore, lei ha detto che il Comune ha acquisito 100 ettari anche se il progetto prevede un ingombro di 400 metri quadrati. Ho svolto questa interrogazione perché alcuni Consiglieri di minoranza di quel Comune mi hanno chiesto di portare ad evidenza regionale questa cosa, perché un Comune che a novembre 2006 acquista 100 ettari senza produrre un progetto, né una richiesta formale per quell’ingombro da parte della Protezione civile, è quanto meno discutibile.
Qualcuno dice che questo servirà per mettere in sicurezza tutto il terreno e per evitare speculazioni di ogni genere, in primo luogo edilizie, quindi la risposta francamente non mi ha tranquillizzata perché lei, Assessore, ha riferito – correttamente dal suo punto di vista perché se la Regione non ha progetti è evidente che non li riporta – che il Comune intende destinare quel terreno ad attività collaterali a quelle del radar, come la ricerca climatologia e la formazione. In mezzo a un campo non so che tipo di formazione si possa fare, quindi se poi il Comune lì ci vuole costruire qualcosa credo che non sia assolutamente da permettere.
Vedremo lo sviluppo, vedremo come una maggiore concertazione con il territorio potrà forse aiutare. Le assicuro, essendo stata con il collega Comi ad un’assemblea a Sarnano, che la popolazione è molto preoccupata e anche molto agitata – per usare un eufemismo -.
Credo che il ruolo che dobbiamo continuare a svolgere in questi giorni sia quello di esercitare le funzioni della Regione, cioè garantire soprattutto la massima trasparenza sull’operazione. Se questa è una cosa di pubblica utilità che avrà un ingombro il minore possibile, valutiamo se quella di Porta del Ragnolo è l’unica soluzione fra le tante belle che esistono nel nostro territorio.
Quindi ciò che possiamo fare è continuare quello che è già stato fatto, e per questo ringrazio l’Assessore, e vigilare, dando soprattutto la sicurezza ai cittadini che nulla verrà fatto in maniera non equa e senza esplorare tutte le possibili soluzioni.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Massi.

Francesco MASSI GENTILONI SILVERI. Anch’io ringrazio l’Assessore per l’utile e puntuale ricognizione. Aggiungo poco a quello che ha detto la collega Benatti, perché anche non sentendoci tra colleghi di diversi orientamenti ci siamo accorti di aver sollevato le stesse perplessità.
E’ veramente una lotta tra i luoghi più belli delle Marche, e aggiungo, tra i luoghi più capaci di attrarre investimenti e movimento turistico.
Accolgo positivamente i risultati di tutti i rilievi fatti per quanto riguarda le emissioni elettromagnetiche, a quanto pare non c’è un problema di nocività per la salute – non sono un tecnico, ma mi pare che sia di una frequenza bassa –, però è forte l’altra preoccupazione, cioè che è una struttura che comunque va a colpire un luogo particolarmente significativo del nostro ambiente – nella comunità di Sarnano, per l’appunto uno di questi luoghi, la preoccupazione è proprio questa – dove per la sua bellezza ogni anno, sia nella stagione invernale che in quella estiva, vanno migliaia di turisti.
C’è stato un parere, Assessore, favorevole e tecnicamente completo della Provincia, poi Assessori provinciali sguinzagliati ad arte – non mi prendete per uno che vuole fare polemica spiccia – hanno detto di no, che forse si erano sbagliati, allora sono tornati indietro.
Se è vero che questo intervento viene archiviato ne sono ben lieto, ma ritengo che il Comune sia stato coinvolto con una grande ingenuità. E’ chiaro che oggi di fronte a queste cose si dice al Sindaco “avrai grossi vantaggi da questo” e molti Sindaci con l’acqua alla gola, che noi conosciamo, tante volte accettano questa posizione.
Mi auguro che a Sarnano questo intervento non si faccia, anche se mi rendo conto che tecnicamente e scientificamente questa è una struttura che serve. Quindi si riveda tutta la situazione e si scelga il luogo; certo so che occorre in montagna e che deve avere una posizione particolare, ma cerchiamo di non colpire l’economia locale, perché soprattutto – lo diciamo spesso anche qui – questo nell’entroterra ci interessa.
L’entroterra vive di flusso turistico tutto l’anno quindi bisogna assolutamente sostenere queste comunità.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Comi.

Francesco COMI. Vorrei aggiungere solo poche cose alle considerazioni fatte.
Innanzitutto credo che il compito su cui dovremmo essere impegnati tutti ogni qualvolta si cerca di realizzare un impianto che ha un valore strategico e scientifico riconosciuto, sia quello di esercitare la nostra funzione politica e istituzionale non per creare allarmismi, ma per fare un’adeguata informazione.
Tutti conveniamo sul fatto che sia un’opera di valore strategico e scientifico, di cui c’è un’imprescindibile urgenza che servirà a fronteggiare il prossimo futuro e a scongiurare i rischi di frane, alluvioni, a monitorare il territorio, le piogge, la neve, le polveri sottili, a svolgere funzioni di anemometro.
Tutti siamo concordi su questo, ci tengo a ribadirlo, perché non dobbiamo dire un ragionevole no, utilizzando un qualsiasi argomento, ad un’opera strategica sul territorio. Sono stati utilizzati argomenti pericolosi, ad esempio, che questa sia un’opera dannosa per la salute. Chi politicamente ha avallato questo tipo di iniziativa, che sia di centro-destra o di centro-sinistra, ha sbagliato e noi dobbiamo avere il coraggio di dirlo.
Nel merito della scelta è ragionevole la contestazione, alla quale anch’io mi sono associato subito, di scegliere un luogo diverso, ma non perché quella sia semplicemente un’area di valore paesaggistico e ambientale strategico in quanto riconosciuto da chissà chi. La Regione Marche, per esempio, nello strumento di programmazione regionale (Ppar), ha riconosciuto che quella è un’area di eccezionale valore e pregio paesaggistico, contestualmente ha investito alcuni anni fa proprie risorse per riqualificare in quell’area l’unico impianto nel centro Italia, che è il più qualificato e importante per lo sci da fondo.
Quindi la Regione Marche ha investito in quella direzione e oggi individuare lì un’opera che non è dannosa per la salute, ma che compromette quel giudizio di valore e quella vocazione turistica, sarebbe un errore.
Al tempo stesso credo che occorra anche distinguere i ruoli e le responsabilità. La Giunta regionale non ha lavorato contro il territorio; ho sentito imputare all’Assessore Carrabs o al Presidente Spacca chissà quali responsabilità.
Ha fatto bene l’Assessore Carrabs a chiarire che la Regione Marche ha svolto una funzione di supporto tecnico rispetto ad una competenza che era della Presidenza del Consiglio.
Bisogna riconoscere all’Assessore Carrabs e al Presidente Spacca il merito di aver ricevuto la rassicurazione del dipartimento della Protezione civile sul fatto che mai, sia pure non ne siamo competenti, sarà realizzata un’opera contro il volere del territorio.
Quindi se questa iniziativa fosse andata avanti non sarebbe stato per iniziativa della Regione, ma perché il Comune e la parte tecnica della Provincia nella Conferenza dei servizi davano parere favorevole. Laddove nel pesarese avevano dato parere negativo la Regione Marche non aveva avuto nessun dubbio nel superare la scelta.
Oggi, ricevuto il parere contrario della Provincia, dell’Ente parco, dei Comuni vicini, dove lo stesso Comune di Sarnano si è diviso ricevendo su quella proposta 8 voti a favore e 8 voti contro, non resta che individuare un’altra sede. Su questo però, dando per scontato che sia un passaggio oramai superato, serve la collaborazione istituzionale di tutti i soggetti affinché si individui il luogo adatto per un’opera strategica e scientifica per il territorio, un’opera che servirà a congiurare rischi come quello che c’è stato ad Osimo o l’emergenza dichiarata ad Ascoli.
Quindi tutti dovremmo fare la nostra parte soprattutto in collaborazione e non in contrasto con il territorio, così come era accaduto per la scarsa lungimiranza di un’amministrazione comunale che aveva badato solo a rivendicare maggiori risorse a dispetto di un consenso che non aveva.


Sull’ordine dei lavori

PRESIDENTE. A questo punto, essendo ormai mezzogiorno, riterrei di rinviare le nomine, perché diventa urgente discutere della Sadam, posponendo la legge sulle politiche abitative per la quale dobbiamo tecnicamente dare tempo almeno fino alle ore 13,00 per eventuali emendamenti.



Mozione n. 241
dei Consiglieri Brandoni, Procaccini, Binci
“Situazione dello zuccherificio di Jesi”

Mozione n. 240
dei Consiglieri Mammoli, Badiali, Benatti
“Situazione azienda di Jesi”

Mozione n. 71
del Consigliere Lippi
“Crisi industriale conseguente la contrazione della superficie coltivata a barbabietola”

Mozione n. 22
del Consigliere Viventi
“Crisi del settore bieticolo-saccarifero”

(abbinate)

(Discussione e votazione risouzione)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca le mozioni n. 241 dei Consiglieri Brandoni, Procaccini, Binci, n. 240 dei Consiglieri Mammoli, Badiali, Benatti, n. 71 del Consigliere Lippi, n. 22 del Consigliere Viventi, abbinate.
La discussione è aperta. Ha la parola la Consigliera Mammoli.

