Resoconto seduta n.44 del 24/10/2006
La seduta inizia alle 10,25
Approvazione verbale
PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letto, ai sensi dell’art. 29 del regolamento interno, il processo verbale della seduta n. 43 del 17 ottobre 2006.
(E’ approvato)
Proposte di legge
(Annuncio e assegnazione)
PRESIDENTE. In data 13 ottobre 2006 è stata presentata la proposta di legge n. 124, ad iniziativa dei consiglieri Giannotti e Tiberi: «Modifica alla legge regionale 16 gennaio 1995, n. 12 “Ordinamento delle Comunità Montane” come modificata dalla l.r. 28 dicembre 1995, n. 66 e della l.r. 20 giugno 1997, n. 35», assegnata alla I Commissione.
Proposte di atto amministrativo
(Annuncio e assegnazione)
PRESIDENTE. In data 23 ottobre 2006 sono state presentate le seguenti proposte di atto amministrativo:
— n. 35, ad iniziativa della Giunta: «Individuazione delle procedure ed aggiornamento dei requisiti previsti per l'accreditamento istituzionale degli stabilimenti termali», assegnata alla V Commissione;
— n. 36, ad iniziativa della Giunta: «Valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente (D.Lgs. 351/1999): zonizzazione del territorio regionale, piano di azione, individuazione autorità competente», assegnata alla IV Commissione.
Mozioni
(Annuncio di presentazione)
PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti mozioni:
— n. 118 dei consiglieri Capponi, Giannotti, Brini, Ciriaci e Tiberi: «Sanità: riorganizzazione e razionalizzazione del servizio di emergenza con eliambulanza»;
— n. 119 dei consiglieri Pistarelli, Castelli, D'Anna, Romagnoli e Silvetti: «Provvedimenti per alluvionati zone Recanati ed Ancona Sud»;
— n. 120 dei consiglieri Ciriaci, Capponi, Tiberi, Brini, Giannotti, Cesaroni e Bugaro: «Soppressione completa dell'art. 77 della Finanziaria 2007 che toglie ad alcune Province, compresa la Provincia di Fermo, l'istituzione di uffici periferici del Ministero dell'Interno quali la Prefettura, la Questura ed altri minori»;
— n. 121 del consigliere Capponi: «Manovra finanziaria 2007 varata dal Governo Prodi - Ripristino norma 5 per mille».
Congedo
PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i consiglieri Benatti, Ciriaci e l’assessore Pistelli.
Interrogazione (Svolgimento): «Condizioni di lavoro presso la Fincantieri di Ancona» Brandoni (185)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 185 del consigliere Brandoni. Per la Giunta risponde l’assessore Mezzolani.
Almerino MEZZOLANI. In riferimento alla interrogazione in oggetto, si precisa quanto segue:
Almerino MEZZOLANI. In relazione ai problemi di controllo della normativa per la sicurezza e salute dei lavoratori, l'attività produttiva svolta all'interno degli stabilimenti Fincantieri di Ancona è sottoposta a regolare vigilanza da parte del servizio prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro della zona territoriale 7 dell'Asur. Tale struttura ha comunicato che nel corso del 2006 sono state impartite prescrizioni e disposizioni alle Ditte operanti in appalto in data: 17/2/06, 23/3/06, 08/5/06,16/5106, 11/7/06, 31/7/06, 05/9/06 e 03/10/06. Rispetto alla attività di coordinamento, con DGR 2446 del 12/10198 è stato istituito presso la nostra Regione il comitato di coordinamento previsto dall'articolo 27 del D. Lgs. 626/94. Tale coordinamento, per legge, vede coinvolte solamente le pubbliche amministrazioni. Nell'ambito di un percorso di revisione della metodologia per la prevenzione nei luoghi di lavoro, la delibera consiliare 164105 (progetto obiettivo "Tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro") ha previsto la modifica della organizzazione del comitato al fine di rendere maggiormente efficace il rapporto con le parti sociali. Attualmente il servizio salute - P.F. sanità pubblica ha in corso la istruttoria tecnica preliminare finalizzata alla predisposizione dell'atto di Giunta regionale.
