Resoconto seduta n. 114 del 18/12/2002
La seduta riprende alle 16,50



Proposta di atto amministrativo (Discussione generale): «Istituzione della riserva naturale regionale generale orientata di Ripa Bianca in comune di Jesi. Legge regionale 28 aprile 1994, n. 15. Deliberazione del Consiglio regionale 25 luglio 2001, n. 41» Giunta (81)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 81, ad iniziativa della Giunta. Ha la parola il relatore di maggioranza consigliere Benatti.

STEFANIA BENATTI. Signor Presidente, colleghi consiglieri, il Consiglio regionale con deliberazione n. 41 del 25 luglio scorso ha approvato il programma triennale regionale per le aree protette, il Ptrap per il triennio 2001-2003, che prevedeva fra le altre cose l’istituzione della riserva di Ripa Bianca entro il 31 dicembre 2001. La legge 15 del 1994 che reca “Norme per l’istituzione e la gestione delle aree protette naturali” prevede che l’istituzione delle aree protette e delle riserve naturali avvenga attraverso un documento di indirizzo inserito nel Ptrap, quindi questa era l’indicazione contenuta conformemente alla legge nel piano triennale delle aree protette. La stessa legge 15 dispone che le riserve naturali siano istituite con deliberazione del Consiglio
regionale, che ci sia la redazione di una proposta di atto istitutivo, che ci sia una consultazione con le organizzazioni agricole, sociali ed economiche maggiormente rappresentative e infine che venga acquisito il parere del comitato tecnico e scientifico regionale per le aree protette. E’ per questo motivo che oggi il Consiglio regionale si trova a deliberare in merito all’istituzione della riserva naturale regionale di Ripa Bianca nel comune di Jesi e che la delibera contenga, appunto, una proposta di atto istitutivo che tiene conto, peraltro, degli indirizzi programmatici che erano stati inseriti nello stesso Ptrap.
La proposta è stata sottoposta alla consultazione di 49 organizzazioni, quelle che sono state individuate dalla legge 15 stessa, di queste 49 organizzazioni 15 hanno prodotto osservazioni, inoltre sono state coinvolti sia la Provincia di Ancona che il Comune di Jesi che hanno prodotto osservazioni. Le consultazioni sono state portate avanti dalla Giunta regionale prima, dalla Commissione ambiente poi e anche dal Comune di Jesi per quanto riguarda il coinvolgimento dei proprietari in modo particolare, infine in data 22 novembre 2001 è stato acquisito il parere favorevole del comitato tecnico-scientifico regionale per le aree naturali protette, quindi ampia è stata la consultazione su questo atto, approfondita anche la riflessione del Consiglio regionale, in primis della Commissione ambiente, perché come abbiamo visto dal parere acquisto del comitato regionale per le aree protette alla fine dell’anno scorso, è trascorso ben un anno nel quale la Commissione ha preso atto di tutte le audizioni, di tutti gli emendamenti e di tutte le osservazioni che sono giunti.
Il servizio ambiente ha puntualmente risposto a tutte le osservazioni che sono state pure previste ed esaminate dalla Commissione stessa, quindi oggi arriviamo compiutamente ad esprimere una valutazione su un atto che ha seguito l’iter previsto dalla legge 15 e che è stato ampiamente conosciuto e dibattuto nel territorio del comune di Jesi in primis e successivamente anche a livello regionale.
La legge 15 prevede che le riserve naturali regionali sono costituite da aree terrestri, fluviali, lacuali o marine di estensione contenuta, che contengono una o più specie naturalistiche rilevanti della flora e della fauna o che presentano ecosistemi importanti per le diversità biologiche o per la conservazione di risorse genetiche.
Nel sito del bacino idrografico del fiume Esino sono diffuse aree ad interesse naturalistico che presentano problematiche ambientali legate alla elevata antropizzazione e al rapido sviluppo urbano e industriale che hanno caratterizzato, a partire dagli anni ‘40 la quasi totalità dei bacini idrografici dei fiumi marchigiani. L’Amministrazione comunale di Jesi ha avviato negli ultimi anni un approfondito lavoro di ricerca e di recupero ambientale del sistema fluviale per il tratto del fiume Esino che ricade ne proprio territorio. Questi studi hanno portato all’individuazione di aree con diversa vocazione, fra cui una zona ad elevato indice di naturalità, da sottoporre a vincoli di protezione. Sulla base di questi studi è stata istituita prima a Ripa Bianca l’area didattico-naturalistica di 18 ettari, a protezione della garzaia pi grande censita nelle Marche, poi un’oasi provinciale di protezione della fauna, con una superficie di circa 256 ettari che comprende al suo interno l’area didattico-naturalistica. Successivamente il comitato tecnico-scientifico per le aree protette della Regione Marche ha individuato un’area di circa 300 ettari per l’istituzione della riserva naturale di Ripa Bianca. Un’ulteriore conferma dell’importanza naturalistica di quest’area è stato il riconoscimento da parte del Ministero dell’ambiente di quel tratto del fiume Esino come sito bio-Italy e la proposta di tale zona come sito d’interesse comunitario (SIC) nell’ambito del programma europeo “Natura 2000”. L’area della riserva è occupata per il 60% dal territorio agricolo e per la restante parte dal fiume Esino e dalla restante parte del bosco ripariale presente sulle sue sponde. L’area presenta inoltre segni di passate attività antropiche di elevato impatto ambientale che sono state oggetto di progetti di recupero ambientale e che sono la ex discarica del comune di Jesi e la ex cava San Biagio. Ricordo ai colleghi che il territorio in cui è compresa Ripa Bianca è all’interno dell’area ad elevato rischio ambientale, quindi la costituzione di questa riserva naturale viene a consolidare un polmone verde nelle immediate vicinanze di un’area abbastanza impegnata e colpita da elementi di deterioramento dell’ambiente.
Nell’individuazione dei confini proposti per la riserva di Ripa Bianca si è tenuto conto delle emergenze naturalistiche da salvaguardare — i calanchi, le specie faunistiche presenti — con un’adeguata fascia di protezione e con particolare riferimento alla garzaia. La riserva ha una superficie complessiva di 300 ettari e ricade interamente nel territorio del comune di Jesi. Le ridotte dimensioni della riserva e le sue caratteristiche consentono di individuare solo due possibili ambiti di tutela: una zona di conservazione mirata e di ricerca comprendente aree demaniali di pertinenza fluviale, le emergenze idrogeologiche dei calanchi e i terreni di proprietà pubblica attrezzati per l’educazione ambientale. In esse saranno realizzati in via prioritaria interventi di miglioramento ambientale, ripristino degli habitat, attività di ricerca scientifica. Un secondo ambito di trasformazione condizionata contiene i terreni di proprietà privata dove si svolgono attività economiche agricole, le aree pubbliche attrezzate per la fruizione, le attività turistiche, le aree destinate per le attività produttive compatibili. I vincoli e le prescrizioni per lo svolgimento delle attività economiche e sociali nelle due zone saranno definiti in dettaglio dal piano di assetto naturalistico della risorsa naturale. La legge regionale 15 del 1994 prevede quale obiettivo dell’istituzione della riserva naturale la promozione e qualificazione delle condizioni di vita e di lavoro della popolazione residente e delle attività agrosilvopastorali, favorendo la valorizzazione e sperimentazione delle attività produttive compatibili con le esigenze di tutela dell’ambiente.
Considerato che l’attività economica prevalente è quella agricola di tipo tradizionale con proprietà terriere estremamente parcellizzate, saranno agevolati, con specifici contributi finanziari, gli operatori agricoli che impiegheranno tecniche agricole biologiche o a basso impatto ambientale, nel rispetto degli equilibri idraulici e idrogeologici, che sono per lo più da ristabilire nell’area della riserva naturale. Tale incentivazione sarà costituita da agevolazione o incentivi economici e nessun vincolo di forzatura sarà imposto verso le pratiche agricole biologiche attualmente impiegate soltanto nell’azienda agraria comunale. Oltre all’agricoltura biologica o a basso impatto ambientale saranno agevolati e incentivati i rimboschimenti di tipo naturalistico, la conservazione o l’impianto di siepi campestri con specifiche agevolazioni previste dal piano di sviluppo rurale, per gli interventi che favoriscano la presenza di fauna selvatica, con la creazione di corridoi ecologici.
Infine la recente legge regionale sull’agriturismo con il relativo regolamento appena approvato dalla Giunta regionale prevede agevolazioni supplementari per gli operatori che intraprendono attività agrituristiche all’interno dei parchi e delle riserve.
L’istituzione della riserva costituisce infatti un’opportunità per le attività economiche legate al turismo ed è atteso un incremento di visitatori. Sono stati 6.000 negli anni 1997-99 i visitatori all’area didattico-naturalistica gestita dal Wwf.
L’istituzione della riserva di Ripa Bianca non interferisce con la realtà industriale, in quanto all’interno del territorio indicato non sono presenti insediamenti industriali, né il piano regolatore generale del Comune di Jesi ne prevede la presenza in futuro. E’ attivo soltanto un impianto per la lavorazione della ghiaia, ma gli effetti peggiori sono da imputare agli inquinanti rilasciati sia nell’acqua che nell’atmosfera dagli insediamenti previsti nell’adiacente zona industriale Zipa che rientra, come del resto anche il territorio della riserva di Ripa Bianca, nelle aree dichiarate ad elevato rischio di crisi ambientale. L’istituzione della riserva Ripa Bianca ha la specifica finalità di ripristinare gli equilibri ecologici e compensare almeno in parte i fattori di rischio ambientale, come delineato dal piano di risanamento dell’area approvato dal Consiglio regionale.
Per quanto riguarda gli strumenti di gestione, la delibera prevede che questa venga assegnata tramite un bando pubblico ad una associazione ambientalista riconosciuta a livello nazionale con esperienza nel settore e con sede nel territorio regionale. E’ previsto che l’ente gestore, entro 180 giorni presenti un piano di gestione, questo piano verrà approvato dal presidente della Giunta dopo che sarà firmato un accordo di programma Comune-Provincia-Regione. Contemporaneamente viene insediato e sarà stabilmente operante un tavolo di concertazione con le organizzazioni agricole, ambientaliste, economiche e con i proprietari, che dovrà coadiuvare l’ente gestore nella indicazione dei principi e dei programmi.
Con queste motivazioni e mantenendo fede a un impegno che il Consiglio regionale si era assunto chiedo l’approvazione di questo atto.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Castelli.

