Resoconto seduta n. 111 del 04/12/2002
La seduta inizia alle 10,55

PRESIDENTE. Ai sensi dell’art. 9 del regolamento interno nomino consigliere segretario, per la seduta odierna, in sostituzione del consigliere Marco Amagliani, nominato assessore, il consigliere Adriana Mollaroli.



Elezione del Presidente del Consiglio (artt. 4 e 5 del Regolamento interno)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, al punto 1: Elezione del Presidente del Consiglio (artt. 4 e 5 del Regolamento interno).
Procederemo in questo modo: il consigliere segretario chiamerà in ordine alfabetico i consiglieri, i quali voteranno nell’apposito spazio dietro questo tavolo e depositeranno nell’urna la loro scheda.
Prego i consiglieri segretari di dare avvio alla votazione.

(Segue la votazione, per appello nominale
e per scheda segreta)

PRESIDENTE. Comunico il risultato della votazione. Votanti n. 40, schede bianche n. 15. Hanno ricevuto voti: Minardi Luigi n. 24, Gasperi Gilberto n. 1. Proclamo eletto Presidente del Consiglio il consigliere Luigi Minardi.

(Applausi dei consiglieri)



Elezione dei Vice Presidenti del Consiglio (artt . 4 e 6 del Regolamento interno)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca al punto 2: Elezione dei Vice Presidenti del Consiglio (artt . 4 e 6 del Regolamento interno).
Il voto è limitato ad uno. Risulteranno eletti coloro che avranno riportato il maggior numero di voti.
Prego i consiglieri segretari di dare avvio alla votazione.

(Segue la votazione, per appello nominale
e per scheda segreta)

AUGUSTO MELAPPIONI. Presidente, sollevo obiezione in merito alla regolarità della votazione, in quanto è stata mostrata, da parte di un consigliere la scheda dallo stesso votata.

PRESIDENTE. Il voto deve essere segreto, quindi ripetiamo la votazione.

(Segue la nuova votazione, per appello nominale
e per scheda segreta)

Comunico il risultato della votazione. Votanti n. 40, schede bianche n. 1, schede nulle n. 1. Hanno ricevuto voti: Giuseppe Ricci n. 17, Gilberto Gasperi n. 19, Ottavio Brini n. 1, Enrico Cesaroni n. 1. Proclamo eletti Vicepresidenti del Consiglio i consiglieri Gilberto Gasperi e Giuseppe Ricci.

(Applausi dei consiglieri)



Elezione dei Consiglieri segretari (artt. 4 e 6 del Regolamento interno)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, al punto 3: Elezione dei Consiglieri segretari (artt. 4 e 6 del Regolamento interno).
Anche in questo caso il voto è limitato ad uno. Risulteranno eletti i consiglieri che avranno ottenuto il maggior numero di voti.
Prego i consiglieri segretari di dare avvio alla votazione.

(Segue la votazione, per appello nominale
e per scheda segreta)