E' invece evidente che l'attività di controllo finalizzata al rispetto della legalità nei luoghi di lavoro ha una primaria specifica competenza presso le prefetture; in tal senso la Regione Marche ha nominato e partecipa ai lavori del comitato per il lavoro e l'emersione del sommerso (CLES) istituito presso la prefettura di Ancona nel novembre del 2002, ai sensi della Legge 22 novembre 2002 n. 266 di conversione del decreto legge 25 settembre 2002 n. 210.
In merito al lavoro immigrato il servizio istruzione, formazione e lavoro - PF servizi all'impiego e mercato del lavoro attraverso l'osservatorio regionale sta predisponendo un report sulla situazione del lavoro immigrato nelle marche che uscirà entro novembre e che sarà inviato anche al Ministero del lavoro. Tale attività rientra nell'ambito del percorso, di dialogo e confronto tra le Regioni ed il Governo, avviato per giungere ad una gestione coordinata dei flussi d'ingresso, per motivi di lavoro, dei cittadini extracomunitari. Il ruolo della Regione nella co-gestione di tali flussi sarà determinante per ottenere, con il fondamentale contributo delle parti sociali, la massima efficienza dell’incontro domanda/offerta di lavoro per gli immigrati e allo stesso tempo, per arrivare ad un sistema di monitoraggio del lavoro immigrato più efficace.
PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Brandoni.
Giuliano BRANDONI. Non ho ascoltato con grande attenzione la risposta dell’assessore, perché ritenevo che la risposta fosse rinviata in assenza dell’assessore Ascoli. Solo nel finale ho capito che si trattava della mia interrogazione. Comunque leggerò con attenzione la sua risposta, assessore. Intanto uso questo mio tempo per ricordare che solo una settimana fa un altro lavoratore immigrato ha avuto un gravissimo incidente nell’area portuale di Ancona. La mia interrogazione data 30 marzo oltre 6 mesi fa, quindi, al di là della buona volontà e dell’impegno le condizioni del lavoro e dei lavoratori in quell’area restano gravi, anzi gravissime, quindi ritengo assolutamente importante che, cogliendo l’occasione di questa riflessione, la Giunta regionale, oltre alle azioni amministrativamente dovute, che se non ho ascoltato male mi pare siano state adempiute a pieno, produca su questo versante un’azione di comunicazione efficace, adeguata, forte, perché non è più tollerabile che le condizioni dei lavoratori, ovunque ma lì in particolare, siano a livello di terzo mondo, perché gran parte di questi lavoratori, soprattutto quelli immigrati, sono qui e restano qui solo grazie al contratto di lavoro, quindi una condizione di semischiavismo. E’ necessario accendere tutti i fari possibili e quindi è necessaria e urgente una forte campagna di comunicazione e politica, pari all’impegno e all’attenzione che abbiamo per altri settori e per altri soggetti sociali.
Interrogazione (Svolgimento): «Costi verifica impianti termici nella provincia di Pesaro» Giannotti (232)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 232 del consigliere Giannotti. Per la Giunta risponde l’assessore Giaccaglia.
Gianni GIACCAGLIA. In relazione all'interrogazione in oggetto sui costi per le verifiche su impianti termici nella provincia di Pesaro e Urbino si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La competenza sui controlli degli impianti termici, sia di potenza inferiore ai 35 KW che per quelli superiori, in attuazione del Dpr 412/93 art. 11 comma 18, è stata attribuita ai Comuni con più di 40.000 abitanti ed alle province per le restanti parti del territorio.
Ai sensi dello stesso Dpr detti controlli, finalizzati ad accertare l'effettivo stato di manutenzione e di esercizio di ogni singolo impianto, vengono effettuati con cadenza almeno biennale e con onere a carico degli utenti anche avvalendosi di organismi esterni.
