Resoconto seduta n.42 del 10/10/2006
La seduta inizia alle 10,10



Approvazione verbale

PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letto ed approvato, ai sensi dell’art. 29 del regolamento interno, il processo verbale della seduta n. 41 del 26 settembre 2006.



Proposta di legge
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. E’ stata presentata, in data 5 ottobre 2006, ad iniziativa della Giunta, la proposta di legge n. 123: «Disposizioni in materia di riordino della disciplina dell’Istituto nazionale riposo e cura per anziani (INRCA)», assegnata alla V Commissione.



Mozioni
(Annuncio di presentazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti mozioni:
— n. 106 dei consiglieri Bugaro, Benatti, Favia, Cesaroni, Silvetti, Badiali e Rocchi: «Caselli di Ancona nord/sud – Autostrada A/14»
— n. 107 del consigliere Favia: “Disservizi della compagnia Alitalia nei voli da e per Ancona»;
— n. 108 dei consiglieri Castelli, Pistarelli, D'Anna, Romagnoli e Silvetti: «Finanziaria 2007 - Cancellazione della facoltà del contribuente di devolvere il 5 per mille in favore di associazioni di volontariato, no profit e del terzo settore»;
— n. 109 del consigliere Favia: «Trasferimento Sert — Ancona»;
— n. 110 del consigliere Viventi: «Tagli agli enti locali previsti dalla legge finanziaria nazionale»;
— n. 111 dei consiglieri Ricci, Solazzi, Brandoni, Pistarelli, Rocchi, Favia, Massi, Viventi, Procaccini e Binci: “Sostegno ai giornalisti italiani nella vertenza per il rinnovo del contratto di lavoro»;
— n. 112 del consigliere Capponi: “Sostegno ai giornalisti italiani nella vertenza per il rinnovo del contratto»;
— n. 113 dei consiglieri Massi, Lippi e Viventi: «Ripristino del cinque per mille».



Nomina

PRESIDENTE. Ho provveduto, in data 29 settembre, con decreto n. 77, alla nomina del revisore unico dell’I.R.Ma Immobiliare Regione Marche s.r.l.



Legge regionale promulgata
dal Presidente della Giunta

PRESIDENTE. Il Presidente della Giunta ha promulgato, in data 2 ottobre 2006, la legge regionale n. 14: «Disposizioni sulla partecipazione della Regione Marche al processo normativo comunitario e sulle procedure relative all’attuazione delle politiche comunitarie».



Deliberazioni trasmesse dalla Giunta regionale

PRESIDENTE. La Giunta ha trasmesso le seguenti deliberazioni:
in data 18 settembre 2006:
— n. 1014 «Art. 25, comma 1 della l.r. 10 febbraio 2006, n. 3 – Iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2006 di entrate derivanti da assegnazione di fondi da parte dello Stato vincolati a scopi specifici e delle relative spese. euro 26.166.128,36»;
— n. 1022 «Attuazione della l.r. 11 luglio 2006, n. 8 concernente: ‘Finanziamenti alla Società Aerdorica per la gestione dell’aeroporto di Falconara’»;
— n. 1023 «Art. 29, comma 2, della l.r. 11 dicembre 2001, n. 31 – Variazione compensativa al Programma Operativo Annuale per l’anno 2006»;
— n. 1024 «Art. 29, comma 2 della l.r. 11 dicembre 2001, n. 31 – Variazione compensativa al Programma Operativo Annuale 2006, approvato con DGR n. 154/2006 per attuazione decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 11743 del 18/2/2005 (codici Siope) – Modifiche tecniche al Programma Operativo Annuale 2006 (POA)»;
— n. 1025 «Art. 26, comma 1, della l.r. 10 febbraio 2006, n. 3 e art. 16, comma 1, della l.r. 2 agosto 2006, n. 13 – Variazioni compensative al Programma Operativo Annuale (POA) 2006 approvato con DGR n. 154 del 20 febbraio 2006 e sue successive modificazioni ed integrazioni»;
— n. 1026 «Art. 25 della l.r. 10 febbraio 2006, n. 3 – Iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2006 di stanziamenti di entrate derivanti da assegnazioni di fondi da INAIL – Direzione Regionale per le Marche per realizzazione progetti nel campo della prevenzione. euro 250.000,00»;
— n. 1027 «Art. 25 della l.r. 10 febbraio 2006, n. 3 – Iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2006 di stanziamenti di entrate derivanti da assegnazioni di fondi da parte del Ministero della Salute per il finanziamento di progetti di ricerca finalizzata presentati dalla Regione Marche. euro 415.000,00»;
— n. 1028 «Art. 16, comma 1, della l.r. 2 agosto 2006, n. 13 – Variazione compensativa al Programma Operativo Annuale 2006. Importo di euro 51.999,14»;
— n. 1029 «Art. 29, comma 2, della l.r. 11 dicembre 2001, n. 31 – Variazione compensativa al Programma Operativo Annuale 2006 approvato con DGR n. 154/2006 per attuazione decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 11743 del 18/02/2005 (codici Siope)»;
— n. 1030 «Art. 25, comma 1, della l.r. 10 febbraio 2006, n. 3 – Iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2006 di entrate derivanti da assegnazioni statali e relative alla ripartizione tra le Regioni del Fondo Nazionale per la Montagna – Anno 2004 (_ 1.368.427,19)»;
— n. 1045 «Art. 29, comma 2, della l.r. 11 dicembre 2001, n. 31 – Variazione compensativa al Programma Operativo Annuale 2006 approvato con DGR n. 154/2006 -euro 500.000,00».
In data 25 settembre 2006:
— n. 1054 «Art. 29 della l.r. 11 dicembre 2001, n. 31 e art. 26 della l.r. 10 febbraio 2006, n. 3 – Variazione compensativa. euro 1.291.695,00».



Congedo

PRESIDENTE. Ha chiesto congedo il Presidente Spacca.



Commemorazione

PRESIDENTE. Chiedo al Consiglio di osservare un minuto di silenzio in memoria dell’alpino Cardella morto a seguito dell’attentato a Kabul.

(Il Consiglio osserva un minuto di silenzio)



Ordine dei lavori

PRESIDENTE. L’assessore Ascoli che dovrà rispondere a due interrogazioni, alle 11,30 dovrà assentarsi, quindi, eventualmente, anticiperemo la trattazione delle interrogazioni di sua competenza.



Interrogazione (Svolgimento): «Situazione ospedale di Recanati», Pistarelli (487)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 487 del consigliere Pistarelli.
Per la Giunta risponde l’assessore Mezzolani.

Almerino MEZZOLANI. Con nota prot. n. 204690 del 7/09/06 sono stati richiesti al direttore dell'Asur e della Zona territoriale n. 8 di Civitanova elementi istruttori in merito a quanto rappresentato dal consigliere.
Il direttore della Zona con nota prot. n. 33529 del 21/09/06 e in merito ai punti contestati ha precisato che, come chiaramente risulta dal protocollo d'intesa con le organizzazioni sindacali, la stessa non era impegnata ad assumere dirigenti di struttura complessa di medicina e chirurgia, bensì a garantire l'immediato avvio delle procedure necessarie alla copertura dei due posti vacanti, impegno regolarmente assolto poi ostacolato dalle nuove disposizioni della finanziaria dello Stato, che ha previsto restrizioni delle assunzioni per tatti gli enti pubblici.
Il provvedimento assunto dalla Zona territoriale nel periodo estivo di accorpamento dei reparti di ostetricia e pediatria è stato indotto dalla carenza di medici pediatri aggravata dal dover garantire le ferie estive al personale in servizio.
Ad oggi la Zona territoriale ha in corso le operazioni per il ripristino dell'attività di Ostetricia e pediatria presso l'ospedale di Recanati.
Considerato quanto sopra è necessario aggiungere, a proposito dei punti sollevati dall'interrogazione, quanto segue:
1. l'avvio delle procedure per la selezione dei Dirigenti di Struttura complessa della Zona territoriale n. 8 di Civitanova Marche seguirà le modalità indicate nelle recenti deliberazioni della Giunta regionale n. 774/06 e n. 942/06, applicative dei contenuti della legge finanziaria n. 266/05 e riguardanti misure di contenimento della spesa relativa al personale delle aziende ed enti del SSR. Tutte le proposte presentate dalle aziende/zone territoriali verranno infatti valutate secondo le suddette disposizioni ed in coerenza con la programmazione sanitaria attuale e futura;
2. sussistono problemi a livello regionale per il reclutamento di alcune professionalità come quelle pediatriche ed anestesiologiche, in quanto vi è un'oggettiva scarsa disponibilità sul mercato delle figure stesse, per sopperire alle esigenze di servizio e garantire i diritti contrattuali dei dipendenti in termini di orario di lavoro, ferie estive, turni di pronta disponibilità, la Zona territoriale ha adottato tutte le possibili procedure ordinarie ( es. turnazione ferie, avvio delle procedure per la copertura dei posti..) e straordinarie; 4. le prospettive future della struttura ospedaliera di Recanati verranno valutate nell'ambito del prossimo piano regionale per la salute che svilupperà quella direttrice di razionalizzazione dell'offerta ospedaliera già prevista nei precedenti piani.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Caro assessore, non hai rassicurato i recanatesi e nemmeno i cittadini residenti nella ex zona 8, oggi zona territoriale, perché l’ultima risposta al quesito che io ponevo, cioè “c’è una volontà di chiusura del nosocomio?”, è abbastanza emblematica: “si valuterà la razionalizzazione delle strutture nel nuovo piano sanitario”. Non è un no, pertanto, alla mia domanda. Io aspettavo un no secco, cioè “assolutamente no, poi tutto il resto sarà valutato”. Tutto il resto significa il funzionamento della struttura nel suo complesso e il suo livello di integrazione con le altre strutture della zona? Questo ci preoccupa, perché è chiaro che ne parleremo nel nuovo piano sanitario, ma è altresì chiaro che non può essere discusso un livello minimo, essenziale di assistenza, tanto per riprendere un termine normativo, che a Recanati significa la presenza del nosocomio, la presenza con quel tipo di specialità e di divisioni, dipartimenti, reparti. Una presenza che, clamorosamente, questa estate è venuta a mancare per motivi di ferie. E’ come se un’azienda importante di un settore qualsiasi della vita economica e produttiva, si fermasse, non per propria volontà ma perché sono andati in ferie due capi reparto. E’ possibile una cosa del genere? Io penso che non sia possibile, non sia nemmeno immaginabile una cosa del genere per un’azienda qualsiasi. A maggior ragione un’azienda sanitaria che non ha prodotti commerciali che troviamo al supermercato, anche se oggi, con il cosiddetto “decreto Bersani”, qualche cosa di sanitario troviamo. E’ un’azienda molto particolare, a tutela della salute del cittadino. Non è un’azienda commerciale qualsiasi. Si può fermare un intero dipartimento, perché il piano sanitario attualmente vigente prevede essere presente a Recanati il dipartimento materno-infantile come sede principale e poi, come sede integrata, a Civitanova. Si è fermata la sede principale per motivi di ferie. Questo non è possibile, non è tollerabile.
Si dice che si è ripristinata la situazione: meno male! Forse anche per le nostre prese di posizione, di fine luglio-primi di agosto. Si dice anche che si faranno ulteriori passi per le procedure relative alla nomina dei primari di medicina e chirurgia, procedure avviate e poi bloccate per i motivi di limite venuti dalle normative nazionali per quanto riguarda le assunzioni. Però anche qui ci sono state deroghe nel territorio marchigiano, al blocco delle assunzioni. Perché non è stato applicato lo stesso criterio di deroga anche a Recanati, che sta attendendo da molto tempo e che ha sottoscritto assieme a tutti i livelli del governo della sanità nel nostro territorio un protocollo d’intesa l’anno scorso, specificamente redatto e pensato?
Anche qui la risposta dell’assessore è insoddisfacente. Noi vogliamo che si proceda a quello che era stato l’impegno assunto da tutti, che non accadano più le questioni che sono accadute questa estate con il dipartimento materno-infantile, che si discuta di tutto (dei livelli di integrazione con le altre strutture della zona), ma che non si discuta della presenza del nosocomio a Recanati e non si discuta la presenza a livello attuale. Non si chiede altro, si chiede di mantenere i livelli attuali di assistenza. Questo anche a difesa di Civitanova Marche, dell’intera zona territoriale, perché quando si difende il nosocomio di Recanati si difende l’intera zona, compresa Civitanova Marche, che andrebbe a perdere, se Recanati avesse una prospettiva di chiusura o ridimensionamento, una grossa parte di strutture sanitarie che ci sono nel territorio e che sono la conquista di questi anni, fatta di qualità, di numeri, di impegno di tutti gli operatori della sanità.
Quindi noi continueremo a vigilare su questa questione, ritenendoci, per il momento, soddisfatti solo del fatto che il dipartimento ha riaperto le sue funzioni, ma il resto dovrà essere comunque nell’agenda dell’assessorato e di questo Consiglio.



Interrogazione (Svolgimento: «Chiusura parziale o totale dell’ufficio postale di Albacina» Favia (471)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 471 del consigliere Favia.
Per la Giunta risponde l’assessore Carrabs.

Gianluca CARRABS. In relazione alle problematiche del funzionamento degli uffici postali nelle aree dell’entroterra, soprattutto montane, segnalate nel periodo estivo con particolare riferimento al comune di Albacina, informo che da parte del responsabile territoriale per le Marche di Poste Italiane s.p.a. è stata data assicurazione, con nota prot. n. 224284 del 02/10/2006, che nella fattispecie non sono stati operati né tagli né razionalizzazioni all’interno del piano di riorganizzazione previsto per gli uffici marginali.
Sono state fornite inoltre spiegazioni sui motivi della diversa articolazione introdotta negli orari di servizio a partire dal 12 giugno, facendo riferimento alla intenzione di agevolare la clientela nell’accesso a qualsiasi operazione di sportello ed evidenziando la finalità di mantenere inalterata una presenza capillare sul territorio.
Va detto, più in generale, che nel corso dell’anno è stato avviata una ripresa del rapporto di collaborazione con Poste Italiane spa, facendo seguito ad un incontro del Presidente della Giunta con il country manager dell’area centro-nord, Gino Frastalli, in cui è stato chiesto all’azienda il fattivo impegno al mantenimento dei servizi essenziali nelle aree interne e disagiate del territorio regionale.
Il Presidente della Giunta regionale ha incaricato il sottoscritto a seguire con attenzione queste problematiche ed a verificare lo stato di attuazione – e le eventuali esigenze di aggiornamento o implementazione – del protocollo di collaborazione appositamente sottoscritto nel novembre 2003 tra Regione Marche, ANCI-UPI-UNCEM, Lega Autonomie e Poste Italiane s.p.a.
Sono stati realizzati incontri di gruppi di lavoro tecnici per effettuare una ricognizione dei contratti e delle attività progettuali già intrapresi all’interno della Giunta regionale e per verificare gli ambiti di possibili nuove collaborazioni.
Nei contatti avuti con i rappresentanti dell’azienda è emersa la percezione dell’importanza della presenza capillare sul territorio degli uffici postali ed anche la dichiarazione di una disponibilità a ricercare le possibilità di mantenimento dell’attuale livello dei servizi, ma anche, contestualmente, la richiesta di incrementare gli ambiti di collaborazione in termini di acquisto di nuovi prodotti.
Da parte regionale si è fatto chiaramente presente che in molti settori non può essere praticato un affidamento diretto di servizi a Poste Italiane, ma vanno svolte procedure di evidenza pubblica. Un terreno di possibile collaborazione è stato indicato nella individuazione di progetti di carattere fortemente innovativo ed in grado di coinvolgere anche altri soggetti del sistema pubblico locale. Alcuni di questi confronti sono già avvenuti nei tavoli tecnici. E’ necessario ora riportare la trattazione a livello istituzionale con le rappresentanze di ANCI-UPI-UNCEM e Lega Autonomie, firmatarie del protocollo d’intesa siglato nel 2003. La questione ha già formato oggetto di inserimento all’ordine del giorno del comitato d’intesa Regione-Anci-Upi–Uncem, ma non è stata ancora trattata.


PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Favia, per dichiararsi soddisfatto o meno.

David FAVIA. Sono soddisfatto.



Interrogazione (Svolgimento): «Realizzazione nuova questura di Pesaro”, Giannotti (90)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 90 del consigliere Giannotti.
Per la Giunta risponde l’assessore Ascoli.

Ugo ASCOLI. Rispondo a nome del Presidente Spacca che per motivi d’ufficio non è in Ancona.
In relazione a quanto segnalato dal consigliere Roberto Giannotti nella interrogazione presentata il 25 luglio scorso, n. 90, circa l'acquisto da parte del Comune di Pesaro dell'area dell'ex deposito militare per la realizzazione della nuova sede per la questura, abbiamo assunto ulteriori informazioni presso il sindaco dello stesso Comune.
Il sindaco Luca Ceriscioli ci ha comunicato, in data 5 ottobre, di "avere molto a cuore" la realizzazione del progetto, con l'obiettivo di costruire "una struttura più moderna e di liberare una delicata area centrale" della città, e di avere il consenso della Questura stessa.
Non potendo impegnare proprie risorse, il Comune intende esperire un "project financing" la cui fattibilità é legata anche alla disponibilità del Ministero degli interni ad assumere a proprio carico il pagamento di un affitto. Su tale questione il sindaco ha ottenuto la disponibilità del capo della polizia di Stato ad un incontro da fissare entro breve tempo.
L'amministrazione regionale seguirà con interesse gli sviluppi dell'iniziativa, offrendo ogni utile supporto per agevolare il dialogo con il Ministero competente. Un'occasione in questo senso può essere offerta dal rinnovo del protocollo d'intesa in materia di sicurezza locale e di politiche integrate per la sicurezza, attualmente in corso di definizione, nell'ambito del quale è prevista un'attenzione particolare per i presidi di sicurezza sul territorio.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti, per dichiararsi soddisfatto o meno.