Comunico il risultato della votazione. Votanti n. 40, schede bianche n. 2. Hanno ottenuto voti: Fabrizio Grandinetti n. 9, Ottavio Brini n. 9, Gabriele Martoni n. 20. Proclamo eletti consiglieri segretari i consiglieri Martoni e Grandinetti in qualità di consigliere più anziano di età, vista la parità di voti ottenuta con Brini.
Signori consiglieri, prima di passare al quarto punto dell'o.d.g. permettetemi di ringraziare i consiglieri Ricci, Amagliani, Cesaroni e Grandinetti che nei trenta mesi scorsi hanno contribuito in modo determinante, con un atteggiamento sereno e mai pregiudiziale al buon andamento dell’Ufficio di presidenza. Auguro loro di assolvere con altrettanto impegno e passione i nuovi compiti. Lo stesso augurio rivolgo ai consiglieri Martoni e Gasperi, neoeletti, che si accingono a svolgere una funzione per loro nuova. Ringrazio chi ha ritenuto di rinnovarmi la sua fiducia e chi oggi me l'ha espressa per la prima volta. Rivolgo inoltre a tutta l'Assemblea l'augurio di un costruttivo lavoro nei prossimi trenta mesi che si prospettano alquanto interessanti.
La prima metà della legislatura se ne è andata. Siamo dunque al giro di boa. Può essere questa un'occasione importante per fare un bilancio di quanto fin qui fatto.
Sappiamo di abitare una regione che per la popolazione sparsa si può considerare vuota. Una piccola regione fatta di piccole città, di piccole imprese, di piccole università e si potrebbe continuare. Tutto nelle Marche deve fare i conti con la piccola dimensione. Con i suoi aspetti positivi e con i suoi limiti.
La stessa bellezza del paesaggio porta sia i segni contenuti dell'attività di piccole imprese che del carattere dei marchigiani che hanno coltivato e mantenuto, nella piccola comunità cittadina, un certo senso del limite e dell'idea di sacralità della natura.
Sappiamo di abitare in una regione che per altri versi è densa, popolata da una quantità di soggetti di cui, istituzioni e società civile si sono dotati per raggiungere i propri scopi. Sono il prodotto della nostra virtù civica.
Siamo una regione unica, né nord né sud, né est né ovest. Anche rispetto alle regioni del Centro siamo un po' speciali. Né bianchi né rossi. Questi caratteri erano ovviamente a noi noti ma il lavoro del prof. Diamanti e del dr. De Rita ce li hanno ulteriormente chiariti. Abbiamo avviato un lavoro di approfondimento che va completato, delle nostre conoscenze sui tratti essenziali della nostra regione, indispensabile in questa fase creativa. Utile sia a chi, come noi, fa politica sia a chi fa ricerca sociale ed opinione in altri scenari. In questo senso credo che il lavoro svolto con il Consiglio delle Marche sia stato utile al dr. De Rita nel redigere quel bel volumetto "Il regno inerme" pubblicato recentemente.
La nostra identità di marchigiani è debole ma è destinata a rafforzarsi perché le sfide odierne ci costringono a fare sistema ed a trasformare la presenza di tanti soggetti (politici, economici, sociali) in una ricchezza e non in un limite. Dobbiamo evitare che essi si intralcino e stabilire come nella nostra regione giungiamo alla decisione vincolante e controlliamo i suoi effetti, limitando i naturali eccessi odierni dei singoli protagonisti che, spinti dalla destrutturazione del vecchio sistema, provano ad occupare inediti spazi ed a fare di tutto.
La discussione sugli Statuti è stata, in tutta Italia, intensa ma parziale.
Si è concentrata prevalentemente sulla conferma dell’elezione diretta. Molto meno si è discusso sulle modalità di superare quella che il presidente Ciampi ha chiamato la zoppia istituzionale venutasi a creare con l'indebolimento delle Assemblee elettive a favore degli Esecutivi. Ancor meno si è discusso sulle modalità di giungere a decisioni vincolanti per i cittadini. Il 2003 è l'ultimo anno utile per farlo dopodiché l'elaborazione, l'approvazione degli statuti regionali e della legge elettorale giungerebbero fuori tempo massimo. Di tempo non ce n'è tantissimo, ma c'è quello che basta.
La riorganizzazione del sistema della rappresentanza e del modo di prendere decisioni sono questioni strategiche. Su questi temi siamo consapevoli che per intraprendere la strada dell'innovazione non si può fare a meno né dell'esperienza concreta dei consiglieri né della conoscenza teorica che abbiamo attivato.
Presidente della Regione, Consiglio, partiti, autonomie territoriali, autonomie funzionali, associazionismo economico e sociale sono tutti soggetti del sistema della rappresentanza. Non tutti godono di un perfetto stato di forma. Ognuno è portatore di una personalità diversa, di una funzione particolare. Va dunque prevista una collocazione dei vari soggetti in punti precisi del processo decisionale, al fine di evitare invasioni di campo. Attenzione dunque a non assegnare, spinti dall'emergenza, ruoli impropri ai vari componenti del sistema della rappresentanza. Attenzione perché l'uomo quando ha messo lo smoking fa fatica a tornare alla tuta.
Se non metteremo più attenzione a questo tema, lo svuotamento del Consiglio si accentuerà come pure l'azione dispersiva, confusa e sovrapposta dei vari soggetti e finiremo per accrescere la crisi della democrazia rappresentativa in corso.
I temi in discussione non sono solo marchigiani. Essi segnano il punto in cui sono giunte le riforme istituzionali degli anni '90. Guardando un po' quel che succede in tutta Italia, il modello fin qui realizzato oscilla tra il decisionismo spinto ed il rischio di paralisi. Dunque il sistema è ancora instabile. Indipendentemente dalle posizioni che consiglieri e gruppi matureranno rispetto all'elezione diretta, serve ormai che tutti riconoscano di essere ancora dentro la necessità di progettare un nuovo modo di prendere decisioni. In questa fase finale del lavoro di scrittura dello Statuto è dunque assolutamente necessario favorire il confronto più ampio con gruppi e Consigli di altre Regioni italiane in particolare di quelle appartenenti allo stesso sistema socio-economico.
Il ruolo che il Consiglio avrà in futuro nel sistema della rappresentanza e nel processo decisionale sarà il frutto delle nostre scelte di oggi, quello che la nostra creatività ed intelligenza di legislatori saprà individuare e determinare. Esso può diventare il luogo in cui far convergere tutti i componenti del sistema oppure lo spazio svuotato dalle pretese di tutti i soggetti della rappresentanza di dotarsi del proprio autonomo parlamentino.
Sta a noi lavorare per fare sistema, per costruire l'alleanza delle autonomie e per non farci logorare da un sindacalismo istituzionale che porta ognuno a rivendicare di più per sé mettendo a rischio la funzionalità dell'intero sistema.
Il Consiglio può assumere un ruolo importante se saprà costruire "condivisione", elaborare un progetto ed una visione accomunanti delle Marche. E' una questione di contenuti e di metodo. E' possibile raggiungere l'obiettivo organizzando i percorsi dell'intelligenza e delle idee, alzando la sfida, chiamando tutte le parti a far sentire il proprio punto di vista, in cambio dell'assunzione concreta di responsabilità.
Per essere all'altezza del nuovo compito e per svolgere bene le nuove funzioni trasferite, noi dobbiamo procedere alla riorganizzazione del Consiglio (la legge è già in Commissione), valorizzare le competenze interne e mobilitare quelle esterne necessarie, favorire la crescita professionale del personale attraverso la formazione continua, operare per avere una nuova sede e delle strutture adeguate a mettere tutti i consiglieri nella condizione di lavorare meglio, aprirci con coraggio al confronto.
C'è poi la necessità che il Consiglio in questa fase finale di redazione dello Statuto intensifichi il rapporto con la società marchigiana.
C'è una forte e crescente necessità di Regione. Il sito del Consiglio in un anno ha registrato 4 milioni di contatti di cui il 34% sulle normative regionali; il 31% sulle attività consiliari; 1'11% di informazione sugli eventi; il 24% sul funzionamento degli organi istituzionali, con l,3 milioni di pagine scaricate. Quest'esperienza senz'altro positiva va dunque ampliata ed estesa con altri strumenti capaci di intensificare il rapporto con i cittadini.
Numerose sono state le iniziative sviluppate fin qui dal Consiglio in tutta la regione. La classe dirigente diffusa nel territorio ha partecipato ad incontri preparatori ad Ascoli, Macerata, Ancona, Pesaro, San Benedetto del Tronto e Fano. Il sistema della rappresentanza economica e sociale più volte è stato chiamato ad esporre la propria idea. Abbadia di Fiastra ed un Consiglio regionale aperto sono state le tappe più importanti. Oggi, conosciamo bene qual è il suo punto di vista ripreso anche nelle pubblicazioni del Consiglio.
Il lavoro di sensibilizzazione fin qui svolto ha dato buoni risultati. C'è nella società marchigiana un'aspettativa interessante, unita ad una forte richiesta di conoscere lo stato dell'arte. I lavori della Commissione Statuto, sono a disposizione di tutti nel sito del Consiglio, ma per soddisfare il desiderio di partecipazione, la Conferenza dei presidenti dei gruppi potrebbe programmare, nel mese di gennaio, quattro Consigli regionali aperti alle conferenze provinciali delle autonomie, in tutte le città capoluogo di provincia per fare il punto sui lavori fin qui svolti dalla Commissione Statuto. Potrebbe rappresentare un importante passaggio prima dello sforzo finale.
Numerosi sono stati pure gli incontri programmati nelle scuole per discutere di questo importante lavoro di costruzione della nuova Regione. Diverse scuole con i loro studenti, i loro insegnanti e dirigenti hanno partecipato a varie conferenze organizzate all'interno degli istituti in tutte le province. Attività successivamente culminate con un Consiglio regionale aperto. Tutte le scuole marchigiane sono state invitate a mettere nei propri programmi formativi, dell'anno scolastico in corso, nuove iniziative. Stanno giungendo le adesioni.
Credo che il Consiglio Regionale debba programmare anche iniziative volte a valorizzare gli elementi comuni della tradizione delle nostre città e le nostre figure eccellenti presenti in tutti i mondi vitali, dall'arte alla scienza, alla tecnica. Come pure è importante favorire il recupero della storia del '900 della nostra regione.
Ci aspetta con le scuole un lavoro interessante. In un momento in cui l'uso del cyberspazio rischia di far perdere ai giovani le radici e la società contemporanea di privarli del tempo, rendendoli senza passato e senza futuro, è importante lavorare per recuperare i percorsi e le risorse delle proprie comunità locali. A maggior ragione oggi che la scuola si regionalizza, mettere in campo, di concerto con l'assessorato regionale ed il mondo scolastico, azioni capaci di produrre un ancoraggio è opera assai stimolante. E' possibile così promuovere l'immagine della Regione ed avvicinare i giovani e le istituzioni.
C'è inoltre da lavorare sulle relazioni lunghe e sulla collocazione delle Marche nel mondo, in modo da sviluppare la sua vocazione e rafforzare la sua identità rispetto agli altri.
Innanzitutto rispetto all'Europa. L'identità europea rappresenta un anello debole che inevitabilmente si rafforzerà in futuro. In tal senso è utile che il Consiglio programmi con altre istituzioni iniziative in grado di trasmettere alla società marchigiana l'importanza della fase Costituente e della partecipazione ad essa.
Come pure è importante far diventare il 10 dicembre, che la legge regionale ha riconosciuto come “Giornata della pace”, un appuntamento in cui ogni anno il Consiglio Regionale in forme da definire, individua un progetto di solidarietà internazionale da sostenere con il concorso di tutta la società marchigiana. Quest'anno siamo in ritardo per la coincidenza con il passaggio di metà legislatura ma in tempo utile per dare avvio al lavoro.
Questa opera di sensibilizzazione dei marchigiani nei confronti del Consiglio va continuata, programmata e resa organica, in modo da abituare le varie componenti della società a porsi in un’ottica non più solo cittadina o per lo più anconetana, ascolana, maceratese e pesarese, ma sempre più marchigiana.



Comunicazioni del Presidente della Giunta regionale in ordine al conferimento degli incarichi ai componenti della Giunta regionale

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, al punto 4: Comunicazioni del Presidente della Giunta regionale in ordine al conferimento degli incarichi ai componenti della Giunta regionale.
Ha la parola il Presidente D’Ambrosio.