Katia MAMMOLI. La risoluzione che oggi abbiamo presentato, che raccoglie le firme di tutto il Consiglio regionale, per i noti avvenimenti che sono accaduti in questi giorni, è diversa da quella che avevamo presentato qualche giorno fa.
Martedì scorso l’Assessore e alcuni Consiglieri sono andati a Roma per un incontro con il Ministero che doveva essere risolutivo e chiarificatore di una situazione che negli ultimi giorni era diventata estremamente conflittuale e drammatica. In questo incontro è emersa una scelta che nei confronti del territorio, nei confronti dei lavoratori dell’azienda e del settore economico dello stesso territorio, rappresenta una fortissima drammaticità.
Probabilmente chi non vive quel territorio e non conosce la storia di questa azienda, di quello che ha rappresentato nella realtà territoriale, forse potrebbe pensare che i termini che sto usando siano un po’ eccessivi rispetto a ciò che è accaduto, ma in realtà questo è.
E’ un’azienda che da circa 70 anni è presente nel territorio di Jesi e della Vallesina, un’azienda che si è spostata determinando anche una scelta e una riqualificazione urbanistica forte all’interno della città. Infatti dal primo nucleo originario di dove era collocata questa azienda si è spostata in un’altra area agricola più confacente per il suo sviluppo. Il fatto che si siano succedute varie generazioni – perché nell’arco di 70 anni sono stati sempre padri e figli che hanno lavorato all’interno di questa azienda – testimonia quanto la sua chiusura sia una ferita aperta all’interno del territorio.
Da quanto mi hanno detto le stesse associazioni agricole e da quanto ci è dato vedere, la stessa caratterizzazione del territorio agricolo subirà delle modifiche.
Nessuno rimane ancorato al passato, a quello che vedevamo in termini retorici o di affetto, si deve guardare al futuro perché questo deve essere, questo è il compito della politica, però non possiamo non tener conto di quanto rappresenti la chiusura questa azienda dal punto di vista del paesaggio agricolo e delle colture agricole.
Gli imprenditori agricoli dicono, vista la soluzione finale in quanto la parte economica interessa di più di quella relativa al futuro o al mantenimento di un paesaggio agricolo, che questa coltivazione rende i terreni molto più fertili per altri tipi di coltivazioni.
Al di là di tutto questo e di quanto sia importante questa azienda all’interno del territorio per i motivi che ho illustrato, quello che oggi è estremamente grave, visto quanto è successo a Roma, è il fatto che una grande mole di lavoratori, sia nel settore impiegatizio, sia nel settore lavorativo vero e proprio, sia nel settore del trasporto, sia lavoratori a tempo determinato o avventizi, quindi un numero enormemente forte di lavoratori, rischiano non solo di vedere estremamente incerto il loro futuro, ma una parte di questi rischia di vederlo nero. Perché oltre ai lavoratori a tempo indeterminato c’è tutto un indotto estremamente forte; si è parlato di 5 mila famiglie, ma forse sono anche troppe perché in questi giorni i numeri girano un po’ in tutte le maniere, ma sicuramente una parte estremamente importante di famiglie della comunità della Vallesina ruota intorno a questo.
Così come il trasporto, così, ripeto, come l’indotto in quanto tale, quindi non soltanto chi andava ad aiutare il lavoro agricolo o chi faceva la campagna dello zuccherificio. Anche su questo la storia ci dice tante cose, ad esempio tanti studenti universitari facevano la campagna dello zuccherificio perché con quei due o tre mesi d’estate si pagavano gli studi per tutto l’anno.
Questo è quello che rappresenta tale realtà nel nostro territorio, al di là del ricordo e dell’affetto che ognuno di noi può avere.
Quello che è successo in questa vicenda di altrettanto grave, oltre al discorso di carattere economico, storico o ambientale, è che per la prima volta nel territorio della nostra realtà è avvenuto uno strappo sociale che non ha visto situazioni uguali in altri momenti, anche se non è la prima volta che ci sono crisi aziendali – anche se qui non c’è una crisi aziendale –, non è la prima volta, purtroppo, che certe industrie hanno dovuto chiudere. Ricordo la storia della Sima, anche quella era un’industria storica iesina che aveva tantissimi lavoratori, ma ricordo anche per quanto tempo le forze politiche, l’amministrazione comunale, l’impresa si siano confrontati perché si potesse trovare soluzioni di carattere diverso.
Qui è avvenuta, invece, una cosa assolutamente diversa, cioè l’azienda venti giorni prima comunica, prima alle forze politiche – almeno a quelle che non lo sapevano -, poi alle Istituzioni e soprattutto ai lavoratori, la chiusura e che non c’erano possibilità alternative, dopo che per quattro mesi da parte dei sindacati interni era stato richiesto un confronto con l’azienda stessa per verificare la possibilità di ulteriori assunzioni.
E’ avvenuto uno strappo sociale non soltanto tra le Istituzioni, il territorio e l’azienda, ma anche tra le associazioni agricole che si sono accusate l’una con l’altra di aver permesso che l’azienda venisse chiusa.
E’ avvenuto uno strappo sociale anche tra gli agricoltori e gli operai, in quanto quest’ultimi accusano gli agricoltori del territorio di far trovare i lavoratori senza lavoro.
C’è un altro strappo sociale tra gli stessi operai, tra quelli che lavoravano nello zuccherificio e quelli che lavorano nella Turbogas. Perché ciò che è stato proposto dal Sindaco di Jesi – forse l’unica arma di ricatto (termine brutto, ma questo è) che ancora rimane in mano – significa che altri 20 operai rischiano di perdere il posto di lavoro. Quindi c’è un contrasto anche all’interno degli stessi lavoratori.
C’è anche un contrasto tra le Istituzioni dello stesso colore politico. L’abbiamo letto sui giornali, non è un segreto, c’è uno scarica barile, un accusarsi l’uno contro l’altro peri non aver fatto ciò che era possibile fare.
Purtroppo c’è stato anche, e questo è molto grave, un contrasto tra la cittadinanza e la politica, per il fatto che soprattutto i lavoratori speravano che la politica potesse fare di più.
C’è un concetto di politica disarmata, di una politica che di fronte a leggi e proposte che arrivano da altri settori non ha la possibilità di intervenire, o peggio, di una politica che nel momento in cui accetta – parlo del livello nazionale – certe decisioni ha una visione tipicamente settoriale, vede il vantaggio della specifica situazione e non vede lo svantaggio di una situazione che è molto più generale.
C’è anche un’altra situazione, cioè che i lavoratori hanno trovato umiliante il fatto che alcuni soggetti se ne sono andati portando a casa qualche cosa – io direi, portando a casa molto – ed altri stanno lì che ancora non hanno portato a casa niente e non si sa se neanche se porteranno a casa la continuità del posto di lavoro. Questa è la cosa più grave di tutti.
C’è ora una domanda che ci facciamo. Dopo la dismissione di alcuni zuccherifici – questo anche il Sottosegretario lo ha detto davanti a tutti – sono avvenute delle situazioni tali per cui si decide che lo zuccherificio di Jesi si deve dismettere. Però la Sadam di Jesi a detta di tutti – l’Assessore Petrini era presente insieme a me e agli altri colleghi – è uno dei zuccherifici all’avanguardia nel territorio nazionale, sia per gli investimenti fatti, sia perché attorno ci sono anche altre situazioni industriali o energetiche, tipo la Turbogas o l’impianto di cromatografia che è stato fatto poco tempo fa ed è costato 25 milioni di euro. Questo, appunto, perché doveva diventare un comparto industriale relativo alla lavorazione della barbabietola da zucchero e altri prodotti, che consentisse uno sviluppo addirittura rispetto a questo.
Bene, allora la domanda possiamo anche immaginarcela, in quanto ci si chiede, perché rimane quello di Termoli, anche se è vero che è garantito con finanziamenti ad hoc – su questo forse una valutazione bisognerà farla, non possiamo dare finanziamenti che l’Europa li dà in un senso e noi li diamo nel senso contrario –, o viene mantenuto, almeno per ora, lo stabilimento di San Quirico?
Le possibilità finanziarie delle leggi europee, che si garantiscono agli agricoltori per la dismissione del comparto agricolo, un finanziamento maggiore di quanto potrebbero avere se continuassero a coltivare quel comparto, sono uguali per tutti, non sono per le Marche sì e per il Veneto o l’Abruzzo no.
Quindi qui qualche cosa che non funziona, c’è qualche cosa che ci fa temere che ancora una volta si sia giocato nei confronti di questa regione o, se vogliamo essere ancora più ingenui, del centro Italia; allora pensiamo che il nord è protetto perché è nord, il sud è protetto perché è sud e forse il centro Italia, se le motivazioni sono queste, è quello che alla fine ci rimette. Con questo discorso non vorrei che alla fine ci rimettesse la regione Marche, perché era l’unico zuccherificio per il quale era stato garantito che doveva rimanere non soltanto all’interno della regione Marche, ma all’interno del centro Italia. Quindi qualche cosa è successo e sarebbe bene capire che cosa.
Al di là del dolore che ognuno di noi prova anche rispetto ad una sconfitta, perché tale è stata, l’impegno principale è verso chi in questo momento è senza lavoro.
L’impegno che si chiede alla Regione con questa risoluzione è che veramente ci sia la riconversione, che per ora è solo una bozza generica che poco più di aria fritta non sa, perché credo sia la bozza che si presenta in tutti gli zuccherifici che vengono dimessi.
So che ci sarà un incontro il 30 a cui l’Assessore Petrini sarà presente, quindi è necessario che in questo incontro e in quelli successivi che abbiamo chiesto che avvengano a livello territoriale perché il problema vero è qui, ci sia un forte impegno da parte della Regione. Un impegno non soltanto – anche se sappiamo che l’Assessore Petrini ha fatto quello che ha potuto, ma sappiamo anche che gli agricoltori erano garantiti, non ci prendiamo in giro – nel settore agricolo, perché qui c’è anche il discorso del lavoro, c’è il discorso dell’industria.
Quindi serve un impegno forte di tutta la Giunta regionale e del Presidente affinché questa riconversione sia una riconversione, affinché non si mettano quelle quattro cifre messe in croce – perché nella bozza non c’è niente di più – in modo da poter dire che comunque qualche cosa ci sarà.
Per questa situazione assolutamente negativa forse ci sono due posizioni che ci possono aiutare, una è che non ci saranno le difficoltà che ci sono state a Fermo per trovare il sito per la riconversione, perché l’area è quella e lì si può fare, l’altra è che il discorso della Turbogas sia legato ad un mantenimento di attività lavorative, altrimenti non ha giustificazione, e soprattutto che per la Turbogas ci sia una nuova convenzione e naturalmente i controlli, e la fideiussione che volevano mettere sugli agricoltori la si metta sull’industria per il mantenimento della stessa.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Lippi.