Roberto GIANNOTTI. Questa questione è al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica della provincia di Pesaro da tantissimo tempo, che ha registrato delle pause negative rispetto a scelte sbagliate che a mio parere sono state compiute dall’Amministrazione provinciale e dalla Regione rispetto all’utilizzazione dell’area. La collocazione più adeguata della nuova questura poteva essere tale se si fosse deciso di utilizzare l’area dell’ex carcere giovanile. La Provincia di Pesaro ha fatto una scelta diversa, cioè di utilizzare quell’area per altre cose, comunque ha portato fuori dalla città un presidio importante che invece nella città poteva meglio interagire rispetto alla esigenza di confliggere con i fenomeni di criminalità. E’ stata fatta quella scelta sbagliata a suo tempo, me ne dolgo, secondo me ha fatto male la Regione quella volta a partecipare all’operazione di acquisto dell’area da parte del Ministero, salvo poi ritrattare la propria adesione nella parte terminale? Probabilmente è stata una finzione che non è certamente addebitabile alla Giunta di questa legislatura, ma alla Giunta del passato, all’assessore che nel passato ha sponsorizzato questa iniziativa. Le cose oggi sono messe molto diversamente. Ricordo solo che purtroppo, per colpa della burocrazia amministrativa sono stati dispersi i 4 milioni di euro allocati presso il servizio regionale delle opere pubbliche, che rappresentava un avanzo di un finanziamento statale utilizzato per la costruzione della sede della guardia di finanza che poteva essere utilizzato se non ci fosse stato questo intoppo burocratico. Nel momento in cui il Comune ha acquisito l’area, se si fosse partiti immediatamente con un’ipotesi progettuale, quei soldi sarebbero stati decisivi per la realizzazione della questura. Così non è stato, abbiamo perso quella disponibilità, oggi dobbiamo ripartire da capo, con un dato di fatto: che il Comune possiede l’area e questo è fondamentale. Sono due le strade: o quella che ha indicato il sindaco, di cui prendo atto con piacere (così come lui, anch’io ho parlato con il capo della polizia la settimana scorsa, in occasione della visita, ricavandone un’impressione positiva, nel senso che anche a me il capo della polizia ha manifestato la sua disponibilità ad intervenire per farci uscire da questa situazione indecorosa. Non so se conoscente la sede della questura di Pesaro ma è assolutamente indecorosa); oppure una donazione da parte del Comune al Ministero degli interni dell’area, che metterebbe in moto un meccanismo virtuoso, per cui il Ministero si sentirebbe abilitato a intervenire e a costruire direttamente. La cosa importante, comunque, è che si vada nella direzione di offrire alla comunità pesarese un supporto logistico per le forze dell’ordine, più adeguato di quello di oggi.



Interrogazione (Svolgimento): «Portale internet del turismo regionale denominato “Istrice”» Castelli (467)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 467 del consigliere Castelli. Per la Giunta risponde l’assessore Ascoli.

Ugo ASCOLI. Il servizio promozione, internazionalizzazione, turismo e commercio della Regione Marche, nella home page del sito www.turismo.marche.it, cliccando su Progetto Istrice (Informazioni Strutture Ricettive), permette all'utente di verificare le strutture ricettive presenti nel territorio regionale suddivise per categorie (affittacamere, agricampeggi, agriturismi, alberghi, bed & breakfast, campeggi, case e appartamenti per vacanze, country house, ostelli-case per ferie, plein air, residenze turistico-alberghiere, rifugi, stabilimenti balneari, villaggi), per comune e provincia.
Una volta che si è visualizzato il tipo di struttura e/o la località che interessa, l'utente oltre i recapiti (indirizzo, n. telefonico, fax, e-mail, sito, ...) ha la possibilità di vedere l'elenco dei servizi che tale struttura offre (es. offerte speciali, parco, cassaforte, aria condizionata, ascensore, accettazione gruppi, accettazione animali domestici, spiaggia riservata,...).
Un particolare rilievo è stato dato alle categorie svantaggiate attraverso la specifica visualizzazione che permette di verificare se la struttura possiede anche "servizi per categorie disagiate", sulla base delle dichiarazioni che i gestori fanno annualmente nelle comunicazioni dei prezzi.
Da quest'anno è stato apportato un miglioramento al programma in oggetto che permette una ricerca mirata sulle strutture ricettive che offrono servizi per i disabili. Entrando nella home page di Istrice, compare un simbolo e la dicitura "strutture per disabili" che permette di selezionare e visualizzare tutte le strutture ricettive che hanno dichiarato di possedere tali servizi.
Dopo aver scelto il tipo di struttura e il comune di interesse, cliccando sul suddetto simbolo, in tempo reale, vengono visualizzate le strutture che offrono tali specifici servizi.
Come Regione Marche pertanto siamo già in fase di attuazione dei requisiti previsti dalla legge nazionale del settore specifico.
Si precisa inoltre che è in previsione l'adeguamento di tutte le informazioni ed i servizi che sono nel sito del turismo ai requisiti di accessibilità ed usabilità previsti dalla normativa nazionale (L. n. 4 del 9 gennaio 2004) e successive modifiche ed integrazioni, e dal decreto ministeriale dell'8 luglio 2005.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Mi ritengo soddisfatto non tanto della risposta quanto della mia interrogazione, perché in realtà, a seguito dell’interrogazione devo rilevare come si è prodotta conoscenza utile a far sì che si colmasse questa lacuna che obiettivamente mi era stata segnalata da alcuni soggetti portatori di handicap in riferimento a questo sito. Ora effettivamente compare, nel link del portale Istrice, l’esplicito riferimento alla carrozzina, identificativa della possibilità di analizzare la presenza nel nostro territorio di queste strutture. E’ bene anche che il servizio provveda poi a garantire l’accessibilità del sito. Come noto ci sono anche dei finanziamenti che mi pare abbia attivato pro-quota anche la Regione Marche per questo genere di aspetto e di problematica, che oltre ad esprimere una sicura efficacia proprio dal punto di vista della redditività turistica, è un fatto elementare, su cui non spendo parole, di cultura, di sensibilità che tutti noi dobbiamo rispettare.
Preso atto di questa cosa mi ritengo soddisfatto dell’esito che ha avuto la vicenda, non senza ricordare come nei testi redatti dal servizio si alludeva esplicitamente proprio a questo aspetto dell’accessibilità come valore forte e fondante dell’offerta turistica marchigiana, e se non vado errato lo stesso allestimento del link Istrice era stato reso possibile anche dall’attingimento di fondi dedicati proprio a questo genere di problematiche. Quindi il fatto che si sia superata questa incongruenza non può che rendere soddisfatto me, ma penso tutto il Consiglio regionale.




Interrogazione (Svolgimento): «Trasporto merci su rotaia» Altomeni (236)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 236 del consigliere Altomeni.
Per la Giunta risponde l’assessore Marcolini.

Pietro MARCOLINI. Premesso che diversamente dal trasporto passeggeri, il Trasporto merci non è regolato da contratto di servizio con le Regioni e che, pertanto, non esiste titolo giuridico da parte della Regione per richiedere l'effettuazione di un minimo di servizi merci da e per le Marche. Preso atto che la chiusura di alcune stazioni merci, quali alcune di quelle citate può essere funzionale alla riorganizzazione del trasporto merci che sarà attuata a partire dall'apertura, nel corso del 2007, dell'Interporto delle Marche, a Jesi.
Considerato peraltro che la Regione ha destinato parte dei propri investimenti infrastrutturali per gli allacci ferroviari sia dell'Interporto di Jesi, sia dell'autoporto di Ascoli Piceno, sia del porto di Ancona e che intende ulteriormente proporre, nell'ambito del prossimo piano delle merci, interventi relativi agli allacci delle piattaforme logistiche distrettuali.
Si ritiene tuttavia indispensabile che le FS continuino a svolgere un ruolo primario nel trasporto ferroviario delle merci e pertanto sia attuato un significativo rilancio della divisione ex Cargo e delle strutture dedicate da parte di RFI.
A tale scopo verranno programmati appositi incontri con tali strutture delle ferrovie allo scopo di comprendere le linee programmatiche assunte di recente e le eventuali proposte di modifiche. Comunque è stato richiesto a Trenitalia S.p.A., divisione generale operativa logistica (ex Cargo), una apposita presa di posizione in merito alla interrogazione presentata dal consigliere.
Condivido quindi lo spirito sotteso all’interrogazione, abbiamo meno poteri contrattuali, ancor meno condizionanti per le merci rispetto ai passeggeri, ma nel confronto generale, sia con Trenitalia che con Rfi, con Ferservizio e con Realstate, teniamo in considerazione questo rilancio strategico, che invece di essere sposato da Rfi, vede le Marche soccombenti, cioè una linea di progressivo svuotamento del trasporto merci su ferro.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Altomeni.

Michele ALTOMENI. Ringrazio per la risposta e mi ritengo soddisfatto. L’auspicio è che questo settore trovi, anche con il nuovo Governo, sempre maggiore attenzione visto le iniziative che lo stesso Governo sta prendendo, anche perché ) chiaro che è su questo versante che dovrebbero trovare risposta tutta una serie di problemi di altro tipo che invece in questi anni hanno magari cercato risposta nelle grandi opere o in altro tipo di infrastrutture, mentre, cercando di puntare su questo versante, forse è possibile liberare sia risorse che materialmente le strade da tutta una serie di utilizzi che vanno considerati impropri. Tanto più in questa regione dove si è fatta anche la scelta di realizzare un interporto, quindi andrebbe sfruttato anche in questo senso.
Ringrazio quindi l’assessore per la risposta, mi ritengo soddisfatto, con l’auspicio che su questo versante si riesca a ottenere realmente qualche risultato positivo.




Interrogazioni (Svolgimento):
«Società di Castelraimondo – perché sono arenati anche i contratti di solidarietà difensivi in favore dei dipendenti» Massi (131)
«Fallimento di una società di Fabriano: quale futuro per i 44 dipendenti?» Massi (480)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le interrogazioni n. 131 e 480 del consigliere Massi.
Per la Giunta risponde l’assessore Ascoli.

Ugo ASCOLI. Il consigliere Massi ha presentato due interrogazioni che hanno a che fare con le sorti della Fabercarta di Castelraimondo.
In merito all’interrogazione n. 131 la risposta è a seguente.
Con decreto n. 6551FPR del 21/10/2004 è stato emanato il bando per la concessione di contributi finanziari rivolti al sostegno dei contratti di solidarietà difensivi.
Il bando è stato emanato in attuazione del piano delle politiche attive del lavoro 2004 utilizzando fondi FSE Asse D Misura Dl per un importo di euro 840.000,00.
Con Decreto n 790 del 7/12/2004 è stata approvata la graduatoria, impegnati i fondi e disposta la liquidazione. La Fabercarta di Fabriano Spa si è collocata al secondo posto, ed è stata ammessa a contributo regionale per un importo complessivo di euro 202.928,29 comprensiva dei costi per la fideiussione.
Secondo quanto previsto dal bando l'importo di euro 202.928,29 è stato suddiviso come segue: 100.000,00 rappresenta il contributo massimo concedibile all'azienda (regola de minimis), 102.690,79 è la somma destinata all'integrazione salariale dei lavoratori, n237,50 è la spesa sostenuta per la fideiussione.
Con nota del 21 aprile 2004 l'amministratore delegato della Fabercarta di Fabriano Spa ha effettuato la comunicazione ai sensi dell'art. 76 DPR 445/2000 relativamente all'utilizzo dei fondi regionali concessi dove viene dichiarato di aver trasferito ai lavoratori per integrazione salariale la somma di euro 102.499,39.
La differenza tra quanto concesso e quello liquidato ammonta a euro 191,40 ed dovuta alle economie derivanti dalle dimissioni volontarie di un dipendente.
La somma non utilizzata è stata restituita alla Regione Marche comprensiva degli interessi legali in data 31/5/2005. Successivamente si è proceduto allo svincolo della fideiussione a suo tempo presentata.
Una parte del contributo è stato accantonato nel T.F.R a favore dei dipendenti, e verrà corrisposto ai dipendenti al momento della cessazione del rapporto di lavoro, pertanto allo stato il contributo regionale liquidato è stato integralmente trasferito ai lavoratori. I crediti vantati dai lavoratori e relativi alle mensilità di gennaio 2005 e metà febbraio 2005 sono attinenti a quote stipendiali derivanti esclusivamente da Fabercarta.
In merito all’interrogazione n. 480, la risposta è la seguente.
In data 26 luglio 2006 con decreto n. 38957 il Ministero del lavoro e della previdenza sociale ha concesso il trattamento di CIGS alla società Fabercarta di Fabriano fallita per dodici mesi.
Il trattamento di CIGS copre il periodo 13.7.05-12.07.06 e riguarda tutti i lavoratori che risultavano in forza alla data di ammissione a concordato preventivo (18.7.2005).
Successivamente, in data 17 luglio 2006, tra le 00.SS. il curatore fallimentare, le RSU alla presenza della Regione Marche e del sindaco del Comune di Castelraimondo, è stato sottoscritto un accordo per la richiesta di proroga di CIGS per 6 mesi a zero ore per n. 44 lavoratori, ritenendo sussistenti le condizioni previste dal comma 2 dell'art. 3 della legge 223/91.
Va segnalato che l'Amministrazione comunale di Casteiraimondo ha rappresentato la volontà di procedere all'acquisizione del complesso immobiliare della Fabercarta - con modalità e nei termini che verranno richiesti alla curatela fallimentare - allo scopo di affittarlo ad una azienda del nord Italia dello stesso comparto, la quale sarebbe disposta ad iniziare un'attività nello stabilimento e al riassorbimento di almeno il 50% delle maestranze sospese in CIGS.
L'iniziativa industriale potrebbe concretizzarsi nell'arco della durata di proroga della CIGS e consentirebbe la rioccupazione di circa 20-22 unità lavorative.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Massi.

Francesco MASSI GENTILONI SILVERI. Ringrazio l’assessore per lo scrupolo e il dettaglio della risposta. Non avevo dubbi, perché devo dare atto che l’assessore Ascoli è stato sempre presente nella questione di Castelraimondo e questo è stato riconosciuto da tutti.
Cosa abbiamo da lamentare, facendo modestamente il portavoce della grande preoccupazione che c’è tra i lavoratori? Che siamo di fronte a una dirigenza aziendale che non sempre è disponibile nei confronti delle istituzioni, quindi so quanto anche la Regione abbia dovuto ripetere diversi appelli di concertazione.
Chiedo che ci sia una vigilanza, un monitoraggio totale e ogni volta che ritardano i pagamenti ci sono preoccupazioni delle famiglie.
L’altra cosa di cui mi devono lamentare, su cui non c’entra la Regione, è che nelle politiche di riassorbimento del personale da parte dei centri per l’impiego della Provincia di Macerata mi pare che non si sia mosso nulla, però questa è una cosa che ci diciamo noi e che esula dalla competenza della Regione.
Io sono soddisfatto di questa risposta e chiedo che la Regione faccia un controllo forte e un monitoraggio continuo.



Interrogazione (Svolgimento): «Applicazione normativa regionale sulla pianificazione delle aree soggette a rischio di incidente rilevante: applicazione legge Severo 2 sul Prg del Comune di Falconara Marittima» Binci (339)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 339 del consigliere Binci. Per la Giunta risponde l’assessore Carrabs.

Gianluca CARRABS. In relazione all'interrogazione citata in oggetto, si forniscono di seguito elementi.
L'Art. 17, comma 1, della L.R. n.18/2004 cita testualmente:
"1. Le disposizioni della presente legge hanno efficacia a decorrere dalla stipulazione dell'accordo di programma tra Stato e Regione di cui all'articolo 72, comma 3, del d.lgs. 112/1998, fermo restando quanto disposto dal suo articolo 7".
Ad oggi la stipula dell'accordo di programma di cui sopra non è ancora avvenuta, per cui la legge regionale non è ancora efficace.
Per quanto detto continua a valere quanto disposto dal D.Lgs 334/99.
Il D.M. 9 maggio 2001 prevede che gli strumenti urbanistici, nei casi previsti dal decreto stesso, individuino e disciplinino le aree da sottoporre a specifica regolamentazione, tenuto conto anche di tutte le problematiche territoriali e infrastrutturali relative all'area vasta.
A tal fine, gli strumenti urbanistici devono comprendere un Elaborato Tecnico denominato "Rischio di incidenti rilevanti (RIR)", relativo al controllo dell'urbanizzazione.
Il Comune di Falconara ha redatto tale elaborato tecnico tenendo conto delle prescrizioni e valutazioni contenute nel Verbale della seduta del comitato tecnico regionale di prevenzione incendi (CTR) del 10/12/2002, relativa alla approvazione del rapporto di sicurezza della raffineria Api di Falconara M.ma, allo scopo di valutare l'eventuale necessità di apportare modifiche al vigente strumento urbanistico in modo da rendere compatibile lo stesso alle condizioni di rischio determinate dalla presenza di uno stabilimento a rischio di incidente rilevante (Api Raffineria di Ancona).
Con delibera di Consiglio comunale n. 119 del 28/11/2005, il Consiglio comunale di Falconara M.ma ha approvato il R.I.R. redatto ed ha preso atto della compatibilità del vigente P.R.G. al decreto ministeriale 09/05/2001, non ritenendo necessario apportare varianti al vigente strumento urbanistico.
In considerazione che, ai sensi del comma 3 dell'art. 26 della L.r.34/92, spetta alla Provincia esprimere un parere sulla conformità del Prg con la normativa vigente e con le previsioni dei piani territoriali dei programmi di carattere sovracomunale, il servizio provvederà a richiedere alla Provincia chiarimenti specifici in merito.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Binci.

Massimo BINCI. Anche dalla risposta dell’assessore Carrabs, che ringrazio, si evince che il Rir, questo strumento urbanistico previsto dalla “legge Seveso”, che deve individuare tutti gli interventi e le edificazioni possibili nelle aree adiacenti, in questo caso, un’industria a rischio di incidenti rilevanti come l’Api, contiene all’interno uno stratagemma. Cioè, siccome la Giunta non ha previsto variazioni urbanistiche legate all’applicazione della “legge Seveso”, cioè alla messa in sicurezza, questo atto non viene considerato un atto urbanistico, quindi non viene sottoposto alla possibilità di presentare osservazioni da parte dei cittadini e questo è gravissimo, perché la stessa “legge Seveso” è stata fatta per assicurare la partecipazione dei cittadini ai processi urbanistici nelle situazioni di rischio di incidente rilevanti. Quindi il Comune legittimamente può dire, all’interno del Rir, in base alla zonizzazione dei rischi, che al di fuori del confine della raffineria Api non ci sono rischi per l’abitato, però ugualmente i cittadini devono avere la possibilità di fare eventuali osservazioni a questa che è una strumentazione urbanistica. E’ questo il motivo per cui riteniamo che quello strumento, in quanto strumento urbanistico, doveva essere pubblicato e sottoposto alla possibilità, da parte dei cittadini, di fare osservazioni come un qualsiasi piano regolatore, perché anche la destinazione di un filtro vegetazionale al di fuori del confine della raffineria è una destinazione urbanistica di mitigazione dei rischi che i cittadini potevano avere il diritto di mettere come destinazione urbanistica di quelle aree, in seguito a questo procedimento della “Seveso bis”. Quindi quello che è stato contestato e a cui non si risponde è questo: un atto fondamentale da un punto di vista urbanistico, come l’adeguamento alla “Seveso bis” è stato emanato senza la possibilità di accesso ai cittadini per fare osservazioni urbanistiche.
Secondo noi è un percorso che dovrebbe ripartire e permettere la possibilità di fare osservazioni da parte dei cittadini.



Interrogazione (Svolgimento): «Trasferimento fondi di investimento relativi alla viabilità ex Anas – anno 2004» Comi e Giannini (369)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 369 dei consiglieri Comi e Giannini.
Per la Giunta risponde l’assessore Pistelli.