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Quello che normalmente dovrebbe essere poco più di un adempimento, cioè il passaggio di metà legislatura, con un momento di riflessione politica, diventa invece, in questo momento, un passaggio importante, un’occasione di riflessione che viene particolarmente sottolineata da alcuni fattori. Il primo è che le votazioni di questa mattina, a distanza di qualche giorno dal riassetto dell’Esecutivo regionale sono un primo elemento del tutto casuale che ci porta alla necessità di un dibattito approfondito. Il secondo elemento di preoccupazione notevole, è che questo dibattito è verso la fine del percorso di approvazione parlamentare della finanziaria per il 2003 e anche questo è un elemento di riflessione, un punto su cui bisogna accuratamente riflettere.
Il contesto di oggi si presenta profondamente mutato rispetto all’inizio di questa legislatura, perché c’erano un Governo nazionale e una maggioranza parlamentare diversi, perché il clima politico era favorevole ad una seria riforma federalista, sia sul piano amministrativo con le cosiddette “leggi Bassanini”, sia su quello costituzionale che aveva portato alla riforma del titolo V della Costituzione e soprattutto l’economia era in una fase espansiva, mentre adesso siamo in una pesante crisi nazionale ed internazionale.
Il dibattito politico nel Consiglio e nell’intera società marchigiana, richiede la capacità di mantenere ferme le coordinate della nostra azione politica, ma inserendole in un contesto rinnovato.
Vorrei essere chiaro prima di procedere oltre. Questa non è una riscrittura del programma, né vuole esserlo. Rimane il programma indicato nella mozione programmatica sulla quale, nell’aprile del 2000 abbiamo chiesto e ottenuto il voto della maggioranza dei marchigiani. Queste riflessioni non possono nemmeno essere una indicazione puntuale e precisa di priorità, perché quest’anno per la prima volta questo compito è affidato al documento di programmazione economica e finanziaria che la Giunta ha licenziato nella sua ultima seduta e che viene trasmesso al Consiglio proprio per la discussione e l’approvazione in parallelo con il bilancio di previsione.
Questa riflessione, queste coordinate servono quindi a mettere a punto alcune questioni di metodo e di merito che ispireranno l’azione politica dell’Esecutivo regionale e della sua maggioranza in questa seconda parte della legislatura. Il documento, inoltre, va letto come se fossimo in una contemporaneità ideale della mozione programmatica di Marche Democratiche e con il Dpefr.
Per quanto riguarda le riflessioni sul metodo, penso di dover e poter affermare che la nostra azione di governo, da qui alla fine della legislatura, sarà impostata su alcuni punti fermi: la stretta collaborazione con il Consiglio regionale per costruire la nuova figura di Regione, derivante dalla riforma del titolo V della Costituzione; l’affermazione di un’azione collegiale di governo; la ricerca continua della cooperazione tra i vari livelli di governo locale per una regione coesa e dialogante; la volontà di perseguire con tenacia e coerenza il metodo della concertazione per ottenere il massimo della convergenza sulle nostre scelte strategiche e programmatiche.
Queste coordinate devono essere particolarmente solide e condivise, perché il momento in cui si collocano è di una notevole criticità dal punto di vista economico, politico e sociale. Proprio per assicurare il raggiungimento di questi scopi, si è deciso di rafforzare la struttura della Giunta con un collegamento più stretto ed organico con il Consiglio.
Il secondo punto nell’ambito della questione metodologica è fondamentalmente incentrato sul rapporto tra le istituzioni che non può non obbedire al principio di sussidiarietà che deve guidare sempre più i rapporti tra la Regione e gli enti locali. Questa affermazione ricorrente, che ormai è patrimonio di chi ha il compito e l’obbligo di governare, diventa tanto più impegnativa nella fase attuale, poiché implica la tenace ricerca di obiettivi condivisi su cui concentrare le scarse risorse disponibili e impone la pratica concreta del federalismo solidale.
Ma non basta più la ripetizione del principio di sussidiarietà, perché ci troviamo di fronte a novità importanti come la riforma del titolo V della Costituzione che costruisce una Repubblica con pari dignità tra istituzioni (Regioni, Province, Comuni e Stato) nell’art. 14, perché distribuisce diversamente la potestà regolamentare nell’art. 117, perché attribuisce le funzioni amministrative in maniera diversa nell’art. 118. Sono tutte novità che vanno tradotte ed inserite nella concreta attività istituzionale, giorno per giorno, atto per atto, provvedimento per provvedimento, ispirandosi al principio della leale collaborazione tra istituzioni che ormai è una costante nella giurisprudenza della Corte costituzionale.
E tutta la materia si complica ulteriormente se si ricorda la irrinunciabilità del criterio posto alla base del cosiddetto “federalismo amministrativo”, del trasferimento di risorse collegato strettamente e proporzionato al trasferimento di funzioni e competenze.
La situazione è delicata, perché percorriamo strade nuove e soltanto scelte condivise possono escludere o attenuare moltissimo il rischio di una conflittualità istituzionale che deluderebbe profondamente l’attesa della pubblica opinione.
Passando ad un esame veloce del merito — non ripercorrerò puntualmente il testo scritto che sta per essere distribuito — mi sembra di dover indicare alcuni elementi dell’azione di questa seconda parte della legislatura, che sono frutto di una contestualizzazione di un certo tipo di riflessione, di un certo tipo di riaffermazione di principi e di valori in un contesto diverso.
Nell’ambito delle scelte nazionali dobbiamo con profondo rammarico sottolineare non solo il fatto che il nostro Paese attraversa una fase di notevole difficoltà economica, in parte generato da fattori internazionali ma in parte generato da fattori interni, ma dobbiamo rilevare che la legge finanziaria all’esame del Senato e che sta per terminare il suo iter, è purtroppo una legge che tenta un’operazione apparentemente incomprensibile perché scontenta tutti, ma in particolare fa pagare alle autonomie locali quello che è il prezzo maggiore, tanto è vero che c’è una reazione fortissima da parte del mondo intero delle autonomie e da parte delle Regioni, nel momento in cui, al di là di qualunque distinzione di schieramenti, le conseguenze sono pesantissime per tutti i governi locali. Il tentativo mi sembra quello di sfuggire alla stretta della crisi incidendo sulla coesione sociale es caricando soprattutto sugli enti locali il peso dei tagli operati dalla finanziaria e mettendo questi enti in una situazione di contraddittorietà devastante, perché sono stretti fra l’impossibilità e la non volontà di aumentare la pressione fiscale da un lato e dalla necessità comunque di farsi carico del costo dei servizi dall’altro.
La verità è che il sistema delle autonomie locali è sottoposto agli effetti più pesanti della legge finanziaria, stretto tra l’impossibilità di mantenere il livello dei servizi ai cittadini poiché non dispone delle necessarie risorse e quindi l’alternativa è quella di una riduzione di servizi o aumenti di tariffe. Non sono scelte che si escludono a vicenda, possono essere obbligate entrambe.
Ripeto, le critiche a queste scelte governative assurde, sono generalizzate senza alcuna distinzione di schieramento politico. In questi giorni dovrebbe esserci a Roma una manifestazione di protesta forte, perché si cerca di convincere il Senato ad apportare quelle modifiche di fondo che il Governo ha promesso ma purtroppo ha ignorato.
Per concretizzare la nostra riflessione basta pensare che secondo fonti nazionali, gli effetti negativi della finanziaria sul bilancio della Regione Marche sono stimati in una diminuzione di risorse per circa 85-100 milioni di euro, cioè 160-200 miliardi di lire se questa finanziaria non verrà profondamente modificata dal Senato, il che comporta una difficoltà enorme nel chiudere il bilancio.
Il nostro obiettivo, in questa situazione nella quale è chiaro l’attacco sempre più forte, comunque l’impatto sempre più negativo su modelli di welfare, su modelli di Stato sociale che come l nostro sono universalistici, che non sono collegati a classi di reddito, è quello di difendere questo nostro modello rendendolo più efficiente, più coeso, più efficace mediante criteri di selezione e forme di corresponsabilità più intensa nell’impiego delle risorse. Questo compito sarà meno difficile se le scelte saranno condivise, soprattutto con il recupero del metodo della concertazione ampia e se, come credo sia da auspicare da parte di tutti, i partiti assumeranno un nuovo e forte ruolo di riscoperta di valori e ricomposizione di interessi per riprendere a fare politica con la “P” maiuscola.
Per scendere nel concreto della nostra situazione, una riflessione sullo Stato sociale, sulla traduzione marchigiana dello Stato sociale ci impone di mantenere nelle Marche quel clima, quella società, quella costruzione, quel reticolo, quel tessuto nel quale si vive bene, nel quale si vive a lungo, nel quale, in sostanza, i marchigiani hanno fino ad ora costruito un percorso, un progetto, un programma di grande armonia sociale che è un elemento fondamentale. Non possiamo non tener conto di due dati: il primo è l’invecchiamento della situazione, cioè l’aumento della fascia di popolazione anziana (gli ultra sessantacinquenni cominciano a diventare percentualmente in numero superiore rispetto agli infra quindicenni); il secondo è l’aumento della fascia giovanile della popolazione che ha bisogno di ritrovare, di ripercorrere una condivisione di valori e anche di traduzione concreta di questi valori nelle condotte, non soltanto in una loro declamazione astratta.
Si tratta, in sostanza, di impostare un insieme di interventi in tutti i settori interessati, per arrivare ad una politica, soprattutto per i giovani ma non solo per i giovani, che non sia parcellizzata, né mirata esclusivamente a risultati utilitaristici, ma punti ad ottenere “cittadini” coinvolti e corresponsabili in una solida rete di rapporti relazionali, in tutte le occasioni e gli ambienti formativi (scuola, famiglia, lavoro, tempo libero).
Il nostro avanzato sistema di protezione sociale deve conservare i suoi lineamenti fondamentali: il Governo regionale è impegnato a mantenere queste priorità, anche in una fase di scarsità di risorse. Questo ci imporrà sempre più una complementarietà marcata tra il sociale e il sanitario e ci imporrà di stimolare, di accompagnare le espressioni solidaristiche della società civile nell’ottica della sussidiarietà.
E allora dovremo scegliere come mantenere la scelta prioritaria di un alleggerimento delle situazioni di più forte svantaggio sociale che è la scelta del nostro modello. Non più quindi tutto tutti, ammesso che vi sia stato un qualche tempo in ciò accadeva, ma una attenzione particolaristica, prioritaria per chi parte da una situazione svantaggiata, ricordandoci (lo diceva già don Milani anni fa) che fare parti uguali fra diseguali è la stessa cosa che fare parti disuguali tra eguali.
Questo sarà il nostro nuovo atto di cittadinanza, basato sull’equità e sulla solidarietà. Quindi, accanto a questo va ridisegnato va ri-contestualizzato quello che ormai va chiamato diritto alla salute. Non più un discorso soltanto sanitario, non più un discorso che recuperi una attenzione, una prospettiva medicalistica e medicalizzata ma una prospettiva che veda il salute alla salute come un diritto da promuovere e da tutelare e non come un bene da negoziare. Questo presuppone scelte di fondo come l’universalismo, l’equità, la solidarietà, la globalità delle prestazioni, la centralità del cittadino e della medicina sul territorio, quindi un’attenzione e una riconsiderazione del ruolo degli ospedali, un’attenzione nel governo e nella promozione della salute nonché nella prevenzione e nella sicurezza su luoghi di lavoro, l’integrazione interdisciplinare, lo sforzo costante di riportare al canone dell’appropriatezza la risposta alle richieste dei cittadini e l’uso razionale — che non significa razionamento — delle risorse.
Questi sono i nostri obiettivi che verranno ulteriormente concretizzati nella riforma del piano sanitario che fra pochissimo la Giunta regionale trasmetterà al Consiglio che rimane il decisore ultimo, ma dobbiamo responsabilmente sottolineare che il raggiungimento dei nostri obiettivi è reso difficilissimo da quella che è una stretta finanziaria del Governo, di tale ampiezza e di tale rigore stridente da mettere in dubbio anche il mantenimento, da parte del Governo, degli obblighi a suo carico derivanti dall’accordo dell’8 agosto 2001, che prevedeva un nuovo patto fra Governo e Regioni per tutto quello che riguarda l’impiego delle risorse per la sanità.
Un dato soltanto, per non appesantire la relazione. Siamo al 4 dicembre 2002 e il Governo non ha ancora approvato i criteri di riparto del fondo sanitario nazionale per l’anno 2002. Non abbiamo ancora la possibilità di conoscere quanto ci verrà dato nel riparto del fondo sanitario nazionale.
L’altro punto su cui credo dovremmo concentrare la nostra attenzione è il dato territoriale, quello che viene indicato tradizionalmente con il territorio. Il territorio è il contenitore dell’impiego, dell’esplicazione delle nostre azioni ed è un bene non riproducibile, un bene di quelli che una volta consumati, al di là di certi limiti non si riproducono più. Quindi dobbiamo farci carico del fatto che le politiche ambientali sono e debbono essere il pre-requisito per uno sviluppo durevole, abbiamo l’obbligo di mantenere il territorio in generale, complessivamente, in condizioni non peggiori ma possibilmente migliori di come l’abbiamo ricevuto e di darlo ai nostri successori, ai nostri figli, ai nostri nipoti, in condizioni non peggiori ma possibilmente migliori di come l’abbiamo ricevuto.