Nel rispetto della normativa ogni amministrazione locale ha stabilito di effettuare i suddetti controlli in base alla propria organizzazione senza alcun intervento da parte dell'amministrazione regionale.
PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Giannotti.
Roberto GIANNOTTI. Questo genere di atti ispettivi ha una valenza particolare, perché evidentemente la responsabilità della Regione è indiretta, molto lontana dai fatti, però è anche una occasione per intervenire su una materia che coinvolge la generalità dei cittadini, quindi a me sembrava giusto porre questa questione.
Parto dalla risposta dell’assessore che sostanzialmente dice “noi non c’entriamo nulla” e questo è un fatto che devo riconoscere. Rimane però il fatto grave di un comportamento di un’assemblea elettiva, nel caso specifico della Provincia di Pesaro, che va a determinare una situazione di non uguaglianza dei cittadini della provincia, perché purtroppo la realizzazione di questo adempimento previsto dalla legge, avviene a due diversi ritmi di marcia.
Sostanzialmente lo stesso adempimento, previsto dalla legge, viene applicato nella provincia di Pesaro con misure diverse: il Comune di Pesaro applica di fatto una tariffa, l’Amministrazione provinciale ne applica un’altra. Ne deriva che, ad esempio, il consigliere Giannotti paga per la verifica della propria caldaia 30 e il consigliere Minardi paga 40. Credo che questo sia un atto di palese ingiustizia nei confronti dei cittadini.
Mi permetto di suggerire all’assessore di richiamare il presidente dell’Amministrazione provinciale ad un comportamento più consono agli interessi dei cittadini della provincia di Pesaro.
Interrogazione (Svolgimento): «Delocalizzazione del tessuto produttivo marchigiano e sulle prospettive strategiche dell’economia regionale» Altomeni e Brandoni (396)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 396 dei consiglieri Altomeni e Brandoni. Per la Giunta risponde il Vicepresidente Agostini.
Luciano AGOSTINI, Vicepresidente della Giunta. I consiglieri interroganti facendo riferimento alla DGR 1387 del 14 novembre 2005 progetto " internazionalizzazione e tutela della qualità dei prodotti; alla DGR 1469 del 28 novembre 2005 "approvazione piano d'azione regionale-governance dei processi di internazionalizzazione dei sistemi produttivi locali - Doc. UP ob 2 Marche 2000-2006 - Misura 1.5; alla DGR 1618 del 12 dicembre 2005 di approvazione del progetto di "Partnership strategica - filiera del mobile e della meccanica in Brasile 2005/2006", osservano che tali atti "... sembrano più orientati alla creazione di unità produttive nei paesi stessi che non a sviluppare mercati per l’esportazione di prodotti marchigiani”; vi è "... una tendenza generale dell'economia globale alla delocalizzazione della produzione nei paesi ove è più basso il costo del lavoro e meno garantiti diritti..."; “... nelle Marche è oggettivamente in atto un processo di delocalizzazione che investe numerosi distretti industriali...”, e interrogano per: “conoscere quali altri atti e finanziamenti abbia prodotto la Regione Marche per favorire processi di delocalizzazione; se non ritenga opportuno accompagnare l'impegno della futura agenzia per l’internazionalizzazione con una consultazione appropriata”.
In risposta si può affermare che le DGR citate, ed in particolare la DGR 1469/2005 e la DGR 1618/2005, riguardano una specifica misura dell'Ob. 2 - Misura 1.5 - che opera per la valorizzazione del territorio ed il sostegno al sistema imprenditoriale presente nelle aree classificate dall'Obiettivo 2 e quindi non in tutta la regione. Nello specifico per quanto riguarda le iniziative da intraprendersi in Brasile, va ricordato che sino a tutto il 2005 la Regione Marche, assieme ad altre Regioni quali la Toscana e l'Umbria è stata protagonista di un importante progetto di cooperazione istituzionale/amministrativa con il governo brasiliano che ha portato ad una più approfondita conoscenza di quella importante realtà e ad allacciare importanti rapporti di amicizia e di collaborazione con tante Regioni brasiliane. A seguito di tale iniziativa si sono creati i presupposti per allacciare rapporti di collaborazione sul piano produttivo e di commercializzazione. Nello specifico si sono individuati due settori di primario interesse: quello del mobile per l'area amazzonica e quello della meccanica per l'area di San Paolo.