GUIDO CASTELLI. A mio modo di vedere — e penso di poter parlare anche a nome dei colleghi della minoranza — vi sono molte perplessità, molti dubbi, molte valutazioni da fare a proposito di un atto che sembrerebbe dover riguardare un aspetto tutto sommato gradevole, apprezzabile, alieno da implicazioni politiche o giuridiche che possano motivare in qualche modo la contrarietà. In realtà l’atto che viene proposto all’attenzione del Consiglio regionale è un atto denso di significati politici, amministrativi, normativi sotto almeno tre ordini distinti di problemi e di aspetti. Sono tre infatti le argomentazioni fondamentali che inducono a una riflessione piuttosto critica rispetto alla proposta di istituzione della riserva naturale di Ripa Bianca. Un primo problema di natura strettamente giuridica riguarda e si ricollega ad un’annosa problematica che nasce fin dall’approvazione della legge 157 e concernente specificamente la superficie massima che può essere sottratta all’esercizio venatorio nell’ambito del nostro territorio. E’ un problema annoso. E’ noto che la legge 157 fissa un limite pari al 30% che abbiamo abbondantemente superato, la legge 7 del 1995 addirittura riduce questo limite all’interno di un range fra il 20 e il 25% ed è stato abbondantemente superato, ecco che nel momento in cui si dovrebbe — e la Regione per altri versi lo fa — analizzare con attenzione i dati che hanno addirittura aggravato la situazione che prima citavo — e sono dati abbastanza chiari estrapolati dagli archivi Istat: la provincia di Ancona ha perduto 15.000 ettari di territorio agrosilvopastorale, quella di Pesaro 17.000, quella di Macerata 30.000, quella di Ascoli oltre 20.000 — e che dovrebbe richiamare ad un’attenta considerazione del grado di rispetto e di coerenza che il nostro sistema presenta rispetto a una norma che i proponenti dell’atto hanno in qualche modo inteso eludere e aggirare invocando due sentenze: una è quella del Tar del Lazio del 1998 che dà una qualificazione a quelle percentuali come riferimenti di elementi indicativi e non cogenti, l’altra è una sentenza che non solo non depone a favore della proposta, ma addirittura sostiene principi specularmente contrari. La sentenza 448 del 1998 della Corte costituzionale infatti, pure citata nel corpo della delibera, è chiara nello stabilire che all’interno del territorio sottratto all’esercizio venatorio, di cui ai limiti che si dicevano poc’anzi, devono essere computati anche i 50 metri di distanza dalle strade, i 100 metri dalle case e dagli opifici, tutte quelle zone di rispetto che oggi ci consentono di dire che la situazione in ordine a quelle percentuali di cui alla legge 157, poi successivamente riversate nelle legge 7 del 1995 sono ulteriormente peggiorate, quindi la problematica che è di carattere strettamente giuridico pone un primo limite alla possibilità di approvare un atto che sia corrispondente al dettato di legge. Non può essere una sentenza di Tar, almeno in Italia dove la giurisprudenza, soprattutto quella del Tar non può essere certo considerata prevalente su un dato normativo che è abbastanza chiaro, che a nostro modo di vedere ha significati cogenti, ma che, soprattutto, rappresenta, anche a tutto voler concedere, una indicazione che pone un problema di carattere politico-normativo e se anche si volesse considerare solo indicativo quel limite, rimarrebbe la necessità di prendere atto e di essere consapevolmente convinti che quel problema del numero della superficie, della quantità delle superfici sottratte all’esercizio venatorio deve essere comunque preso in considerazione quest’oggi, e del resto, per altri versi, la Regione Marche questo ragionamento l’ha fatto. In realtà, la problematica del territorio agrosilvopastorale che viene in qualche modo sottratta all’esercizio venatorio e che rientra in quelle percentuali, è stata oggetto di una profonda riflessione nell’ambito del piano faunistico-venatorio. Mi voglio riferire anche ai colleghi non solo di minoranza, che da più di un anno stanno lavorando sul piano faunistico-venatorio, perché in una precisa pagina ci si interroga su questo problema, si formulano delle indicazioni piuttosto precise, anche se estremamente complicate, sulle modalità con cui calcolare queste superfici, ma un dato, almeno dal piano faunistico-venatorio sicuramente oggi possiamo dire che emerge con chiarezza: non è uno strumento ancora dotato di forza di legge, ci stiamo però interrogando e la Giunta, soprattutto, ha proposto quel testo, che parla, in riferimento in special modo alla provincia di Ancona, di un surplus di aree protette che sicuramente non viene tenuto in debita considerazione nel momento in cui si propone l’istituzione della riserva naturale di Ripa Bianca.
Non sono queste le parole del relatore di minoranza, non sono fantasie strumentalmente accampate per cercare di vanificare questo tipo di atto ma sono il portato d riflessioni che hanno occupato il cervello anche degli istruttori della proposta stessa, i quali, nella prima stesura della delibera che poi è stata in qualche modo ritoccata, si sono intrattenuti sul problema. La collega Benatti giustamente faceva riferimento alle osservazioni: ve n’è una dell’Amministrazione provinciale di Ancona molto interessante, che per l’appunto pone il problema che prima citavo: “Appare necessario verificare, anche alla luce del censimento 2001 delle aree agricole il rispetto dei limiti percentuali previsti dalla legge 157/92 e dalla legge 7/95”. Cosa risponde l’istruttore? “L’eccezione sollevata dalla Provincia può essere parzialmente accolta, nel senso che appare opportuno condizionare l’istituzione della riserva all’approvazione del piano faunistico regionale che, sciolti i nodi riguardo agli istituti su cui va computata la superficie agrosilvopastorale, definendo altresì che cosa si debba intendere con tale termine, potrà opportunamente recepire le indicazioni dettate dal Ptrap.
Questo era un punto talmente condizionante, che lo stesso istruttore, che la stessa proposta di delibera successivamente alle valutazioni fatte in Commissione e nel contraddittorio con gli enti locali interessati si affermava con chiarezza. Il piano faunistico venatorio viene prima, esso stabilisce degli aspetti normativi così importanti su cui si vanno interrogando non solo i cacciatori ma un po’ tutti gli operatori del settore ambiente in genere e si arrivava a una conclusione che nessuno poteva considerare sciocca o vana, ovvero il piano faunistico, oggi, sta soffermandosi su quell’aspetto. Approviamo il piano faunistico, è in quella sede che dobbiamo stabilire con esattezza anche la nozione di territorio agrosilvopastorale che si presta a letture e a esegesi le più varie, ma ecco che, contrariamente a quello, che proprio in replica a un’osservazione, viene detto e viene fatto, si dice e si fa tutt’altro: il piano faunistico-venatorio è ancora all’attenzione della Commissione, ci sono state ricche e importanti riflessioni nel corso della recente audizione, di questo si è parlato, ma ecco che con una retta e una repentinità degne di miglior causa, oggi vediamo che la Regione addirittura contraddice se stessa due volte: si contraddice nel momento in cui il Consiglio regionale dovrebbe approvare una proposta che va contro il piano faunistico così come proposto dalla Giunta regionale, ma addirittura va contro ciò che è stato argomentato proprio rispetto a quella osservazione della Provincia di Ancona che diceva “calmiamoci un attimo, vediamo, stabiliamo se il rispetto di quei limiti c’è davvero”. Vediamo allora che quando parlo di politica normativa mi riferisco non ad un lamento generico ma ad una valutazione che è stata invece oggetto di una riflessione che però, stranamente, questo Consiglio regionale non dovrebbe tenere in debita considerazione.
C’è un terzo ordine di valutazioni rispetto al quale mi pongo con estrema cautela e delicatezza non essendo un esperto del settore: certo è un dato che questa riserva naturale va a cadere su una superficie che per il 72,61% è coltivata, cioè come possa l’aggettivo “naturale” sposarsi a una situazione che generalmente vede invece gli operatori dell’agricoltura dissodare, coltivare e regolarmente effettuare due-tre raccolti l’anno su un’area che dovremmo definire naturale questo è un interrogativo sul quale vorrei mi fosse data una risposta. Non vorrei che questa naturalità si riferisse più a un’affermazione ideologica che non a un sito che io fra l’altro, dieci giorni fa sono andato a visitare, perché volendo vedere di cosa si parlava, ho visto che definire area naturale una zona compresa fra autostrade e zone industriali fra le più affermate, in cui esistono fra l’altro anche delle situazioni agricole importanti e affermate, credo che ci si debba veramente interrogare sul perché e sul percome di questa strana, repentina, anticipata lettura di una proposta che contraddice la stessa proposta della Giunta regionale.
E’ un’area, fra l’altro, su cui si sono addensati gli interessi, gli esposti e le osservazioni di tanta parte del mondo politico jesino, certo è un fatto che il nostro collega Antonio Grassetti qualche tempo fa ha addirittura fatto un esposto alla procura della Repubblica per quanto riguarda alcuni lavori di ristrutturazione di una casa rurale cui si fa esplicito riferimento addirittura nell’atto. Io sono andato personalmente a verificare quello che viene definito “belvedere”, su cui hanno speso qualcosa come 300 milioni, a valere su un progetto di recupero di discarica e quel belvedere assomiglia a un sito desolato e desolante su cui si consumano probabilmente accoppiamenti animali, ma non di quelli che riguardano la fauna ma l’uomo, in cui addirittura vengono lasciate lavatrici e altri oggetti.
Certo è che quel sito è stato sicuramente oggetto di una robusta iniezione di capitali pubblici, per far sì che vi si creasse una situazione che tuttavia, con una riserva naturale decantata nei termini con cui anche lo stesso comitato scientifico ha voluto connotare questa proposta, ha poco di naturale. E’ quindi necessaria una riflessione anche sotto questo punto di vista.
Non voglio criminalizzare nessuno, non voglio assolutamente denunciare situazioni che sarà poi la magistratura a esaminare nelle sedi competenti riguardo a quelli che sono altri aspetti che non ci occupano oggi, ma certo pongo un problema: il problema di una volontà politica che oggi ci porta a questa approvazione per ragioni che probabilmente si connettono agli equilibri generali di questa Giunta. Dico una sciocchezza nel momento in cui affermo che l’oasi di Amministrazione provinciale, soprattutto per il gruppo Verdi ha assunto i toni di un totem necessario a superare dolori vari che si sono in qualche modo susseguiti dopo la rimodulazione della Giunta? E’ lecito pensare che in qualche modo l’oasi naturale di Ripa Bianca deve comunque passare per una necessaria paciosità che la maggioranza consiliare vuole in qualche modo riaffermare all’interno di quest’aula? Non so se questo tipo di considerazioni hanno fatto premio sull’esigenza di coerenza normativa, di una politica non contraddittoria all’interno della stessa maggioranza e più in generale su quelle che sono le ragioni profonde di una istituzione che non solo per le ragioni che dicevo ma anche per altre si presta a censure e critiche? Parlava la collega Benatti di osservazioni: ce ne sono alcune che riguardano non solo l’istituzione in quanto tale, ma le modalità che sono state scelte. Per esempio, il Comune di Jesi, accompagnato degnamente dalla Cia, dalla Cgil, che ha definito esagerato il termine di vent’anni di gestione all’organismo che andrà poi materialmente a esercitare le funzioni di coordinamento all’interno. La stessa Legambiente parla di un termine esagerato, proponendo un termine più ridotto a cinque, ma in quel caso si dice “il comitato scientifico sostiene che una gestione efficace dell’area stessa richiede per lo meno vent’anni”, ciò a dispetto delle valutazioni anche di associazioni ambientaliste non sospettabili di simpatia a destra come Legambiente, e si arriva comunque a superare il problema dicendo “siccome il comitato scientifico dice questo, è necessario rispettare questo tipo di dato sulla base di quello che dice il comitato”. Tra la forza lavoro che dovrà andare a gestire l’oasi stessa si indica un istruttore direttivo in materia ambientale e il comitato scientifico opina che non esiste nel prontuario del personale della Regione un istruttore direttivo in campo ambientale, tuttavia in quel caso il comitato scientifico, che rispetto all’altro argomento era ritenuto prioritario in termini di affermazione, quindi decisivo il suo riferimento al famoso ventennio, viene eluso perché l’istruttore direttivo in materia ambientale lo rivediamo riportato nella convenzione come soggetto necessario alla gestione in favore di un organismo che, ripeto, durerà vent’anni e che si rischia di indovinare quale debba essere. C’è chi ha chiesto competizione, c’è chi ha chiesto selezioni che fossero veramente selettive rispetto al soggetto gestore, però mi sembra che tutta la convenzione, absit iniuria verbis, sia abbastanza chiara nel definire chi e come dovrà andare a gestire un’oasi che è stato detto giustamente è sito comunitario, nessuno di voi vuole ritenere che non vi siano valenze di carattere ambientale, ma c’è un piccolo problema: che il sito comunitario è riferito a 136 ettari, mentre invece la riserva naturale dovrebbe riguardare 260 ettari, quindi arriviamo a un aumento progressivo, continuo, in dispregio delle leggi, in dispregio di quella che è stata la valutazione, sul piano faunistico, della stessa Regione, per arrivare, fra le superstrade e le aree industriali che vengono poste a modello tra l’assessore Spacca e il grande sviluppo socio-economico delle Marche, a una riserva naturale che sa tanto di prezzo necessario da pagare per poter fare in modo che dietro l’abracadabra dello sviluppo sostenibile si possa far passare quello che è un provvedimento che, ripeto, sa tanto di contentino a chi in qualche modo, e legittimamente, protesta per erte rimodulazioni della Giunta.
Spero quindi che al di là di ogni polemica si voglia fare tesoro di una riflessione, al di là di ogni considerazione critica e unilaterale. Ritorniamo a quello che lo stesso funzionario istruttore aveva sostenuto: “appare opportuno che l’istituzione della riserva naturale segua l’approvazione del piano faunistico”. La proposta che faccio anche ai colleghi della maggioranza, a quelli che più attivamente si sono impegnati e si stanno impegnando in questa delicata e difficile questione del territorio agrosilvopastorale è di soprassedere, in maniera tale che, con la coerenza normativa, con la sistematicità normativa degna di un’Assemblea, di un Parlamento regionale si possa arrivare a questo provvedimento con le idee più chiare e dopo aver messo un punto fermo su una problematica che qualcuno potrebbe definire marginale ma che invece occupa e preoccupa centinaia e centinaia di marchigiani.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