Ma una scelta di questo tipo può anche comportare che le politiche di compatibilità ambientale possano dare luogo a nuove strategie di sviluppo e a nuovo sviluppo di vari settori economici.
Queste sono le linee alla base della Carta di Fonte Avellana, alla base del principio del riequilibrio territoriale, alla base della nostra attenzione verso le zone interne della montagna, alla base della nostra attenzione, die nostri impegni, delle nostre priorità per affrontare quei punti critici che sono puntuali sul territorio: l’area ad alto rischio della Bassa Valle dell’Esino, dove accanto ai principi e alla luce dei principi puntuali della mozione programmatica dovremo risolvere altri problemi che abbiamo davanti e che all’epoca non c’erano, che sono un esame della richiesta di rinnovo della concessione che il Consiglio di Stato ha definito essere competenza della Regione per la prima volta e ulteriori elementi quali la compatibilità di attività che sono in quella parte della nostra regione e che vanno equilibrate fra di loro per consentire che non ci sia nessuna parte della regione soffocata o bloccata nel suo sviluppo equilibrato.
Dovremo aumentare la percentuale di territorio tutelato, ma valutando e bilanciando con attenzione gli interessi. Nessuno vuole un territorio, un ambiente museizzato, tutti vogliamo un ambiente tutelato dove si possa contemporaneamente sviluppare, equilibrare e valutare la compatibilità delle attività che impegnano territorio e ambiente, compresa, ovviamente, l’attività venatoria ma comprese tutte le attività che incidono su questo che è il nostro contenitore complessivo, generale. Dovremo valutare come gli strumenti di pianificazione territoriale dovranno essere messi in fila e dovranno essere messi in accordo fra di loro per ottenere un risultato migliore, per ottenere quel risultato che ci consenta anche di mantenere quel profilo naturale, naturalistico e paesaggistico che è uno dei punti forti dell’immagine della nostra Regione, uno dei patrimoni che ci costringe anche a farci carico della risposta a fenomeni difficilissimi da constatare come l’erosione delle coste che sono in parte frutto di un governo del territorio non attento, non oculato, in parte frutto di una scarsità di risorse e in parte frutto della necessità di una nuova politica e di una nuova strategia del governo del corso dei fiumi. Dobbiamo capire come, alla fine di tutto, l’azione dell’uomo può servire e può essere governata e indirizzata per recuperare le coste e non per farle erodere. Ovviamente questo presuppone un co-finanziamento massiccio — altrimenti le risorse regionali non saranno mai sufficienti — da parte di tutti quelli, a cominciare dal Governo centrale, che hanno necessità di ottenere risultati positivi nel difendere le nostre coste, nel non farle mangiare dal mare.
La scelta ambientalista nel governo e nella manutenzione del territorio diventa quindi strategica ed indispensabile, ancora di più oggi davanti al ripetersi di disastri ecologici come quelli che stanno devastando le coste spagnole e probabilmente anche le coste portoghesi. Ma potremmo, ritardando ancora e rinviando questo dibattito, aggiungere, probabilmente, ulteriori dati negativi.
Accanto — perché è un problema strettamente connesso, una questione collegata — alla tutela della manutenzione, della valorizzazione ambientale c’è il problema della scarsa dotazione infrastrutturale di questa regione, che è un punto storico di debolezza. La Giunta regionale si è impegnata a definire con il Governo la programmazione degli interventi relativi alla rete infrastrutturale principale e noi siamo sicuri che il Governo rispetterà questo impegno. Noi richiameremo il Governo alla necessità di rispettare questo impegno, perché questo impegno è alla base di un rapporto reciproco di riconoscimento di priorità programmatorie, che sono quelle che la Regione indica e che il Governo fa proprie. Un patto diverso, una situazione diversa — qualche segnale c’è e ci preoccupa non poco — porterebbe, ovviamente, alla vanificazione totale, prima ancora che giuridica sostanziale, dello strumento che abbiamo scelto dell’intesa istituzionale di programma, nella quale noi crediamo proprio perché pensiamo che il nostro interlocutore abbia la stessa nostra capacità e lealtà nell’approccio al problema generale.
Quindi completamento e ammodernamento delle trasversali est-ovest, sviluppo dell’intermodalità, realizzazione del corridoio plurimodale Adriatico e il discorso che ci impegna, che impegna tutti, di trovare la possibilità di una conversione ecologica dei sistemi di trasporto. Non si può più pensare soltanto ai tradizionali sistemi di mobilità, bisogna sempre più impegnarsi per trasferire la massima quantità di traffico possibile dal trasporto su gomma al trasporto su rotaia.
In questo quadro un’attenzione particolare va posta alle nuove opportunità di sviluppo di una regione che ha una capacità intrinseca di essere fortemente presente nella competizione nazionale e in quella internazionale, una regione che ha avuto la capacità di diventare il detto “piccolo è bello” reale soltanto perché ha trovato il modo di collegare a rete tutto il sistema con la figura del distretto. Questo tipo di realtà adesso ha bisogno di essere attentamente analizzato e accompagnato nell’esercizio, nella scelta, nella utilizzazione delle opportunità che ci sono ancora, perché esistono ampi spazi per crescere creando occupazione in settori innovativi — terziario avanzato per esempio — ma anche in attività orientate verso la qualità e la sostenibilità ambientale. Questi sono nuovi settori.
Questi nuovi settori ci consentono anche di mettere a frutto quella grande potenzialità che è la notevole disponibilità di giovani di formazione scolastica medio-alta. Noi abbiamo uno strumento, un’occasione, un’opportunità che la presenza di ben quattro atenei universitari nella nostra regione — dovrei dire quattro case madri, perché ormai sono diffuse sul territorio in maniera tale che possiamo dire di avere quasi una facoltà o un diploma di laurea in tutti i grandi centri delle Marche — ci consente e noi dobbiamo utilizzare queste possibilità.
E’ chiaro che in questo tipo di sviluppo economico dobbiamo capire come intervenire per quelli che sono i settori critici dello sviluppo della nostra complessiva capacità di essere fortemente presenti in quello che è il tipo di sviluppo che abbiamo a livello nazionale e internazionale.
I fattori critici sono quelli dell’internazionalizzazione, dell’innovazione, della formazione, dell’infrastruttura e della finanza. Dobbiamo capire come accompagnare, come essere presenti, come fare da sponda alle necessarie azioni che dovrebbero superare queste negatività e queste criticità. Ci vorrà, ovviamente, una strategia nuova di co-finanziamento e di intervento congiunto coordinato fra tutti gli attori dello sviluppo, tra la Regione e gli altri governi sul territorio, tra la Regione e quello che sarà ed è sempre più destinato a diventare un nuovo attore dello sviluppo in tutti i sensi, che è il nuovo ruolo delle fondazioni bancarie il cui rapporto con la Regione è stabilito ormai in maniera totalmente nuova dal titolo V della Costituzione che ci dà garanzie di essere presenti e di poter giocare una nostra partita in prima persona anche in questo campo fondamentale.
E’ chiaro che in questa ottica va rafforzato l’impegno per la promozione dell’immagine della Regione, che ha consentito alle Marche di diventare conosciute in Italia e fuori d’Italia e ovviamente presuppone la collaborazione stretta tra cultura, turismo e indicazione del paesaggio. Quindi la Regione per creare nuove opportunità di sviluppo deve svolgere un ruolo sempre più incisivo nell’ambito del supporto ai processi di internazionalizzazione, nel mondo del credito per le nuove responsabilità che ci sono state assegnate, nella formazione professionale, nell’innovazione tecnologica, rafforzando i rapporti con i centri di ricerca, con le università, con i centri servizi per quello che ancora debbono rendere a noi e che non possono mettere sul mercato. Infine nello sviluppo della ricerca, cui noi dobbiamo dare un’attenzione e dobbiamo destinare delle risorse che servano da volano, perché lo sviluppo della ricerca finalizzata soprattutto alle nostre esigenze è fondamentale in una società, per non perdere competitività, per essere presente non soltanto sul mercato ma anche su una strategia di confronto internazionale a tutto campo.
Quanto serve a questo nostro progetto un federalismo serio? Molto. Quanto serve a questo nostro progetto la devolution bossiana? Niente.
Purtroppo sta passando nella strategia di comunicazione, soprattutto governativa, l’idea nell’opinione pubblica che il federalismo è una complicazione inutile, ma non è così nel momento in cui un federalismo solidale porta i centri decisionali vicini ai cittadini, porta i controllati più vicini ai controllori, rende più facile l’operazione di controllo e il ritorno di questa operazione di controllo. Per questo non serve a nulla la devolution bossiana, perché non è con la diversificazione dei modelli sanitari che possono andare, non si sa in quale direzione, non è con il localismo dei percorsi di istruzione, che vedo ahimé presentati con un provincialismo spaventoso, quasi che le Marche dovessero studiare solo Leopardi e non Manzoni, quasi che la campagna dovesse studiare soltanto... Non lo so, Eduardo, forse e non Porta. Quasi che in Basilicata, per fortuna loro hanno Rocco Scotellaro e si fermano lì. Non è questa, sicuramente, la strada che serve al “sistema Italia”, così come non è quella che passa per l’istituzione di corpi di polizia locali dei quali non si sa bene la composizione, non si sanno bene i compiti, non si sa bene, soprattutto, la missione in un campo così delicato come questo. E’ devastante prevedere strumenti così potenzialmente pericolosi senza prevederne una assolutamente ben definita struttura, strumentazione, programmazione.
Questa devoluzione non ci piace, è un federalismo conflittuale, un federalismo competitivo che corre il rischio paventato implicitamente, ma chiaramente, dalle parole dell’altro ieri del capo dello Stato, di distruggere, di minare il patto di cittadinanza e di accelerare ancora di più la divisione fra una parte d’Italia che è forte e va avanti e un’altra parte d’Italia che è tra quelle meno privilegiate. E questo inciderà negativamente anche su una visione soltanto economicistica, perché è il “sistema Italia” che avrà dei contraccolpi negativi.
In questo ambito aspettiamo, lavoriamo per una coerente, rapida attuazione della nuova Costituzione, per un federalismo solidale e cooperativo, che è quello che noi vogliamo e in questo ambito, ovviamente, si sta instradando l’impegno di una sollecita riforma dello Statuto regionale e di una previsione di nuova legge elettorale che ci consenta di andare al rinnovo del Consiglio regionale con nuove regole.
Alla fine una battuta soltanto sulle regole finanziarie, fermo restando che qui parliamo tutto di provvisorio, perché non sappiamo quali sorprese ci riserverà la finanziaria e le sorprese sono tutte negative: il controllo e la diminuzione delle spese di funzionamento della macchina regionale nella sua complessità, con il miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione conseguente alla riforma; la conferma del principio che i fondi extrabilancio sono sostitutivi delle nostre risorse e non aggiuntivi (salvo la parte destinata al co-finanziamento); la ricerca di nuove fonti di finanziamento — questa è la frontiera nuova davanti a noi — specialmente a livello europeo, oltre ai tradizionali fondi strutturali ma anche a livello di finanza innovativa (finanza di progetto, soprattutto, ma anche gestione attiva degli aspetti finanziari del nostro bilancio); la predisposizione di un tavolo di concertazione generale per individuare percorsi e progetti condivisi il più possibile, con relative scelte di priorità.
Colleghi io ho terminato. Mi rendo conto che questa riflessione è stata non accompagnata ma sovrastata da altri elementi di riflessione. Spero che il testo scritto possa offrire occasione, a chi vuole, di ripercorrere queste mie parole.
Vorrei soltanto ribadire che le scelte programmatiche restano quelle della mozione elettorale. Le priorità specifiche sono quelle indicate nel documento di programmazione. Queste sono le “istruzioni per l’uso” di questo documento, ma con queste “istruzioni per l’uso” voglio aggiungere una riflessione finale. Questo dibattito non può restare limitato ed esaurirsi nel Consiglio regionale, è un dibattito più ampio che va portato in una società come quella marchigiana che è ricca di luoghi in cui si esprime la rappresentanza. E’ un sistema, è un reticolo, quindi questa riflessione va offerta a tutti i soggetti del mondo economico, sociale e istituzionale disposti a condividere l’impegno per la tenuta e lo sviluppo del “sistema Marche” in questa fase negli anni a venire, ovviamente tenendo conto della necessaria distinzione di ruoli, competenze e responsabilità.
A noi spetta, ovviamente, la responsabilità specifica della politica, che è quella della decisione finale che porti alla composizione più efficace ed armonica degli interessi in gioco.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola ai consiglieri che hanno già chiesto di intervenire. Sono le 13,05, quindi direi di ragionare su come procedere, perché nella convocazione non era prevista la seduta pomeridiana, ma con il voto dell’aula possiamo procedere anche in tal senso.
Ha la parola il consigliere Amati.