Tali progetti si esplicano con la creazione in queste due aree di due centri servizi, similari ai nostri Cosmob e Meccano, e alla contestuale creazioni di accordi produttivi e commerciali tra imprese marchigiane e imprese brasiliane di quei settori. Tali progetti hanno ottenuto il più alto gradimento delle autorità locali tanto è che il finanziamento complessivo delle azioni previste, oltre 6.000.000,00 di euro, verrà coperto per euro 1.4000,00 dalla Regione Marche ed il restante pari a euro 4.6000,00 dal Sebrae (organismo brasiliano di sviluppo) e dalla Banca Interamericana. Per parte marchigiana si è deciso di favorire, in una prima istanza, le imprese del settore legno e meccanica ricadenti nelle aree Ob. 2 e quindi utilizzando le risorse della misura 1.5. In sostanza, per il tramite dei nostri centri servizi Cosmob e Meccano saremo in grado di realizzare in quelle località due centri servizi in grado di supportare tecnicamente le imprese brasiliane della zone e di affiancare l'azione di penetrazione sia produttiva ed in particolare commerciale delle nostre imprese; vi è quindi un coinvolgimenti importante e sostanziale delle nostre imprese che per il tramite di questo progetto potranno conoscere potenziali partner brasiliani, creare i presupposti per la formazione di società miste sia produttive che commerciali.
Come è noto in questi paesi, così come in tutti quelli che si trovano in fase di sviluppo, non esiste ancora un vero e proprio mercato (inteso in forma classica) ma diventa essenziale approcciare tali realtà con la ricerca di partner fidati con cui sviluppare le proprie strategie e diventa essenziale anche poter arrivare "per primi". Non si tratta di vere e proprie delocalizzazioni produttive ma di semplici alleanze che consentano di penetrare delicatamente i quei mercati e nel contempo rafforzare la propria capacità produttiva nel territorio marchigiano.
Oltre a questo progetto, che non può certo considerarsi di delocalizzazione ma di sostegno alle imprese marchigiane alla creazione di partenariati, non sono stati approvati altri progetti.
Sul termine "delocalizzazione" vi è l'esigenza di fare chiarezza su quanto si intende.
Vi può essere una forma di delocalizzazione finalizzata ad accrescere la propria capacità produttiva nazionale (completando la gamma dei prodotti o abbassando alcuni costi).
Vi può essere una "delocalizzazione" trasferendo altrove alcune linee produttive, generalmente quelle di prodotti medio bassi, al fine di rafforzare la propria produzione di eccellenza.
Vi può essere una "delocalizzazione" speculativa che mira esclusivamente a massimizzare il profitto.
E' ovvio che mentre la delocalizzazione speculativa va certamente monitorata con attenzione e combattuta evitando comunque ogni forma di sostegno pubblico anche indiretto, le altre due meritano una più attenta valutazione. Dal nostro punto di vista elemento sostanziale di valutazione è il livello e la qualità dell'occupazione che viene garantita all'interno della nostra regione.
Se tali delocalizzazioni portano con certezza ad un rafforzamento dell'impresa e alla garanzia provata del mantenimento dei livelli di occupazione, se non addirittura all'incremento, così come ad una migliore qualificazione dei propri dipendenti tali azioni sono da sostenersi anche da parte del pubblico.
E' ormai nella dinamica oggettiva legata alla globalizzazione che le imprese debbano affacciarsi, anche per taluni aspetti produttivi, a realtà anche molto lontane dal proprio territorio d'origine purché prevalga in tutte lo spirito di vera imprenditorialità e non quello della pura speculazione.