LUIGI VIVENTI. Dopo l’intervento aulico dell’avv. Castelli vorrei utilizzare una terminologia più da metalmezzadro. Vista la provenienza, ognuno di noi fa riferimento alle proprie origini, quindi io faccio riferimento alle mie origini di metalmezzadro e anche in virtù di tali origini ho provveduto a verificare di persona questo problema. Vi premetto che io sono un ambientalista convinto, nel senso che sono un amante sincero della natura, non sono un cacciatore, quindi non parlo assolutamente per ragioni di parte, ma non sono riuscito, nel sopralluogo da me fatto, a individuare un solo motivo per cui in quell’area si debba realizzare un’oasi protetta. Non sono un esperto nemmeno di questo. Probabilmente il collega Moruzzi porterà delle argomentazioni, subito dopo di me, che potranno essere convincenti, però onestamente ho visto quello che ha visto il mio collega Castelli, ho visto un fiume sporco, un letto del fiume che si è alzato di un metro e mezzo, ho visto delle lavatrici, superstrada, ferrovia ecc. L’oasi protetta qui non l’avrei fatta, non la penserei. Quindi non mi rendo conto del perché di questa forzatura che si vuol fare, anche perché, a rigor di logica, come presidente della III Commissione, insieme al presidente Avenali, al collega Tontini che è relatore del piano faunistico-venatorio, Cesaroni ecc., abbiamo discusso già in 3-4 riunioni del piano faunistico-venatorio dove vi sono questioni da risolvere proprio per la verifica puntuale delle percentuali di territorio adibite all’attività venatoria da assegnare alle aree protette della nostra regione. Non avendo ancora concluso questo nostro lavoro, solo ed esclusivamente per questo motivo nel Consiglio regionale scorso avevo proposto — ed è proposta che rinnovo anche in questa seduta del Consiglio, anche se mi pare di percepire che da parte della maggioranza oggi ci sia la volontà di andare comunque avanti e di arrivare ad un voto — di soprassedere a questa approvazione. Approviamo prima il piano faunistico-venatorio, se poi ci sono le disponibilità in termini di metri quadri per realizzare oasi protette in questa provincia si realizzeranno. Se voi ritenete che quello sia il sito più idoneo per realizzarlo lo realizzerete lì. Vi ripeto, io sono personalmente contrario, non ho visto un solo motivo a sostegno della realizzazione lì di un’oasi protetta, però la logica direbbe “approviamo il piano faunistico” — ormai nella prossima Commissione siamo in condizioni di approvarlo — dopodiché, molto più correttamente verrebbe proposto questo argomento. Credo che un Consiglio regionale che vuole legiferare, regolamentare con serietà queste materie non possa comportarsi diversamente, perché se prima prendiamo le decisioni rispetto a un piano programmatorio, allora il piano programmatorio cosa lo facciamo a fare? Questo non significa essere né a favore di una tesi né a favore dell’altra, questo è solo buon senso e correttezza istituzionale e comportamentale.
Nel merito il collega Castelli faceva prima riferimento ai tanti denari spesi per il recupero di quell’immobile che ho visto. Se è vero che lì sono stati spesi 1.800 milioni, credo che ci sia stato abbastanza sperpero di denaro pubblico. Se è vero che ci sono tuttora consulenti all’opera che non so che cosa abbiano da consigliare e che continuiamo a pagare, c’è veramente da dire che qui c’è la necessità anche di fare chiarezza su come vengono spesi i denari pubblici e in questo caso non vi chiedo la Commissione d’inchiesta che sembra un termine troppo grande, ma un’indagine conoscitiva su come sono stati spesi questi soldi, come consigliere regionale mi sento in dovere di chiederla.
Ma prima di avventurarci su questi sentieri ritengo che sarebbe corretto, anche da parte di chi rappresenta la maggioranza, esprimersi in proposito a questa mia richiesta di soprassedere su questo voto, di rinviare l’atto e portarlo insieme al piano faunistico-venatorio, sicuramente nel prossimo mese di gennaio, non un rinvio di un anno. Riterrei questa l’ipotesi più sensata.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Moruzzi.