Loredana PISTELLI. La Provincia di Macerata, a seguito della DGR n. 241/2005 che definiva i criteri per l'assegnazione delle risorse in oggetto, ricorse al TAR ottenendo l'annullamento della citata delibera per incompetenza della Giunta su atti di programmazione. Conseguentemente il Consiglio regionale, organo competente per tali atti, ha approvato la deliberazione amministrativa n. 19/2006 con la quale sono stati rivisti i criteri proposti dalla Giunta.
Il criterio principale è sempre basato sulla divisione dei fondi in due quote; una cosiddetta di "riparto" basata su percentuali e quindi fissa (Ancona 17,47%, Ascoli Piceno 20,09%, Macerata 36,94%, Pesaro e Urbino 25,50%). Sulla base di questo tipo di ripartizione la Regione ha sviluppato anche un intervento relativo alla ripartizione dei fondi Anas per il 50% e per il successivo 50% la ripartizione è stata fatta non in base a questi criteri ma in base alla programmazione dei progetti esistenti presentati dalle stesse Province, cercando di dare una continuità anche ai progetti presentati precedentemente.
Dalle modifiche che sono state portate, in base alla ripartizione fissata dal Consiglio regionale, il tutto è avvenuto sulla base di quanto stabilito, quindi ogni Provincia ha avuto quanto ha stabilito il Consiglio regionale, per il 50%.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Comi.

Francesco COMI. Quello che l’interrogazione tendeva a discutere, non era semplicemente il quadro delle risorse disponibili e l’allocazione puntuale delle risorse disponibili tra le Province; quello che noi sottolineavamo, era la vanificazione di un principio-cardine, che è quello del decentramento amministrativo, attraverso il quale, una volta trasferite alle Province, agli enti, alle Regioni competenze, quindi responsabilità, vanno garantite, contestualmente, anche le risorse umane, finanziarie, organizzative, strumentali congrue a garantire l’effettivo svolgimento delle funzioni alle quali uno è delegato. Questo era un principio generale, un principio che parte da una valutazione: dal fatto che la Regione Marche riceve anche risorse in base al chilometraggio e dal fatto che nella provincia di Macerata insiste il maggior numero di chilometri di viabilità.
Fatta questa considerazione, noi abbiamo contestato il criterio generale utilizzato dalla Giunta regionale per l’allocazione delle risorse. Non l’abbiamo fatto in modo campanilistico e isolato, perché l’ha fatto l’Upi attraverso un atto condiviso dalle varie Province, attraverso una proposta che aveva formulato e che aveva fatto in base anche ad un’intesa e a un precedente accordo siglato con l’assessore regionale ai trasporti.
L’obiettivo, quindi, era quello di garantire le risorse a fronte delle responsabilità già assegnate al territorio. Abbiamo contestato quel criterio, abbiamo fatto un nuovo atto amministrativo che ha recuperato il disvalore nella distribuzione delle risorse tra le province, mantenendo alla Giunta regionale la sua quota di responsabilità nella allocazione degli investimenti. Abbiamo la netta sensazione che la Giunta regionale, preso atto con rammarico della diversa allocazione di risorse proposta dal Consiglio e dall’Upi, abbia poi, nella sede della distribuzione degli investimenti, riequilibrato le risorse che inizialmente aveva pianificato.
Tutto ciò ci sembra tenere poco conto non solo di un livello istituzionale delle competenze, ma anche e soprattutto della funzione del Consiglio regionale, che è una funzione di programmazione e di indirizzo, alla quale la Giunta dovrebbe seriamente far riferimento, non solo ritualmente ma anche sostanzialmente.




Interpellanza (Svolgimento): «Fondi ex statali strade – d.lgs 112/98» Lippi (26)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interpellanza n. 26 del consigliere Lippi, che ha la parola per illustrarla.

Leonardo LIPPI. La precedente interrogazione riguardava i fondi fino al 2005, questa interpellanza invece è mirata a conoscere come mai la Giunta regionale non ha iscritto nel proprio bilancio i fondi per il 2006 e seguenti, vista poi la situazione precaria di manutenzione delle strade trasferite dall’ex Anas alle Province e l’impossibilità di reperire queste risorse da parte degli enti Provincia per garantire la sicurezza ai cittadini che percorrono queste strade che ormai sono in uno stato di notevole degrado e, come amministratori di questa regione, siamo attenti a che queste risorse vengano iscritte al più presto e destinate poi alle Province come la legge nazionale 112/98 e il decreto legislativo recitano.
L’interpellanza è per conoscere i motivi per i quali non è stata iscritta questa fonte proveniente dallo Stato, che è solo una transizione dalla Regione alle Province che sono state delegate e quali sono le azioni che intende intraprendere la Regione, non con i fondi dello Stato ma con i fondi propri, per garantire una effettiva sicurezza e soprattutto uno sviluppo di quelle aree più depresse e disagiate, in cui i cittadini non hanno risposte concrete dagli enti locali di appartenenza. Ecco il motivo dell’interpellanza.

PRESIDENTE. Per la Giunta risponde l’assessore Pistelli.

Loredana PISTELLI. Quello sollevato dal consigliere Lippi è un problema serio, in quanto la manutenzione è importante e comporta un notevole intervento finanziario. Naturalmente, se non c’è più trasferimento dallo Stato, c’è la necessità di prevedere anche all’interno del bilancio regionale dei fondi, con tutte le difficoltà che questo comporta.
Quello che voglio invece dire rispetto alla situazione attuale, è che il trasferimento delle risorse destinate agli investimenti sulle strade trasferite alle Province in attuazione del D.Lgs. 12/98, dovevano cessare già dal 2004. Tuttavia poiché il meccanismo compensativo affidato alla fiscalità non è ancora stato attivato dal Governo, tali fondi hanno continuato ad affluire nel bilancio regionale fino al 2005. Anche per il 2006 il meccanismo sulla fiscalità non è stato attivato, mentre ci era stata data garanzia da parte del Ministero che questi fondi ci sarebbero stati. Quindi noi siamo in attesa delle comunicazioni degli atti formali del Ministero a conferma di quanto è stato detto, in modo da poter attuare tutte le delibere necessarie per i trasferimenti alle Province. Comunque credo che questo è un problema che noi dovremo affrontare anche nei futuri bilanci, rispetto alla situazione generale e rispetto alle manutenzioni.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Lippi.

Leonardo LIPPI. Propongo a quest’aula una mozione unanime nei confronti del Governo, per richiedere queste risorse. Quindi, se lei assessore se ne farà carico, noi la sottoscriveremo unanimemente, perché è indispensabile, per la nostra regione, tenere un livello di manutenzione accettabile di queste strade e non possiamo sottacere che le risorse destinate a questo non vengano dall’istituzione centrale. A maggior ragione quest’aula deve quindi impegnarsi a sottoscrivere una mozione unanime per richiedere queste risorse.



Mozione (Discussione e votazione): «Dissesto idrogeologico» Procaccini e Bucciarelli (77)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la mozione n. 77 dei consiglieri Procaccini e Bucciarelli.
Ha la parola, per illustrare la mozione stessa, il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Farò una breve illustrazione di questa mozione, perché a partire dall’alluvione del 16 scorso, il Consiglio regionale ha in modo marginale discusso dell’assetto del territorio e della prevenzione dei fenomeni tipo alluvioni, smottamenti, frane ecc. Inoltre la situazione si è aggravata con l’ulteriore alluvione del 26 scorso, nella zona di Chiaravalle e in altre località a nord di Ancona. Si è discusso in modo solo marginale, perché, ovviamente, la discussione si è incentrata sull’emergenza e sugli aiuti da portare alle popolazioni colpite, alle attività produttive e commerciali compromesse. Ragioniamo, appunto, dell’emergenza e parlato di emergenza talvolta si perde di vista la prospettiva, perché molto spesso manca la cultura della prevenzione e della tenuta, il più possibile armonica, di tutto il territorio regionale e nazionale.
Certo il clima, che si va via via modificando, crea fenomeni prima imprevisti o quasi, ma in realtà in condizioni normali, sei ore di pioggia, seppure intensa, non dovrebbero causare i danni che sono stati causati.
Prima dell’ultimo evento ci sono state diverse calamità: l’esondazione del fiume Tronto, poi, a seguire, i danni, sempre causati dalla pioggia, nella provincia di Pesaro e Urbino e nelle altre province marchigiane. Ormai chiedere lo stato di calamità naturale è diventato un fatto normale per tutte le Regioni, quando, in molti casi, si dovrebbe parlare non di calamità naturale ma di calamità causata dall’uomo.
L’emergenza relativa all’erosione della costa ci fa perdere di vista tutto il resto. Vogliamo quindi, colleghi consiglieri, attraverso questa mozione che il nostro gruppo ha presentato in tempi non sospetti, cercare di dare il nostro contributo per tentare di aggredire le cause che portano alle calamità. Occorre partire, secondo noi, da un metodo di tipo nuovo, che veda, oltre agli enti locali, anche il resto del sistema (agricoltori, industriali, artigiani, commercianti, operatori turistici), coinvolto nel governo del territorio.
In trent’anni la presenza diffusa in agricoltura è scomparsa, non c’è più a livello di conduzione del fondo e, quando va bene, è rimasta la semplice e saltuaria residenza. L’agricoltura intensiva, in larga parte svolta da terzisti, ha modificato, ad esempio, gli scoli naturali dei terreni o ha abbattuto piante, frutteti, filari per poter lavorare con le grandi macchine.
Conosco bene questa realtà perché provengo da una famiglia contadina e ricordo, ad esempio, che dopo l’aratura si faceva una prima e grossolana regimentazione delle acque. Dopo la semina, convogliare le acque di scolo era una vera e propria opera di ingegneria naturalistica. Operare nel drenaggio dopo questi eventi, diventava una vera e propria opera d’arte.
Non si può, è ovvio, tornare indietro, ma occorre stabilire un patto, un nuovo patto con i nuovi agricoltori: predisporre cioè un codice. La criminalizzazione, le sanzioni risolvono poco o niente, anche perché i controlli, che vanno sempre fatti, sono difficili. Così come vanno rispettate le leggi, quelle recenti e quelle più lontane che esistono, a partire dal Ppar.
Non voglio farla lunga, ma un’altra delle cause dei dissesti è costituita dalla inesistente manutenzione dei corsi d’acqua primari e secondari, come i fiumi che, tranne per casi fortuiti ed eccezionali, come la costruzione di nuovi centri commerciali, sono lasciati a se stessi o, peggio, ancora utilizzati come cave.
Occorre avviare, ad esempio, la parte del piano energetico ambientale regionale che riguarda il settore idroelettrico e, anziché pensare a mega centrali, si farebbe in questo modo una cosa utile e doppia. Per non parlare della forse principale causa dei danni, cioè il cattivo governo urbanistico del territorio, finalizzato alle cementificazioni senza criterio. Molto spesso si è costruito e si costruisce molto al di sotto di quello che la natura consente. Si costruisce al di sotto dei livelli dei fiumi, dei torrenti e dei corsi d’acqua. In questo occorre una nuova e più rigorosa legge urbanistica regionale che detti le linee guida di una più corretta pianificazione in materia urbanistica. Ciò metterebbe più in sintonia tutti i soggetti pubblici e privati. Il profitto a tutti i costi, il lucrare al limite della legalità in termini di localizzazioni, di dimensioni e di volumetrie dei diversi manufatti, a lungo andare ha portato e porta a questi danni. Anche qui occorre invertire i valori: prima la generalità, poi il particolare. Infatti è un problema generale, ma anche delle Marche. Sono ancora in corso le stime dei danni delle due alluvioni, ma sappiamo, ad esempio, che nel primo quadrimestre del 2005, da gennaio ad aprile sono stati stimati danni per oltre 600 milioni di euro per i soli interventi di somma urgenza, di estrema emergenza.
Secondo noi la manutenzione del territorio è la principale tra le opere pubbliche ed è per questo che, oltre all’attuazione e al rispetto della legislazione, occorre imprimere un nuovo impulso all’organizzazione per declinare meglio una nuova politica del territorio.
I Comunisti italiani, attraverso questa mozione chiedono alla Regione Marche l’istituzione, con atto formale della Giunta regionale, di un gruppo tecnico di lavoro, composto da esperti e funzionari dell’assessorato alla tutela e risanamento ambientale, ai territori montani, all’agricoltura, al governo del territorio, con il compito di programmare e di monitorare gli interventi su scala regionale, con una visione di interdipendenza tra le diverse politiche (agricola, artigianale, industriale, urbanistica), per imprimere maggiore forza all’azione di prevenzione: quello che si deve fare subito, ad esempio, è completare la legge 13 del 1999 che, oltre all’istituzione dell’autorità di bacino generale regionale, deve elaborare il piano dei bacini di rilievo regionale nelle diverse province. Questo è un atto urgentissimo.
E’ per questo che l’impostazione di questa mozione deve trovare una concreta realizzazione. Questo atto, se possibile, colleghi consiglieri, non deve cadere nel vuoto e non deve lasciare il tempo che trova.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l’assessore Carrabs. Ne ha facoltà.

Gianluca CARRABS. Il quadro del territorio descritto dai consiglieri Procaccini e Bucciarelli richiama - pur con qualche inesattezza di dati (ad esempio la stima dei danni da maltempo del 2005 andrebbe più correttamente limitata a un po' più di 100 milioni di euro) - le previsioni e le valutazioni contenute nei piani di assetto idrogeologico - i PAI - ormai tutti approvati ad eccezione del PAI del Tronto, ormai in dirittura di arrivo.
In questa consapevolezza la Giunta regionale si sta muovendo su più filoni di attività che potremo distinguere come segue.
Azione di tipo finanziario. Preso atto, come giustamente ricordato nella mozione, che dal 2001 lo Stato non ha più assegnato risorse alle autorità di bacino (e quindi al sistema istituzionale locale) — anche se vediamo che nella finanziaria attuale, se dovesse confermare le previsioni del ministro per l’ambiente e la tutela del territorio, dovrebbero essere confermati 200 milioni di euro per la difesa del suolo — l'Esecutivo ha disposto l'allocazione di fondi CIPE - per un totale di circa 17 milioni di euro nelle ultime due annualità - per interventi di difesa del suolo. Vediamo quindi che c’è una tendenza generale del governo regionale a considerare la difesa del suolo un’infrastruttura. Sono pertanto d’accordo con il consigliere Procaccini quando dice che la più grande opera pubblica delle Marche deve essere la manutenzione del territorio.
Di conseguenza vediamo che l’atteggiamento culturale di questi ultimi anni, con l’insediamento del governo regionale, quindi della Giunta Spacca, ha preso in considerazione proprio questo principio. Pertanto i fondi Cipe destinati alle infrastrutture, anche nell’ultima delibera di due settimane fa della Giunta regionale ammontano a 2 milioni di euro per quanto riguarda la difesa del suolo.
Con ciò si è effettivamente inteso dare alla difesa del suolo un riconoscimento importante di opere pubblica, pur nei limiti dell’utilizzo dei fondi CIPE che, come noto, sono destinati alle sole aree Obiettivo 2, e quindi, sostanzialmente, alla parte più interna della regione, con progetti di tipo strategico.
Secondo la ripartizione di funzioni e competenze stabilita con il decentramento attuato nel 2002, i programmi di intervento CIPE sono stati definiti con le Province, e questo introduce il secondo filone di attività, quello della collaborazione tra soggetti.
Il coinvolgimento dei soggetti pubblici è già in atto sia perché
previsto dall'ordinamento vigente, sia perché, a livello tecnico, gli uffici stanno trovando forme di collaborazione sempre più efficaci pur nella diversità di compiti (si pensi alle criticità indotte dalle previsioni edificatorie, di cui sono motore i Comuni, su un territorio così fragile e soggetto a più livelli di competenza amministrativa in fase di pianificazione e controllo).
Tuttavia è evidente che l'esiguità di margini di investimento per la prevenzione (da cui derivano effetti non trascurabili nell'individuazione di priorità in questo territorio difficile) porta ad agire per via amministrativa e normativa più che per azioni dirette di sostegno almeno per il settore della difesa del suolo.
Ciononostante, nell'ambito di alcune procedure interne ai PAI le autorità di bacino, in cui sono rappresentate anche le Province, hanno comunque individuato percorsi di tipo amministrativo che hanno talvolta consentito di coinvolgere in solido anche soggetti privati, chiamati a partecipare direttamente a soluzioni integrate mediante le quali si è inteso rendere compatibili le iniziative edilizio-urbanistiche con le criticità del territorio, migliorandone la sicurezza complessiva. Abbiamo avuto una risposta anche con le ultime piogge, quelle cui faceva riferimento il consigliere Procaccini, di Osimo. Abbiamo visto che l’Ikea ha dato un forte contributo nella manutenzione dei fiumi. Quindi intervento privato. Quest'ultima opportunità è stata per altro resa possibile dalla disponibilità di rilievi topografici delle aste fluviali principali, che comunque potranno essere completati e aggiornati solo con specifiche risorse da individuare.
Rientra in questa filosofia integrata il coordinamento avviato da qualche tempo tra il servizio agricoltura e il servizio ambiente e difesa del suolo. Lo scopo del gruppo di lavoro è di definire, nell'ambito del piano di sviluppo rurale, le misure di presidio territoriale da attivare nell'uso agricolo dei suoli con azioni di prevenzione, anche quelle minute - ma non per questo meno fondamentali - richiamate nella mozione.
A queste indicazioni andranno poi affiancate, tra le diverse misure contenute nello strumento regionale di pianificazione delle aree rurali, quelle opportunità di sostegno finanziario senza le quali gli operatori del settore - peraltro costantemente coinvolti dall'assessorato all'agricoltura - potrebbero solo con grandi difficoltà partecipare ad un moderno processo di valorizzazione, miglioramento e mantenimento del territorio e del paesaggio anche in chiave di sicurezza e tutela.
La mozione ovviamente stimola la Giunta a procedere sulla strada intrapresa e a ricercare il superamento delle criticità strutturali — che pure ci sono sia a livello di ordinamento (con una pluralità di ruoli e responsabilità) sia a livello tecnico-amministrativo (con gli uffici continuamente impegnati a cercare soluzioni urgenti per problemi localizzati) - anche mediante macro-azioni organiche che si stanno definendo in queste settimane e che saranno presentate al Consiglio per l'avvio di un dibattito su tutta la materia.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. A me dispiace che una questione come questa, che riguarda una delle emergenze principali della nostra regione, debba essere richiamata all’attenzione del Consiglio regionale da parte dell’iniziativa di un gruppo politico, direi da parte dell’iniziativa di diversi gruppi politici, perché rivendico su questa materia una interrogazione scritta, firmata da tutti gli otto consiglieri di Forza Italia, che pone il problema della situazione di dissesto, anche in relazione alla situazione delle aste fluviali marchigiane.
La questione che è stata richiamata questa mattina da Procaccini, va in qualche modo posta nell’agenda dei lavori del Consiglio regionale, sulla base di una proposta concreta dell’Esecutivo, che non può giocare di rimessa. Se serviva una ulteriore dimostrazione della insufficienza, della inadeguatezza delle politiche della Giunta regionale, questa è la dimostrazione più evidente. Non c’è un’azione propositiva, non c’è una proposta, non c’è una lettura critica, c’è l’azione singola, oggi del consigliere Procaccini, ieri del consigliere Brini, del consigliere Capponi e così via. C’è una sollecitazione che viene, peraltro, non solo dall’opposizione ma anche dalla maggioranza, che scoperchia la pentola e pone questioni di fondo, perché questa è una delle questioni di fondo, rispetto alle quali noi oggi prendiamo atto che non c’è stata e non c’è una strategia di aggressione da parte della Giunta regionale? Aggressione nel senso di cercare di alleviare i disagi, i problemi che poi questa situazione pone alla comunità marchigiana. Io partirei da questo dato per giudicare la situazione.
Il secondo elemento, è che non è possibile, di fronte a questa deficienza di proposta, cantare la solita litania, cioè “mancano i soldi dello Stato, non ci sono i soldi del Governo, quindi noi siamo nell’impossibilità di fare qualsiasi cosa”. Fra l’altro, questa è un’abitudine che non va più di moda, perché con chi ve la prendete? Berlusconi non c’è più...