SILVANA AMATI. Ho chiesto la parola per rivolgere gli auguri ai colleghi eletti ma soprattutto per fare una riflessione rispetto all’ordine dei lavori, perché, sulla base di quanto definito insieme, avevamo convocato per oggi alle 15 la Commissione per lo Statuto. E’ evidente che la convocazione fatta del Consiglio era solo per la mattina, comunque l’aula è sovrana. Se si ritenesse che debba proseguire nel pomeriggio questa discussione già rinviata nella precedente seduta, sapendo anche che ci sono alcune difficoltà da parte del Presidente D’Ambrosio per la seduta di mercoledì prossimo, chiedo di utilizzare mercoledì prossimo per fare non il Consiglio ma la seduta della Commissione per lo Statuto.

PRESIDENTE. Ha la parola il Presidente D’Ambrosio.

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Tutti i presidenti di Regione sono stati invitati a Roma dal ministro Frattini mercoledì prossimo per la preparazione non tanto del semestre di presidenza italiana dell’Ue ma del ruolo delle Regioni in questa cosa. Quindi mercoledì prossimo anch’io avrei grandi difficoltà ad essere presente.

PRESIDENTE. Se siete d’accordo, pongo in votazione la prosecuzione in seduta pomeridiana e il rinvio del Consiglio dall’11 al 18 dicembre.

Il Consiglio approva

Passiamo alla discussione sulle comunicazioni del Presidente D’Ambrosio. Ha chiesto di parlare il consigliere Viventi. Ne ha facoltà.