MARCO MORUZZI. Quando si parla di parchi spesso sentiamo discorsi che riportano indietro nel tempo, salvo poi, quando si fanno discussioni generali, tutti riconoscere la necessità di una tutela generalizzata del territorio che viene fatta, ovviamente, con il metodo della zonizzazione: aree in cui abbiamo necessità di edificare, aree in cui abbiamo necessità di sviluppare attività produttive, aree in cui abbiamo necessità di mantenere l’agricoltura, aree in cui abbiamo necessità di mantenere zone di conservazione della biodiversità vegetale e animale.
Partiamo da una situazione della nostra regione estremamente deteriorata e non a caso nella istituzione di aree protette negli ambienti fluviali siamo particolarmente indietro, perché questo è il territorio che pi abbiamo aggredito con forza nella nostra regione. Abbiamo creato delle coltivazioni, delle zone industriali o delle residenze così a ridosso dei fiumi che ogni qualvolta si manifesta un’ondata di piena, una qualche esondazione paghiamo dei danni spaventosi. Sarebbe meglio che in queste aree avessimo sviluppato delle attività più compatibili. Abbiamo così trasformato il corso dei fiumi e questo ecosistema si sviluppa attorno ai bacini idrografici al punto tale che il nostro paese ha dovuto, con una legge, istituire delle autorità di bacino, la prima autorità interdisciplinare, perché occorre un approccio interdisciplinare. Non si tratta soltanto, caro Viventi, della semplice manutenzione e del taglio delle piante, anzi ti devo ricordare che a questo proposito i verdi hanno organizzato proprio delle associazioni, dei gruppi in cui i cittadini intervengono per la manutenzione fluviale e invece la pubblica amministrazione spesso vuole fare interventi impropri con imprese per il movimento terra che non sono in grado di fare una corretta gestione idraulica come una volta facevano gli agricoltori, come oggi vogliono fare queste associazioni, quindi anche nell’intervento fluviale questa filosofia poco scientifica, per non dire altro, fa sì che nella gestione del territorio fluviale ci sia ancora quell’approssimazione che è figlia di questo fortissimo degrado che noi abbiamo portato in particolare in questi ambienti e di cui paghiamo le conseguenze non soltanto in termini ambientali ma anche in termini economici. Detto questo, dobbiamo considerare che l’istituzione della riserva in questa area è una iniziativa opportuna, anche se purtroppo in ritardo, proprio perché sono troppi gli ambienti fluviali che non sono stati profondamente trasformati.
Il collega Castelli parlava dell’abbandono di rifiuti in queste zone: certo, perché questi ambienti sono stati vissuti non tanto come valori naturalistici: non si porta la lavatrice o il frigorifero in mezzo al bosco, in cima al prato, sulla media collina, sulla montagna, però c’è un istinto a portarli lungo il fiume, perché in fondo “l’ondata di piena li portano via”, perché sui fiumi c’è sempre stata la logica di scaricare i nostri rifiuti liquidi e solidi e addirittura la nostra Regione è stata una delle ultime, in Italia, a dotarsi di quegli strumenti giuridici che impedivano o regolamentavano lo scarico dei reflui liquidi nei fiumi. E’ vero, le zone fluviali sono state la discarica della nostra società, in particolare quella marchigiana, iniziamo un’operazione di recupero, di valorizzazione perché ci si è accorti che il valore d’uso di queste zone è particolarmente elevato. In queste zone si svolgono tante attività, anche la tanto vituperata caccia da parte di naturalisti ha bisogno di questi ambienti, anche le attività sportive, anche le attività ricreative, anche le attività didattiche e le attività di protezione della natura e anche i luoghi di riproduzione della fauna. In questa zona che noi oggi individuiamo come riserva, certamente in passato c’erano delle presenza molto forti di manipolazione, delle presenze antropiche molto forti: lungo i fiumi noi abbiamo dismesso tantissime cave ma non le abbiamo poi risanate, in questo territorio c’è stata una sorta di rinaturalizzazione. Se l’avessimo aiutata con il “torrente umano” avremmo fatto sicuramente meglio. In questa area, a ridosso di questi laghetti fluviali, già cave di ghiaia del fiume Esino, una colonia di aironi, la più piccola specie di aironi, di niticore ha trovato un luogo di nidificazione. Evidentemente c’erano all’interno di questa zona in cui la traccia dell’intervento umano era forte, le condizioni per un nucleo di aggregazione di rinaturalizzazione animale e vegetale e noi, facendo la scelta della riserva vogliamo assecondare questo processo. Non diciamo che questa è senza dubbio una delle zone umide più importanti dell’Italia centrale, ma diciamo che in questa zona c’è un processo di naturalizzazione che va assecondato, tanto è vero che questa area che era già stata istituita con approvazione anche da parte del servizio caccia della regione, è un’oasi faunistica per una superficie di 256 ettari....
... richiamo delle lettere, delle comunicazioni che lo stesso presidente Radini anni addietro fece su questa vicenda: 26 aprile 1988, nota destinata al sindaco del Comune di Ancona, prot. n. 3811: “Si chiede che l’ex cava Binci sita in via Roncaglia, in prossimità dello svincolo est della superstrada venga destinata a fondo chiuso per i seguenti scopi...”, e si elencano delle finalità. Quindi Radini chiede la chiusura della caccia in questa zona. Poi: “Sarebbe altamente auspicabile che l’area venisse attrezzata per il bird-watching, con percorsi obbligati e riparati tipo oasi di Bolgari ed Orbetello. — addirittura vengono citate le due oasi storiche del Wwf — Le visite dovrebbero essere escluse nel periodo della nidificazione”. Ma Radini scrive ancora su questo argomento, il 22 agosto 1999 all’assessore all’ambiente, all’architetto del Comune di Jesi, propone degli interventi “perché questa è una zona di rifugio di molte specie di ardeidi, aironi, cinerini, niticore, tarabusini, tarabusi — un elenco infinito — e una numerosa colonia di niticore, pertanto l’habitat va salvaguardato”.
E ancora, il 5 luglio 1991, altra lettera indirizzata al sindaco: “La sezione avanzò la richiesta di trasformare l’ex Casa San Biagio per progetti più coordinati sì da creare una struttura, credo unica in tutta la regione Marche, dato che non risulta ci siano zone umide adibite ad aule verdi per l’osservazione e lo studio dell’avifauna specifica; A tal fine, visto che il limite della ex cava...” ecc. E si continua sempre su questo tono.
Caro Castelli e cari colleghi consiglieri, a chi qui sostiene che questa è una delle scelte tra le più sbagliate e che addirittura dobbiamo rinviare al piano faunistico-venatorio ricordo che abbiamo uno dei capi della contestazione attuale della riserva di Ripa Bianca che in tempi non sospetti, quando forse il rapporto tra attività venatorie e politica era meno esasperato di quello che c’è attualmente, faceva proposte su questo terreno, il ragionamento era su questo livello di ragionevolezza.
Certamente, purtroppo nella nostra regione non abbiamo la qualità degli ambienti naturali che possiamo trovare nel parco naturale del Circeo, nelle zone umide del Delta del Po, nella zona di Punta Alberete a Ravenna, dove fu costituita un’altra storica oasi del Wwf, ma certamente abbiamo una particolarità: che in quest’area si è invertita la tendenza, che un processo di alterazione dell’ambiente è stato bloccato e abbiamo degli indicatori biologici come gli animali, come le piante — è chiaro che lì intorno ci sono attività agricole, nessuno pensa di allontanarle, anzi si pensa di sfruttare una sinergia con queste attività, proprio perché le aree protette non devono essere concepite come una sorta di mummificazione del territorio ma come qualcosa che interagisce sul resto del territorio — e allora dico che facciamo bene ad approvare questa proposta, che commetteremmo un errore a rinviare, che stiamo commettendo un errore a demonizzare questo tipo di progetto.
Quando, negli anni ‘70, Sergio Romagnoli, un naturalista che era uno studioso di tutta l’asta fluviale dell’Esino, una persona che conosceva gli ambienti naturali pur non essendo un pescatore, pur non essendo un cacciatore, ma conoscendo profondamente gli animali, la pesca, la caccia, la fauna, la flora, l’agricoltura e vivendo con le persone del luogo, propose di creare delle aree protette, sostanzialmente lo spiegò dietro questo ragionamento: noi dobbiamo creare delle aree protette alle periferie delle città non tanto perché nelle periferie delle città ci sia il massimo della wilderness, il massimo dell’ambiente naturale ben conservato, ma perché questi ambienti devono essere conosciuti dalla gente che vive in città, perché soltanto dalla conoscenza parte la crescita di una cultura ecologica, di una cultura dell’ambiente che ci permette poi d prendere decisioni migliori, sia quando stabiliamo la destinazione d’uso del centro di una città, sia quando stabiliamo la destinazione d’uso della cima delle montagne dei Sibillini. Questo è un ragionamento molto importante. Romagnoli dimostrò con le sue fotografie che lungo questo inquinatissimo fiume Esino c’erano delle zone di nidificazione del martin pescatore. Pochi conoscevano i martin pescatore che è un animale che vive di pesci e se l’acqua non è trasparente il martin pescatore non può pescare, quindi vive soltanto in aree dove l’acqua è trasparente. Lui dimostrò che all’interno di questo territorio c’erano delle isole di natura, si poteva lavorare perché queste isole si estendessero e continuassero a convivere con una presenza umana forte o si poteva lasciar andare avanti questo processo di degrado e far sì che queste isole scomparissero, che il processo che aveva già ristretto fortemente gli ambienti naturali e la qualità dell’ambiente delle nostre aste fluviali fosse azzerato e allora avremmo avuto dei parchi cittadini, avremmo avuto lungo i fiumi la possibilità di fare soltanto delle aree rimboschite, rinverdite, con qualche prato, ma ben poco da osservare se non quello che è dovuto all’intervento umano e non a un processo di evoluzioni naturali.
Credo che il nostro livello di riflessione nel momento in cui andiamo a costituire questa riserva deve essere di altro genere. Questa è una riserva che ha avuto una sua prima verifica, perché quest’oasi naturalistica è stata affidata in gestione a un’associazione che ha fatto sì che in questo territorio si svolgessero delle attività didattiche, educative che hanno convinto, nel corso dell’anno, 30.000 studenti con tanto di insegnanti, con tanto di corpo docente e tantissimi cittadini a partecipare alle attività che all’interno di questa riserva vengono sviluppate. Credo quindi che non facciamo un salto nel buio, sappiamo di creare una riserva naturale regionale trasformando un’oasi di protezione faunistica in qualcosa che ci dà la possibilità di sviluppare e tutelare meglio tutto il territorio. Certo, una volta costituita la riserva bisognerà fare maggiore attenzione e mettere mano anche alla questione della bonifica del territorio dove ci sono stati comportamenti illeciti quali l’abbandono dei rifiuti, certamente non si potrà migliorare la qualità delle acque del fiume Esino a partire soltanto dall’istituzione della riserva in quel tratto di fiume ma bisognerà fare una politica generalizzata, ma ogni qualvolta noi pianifichiamo l’uso del territorio, interveniamo zonizzando questo territorio, individuando su ciascuna zona una destinazione d’uso. Perché negare una destinazione d’uso con forte valore naturalistico, con forte valore educativo a quest’area di Ripa Bianca individuata in passato, anche prima di questo atto, come zona di forte valenza ambientale, individuata anche dalla Provincia, che non riscontra problemi, contrasti con il piano faunistico venatorio, oltre che dalla Regione? E individuata, peraltro, anche dal Ptrap, un atto amministrativo che questo Consiglio regionale ha approvato e che dà delle indicazioni molto precise, anzi spinge proprio in direzione di creare altre aree protette lungo i fiumi entro l’anno prossimo.
Nel 1991 io presentai una proposta di legge, la prima di questo genere in questo Consiglio regionale: “Norme sulla istituzione e gestione dei parchi naturali e riserve regionali naturali”. Una riserva di legge che poi diventò legge, la legge che oggi regolamenta la materia dei parchi. E’ intervenuta successivamente la legge quadro nazionale, ci siamo uniformati ad alcuni principi. Allora individuammo delle aree di reperimento di questi parchi naturali della regione. Ancora molte di queste previsioni sono rimaste sulla carta. Allora individuammo le aree a maggior valenza naturalistica, erano tutte aree collocate nella fascia montana e nella fascia costiera avevamo colle San Bartolo e parco del Conero, oggi abbiamo anche dal sistema degli enti locali una pressione perché sia presa in considerazione anche l’ipotesi della creazione del parco fluviale del Metauro, alla foce che, di tutto il Metauro, è la zona che non ha un livello di conservazione altissima come possiamo pensare alla sorgente di questo stesso fiume; la Sentina: anche qui non abbiamo lo stesso stato di conservazione dell’ambiente che possiamo avere alle sorgenti del Tronto. Ma se vogliamo tutelare la biodiversità non possiamo fare un’operazione di tutela soltanto nella fascia montana e tralasciare quegli ambienti che non hanno più lo splendore di mille anni fa, ma che possono recuperare, che devono recuperare se a noi interessa avere nel territorio almeno esempi e punti di tutela della biodiversità.
Peraltro credo che nel processo che nella nostra regione si è sviluppato abbiamo superato anche delle ataviche difficoltà. Leggo oggi sul giornale una dichiarazione delle associazioni agricole tutt’altro che preoccupate rispetto all’istituzione della riserva, anzi di sostegno all’atto che il Consiglio regionale va a fare. Mi sembra quindi che in parecchi ambienti questo scontro certe volte mi sembra più legato a speculazioni politiche che poi scompaiono nell’arco di una settimana, perché fra una settimana non ci sarà più nessuno che farà polemica, al contrario di altre questioni dove le polemiche rimangono anche dopo che il Consiglio approva gli atti, perché effettivamente sono di una portata maggiore di quelle che artificialmente sviluppiamo quando si parla di parchi e di aree protette. Certo, queste aree protette devono funzionare, queste aree protette devono svolgere un servizio, però la loro missione deve essere commisurata alla loro dimensione e alle risorse che noi mettiamo a disposizione. A questo proposito dobbiamo dire che questa continua opera di ritardo e di rinvio ha fatto sì che noi perdessimo delle risorse destinate agli interventi di gestione e di investimento all’interno di quest’area.
Ho sentito qui richiamare anche la vicenda della casa colonica di cui conosco anche i dettagli, ho già dato un giudizio anche sulla stampa: penso che questa sia una vicenda che attiene ai rapporti tra Amministrazione comunale di Jesi e imprese che hanno vinto con gare al massimo ribasso appalti di lavori che non erano in grado di fare e quindi, probabilmente, il Comune di Jesi avrebbe fatto bene a fare un bando di gara differente da quello che ha fatto, ad individuare direttori di lavori capaci di dirigere quel tipo di lavoro, capaci di stare sul cantiere e di seguire imprese che non erano qualificate per quel tipo di lavoro. Penso che questa questione esuli completamente dall’iter della riserva naturale, anche se certamente è un handicap per la riserva non avere il centro visita funzionante, collaudato, a disposizione dei cittadini che vorranno visitare la riserva, ma credo che la polemica che è stata sviluppata, ancorché su argomenti che possono essere fondati, ha poco a che vedere con la questione politica dell’istituzione della riserva naturale, ha nulla a che vedere con coloro che hanno gestito la riserva naturale, ha nulla a che vedere con coloro che hanno sostenuto la riserva naturale o con coloro che magari, dall’altra parte, l’hanno contrastata.
I verdi chiedono che venga istituita questa riserva, noi ne facciamo un motivo di vanto anche per il centro-sinistra. I verdi non chiedono appalti. Certo è il ruolo dei verdi in questo Consiglio, in questo paese richiamare l’attenzione su alcuni temi e soprattutto tenere il livello del dibattito politico su questi temi alto e non basso. Quindi, quando noi chiediamo a questo Consiglio, a questa maggioranza di fare in modo che questo progetto non rimanga sulla carta, non chiediamo un contentino, ma facciamo in modo che il livello di discussione sulle varie destinazioni d’uso di questo territorio, sul modello economico di questa regione sia un dibattito completo, il livello della discussione sia alto e non squallido e non legato a interessi del momento, estemporanei e che certe volte nascondono anche degli interessi personalistici, come anche in questo caso, nel corso dell’istruttoria del provvedimento abbiamo avuto modo di poter riscontrare.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Novelli.