Leonardo LIPPI. Nel 2006 ho presentato una mozione sulla presenza nel comparto bieticolo-saccarifero di un’azienda che è stata la prima a subire le forti riduzioni di questo comparto. Mi riferisco all’azienda Barigelli e Ciccarelli di costruzione macchine per la raccolta di bietole. Questa azienda oggi vive un forte e serio momento di crisi, perché 80 dipendenti sono in cassa integrazione e il 17 febbraio scadranno i termini del primo anno e addirittura non c’è un’ipotesi, perché il concordato preventivo si chiuderà a marzo sul tavolo del giudice, quindi questi lavoratori verranno proprio abbandonati a se stessi. Il tavolo regionale sta lavorando per garantire questo gap, cioè il poter assimilare questo tipo di cassa integrazione a casi eccezionali, come è già stato fatto per il comparto calzaturiero.
Chiedo con forza a questo Consiglio la tutela di questi dipendenti perché è un problema serio, e soprattutto perché venga data l’opportunità a quelli che rimangono, che costruiscono un progetto per il futuro, di riconvertire questa azienda in azioni alternative.
Ci sono stati già contatti con il dirigente Costa e con l’Assessorato che hanno progetti innovativi per dare opportunità di lavoro a questi dipendenti, che sono altamente qualificati in quanto metalmeccanici con un’alta specializzazione. Sarebbe un peccato perdere nel settore questo patrimonio.
L’altro aspetto è che l’Europa, di tutte le previsioni per l’azzeramento di produzione sul nostro territorio nel 2010, ha dato sostegno a tutte le iniziative tranne ai costruttori di macchine, e questo è assurdo. L’Assessore ne è a conoscenza e purtroppo noi siamo inermi.
Di fronte a questo il Ministero dell’agricoltura ha tentato di portare il problema anche a livello europeo, però a tutt’oggi l’unica azienda produttrice, che era tra le tre aziende leader mondiali – una è in Germania e l’altra negli Stati Uniti – è rimasta sola e senza alcun contributo nella riduzione delle quote di zucchero a livello europeo.
Mentre la Germania ha dato sostegno ai propri produttori di macchine per farli penetrare sui mercati esteri (ucraini, russi o dell’est europeo) e li ha affiancati con iniziative di garanzia, la nostra politica non ha fatto altrettanto con un’azienda nazionale altamente qualificata che competeva sui mercati internazionali contro i colossi tedeschi e statunitensi. I produttori statunitensi avevano dalla loro parte il dollaro che li favoriva per la penetrazione dei mercati, perché con un dollaro che è molto più basso rispetto all’euro è facile fare operazioni di marketing, quando il 25-30% in meno dei costi necessari o dei prezzi di vendita sul mercato internazionale è favorito automaticamente senza bisogno di ulteriori garanzie.
Questo settore, quindi, ha fatto la prima vittima, adesso susseguono, insieme agli zuccherifici, altre vittime del lavoro di tutti i comparti, perché parliamo di operai e di famiglie che vivono con un reddito legato, appunto, a tale comparto.
È necessario che come politica, in forma unitaria e coesa, diamo una forte risposta di tutela alle classi operaie che necessitano di ammortizzatori sociali, ma anche di tutela agli imprenditori che devono riconvertire e garantire un processo per continuare a dare opportunità di lavoro.
La scelta di non essere autosufficienti sullo zucchero è una scelta che l’Italia ha fatto, contrariamente alle altre nazioni europee, però se l’economia non risponde a certe logiche, riteniamo che la qualità del prodotto e la garanzia che arrivi nelle nostre tavole, da domani sarà tutto completamente estero e proveniente da altre fonti.
La non autosufficienza della nostra nazione nei settori energetici, alimentari e altri, ci porterà domani ad essere veramente a disposizione di tutti i mercati mondiali e non avremo più nessun potere di garantire l’autosufficienza per i nostri cittadini.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Badiali.

Fabio BADIALI. Non voglio fare la cronistoria dell’importanza che rivestiva lo zuccherificio Sadam di Jesi sul territorio della Vallesina e su tutto il territorio provinciale e regionale – l’ha fatto già bene la Consigliera Mammoli che mi ha preceduto – così come erano importanti anche gli zuccherifici che c’erano sia nella città di Fermo che nella città di Fano.
Pensavamo che lo zuccherificio di Jesi, l’unico rimasto in piedi nell’Italia centrale, potesse avere una vita più lunga e questo purtroppo non è avvenuto. Nell’incontro di martedì scorso a Roma, a cui ho partecipato con la delegazione del Consiglio regionale insieme con l’Assessore Petrini, la situazione è degenerata e non ci sono più le condizioni affinché lo zuccherificio possa rimanere.
Avevamo presentato una mozione che abbiamo anche corretto nella riunione dei Capigruppo per adeguarla all’incontro di martedì, ed oggi presentiamo una risoluzione, ma con obiettivi diversi, che non sono più quelli della salvaguardia dello zuccherificio – ormai abbiamo perso una battaglia – , ma quelli della riconversione.
Abbiamo perso una battaglia sicuramente impari, perché quando la Comunità europea decide, anche con l’accordo ab torto collo del Governo nazionale, di finanziare le dismissioni di un prodotto come quello della barbabietola, nessuno può raggirare il risultato perché la parte economica è più forte di qualsiasi altra questione. Sicuramente dobbiamo essere attenti all’economia, ma dobbiamo stare anche attenti e solerti alle scelte politiche.
Quindi anche la politica in questa situazione doveva fare meglio la sua parte, e parlo di tutti perché questo è un problema generale che va dalla destra alla sinistra, dal Governo nazionale alla Comunità europea.
Per fortuna su questo problema non c’è stata nessuna divisione politica in quanto tutte le forze politiche istituzionali (locali, provinciali, regionali) hanno concordato di tenere la stessa linea e la stessa difesa dello zuccherificio.
Non ci siamo riusciti, come dicevo, quindi ora dobbiamo girare pagina e parlare di riconversione con le risorse messe a disposizione dalla Comunità europea.
Nella nostra regione arriveranno oltre 100 milioni di euro, che per una buonissima parte saranno per l’industria Sadam, 65-70 milioni, 30 milioni circa per gli agricoltori, più altre risorse che ora non ricordo per che cosa. Di queste risorse dobbiamo essere garanti affinché vengano spalmate sul territorio e per tutte le parti sociali interessate, innanzitutto per i dipendenti dello zuccherificio. Questi dipendenti erano circa 200 tra quelli fissi e quelli che lavoravano per dieci mesi – che possiamo considerare fissi perché sono 35 persone –, inoltre c’erano 250 stagionali, che possono sembrare una cosa irrisoria, ma che per il territorio erano una ricchezza, perché soprattutto per ragazzi studenti poter lavorare quattro mesi l’anno era sicuramente un sostegno per le famiglie.
Inoltre dobbiamo salvaguardare anche gli artigiani che lavoravano per il comparto saccarifero, quelli che producono o aggiustano le macchine o altro.
Poi ci sono anche i trasportatori delle aziende che lavoravano per 3-4 mesi per il trasporto delle barbabietole.
Questa risorsa che la Comunità europea ha messo a disposizione nel togliere un settore importante come quello della barbabietola nella nostra regione, deve essere vista sì come una risorsa, ma che dobbiamo riuscire a spalmare in maniera giusta ed equa sulle figure di cui ho parlato poc’anzi.
Sicuramente per questa trasformazione ne rimette anche l’immagine dell’agricoltura delle nostre colline, perché non ci saranno più i campi di bietole, ma altre colture. E’ vero che la trasformazione è necessaria e che deve andare avanti, ma che ci sia anche il giusto equilibrio.
Chiedo che la Giunta si faccia carico di questa riconversione in maniera seria, mettendo in piedi tavoli a livello regionale. Quello del 30 gennaio a Roma va bene come partenza, ma poi che ci siano i tavoli a livello regionale in cui la Regione dovrà essere la parte attiva di tutta questa riconversione.
La riconversione potrebbe essere fatta sia per quanto riguarda l’agro-alimentare, sia per il biodiesel – non so quale sia l’idea – , ma potrebbe essere anche per industrie di altro genere.
Quindi occorre garantire da una parte la continuità con il mondo agricolo di questa grande impresa e dall’altra, se l’occupazione non è sufficiente a garantire questo, trovare una forma di investimento industriale.
L’impresa Maccaferri, una potente azienda nazionale che ha avuto nel tempo la lungimiranza di riconvertire, di cambiare, modificare, diversificare la sua produzione, deve essere messa nelle condizioni di stare attenta anche a livello regionale e in questa azienda che è a Jesi. Perché Jesi ha dato molto all’industria della produzione di zucchero, e soprattutto anche alla Turbogas, questione che ha lacerato per diverso tempo il territorio e l’istituzione jesina, sulla quale si è arrivati ad un compromesso equo e giusto in quanto la Turbogas è in funzione. Comunque che questa venga agganciata, come dettava l’articolo 19 della convenzione, alla procedura successiva che la Sadam dovrà presentare, che noi come Istituzione, insieme al Comune, alla Provincia e alle forze sociali, dobbiamo cercare di garantire in quel territorio.

PRESIDENTE. Ha la parola il presidente Spacca.

Gian Mario SPACCA. Intervengo a questo punto della discussione per informare l’Assemblea delle molteplici iniziative che la Giunta regionale ha intrapreso ed anche per orientare il dibattito in proposito. Condividendo comunque tutte le riflessioni e le argomentazioni che sono state fin qui prodotte e lo spirito della risoluzione che il Consiglio regionale si appresta ad approvare. Un atto che impegna seriamente la Giunta regionale a trovare delle soluzioni orientate alla salvaguardia dei 170 posti di lavoro a tempo indeterminato e dell’indotto, così come è emerso negli ultimi interventi.
Su questo ci siamo mossi da subito – questo anche in contrasto con alcune informazioni che sono circolate soprattutto sul territorio – e da parte del Presidente del Gruppo Eridania c’è stata anche una formale risposta ad una lettera che era stata sottoposta alla sua attenzione da parte mia.
Vorrei dare lettura di tale lettera perché in qualche modo risponde ad alcune delle preoccupazioni che qui sono emerse e che ci dà anche il sentiero da percorrere in questo rapporto tra la proprietà e l’Istituzione regionale finalizzato alla risoluzione del problema più importante, quello della salvaguardia dell’occupazione e dei posti di lavoro.
“Egregio Presidente, in riscontro la Sua lettera pervenutami, relativa alla situazione dello zuccherificio di Jesi, tengo innanzitutto a precisarle che la decisione di chiudere l’attività saccarifera presso tale impianto – decisione particolarmente grave e sofferta, ma purtroppo irreversibile – trova la principale motivazione nell’insostenibilità economica, destinata ad accentuarsi sempre di più nei mesi e nei prossimi anni, derivante dalla impossibilità di garantire una adeguata disponibilità di materia prima.
Nell’ultimo periodo le conseguenze della riforma comunitaria del settore saccarifero, unitamente alla previsione di specifici e rilevanti incentivi economici per i bieticoltori che dismettono l’attività, hanno comportato una progressiva riduzione della superficie della regione coltivata a bietole.
Le stesse organizzazioni agricole, al di là delle manifestazioni esteriori, non sono in grado di sottoscrivere impegni attendibili per il rilancio della filiera in un’ottica di medio e lungo termine, in quanto anch’esse consapevoli che, tenuto conto delle rese produttive delle Marche e del venire meno degli aiuti accoppiati, la bietola è destinata ad essere sempre meno remunerativa, sia in assoluto, sia in comparazione con le colture concorrenti”.
Fin qui ci sono quegli elementi emersi anche nel dibattito.
“La cessazione dell’attività saccarifera non significa, tuttavia, il venire meno degli impegni del Gruppo Maccaferri – e mio personale – per quanto concerne la nostra presenza industriale nella regione Marche e le garanzie che siamo pronti ad offrire per quanto attiene i livelli occupazionali.
Di ciò ritengo che abbiamo data testimonianza con l’accordo di riconversione dello zuccherificio di Fermo, e anche per Jesi intendiamo percorrere il medesimo iter in sede istituzionale e sindacale, ferma restando la permanenza sul sito industriale delle attività di confezionamento e commercializzazione di zucchero, nonché di importanti servizi di sede svolti per tutto il Gruppo.
In questa prospettiva ritengo che la presenza della centrale di cogenerazione costituisca il presupposto fondamentale su cui incardinare la riconversione industriale dell’area, riconversione sulla quale il nostro Gruppo è pronto a reinvestire proprie risorse finanziarie ed a prevedere nuove opportunità per gli agricoltori marchigiani nell’ambito dello sviluppo delle filiere no-food.
Di tutto ciò avrò piacere di relazionarle personalmente, pertanto accolgo la Sua richiesta di incontro per la quale mi rendo disponibile con l’urgenza da lei richiestami”.
In proposito è stato previsto l’incontro con il Presidente Maccaferri nella giornata di lunedì prossimo.
Quindi ci avviamo a cercare delle soluzioni che siano compatibili su una logica concreta che abbia a riferimento un piano industriale del Gruppo e che corrisponda al principale problema che abbiamo e che dobbiamo risolvere, cioè quello di garantire l’occupazione dei 170 lavoratori della Sadam Gruppo Eridania di Jesi e la salvaguardia dell’indotto che aveva come riferimento lo Zuccherificio di Jesi.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Capponi.