LUIGI VIVENTI. Auguri a tutti i nuovi eletti nell’Ufficio di presidenza.
Credo, Presidente D’Ambrosio, che le sue dichiarazioni questa mattina siano state molto di circostanza, nel senso che, obiettivamente, lei come Presidente di questa Giunta ha fatto un breve esame della situazione e illustrato quello che ritiene essere lo stato dei fatti. Come gruppo Udc non possiamo non constatare che questa Amministrazione regionale è in grave ritardo sui programmi che essa stessa si è dati. L’attuazione del programma di governo illustrato nel maggio-giugno 2000 è in grande ritardo e ci sono anche delle situazioni, come per esempio la riforma del sistema sanitario, che vi state trascinando colpevolmente da oltre un anno senza prendere alcuna decisione, fuori dalla sede istituzionale che è il Consiglio regionale il quale non è mai stato interessato direttamente di questo argomento. Ed è il primo argomento d’interesse, perché voi sapete meglio di me che assorbendo il 75% delle risorse regionali la sanità occupa uno spazio strategico fondamentale che se non viene gestito e affrontato — ormai questo lo diciamo da tempo — con la necessaria vigoria e immediatezza, rischia di procurare danni enormi anche a tutto il resto del bilancio regionale.
Noi parliamo di devolution, di federalismo e quindi di Parlamenti regionali che hanno un’autonomia decisionale su materie importanti. Questo però ci deve far riflettere. Adesso non siamo d’accordo sul come e sul dove. Dicevo prima a Marco Luchetti che non sono stato e non sono d’accordo sulla riforma approvata in scadenza di legislatura dal centro-sinistra del titolo V della Costituzione e di altre questioni che hanno provocato e stanno provocando danni e confusioni. Se non c’è un richiamo ben preciso alle materie sulle quali una Regione può legiferare e su quelle su cui non può legiferare, credo che andremo incontro a dei rischi seri, raddoppiando le spese, creando ancora più confusione fra i cittadini.
Al di là di questa constatazione mi preme dire che il ritardo a cui accennavo prima è pesante. Nell’ultima discussione con la quale abbiamo gestito e affrontato il problema del consuntivo del 2001 e l’assestamento del 2002, sono emersi dei dati che, se fossi in questo momento...
Il bilancio 2002 era stato presentato senza ipotesi di disavanzo nella parte ordinaria e con un’ipotesi di sottostima per quanto riguarda la gestione sanitaria. Il consuntivo con un disavanzo di oltre 123 milioni di euro nella parte ordinaria e con un disavanzo sanitario imprecisato, tenuto probabilmente fuori bilancio. Questi sono dati che a voi che siete della maggioranza, a voi che siete amministratori di questa Regione dovrebbero preoccupare. Noi ne siamo coscienti e preoccupati, vi abbiamo anche detto che siamo anche disponibili a fornire suggerimenti e consigli al riguardo, ma se queste materie non le portate in discussione in aula diventa obiettivamente difficile interloquire con questa maggioranza e con questa Giunta solo sulle pagine dei giornali o non so in quale altra occasione.
Constato con molta preoccupazione anche un problema di credibilità gestionale. Le stime sono saltate e quando saltano le stime saltano anche le coperture finanziarie. Il tempo che continua a passare nell’assenza delle azioni di contenimento può far pensare anche alla necessità di nuove manovre. Ci auguriamo di no, ma siamo tranquilli che nel 2003, al di là di quello che sarà la finanziaria del Governo centrale — mi pare che tutto si cerchi di scaricare su questo — non vi saranno gli stessi problemi che la Regione Marche ha avuto nel 2000, nel 2001, nel 2002 al di là della legge finanziaria? Quando diciamo che il settore della sanità perde attorno ai 250-300 miliardi l’anno, diciamo una cosa che con la finanziaria attuale non c’entra nulla. Quando diciamo che la parte ordinaria del bilancio si è chiusa con un disavanzo di quasi 140 miliardi non c’entra assolutamente nulla con la legge finanziaria che il Governo Berlusconi sta predisponendo, per cui credo che ci debba essere, da parte vostra in primis, come amministratori, una coscienza di questi fatti. Noi, come opposizione non possiamo gioire di queste difficoltà. Politicamente potremmo dire che siamo contenti perché la gente si lamenterà e la prossima volta guarderà alla Casa delle libertà per il governo della Regione, ma come cittadini non possiamo gioire che le cose vadano male, come gruppo dell’Udc. Vi abbiamo anche dato ufficialmente disponibilità a un’opposizione che vuol essere costruttiva, seria. Io sono intervenuto un giorno sulla sanità e ho anche detto “volete parlare di Asl unica? Vediamo i contenuti, non ci stracciamo le vesti”. Questa regione ha 1.450.000 abitanti, potrebbe anche essere amministrata in un certo modo, ma bisogna vedere i contenuti. Questi contenuti però non li vediamo, quindi dobbiamo dire di no a che cosa? A una cosa che non conosciamo? Ancora non ci avete consentito di sapere in che cosa consiste questa riforma sanitaria che volete approvare. E continuiamo a perdere quasi un miliardo di vecchie lire al giorno.
Questo non è accettabile. Non sto facendo strategie politiche alternative al centro-sinistra, vi sto dicendo solo che parlando di amministrazione di un ente, questo è un modo di amministrare che non va bene. Se fosse stato un governo di centro-destra avrei detto le stesse identiche cose. Ho citato in quest’aula, a volte, Regioni di centro-sinistra come l’Emilia Romagna, l’Umbria o la Toscana dove, gestendo diversamente le cose, non è stato necessario, per esempio, approvare una manovra finanziaria così pesante come abbiamo dovuto approvare noi lo scorso anno e che entrerà in vigore il primo gennaio 2003, per cui ancora non si è pagato. Voi sapete benissimo che anche quel bilancio di previsione pluriennale è stato costruito su un’ipotesi che se adesso la finanziaria sana bene, altrimenti l’ipotesi del triennale non c’era, perché era scritto chiaramente che solo per il 2002 era consentito alle Regioni di eccedere per quanto riguardava l’addizionale Irpef dell’1,5%. E voi siete qui arrivati a un’addizionale graduata fino al 4%.
Ci sono problemi rilevanti e, ripeto, non sto facendo filosofia politica, sto parlando di cose concrete, sulle quali credo che dovrebbe anche essere naturale il confronto. Vi dico anche altre cose.
Questo volume enorme di risorse che leggiamo quando parliamo dei bilanci pluriennali, poi non si materializza, rimane inutilizzato per certi aspetti. Noi abbiamo problematiche, per esempio la viabilità, che tali erano nel 1995 e tali sono oggi. Di questo non possiamo non farci carico.
Concludo con una considerazione, lasciando spazio ad altri colleghi per altre valutazioni di merito. Ritengo che questa nuova Giunta di metà legislatura che nasce oggi, debba innanzitutto farsi carico di questi problemi di bilancio, di questi problemi gestionali, al di là dei voli pindarici, dei discorsi sui massimi sistemi che non servono. Dobbiamo amministrare una Regione cercando di fare le cose possibili. Alcuni mi hanno guardato storto quando ho detto che se si perdono 270-280 miliardi sulla sanità, raffrontati ai 4.400 miliardi circa di spesa generale per la sanità, si tratta di una percentuale pari al 6-7% che non è una cosa eccezionale. Qualcuno della mia parte politica mi ha detto “perché affermi questo?”. Perché è la verità, un dato numerico. E’ una perdita pesante, ma rispetto alla mole dei soldi girati con provvedimenti saggi, opportuni, oculati di spesa, questo 6% potrebbe essere tranquillamente recuperato senza fare atti straordinari, senza Asl uniche o tante diavolerie che qualcuno si sta inventando. C’è un modo per far rientrare dei soldi? Io sarei capace di suggerirvene qualcuno, qualcuno ve l’ho anche detto, ma non si devono fare stravolgimenti eccezionali, perché tutto sommato credo che si possa rientrare da questa spesa con una oculatezza nella gestione, tagliando alcune situazioni che non si reggono in piedi, ma facendo il lavoro del buon padre di famiglia, non serve una gestione particolare, specializzata per questo. Credo quindi che ci siano le possibilità per un recupero in questa seconda fase della legislatura, però non potete nascondervi dietro il dito della finanziaria Berlusconi che deve venire o di altre questioni di cui stiamo parlando qui che non hanno senso. Dobbiamo solo dire che qui c’è una responsabilità della maggioranza di centro-sinistra in questi ritardi e in questa gestione non buona. Voi che siete maggioranza e che avete anche delle buone personalità, avete secondo me la possibilità, anche con un confronto serio con l’opposizione, di raddrizzare il tiro.
Il mio è un ragionamento molto pacato, molto saggio che non vuole strumentalizzare politicamente una situazione, perché se io fossi dall’altra parte come amministratore, mi renderei conto dello stato di difficoltà generale che il Paese sta affrontando in questa fase, perché c’è una crisi internazionale pesantissima, una crisi italiana, una crisi mondiale di cui non possiamo non tener conto, però non possiamo nasconderci dietro un dito, dobbiamo avere il coraggio di affrontare e risolvere questi problemi.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Andrea Ricci.