SERGIO NOVELLI. Presidente, mi stavo ponendo il problema che difficilmente riuscirò a comprimere l’intervento in pochi minuti, chiedo sin d’ora l’applicazione dell’”orologio-Silenzi”, quello che non suona mai il campanello qualunque sia la durata dell’intervento. Dico questo perché c’è il problema di affrontare in pochi minuti un atto che pone tre ordini di problemi. Uno di opportunità politica, uno di evidente e chiara illegittimità amministrativa e uno di ripristino e tutela della verità e della correttezza.
Parto da quest’ultimo aspetto, perché sotto il profilo della illegittimità molto bene ha parlato il collega Castelli. Sotto il profilo della verità ci sono alcuni aspetti che vorrei puntualizzare subito, perché le affermazioni fatte anche pochi minuti fa dall’amico e collega Moruzzi, non rispondono a verità stando a quello che gli attuali gestori dell’oasi affermano.
Si è detto pochi minuti fa, che l’oasi è servita a rendere accessibile e fruibile questo sito di lavatrici per alcuni di niticore per altri, a decine di migliaia di soggetti. Vero non è. I rendiconti annuali del Wwf che ha gestito in questi anni l’oasi, precisando ogni anno che per l’accesso all’oasi era previsto un biglietto di ingresso di 10.000 lire per gli adulti, ridotto a 5.000 per gli studenti che facevano visite guidate, riferiscono di avere registrato 1.905 visitatori complessivi nel 1999, 2.700 nel 20009, quindi nell’arco di tre anni circa 5.000 persone. Ma ciò che sconcerta chi parla — credo che noi dovremmo uscire da qui, se ci sarà un voto a favore di questo sconcio, con un esposto alla Corte dei conti — è che prima di affidare la gestione a un soggetto privato, che non avendo personalità giuridica non risponde neanche ai requisiti che la “Bassanini” ha poi imposto, occorrerebbe verificare se c’è correttezza e sincerità nei rapporti.
Primo dato evidente. Se la relazione afferma che ci sono stati non decine di migliaia di visitatori ma 1.900 paganti nell’anno di maggiore afflusso, come mai la relazione stessa nel bilancio di quello stesso anno porta alla voce “biglietti e donazioni, entrate lire zero”? In quattro anni — 1997, 1998, 1999 e 2000 — a fronte di un afflusso non di decine di migliaia di visitatori ma di neanche 5.000, risultano complessivamente incassati biglietti e donazioni per £. 2.172.000. A questo punto chiedo una riflessione in primis al collega Moruzzi, ma anche agli altri colleghi: come è possibile che un’associazione che ha goduto della fiducia della Provincia, del Comune di Jesi, di questa Regione, che sembra goderne ancora, dichiari di avere migliaia di visitatori e li dichiara anche paganti — nella relazione del 1998 dice “908 paganti” — non presenta nei bilanci neanche una lira per gli incassi di questi visitatori paganti? O ci mente quando dice che ha avuto 908 visitatori, oppure ha veramente staccato 908 biglietti a 10.000 lire e li ha fatti scomparire dal bilancio.
Anche se sono pochi milioni, o decine di milioni nell’anno in cui parla di 2.700 visitatori, una riflessione dobbiamo farla. Qui ci sono dei soggetti che si presentano come volontari, dicono di gestire negli interessi della collettività un patrimonio fruito dal pubblico, il pubblico non affluisce, affluiscono centinaia di milioni della Provincia di Ancona e del Comune di Jesi che vengono dispersi nell’ambiente, ma non a beneficio dell’ambiente bensì a saldo di fatture dei signori Belardinelli Franco, Belfiore Davide ecc., che poi sono gli stessi — il vicepresidente, il presidente dei sindaci — della cooperativa “Il grande albero” che prende l’altra metà dei soldi — quindi sono sempre loro — e che sono volontari ma che ogni trimestre fatturano 2.700.000 lire, 5 milioni di lire per prestazioni di servizi vari in favore dell’oasi. Dov’è il volontariato?
Dico questo perché il Radini che menzionava prima il collega Moruzzi, per avere detto che di fronte a questa gestione non c’era volontariato ma una forma surrettizia di lavoro foraggiato dalla Provincia e dal Comune di Jesi soprattutto, è stato querelato dai predetti, si è difeso dimostrando di fronte al gip la verità del fatto attribuito ed è stato prosciolto perché era proprio vero che la gestione era tutt’altro che trasparente. Per carità, le fatture tutti i mesi per servizi vari integrerebbero la collaborazione coordinata e continuativa, ma volontariato non è.
In questa situazione, che amministratori attenti indurrebbe subito a dire “altolà, lo darò a un soggetto affidabile nella gestione, sarà chi sarà ma tu no finché non mi dici cos’hai fatto con questi soldi, chi erano questi signori, perché millanti visitatori paganti quando poi non ci sono le relative entrate nei tuoi bilanci” — non parlo di cose che ho visto io, non vi dico che ho visto la lavatrice: sono i rendiconti della stessa associazione che ha gestito — vedo che invece l’atto di cui si chiede l’approvazione è deplorevolmente scritto sotto dettatura dell’associazione.
Il primo problema operativo che la maggioranza della Commissione forse non ha approfondito a sufficienza, è quello della possibilità giuridica, dopo la “Bassanini” approvata dalla precedente maggioranza legislativa, di delegare funzioni pubbliche a un soggetto sfornito di personalità giuridica, perché con la “Bassanini” è possibile, ma è possibile in favore di persone fisiche, di persone giuridiche, società di capitali o fondazioni. Qui invece si parla sempre di soggetto privato. Non solo, ma siccome la proposta — se qui si esce con un voto che approva vado dal notaio a dire a chi sarà affidato e a quanto il servizio dopo la gara per titoli — diceva “soggetto privato con sede nella regione”, si fa un’osservazione che dice “non con sede nella regione, ci potrebbe essere qualcuno che ha sede legale a Roma e solo sede operativa nella regione”. Guarda caso il Wwf che ha sede legale in via Po a Roma e solo uffici nella Regione. Sotto dettatura si cambia il testo della delibera e si mette “soggetto privato”. Chiedo a chi vorrà rispondermi: cosa vuol dire “soggetto privato”? Se qui viene un soggetto — e verrà — che ha il riconoscimento del Ministero dell’ambiente ma anche personalità giuridica, vorrei sapere dall’assessore e dai colleghi con quale faccia si darà per titoli al soggetto che non ha personalità giuridica e che ha mal gestito i fondi in questi anni come evincibile dalle sue stesse relazioni, piuttosto che a un soggetto che è in regola con la “Bassanini”. Mi volete spiegare se il soggetto privato deve avere o non deve avere personalità giuridica, Altrimenti il sospetto che questa operazione serva per assumere, eludendo ogni principio di legge e di correttezza, persone senza alcuna gara e a chiamata diretta, diventa fortissimo e invincibile.
La problematica della dettatura dell’atto da parte del Wwf si approfondisce quando si vede che viene progressivamente estesa, fino a termini quasi feudali, la durata della gestione del primo affidamento. Qualcuno ha detto — non solo chi parla, ma l’assessore della precedente Amministrazione del Comune di Jesi, che è graziosa e simpatica ma non è di Alleanza nazionale, cioè la signora Priori dei Comunisti italiani — che la durata massima opportuna per la gestione poteva essere di dieci anni, eventualmente rinnovabili. Si arriva a questo fatto inaudito — non mi era mai capitato prima di vederlo — di una durata ventennale. Siamo quindi di fronte a un atto che non solo è chiaramente non approfondito, non solo prende le mosse da affermazioni false, quelle di decine di migliaia di visitatori, quelle di migliaia di paganti che andrebbero a vedere le lavatrice, quando poi dei loro pagamenti non c’è traccia in alcuna sede. Arriviamo anche a una maliziosa alterazione dei dati istruttori: si arriva a 300 ettari ignorando una direttiva comunitaria del 1992 che identificava in 136 ettari l’ampiezza ottimale di una riserva. Si va a citare una sentenza della Corte costituzionale in maniera maliziosa, callida e mendace, estrapolandone un pezzetto delle premesse. Si sa che quando la Corte costituzionale fa il bilanciamento degli interessi contrapposti, dice “è vero questo, è vero quest’altro, complessivamente bilanciando emerge ciò”. Non si trascrivono le conclusioni, si trascrive il pezzetto che dice “è vero che occorre tener conto delle esigenze di tutela”, si dimentica che la sentenza della Corte costituzionale concludeva rigettando il ricorso del Wwf della Regione Liguria, concludendo espressamente che “la disciplina di cui trattasi — cioè l’art. 10 della 157 che limitava al 25% — appare volta dunque a vincolare...”. Vincolare cosa vuol dire? Vuol dire che si può fare il 20 o il 25%. “...nella elaborazione dei piani faunistico-venatori”. Cioè, per la Corte costituzionali sono loro gli strumenti nei quali si fa la verifica della percentuale vincolante. E questa è la Corte costituzionale, che per non farci ritrovare avete citato nel testo della delibera con data e numeri errati, maliziosamente per non farli rintracciare o per sbaglio? Comunque sono sbagliati, la sentenza è qui, chi non crede a quello che ho detto se la può leggere gliene do una copia. Si constata che l’atto è falso nelle premesse, contiene callidi errori deliberati per mascherare un po’ l’operato, vengono affermate circostanze non vere.
Concludo con l’ultima valutazione di tipo squisitamente politico. Ci chiedete di votare oggi. Abbiamo detto che la Provincia di Ancona ha espresso una forte critica nei confronti della violazione del limite percentuale della 157, abbiamo detto che il Comune di Jesi ha chiesto di essere spogliato del suo territorio per un periodo inferiore all’usucapione legale, sappiamo, non formalmente ma l’abbiamo tutti appreso, che il Consiglio comunale di Jesi va a deliberare su questa situazione fra due giorni. Chiedo a me stesso e a voi: perché la fretta di arrivare oggi al voto? Forse per impedire che il voto della maggioranza, che non è di centro-destra, del Comune di Jesi, fra due giorni vada a chiarire che questa è un’operazione voluta non dagli amministrati, ma fatta a beneficio di un’associazione che vuole assumere tre persone senza gara, per continuare a dare decine di milioni di vecchie lire all’anno in maniera amicale e per conoscenza diretta. Sotto questo profilo pongo anche un’altra esigenza di correzione che sarà un’altra cosa che dovrei segnalare alla Corte dei conti, come tutti quanti. Nel testo che ci proponete, che viene in aula dopo qualche mese di palleggiamento, rimane immodificato l’art. 10 che prevede e stanzia la somma di euro 51.600 a carico di un capitolo per l’anno 2002 e ulteriori euro 50.000 ancora a carico dell’anno 2002. Mi chiedo e vi chiedo: siamo al 18 dicembre, che spese mai l’istituenda riserva, nella delegata e non creduta ipotesi che venga veramente istituita oggi e pubblicata domani sul Bur dovrà fare in questi 11 giorni? Questi 200 milioni in 11 giorni servono a pagare ancora una volta le fatture dei signori Belfiori, Belardinelli, Alessandrelli, Farroni che ogni anno a dicembre ammucchiavano queste fatture tutte per servizi resi, senza scrivere una volta che fosse una quali servizi fossero? Se questo è lo scopo, se questa è l’intenzione, è vero che siamo quasi a Natale, è vero che a Natale si fanno i regali, ma questi 103.000 euro vi chiederei di non regalarli a questa nuova struttura. Se poi questi signori mi vogliono querelare come hanno fatto con il sig. Radini, mi impegno fin d’ora a rinunciare alla non punibilità di cui godrei per avere detto queste cose qui, mi querelino quanto vogliono, mi difenderò nel merito, segnalo che mi sembra una scelta deplorevole fatta oggi, lasciando anche lo stanziamento per il 2002. Chiedo, nel caso in cui qualcuno voglia effettivamente farlo questo regalo di Natale — io sono fuori peso e ho la barba bianca, ma non lo voto sicuramente — a nome anche di Ciccioli e Romagnoli il voto per appello nominale, ovviamente non favorevole del nostro gruppo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Franceschetti.