Franco CAPPONI. Intervengo su questa questione con un rammarico, cioè che tutta questa operazione sia arrivata nei tavoli del Consiglio regionale in modo improvviso ed imprevisto.
Ritengo che su questo ci sia una responsabilità da parte del Ministero, soprattutto del Ministro De Castro, per non aver previsto le ripercussioni, a seguito delle trattative del tavolo europeo della riforma degli Ocm tra cui quella dello zucchero, che si sarebbero determinate nel territorio di questa regione che aveva già dato con la soluzione, o la non soluzione ancora avvenuta, a Fermo.
Dalle valutazioni che abbiamo fatto diciamo che siamo del tutto impossibilitati a dare un sostegno e una soluzione alla crisi perché è una cosa che deriva da scelte comunitarie, però quello che dobbiamo fare deve essere fatto in modo puntuale, preciso e non lasciato al caso.
Questa lettera di Maccaferri, Presidente, non risolve quasi nulla della problematica che si è generata nella situazione che abbiamo oggi.
Certamente la bietola potrebbe essere nel tempo non più remunerativa per gli agricoltori, ma bisogna guardare ai problemi legati alla riconversione produttiva di quelle aziende che hanno investito moltissimo per dedicarsi ad una coltura specializzata come quella della bietola.
C’è il discorso di tutti i settori collegati – che altri colleghi hanno esaminato – che non vengono toccati dalla riconversione aziendale della Sadam. Ci sono tutti gli artigiani, i trasportatori, quindi in sostanza c’è un impoverimento in questa regione della presenza industriale o dell’agro-industria, che è una cosa che non dobbiamo sottovalutare.
Chiudendo pian piano tutte le industrie di trasformazione, con la crisi del settore dell’ortofrutta del sud delle Marche o con la crisi bieticolo-saccarifero, stiamo impoverendo enormemente questa regione. Tra l’altro stiamo determinando una specie di desertificazione con una riduzione della possibilità che il mondo agricolo possa essere ancora un settore primario e trainante non solo per se stesso ma anche per l’economia indotta.
Quindi ritengo che la soluzione non debba essere solo quella di guardare al problema Jesi, che sicuramente è primario perché ci sono 170 lavoratori, gli stagionali e altro, ma non è sufficiente.
Penso che l’intervento della Giunta non si debba limitare soltanto a questa attenzione verso il Gruppo Maccaferri che, tra l’altro, ha anche altri interessi nelle Marche che probabilmente sono sostenuti da questa maggioranza – è così che a noi risulta –.
Noi gradiremmo che queste cose siano molto più evidenti e che non siano criptiche, che non siano accordi fatti ad personam. Vorremmo che questa crisi venga mostrata in pubblico, che le soluzione vengano rese trasparenti, perché non vogliamo agevolare nessuno e soprattutto vogliamo stare attenti ai settori più deboli che vengono fortemente penalizzati. Non è certamente l’industria saccarifera che si trova tra i perdenti in questa rivoluzione che è stata prodotta dalla riforma dell’Ocm zucchero.
Cosa sottende l’intervento del gruppo di Forza Italia, ma penso anche di tutto il Consiglio regionale? Che la Giunta operi ad un vero e proprio piano straordinario che tocchi tutti i settori, come abbiamo fatto per altri che sono andati in crisi; parliamo del settore tessile, abbigliamento e calzatura dove abbiamo fatto dei progetti straordinari per intervenire, dove c’è stata anche una risposta, seppur non esaustiva ed ancora non sufficiente. Quindi diciamo che dobbiamo intervenire con un programma che vada verso tutti i settori.
Abbiamo strumenti come il Por, il Psr, il Pap, ecc., che non contengono un esame della situazione di questa crisi e che, invece, in una loro riformulazione, in una loro variazione e soprattutto nella emanazione dei bandi, devono tenere conto di questa situazione che va assolutamente affrontata.
Quindi la nostra proposta alla Giunta, che ha gli strumenti e le professionalità, è quella di proporre un piano di soccorso e di primo intervento su tutti i settori collegati. In primis per i lavoratori, che però hanno degli istituti che garantiscono per un minimo di tempo, e poi anche per gli altri settori per i quali non è garantito nessun intervento in modo strutturale, ad esempio il mondo dell’artigianato e il mondo agricolo.
Riteniamo che il tutto non dovrà esaurirsi in questa risoluzione che oggi più o meno tutti condividiamo, ma si debba concretizzare in un piano straordinario che deve formulare la Regione Marche. Questo è quello che chiediamo ufficialmente alla Giunta di questa Regione. Alla composizione di tale piano straordinario vogliamo partecipare come opposizione nelle sedi competenti e delegate, che sono le Commissioni e il Consiglio regionale.
Questo ve lo chiediamo con forza, altrimenti la responsabilità ricadrebbe tutto sul vostro operato e certamente verrebbe meno questa disponibilità a collaborare e a dare indicazioni.
Per esempio per Fermo la soluzione non è arrivata nei tempi previsti e prevediamo che anche per Jesi la soluzione non sia così semplice data la complessità del comparto residuale che era stato indirizzato, appunto, su Jesi. La crisi di Fermo aveva toccato meno il settore dell’agricoltura, delle macchine agricole, dell’artigianato, ecc., perché avevamo dirottato tutta la produzione su Jesi, ora venendo meno Jesi significa che la crisi che si apre è di una portata estremamente più grave di quella che prevedevamo nell’anno precedente.
Pertanto chiediamo un impegno formale all’Assessore all’agricoltura, abbiamo presentato una risoluzione che secondo noi tocca un po’ tutti questi aspetti, ma soprattutto chiediamo il coinvolgimento di tutte le forze politiche, sindacali, del mondo delle attività produttive e anche di tutti gli organismi che prevedono la partecipazione di tutte le forze politiche alla soluzione di questo problema.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Brandoni.

Giuliano BRANDONI. Penso che da una vicenda drammatica come questa bisogna sempre trarre, oltre che le necessarie capacità di soluzione, anche le lezioni che ne vengono.
Intanto ce n’è una così macroscopica e così evidente che non dobbiamo dimenticare. Ho ascoltato il Presidente Spacca ricordare che lunedì incontrerà i rappresentanti del Gruppo Maccaferri, credo che dovremmo aver imparato che questi incontri sono utili, importanti, necessari, ma che dovremmo affrontarli sapendo che si è interrotto un rapporto fiduciario con questa azienda in questo territorio.
Ho qui la delibera con la quale la Giunta regionale e il gruppo Maccaferri determinarono la soluzione della vicenda di Fermo e dove ci sono le indicazioni e gli impegni che oggi vediamo largamente disattesi e per molti aspetti giustificati e addossati a soggetti altri. E’ vero che per tante questioni portano responsabilità, ma che non diminuiscono la responsabilità di scelte aziendali che se giustificate dal punto di vista dell’elemento della singola azienda non ne valorizzano il senso e la responsabilità sociale che oggi un’impresa moderna e di quelle dimensioni dovrebbe avere.
Quindi la prima questione riguarda il rapporto con cui affronteremo questo confronto, perché è chiaro che il “vedremo” e il “faremo”, cioè gli impegni che saranno sottoscritti debbono essere largamente condizionati in questa trattativa dagli argomenti e dalle capacità che la pubblica amministrazione ha nel governare il territorio.
Il Sindaco di Jesi in tutta questa trattativa ha fatto una scelta e ce l’ha indicata. Il collegamento con l’impianto di produzione energetica che si chiama Turbogas era in forma consostanziale con tutta l'attività produttiva della Sadam in quel territorio. Oggi è un argomento notevole per affrontare quel confronto, bisogna che ritorniamo ai rapporti di forza.
Per alcuni aspetti credo che non siamo stati capaci di esercitare in questo versante una adeguata risolutezza, credo che potevano esserci strumenti e argomenti per rapportarsi con le rappresentanze del mondo agricolo per chiedere un impegno produttivo che pur anche dal punto di vista finanziario non sia particolarmente redditizio, stava dentro un contesto di politica agraria regionale che avrebbe potuto indurre, attraverso un percorso di riflessione e di compensazioni, a scelte meno drastiche di quelle che hanno portato alla chiusura sic et simpliciter nella giornata di martedì dell'impianto di produzione saccarifera.
Potevamo trovare gli strumenti perché almeno quell'anno di tempo, cioè la stagione 2008, consentisse un percorso, una riflessione, una individuazione di strumenti che oggi, invece, stanno nel luogo dell'emergenza e rischiano di demotivare anche chi in questa vicenda ha speso tanto impegno, tanta passione. Penso in primo luogo a quei lavoratori dello zuccherificio che ci hanno chiesto in tutti i modi di risolvere questa situazione garantendo la dignità del lavoro che sta prima di qualsiasi ammortizzatore sociale che sta prima di qualsiasi pacco di soldi che comunque soddisfa tutti. C'è una comunità, c'è un territorio, c'è una riflessione che in qualche modo fa premio alla freddezza delle cifre economiche.
In questo caso c’erano anche le scelte di un modello produttivo regionale che ci poteva consentire una riflessione diversa con un anno di tempo.
La terza questione magari è più grande, ma comunque non dovremmo mai dimenticarla, è quella che viene chiamata in questo settore Ocm, ma che in realtà sono gli accordi delle organizzazioni internazionali che decidono sulla vita e sulle scelte senza meccanismi democratici, senza meccanismi di confronto, senza riflessioni su quei territori.
Oggi anche da questo punto di vista va fatta un’ulteriore riflessione su quali azioni politiche devono essere messe in campo per l'oggi e per il domani, perché rischieremmo di trovarci in vari settori e in varie vicende sempre ad affrontare l'emergenza e in ogni emergenza le scelte dell'economia mangeranno gli uomini, come diceva nella sua utopia un noto filosofo inglese diventato poi santo, Thomas Moore. Lui diceva che le pecore mangiano gli uomini, in questo caso le produzioni cerealicole mangiano le barbabietole, le barbabietole mangiano gli uomini, noi non abbiamo adeguatamente riflettuto su questo. Forse è il caso che da questa vicenda traiamo anche questa riflessione quando andiamo a realizzare strumenti come il Psr, come i piani di produzione agricola nel nostro territorio e quando andiamo a votare i piani delle attività produttive come abbiamo fatto poche settimane fa.
C’è una riflessione diversa che richiama il Consiglio e tutti noi a un impegno più attento e ad una iniziativa più adeguata.
Ritornando al merito che è altrettanto importante, credo che questo confronto con la società, che la Regione ha fatto bene a chiedere, debba essere fatto dicendo le cose in maniera limpida. Ricordando a questa impresa, che in questo territorio c’è e chiede di rimanerci, che le azioni che ha prodotto negli ultimi tempi e le modalità con cui le ha prodotte, che non sono assolutamente indifferenti se è vero come è vero che aveva sottoscritto qualche settimana prima un accordo con i bieticoltori e le organizzazioni sindacali, siano un po’ diverse.
Un’impresa porta lavoro, ma i lavoratori portano la dignità e rispetto a questo bisogna avere la stessa assoluta attenzione. Quel rapporto fiduciario si è interrotto, ci sono altre motivazioni perché quel confronto continui, ma sapendo che noi dobbiamo chiaramente stare da una parte perché in una fase come questa bisogna scegliere. Pertanto stare dalla parte del lavoro e dalla parte dei territori è un dovere di questo Consiglio e forse un impegno per questa maggioranza.