Marco LUCHETTI. Come non c’è più?

Roberto GIANNOTTI. Non c’è più alla guida del paese, anche se in maniera immeritata. C’è e si farà sentire, caro Luchetti.
Quindi oggi siete costretti a fare i conti con una serie di cose, vedi la finanziaria. E’ stata approvata la peggiore finanziaria fatta negli ultimi trent’anni, che tassa di tutto, dai bolli alle sigarette alle auto, che introduce i tickets. Una finanziaria classista, imposta alla Margherita e all’area moderata dei Ds dalle componenti dell’ultrasinistra del Governo, che taglia agli enti locali, che taglia, anche giustamente, alcune spese esagerate della politica, e non avete il coraggio di dire niente rispetto a questo provvedimento. Lo diranno i cittadini, perché se non avete nemmeno la percezione del disagio dell’opinione pubblica, degli imprenditori, traditi, forse anche da scelte avventate fatte dal gruppo dirigente che vi ha appoggiato con troppa leggerezza, con chi ve la volete prendere?
Ma soprattutto, non è questo il modo giusto di porre le questioni. Se il problema del dissesto idrogeologico della regione è una questione di fondo, deve rientrare fra le priorità della Giunta regionale. Bisogna che cominciamo a spendere qualcosa di nostro, che investiamo qualcosa di nostro, se il territorio è una risorsa da difendere. Non è più concepibile la lamentazione o il ribadire questa richiesta di elemosina allo Stato. Siamo o non siamo un organismo che rivendica competenze, che rivendica poteri, che addirittura questa mattina, per bocca dell’assessore minaccia nuove tasse ai marchigiani? Avete letto i giornali questa mattina? L’assessore Marcolini ha già detto che se rimarrà questa finanziaria, aumenteranno il bollo per le quote di competenza regionale e il metano per le quote di competenza regionale, associandosi a Prodi in quest’opera di “derubamento” dei contribuenti marchigiani.
Ci vuole un progetto organico della Giunta regionale su questa materia, che indichi quante risorse sono necessarie per aggredire le criticità, le emergenze e che ci metta di suo. Prima di chiedere l’intervento degli altri mettiamoci del nostro, noi che siamo abilitati a chiedere qualunque cosa.
Inoltre, quando realizziamo il riordino dei bacini? Non è concepibile continuare ad andare avanti con due pezzi di questa regione — perché mi sembra che anche il Tronto, oltre alla Valmarecchia, sia veicolato fuori — che non vogliono più starci, non è possibile continuare ad avere due bacini interrregionali che continuano ad esercitare una responsabilità, che penalizzano. Dopodiché, Carrabs, lei può anche fare le “pagliacciate” dell’altro giorno, me lo consenta in via amichevole. Pagliacciate perché c’è un territorio che il 15 dicembre voterà per un referendum per andare o meno nell’Emilia Romagna — lei sa che come Forza Italia devono essere i cittadini della Valmarecchia ad autodeterminarsi — e lei non può andare, a un mese dal referendum, a fare un incontro con i sindaci con le tasche piene di soldi, dicendo “Ecco 3 milioni di euro destinati alla Valmarecchia”. Adesso? A un mese dal referendum? Ma quanto ha aspettato per fare queste cose?
In questo senso ho detto “pagliacciata politica”, senza offendere nessuno. Questo non è programmazione, questo rientra nella strategia di aggressione di quella vallata, ordita dai vertici comunali, provinciali dei Ds, che hanno mandato ieri, che mandano oggi l’assessore Lucarini a parlare dell’offerta scolastica, anche qui, guarda caso, quindici giorni prima del referendum. O come Spacca che accusa di tradimento quei cittadini, quando tutti sanno che il tradimento l’ha compiuto la Giunta regionale con trent’anni di disattenzione nei confronti dei problemi di quella vallata.
C’è quindi il problema di una strategia che consenta di recuperare la responsabilità regionale su tutto il territorio. Noi siamo del parere di chiudere l’esperienza del bacino interregionale del Conca e del Marecchia, come credo i miei amici di Ascoli chiedano di rivedere e di ricondurre ad un unico comitato di bacino regionale la responsabilità degli interventi sul territorio, su tutte le Marche. Non ci possono essere interventi a due marce di velocità, così come avviene oggi.
Solamente sul piano dei vincoli, noi abbiamo avuto un anno e mezzo fa un piano di bacino, quello delle Marche, che fissava dei parametri sul piano vincolistico e abbiamo avuto 8 commi della vallata del Montefeltro assoggettati al bacino del Conca e del Marecchia che hanno avuto dei vincoli peggiorativi rispetto a quelli degli altri cittadini delle Marche, realizzando una condizione di disparità. Quindi questo riequilibrio dei bacini è la terza questione. Su questo si dispieghi un’azione concreta regionale, che ci metta in condizioni di recuperare il tantissimo tempo perduto fino ad oggi.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.

Mirco RICCI. La mozione presentata da Procaccini e Bucciarelli, oltre che ricca di contenuti e di spunti, è anche importante perché introduce elementi di novità per la gestione e la conservazione del territorio di questa regione.
C’è un problema e lo dico anche al consigliere Giannotti, che sembra abbia individuato il problema del dissesto idrogeologico nelle Marche. Purtroppo tutto il paese ha questi problemi. Basti ricordare che l’Italia è circondata da 8.000 chilometri di scogliere a protezione della costa, quindi quello del dissesto è un problema generale che investe l’intero paese che è stato definito, in alcune realtà, non nelle Marche, “il paese delle frane” che si sono accentuate in questi anni, purtroppo.
Devo dire che nelle Marche gli strumenti di programmazione ci sono, forse sono anche troppi, nel senso che il rischio è che qualche volta gli strumenti a disposizione si sovrappongano fra quelli predisposti dai Comuni, quelli predisposti dalle Province, quelli predisposti dalle Regioni, il Pai, il Ppar e così via.
Questo è un problema che metterei in secondo piano. La stessa cosa riguarda la programmazione. Anche qui io credo che dal punto di vista della disponibilità degli strumenti, i piani che prevedono interventi di prevenzione dei dissesti, sono tutti strumenti che noi abbiamo a disposizione. C’è il problema delle risorse, questo sì. Devo dare atto alla Giunta regionale che rispetto ai problemi dell’erosione della costa, ha fatto interventi, programmazioni, ha messo risorse a disposizione per i prossimi anni, dando invece il segno di un intervento molto preciso e specifico su quel tema.
Sull’altra cosa che riguarda più in generale il problema della gestione e conservazione del territorio, credo che qualche risorsa in più sarebbe necessaria. Per completare gli interventi del Pai, se non ricordo male, sarebbero necessarie svariate decine di milioni di euro in tutta la regione. Come esiste il problema che ricordava anche chi mi ha preceduto, rispetto alla manutenzione idraulica dei fiumi, alla pulizia. Anche qui, sulle aste fluviali esistono progetti, addirittura. Ricordo quelli rispetto alla provincia di Pesaro e Urbino che conosco meglio, ma sul fiume Foglia, sul Marecchia e forse meno sul Cesano, ci sono già progetti di intervento che riguardano l’intera asta. Il problema, ovviamente, è quello di procedere per stralci funzionali, perché le risorse sono quelle che tutti sappiamo.
La mozione di Procaccini introduce un elemento diverso: chiede di costituire un gruppo intersettoriale che coinvolga anche gli operatori dell’agricoltura. Non è secondario, anzi credo che nel mondo degli agricoltori — si è fatto anche in passato — sia necessario trovare interlocutori fondamentali per gestire e conservare il territorio. E’ uno degli elementi di fondo la gestione dei terreni agricoli, in relazione ad alcuni problemi di carattere anche fisico che riguardano le frane, gli smottamenti e così via.
Credo che la mozione, da questo punto di vista, vada sostenuta così com’è. Certo è che c’è un punto di debolezza: che in qualche modo le autorità di bacino hanno dato risposte marginali, parziali, in modo particolare quelle di carattere interregionale, però mi pare di ricordare che è giacente in Senato una proposta di revisione addirittura delle stesse autorità di bacino, che potrebbe anche essere ripresa da questo Governo.
Certo è che i problemi legati alla Valmarecchia non sono soltanto quelli relativi alla gestione delle aste fluviali e della difesa idrogeologica, sono altri ma credo che in questa fase si potrebbe addirittura evitare di fare demagogia e propaganda rispetto all’atteggiamento della Regione e della Provincia di Pesaro che invece hanno avuto il coraggio, piuttosto che lasciare gli elettori della Valmarecchia liberi di votare come ovviamente vogliono, di proporre una indicazione, perché mi pare che in una iniziativa alla quale ha partecipato recentemente Sant’Agata Feltria, sia il presidente Spacca che il presidente della Provincia di Pesaro e Urbino Ucchielli, hanno dato indicazione di votare per il no al referendum. Quindi qualche volta credo che sia opportuno esprimersi rispetto a una dimensione regionale storica. Quindi, più che lasciare libertà di coscienza, credo che sia stato opportuno dare una indicazione di voto, come è stato fatto proprio l’altro giorno a Sant’Agata Feltria. Poi ognuno sceglie, in libera coscienza, quello che intende fare. La scelta di alcuni partiti è di dire “libertà di coscienza”, la scelta di altri è di invitare a rimanere nelle Marche per tantissime ragioni. In Valmarecchia, pur condividendo l’impostazione secondo la quale quell’autorità di bacino non dà risposte adeguate, si potrebbe fare l’elenco. Non si tratta soltanto di avere in qualche modo individuato risorse oggi per quella realtà territoriale ma si potrebbe fare l’elenco degli interventi realizzati in questi anni proprio in Valmarecchia.
Quindi credo che noi abbiamo fatto bene a ricordare nel Consiglio scorso, anche rispetto all’alluvione di Ancona, i meriti di questa Regione rispetto al tema del dissesto idrogeologico, nel senso che questa Regione ha mezzi, uomini, competenze, strumenti. Certo che su questo tema più in generale, per poter intervenire sul territorio occorrono risorse ingenti, che con difficoltà riusciamo a individuare. Bisogna fare uno sforzo in più e bisogna anche trovare le forme, così come indicato anche nella mozione di Procaccini, per sostenere una strategia che la Giunta può in qualche modo mettere in campo, utilizzando anche un gruppo di lavoro di carattere intersettoriale, che può dare in questa direzione un contributo fondamentale.

Presidenza del Vicepresidente
DAVID FAVIA

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Caro collega Giannotti, non è neppure necessario andare a vedere i disastri che hanno fatto in finanziaria ora quelli del centro-sinistra. Basta vedere in questi anni la produzione normativa immane, infinita per quanto riguarda la tutela del territorio e le ricadute concrete che ci sono state.
Io, da poco consigliere regionale, nel 1995, ricordo che ancora era apertissima la discussione sul Ppar che era stato annunciato come una grande svolta sotto il profilo del governo del territorio, una cosa rivoluzionaria, voluta fortemente dalla componente di sinistra dell’allora governo e poi rilanciata fortemente dai governi di sinistra che si sono succeduti dal 1995 ad oggi. Poi possiamo ricordare il Pit, il Ptrap, il Pai: quanti altri piani ci sono stati? Quanti altri interventi, si diceva tutti ispirati dalla filosofia di tutelare fortemente il territorio, di dire basta agli scempi del passato, alle cose accadute che erano addirittura state foriere di tutti i disastri avvenuti nel territorio marchigiano? Quello del Tronto è stato il più evidente, il più clamoroso, in quegli anni.
Basta vedere questo per dire che queste politiche hanno assolutamente fallito, se un gruppo consiliare della maggioranza, non di ora, ma della maggioranza dal 1995 ad oggi, si presenta in Consiglio regionale e ci chiede il voto per dire che dobbiamo “monitorare, programmare gli interventi sul territorio con una visione logica e intersettoriale”. Caro collega Procaccini, è il fallimento della vostra politica. Undici anni e non siete riusciti nemmeno a integrare, programmare gli interventi sul territorio con una logica d’insieme. Prendetene atto, cambiamo almeno le normative, come abbiamo più volte chiesto noi, perché sono normative solo verso un senso unico, quello del vincolo che non serve a nulla, perché dall’altra parte i veri problemi, i veri bubboni sono proprio questi: risorse destinate ad interventi che non servono a nulla, risorse ingenti e interventi che servono e che invece non sono mai compiuti.
Questa è la verità, dobbiamo dircele queste verità. Allora voteremo ancora una volta impegni ad integrare, ma qui bisogna veramente fare punto e a capo, dire che certe politiche hanno fallito, certe finte tutela non hanno tutelato nulla, dire che Osimo Stazione, Recanati, tutte le zone più colpite dall’ultima alluvione sono, purtroppo, derivate da questo tipo di errori o di manchevolezze, o di omissioni. Ma i reti si compiono anche per omissione.
Diciamo questo e diciamo anche che le risorse, oggi non ci sono neppure per pagare coloro che hanno avuto dei danni enormi ad Osimo Stazione o nella zona recanatese, colpite fortemente dal disastro di settembre. Non ci sono neppure i soldi per riparare le macchine e far ripartire le industrie. Di cosa stiamo a parlare?
C’è una approvazione da parte del Governo nazionale dello stato di calamità naturale, ma i soldi sono assolutamente insufficienti. Lo hanno detto ieri le categorie produttive, lo hanno detto ieri l’altro gli abitanti. Almeno si intervenga sull’emergenza, almeno si faccia il punto sulla manchevolezza delle politiche di questi anni, almeno si faccia seriamente una programmazione dopo un confronto sulle cose veramente da fare e allora siamo disposti a discutere e a votare mille di questi appelli, caro Procaccini, però un punto e a capo deve essere fatto e non vado oltre perché sono stato esaustivo nell’indicare quelli che sono stati, in questi dieci-undici anni, tanti appelli che non hanno portato a nulla, tanti atti, regolamenti, discipline, normative che non hanno portato a nulla a livello di difesa del territorio.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Binci.

Massimo BINCI. Le piogge di questi giorni hanno ancora una volta evidenziato la fragilità del territorio regionale e più in generale del nostro paese e pongono la necessità di una serie riflessione sulle cause per individuare correttamente i possibili rimedi.
Le esondazioni, le alluvioni, gli allagamenti sono eventi naturali da sempre associati alla piovosità. Il problema è che tali fenomeni sono sempre più frequenti in quanto le significative trasformazioni del territorio da parte dell’uomo concorrono ad amplificare gli effetti delle caratteristiche di queste alluvioni.
E’ necessario premettere che la piovosità media annuale non è diversa da quella del passato, mentre le caratteristiche sono diverse, perché questa piovosità si manifesta con una frequenza minore ma con una intensità maggiore. Tali modificazioni sono la conseguenza anche del cambiamento climatico dovuto all’effetto serra. Nel caso della regione Marche gli effetti del clima sono sicuramente amplificati da una serie di modificazioni che hanno subito i territori, sia urbani che agricoli. Nelle aree urbanizzate si è aumentata la superficie impermeabilizzata, è scomparso il reticolo idrografico superficiale, i fossi sono stati interrati con la conseguenza che nel tempo l’accumulo di sedimenti e l’assenza di pulizia delle fognature può provocare la diminuzione della sezione di deflusso e quindi la fuoriuscita violenta dell’acqua.
Nelle aree agricole non urbanizzate si è indiscriminatamente abbattuto o ridotto la copertura vegetazionale per favorire la meccanizzazione agricola che ha sostituito la presenza dell’uomo, che rappresentava il principale soggetto che garantiva il presidio e la manutenzione del territorio, e l’introduzione di nuove pratiche agricole basate sullo sfruttamento intensivo dei suoli.
Queste modalità di gestione della risorsa territorio hanno provocato, ad esempio, la perdita di fertilità a causa della diminuzione di sostanze organiche, che tra l’altro favorisce nelle zone di versante l’erosione superficiale dei suoli e la propensione al dissesto (franosità). Inoltre la diminuzione del tempo di corrivazione, cioè il tempo che la goccia d’acqua caduta dal cielo impiega per raggiungere il corso d’acqua principale, in ultima istanza il tempo necessario per la formazione dell’onda di piena. Il tempo di corrivazione dipende dalla capacità di assorbimento dei suoli, tanto più alto quanto i terreni sono ricchi di humus, e dalla presenza della copertura vegetazionale (assorbimento delle radici ed evapotraspirazione). Lo sviluppo insediativo nei bacini idrografici ha portato ad una maggiore impermeabilizzazione, minore infiltrazione nel sottosuolo, di conseguenza lo smaltimento delle acque meteoriche è più rapido.
E’ evidente che invertire tale tendenza non è semplice né tanto meno di rapida soluzione, pertanto è necessario ,nere conto di tali aspetti evolutivi per cercare di mitigare gli effetti sul territorio di questi fenomeni.
In questo senso è indispensabile attivare politiche e programmi di sviluppo insediativo e produttivi che tengano conto dei delicati equilibri naturali che sottendono al “sistema territorio” e, in territori geologicamente fragili come la nostra regione, interventi di manutenzione del sistema naturale e delle opere antropiche.
Inoltre, poiché l’interazione sistema ambiente e interventi antropici rende ancor più complessa l’individuazione dei pesi relativi in relazione alle cause, è indispensabile adottare un approccio basato sulla conoscenza dettagliata dei caratteri fisico-naturali e quindi sviluppare al massimo l’analisi interdisciplinare dei fenomeni.
Soprattutto l’abbiamo visto nell’ultimo mese, perché sia per la situazione di alluvione dell’Aspio che di Falconara, non c’è stata un’esondazione dei fiumi e dei fossi e per evitare il ripetersi di queste cose ci vuole una conoscenza dettagliata e puntuale del territorio.
Se questa è l strada necessaria, bisogna introdurre elementi qualitativi negli strumenti di pianificazione delle attività dell’uomo che stanno alla base dei processi di trasformazione del territorio. In questa ottica risulta importante riconoscere le vocazioni del territorio per evitare, ad esempio, di urbanizzare aree limitrofe agli alvei di pertinenza dei corsi d’acqua od aree topograficamente più basse dell’alveo e quindi facilmente allagabili, oppure bisogna evitare di seppellire il reticolo idrografico superficiale. Nello stesso tempo bisogna evitare, come spesso è accaduto, che aree topograficamente basse vengano artificiosamente sopraelevate, rialzate con riporti di terra e quindi rese edificabili.
I fenomeni di instabilità che interessano i territori extraurbani e i versanti sono senz’altro collegati alla natura prevalentemente argillosa dei terreni presenti nell’area collinare e pedemontana dove, negli ultimi 40 anni, l’agricoltura ha subito una profonda trasformazione, soprattutto con l’introduzione di colture intensive che hanno ridotto la copertura vegetazionale e arborea: sono scomparsi i filari, le siepi e gli alberi e, di conseguenza, sono aumentati i fenomeni di erosione superficiale dei suoli.
Quest’ultimo fenomeno, tra l’altro, provoca l’asportazione di sostanza organica diminuendo quindi la fertilità dei suoli.
Quello che ho detto è un esempio delle reazioni a catena che si possono innescare nel momento in cui si modificano gli equilibri naturali. Questo non vuol dire che non si può far nulla, ma semplicemente che vanno conosciuti i fenomeni e gli impatti per poter prendere decisioni consapevoli.
Nel nostro paese esiste un riferimento legislativo importante, rappresentato dalla legge 183 del 1989, “Norme per il risassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo”, che ha individuato, prendendo come modello di riferimento il sistema di gestione dei bacini idrografici europei, un percorso programmatorio e tecnico che, se attuato, potrebbe garantire un equilibrato sviluppo tra le esigenze di tutela e quelle di trasformazione socio-economica. Purtroppo la normativa è stata ampiamente disattesa per molti anni, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti della conoscenza e della programmazione.
Per questo dopo anni di mancata operatività e incisività nella pianificazione da parte delle autorità bacino e a seguito dell’ennesima calamità naturale (la frana di Sarno che ha provocato più di 100 morti), è stato approvato un decreto legge che ha obbligato le autorità di bacino e le regioni ad elaborare piani stralcio idrogeologici, i famosi Pai, che rappresentano una scorciatoia. infatti questi piani sono stati elaborati solo per il rischio provocato dalle frane e dalle esondazioni, come se tali fenomeni siano indipendenti dall’attività antropica che si esplica in un bacino idrografico. In altre parole non sono stati considerati altri elementi (cave, discariche, strumenti urbanistici, attività economiche ecc.) che hanno concorso all’innesco dei fenomeni di dissesto idrogeologico che, al contrario, nella legge 183 del 1989 sono ampiamente sottolineati.
Inoltre la metodologia utilizzata per la redazione del Pai ha il grosso limite di avere individuato, perimetrato e normato le trasformazioni di eventi, esondazioni e frane, già noti. Per il Pai Marche in particolare, non è stato fatto alcuno sforzo per tentare di individuare le possibili/probabili aree a rischio idrogeologico e non a caso emergono situazioni nuove come l’area a sud di Ancona, dove l’allagamento degli insediamenti residenziali e delle attività produttive non è stato provocato dall’esondazione del fiume Aspio ma dalle acque, miste a fango, provenienti dal versante collinare che hanno incontrato ostacoli, rappresentati da una serie ravvicinata di infrastrutture viarie (ferrovia, statale Adriatica) produttive e commerciali (capannoni e relativi piazzali) e poste perpendicolari al del flusso naturale delle acque, che hanno ridotto la capacità di smaltimento (per riduzione della velocità o della sezione di deflusso).
L’infrastrutturazione dell’area è infatti avvenuta senza tener conto delle caratteristiche topografiche e morfologiche, dal momento che i fossi naturali sono stati tombati e le superfici sono state impermeabilizzate, nello stesso tempo le aree collinari alle spalle dell’Aspio sono state denudate ed eliminati i fossi, di conseguenza in occasione di piogge intense nelle aree a valle si riversa una valanga d’acqua e fango che travolge tutto ciò che incontra lungo il percorso.
Questo ragionamento non significa immobilizzare il territorio ma semplicemente che le trasformazioni vanno governate e soprattutto è indispensabile che sia eseguita periodicamente la manutenzione delle opere antropiche (pulizia dei fossi e dei fiumi, drenaggio delle aree in frana ecc.) che si rendono necessarie.
Allora credo che una delle priorità di questo paese e quindi di questa regione, nel settore territoriale e ambientale, sia dare attuazione alla legge 183 del 1989, per passare da una logica di emergenza a quella della prevenzione.
Noi Verdi pensiamo che bisogna investire in questa direzione e riportare in primo piano i collegamenti e il rapporto tra ambiente ed economia e ambiente e occupazione, perché una manutenzione corretta del nostro territorio può essere una fonte grossissima di occupazione.
In questa direzione è possibile intercettare fondi del prossimo periodo di programmazione comunitaria e queste comunità debbono essere colte e rappresentate all’interno del prossimo Psr. Quindi è importante che siano anche investite risorse per la programmazione e la gestione del nostro territorio.