ANDREA RICCI. Anch’io mi associo innanzitutto agli auguri e alle congratulazioni per i colleghi che sono stati appena chiamati a ricoprire le funzioni nell’Ufficio di presidenza, così come ai colleghi che sono stati chiamati a ricoprire gli incarichi di Giunta.
Siamo ormai arrivati a metà legislatura, abbiamo affrontato in queste settimane, come maggioranza, un passaggio complicato e delicato, perché in questa occasione il passaggio di metà legislatura non ha comprato soltanto la rielezione, da statuto, dell’Ufficio di presidenza e, nei prossimi giorni, delle Commissioni, ma ha comportato anche un passaggio politico che si è concretizzato nella modificazione degli assetti della Giunta regionale, un passaggio quindi di per sé complicato e delicato che credo abbia consentito alla coalizione che governa questa Regione di consolidare le proprie relazioni politiche e di assestare i contenuti e le forme della propria azione per riuscire ad adempiere al meglio ai compiti programmatici che ci aspettano in questa seconda parte della legislatura.
Ritengo quindi che da questi passaggi la maggioranza nel suo complesso sia uscita politicamente rafforzata.
Ci troviamo di fronte a due anni e mezzo prima delle prossime elezioni regionali e dello scioglimento di questo Consiglio regionale, nel corso dei quali dovremo far fronte all’attuazione di parti rilevanti della mozione programmatica sulla base delle quali è stato eletto questo governo regionale, che ancora non si sono realizzate. Gli ostacoli maggiori alla realizzazione di questi impegni programmatici non sono all’interno di questo Consiglio regionale e all’interno delle forze politiche che governano la Regione, ma sono di origine esterna e in particolare quelli della politica nazionale adottata dal Governo Berlusconi e del rapporto che questo Governo nazionale ha inteso impostare con il sistema delle autonomie locali e delle Regioni.
Non è vero, come dice il consigliere Viventi, che ci si può nascondere dietro un dito parlando di questa finanziaria; in realtà questa finanziaria rappresenta un vero e proprio macigno, anzi di più, una montagna per la possibilità da parte della Regione Marche, di adottare compiutamente i provvedimenti necessari a mantenere gli impegni programmatici assunti.
Con questa finanziaria infatti, il Governo Berlusconi scarica sul sistema delle autonomie locali e delle Regioni il peso di un orientamento politico che mira a smantellare lo Stato sociale nel nostro Paese, a ridurre l’intervento pubblico nella società e nell’economia e, per questa via, a risanare le finanze pubbliche.
Gli impatti e gli effetti di questo tipo di politica sono e saranno ancor più, dopo questa finanziaria, pesantissimi in primo luogo per i cittadini marchigiani e italiani e indirettamente anche per le Regioni e il sistema delle autonomie locali.
Accanto a questo progetto di politica economica neoliberista che si scarica sulla nostra come sulle altre Regioni, sta avanzando in sede governativa un progetto altrettanto pericoloso e distruttivo dell’unità nazionale, come quello della devolution bossiana, un progetto che frammenterebbe la Repubblica in 20 staterelli diversi, distruggendo il legame civico e sociale che dovrebbe unire tutte le realtà territoriali del nostro Paese. Opporsi a questi progetti — da un lato quello del neoliberismo nel campo economico e sociale propugnato da questo Governo, dall’altro quello del federalismo distruttivo che questo Governo vuole imporre al nostro Paese — è uno dei compiti politici fondamentali che a nostro avviso dovranno caratterizzare l’azione di questa maggioranza e di questa Giunta regionale.
Il Presidente, nella sua relazione che noi condividiamo, elencava gli indirizzi politici e programmatici che dovranno guidare l’azione di governo di questa seconda parte della legislatura. Naturalmente nel merito delle singole questioni ci sarà modo, in sede di discussione del documento di programmazione economico-finanziaria, di esprimere più precisamente le opinioni di ciascun gruppo. In ogni caso le priorità politico-programmatiche sono indiscutibilmente quelle presenti nella relazione fatta dal Presidente D’Ambrosio, così come quelli dovranno essere gli indirizzi, il sistema di valori che dovranno impegnare le scelte di governo.
Nelle prossime settimane saremo chiamati ad affrontare, dopo mesi di discussione che hanno coinvolto l’intera società marchigiana, uno dei cardini del sistema sociale marchigiano, quello della sanità. Penso che nell’affrontare questo problema, i principi di solidarietà, di equità, di eguaglianza sociale e territoriale dovranno essere prioritari anche rispetto alle necessità di carattere economico e finanziario, perché sulle questioni della sanità, così come su quelle relative al sistema più complessivo di protezione sociale dei cittadini, questa maggioranza deve caratterizzarsi mantenendo fermo l’impegno già svolto in questi anni di governo, teso a garantire un sistema di protezione sociale universalistico, equo e pubblico.
Così come prioritaria risulta la politica di azione per lo sviluppo economico della nostra regione. Ci troviamo in una situazione di difficoltà economica complessiva di carattere internazionale e nazionale, anche le Marche stanno soffrendo di questa situazione. In modo particolare alcuni settori dell’apparato industriale marchigiano cominciano a incontrare serie difficoltà, sia settori di tipo distrettuale, quindi fondati sulla piccola e media impresa, sia settori di grande impresa. Il problema dell’occupazione, della buona occupazione, quindi della garanzia di posti di lavoro stabili e non precari, dovrà essere a nostro avviso l’impegno e l’orientamento che la maggioranza dovrà assumere.
In sede di bilancio discuteremo più approfonditamente delle risorse a disposizione per far fronte a queste due grandi e complesse priorità politico-programmatiche, quelle relative alla protezione sociale e quelle relative alla garanzia di una piena occupazione nella nostra regione, tuttavia credo che anche di fronte alle difficoltà economiche che questo Governo impone alla Regione Marche, sia necessario mantenere una politica finanziaria e di impostazione di bilancio fondata sul perseguimento di criteri di equità e di promozione della eguaglianza economica e sociale. In questo senso la manovra finanziaria, pur nell’ambito di un aumento di pressione tributaria regionale che noi abbiamo fatto lo scorso anno, rappresenta una indicazione e un esempio che evidenzia, dal punto di vista politico e della priorità degli interessi sociali da difendere, una sostanziale differenza tra il governo di questa Regione e il governo di altre Regioni a carattere conservatore di centro-destra. E’ una differenza che va salvaguardata, pur essendo consapevole che sarebbe molto meglio manifestare questa differenzia sociale, prima ancora che politica, in una situazione di vacche grasse piuttosto che di vacche magre.
L’ultimo punto che noi avremo di fronte nella prossima legislatura sarà la definizione del nuovo Statuto regionale. Sarà un passaggio fondamentale, che naturalmente non può essere slegato dalle considerazioni relative alla opposizione, da parte di questa Regione, ai progetti di riforma costituzionale governativi. Dallo Statuto regionale credo che dovrà emergere in primo luogo una volontà di estendere i meccanismi di partecipazione diretta e popolare dei cittadini, delle associazioni, dei movimenti alla definizione degli indirizzi e degli orientamenti politici e di governo della Regione. Nella società italiana e anche marchigiana, si sta manifestando una nuova volontà diffusa di partecipazione sociale, politica e civile. Lo vediamo con la crescita dei movimenti sociali, che tanto hanno mutato il panorama politico e sociale in questi mesi, anche nella nostra regione.
In sede di Statuto regionale credo che il principale obiettivo che dovremo avere di fronte, dovrà essere quello di fare in modo che questi nuovi fermenti di partecipazione possano trovare anche in sede istituzionale i canali e gli sbocchi per essere rappresentati e per essere direttamente coinvolti. A questo proposito l’opinione di Rifondazione comunista è che il sistema elettorale e la forma di governo della Regione, quindi, non dovranno essere improntati esclusivamente, come purtroppo è stato per il passato a livello di scelte nazionali, a configurazioni che privilegiano l’aspetto decisionale rispetto all’aspetto della garanzia pluralistica della rappresentanza.
Concludo su un aspetto che temo nei prossimi giorni ci vedrà coinvolti. Questo Consiglio regionale, sia nella precedente che nella attuale legislatura, così come questo governo e questa maggioranza regionale sono stati sempre sensibili ai temi della pace e della promozione di una cultura di pace. Ci troviamo in una situazione che potrebbe precipitare da un momento all’altro, con l’avvio di una nuova, sanguinosa e sciagurata guerra che potrebbe coinvolgere, direttamente o indirettamente, anche il nostro Paese. Credo che questo Consiglio regionale dovrebbe già da ora mettere in programma una seduta straordinaria per discutere dell’attuale situazione, dei pericoli di guerra che sono in corso e che incombono sul mondo, in modo da far assumere una posizione chiara e netta da parte della Regione Marche, così come avvenuto in passato, contro ogni ipotesi di guerra all’Iraq, sia essa una guerra condotta unilateralmente dagli Stati Uniti, sia essa una guerra condotta sotto l’egida dell’organizzazione delle Nazioni Unite. Il 10 dicembre è la giornata per la pace, ci sono in calendario diverse iniziative sia a livello nazionale che regionale. Non so se questa può essere la data utile per svolgere una seduta di questo tipo: in ogni caso, se non potrà essere il 10 dicembre, credo che immediatamente dopo quella data, possibilmente prima della pausa natalizia, sarebbe opportuno un Consiglio regionale dedicato a questo argomento.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