FAUSTO FRANCESCHETTI. Voglio dire poche cose su questo atto, non essendo io un esperto di questi problemi, di problemi relativi ai parchi e alle riserve naturali, inquadrando il problema da un punto di vista più politico.
Oggi si ripropone il solito dibattito che abbiamo ascoltato altre volte quando in questo Consiglio abbiamo affrontato problemi simili a questo. Si ripropone da una parte la solita divisione politica, tra chi pone più l’accento sulla contrarietà alla nascita di questi parchi, quindi pone più l’accento sulle questioni relative ai vincoli, ai limiti che l’istituzione dei parchi comporta e chi invece pone più l’accento sulle questioni relative ai fatti positivi, alle opportunità, anche, che l’istituzione di queste riserve naturali comporta per la collettività. Sappiamo che è un dibattito difficile che coinvolge soggetti diversi, tutti legittimati, dal proprio punto di vista, a sostenere i propri interessi, che spesso sono anche contrastanti tra di loro, per cui questa è una delle materie dove diventa obiettivamente difficile trovare una sintesi che possa accomunare tutte le parti che sono in campo.
Io penso che, come in altre occasioni, tuttavia è necessario che questo Consiglio si prenda le sue responsabilità e decida. Ho sentito qui anche proposte da parte di diversi colleghi di rinviare questo punto a quando si approverà il piano faunistico-venatorio. Credo che non modificheremmo di alcunché se rinviassimo anche di un solo mese l’approvazione di questo atto. Non so che cosa potrebbe cambiare da qui a un mese o da qui a dopo l’approvazione del piano faunistico-venatorio, tanto più in una circostanza come questa dove noi non partiamo da zero, dove già esiste un’oasi che è strutturata e che questo atto amministrativo propone di trasformare in riserva naturale, con una piccolissima aggiunta di terreno, per di più in parte anche individuato come sito di interesse comunitario, quindi con una sua rilevanza da un punto di vista ambientale. Debbo anche dire che non mi pare che questa proposta da parte della Giunta venga come un fulmine a ciel sereno. Noi abbiamo discusso i piano triennale delle aree protette, credo oltre un anno e mezzo fa, dentro quel piano delle aree protette era detto in maniera esplicita che addirittura entro il 31 dicembre dell’anno scorso doveva la Regione istituire, dove attualmente c’è l’oasi, la riserva naturale di Ripa Bianca, quindi mi pare proprio che questa cosa non sia nata dall’invenzione di qualche assessore, della Giunta o di questa maggioranza.
Sottolineo altri due aspetti nel merito di questa questione che a me pare offrano una garanzia ampia a tutti quanti, sia dal punto di vista della gestione concreta della riserva, perché la proposta di atto amministrativo propone la messa a bando della gestione stessa attraverso alcuni criteri, bando che deve essere fatto direttamente dalla Regione. l’altra garanzia importante che va sottolineata, è che sui punti cardine delle scelte che dovranno essere operate, al di là della gestione concreta, l’atto amministrativo coinvolge direttamente tutti i soggetti istituzionali che sono interessati alla questione, dalla Regione alla Provincia di Ancona, al Comune di Jesi dove l’area che dobbiamo oggi decidere come riserva naturale insiste. Quindi credo che questo dà ampie garanzie perché ci sia non tanto una gestione concreta, partecipata, quanto il fatto che tutti questi soggetti possono dire la loro attraverso gli accordi di programma che sono vincolanti perché si prevede, oltretutto, che ci sia l’unanimità per prendere decisioni, quindi il piano di gestione e il piano di sviluppo, i programmi attuativi di questo piano di gestione e di sviluppo, oltre che il bilancio, saranno scelte fondamentali dalle quali non è possibile prescindere rispetto all’accordo con il Comune, la Provincia di Ancona e la Regione Marche. Credo quindi che questo sia un fatto importante al quale si aggiunge un altro elemento: la costituzione di un tavolo tecnico all’interno del quale ci sono le rappresentanze dei soggetti più interessati, dagli agricoltori ai proprietari delle aree, alle rappresentanze ambientali.
Ho voluto sottolineare questi due aspetti che a me paiono importanti, che danno queste garanzie che poi il dibattito stesso che si è sviluppato questa sera ha richiesto.
Penso che dobbiamo guardare a queste occasioni non solo come elementi di vincolo ma anche come opportunità di sviluppo che, se sono adeguatamente sfruttate possono dare una risposta in positivo anche a chi abita in quell’area dal punto di vista economico non solo per quanto riguarda il mantenimento dell’habitat naturale ma per quanto riguarda lo sviluppo del turismo e alcune forme di gestione legate al turismo stesso, come l’agriturismo e la stessa gestione agricola di quei terreni che rappresentano qualcosa come il 70%.
Da questo punto di vista il nostro giudizio, come gruppo Ds è positivo, noi voteremo questo atto, valutando positivamente gli emendamenti che sono stati proposti in parte dalla relatrice, in parte dai consiglieri Amati e Avenali.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ciccioli.