Presidenza del Vicepresidente
ROBERTO GIANNOTTI

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Capponi.

Franco CAPPONI. Debbo ringraziare il consigliere Procaccini in primis, perché ha messo sul tavolo una delle discussioni più interessanti che quest’aula potesse affrontare. Certamente non c’è stato tempo di approfondire, quindi l’intervento che farò sarà solo di natura generale. Devo ringraziarlo perché anche noi, da questi banchi di opposizione abbiamo più volte sollecitato la Giunta a prendere delle decisioni importanti e strategiche per la difesa del suolo. Purtroppo non siamo stai quasi mai presi in considerazione e le riposte sono sempre state evasive e si è sempre detto che la Giunta aveva sotto controllo tutti i fenomeni che avvenivano in questa regione.
Debbo dire che questa Regione invece, ha fatto fino ad oggi solo una serie interminabili di atti di vincolo, a volte dei vincoli che vengono sovrapposti gli uni agli altri, vincoli passivi, che non producono alcun miglioramento alle condizioni attuali dei fenomeni che si stanno evolvendo, tra l’altro, perché c’è anche una evoluzione del clima.
Questa Regione, invece di mettere risorse per la difesa del suolo le ha tagliate, ne ha tagliate una enormità, in parte non individuando più programmi strategici propri per la difesa del suolo, per la difesa idrogeologica e quant’altro, ma in parte anche disattivando quei presidi che il territorio nel tempo, negli ani, nella storia si era dato, come ad esempio i consorzi di bonifica che avevano anche un altro ruolo, oltre quello di difendere il territorio, avevano un ruolo di sensibilità, perché i soci — agricoltori, coltivatori diretti e tutti i possessori di terreni — sostanzialmente sapevano che quella tassa non era tanto nell’importo che doveva essere pagata ed era un fastidio, ma era anche un atto di assunzione di responsabilità personale e di quelle aziende verso la difesa del suolo, quindi una difesa attiva che il territorio si era dato nel tempo, coinvolgendo le organizzazioni di categoria, coinvolgendo gli agricoltori, coinvolgendo poi gli enti pubblici che dovevano fare la programmazione e il finanziamento degli interventi.
Abbiamo soppresso e commissariato tutti i consorzi di bonifica, ci era stato detto che questi commissariamenti erano solo temporanei, per sei mesi, siamo arrivati a un anno dai commissariamenti e ancora i commissari stanno al loro posto, non c’è alcuna programmazione né alcun programma per i bacini.
Sono anche d’accordo su quanto ha esposto Giannotti circa la necessità di realizzare un vero coordinamento in un contenitore unico di tutte le strategie che si devono fare per la difesa del territorio. Ci sono state delle opportunità, quelle della gestione del Psr, della gestione della Pac, della gestione dei finanziamenti specifici per il settore agricolo ma anche per gli enti pubblici, per effettuare difesa del suolo, interventi nel settore idrogeologico, ma obiettivamente in questa regione essi non hanno svolto un’azione strategica, perché sono marginali, sono generici e soprattutto non hanno inciso minimamente nel cambiamento dei comportamenti dei settori interessati. Quindi bisogna tendere, ora che siamo in una nuova fase di programmazione del Psr, ad avere un impatto maggiore, un po’ come descrive anche Procaccini, ma secondo me una buona azione, quella della prevenzione, va fatta anche mettendo a disposizione le risorse necessarie, perché altrimenti corriamo sempre dietro le emergenze.
Io reputo un obiettivo strategico del nuovo Psr la riattivazione del settore agricolo, che è stato sostanzialmente disattivato in questa regione, perché non c’è stata attenzione a quei settori che potevano tentare di mantenere una copertura vegetale dei suoli, per esempio la zootecnica. Ci siamo inventati delle misure per sostenere il settore zootecnico, dove sono state coinvolte 400 aziende che hanno fatto domanda per fare investimenti e la Regione Marche ha messo a disposizione risorse che ne hanno finanziate solamente 27. Quando i numeri sono di questa portata, voi capite che l’incidenza delle azioni che vengono messe in campo dalla Giunta regionale è assolutamente insufficiente e ininfluente.
Io ritengo, consigliere Procaccini, che su questo argomento noi dovremmo tornare, perché la mozione è sì importante, però di mozioni in questo Consiglio ne abbiamo approvate tante e sono rimaste tutte lettera morta, sostanzialmente. Si potrebbe organizzare una sessione speciale del Consiglio regionale, come abbiamo chiesto per altre situazioni, in cui affrontare tutti i problemi e in cui venga messa in campo la vera strategia e la politica che questa Regione intende darsi, questa maggioranza intende darsi, per la difesa del territorio. Non bastano le parole di buon senso che magari il Presidente Spacca ha espresso al momento dell’insediamento, perché da allora sono passati circa 18 mesi e di tute quelle parole non resta nulla, perché in atti concreti questa regione non ha visto succedere praticamente nulla, specialmente in questo settore.
Debbo dire che noi abbiamo presentato anche una mozione che chiederemo venga messa all’ordine del giorno del prossimo Consiglio regionale, per far sì che sulla finanziaria non vi siano solamente quelle misere risorse, quelle stanziate per i comuni colpiti da quest’ultima emergenza, ma chiediamo che sia fatta una ricognizione attenta e precisa e che i fondi siano messi a disposizione per coprire l’intero danno subito dagli operatori che non avevano, tra l’altro, alcuna colpa in tal senso.

Presidenza del Presidente
RAFFAELE BUCCIARELLI

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Lippi.

Leonardo LIPPI. Gli interventi che mi hanno preceduto hanno affrontato temi importanti e ringrazio chi ha presentato la mozione, perché è solo l’inizio di un ampio dibattito per affrontare la nuova filosofia di vivere, l’ambiente con la nuova modalità di affrontare anche le esigenze delle attività che l’uomo stesso svolge. Come fino a ieri l’uomo era rispettoso dell’ambiente, perché era impotente, oggi invece si sente un Dio nei confronti dell’ambiente stesso.
Gli agricoltori e chi viveva quell’ambiente fino a 30-40 anni fa avevano rispetto anche delle leggi della natura, oggi abbiamo approfittato, con una industrializzazione selvaggia, in modo improprio dell’ambiente, senza sapere che poi le condizioni si possono ripetere anche in termini temporali molto lunghi. Con il terremoto abbiamo convissuto negli ultimi trent’anni già 3-4 volte solo nella nostra regione, al di là degli eventi che si sono verificati in Italia e nel mondo e abbiamo cominciato a rispettare questo evento calamitoso. Non abbiamo ancora imparato a rispettare, invece, gli eventi meteorologici e questo è un problema che va affrontato con una nuova filosofia: rivedere il contesto di vita nelle attività produttive che svolge l’uomo, avendo sempre attenzione agli eventi atmosferici che sono mutabili ed eccezionali. Anche la piccola pioggia o il singolo evento, oggi diventano un grosso problema, perché nella nostra programmazione urbanistica, legislativa abbiamo perso la paura nei confronti di questi eventi, quindi bisogna pensare che la natura ha un determinato percorso, l’uomo deve quindi rispettarla e allo stesso tempo deve saper far crescere e sviluppare anche le nuove generazioni in sicurezza ed evitare questi problemi. Purtroppo siamo abituati a toccare con mano la casistica degli eventi, la prevenzione non si misura perché non avviene più niente, ma quando uno fa una corretta prevenzione, non succedono questi eventi. Dobbiamo allora saper valorizzare di più la prevenzione, perché sicuramente lasceremo, così, un percorso filosofico di vita alle nuove generazioni e daremo un’impronta fondamentale per evitare che quegli eventi si ripetano.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brandoni.

Giuliano BRANDONI. La mozione presentata dal gruppo dei Comunisti italiani a mio giudizio è lodevole, condivisibile e stimolante. Il dibattito a cui partecipo, in qualche modo mi ha dato una sensazione: c’è una forma di anacronismo in questo dibattito, nel senso che poteva svolgersi in questa guisa e con questi toni un anno fa, due anni fa, cinque anni fa ed è questa una riflessione che noi dovremmo in qualche modo assumere. Le contingenze, in questo caso la contingenza di un evento climatico clamoroso dal punto di vista quantitativo e da molti altri punti di vista prevedibile, ha implementato questa discussione. Credo che dovremmo rimanere al tema. In questa mozione c’è una proposta che va accolta in maniera convinta, perché la costruzione di uno strumento di coordinamento che intervenga sulle questioni e apra una idea di prevenzione fatta di atti concreti e di misure concrete, anche se minute, è la costruzione di un rapporto con il territorio anche più vicino alla prossimità.
Mi viene da riflettere che, per esempio, la vicenda del Pai è stata emblematica. Non ho fatto una statistica ma ho una considerazione di fatto da poter portare qui. Al Pai sono state fatte centinaia e centinaia di osservazioni amministrativamente previste. Tutte quelle osservazioni avevano un unico comun denominatore: quello di chiedere e di ridurre le perimetrazioni di salvaguardia. Cosa denota questo atteggiamento? Questo atteggiamento denota che abbiamo sul versante culturale una schizofrenia grandissima: da una parte l’idea che poi bisogna intervenire, e ho trovato accenti nell’intervento del consigliere Pistarelli, che mi fanno anche piacere: questo recupero del ruolo, della funzione dell’intervento pubblico, quando poi, per anni, le ubriacatura neoliberiste davano al laisser faire in qualsiasi campo, compreso quello della tutela territoriale, un elemento di maggiore equilibrio e sviluppo. Se queste riflessioni non sono contingenti e demagogiche, aiutano il dibattito.
Tornando alla questione, credo che noi dovremmo assumere da una parte questa mozione e riflettere sulla legge 13 del 1999, sugli elementi culturali che ne hanno frenato la possibilità di esprimersi, sul dibattito troppo sotterraneo che oggi c’è sulla sua revisione e anche qui stiamo ai fatti: il dibattito che c’è sulla sua revisione non guarda alla salvaguardia, alla tutela, alla programmazione, il dibattito che c’è guarda a tutt’altro, ha un’idea del territorio come occasione dello sviluppo e un’idea dello sviluppo come elemento misurato sulla profittevolezza che in qualche modo dovrebbe indurre questo Consiglio, questa maggioranza a una minuta visitazione e rivisitazione delle condizioni culturali che oggi ci sono rispetto alle questioni che riguardano la vicenda del territorio. Io penso che il territorio oggi è assunto nella parte alta della riflessione sociale e politica come un bene comune e inteso come bene comune va tutelato, salvaguardato, in qualche modo controllato e vissuto. Tutto il resto lo lascio alla demagogia.
Con questa riflessione il gruppo di Rifondazione comunista voterà questa mozione.

PRESIDENTE. Ha la parola, per la replica, il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Una brevissima replica, perché è consentita dal regolamento e anche per ringraziare il Consiglio del dibattito, seppure con accenti diversi.
Noi non siamo gelosi di una eventuale primogenitura sul problema. In effetti prendo atto che ci sono state diverse interrogazioni e interpellanze nel corso degli anni, sul problema dell’emergenza legata alle alluvioni, alle frane e così via. Questa vuol essere — da questo punto di vista il Consiglio regionale potrebbe compiere un atto in questo senso — una inversione di tendenza: guardare in prospettiva alla prevenzione del danno. In primo luogo è un problema di risorse, ma è anche un problema organizzativo che si può in qualche modo rivedere attraverso la cosa che la mozione chiede, cioè un gruppo di valore tecnico che valorizzi le competenze e metta in rete le diverse professionalità che esistono nei diversi servizi ed assessorati.
E’ una cosa semplice, quindi bisogna farla e noi verificheremo affinché venga fatta. Ma è anche un atto che tende a guardare a una prospettiva unitaria sul territorio, tra i diversi soggetti, tra le diverse categorie e attori oggetto della necessità di prevenzione. In primo luogo l’agricoltura, ma non solo. Diceva il consigliere Capponi — e condivido, su questo punto — dell’occasione del piano di sviluppo rurale che dovrebbe, da questo punto di vista, guardare con maggiore incisività alla necessità della prevenzione. Esistono vincoli, in alcuni casi da rivedere, ma in altri sono vincoli da attuare, perché sono attivi, come quelli previsti dal Ppar, che entra nel merito anche su come si dovrebbe fare il drenaggio delle acque in agricoltura, la loro regimentazione e addirittura la costruzione delle siepi e degli argini, in larga parte disattesi, proprio perché non esiste una cultura del governo del territorio.
Poi, c’è una questione che attiene ali completamento della legge 13 del 1999. L’assessore Carrabs che ringrazio, diceva che il Pai in larga parte è attuato, ma in verità in una parte significativa della regione Marche questo fatto non è concretizzato, non è realizzato. Parliamo del Pai del Tronto, perché esso è decisivo. Ad esempio, in quel fiume, oltre ai manufatti privati, in larga parte opifici, costruiti in maniera impropria a ridosso del fiume, esiste addirittura una discarica oggetto di una denuncia, addirittura, alla Corte europea, che vuol essere o in parte è rinchiusa in un sarcofago di cemento armato dentro il fiume.
Quindi la nostra posizione non vuol essere quella di un appello retorico, che guardi ad una critica generalizzata a chi non ha dato le risorse. Se possibile, dobbiamo guardare avanti ed oggi il Consiglio regionale, pur nella sua diversità e articolazione, potrebbe imprimere, da questo punto di vista, un’azione più incisiva per il futuro ed indicare anche alla Giunta regionale, che ha operato bene nella fase dell’emergenza, di guardare alla prospettiva della prevenzione con maggiore incisività.

PRESIDENTE. Esaurita la discussione e considerato che non vi sono interventi per dichiarazione di voto, pongo in votazione la mozione.

Il Consiglio approva



Proposta di atto amministrativo (Discussione e votazione): «Definizione dei criteri e delle modalità di attuazione degli interventi per gli anni 2006 e 2007 ai sensi dell’articolo 26 della l.r. 4 giugno 1996, n. 18 e successive modificazioni ed integrazioni» Giunta (18)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 18 ad iniziativa della Giunta. Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Mollaroli.

Adriana MOLLAROLI. Con questo atto definiamo i criteri di finanziamento e le modalità di accesso ai contributi regionali in attuazione della legge regionale 18, una legge a sostegno dei servizi dei diversamente abili.
Ricordo che la nostra è stata una tra le prime Regioni d’Italia a dotarsi di un testo organico che prevede misure ed interventi a sostegno della disabilità. Questo per riaffermare la sensibilità culturale e la centralità politica data in questa regione al welfare locale rispetto al sostegno delle diversità.
Quali interventi sosteniamo con questo atto? L’assistenza domiciliare domestica ed educativa, progetti di integrazione e socializzazione, trasporto, centri socio-educativi diurni, integrazione scolastica, integrazione lavorativa, tirocini, borsa-lavoro, eliminazione delle barriere della comunicazione, acquisto ed installazione di automatismi di guida all’auto di proprietà. Sono esclusi da questo atto — ma ovviamente non sono esclusi dalle politiche della Regione, gli interventi per i disabili gravi, per i quali esistono una specifica delibera ed un finanziamento al quale noi attingiamo dal fondo sanitario nella quota che riguarda l’integrazione socio-sanitaria per la quale la nostra Regione investe 6.900.000 euro.