ROBERTO GIANNOTTI. Credo che quella di oggi sia una pagina vergognosa di questo Consiglio regionale, una pagina vergognosa di cui l’assessore Melappioni si è fatto garante rispetto a una preoccupazione che io avevo espresso. In questa seduta abbiamo preso atto di doppi giochi, imboscate, patti strappati, trasversalismi, è successo di tutto. Non riguardano solamente l’opposizione ma anche la maggioranza, perché se interpreto il voto espresso per il Vicepresidente della maggioranza non credo che sia solamente un problema affettivo o non affettivo nei confronti del consigliere Ricci, credo che qualche gruppo politico abbia voluto esprimere dissenso rispetto alla conduzione politica della maggioranza. Però rimane il fatto grave che il voto della minoranza esprime il fallimento di una prospettiva politica. Credo che il voto che abbiamo registrato, che ha coinvolto la minoranza consiliare esprime il fallimento della Casa delle libertà in questa regione. E’ grave il dissenso interno che si è espresso, perché la logica di maggioranza è una logica democratica e quando all’interno di un gruppo si decide una cosa, tutto il gruppo deve essere impegnato a sostenere questa cosa. Credo che questo, oggi non sia avvenuto e ha trovato espressione diretta nel voto avvenuto in Consiglio regionale soprattutto per la nomina del segretario dell’Assemblea. E’ grave la violazione di accordi. I gruppi consiliari della Casa delle libertà avevano sottoscritto questa mattina un documento di cui do lettura, perché è giusto che rimanga alla storia di questo Consiglio regionale: “I gruppi consiliari della Casa delle libertà, nel riaffermare la validità del lavoro di opposizione nei confronti della Giunta di centro-sinistra realizzato in questa prima parte della legislatura, esprimono la volontà di mantenere e di rafforzare l’impegno unitario per costruire anche nelle Marche le condizioni per l’alternativa. Riconosciuto il ruolo di Forza Italia quale principale partito dell’alleanza e sottolineato l’apporto indispensabile di Alleanza nazionale nel suo rinnovato vertice regionale e nella sua rappresentanza nel Governo nazionale nonché dell’importante contributo del riunificato raggruppamento dell’Udc, convengono di seguire il criterio della rotazione per la scelta della rappresentanza nell’Ufficio di presidenza; concordano quindi di sostenere la candidatura di Gilberto Gasperi per la vicepresidenza e di Ottavio Brini a consigliere segretario dell’Ufficio di presidenza. Nello stesso spirito stabiliscono un’equa ripartizione delle presenze nelle Commissioni consiliari”.
Questo è un documento firmato e sottoscritto dai quattro gruppi consiliari della Casa delle libertà, un documento che è stato stracciato con il voto in questo Consiglio regionale e questo è immorale dal punto di vista politico, perché non si firmano atti.
E allora, quanto prevale la logica della ritorsione, che non costruisce prospettive per l’alternativa? La politica diventa un fatto lontano, non solamente dalla nostra cultura ma credo anche dalla cultura della gente. Così come è grave la dissociazione che si è manifestata rispetto al candidato ufficiale di Forza Italia per la segreteria. Debbo prendere atto della contemporanea assunzione dell’incarico da parte di un aderente al mio gruppo. Invito questo mio amico, che ritengo una persona responsabile, a dimettersi dall’incarico che ha avuto, per fare in modo che, attraverso la rielezione, si possa recuperare la legittimità delle scelte politiche, perché questa non è una scelta politica legittima. L’amico Grandinetti ha tutta la mia stima, però non è stato il candidato scelto dal gruppo di Forza Italia per questo incarico.
Credo che quanto accaduto oggi rappresenti poco di novità per le Marche: rimpasto, rimpastino, rimpastone, credo che per i cittadini cambi poco o niente, signor Presidente, perché cambiano i suonatori ma la musica è sempre quella, o meglio il risultato è sempre lo stesso, negativo sotto tutti i punti di vista. Dopo 7-8 anni di governo di centro-sinistra, un periodo lunghissimo che poteva significare il risanamento dei conti e maggiore sviluppo, dobbiamo registrare invece l’esatto contrario: il dissesto finanziario della Regione, più tasse, meno servizi e scarsissime risorse per lo sviluppo. Lo sbocco di questa crisi politica — non ci si venga a prendere in giro quando si afferma che si vuol far partecipare di più il Consiglio regionale — è il pagamento di una cambiale ai partiti Ds e Margherita che vogliono contare di più e non trovarsi a fine legislatura orfani di un Presidente, senza risultati e senza avere in mano tutte le leve de potere.
Quindi si è detto “fuori gli esterni”, in qualche modo rappresentanti della società civile e “dentro gli uomini di partito”. Rimpasto quindi, come ultima spiaggia per resistere ad oltranza. Ma se guardiamo poi nel dettaglio la compattezza — si fa per dire: questa mattina ne abbiamo avuto una dimostrazione — della maggioranza, registriamo la turbolenza dei verdi, i rimbrotti dei comunisti italiani e anche la lettera de L’Italia dei valori, che parla addirittura di regolamento dei conti in spregio ai cittadini.
Lo scenario è tutto qui, ma quello che più risalta ai fini della tenuta di questa Giunta e ne compromette ogni credibilità e spazio di manovra, è l’incapacità di dialogare e rapportarsi con le forze sociali e il sindacato che, con il loro consenso, contribuiscono al successo della coalizione di centro-sinistra. Quindi una maggioranza di due partiti uniti dal potere ma senza consenso sociale che ne legittimi la permanenza al governo. Ma il Presidente D’Ambrosio sorvola su tutto questo, anzi la sua principale occupazione è quella di scaricare le sue responsabilità sul Governo Berlusconi, reo di continuare a fare tagli a danno delle Marche, ben sapendo che non è vero, anzi in alcuni casi — sanità — è l’esatto opposto. Confonde tagli con esigenze poste a livello nazionale di buona amministrazione in una congiuntura economica come l’attuale non certamente favorevole.
Ma cari consiglieri, il problema vero è fare il bilancio del 2003. Come riuscirà questa Giunta regionale a trovare le risorse per lo sviluppo e mantenere i servizi in tutto il territorio regionale, costa collina e montagna? Come primo atto di buona volontà, basterebbe iniziare con il fare cose concrete, cominciare da quelle che non costano nulla. Via gli sprechi, via le consulenze, risparmiare sulla burocrazia utilizzando al meglio le possibilità della legge sulla riorganizzazione della Regione, non come sta facendo in modo clientelare ma con la valorizzazione del personale interno. Direi poi che occorre un rinnovato impegno personale degli assessori, uno sforzo comune per fronteggiare una crisi che sta diventando generale del “sistema Regione”. Finora si sono scritti tanti programmi, si sono avute poche realizzazioni. Bisogna invertire questa tendenza. Dopo anni di governo D’Ambrosio, ancora ci si viene a dire “dobbiamo impegnarci per le infrastrutture viarie della regione”. Avremmo preferito, anche oggi, sentire dal Presidente altre parole, cioè “abbiamo fatto questo, questo, questo”. invece D’Ambrosio parla ancora di sfide da vincere e non di sfide vinte.
Non è più tempo di lamentele, di insofferenze, ma di passare a fare le cose importanti che lo sviluppo delle Marche richiede. Quando le cose si potevano fare il centro-sinistra non le ha fatte, ora che diventano difficili si trovano le scuse per non farle, addebitando la colpa ad altri. Forse sarebbe meglio chiamare per nome quello che è avvenuto nelle Marche: otto anni di malgoverno, ritardi, inefficienze, sprechi, un insuccesso generalizzato da cui non si uscirà certamente con una minestra riscaldata come è avvenuto con questo rimpasto.
Questa legislatura, funestata da tanti incidenti di percorso, supera oggi, con grande difficoltà, la sua prima parte. Se queste sono le premesse credo non potrà avere una fine migliore di quella che abbiamo vissuto fino ad oggi.
Sostanzialmente si può sintetizzare il nostro giudizio con una parola sola: questa sarà una legislatura persa.
Voglio anche dire una cosa con molta serenità e voglio informare i miei amici consiglieri regionali tutti che, concluso l’adempimento di oggi rimetterò il mio mandato di presidente di gruppo nelle mani del mio coordinatore nazionale, perché credo che non ci siano oggettivamente, in questo momento, le condizioni per continuare a guidare un gruppo in questa maniera.

PRESIDENTE. La seduta è sospesa. Riprenderà alle 16.


La seduta è sospesa alle 13,50