PRESIDENTE. Ha la parola l’Assessore Ascoli che ha chiesto di intervenire anticipatamente per impegni istituzionali.

Ugo ASCOLI. Credo che giunti a questo punto ci sia da pensare in modo molto pragmatico e molto operativo sul da farsi. E’ chiaro che lo zuccherificio chiuderà ed è chiaro altresì che ci sono degli impegni che dobbiamo concretizzare su questo territorio. Del resto le parole che ho ascoltato del titolare del Gruppo Maccaferri parlavano di riconversione, di reinvestimento e di mantenimento delle opportunità e dei livelli occupazionali. Quindi credo che sia da qui dovremmo ripartire.
Però per poter concretizzare questi obiettivi occorre individuare sin da subito un percorso molto chiaro, che deve passare prima di tutto per la tutela del reddito di tutti coloro che vengono danneggiati dalla chiusura dello zuccherificio.
E’ stato già detto, non mi ripeto, ma dovremo prendere in considerazione una tutela basata sugli ammortizzatori sociali per chi ne ha diritto con integrazioni salariali, con ammortizzatori sociali in deroga per chi invece non ne avrebbe diritto. Comunque sappiamo che possiamo contare sugli ammortizzatori sociali in deroga per le aziende artigiane, le piccolissime aziende, lo abbiamo fatto già in passato per altri settori della nostra regione.
La Finanziaria 2008 rifinanzia gli ammortizzatori sociali in deroga, quindi rientreranno anche questi nella possibilità nostra di tutelare i redditi di chi è colpito da questa vicenda.
Inoltre dovremmo mettere in campo anche altri strumenti di carattere fiscale, di carattere creditizio, per poter venire incontro ai danneggiamenti subiti da piccole aziende, da piccole imprese e dagli autotrasportatori.
Quindi quello che dobbiamo fare è innanzitutto una ricognizione che sarà il primo compito dei tavoli che metteremo in campo tra Regione, Provincia e Comuni della Vallesina. Una ricognizione su tutti i “danni” che il territorio e la comunità patisce a causa della chiusura dello zuccherificio, quindi individuare per ognuno di questi problemi le strumentazioni necessarie che ci sono e che dovremo attivare in parte con risorse nazionali e laddove ciò non fosse possibile con risorse comunitarie e alla fine anche con risorse regionali.
Le risorse ci sono, la volontà non manca, quello che conta allora è fare questo primo atto, una ricognizione nei tavoli, un percorso di tutela e contemporaneamente un percorso di reinvestimento. Dovremo aprire e chiudere una vertenza con l'azienda, come in tutti i casi in cui aziende chiudono i battenti e mettono in mobilità o in cassa integrazione persone. Dovremo stringere – mi pare che l'aria che emerge dall'impegno del Gruppo Maccaferri ci possa anche portare senza troppe difficoltà a trovare un accordo – un impegno con il Gruppo Maccaferri affinché si concretizzino investimenti e occupazione in tempo utile, in modo tale che non passi un altro periodo tra la tutela del reddito e il lavoro. Cioè dobbiamo traghettare le persone da un lavoro ad un altro, dobbiamo far diventare questa crisi un volano di ripresa e di sviluppo per l'economia della Vallesina.
Questa non deve diventare un'occasione di crisi sociale, tale sarebbe se registrassimo passivamente la perdita di posti di lavoro, di occupazione e di reddito per molte persone, perché questo avrebbe un effetto a ricaduta su tutta l'altra parte dell'economia regionale in quanto meno redditi significano meno capacità di spesa e meno capacità di spesa significa meno consumo, meno consumo si riflette in meno domanda e meno domanda si riflette poi in crisi delle aziende della Valle e della zona.
Questo non deve accadere per cui dobbiamo traghettare, ripeto, dal lavoro al lavoro le persone, dall'azienda all'azienda le aziende.
Dobbiamo cogliere l'occasione, sia con l'agricoltura che con l'industria, per far diventare questa occasione un rilancio strategico dell'area verso investimenti che abbiano una validità tecnologica elevata, che spingano verso la produzione di energia, che mettano in moto circuiti virtuosi con le aziende agricole e che consentano a queste di non perdere colpi e alla nostra economia della Vallesina di non subire arretramenti.
Quindi ci sono motivi per poter pensare fin d’adesso a dei tavoli appositi che la Giunta organizzerà, che avranno a che fare con i diversi settori colpiti e che avranno a che fare anche con gli impegni sottoscritti dall’impresa e con le risorse comunitarie e statali che la Regione potrà attivare.

PRESIDENTE. Comunico che è stata depositata una risoluzione a firma dei Consiglieri Mammoli, Badiali, Bugaro, Lippi, Binci, Cesaroni, Santori, Viventi, Massi, Favia, Capponi, D’Anna, Romagnoli, Ciriaci, Giannini, Mollaroli, Ricci, Benatti e Ortenzi.
Ha la parola il Consigliere Cesaroni.

Enrico CESARONI. Ho ascoltato con attenzione sia l’intervento del Presidente Spacca che ha letto la lettera del titolare del Gruppo Maccaferri, sia l’intervento dell’Assessore Ascoli che ho apprezzato moltissimo per la buona volontà di mettere in campo tutti gli ammortizzatori sociali che servono per risolvere la grave crisi che ha causato la chiusura della Sadam.
Rispondendo al collega Badiali, dico che la prima sconfitta è della Vallesina che ha perso molto a livello economico e sociale, perché la Sadam era veramente un volano che portava ricchezza a Jesi e a tutta la Vallesina.
Questa risoluzione che voteremo oggi non risolverà tutti i problemi perché è solo un impegno di volontà.
Ora vorrei fare punto per punto su come poter risolvere i problemi. Noi qui dobbiamo difendere 170 posti di lavoro a tempo determinato, ma non possiamo difendere 170 posti con la cassa integrazione, facendo perdere reddito a questi lavoratori. Bisognerebbe risolvere il problema con un sistema di ammortizzatori sociali in modo che i lavoratori non debbano perdere parte dello stipendio, perché già hanno perso la sicurezza e la tranquillità!
Poi abbiamo un problema più grave, che è quello dei 250-300 lavoratori stagionali, che avevano un reddito aggiuntivo con il quale ci facevano conto molte famiglie. Questo è un problema molto più serio perché queste persone non hanno nessun diritto, ma purtroppo si ritrovano senza lavoro. Allora gli ammortizzatori sociali vanno rivolti soprattutto a queste persone che hanno lavorato all’interno della struttura per decenni facendo lavori stagionali. E’ un personale che ha lavorato dieci mesi l’anno senza un posto sicuro, certo e garantito, che oggi però bisogna tutelare.
Inoltre ci sono nella Vallesina tantissimi artigiani che lavoravano per la manutenzione ordinaria e straordinaria dello stabilimento Sadam.
Abbiamo poi anche i trasportatori che hanno sì un incentivo, però hanno investito in macchinari adatti solo per il trasporto dei bieticoli.
C’è poi il settore di chi lavorava nell’agricoltura come conto terzisti per piantare e raccogliere le bietole. Anche questi hanno acquistato macchinari costosissimi e che ora si ritrovano senza lavoro con in più macchinari che non hanno più nessun valore commerciale sul territorio. Questa è una cosa grave che è importante tutelare.
Nella realtà marchigiana abbiamo un grande produttore di macchine agricole a livello europeo – lo ha detto prima il Consigliere Lippi – che da qualche anno ha grandi difficoltà, cioè da quando a seguito di accordi europei c’è stata in Italia la riduzione della produzione di bietola. Quindi noi abbiamo il compito di tutelare i lavoratori di questa azienda e dobbiamo fare in modo che la stessa possa essere riconvertita come faremo per la struttura Sadam. L’Assessore Ascoli parlava degli ammortizzatori sociali, noi chiediamo che per questa azienda si possa continuare con la cassa integrazione in scadenza a marzo 2008 e si cerchi di trasformarla in altro indirizzo produttivo.
Per quanto riguarda gli agricoltori, è vero che oggi il mercato della bietola non è più remunerativo, ma qui abbiamo agricoltori che lavoravano con i conto terzisti e che piantavano bietole, e questo fa un conto economico, poi abbiamo agricoltori che si erano organizzati all’interno dell’azienda agricola con mezzi propri, e questi hanno una perdita, perché per fare bietola non c’era solo un produttore, ma una organizzazione aziendale. Quindi dobbiamo intervenire per queste aziende che si erano organizzate per fare tutti i lavori sulla bieticoltura, aziende che hanno comprato macchinari che oggi non servono più o che hanno perso valore.
Pertanto se vogliamo intervenire e toccare tutti i settori questi sono quelli più importanti che vanno tutelati, perché noi non possiamo tutelare solo l’Eridania che dalla Vallesina e da Jesi ha già preso moltissimo. Noi gli abbiamo concesso la centrale Turbogas che ogni hanno porta ricchezza a quell’azienda, e questa è una centrale che doveva essere a sostegno di quello stabilimento per sempre, e anche se ora sono venute a mancare le bietole e verrà riconvertito, rimarrà sempre a sostegno dello stabilimento.
Il Gruppo Maccaferri non può venire qui e dire "facciamo la riconversione". Perché innanzitutto i 70 milioni di euro che prende per la dismissione della produzione di zucchero li dovrebbe reinvestire, oppure per questi investimenti si aspettano altri finanziamenti pubblici?! Così è facile, perché intanto si prendono 70 milioni di euro e poi si chiedono finanziamenti per fare la riconversione dello stabilimento; alla fine pagano sempre i cittadini!
E' questo quello che ha chiesto il gruppo Eridania, lunedì prossimo avrà un incontro con il Presidente, è disponibile a fare la riconversione, è disponibile a mantenere l'occupazione, ma con un progetto che presenteranno loro alla Regione Marche che li dovrà sostenere con altri finanziamenti pubblici. E' quello che è successo a Fermo dove i tempi dovevano essere molto limitati, invece ancora non si sa neanche quando partirà, i liquidatori stanno facendo ora i contratti di semina.
La mia preoccupazione è che il gruppo Eridania prende 70 milioni di euro e poi sarà lo stato sociale che dovrà pagare tutti! E’ questo quello che dobbiamo evitare, perché l’azienda viene qui, fa l’accordo, paga sempre il pubblico e poi loro scappano non solo con i 70 milioni di euro, ma anche con la Turbogas.
Chiedo che il Presidente Spacca e la Giunta regionale seguano queste vicende e che pretendano che il gruppo Eridania faccia investimenti propri, che si faccia una riconversione che sia soprattutto produttiva per il territorio. Questo perché non possiamo pensare che si fa una riconversione dello stabilimento basata sulla produzione di olio da girasole che è una produzione non competitiva, perché questo significa che i girasoli arriveranno all’interno della Sadam dai paesi dell’est, poi noi daremo i finanziamenti alla Sadam per fare questo, ma la produzione pervenuta, appunto, dai paesi dell’est poi si rivende all’Api. Allora, i benefici per la Vallesina quali sono? Nessuno! Anzi, ci sarà anche qualche altra perdita perché forse creeremo dell’altro inquinamento.
Quindi vorrei una riconversione chiara, che venga fatta per la produzione agricola soprattutto del territorio marchigiano ed incentivandola in qualche modo.
Questo è il problema forte, altrimenti tutti vengono in questo territorio a prendere senza portare niente, e la Vallesina è stanca di questa situazione. Quindi noi dobbiamo bloccare tutte quelle iniziative che non portano ricchezza al territorio.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Viventi.