In merito alla passata ipotesi di costituzione dell'agenzia regionale per l'internazionalizzazione è ormai noto che concordemente si è deciso al momento di attivare un organismo regionale di coordinamento il più ampio e rappresentativo possibile nel quale certamente argomenti quali quello relativo alla delocalizzazione saranno ampiamente dibattuti.
PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Altomeni.
Michele ALTOMENI. La risposta della Giunta mi preoccupa ancora di più delle delibere, nel senso che emerge per certi versi una rassegnazione rispetto a quello che avviene, cioè la delocalizzazione del tessuto produttivo e non emerge un’intenzione, da parte della Giunta, di contrastare questo fenomeno, anzi si prendono le difese di atti che in qualche modo questi fenomeni favoriscono.
Intanto, nel merito la forma di questi atti: siamo in presenza di fondi che vengono trasferiti alla Svim, un’agenzia che a sua volta fa progettare a dei consorzi privati, Cosmob e Meccano in particolare, una serie di progetti ed interventi, quindi la sostanza è che i fondi pubblici transitano e la decisione o le modalità di spesa sul territorio vengono assunte direttamente dalle imprese economiche, che naturalmente hanno interessi parziali, che non coincidono necessariamente con gli interessi dello sviluppo e dell’economia del territorio.
Non dubito quando l’assessore dice che questi progetti sono fatti con il pieno coinvolgimento, quindi con il sostegno, con il placet delle imprese territoriali, perché non credo — e questa interrogazione non voleva metterlo in discussione — che le imprese non fossero soddisfatte di queste procedure o avessero qualche cosa da lamentarsi. La preoccupazione era, ovviamente, più sul fronte dei lavoratori, con i quali invece, probabilmente, questo tipo di confronto e di concertazione non è stato fatto.
Sono altrettanto convinto che gli stati interessati da queste misure — Brasile ed altri — abbiano pienamente condiviso e sostenuto — perché hanno tutto da guadagnare — un processo di delocalizzazione e di implementazione di imprese che vanno in quegli stati a creare posti di lavoro. Il problema è che quei posti di lavoro che si vanno a creare in quegli stati, in parte sono posti di lavoro nuovi perché queste imprese poi produrranno per i mercati locali, ma la storia ci insegna che questi non saranno solo nuovi posti di lavoro ma tendono sempre di più ad essere posti di lavoro in sostituzione dei posti di lavoro che invece si perdono nel paese di origine.
Anche perché se noi andiamo a vedere i progetti che sono presentati in delibera, notiamo, per esempio, per quanto riguarda il Cosmob, il “progetto di trasferimento tecnologico in Messico”, il “progetto Croazia centro di innovazione tecnologico”, il “progetto trasferimento tecnologico in Brasile”. Sostanzialmente questi sono progetti con i quali finanziamo, insieme a questa partnership, la formazione di personale produttivo, quindi favoriamo sostanzialmente l’implementazione di strutture produttive.
E’ chiaro che nel momento in cui io fabbrica ics, magari attraverso il consorzio, favorisco l’implementazione della fabbrica in un paese dove il costo del lavoro è molto più basso, le garanzie di tipo ambientale e sociale mi causano costi minori, nel momento in cui ho una struttura produttiva che fa le stesse cose che faccio io qui in Italia, dove purtroppo c’è questo noiosissimo statuto dei lavoratori, ci sono norme ambientali, tutti questi lacciuoli inutili e superflui, dannosi per lo sviluppo liberista dell’economia, una volta che ho la possibilità di scegliere — cioè là c’è già una fabbrica, l’ho realizzata anche grazie al sostegno di soldi pubblici e dei fondi messi dalla Regione — sarà automatico che farò la scelta di smantellare prima possibile un’impresa in un paese dove ci sono le garanzie, dove i costi di produzione sono più alti, per trasferire la produzione, non solo quella per il mercato dove ho implementato la fabbrica ma anche quella del mercato di origine, perché poi sarà più economico ri-trasportare la merce dal Brasile, dal Messico, ma ancora di più dalla Romania, dalla ex Jugoslavia ecc., che produrla in loco.