Presidenza del Vicepresidente
ROBERTO GIANNOTTI

Abbiamo, nel bilancio ordinario, 10.570.000 euro, nell’assestamento abbiamo aggiunto oltre tre milioni di euro, che però sono confluiti nell’intesa per lo sviluppo, quindi a nostro parere non sono liquidabili finché l’intesa non viene approvata.
Per ogni intervento che ho citato è fissata la percentuale di contributi e ovviamente gli interventi debbono essere previsti nei piani di zona degli ambiti territoriali.
Ritengo che noi possiamo essere sostanzialmente soddisfatti per come la nostra Regione sostiene nel territorio le politiche e i servizi legati alla disabilità. Le risorse, ovviamente, non sono assolutamente sufficienti, i bisogni restano, non siamo di fronte ad una diminuzione del fenomeno, anzi i bambini con disabilità inseriti nelle scuole sono in aumento, così come un’altra fragilità completamente scoperta, della quale non si fa carico questo atto ma rispetto alla quale occorre riprendere un’azione politica incisiva, è quella sull’inserimento lavorativo delle persone disabili. In questi anni sono stati fatti sforzi notevoli da parte del pubblico e noi, anche con questo atto teniamo tirocini e borse lavoro ma manca un intervento più deciso da parte del settore privato. Questo lo ricordo in ogni occasione, ma serve una forte politica dell’assessorato alle politiche sociali per rimettere intorno a un tavolo anche le associazioni degli imprenditori della nostra regione perché si faccia uno sforzo maggiore su questo fronte.
Sono escluse da questo atto le persone che superano i 65 anni, perché così come altre Regioni noi riteniamo che oltre quell’età sono i servizi agli anziani che debbono farsi carico di questi temi.
L’atto indica i termini entro i quali la Regione si impegna a liquidare le risorse. In sintonia anche con quanto previsto nella legge di assestamento, abbiamo introdotto una uova modalità, quella che noi dovremmo, entro il 15 ottobre di quest’anno liquidare ai Comuni il 30% della spesa sostenuta nel 2006 e liquidare invece il totale della spesa a saldo, dopo che i Comuni hanno presentato, entro il 28 febbraio, il rendiconto complessivo delle spese, sia per quanto riguarda le risorse e gli interventi propri, sia per i contributi che noi diamo direttamente alle famiglie.
Quindi mi pare un atto importante, i criteri vengono fissati sia per il 2006 che per il 2007, visto i tempi un po’ tardivi con i quali approviamo questo atto che mi auguro venga approvato questa mattina, perché c’è molta attesa, in Commissione l’abbiamo elaborato in maniera unitaria, correggendo anche alcune questioni, quindi mi pare che il Consiglio può agevolmente approvarlo, perché affronta una delle questioni più delicate ed importanti del nostro welfare locale, riferito alle persone con disabilità.

Presidenza del Presidente
RAFFAELE BUCCIARELLI

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Tiberi.

Oriano TIBERI. In Commissione abbiamo lavorato capillarmente, abbiamo analizzato tutti gli articoli e ci siamo trovati, in moltissime situazioni, d’accordo. Però voglio qui rilevare due aspetti.
Il primo è che si tratta di un provvedimento parzialmente tardivo, perché siamo ad approvare ad ottobre 2006 i criteri e le modalità per l’anno 2006 medesimo.
L’altra osservazione è che le risorse sono veramente insufficienti. Sostanzialmente abbiamo avuto una soddisfazione nell’approvare questa proposta, però a livello di aula mi rimetto alle decisioni del capogruppo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Aveva accennato preliminarmente il relatore di maggioranza Mollaroli, che questo atto cerca di rimettere ordine all’obiettiva confusione che si generò sul finire del 2005, nel momento in cui, in sede di assestamento, la Giunta regionale propose, e il Consiglio approvò, di modificare i meccanismi di erogazione dei contributi ai Comuni; determinando un grosso momento di sconcerto, una grossa difficoltà e importanti proteste da parte dei Comuni che confidavano di potersi vedere assegnare le risorse secondo il meccanismo di preventivo, per poi registrare invece un’inversione di rotta inopinata, probabilmente dovuta a esigenze di cassa propri per poter quadrare i conti altrimenti in dissesto di questa Regione, per la parte relativa proprio al finanziamento della legge 18. L’unico meccanismo possibile che è stato attivato, in parte ripristina la possibilità dei Comuni di confidare, secondo anche la possibilità di progettare in maniera prospettica, l’intervento a favore della disabilità. Registro con soddisfazione, sostanzialmente, un passo indietro. Nelle audizioni anche l’assessore Marcolini aveva spiegato le motivazioni che erano state poste a presidio di quella decisione, che obiettivamente però, oggi possiamo ritenere assolutamente sbagliata e che in parte si corregge attraverso un meccanismo che anche da questo punto di vista è un po’ farraginoso, non è quanto di più agevole possiamo proporre ai Comuni, perché è un meccanismo che prevede una scansione fra acconti e saldi, che si sviluppa tra l’autunno dell’anno in corso e il primo semestre dell’anno successivo.
Credo che sarebbe comunque auspicabile un pieno ripristino della vecchia modalità, non senza apportare qualche correttivo. Temo infatti che proprio in termini di programmazione i Comuni possano avere qualche difficoltà, vista la congerie di norme e di fonti finanziarie che in qualche modo sono finalizzate al sostegno della disabilità e, più in generale, alla protezione sociale. Una programmazione assolutamente necessaria da parte dei Comuni, i quali devono sentirsi responsabilizzati anche per quanto riguarda l’implementazione di meccanismi che in qualche modo migliorino anche il servizio a favore dei disabili. Io sottolineo quella che può sembrare un’ovvietà, ma che a mio modo di vedere è invece una giusta sollecitazione proprio in termini culturali, volta a sottolineare ed evidenziare la centralità del disabile nelle politiche di sostegno alla disabilità. Può sembrare, ma non lo è, una tautologia: mi riferisco al fatto che, rispetto ad alcune diseconomie gestionali, che pure si evidenziano in materia di organizzazione di servizi ai disabili, siamo oggi a sottolineare alcune apparenti incongruenze, che pure, anche in riferimento alla legge 18 si sono presentate. Mi riferisco per esempio al fatto che per alcuni di questi servizi si nota un decremento, fortunatamente, degli utenti destinatari dei servizi e invece un leggero aumento dei costi di gestione. C’è qualcosa che non funziona quando, a fronte di una riduzione dei fruitori dell’intervento sociale, addirittura si denota un aumento, non esagerato, dei costi di gestione. Questo è un problema serio che a mio modo di vedere deve dominare l’intervento della Regione a sostegno della disabilità e dei soggetti svantaggiati, cioè dare il ruolo di protagonisti, evidenziare l’attenzione rispetto al soggetto destinatario dell’intervento, prima ancora che al soggetto organizzatore dell’intervento. Questa è una sollecitazione che formulo, proprio perché la carenza e la riduzione delle risorse, la loro difficoltà ci impegnano necessariamente a visualizzare come vero e proprio destinatario del nostro ausilio il disabile e non l’assistente del disabile cui chiaramente va tutto il nostro plauso per l’opera svolta, ma ritengo che in tempi di ristrettezze finanziarie questo atteggiamento culturale debba essere assolutamente prioritario. Lo diceva anche il collega Tiberi, questa proposta probabilmente presenta la sua carenza maggiore proprio nella tardività con cui ci apprestiamo ad approvarla, visto che siamo ormai a ottobre del 2006. Esistono delle restrizioni, che noi indichiamo come aspetti negativi di questo intervento regionale, e mi riferisco in particolare alla riduzione del monte ore relativo al massimo convenzionabile assegnabile per ciascun soggetto, per quanto riguarda l’assistenza educativa. Infatti, per i soggetti da zero anni fino al compimento del percorso di istruzione e formazione, esclusi gli studi universitari arriviamo a 400 ore annue, quando in precedenza il monte ore era di 500 ore. Quindi una restrizione importante, significativa, che vale la pena di evidenziare, proprio perché di fronte alle tante difficoltà, alle tante ristrettezze, dobbiamo avere anche contezza di ciò che stiamo creando, anche delle conseguenze che stiamo determinando sotto il piano dell’assistenza diretta.
Stesso discorso per quanto riguarda la lettera b), sempre in materia di assistenza educativa, dove rileviamo, a fronte di un precedente tetto che era pari a 800 euro annui, per i soggetti che hanno determinato il percorso di istruzione e formazione per i quali non sia possibile l’inserimento nei Csr, 600 ore annue. Quindi tagli ce ne sono, riduzioni esistono e l’auspicio è che questo genere di limitazioni e di riduzioni non possa andare a eccessivo detrimento del mondo della disabilità che oggi come oggi rappresenta — questo è quanto la Regione ha sempre evidenziato nei propri documenti programmatici — un punto strategico nella proposta di questa maggioranza, ma è indubbio che in riferimento anche a questo aspetto esistono delle lacune, esistono delle riduzioni, esistono dei tagli che bisogna chiamare con il loro nome, perché non è solo un problema di tardività dell’atto, c’è anche un problema di contrazione delle risorse.
L’ultima considerazione la faccio in riferimento alla tecnica che anche per quanto riguarda la legge 18 è stata utilizzata dall’assessore al bilancio in occasione dell’impinguamento dei capitoli di riferimento effettuato nel corso dell’assestamento. Anche in questo caso quei flussi sono stati inseriti all’interno dell’intesa per lo sviluppo. Siamo di fronte a un caso tipico che documenta l’erroneità di questa imputazione di bilancio, perché a fronte della possibilità di indirizzare direttamente, ove la prenotazione delle risorse fosse stata quella ordinaria, al disastro queste risorse che in sede di assestamento sono state aumentate, si è preferito alimentare questo contenitore, questa scatola dell’intesa per lo sviluppo, costringendo quindi gli operatori dei servizi a dover attendere questa continua concertazione in materia d’intesa per lo sviluppo, tanto che quelle risorse oggi non sono concretamente utilizzabili perché è necessario aspettare il vaglio previsto dalla procedura che ci siamo dati in occasione dell’ultima finanziaria per l’approvazione dell’intesa.
Questo è un caso tipico di demagogia, perché si è voluto dare la sensazione o la certezza che l’intesa per lo sviluppo fosse qualcosa di serio, e sono stati fatti rifluire, all’interno di quel contenitore, interventi di ogni genere, anche interventi ordinari quale quello della 18, poi ci troviamo che concretamente non possiamo attingere a quel capitolo già da subito per il semplice motivo che dobbiamo onorare tutta questa commedia dell’intesa per lo sviluppo, che è addirittura un fattore impeditivo all’utilizzo di queste risorse, che sono state momentaneamente accantonate all’interno dell’intesa e non sono concretamente fruibili per i soggetti svantaggiati. Ripeto, caso tipico di come l’architettura virtuale che spesso e volentieri l’assessore Marcolini, il Presidente Spacca costruiscono per dare, in termini di comunicazione, la sensazione che questa sia una Regione che fa chissà che cosa, poi, materialmente, questi denari vengono sottratti ad un’immediata disponibilità per i Comuni e per i disabili. Penso che un caso più eclatante non si potesse trovare e l’invito che rivolgo a quest’aula, anche quando, presumibilmente, nei prossimi anni dovremo assistere a nuove edizioni di queste trovate, di questi marchingegni, è di stare molto attenti, perché i meccanismi di delega che vengono fatti in favore della Giunta rischiano di tradursi in un clamoroso boomerang, anche a discapito di chi — il disabile — è per eccellenza da considerare il soggetto debole e diretto interlocutore di tutto ciò che è intervento in materia sociale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Lippi.

Leonardo LIPPI. Questa legge è molto importante per quanto riguarda la distribuzione e la definizione delle principali linee guida sull’articolo della legge 18.
Va osservato un aspetto fondamentale. Noi facciamo parte di una istituzione importante, il Consiglio regionale
che poi decide, legifera e distribuisce risorse agli altri enti locali che sono i referenti per quanto riguarda l’attuazione dei programmi che le leggi stesse demandano per le varie competenze.
Qui si sta però vivendo un momento in cui si vuol sottrarre ai cittadini il controllo sociale. Ci sono spinte forti per far nascere, sorgere, organizzazioni, organismi di varia natura — e tutti ci riempiamo la bocca con l’aumento dei costi della politica — per gestire queste attività. E allora, o crediamo negli enti locali che sono istituzionalmente riconosciuti, oppure non ci crediamo. Noi dobbiamo prendere una posizione netta. Non è possibile che dietro ogni attività che il Consiglio programma, poi sorgano parallelamente istituti, altre organizzazioni che vanno a sottrarre le competenze ai Comuni, alle Province e quant’altro. Mi riferisco alle società o ad altri organismi che si propongono a garantire e gestire questi servizi. Oggi noi abbiamo un assetto istituzionale, lo dobbiamo rispettare, quindi massima attenzione a questo consesso, per non perdere poi noi stessi il ruolo di garanti dei cittadini che ci hanno dato questo incarico di governare, sia maggioranza che opposizione, questi processi, perché quando si innescano dei meccanismi che sfuggono al controllo sociale, si perde anche il contatto direttore i disabili sono un elemento fondamentale della nostra società, che ci rimettono costantemente con i piedi per terra quando ce li troviamo davanti e ci fanno capire che l’uomo è un essere debole, indifeso e quindi deve essere, quando in queste situazioni, socialmente accudito e la sussidiarietà che si svolge con le risorse che la politica destina, deve essere reale e non deve poi servire ad organizzare nuovi centri per il potere dell’uomo stesso. Quindi massima attenzione a questo, perché le risorse che noi diamo agli enti locali sono ridicole rispetto al fabbisogno reale e quindi non possiamo neanche permetterci il lusso di fare grossi proseliti nei confronto.
Quindi massima attenzione a tutti questi organismi paralleli alle istituzioni che nascono, perché il disabile deve essere al primo posto con le risorse che noi andiamo a destinare.
Quindi preannuncio l’astensione per questo atto, perché deve essere maggiormente approfondito. Invece noto un dibattito dalla base — dai sindaci, dagli enti locali — che deve essere ascoltato, quindi bisogna riaprire un tavolo di concertazione forte dalla base per costruire un percorso, su queste politiche, più condiviso.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Capponi.

Franco CAPPONI. Questo atto sostanzialmente ripercorre l’organizzazione dei servizi socio-assistenziale precedentemente attuata da questa Regione ai sensi della legge 18/96. Riteniamo che si siano persi degli anni, soprattutto questi ultimi, per rivedere, sostanzialmente, e potenziare i servizi che si manifestano sempre più numericamente e anche per tipologia, presenti sul nostro territorio regionale: invecchiamento della popolazione, persistenza di situazioni di handicap, nuove emarginazioni ed emergenze.
Ritengo quindi che oggi ci sia bisogno di una rivisitazione sostanziale dell’impalcato normativo su cui poggiamo questo atto, perché in pratica ci sono questi nuovi bisogni e secondo me occorre rivedere sostanzialmente due aspetti fondamentali.
Primo, questa Regione bisogna che definisca quali sono i rapporti e qual è la definizione del rapporto dell’integrazione socio-sanitaria. Qui abbiamo mistificato per anni le somme destinate alla sanità e al sociale, le abbiamo mescolate perché ci faceva comodo utilizzare solamente per il settore sanitario che aveva delle grandi difficoltà, quindi, siccome nel sociale c’erano i Comuni che comunque dovevano affrontare l’emergenza, noi abbiamo approfittato di questa situazione togliendo sempre risorse sociali o non mettendole più rispetto ai bisogni e poi i servizi sono stati lasciati, sostanzialmente, in carico ai bilanci dei nostri Comuni.

Marco LUCHETTI. No, no...

Franco CAPPONI. Consigliere Luchetti, oggi il grado di copertura dei fondi regionali rispetto ai servizi è di appena il 18%. Su tutti i servizi del sociale, assessore, la vostra quota copre il 18%.
Noi non abbiamo neanche approfittato di un vento che sta venendo fuori in Italia, dove si cerca sempre più di responsabilizzare a livello di sussidiarietà orizzontale, le famiglie, e abbiamo cercato di implementare un sistema di gestione pubblica dei servizi, senza coinvolgere le famiglie. Quindi siamo andati avanti su questo binario del welfare state, cioè del welfare che deve fare solamente lo Stato e non abbiamo invece cercato l’integrazione con il nuovo welfare che molte Regioni stanno mettendo in campo, che è quello che invece si crea e si organizza nella società di oggi.
Quindi è indispensabile una rivisitazione in questo senso, come è indispensabile il fatto che nella gestione di questi servizi ci sia una maggiore trasparenza negli affidamenti degli stessi e ci sia una possibilità, per nuove organizzazioni, di entrare in questo mercato, perché in questa Regione, con gli indirizzi che ci siamo dati, in pratica il mercato è predeterminato e sono in pochi e sempre gli stessi che possono gestire i servizi sociali e devo dire che molte volte sono associazioni e organizzazioni affini alla maggioranza che governa questa Regione.
Ritengo che questo atto abbia in sé la negatività del tran-tran, cioè del non inventare nulla di nuovo e di non affrontare le problematiche che emergono oggi a livello sociale. Devo anche dire che moralmente mi sento responsabile nel dire che comunque qualcosa è, però è qualcosa ma non quello che serve al settore dei servizi sociali e ai bisogni delle famiglie di questa regione.
Se vogliamo affrontare questo problema insieme, perché di sensibilità ne abbiamo anche noi, e molta, ritengo che una rivisitazione, con una collaborazione più ampia, innovando e rispettando anche le tradizioni delle famiglie di questa regione, possa contribuire a migliorare questo atto.
Il nostro voto di astensione è assolutamente benevolo, perché l’atteggiamento di fondo dovrebbe essere quello di negatività, ancora più negatività perché questo atto non si riferisce solo al 2006 ma si protrae anche per il 2007. Penso che questo lasso di tempo possa servire, senza pressione, anche a rivedere organicamente tutto il sistema di questi servizi che sono oggi ancora insufficienti e che coinvolgono impropriamente i bilanci dei Comuni che versano nelle condizioni che tutti noi sappiamo.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Amagliani.