Luigi VIVENTI. Vorrei sottolineare che c'è stata una certa disattenzione nei confronti della mozione n. 22 che presentai nel lontano 15 luglio 2005 ed oggi siamo a fine gennaio 2008. Io non ho nulla a che fare con i maghi e le veggenti, ma pur non avendo queste frequentazioni – perdonatemi la battuta su un argomento di così grande serietà –, nel luglio 2005, appunto, presentai una mozione sulla crisi del settore bieticolo-saccarifero, lo feci all'indomani della decisione della Commissione europea, citata nei vari interventi, che aveva comportato l'eliminazione nel nostro Paese, e quindi anche nella nostra regione, della bieticoltura e delle attività legate ad essa, come il trasporto, la trasformazione, ecc..
Non dico che se avessimo preso in considerazione questa mia mozione avremmo risolto il problema – ormai mi conoscete tutti quindi sapete che non sono capace di fare sparate pubblicitarie e non lo farò mai – però è vero che questo argomento era chiaro a tutti noi, e ancora di più a voi che fate gli amministratori, sin d’allora.
Sicuramente avete lavorato per trovare delle soluzioni che poi non sono state trovate. Qui si parla in fondo di decisioni di livello superiore che hanno delle ricadute di carattere economico che prescindono dagli interessi localistici o anche da quello che la politica può in qualche misura rappresentare.
Certo è, come diceva l’Assessore Ascoli, che oggi non possiamo parlare della chiusura dello Zuccherificio perché ormai è una cosa fatta, quindi il problema è di come tutelare gli interessi economici della zona della Vallesina e soprattutto dei lavoratori diretti e indiretti di questa azienda.
Il Consigliere Cesaroni ha detto che non è sufficiente la cassa integrazione guadagni, ma solo nel frattempo visto che si parla di riconversione – mi pare che l’azienda in questa direzione abbia dato la sua disponibilità – , quindi dal punto di vista tecnico non ci sono altre strade possibili, perché l’unico modo per salvaguardare l’intervento pubblico è quello della cassa integrazione guadagni perché la Regione non ha la possibilità di mettere in piedi altri strumenti.
Ma il problema si porrà per quei lavoratori che non hanno la possibilità di avere tali coperture dal punto di vista previdenziale; questo è un problema serio perché si parla almeno di 250 persone per le quali bisogna trovare il modo di dare una risposta.
Così come si porrà il problema per tutto l’indotto. E bisogna essere anche onesti altrimenti prendiamo solo in giro la gente, perché noi come Regione e come Governo regionale non siamo in grado di dare risposte esaustive a problemi come questi. E’ chiaro che l’indotto di fronte ad una situazione di trasformazione e di ristrutturazione aziendale un impatto negativo, quanto meno nell’immediato, ce l’ha, perché magari si creerà un tipo di indotto nuovo in quanto potrebbe finirne uno e iniziarne un altro. Però oggi nella fase in cui questo processo si mette in moto è inevitabile che ci siano nella zona dei sacrifici da affrontare.
Quindi quando ci sono problemi come questi credo che una soluzione esaustiva per tutto non ce l’ha nessuno, ma se i problemi vengono presi per tempo poi si possono affrontare meglio, e non so se su questo argomento ci si è dormito un po’! Oggi però c’è la piena disponibilità da parte di tutti a far sì che qualcosa di decente possa essere messo in piedi, soprattutto nei confronti di chi rischia di perdere il lavoro.
Due considerazioni finali e concludo. Questa vicenda ci deve mettere in guardia dai rischi che corre l’intero settore dell’agricoltura in Italia e purtroppo c’è anche l’altro rischio parallelo, cioè quello che ci muoviamo in un settore dove di fatto abbiamo eliminato la libera concorrenza perché siamo in un mercato assistito. Sappiamo benissimo tutti che se non ci fosse assistenza europea molti prodotti agricoli italiani non avrebbero alcuna possibilità di competere sui mercati internazionali.
Quindi anche su questo – lo dicevo anche anni fa quando ero Vicepresidente della terza Commissione agricoltura – bisogna cominciare a pensarci bene, perché da qui al 2011-2012 sembra un periodo lungo, ma così non è, e probabilmente potrebbero anche arrivare – mi auguro di no – anche altre notizie negative da Bruxelles.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere D’Anna.

Giancarlo D’ANNA. Credo che la grande sconfitta in tutta questa situazione sia l’agricoltura, che continuamente viene a trovarsi in questa sorta di trita che non guarda in faccia a nessuno e che crea delle situazioni come quelle che si sono verificate nella regione Marche, dove quello che stiamo vivendo in questi giorni è un déjà vu, un qualcosa che è già accaduto in altre realtà, e che ha messo in serie difficoltà non solo coloro che operano direttamente nello Zuccherificio, ma anche tutte quelle imprese che inevitabilmente ruotano intorno ad esso.
Su Jesi e sulle altre realtà si erano concentrate molte aziende di tutte le province di questa regione. Quindi esce sconfitta la regione nel suo complesso che troppo spesso subisce degli umori, delle imposizioni e dei grossi interessi che vengono fuori nella maggior parte dei casi da Bruxelles, dall’Europa, che senza verificare quello che succede sul territorio prende delle decisioni che francamente sono sconcertanti.
E’ chiaro che a questo punto forse sarebbe più facile trovare la soluzione per coloro che lavoravano direttamente nello Zuccherificio piuttosto che per l’agricoltura nel suo complesso.
Credo che dovremmo affrontare il discorso in modo completamente diverso, nel senso che non possiamo subire in continuazione delle decisioni che non tengono assolutamente conto sia delle esigenze del territorio che della logica.
La stessa cosa sta avvenendo anche nel comparto della pesca, perché sembra che ci sia la volontà di chiudere quei capitoli che riguardano alcune attività che sono tradizionalmente legate al territorio e alla sua stessa cultura.
Tornando al discorso dell’agricoltura, accade che quando c’è l’impegno, la volontà, la fatica nel far passare un messaggio della qualità e della tracciabilità del prodotto, del prodotto collegato alla tradizione, chi ha impostato professionalmente la propria vita alla produzione di determinati prodotti agricoli poi si trova all’improvviso in mezzo ad una strada. Una strada nella quale non sa ben decidere cosa fare o se lo fa deve necessariamente aspettare che la burocrazia di Bruxelles, magari insieme a quella nazionale, decida cosa dovrà andare a fare l’agricoltore.
Pertanto credo che sia principalmente una sconfitta dell’agricoltura, di coloro che in agricoltura lavorano e che nel corso degli anni si sono creati una professionalità, perché non si può decidere all’improvviso che dal prossimo anno tutti coloro che nelle loro aziende si sono adoperati, hanno investito, hanno creduto su un determinato tipo di prodotto, oggi non lo possono fare più.
Che ne facciamo della professionalità? Che ne facciamo delle attrezzature? Che ne facciamo delle aziende? Che ne facciamo dei lavoratori? Lavoratori che sono anche preoccupati di una situazione di chiara difficoltà nella quale si trova l’Italia in questi ultimi anni dal punto di vista economico ed occupazionale.
Credo che quando si prendono decisioni come questa prima vanno affrontati i problemi che prima o poi sorgeranno; ora parliamo di riconversione, ma non sarebbe stato opportuno iniziare a parlare e soprattutto a investire sulla riconversione? Visto e considerato che questo è l’ultimo zuccherificio che si trova in questa situazione.
Questo è un processo che è iniziato diversi anni fa, quindi credo che ci sia stato il tempo per prevedere quali soluzioni adottare per non far trovare in difficoltà non solo quelli che operano direttamente nello zuccherificio.
Sicuramente la risoluzione che voteremo sarà un segnale, ma penso che sia insufficiente perché problemi come questi si risolvono con la programmazione, con una visione futura di quella che è e dovrebbe essere l'agricoltura in generale, ma anche il resto delle attività economiche con tutte le preoccupazioni che oggi si trova ad affrontare chi lavora.
E' un momento molto difficile quindi va dato un segnale forte di cambiamento di rotta e di attenzione maggiore alle problematiche, questo per non trovarsi all'ultimo momento ad affrontare delle soluzioni tampone che non risolvono nessun problema in quanto il giorno dopo sicuramente verranno fuori altre situazioni simili.
Credo che lo stimolo dovrebbe essere quello di fare molta più pressione anche sui rappresentanti italiani al Parlamento europeo per fare in modo che le decisioni che riguardano il nostro territorio non vengano prese o comunque vengano comunicate nei tempi dovuti per attrezzarsi a trovare le soluzioni del dopo.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la prosecuzione della seduta dopo le ore 13,30.

(Il Consiglio approva)

Prego, inoltre, tutti i Consiglieri – io personalmente rinuncio, come pure il Consigliere Ricci – di fare interventi brevi. Ha la parola il Consigliere Silvetti.