CARLO CICCIOLI. Questa proposta di atto amministrativo è diventata una specie di bandiera contrapposta tra le associazioni ambientaliste che ne fanno non solo una bandiera ma una linea avanzata rispetto ad alcune tesi, e le associazioni venatorie che ritengono che questa delibera sia una sorta di ferita loro inferta attraverso un tipo di gestione che non condividono e che hanno largamente criticato.
In mezzo ci sono anche i cosiddetti ambiti territoriali, in particolare il Comune di Jesi dove non si sono ritrovate le rappresentanze politico-istituzionali, i normali schieramenti ma si è creata una trasversalità di schieramenti tra persone che sostengono l’opinione favorevole e persone che sostengono l’opinione contraria. In realtà l’atto amministrativo è un po’ atipico rispetto ai normali percorsi, perché pur essendo stato più volte rinviato e sottoposto a un’istruttoria abbastanza lunga, di fatto questo atto costituisce un atto differenziato rispetto al piano faunistico in corso di approvazione e addirittura ne è in contrasto. Quest’area di riserva naturale di 267 ettari è fortemente diversa dalle indicazioni contenute nel modello tipo europeo che dovrebbe essere comunque notevolmente maggiore, perché rappresenta una piccola area in un contesto diverso.
A noi pare un’operazione fortemente politicizzata, che rappresenta una sorta di contentino che viene dato al movimento verde escluso dalla Giunta regionale. Sicuramente c’è insofferenza da parte del gruppo verde, da parte dei movimenti ambientalisti per l’esclusione che c’è stata nella prima parte della legislatura, ma successivamente anche nel rimpasto delle scorse settimane. A me sembra che rappresenta più un bilanciamento politico rispetto a una scelta di territorio.
In effetti la gestione che viene abbozzata è una specie di delega alla gestione a una delle associazioni ambientaliste, quantanche una delle più note e più antiche, con una sorta di area protetta nella gestione dal punto di vista amministrativo, contabile.
Ci troviamo tutti a esaminare che sta emergendo nella società un nuovo tipo di volontariato. Rispetto al volontariato tradizionale che era il volontariato vero, cioè quello di persone che si mettevano a disposizione della società civile per svolgere un ruolo che comunque non era svolto dalle istituzioni pubbliche, si sostituisce oggi una sorta di volontariato a pagamento, volontariato “a stipendio” o comunque fortemente incentivato in alcune fasce del settore sia sociale che ambientalistico. A noi non appare che privilegiare questo tipo di volontariato sia una scelta forte, perché si crea una sorta di clientelismo, una sorta di contrattazione tra coloro che gestiscono la pubblica amministrazione e alcune associazioni di volontariato che di fatto diventano organiche in seguito alla concessione di gestioni o comunque di contributi finalizzati a scopi specifici.
Il gruppo An ha discusso su questo atto amministrativo e si è trovato complessivamente d’accordo nel contestare questo tipo di procedura. Ci sono sensibilità diverse come in tutti i gruppi, sensibilità più fortemente ambientalistiche, sensibilità che hanno più attenzione al mondo venatorio, ma su tutti è prevalso l’aspetto che questa proposta di atto amministrativo non ci convince, sia per ciò che è avvenuto nella gestione fin qui, sia per la gestione che verrà. E’ pur vero che qui viene previsto un bando per titoli a regia regionale, riservato però alle associazioni di protezione ambientale che hanno sedi operative od uffici nella regione, cioè un bando a regia regionale guidato, ben delimitato in cui mancano i soggetti che alla fine avranno questa concessione. Ma a noi sembra largamente scritto, sia per la storia che c’è dietro questa area protetta che diventa riserva naturale di 267 ettari, sia per quanto riguarda i singoli, le persone. La richiesta di inserire l’area fluviale dell’Esino e le aree connesse nel più ampio contesto del piano faunistico in corso di approvazione, ci sembra non una proposta provocatoria ma una proposta organica. In questo momento si è calcolato che il 40% delle aree della regione sono sottratte all’esercizio venatorio, quindi ben oltre quel 25% previsto dalla legge. Anche attualmente, una parte di quest’area che dovrebbe essere guidata, in realtà, come è stato documentato più volte in varie riunioni a cui siamo stati invitati, presenta delle zone di abbandono, di cattiva gestione. Ci può essere contestato: “ma a questo punto, con l’istituzione della riserva naturale, queste storture — che sono documentate attraverso una documentazione fotografica presentata ai consiglieri regionali e alla stampa — possono essere superate. Noi riteniamo però che così come è impostato il documento sia una sorta di privilegio. Ho cominciato l’intervento dicendo che questo atto amministrativo è diventata una sorta di bandiera contrapposta tra coloro che sono ostili e coloro che a tutti i costi pretendono di ottenerla, una sorta di scambio politico tra mancati equilibri di Giunta, tra settori che sostengono a maggioranza e associazioni comunque, in qualche modo fiancheggiatrici della maggioranza. E allora, su tutto questo noi riteniamo di non dare il nostro voto favorevole, anzi di contestare alla base tutta l’operazione che si sta portando avanti.
Non mi dilungo ulteriormente, dico solo che noi non siamo d’accordo, perché vi sono associazioni finalizzate politicamente e addirittura, per certi aspetti, per certi risvolti, anche clientelari. Su questo noi non siamo d’accordo, su questo esprimiamo il nostro voto contrario, su questo voteremo contro.
Il costo di 1.800 milioni per la ristrutturazione della casa colonica ci sembra pari a quello di un condominio residenziale, forse molto di più; 300 milioni per la realizzazione di un belvedere, mentre in realtà si tratta di un prato che non ha grande valore; 100 milioni l’anno per la gestione. In un momento di grande stretta finanziaria per la Regione, sembra che in questo caso i soldi ci siano tranquillamente. Ci sarebbero tanti altri interventi, addirittura d’emergenza, sull’ambiente, da poter fare: finalizzare dei fondi di questa portata su situazioni veramente a rischio sarebbe opportuno. Abbiamo discusso qui dai problemi dell’erosione marina ad altri problemi di rischio ambientale nelle zone fluviali e poi investiamo in una casa colonica, prima chiamata “rurale”, ora semplicemente “colonica” e in gestione di un belvedere che tale non sarebbe. Quindi, anche dal punto di vista squisitamente dell’impegno finanziario non ci troviamo d’accordo e non consentiremo alcun avallo a questa operazione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Gasperi.

GILBERTO GASPERI. Farò un intervento brevissimo, perché sia chiara e importante una questione. Le spese miliardarie effettuate nel territorio con pubblico denaro non trovano riscontro nel rapporto tra spese e realizzazioni. Chiedo, pertanto: è stata eseguita la valutazione d’incidenza in base al Dpr 8.9.1997, n. 357? E’ un regolamento recante attuazione delle direttive 92 e 43 della Cee ed anche in base al Ptrap, cioè al piano regionale delle aree protette. Ripa Bianca è attualmente solo proposta di sito di interesse comunitario, non essendo individuato come tale. Come proposta di sito Ripa Bianca si vede indicata una superficie di 131 ettari e non 320 come previsto per la riserva. Tra l’altro, occorre considerare che il territorio è per il 72,61% costituito da terreno coltivato e solamente per la restante parte costituito dal fiume, da tre boschetti di resinose che sono completamente estranee alla vegetazione locale. Per avere una valutazione e un riscontro di quanto finora a Ripa Bianca è stato fatto, in particolare riguardo alla ristrutturazione della casa che è di proprietà di un ex ente di beneficenza che non ha esaurito le sue finalità, e nel caso fossero state esaurite si sarebbe dovuta trasferire alla Asl locale. La spesa ammonta a 1.825 milioni e a questa devono sommarsi le spese di arredamento, sistemazione esterna ecc. Sia ben chiaro che sarebbe opportuno che venisse istituita una Commissione d’inchiesta da parte del Consiglio e si richiedesse un sopralluogo da parte della Ue per l’attinenza delle spese, essendo queste in parte fatte con i fondi comunitari. Da parte dei proprietari, che vengono penalizzati perché la maggior parte sono tutte proprietà private, i quali non sono stati assolutamente ascoltati e sentiti, ci sarà un ricorso al Tar e una richiesta di riscontro per le spese che hanno fatto carico alla Ue.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Amagliani.