Marco AMAGLIANI. Non avevo intenzione di replicare. Prendo atto di questa “astensione benevola” annunciata da parte del consigliere Capponi, però credo che pochi altri atti che vengono in questo Consiglio siano concertati così lungamente come quelli che vengono dal settore dei servizi sociali e questo è uno di quelli, nel senso che questo atto è stato concertato con gli ambiti, con i loro presidenti, con i loro coordinatori, ha cercato di tenere conto delle difficoltà registrate nel percorso che ci separa dal precedente provvedimento e attraverso questo confronto, questo incontro si è cercato di affinare la normativa in modo tale da venire incontro alle esigenze da parte degli enti locali. Tra l’altro questa è una norma attraverso la quale noi destiniamo anche quel 30% di risorse che anticipiamo. Voi ricorderete come, attraverso una indicazione precisa alla Corte dei conti, non potessimo più anticipare le risorse tout-court e poi fare un’analisi, a fine esercizio finanziario, per capire come le stesse venivano utilizzate. A volte abbiamo visto come ci fosse, in questo modo, un uso improprio di queste risorse.
L’unica cosa, fra quelle sentite, sulla quale concordo pienamente è che non riusciamo a soddisfare tutti i bisogni che vengono dalla comunità marchigiana, ma credo che non ci riusciremo mai, nel senso che o destiniamo la totalità del bilancio regionale a soddisfare questi bisogni, altrimenti saremo comunque un passo indietro rispetto a ciò che serve.
La cosa che però non risponde a realtà, è che noi destiniamo il 18% delle risorse rispetto alle necessità. Non è così, nel senso che c’è un’indagine nazionale che ci vede al terzo posto tra le Regioni italiane, per risorse finanziarie che destiniamo ai servizi sociali. Non do la responsabilità ai Comuni, perché mi rendo conto delle loro difficoltà finanziarie, ma purtroppo, quando questa partita si gioca definitivamente e mette insieme le risorse regionali e quelle che vengono dagli enti locali, noi siamo sotto la metà. Purtroppo la situazione che oggi abbiamo è questa. Posso anche concordare sul fatto che questa finanziaria qualche problemino l’avrà, tant’è che gli stessi Comuni italiani si rivolgono al presidente del Consiglio Prodi per rivedere alcune delle partite della stessa, proprio perché le risorse che mette in campo non sono sufficienti e io non ho difficoltà a riconoscere questa questione. Mi auguro che questa questione venga compresa da parte del Governo, da parte del Parlamento italiano e in qualche modo tenga conto delle risorse necessarie ai Comuni per gestire la propria attività, però così stanno le cose, quindi mi pareva opportuno che questa cosa in quest’aula venisse detta, ma vi assicuro che non c’è atto così fortemente concertato come quelli che vengono dai servizi sociali, perché credo che sia l’unica possibilità per destinare correttamente le risorse: ascoltare quali sono i bisogni e stanziare le risorse a inizio anno. Voi sapete benissimo che la Regione Marche non ha tolto una lira rispetto al finanziamento regionale dell’anno precedente. Abbiamo ricevuto la promessa di ulteriori 300 milioni di euro da parte del Governo centrale, ho letto che per il 2007 ci saranno 250 milioni di euro, quindi 50 milioni in meno rispetto a quelli del 2006, quindi siamo quasi alla stessa cifra, per cui questo è quello che abbiamo, questo è quello che destineremo. Non destineremo nulla senza avere concertato tutto, in modo particolare con i 24 ambiti sociali. Questa è la partita che noi stiamo giocando e mi pareva opportuno ricordarlo in quest’aula.

PRESIDENTE. Se non vi sono dichiarazioni di voto, pongo in votazione la proposta di atto amministrativo.

Il Consiglio approva



Proposta di atto amministrativo (Discussione e votazione): «Linee guida per la programmazione della rete scolastica del sistema scolastico marchigiano per l’anno scolastico 2007/2008. Articolo 138 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112» Giunta (34)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 34 ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Mollaroli.

Adriana MOLLAROLI. E’ un atto rituale ma che quest’anno riveste una novità sulla quale è bene che il Consiglio sia informato.
Con questo atto le Regioni determinano la programmazione della rete scolastica, quindi le modalità con le quali le scuole del nostro territorio sono organizzate, come sono organizzati gli istituti comprensivi, quante e quali scuole esistono sul territorio, intendendo per scuole sia le direzioni che i plessi veri e propri.
Questo anno l’atto riveste una novità, perché dopo 4-5 anni circa la Giunta regionale, quindi noi Consiglio, prevediamo la possibilità che nel nostro territorio regionale possano essere attivati nuovi indirizzi di studio. Quindi, in particolare le istituzioni scolastiche superiori la cui competenza è in mano alla Provincia, possono attivare nuovi indirizzi di studio: possono essere aperti nuovi corsi, nuove tipologie di istituti secondari per arricchire l’offerta formativa sul territorio, per consentire di avere più aggiornati indirizzi di studio per quanto riguarda la nostra popolazione scolastica, strettamente legato anche alle esigenze del mondo produttivo.
E’ quindi un atto di particolare rilevanza. Oggi è possibile, da parte delle Province e dei Comuni attivare questo percorso. Ovviamente oggi noi diamo degli indirizzi, poi entro il 30 novembre le Province dovranno presentare, con un percorso concertato qui indicato, alla Regione il piano vero e proprio e l’atto tornerà in Consiglio per l’approvazione. Quindi oggi diamo gli indirizzi, ma entro dicembre dovremo approvare il vero e proprio piano della programmazione scolastica.
La Giunta ha prodotto questo atto ascoltando anche le Amministrazioni provinciali, gli assessori provinciali. In Commissione abbiamo perfezionato alcuni aspetti di questo atto e ne abbiamo precisato alcuni percorsi. In particolare abbiamo detto che Province e Comuni dovranno concertare l’apertura di nuovi indirizzi, una riorganizzazione della rete scolastica con le istituzioni scolastiche stesse, con le organizzazioni imprenditoriali e sindacali e questa concertazione dovrà essere documentata, non può essere lasciata nella genericità. Così per quanto riguarda l’istituzione di nuovi indirizzi di studio nel settore dell’istruzione secondaria superiore, è bene che i piani provinciali, anch’essi concertati con il sistema territoriale delle istituzioni scolastiche e del mondo imprenditoriale e sindacale, siano arricchiti anche del parere della conferenza delle autonomie locali, in maniera tale che l’assemblea dei sindaci della provincia esprimano un parere affinché ci sia questo vincolo di concertazione forte tra le Province e le istituzioni locali.
Queste sono le modifiche che in Commissione abbiamo introdotto e che oggi arrivano in Consiglio, sulle quali abbiamo lavorato. L’atto è stato approvato all’unanimità in Commissione, quindi mi auguro che anche in questa sede si ripeta questo voto favorevole, perché è interesse di tutti noi, della collettività marchigiana e in particolare dei nostri giovani, dei nostri studenti, arricchire un’offerta di studio che dia più opportunità ma che riduca anche alcuni problemi: corsi di studio più vicini al luogo in cui si abita, con un percorso che va nella direzione di arricchire l’offerta formativa e di offrire più servizi ai giovani del nostro territorio.
Approviamo questo atto in un momento in cui c’è anche una dinamicità nazionale che la finanziaria prevede e sulla quale dovremo tornare con più precisione, perché come sapete nella nuova legge finanziaria si è introdotto — ma il meccanismo dovrà essere precisato — l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni, che per tutti noi è una novità di cui ritengo dovranno tenere conto anche le Amministrazioni provinciali quando ci produrranno l’atto che tornerà in Consiglio. E’ una novità straordinaria, una battaglia storica che il centro-sinistra ha fatto e che finalmente soddisfa un bisogno di formazione che tra l’altro ci rende più omogenei anche con i nostri partner europei. Questo mi sembra un bel punto di arrivo, che comunque non è indifferente rispetto anche a questo piano di programmazione.
Avremo occasione di sviluppare una discussione più di dettaglio e anche decisioni conseguenti quando arriverà in Consiglio il piano vero e proprio. Noi abbiamo soltanto cercato di dire “sì, apriamo a nuovi indirizzi di studio, ma facciamolo in maniera concertata con il territorio, con le istituzioni locali, con le istituzioni scolastiche, con il mondo imprenditoriale e sindacale perché riteniamo che questa sia la strada migliore per aggiornare la nostra offerta scolastica per i giovani e le giovani della nostra regione.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Massi.

Francesco MASSI GENTILONI SILVERI. Confermo che in Commissione abbiamo condiviso l’iter di questo atto senza dissensi di alcun tipo, però vorrei precisare, pur condividendo quanto detto dalla relatrice di maggioranza, quella che sarebbe dovuta essere la filosofia della Regione su questo atto.
Questo atto va bene perché dà un metodo alla Provincia, alla consultazione che deve fare con la conferenza delle autonomie, con i sindaci, con gli istituti, con i sindacati, con gli imprenditori, quindi abbiamo dato metodi, tempi e abbiamo anche chiesto la consultazione obbligatoria della conferenza delle autonomie. Su questo siamo tutti d’accordo. Dobbiamo però renderci conto che praticamente noi deleghiamo alle Province questo tipo di studio e di consultazione sul territorio, cosa che va bene, non esclude altre procedure.
In Commissione ho fatto notare un’altra cosa: che questo dovrebbe essere l’atto con il quale la Regione, guardando da un punto di osservazione regionale il proprio territorio, potrebbe già dare degli indirizzi diretti.
Quando incontriamo le categorie, i sindacati ecc., ci dicono “serve un certo tipo di lavoratore, di ricercatore, know-how di alto livello”. Noi con questo atto non lo facciamo, lo rimandiamo alle Province ed è utile, perché parte dal basso, dico solo che almeno già dal prossimo anno dovremmo dare dei suggerimenti più stringenti, perché credo che la Regione ha i mezzi per avere un osservatorio complessivo. E’ chiaro che a dicembre verremo qui ad esaminare le proposte arrivate dalle Province, proposte più parcellizzate, nel senso di nord-sud, entroterra-costa, con l’ottica delle Province. Se avessimo una programmazione più regionale dall’inizio, non dopo il suggerimento delle Province, sarebbe meglio. E’ solo questa l’osservazione.
Ecco perché su questo atto noi siamo sicuramente d’accordo, però invito fin dal gennaio 2007 a darci un modo diverso di procedere.
La collega Mollaroli si è avventurata su un giudizio dei primi passi del Governo sulla “riforma Moratti”, l’ha vista in un’ottica ottimistica ed è quello che anch’io auspico, nell’interesse del paese: temo però che sulla finanziaria vi siano primi, terribili tagli alla scuola. Spero che alla fine non sia così.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Romagnoli.

Franca ROMAGNOLI. Questo atto è passato all’unanimità, quindi concordo con quanto detto dai relatori. Auspico anch’io che, magari in seguito, si provveda in maniera più “dirigista” a dare dei criteri che possano indirizzare in base ai bisogni le richieste delle scuole, delle sperimentazioni, dei corsi e quindi si crei una rete scolastica che risponda alle esigenze del territorio, ma anche a una mappatura che a monte la Regione ha svolto, una sorta di ricognizione che individui, eventualmente, le carenze o anche gli esuberi, se ce ne fossero, in maniera che la rete possa essere costruita con una equità territoriale.
Questo non è avvenuto, ci rimettiamo alle richieste del territorio. So già che ci attenderà parecchio lavoro, perché noi veniamo anche da una chiusura che questa Regione, come molte altre, hanno attuato nei confronti, per esempio, delle sperimentazioni che la “legge Moratti” ancora in vigore prevedeva, molte Regioni hanno adottato questa misura, per alcuni ostruzionistica, per altri cautelativa, e non abbiamo aperto a queste sperimentazioni che molti, però, attendevano. Credo, almeno da quanto mi risulta nella mia zona, che tante saranno le richieste che proverranno dalle Province, quindi anche dalle scuole.
Vista la linea che abbiamo scelto, dovremo essere molto attenti ed anche molto aperti a queste richieste nel comporre poi un piano, quindi una rete scolastica dalle maglie allargate, perché le Province mostreranno molte esigenze.
Sottolineo la deroga che da sempre ripetiamo e che abbiamo incluso anche in queste linee guida in favore delle Comunità montane, dei territori più svantaggiati, per i quali esistono deroghe rispetto ai numeri e ai bacini degli studenti, per consentire, anche lì, la copertura. Quindi una visione territoriale molto ampia, che riteniamo possa consentire ai piccoli e grandi territori, di accedere in base alle loro richieste senza preclusioni e di dare comunque una mappatura che rispecchi il più possibile tutte le zone di questa nostra regione.
Rimandiamo, quindi, ad un esame serio che, come sempre, questa Commissione in maniera collaborativo vorrà fare, delle richieste che le Province entro il 30 novembre ci faranno pervenire.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mollaroli, per illustrare l’emendamento che ha presentato.

Adriana MOLLAROLI. Ho presentato un emendamento semplice, nel senso che aggiorniamo l’elenco delle istituzioni scolastiche, che nel primo atto pervenuto era relativo agli anni 2004-2005, quindi forniamo un elenco più aggiornato.
Debbo anche giustificare l’assenza dell’assessore Ascoli che mi ha pregato di farlo nei confronti del Consiglio, perché ha una riunione molto importante all’università di Urbino sulla partita della statalizzazione, quindi non poteva essere presente in aula.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di atto amministrativo come emendato.