Daniele SILVETTI. Sarò veramente breve per non prolungare questo piangersi addosso perché, seppur condivisibili alcune riflessioni dei colleghi, è chiaro che sintetiche considerazioni devono essere fatte.
Prendo per buoni gli intendimenti e i richiami al pragmatismo dell'Assessore Ascoli, seppur oggi vengono evidenziati come la prosecuzione di un piano “b” o di un piano di riserva, la ruota di scorta.
E' evidente che la Regione non può stare con le mani in mano di fronte alla figuraccia politica che non solo la Regione ha fatto in questo frangente. Credo che la tutta classe politica abbia fatto una pessima figura e non abbia fatto un servizio ai cittadini, a cominciare da quella che si trova sui banchi del Parlamento europeo. Ecco perché mi meraviglia e da un lato mi fa un po’ anche sorridere l'atteggiamento della On. Sbarbati che oggi si affretta nel dire che sono stati violati i regolamenti, che bisogna vederci chiaro, ma intanto l'azienda ha già chiuso! E’ inutile vederci chiaro, doveva farlo a suo tempo assieme ai suoi colleghi, anche di centro-destra, quando venivano approvati dei provvedimenti o comunque venivano date delle direttive stringenti. Era là che doveva far pesare il proprio ruolo politico, era là che si doveva far pesare il ruolo politico dell’Italia, un Paese che vedeva fortemente ridimensionate le proprie possibilità e potenzialità del suo territorio. Quindi è inutile che adesso ci nascondiamo dietro un dito.
Ecco perché fa un po’ sorridere questo atteggiamento da passionaria degli ultimi minuti quando ormai il gregge è uscito dal recinto.
Così come è altrettanto ironico – potrebbe essere un commento – questo corri corri della classe dirigente locale, me compreso, nel momento in cui le scelte erano già state prese e i patti erano stati già violati. Ed è stata una cosa gravissima che la politica non abbia saputo correggere questa violazione, non abbia saputo sanzionarla, contenerla e condizionarla. Questo è ancora una volta il segno che la politica lascia il passo a quei segmenti dell’economia che non vogliono rispettare le regole.
C’è un’impresa che esce di scena da un territorio col massimo profitto senza alcun tipo di ritorsione, senza alcun tipo di conseguenza significativa che possa per lo meno contenere questo che è un vero e proprio scempio perpetrato nei confronti di un territorio e dell’occupazione.
Condivido quello che alcuni colleghi hanno detto, cioè che qui c'è qualcosa da cambiare. E' un precedente grave, è un precedente che non può passare in sordina e che deve, anzi, insegnare a noi tutti che le cose è vero che devono essere prese per tempo, ma dobbiamo forse essere anche un po' più coraggiosi e più efficaci. Altrimenti la politica si misura in quest'Aula quando è troppo tardi e quando ci troviamo di fronte ad una letterina, che giustamente ci è stata letta dal Presidente della Giunta, che sembra più che altro una presa in giro. E' un intendimento che non può bastare a questo Consiglio regionale, perché non sono bastati i patti che sono stati regolarmente violati. Allora, come ci può tranquillizzare una lettera di buoni intendimenti, assolutamente astratta, generale, che non ha alcuna valenza e non dà nessun tipo di garanzia a questo Consiglio regionale e soprattutto ai lavoratori?!
C’è un mondo in cui chi lascia il territorio e chiude viene premiato; nel momento in cui le scelte vengono imposte dall’alto e il territorio è assolutamente succube e subordinato, quindi le riceve e non può che subirle, abbiamo purtroppo registrato un’assenza totale da parte del Ministro, non solo non si è calato sul territorio perché non è venuto, ma in realtà non c’era nemmeno a Roma, quindi è inutile che ci prendiamo in giro, ma forse aveva qualche motivo per non esserci – non vado oltre –.
Credo che gli intendimenti dell’Assessore debbano essere perseguiti con un certo tipo di concretezza. La Regione ha fra i propri compiti quello del controllo del territorio. Quindi un controllo doveroso che ogni Consigliere deve assumere e lo deve fare non solo votando questa risoluzione, ma anche quotidianamente di fronte a quelli che sono i gravissimi moniti che arrivano da Ascoli.
Il problema dell’occupazione comincia ad essere una piaga per questa regione, quando una volta l’occupazione era un vanto.
C’è un mondo imprenditoriale che molto probabilmente ha capito che il profitto comincia a ridursi notevolmente, che non ci sono più le condizioni per investire, quindi la Regione si troverà sempre di più di fronte a situazioni come questa.
Ecco perché dico che la letterina di buoni intenti non ci può bastare e che sicuramente sarà valutato in futuro l’atteggiamento di questa impresa, ma soprattutto di altre che purtroppo hanno già detto che sono in procinto di, perché ovviamente la Comunità europea lo consente e perché forse la nostra classe dirigente le asseconda.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere Binci.

Massimo BINCI. Cogliendo l’invito alla brevità per permettere la votazione, vorrei rimarcare due aspetti, uno è quello della sconfitta del ruolo della politica. Una politica che dovrebbe prevedere quello che è già prevedibile, quindi il ruolo di programmazione, e sia il Ministero che tutti gli attori, anche quelli economici, sin dal 1996 conoscevano la situazione del reparto bieticolo-saccarifero.
Era prevista per l’Italia una riduzione delle quote, si era arrivati a un piano che prevedeva l’eliminazione dei due stabilimenti di Fano e Fermo e la permanenza dello stabilimento di Jesi perché tecnologicamente adeguato.
Come già detto da tanti, proprio in questa visione di riconversione e di prolungamento dell’attività e di compensazione del fatto che in prospettiva la bietola sarebbe stata sempre meno remunerativa e sarebbero calati gli aiuti, è stata permessa l’evoluzione della Sadam di Jesi anche come polo energetico con la centrale.
Quindi Jesi doveva rimanere, era nelle promesse dell'azienda, era nelle previsioni. Nell'incontro al Ministero, dove siamo andati come Consiglieri per dare la nostra solidarietà e per presentare la richiesta di mantenere per alcuni anni la produzione, per permettere una riconversione anche dei lavoratori e definire il percorso di riconversione dell'impresa, è emerso che il rischio è quello che la produzione bieticola-saccarifera e le quote italiane andranno a scomparire.
Quindi indipendentemente dalle quote previste che debbono rimanere, purtroppo in questo caso gli aiuti comunitari non hanno previsto alcuni aspetti, almeno nelle tempistiche, per la ricollocazione di tutto l'indotto e di tutta l'occupazione a tempo indeterminato. Tutto quello che va oltre l'occupazione a tempo indeterminato e all’indotto non viene in alcun modo tutelato se non la parte che riguarda le macchine agricole.
Condivido le preoccupazioni anche sull’aspetto della riconversione e sul rapporto che deve essere tenuto con l’azienda. Bisognerebbe fare attenzione che le risorse del Psr, che non sono così significative, vengano, senza un progetto condiviso, indirizzate su richieste di riconversione dell’azienda, perché quella che ci viene proposta dall’azienda è una riconversione ad alta intensità di capitale e a bassa intensità di occupazione.
Invito l’Assessore Petrini affinché, nella fase di confronto con l’azienda sulla riconversione, venga fatta una valutazione anche dell’occupazione e non un approccio industriale da parte della Regione Marche. Non è perché viene prevista la produzione di biodiesel all’interno del Psr e all’interno del Pear poi noi dobbiamo andare a svolgere una funzione imprenditoriale e finanziare ulteriormente con quote nostre questa eventuale riconversione, in quanto deve essere fatta una valutazione tra i capitali che verranno eventualmente investiti e il ritorno occupazionale.
A Fermo c’è un’ipotesi di riconversione, ma non c’è ancora una valutazione degli effetti occupazionali e soprattutto non c’è la sicurezza di una integrazione con il comparto agricolo della regione Marche. Sembra che la maggior parte – e qui, come ha detto anche il Consigliere Cesaroni, potrebbe presentarsi la stessa ipotesi – della materia prima che arriverà dai paesi del terzo mondo, andando ad alimentare una catena perversa di disboscamento delle foreste primarie che è già stata portata avanti con piantagioni intensive, tipo caffè, cacao o banane, che qui si allargherebbe all’olio di palma e in qualche altra parte del mondo magari anche ai girasoli.
Concludo dicendo che la riconversione e la produzione dei biodiesel è una preoccupazione molto grande, quindi sono situazioni che dovremo seguire.

PRESIDENTE. Ha la parola l’Assessore Petrini.