MARCO AMAGLIANI. Stiamo parlando di una questione che interessa il territorio agrosilvopastorale per un aumento dello 0,005%. Ho sentito tantissimi numeri in quest’aula e tantissime cose che per la verità non attengono sicuramente a questo dibattito, fino alle ultime affermazioni del consigliere Ciccioli il quale parla addirittura di un bilanciamento politico. Cioè noi arriveremmo in quest’aula a votare la prima riserva naturale della Regione Marche per un bilanciamento politico. E mi domando io, assessore all’ambiente di questa Regione da circa un mese: ma un bilanciamento politico con chi? L’istituzione della riserva naturale non interessa in quest’aula solo ed esclusivamente il gruppo Verdi, ma il gruppo di Rifondazione comunista, l’assessore all’ambiente, questa maggioranza, non sulla base di un “si dice” ma sulla base di atti ufficiali.
Questa stessa aula ha votato il 25 luglio del 2001 la legge n. 41 che riguarda il piano triennale delle aree protette. In quel momento si è avviato l’iter per l’istituzione della riserva naturale definita Ripa Bianca. In quella stessa seduta, con quello stesso atto noi ci siamo anche impegnati ad altre aree naturali protette: Montecucco, Sentino, Foce del Metauro. Tutto questo per dire che non c’è stato alcuno scambio politico, c’è stato invece un riferimento preciso, politico ad atti che quest’aula ha licenziato. Si è fatto riferimento anche ad altri momenti e ad altri atti votati da quest’aula. Vorrei iniziare dalla legge nazionale, la 157 del 1992 che prevedeva una superficie di territorio utilizzabile in tal senso dal 25 al 30%. Per la verità, rispetto alle percentuali si è pronunciata la giurisprudenza amministrativa e costituzionale, sostenendo che questi limiti non sono affatto inderogabili, in quanto spetta alla programmazione regionale e provinciale, di volta in volta, contemperare e bilanciare le varie esigenze e per “varie esigenze” si intendono quelle ambientali, quelle faunistiche e quelle agricole.
Questo Consiglio regionale nel 1995 ha votato la legge 7 che prevedeva un utilizzo inferiore, dal 20 al 25%, dopodiché votò anche il piano faunistico che riduce questa percentuale al 20%.
Per la verità il piano faunistico, nel momento in cui è stato votato prendeva atto del fatto che questo 20% lo si era già superato. Io mi baso su atti ufficiali, perché capisco che si possono dare anche dei numeri, ma per non dare dei numeri nel senso latamente inteso bisogna riferirsi ai dati ufficiali.
La superficie totale protetta in questa regione è di 197 ettari su una superficie agrosilvopastorale stimata attorno agli 840.000 ettari. Capirete che i 44 ettari di cui prima parlavo sono lo 0,005% in più, quindi una quota veramente irrisoria. Attenendoci a questi dati che sono quelli ufficiali, noi oggi siamo al 23,5% dell’area occupata. Qualcuno ha sollevato la questione della provincia di Ancona. La provincia di Ancona è quella meno interessata, è sotto del 20%; dall’utilizzo del suo territorio in tal senso è la provincia meno interessata. E oggi aumenterebbe, con questo atto, dello 0,005% in più. A me sembra che tutta una serie di questioni poste vengano meno. Vorrei cercare di rispondere a tutte le cose che ho sentito, a partire dell’atteggiamento del Comune di Jesi. Il Comune di Jesi ha un atteggiamento univoco, perché il primo ente istituzionale a riferirsi a un’oasi protetta inizialmente di 18 ettari è proprio il Comune di Jesi. Questa sua attività in tal senso prosegue e viene fatta una richiesta dall’allora assessore all’ambiente — 1996 — per la costituzione di un’oasi di protezione della fauna, quest’oasi che oggi conta 256 ettari. Questa stessa maggioranza che governa il Comune di Jesi, nel 1998 poneva a fondamento del suo programma elettorale l’istituzione della riserva naturale definita oasi di Ripa Bianca. Se qualcuno si dovesse riferire a ciò che andrà in Consiglio tra due giorni, tra un mese, tra un anno credo che non sia possibile per alcuno capire cosa succederà, ma l’atto ufficiale che io ho, che è l’unico atto votato dal Consiglio comunale di Jesi, del luglio 2000 prevede tre ordini di problemi e su tutti e tre io ho dato risposta e credo anche soddisfazione al sindaco di quella città, nel senso che le preoccupazioni che venivano poste sono risolte.
Per quello che attiene alle spese miliardarie per la casa all’interno di quella realtà, lo stanziamento è stato di 2.295 milioni di vecchie lire e quello stanziamento è stato richiesto e ottenuto dal Comune di Jesi nell’ambito di una misura sul turismo naturistico presente nei fondi strutturali ex Obiettivo 2, quindi abbiamo utilizzato fondi comunitari per il 95%, questa è la verità. Ho sentito dire delle cose dal consigliere Novelli rispetto all’utilizzo del denaro pubblico fatto in un certo modo, adombrando una mala gestione del danaro pubblico: a me sembra che su questa stessa questione siano intervenuti nello stesso momento Forza Italia e Sdi con una specifica denuncia, ma credo che il tribunale di Ancona abbia archiviato il caso, dopodiché se parliamo di rimborsi spese è del tutto evidente che la cosa sussiste.
Rispetto alle qualità, alle valenze naturalistiche dell’area io non sono un professionista del settore, però mi sono informato e mi sembra che queste valenze naturalistiche siano state accertate dal prof. Biondi, dal prof. Pandolfi, dal prof. Pedrotti sulla base di direttive comunitarie dell’Istituto nazionale per la fauna selvatica.
La gestione viene affidata ad un bando pubblico che si riferisce ad una normativa nazionale. Se qualcuno fin d’ora vuol leggere all’interno di quel bando la risoluzione di quel bando stesso è libero di farlo. Io mi attengo agli atti ufficiali che noi voteremo in quest’aula.
Chiudo perché mi sembra di aver risposto alle questioni principali, ma anche perché mi sembra che l’attenzione vada un po’ scemando, così come sempre: ci si riempie la bocca di una tutela particolare nei confronti delle tematiche ambientali, ma quando poi viene il momento di dimostrare che questa valenza è reale, che abbiamo una considerazione reale per queste tematiche, allora tutti facciamo un passo indietro in relazione alla difesa di chissà quali interessi.
Circa l’istituzione della prima riserva regionale di questa nostra regione, un’area protetta di soli 380 ettari, il cui iter è iniziato da tre anni, non si dica che in fretta e furia stiamo cercando di votare. Il Ptrap prevedeva l’istituzione della riserva naturale entro il 31 dicembre 2001: siamo qui con un anno di ritardo. Le motivazioni per cui si chiede un ulteriore ritardo non le conosco, o meglio me le immagino ma non le dico perché non voglio fare il processo alle intenzioni, ma i dati sono questi. Noi avremmo dovuto ottemperare al Ptrap un anno fa, non l’abbiamo fatto, mi auguro di riuscirci questa sera. Credo che questo sarebbe il primo, chiaro e concreto segnale di una ritrovata attenzione di questa Amministrazione regionale nei confronti di queste tematiche, dopo aver vissuto la positiva esperienza e stagione della costituzione dei parchi regionali.
Chiedo quindi all’aula di votare questo atto.

PRESIDENTE. Ha la parola il Presidente D’Ambrosio.

VITO D'AMBROSIO, Presidente della Giunta. Essendo terminato il dibattito generale, chiedo il rinvio del voto in modo che possiamo approfondire, vedere meglio, passando al punto successivo dell’ordine del giorno.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di rinvio.

Il Consiglio approva



Proposta di legge (Discussione e votazione): «Norme in materia di referendum sulle leggi regionali di revisione statutaria» Amati, Favia, Tontini, Viventi, Massi, Procaccini, Moruzzi, Luchetti, Benatti e Silenzi ((109)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 109, ad iniziativa dei consiglieri Amati e altri.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Giuseppe Ricci.

GIUSEPPE RICCI. La relazione sarà brevissima, perché si tratta di una proposta di legge firmata da tutti i gruppi consiliari che abbiamo esaminato in Commissione statuto e licenziato all’unanimità nella competente Commissione consiliare affari istituzionali.
Questa proposta di legge, ai sensi dell’art. 123 della Costituzione, così come modificato dalla legge costituzionale 1/99 si propone di stabilire me modalità per celebrare l’eventuale referendum confermativo quando l’Assemblea approverà lo Statuto. La nuova legge costituzionale stabilisce che le Regioni approvano gli statuti e le modifiche agli statuti con due votazioni distinte e separate da un lasso di tempo di almeno 60 giorni fra la prima e la seconda votazione e la proposta di legge deve essere approvata a maggioranza assoluta dall’aula.
L’introduzione di questo nuovo principio della possibilità che si celebri anche un referendum confermativo, di fatto equipara il meccanismo di modifica e di equiparazione degli statuti regionali al meccanismo di approvazione e di modifica della Costituzione dello Stato. La norma costituzionale dice che il referendum può essere chiesto da un cinquantesimo degli elettori iscritti nelle liste elettorali o da un quinto dei consiglieri regionali. Con questa proposta di legge noi abbiamo definito e normato le modalità per presentare la richiesta per la verifica del possesso dei requisiti da parte dei cittadini richiedenti — atto che deve essere fatto dagli uffici regionali — o per definire le modalità con le quali un quinto, quindi otto consiglieri regionali, chiedono la celebrazione del referendum. C’è tutta una procedura definita nei tempi e nell’aspetto burocratico e di fatto con questa proposta di legge che oggi approveremo, anticipiamo la discussione su un tema che poi andremo a definire compiutamente con l’approvazione dello Statuto. Entro il mese di gennaio lo Statuto sarà già approvato nella sua proposta dalla Commissione, quindi avvieremo le consultazioni e con questa legge, anche negli incontri che avremo con le varie categorie, con gli enti locali, con le associazioni, con il mondo produttivo, con le parti sociali potremo anche dire che esiste una norma che consente ai cittadini marchigiani di pronunciarsi per confermare, eventualmente, lo Statuto stesso.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Romagnoli.

FRANCA ROMAGNOLI. Abbiamo lavorato bene in Commissione eliminando alcune cose ed aggiungendone altre. In fondo è una legge profondamente tecnica, dal contenuto molto giuridico e vincolato, quindi non sarebbe potuto essere altrimenti. Si era discusso sulla opportunità di sottoporre la validità del referendum confermativo al raggiungimento di un quorum, cosa che abbiamo ritenuto giuridicamente non praticabile, perché qualora il quorum non si fosse verificato avremmo ottenuto la sospensione dell’effetto del referendum, quindi la non conferma dell’atto, cosa che avrebbe sospeso lo Statuto in maniera definitiva.
Ritengo che siano tutelate tutte le esigenze che potrebbero verificarsi, quindi abbiamo concluso con un voto unanime su questa legge.

PRESIDENTE. Passiamo all’esame degli articoli.
Articolo 1. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 3. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 4. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 5. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 6. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 7. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 8. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 9. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 10. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 11. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 12. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 13. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 14. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 15 Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 16. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 17. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 18. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 19. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di legge nel suo complesso.

Il Consiglio approva

La seduta è tolta. Auguri a tutti.

La seduta termina alle 18,45