Il Consiglio approva



Proposta di regolamento (Discussione e votazione): «Modifiche al regolamento regionale n. 1/2004 in materia di autorizzazione delle strutture e dei servizi sociali a ciclo residenziale e semiresidenziale» Giunta (3)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di regolamento n. 3 ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Con questo atto si rimette mano ad un regolamento approvato dal Consiglio nel 2004, che disciplina i criteri di autorizzazione di tutte le strutture socio-assistenziali, di carattere residenziale e semiresidenziale presenti nella nostra regione. Questo regolamento fa sì che i Comuni possano o meno autorizzare le strutture che posseggono o meno i requisiti previsti nel regolamento stesso.
Così come dicevamo all’epoca dell’approvazione del regolamento n. 1 del 2004, si aprì con quella votazione una esperienza innovativa per quanto riguarda la nostra regione, di eccezionale importanza. Sotto questo aspetto potremmo soffermarci sull’importanza di questa regolamentazione che toglie spazio a quelle avventure che qua e là per il paese si vengono a conoscere allorché si sia in presenza di speculazioni di vario genere sulla pelle degli anziani o dei disabili.
La nostra regione ha una lunga tradizione di accoglienza dei soggetti più deboli e da questo punto di vista questo regolamento ne è testimonianza, ma allora iniziò una esperienza molto delicata, perché nella nostra regione il variegato panorama delle strutture di accoglienza, che fino a quel momento aveva contrassegnato uno sforzo da parte dei Comuni e degli enti locali per venire incontro alle esigenze dei più deboli, si trova ora di fronte a una novità: quella di arrivare tutti a degli standard di requisiti. Allora ci si trovava di fronte una regolamentazione che rischiava di mettere fuori gioco molte strutture che fino ad allora operavano, pertanto questo sforzo, suffragato anche dall’assistenza della Regione, che ha fornito cospicue risorse per poter consentire a questi enti di mettersi in regola — Comuni e Ipab — ha cominciato un percorso molto importante che però si è trovato di fronte degli ostacoli piuttosto pesanti. Ecco perché già nel 2004 si parlava di una possibile revisione sulla base della esperienza che si stava iniziando a quell’epoca.
Oggi siamo in condizioni di avere rilevato gli ostacoli che oggettivamente sono insormontabili rispetto ad una ristrutturazione piuttosto precisa che, se va incontro ad uno standard di accettabilità dal punto di vista della civiltà dell’accoglienza, d’altra parte non mette molti enti in condizioni di poter essere in grado, attraverso le risorse date, di adeguare tutti gli standard previsti dal regolamento.
Ecco perché sulla base dell’esperienza e senza abbassare i livelli qualitativi che il regolamento del 2004 aveva previsto, portiamo dei ritocchi a questo regolamento che, tutto sommato, rende più possibile un adeguamento più veloce, non abbassando il livello di qualità ma aggiustando alcune questioni che nella esperienza hanno trovato o la insormontabilità in alcuni casi, o addirittura l’impossibilità di procedere sulla base di situazioni date.
Abbiamo tra l’altro anche operato modificazioni sulla partita dei requisiti organizzativi inerenti sia alcuni standard, che avevamo in qualche modo previsto eccessivamente onerosi, sia alcuni requisiti professionali degli operatori che indubbiamente si sono trovati rispetto a questa nuova normativa, un po’ in difficoltà rispetto all’adeguamento che tutto sommato era previsto con un determinato tempo di adeguamento, così come per i requisiti strutturali.
E’ venuto fuori un approfondimento molto importante, abbiamo sentito tutti i soggetti gestori di queste strutture, gli enti locali in primis, poi tutte le organizzazioni sia di volontariato che sindacali, che sono intervenute soprattutto per quello che riguarda l’adeguamento professionale, ed è scaturito un testo che rende più adeguato il regolamento stesso.
Tra l’altro per gli approfondimenti che abbiamo potuto fare, abbiamo preso anche troppo tempo rispetto anche a delle scadenze a cui dovevamo ottemperare, visto e considerato che molti enti avevano già proposto domanda di autorizzazione ai Comuni i quali non erano in grado di accogliere queste domande di autorizzazione per una questione o per l’altra, per cui abbiamo impiegato tempo, ma ci è servito per mettere a punto tutto il nuovo ordinamento.
Vi riassumerò molto succintamente il documento, perché credo che tutte le forze presenti in Consiglio abbiano potuto valutare le modifiche che si sono fatte.
All’art. 1 c’è una estensione delle superfici dei locali. All’articolo 2 abbiamo statuito un nucleo di valutazione più adeguato che dovrebbe dare un parere sulle autorizzazioni. All’articolo 5 abbiamo inserito tutta una serie di deroghe che in qualche modo vengono sì a venire incontro ai requisiti professionali di chi già lavora. Da questo punto di vista c’è stata una polemica con il sindacato, che ha ritardato un po’ l’atto, perché in sede di audizione il sindacato aveva posto alla Commissione uno stop perché si doveva procedere ad una trattativa con la Giunta, cosa che non era stata fatta in precedenza. Questa trattativa ha poi portato ad un accordo che fa arrivare a cinque anni l’adeguamento per quanto riguarda tutti gli operatori che non hanno la qualifica di Os, ma questo significa un impegno non indifferente e qui bisogna che l’assessore faccia bene i conti per quanto riguarda le risorse da destinare, anche se ci viene incontro il Fse, però dobbiamo subito mettere in piedi questi corsi per adeguare la qualifica professionale degli Os. Bisogna anche tenere conto che per tutti coloro che avevano già acquisito una precedente qualifica — gli Ota, gli Adest, gli Osa ecc. — siccome il regolamento prevede il rinvio alla Giunta per un ulteriore atto per prevedere i crediti formativi, ci si spenda del tutto per fare in modo che il credito formativo sia cospicuo, altrimenti la gente che lavora dovrebbe fare dei corsi di adeguamento che sono necessari, perché alcuni che si sono professionalizzati attraverso queste qualifiche hanno già fatto un corso rilevante e possono avere bisogno di poche ore, altri non l’hanno fatto e non hanno neanche la qualifica professionale. Io dico che una rivisitazione professionale fa bene a tutti, soprattutto in questi ambiti, però è chiaro che chi ha già fatto 700 ore di corso dovrebbe poter gestire i crediti in termini di poche ore. Allora saremmo in grado, anche in cinque anni, di dare la possibilità a chi già lavora, di trovare soluzione con l’adeguamento professionale.
Ci sono altri punti inseriti all’articolo 5, come il fatto che diamo possibilità a chi ha già fatto domanda di autorizzazione, di completare l’iter autorizzativo, cercando di adeguare l’iter di autorizzazione anche con i requisiti che sono stati modificati in questo regolamento.
Inoltre abbiamo modificato sia i requisiti strutturali che organizzativi e pertanto abbiamo tentato in alcune strutture di aumentare gli standard di accoglienza, da altre parti di togliere, per quanto riguarda alcune strutture, alcuni vincoli che ci sembravano eccessivamente rigidi. Parlo per esempio di alloggi sociali per gli adulti in difficoltà, perché queste strutture venivano addirittura previste con i requisiti della civile abitazione. Voi capite che se avessimo dovuto dare a una struttura di accoglienza, anche temporanea, i requisiti di un’abitazione civile, si potevano ospitare molto meno persone di quante sarà invece possibile ospitare non tenendo conto di questi requisiti, che on significa trasgredire un requisito di accoglienza ma che significa, invece, mettere in condizioni chi aiuta la gente, di potervi far fronte in termini più operativi e più adeguati. Tanto per capirci, se una notte si dorme in quattro persone in una camera di 20 mq. invece che in tre, credo che non ci sia nulla di male e sia un requisito accettabile.
Per quanto riguarda tutta la questione dell’allegato B che qui modifichiamo, dobbiamo dire che facciamo delle modifiche apportando degli allargamenti di questi criteri, perché ci siamo accorti che molto personale già in servizio, per questioni di poco conto veniva ad essere tagliato fuori dai requisiti previsti dal regolamento approvato nel 2004 e pertanto abbiamo già fatto tutta una serie di modificazioni che tendono a questo.
Sembrerebbe una cosa fuori dal comune, ma il centro di accoglienza per ex detenuti, lo abbiamo portato a dieci anni di esperienza per chi già ce l’ha, in modo tale che non si tenga conto, data l’esperienza specifica e peculiare, del titolo di studio annesso.
Colgo l’occasione per dire che sono stati presentati due emendamenti al testo. Un emendamento è presentato da me a nome della Commissione, ma dovremmo fare un adeguamento perché i tecnici si sono accorti di avere dimenticato delle parole che non hanno più significato nel contesto di quello che l’allegato B significava per la trasformazione, pertanto all’allegato B si tolgono le parole “da almeno rispettivamente tre e due anni di esperienza specifica nel settore”.
Poi c’è un altro emendamento presentato dalla collega Mollaroli, però la Commissione ritiene di non poterlo accogliere, dando atto della sensibilità della collega. Non sapendo il tribunale dove inserire i bambini al di sotto dei tre ani, dà alle comunità alloggio, a volte, la possibilità di intervenire per accoglierli. Adriana Mollaroli dice “non è giusto che i bambini sotto i tre anni vadano in quelle strutture”. In casi d’urgenza, trattandosi di ordinanza del tribunale per i minorenni, noi diciamo che si può fare una deroga. Molte volte queste cose devono essere assunte rispetto anche alle esigenze date e all’offerta sociale che può esserci in determinati territori.
Detto questo mi pare di avere sintetizzato largamente il significato di questo atto che è importante. La comunità marchigiana lo attende — Comuni e Ipab — in quanto si può procedere, dopo questa approvazione, all’iter di autorizzazione nei Comuni, in modo tale da porre a norma tutte le strutture che abbiamo contemplato in questo disciplinare, che sicuramente è un atto di coraggio da parte della Regione e degli enti locali, ma soprattutto è un atto di civiltà.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Il presidente Luchetti ha ricordato la lunga attesa che ha accompagnato questo atto, che è giusto definire importante e delicato allo stesso momento, visto che, attraverso questo regolamento, che ha una parte corposamente dedicata ai requisiti tecnico-organizzativi delle strutture destinatarie, presenta quel tipico carattere amministrativo che è riannesso alla competenza del Consiglio regionale ma che inevitabilmente risente della necessità di una competenze tecnica che comunque è stata assicurata dai funzionari del servizio.
La filosofia fondamentale di questa modifica è quella di cercare in qualche modo di rendere più duttile l’impatto del regolamento iniziale. Ci si è mossi su questa falsariga prendendo atto del fatto che il regolamento 1/2004, per certi versi presentava una rigidità che aveva creato delle difficoltà alle strutture. Questa è la ragione fondamentale dell’atto, ed è evidente che, essendo quella la ragione fondamentale, ci si è sempre mossi sul filo di due esigenze da contemperare: la prima quella di favorire le strutture serie, credibili, ma che necessitavano di tempi e di elementi normativi tali da consentire l’adeguamento; la seconda quella di non aprire indiscriminatamente ad una “deregulation” che potesse andare a detrimento del fruitore della struttura stessa.
Ci si è mossi sulla base di queste due esigenze e si è arrivati ad un onorevole compromesso, non senza ricorrere anche, vista la materia, ad un richiamo forte, importante, ad una responsabilizzazione forte degli organismi di Giunta. Mi riferisco in particolare alla decisione, in parte sofferta, di devolvere alla Giunta la competenza ad emanare indirizzi applicativi che devono rimanere indirizzi applicativi. Questa è una esortazione che spero anche la maggioranza, in particolare il relatore di maggioranza possano fare propria, perché l’indirizzo applicativo è una risorsa, ma bisogna — in questo senso è stato inserito anche l’obbligo del previo concerto della Commissione più che del concerto dell’ascolto della Commissione — curare la coerenza di questa competenza che abbiamo voluto assegnare alla Giunta, con l’obiettivo da un lato di non stravolgere il regolamento stesso, dall’altro di venire incontro alle esigenze delle strutture, senza però menomare il primario diritto dell’ospite di vedersi comunque garantito da un insieme di regole finalizzate soprattutto alla sua salvaguardia.
Per quanto riguarda il complesso dell’atto esprimo qualche tiepido dubbio per quanto riguarda in particolare l’allegato B, che si riferisce al personale. Abbiamo discusso della cosa in Commissione, negli ultimi tempi siamo stati anche costretti a velocizzare i lavori per poter corrispondere alle attese, importanti, che si erano cumulate, stratificate attorno a questo atto, ma è indubbio che l’allegato B, in particolare per quanto riguarda l’indicazione delle professionalità e anche l’indicazione degli elementi professionali nel periodo transitorio, si potrebbe prestare a qualche censura per quanto riguarda proprio la competenza regionale a intervenire e a disciplinare la materia.
Alla fine credo che il rischio sia stato, nei limiti possibili, ridotto, ma forse rimane questo aspetto come zona grigia che dovremo poi verificare e testare.
Due cose sono importanti. La prima è appunto il costante monitoraggio per quanto riguarda la fase transitoria e di adeguamento. L’esigenza di adeguamento e quindi di concessione di un periodo significativo, congruo per far sì che le strutture possano presentarsi al termine di questo percorso di adeguamento nel modo migliore era una cosa giusta. E’ evidente che dovremo essere estremamente attenti nel verificare che non si aprano poi maglie che potrebbero determinare una eterogenesi delle ragioni per le quali abbiamo attentamente, accuratamente lavorato, proprio sui tempi di adeguamento. Un occhio particolare deve essere riservato anche ai concreti meccanismi di funzionamento dei soggetti gestori di queste strutture, perché non di rado all’interno delle cooperative, purtroppo, si annidano fenomeni che non sono perfettamente in linea con i diritti e le garanzie dei lavoratori, e su questo io mi sono anche addentrato in un paio di circostanze con altrettante interrogazioni che cercavano di attirare l’attenzione su alcuni fenomeni che meritano una particolare sensibilità, ovvero come viene gestito il rapporto con il personale all’interno delle strutture.
In conclusione, la vera questione politica che solo indirettamente riguarda questo regolamento, è un’altra. Mi dispiace che non ci sia l’assessore Mezzolani, ma nel momento in cui questo Consiglio sta lavorando sui requisiti, è bene che la Giunta acceleri, affretti e ottimizzi tutto quello che invece è il lavoro per arrivare a un convenzionamento equo delle strutture, in particolare delle case di riposo, perché questo è un aspetto molto delicato, siamo in grave ritardo per quanto riguarda l’attivazione dei meccanismi che erano stati oggetto di una concertazione fra Giunta regionale e sindacati già nel 2004. Nel 2004 la Giunta regionale, sulla non autosufficienza ha siglato un accordo con le parti sociali, che nel marzo 2005 è stato oggetto di una asseverazione in sede di Giunta. Ne è derivata una ulteriore delibera di Giunta del giugno di questo anno in cui si approvavano gli schemi di convenzione. Ebbene questo lavoro, a quasi due anni di distanza, non si è ancora completato. Quando si parla di non autosufficienza si parla di un argomento estremamente delicato. Noi abbiamo svolto il lavoro che competeva al Consiglio, ora è necessario che la Giunta determini e completi in maniera ultimativa il lavoro per quanto riguarda il convenzionamento. Non tutte le zone territoriali hanno siglato le convenzioni, no sempre nell’ambito del territorio regionale esiste una omogeneità tariffaria e questa credo che non sia una cosa di cui vantarsi nella regione Marche, perché non è possibile che ci siano zone del territorio regionale che pagano tariffe per quanto riguarda le case di riposo, e altre zone che ne pagano altre. Questa è una diseguaglianza di fatto indotta anche dalla tardività con cui la Giunta ha provveduto a dare attuazione a un accordo che era stato giustamente salutato come fatto positivo e significativo dall’insieme di coloro che si occupano di welfare ma faccio voti affinché i rappresentanti della Giunta presenti in aula lo riferiscano all’assessore Mezzolani la necessità di completare questo percorso che rischia di produrre antinomie, diseconomie e soprattutto ingiustizie sociali di cui sicuramente nella nostra regione non abbiamo bisogno.

PRESIDENTE. E’ aperta la discussione. Se nessuno chiede la parola, il consigliere Mollaroli può illustrare il suo emendamento.

Adriana MOLLAROLI. Questo emendamento ha un valore politico-culturale rispetto al quale non mi sento di non responsabilizzare l’aula. Si dice che i bambini compresi nella fascia zero-tre anni non debbono essere inseriti in una comunità ma debbono essere affidati dal tribunale alle famiglie adottive. Io ritengo che c’è una delicatezza di questa fascia di età che non mi consente di approvare la modifica che al regolamento è stata introdotta. Per i bambini da zero a tre anni c’è una marea di famiglie generose, affidatarie nella nostra regione, ritengo che quello debba essere il riferimento per i bambini che per situazioni di particolare disagio il tribunale allontana dalle famiglie. Mi auguro che sempre meno il tribunale delle Marche, che è uno tra quelli, in Italia, che più attua questi procedimenti, operi in questo senso. Sono stata protagonista anche di una vicenda legata alla mia città di recente, e non proprio con grande accuratezza, quindi ritengo di dover sottoporre al Consiglio questo problema affinché ne sia informato e si esprima. Siamo una regione così sensibile ed attenta, siamo tra i pochi ad avere il garante dell’infanzia in Italia, quindi ritengo che i bambini della fascia da zero a tre anni debbano stare in comunità. Io mi sento di ripresentare in aula questo emendamento. Il Consiglio è sovrano, voti, ma ritengo che questo ha un forte valore politico-culturale, rispetto al quale mi auguro che la sensibilità di tanti venga espressa.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Non intervengo sull’atto, perché il relatore Luchetti ha espresso in maniera chiara anche nel merito, le finalità dell’atto medesimo. Le questioni che ha posto adesso il consigliere Mollaroli non sono peregrine e a mio modo di vedere hanno un rovescio della medaglia, perché il rischio è anche quello di lasciare una parte consistente del disagio dell’infanzia in una sorta di limbo e da questo punto di vista, sentire anche il parere della Giunta regionale, degli assessori competenti non sarebbe cosa disdicevole, perché su una discussione di questo tipo il governo regionale dovrebbe dare un proprio input.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. La dizione riportata, è per i casi d’emergenza, per il semplice motivo che questo tipo di residenza, che escluderebbe l’accoglienza di questo tipo d’infanzia, ha la possibilità di accogliere i minori, perché in molte occasioni il tribunale affida la custodia dei bambini a queste comunità perché non ce ne sono altre. E’ chiaro che poi scatta il meccanismo dell’adozione e dell’affido. Il problema è di deresponsabilizzare coloro che lavorano lì per dire “siete autorizzati, da questo punto di vista, solo se c’è la disposizione del tribunale per i minorenni”. Non è un’accoglienza a regime per i bambini sotto i tre anni ma solo quando il tribunale lo impone, perché se lo impone automaticamente te lo tieni, dopodiché succede quello che succede, ma non è una norma a regime. Non significa che a regime queste strutture accolgono i bambini al di sotto dei tre anni.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Binci.

Massimo BINCI. Pur capendo lo spirito di chi ha proposto questa modifica del regolamento, mi rendo conto che innanzitutto le disposizioni del tribunale per i minorenni ci sono per tutti e non solo per il caso dell’età inferiore a tre anni e comunque non c’è una diversificazione, nelle case che ospitano minori, rispetto all’età, quindi questi bambini andrebbero a convivere anche con ragazzi di 13-14 anni. Secondo me è una sensibilità che andrebbe colta proprio perché fino a tre anni c’è bisogno di un riferimento genitoriale. Quello dei tre anni è un limite fisiologico, naturale che sarebbe bene non intaccare, altrimenti errori in questo settore creano problematiche psicologiche molto forti, anche perché se inseriamo questo è difficile che non diventa la prima soluzione applicabile dal tribunale dei minorenni, che non va a fare quella serie di verifiche. Quindi rischierebbe di diventare una legislazione definitiva. Il tribunale dei minorenni può fare ricorso a un affidamento anche a strutture pure per minori, senza che lo citiamo. Infatti la procedura emergenziale prevede che il tribunale è obbligato a trovare delle soluzioni, magari pagare un educatore o affidarlo a comunità, ma dietro provvedimento emergenziale. Qui neanche si nomina l’emergenza, si parla della possibilità di accoglienza esclusivamente su disposizione del tribunale dei minori, che è la prassi normale con la quale i minori di qualsiasi età vengono affidati alle comunità. Quindi non toglierlo vuol dire accettare come norma la possibilità dell’affido dei minori di tre anni. Noi la rendiamo norma.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Benatti.

Stefania BENATTI. Credo che i minori da zero a tre anni siano portatori di esigenze diverse e credo anche che la preparazione del personale sia diversa. Se vogliamo prevedere una situazione di emergenza, è valido quello che ha detto adesso il collega Binci, lo può disporre il tribunale dei minori, ma se vogliamo scriverlo per dare anche una indicazione, credo che dobbiamo abituarci a scrivere quello che vogliamo dire. Se volevamo dire che questa è un situazione d’emergenza basta scriverlo.
Penso allora che si possa fare un subemendamento che dica “possono essere accolti, per particolari situazioni di emergenza, minori di età inferiore ai tre anni, esclusivamente su disposizione del tribunale dei minori e per non più di dieci giorni”. Se servono dieci giorni per non mettere un bambino di due anni in mezzo a una strada, sta lì dentro, però l’affidamento, che è un atto importante, non prevediamolo per una struttura diversa dalla famiglia.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Santori.

Vittorio SANTORI. Sono stato preceduto dalla collega Benatti, all’intervento della quale mi rimetto integralmente. Effettivamente era un problema di chiarezza, perché come struttura a disposizione siamo tutti d’accordo, però non possiamo certamente intervenire su una normativa che sfugge alla nostra competenza. Mi rimetto a quello che ha appena dichiarato la collega Benatti.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli articoli del regolamento.
Art. 1. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Art. 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Art. 4. C’è un emendamento al quale è stato presentato un subemendamento sostitutivo. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’articolo 4 come emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 4 bis. Emendamento della Commissione. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’articolo 4 bis come emendato.

Il Consiglio approva

Art. 5. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di regolamento. Ha la parola, per dichiarazione di voto, il consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Il collega Luchetti ricorderà quanto, nella scorsa legislatura, la Commissione lavorò su questi atti relativi alla regolamentazione di strutture socio-sanitarie. Ricorderà anche l’appello che facemmo in aula affinché si fosse discussa la situazione esistente, ad oggi, di tutte le strutture sociali, socio-assistenziali, socio-sanitarie. Questa discussione non c’è stata ad oggi ed è un rammarico che abbiamo, perché ormai sono trascorsi non solo mesi ma anche anni e la fotografia dell’esistente, la prima applicazione di questi standard che in tanti casi fecero preoccupare tanti operatori, non solo privati ma pubblici. Sappiamo qual è il peso sopra le spalle degli enti locali, di queste strutture, che poi attraverso convenzioni sono riuscite a superare il gap relativo anche alla difficoltà a reperire non solo risorse ma anche personale qualificato, in grado di specializzarsi su interventi che sono delicatissimi nella maggior parte dei casi.
Ecco la nostra astensione: la preoccupazione per il fatto che il quadro d’insieme ancora non è del tutto chiaro e monitorato, la preoccupazione per il fatto che non sappiamo se questi strumenti sono stati efficaci a rendere gli standard qualitativi un po’ più elevati, la preoccupazione per il fatto che i nostri strumenti, i nostri interventi non devono essere solo legati alla ricerca di determinati standard qualitativi ma anche al sostegno dello sforzo degli enti locali ma anche di tanti che attraverso le convenzioni operano, affinché questi standard siano elevati, cioè sostegno economico-finanziario.
Se vogliamo fare di talune discussioni un momento anche importante e interessante, tutto questo deve essere tenuto in considerazione in questo passaggio, che è costretto da determinate emergenze segnalate. Ma quante altre sono ancora aperte. Sono infinite, dice Luchetti, ma io non sono così fatalista: la Regione ha la possibilità di fare il quadro della situazione, delle emergenze soprattutto, degli strumenti che hanno funzionato, di quelli che devono essere corretti, ma anche sotto il profilo del sostegno. Sappiamo benissimo che la disabilità, la non autosufficienza passano attraverso queste strutture, quando invece dovrebbe essere materia piena della programmazione sanitaria, che poi è socio-sanitaria, per certi aspetti, anzi per tanti aspetti. Facciamo quindi questa riflessione, affinché questi momenti siano positivi, non una stanca procedura burocratico-normativa, per cui eliminiamo qualcosa, aumentiamo qualcos’altro e andiamo avanti. Facciamo in modo che quando si programma lo si faccia fino in fondo.
Ecco la preoccupazione che ci ha portato ad astenerci rispetto a questo atto, preoccupazione dovuta al fatto che certe sensibilità, anzi tante sensibilità, vere sensibilità appartengono a tutti i gruppi, anzi le sensibilità più forti le troviamo proprio in settori che voi avete ritenuto strumentalmente e propagandisticamente avversari o comunque ostili. Assolutamente no, e lo stiamo vedendo nei provvedimenti di trasferimento di risorse, che discuteremo in quest’aula: vedremo se nel sociale la “macelleria” è stata quella degli anni passati o quella che purtroppo si sta intravedendo fortemente per questo e gli anni a venire dai Governi che dovevano invece fare diversamente, che avevano detto di portare le chiavi alle prefetture perché si faceva chissà cosa. Vi ricordo anche un manifesto con una carrozzina che aveva un mattone al posto della ruota, perché la ruota doveva essere stata tolta da chissà quale “Governo Attila” degli anni precedenti. Vorrò vedere quest’anno le stesse manifestazioni. Siamo pronti a farle assieme. Il taglio dei trasferimenti è doppio rispetto all’anno scorso. Vedremo se abbiamo tanti sindaci pronti ad andare insieme a noi in prefettura.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di regolamento.

Il Consiglio approva

Mi giungono richieste di sospendere definitivamente il Consiglio in quanto nel pomeriggio ci sono dei gruppi impegnati per riunioni proprie ed altre in Commissioni, dichiaro tolta la seduta.


La seduta termina alle 14,10