Paolo PETRINI. La questione è molto complessa, ma cercherò comunque di essere breve.
La Sadam ha comunicato solo il 7 gennaio scorso l’intenzione di dismettere la propria quota di produzione dello zucchero, lo ha fatto a seguito dell’evidenza con la quale ha rilevato la scarsità dell’offerta di bietole che era rappresentata dai pre-contratti degli agricoltori.
Ricordo a tutti che già nel 2005 c’era stata una riforma dello zucchero, cioè del settore più sovvenzionato d’Europa, e a seguito di questa riforma tredici zuccherifici chiusero e ne rimasero sei. L’anno scorso ne chiuse anche un altro in Emilia Romagna, quindi ne sono rimasti cinque.
Ma nell’ottobre scorso c’è stata la riforma della riforma, cioè l'Europa per intercettare un preciso orientamento preso in sede di organizzazione mondiale del commercio, in cui lo zuccherò è agli apici di quell'accordo per il quale presto avremo in Europa una produzione di zucchero che corrisponderà al 20-30% circa di quella che avevamo tre o quattro anni fa, ha deciso di invogliare ancor di più gli agricoltori a dismettere la produzione di bietole, lo ha fatto offrendo un premio molto intrigante.
Questo premio non sarebbe bastato per dismettere la produzione di bietole, per lo meno in questa regione dove comunque la resa produttiva di saccarosio è largamente inferiore a quella dell'Emilia Romagna e del Veneto, perché comunque fino al 2011 l'Europa ci aveva accordato un regime transitorio attraverso il quale potevamo dare un premio accoppiato alla produzione di bietola attraverso un preciso impegno che, tra l'altro, si era preso il Governo con i 65 milioni che ogni anno metteva in bilancio.
Quello che ha cambiato repentinamente le carte in tavola, al di là di qualche previsione che già ad ottobre-novembre si era fatta ma solo in termini di mera previsione, è stata un’impennata del prezzo del grano duro che davvero nessuno aveva previsto in quei termini. Il grano duro è arrivato da 180 euro a tonnellata a 480 euro a tonnellata, con una resa per ettaro che è largamente superiore a quella della bietola. E questa è una regione specializzata nel grano duro, non è una regione qualsiasi con un impatto uguale alle altre, qui, per fortuna, il prezzo del grano duro ha un impatto notevolissimo.
Questo è stato l’evento che ha fatto pendere la bilancia nella decisione dell’agricoltore di fare pre-contratti in maniera scarsa e poi, vista l’opportunità che aveva di fronte con la richiesta della Sadam di dismettere la quota, di prendere il premio di quasi 2 mila euro ad ettaro, cioè quattro annate di guadagno per le bieticole, in un colpo solo, avendo appunto l’alternativa del grano duro. E mi permetto di dire anche del girasole che sta a 40 euro a quintale, cioè il doppio di quando facemmo l’accordo con Fermo, accordo che comunque gli agricoltori avevano sottoscritto con un plus di prezzo del 15%.
Quindi ci sono questioni che non attengono alla strategia europea, che tra l’altro segue la riforma della Pac che stiamo attuando in pieno con la sparizione delle quote, dei sussidi, di qualsiasi forma di non mercato. Ma il mercato, in relazione al fatto che i cinesi mangiano, gli indiani mangiano, si mangia più carne, si fa biocarburante, ha prodotto anche questi altri effetti.
Quindi scaricare le colpe sulla Sadam o anche sugli agricoltori lo trovo improprio. Anche se la Sadam, devo dire, ha agito in maniera cinicamente lucida e determinata in questa situazione, non dandoci il tempo non solo di riflettere, ma neanche di guardarci per poter discutere su quali potessero essere le migliori forme per uscire da questa crisi.
Capisco lo strappo sociale a cui si riferiva la Consigliera Mammoli, però lo trovo improprio, anzi, ho rimproverato le associazioni ad aver giocato a rimpiattino come se la colpa alla fine dovesse essere scaricata a qualcuno in particolare. Io non do colpe a queste associazioni bieticole perché i loro agricoltori, che tra l’altro come base sono stati sentiti durante queste settimane, hanno quasi tutti manifestato l’intento di dismettere la bietola per fare grano duro e intascare il premio.
Questa questione ci deve far riflettere certamente su una situazione per la quale anche nell'agricoltura le regole di mercato contano come negli altri settori E nell'agricoltura, così come in tutti gli altri settori, gli Stati nazionali – non le Regioni, le Province e i Comuni – contano sempre meno. Si va dal Sindaco per dire sono rimasto disoccupato, ma chi ha procurato la sparizione di quel posto di lavoro può darsi che in quel momento stava a Cancun, a Hong Kong, a Doa, neanche Bruxelles ma più lontano ancora.
Credo che queste siano regole che tra l'altro anche gli Stati occidentali hanno condiviso e che noi non dobbiamo semplicemente criticare, ma dovremmo cercare di creare altri strumenti per rispondere a una nuova situazione.
E’ una situazione a cui dobbiamo rispondere anche per Jesi. Ho già detto anche in altre riunioni più riservate che la Regione Marche si è resa purtroppo immediatamente conto della situazione in relazione alle scelte che avrebbero fatto legittimamente gli agricoltori, quindi abbiamo lavorato unicamente per far sì che quello che è stato un premio per gli agricoltori provenienti dalla Comunità europea, di circa 27 milioni, si potesse avere, seppure in misura diversa, anche per il mondo del lavoro e per il territorio.
La scelta politica che abbiamo fatto con il Ministro a Roma è stata quella di valutare l’alternativa di fare o non fare la campagna bieticola 2008, che comunque le associazioni, non perdendo nulla, volevano fare. Abbiamo scelto di non farla, concordemente sia all’azienda che ai sindacati dei lavoratori, proprio per avere maggiori risorse da scaricare sul territorio per alleviare la situazione che si è creata nel mondo del lavoro, ma soprattutto per cercare di creare possibilità di sviluppo che andassero anche oltre, in termini di occupazione stabile, rispetto ai numeri attuali di 170.
Che cosa significa andare oltre? Significa fare biodiesel? In parte probabilmente sì e con questo dobbiamo comunque confrontarci; la Comunità europea sui carburanti ci ha messo un obbligo del 5,75% di addizionamento a cui anche come Italia dobbiamo rispondere con gli strumenti che abbiamo a disposizione, cioè se l'olio di girasole non ce lo daranno gli agricoltori se non lo dovessero ritenere conveniente, in qualche posto, finché la regola rimarrà questa, lo dovremmo pur trovare. Certo però il biodiesel non può bastare per il territorio che tra l'altro è a bassa intensità di lavoro, noi vogliamo andare oltre.
Vi ricordo che a Fermo, benché all’inizio avessimo in concreto, al di là del mantenimento di alcune attività – così come avverrà in misura ancor più massiccia a Jesi – solo la centrale per la produzione di energia elettrica attraverso la combustione di olio di girasole, oggi, sempre attraverso il Gruppo Maccaferri, abbiamo anche la possibilità di avere un’azienda che produrrà componenti di base in silicio per i pannelli fotovoltaici di ultima generazione con una occupazione larga e qualificata.
Perché lì ancora non è partito? Perché i timori in relazione alle nuove forme di energia li conosciamo tutti quanti e anche se qui è assolutamente semplice, sotto il profilo tecnico, rappresentare la non pericolosità e il fastidio di una centrale come quella a olio di girasole, la situazione va gestita. Ma in quel territorio il Sindaco ha deciso di portare in processione questa centrale, come fosse una Madonna, in tutti i quartieri, sperando che qualcuno avesse detto "sì, la voglio io". Questo ovviamente non è avvenuto e finché quell'amministrazione non si prenderà la responsabilità di dire “facciamola qui”, questa riconversione non partirà e se non partirà quest'anno gli operai perderanno anche l’ultimo anno di cassa integrazione a disposizione.
Dico questo perché le possibilità ci sono, ci sono state per Fermo e ci saranno in misura ancor maggiore per Jesi, visto che ha una situazione, la Turbogas, e una localizzazione che certamente già depone a suo favore.
Mercoledì prossimo a Roma ci saranno i due tavoli già aperti, uno è per ristorare gli agricoltori dei costi già sostenuti, per fare ad esempio un’aratura più profonda che serve per le bietole, ecc., l’altro invece si occuperà non di come riconvertire la Sadam semplicemente, perché questo è già negli impegni dell’azienda che si è già, appunto, impegnata a riassorbire tutti i 170 dipendenti che vi lavorano, ma di come utilizzare anche un plus di risorse che l’azienda ha potuto avere proprio per l’immediata chiusura che avverrà nel 2008. Altrimenti si poteva fare anche nel 2008, l’azienda avrebbe preso meno soldi e anche gli agricoltori, invece così prende più soldi, ma questi devono andare a favore del mondo del lavoro e del territorio.
Quindi siamo impegnati lunedì con Maccaferri, ma soprattutto mercoledì ai tavoli nazionali, per poter produrre un risultato che sia anche migliore in termini di ricchezza di quello che abbiamo avuto sino ad oggi.
Poi c’è una questione su cui non mi intrattengo, che riguarda un’evoluzione ben più forte dell’agricoltura, quindi delle politiche agricole, su cui bisognerà avere più tempo e più concentrazione da parte di tutti noi.

PRESIDENTE. Ha la parola il Consigliere D’Anna.

Giancarlo D’ANNA. Volevo far notare al Presidente che questa mattina abbiamo discusso di un argomento molto importante del quale abbiamo trovato anche la sintesi, però vorrei che si prendesse atto della mancanza di sensibilità dei Consiglieri e degli Assessori di maggioranza che se la sono squagliata proprio quando è il momento di votare. Quindi sarà solo grazie al senso di responsabilità dell’opposizione, che in questo caso è anche numericamente superiore ai Consiglieri di maggioranza, che verrà votata la risoluzione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la risoluzione avente ad oggetto: “Crisi saccarifera. Impegno da parte della Giunta di concerto con il Governo, per scongiurare la chiusura dello zuccherificio Sadam di Jesi”.

(Il Consiglio approva)


Proposta di legge n. 202
della Giunta regionale
“Modifiche alla legge regionale 16 dicembre 2005, n. 36 ‘Riordino del sistema regionale delle politiche abitative’, alla legge regionale 27 dicembre 2006, n. 22 concernente modificazioni ed integrazioni alla l.r. 36/2005 e alla legge regionale 17 maggio 1999, n. 10 ‘Riordino delle funzioni amministrative della Regione e degli enti locali nei settori dello sviluppo economico ed attività produttive, del territorio, ambiente e infrastrutture, dei servizi alla persona e alla comunità, nonché dell’ordinamento ed organizzazione amministrativa”.
(Discussione e votazione)

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca la proposta di legge n. 202 ad iniziativa della Giunta regionale. Ha la parola il relatore di minoranza Consigliera Ortenzi.

Rosalba ORTENZI. Questa è una proposta di legge molto semplice che consente una proroga all’Erap per continuare con le graduatorie che già sono compilate e che sono scadute. Quindi è solo una modifica.
Pertanto se i colleghi apprezzano il fatto che non ci sia una relazione, potrei evitare di farla, considerato anche che in Commissione l’abbiamo ben chiarita ed è una questione sulla quale tutti sono stati d’accordo.

PRESIDENTE. Consigliera Ortenzi, la ringrazio, anche a nome dell’Aula, di questa sua disponibilità. Ha la parola il relatore di minoranza Consigliere Brini.

Ottavio BRINI. La Commissione non è sovrana, sovrano è il Consiglio regionale, quindi se in Commissione siete stati tutti d’accordo non significa che noi dobbiamo esserlo. Questo vale sia per oggi che per il futuro.
Noi rimaniamo in Aula per senso di responsabilità istituzionale, ma che non accada più una cosa del genere! Cioè che non si dica più che siamo tutti d’accordo, perché siete d’accordo voi che state in Commissione, anche se non so come avete raggiunto questo accordo e di che tipo era.
Pertanto, visto che è un problema serio e delicato penso che se si fosse rinviato di tre giorni non sarebbe stato un grande problema. Comunque, visto che c’è questa urgenza, per senso istituzionale rimaniamo.
Come ha detto anche il collega D’Anna, anche prima abbiamo permesso di votare la risoluzione, è rimasta soltanto la mozione riguardante il distaccamento della polizia stradale che mi auguro venga inserita – come da accordo – al primo punto dell’ordine del giorno del prossimo Consiglio regionale, e che non avvenga, come sempre succede, che poi si ricopia lo stesso ordine del giorno e questi argomenti rimangono sempre indietro.

PRESIDENTE. Per una brevissima replica ha chiesto la parola la Consigliera Ortenzi.

Rosalba ORTENZI. Vorrei soltanto ringraziare il Consigliere Brini per la sua disponibilità.

PRESIDENTE. La discussione generale è chiusa, passiamo alla votazione.
Articolo 1. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 2 bis. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 3. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Articolo 4 (Dichiarazione d’urgenza). Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Coordinamento tecnico. Lo pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

Proposta di legge n. 202. La pongo in votazione.

(Il Consiglio approva)

La seduta è tolta.


La seduta termina alle ore 14,10