Questo per dire che quando si fanno scelte di questo tipo bisogna stare molto attenti. Tra l’altro invito anche la Giunta a leggere i materiali che produce, che le sue agenzie producono. Qui ho uno studio dell’Armal del settembre 1994 sui processi di delocalizzazione nel tessuto regionale. Prende ad esempio il tessile e il calzaturiero che sono stati i primi settori, in questa regione, ad avviare processi di delocalizzazione, mentre quelli afferenti a questa delibera, cioè il mobile e la meccanica, fanno parte di un’ondata successiva. Ma già oggi noi potremmo fare uno studio analogo e vedere che cosa è successo nel tessuto produttivo su questi due settori e verificare che si è passati da una fase in cui si perdevano posti di lavoro stabili e fissi garantiti a favore di posti di lavoro di tipo interinale o precario, e oggi, allo stato attuale, siamo in una fase in cui questi posti di lavoro precario e interinale sono addirittura sostituiti dal nulla, cioè il saldo prima era una perdita di qualità del posto di lavoro e oggi è una perdita netta del posto di lavoro.
Questo studio molto interessante, ci dice che in un’economia basata sui distretti, dice che le delocalizzazioni possono avere in alcuni casi anche effetti positivi sull’economia locale, però dice che questo non è vero in un’economia basata, guarda caso, sui distretti, perché un’economia basata sui distretti, quindi sul terzismo, su piccole imprese ecc., il primo fenomeno che un qualunque tipi delocalizzazione produce è la perdita netta di lavoro e la chiusura netta di imprese — qui sono citati i dati delle imprese chiuse a livello nazionale con questi fenomeni — che fanno il terzismo, che producono per conto delle imprese principali. Anche queste, in una seconda fase subiscono una perdita netta di posti di lavoro: prima una dequalificazione, poi una perdita netta.
Questo è, a mio avviso, fenomeno assolutamente preoccupante, che meriterebbe una riflessione attenta da parte di questa Regione, ma devo dire che il problema vero è che manca una riflessione più in generale sulla politica industriale, per cui si fanno scelte per assecondare interessi come quelli rappresentanti dai consorzi e dalle imprese private ai quali non si nega mai nulla e si stanziano quindi i fondi, che vengono poi spesi con delibere tipo queste, senza pensare alle conseguenze e alle ripercussioni che avranno poi nel breve, medio e lungo periodo. Per questo in qualche modo chiedevamo — ancora in questa interrogazione si fa riferimento all’agenzia per l’internazionalizzazione, di cui abbiamo discusso e che poi abbiamo scelto di non fare — di discutere e di fare un dibattito, perché a mio avviso una Regione, che deve avere ad interesse lo sviluppo, l’economia locale, il prodotto locale, la possibilità locale sul territorio di garantire posti di lavoro ecc., deve tenerne conto a 360 gradi, non può fare un semplice, freddo calcolo del pil, scoprire che una tale impresa ha aumentato i propri profitti e pensare che quei profitti sono andati a beneficio del territorio, se in realtà i posti di lavoro sono stati creati altrove e qui si sono persi.
Quindi una politica reale, seria da parte della Giunta regionale su questo settore dovrebbe prevedere sicuramente sostegni a forme di economia che realmente producano sviluppo sul territorio, non disincentivo ma nemmeno appoggio a tutte quelle forme che in qualche modo promuovono quella che dovrebbe essere la vera internazionalizzazione, quindi la commercializzazione all’estero dei prodotti marchigiani e sicuramente politiche di disincentivo, non di incentivo come viene fatto in questo caso, per quelle politiche che invece favoriscono lo smantellamento del tessuto produttivo locale a favore di trasferimenti, quindi delocalizzazioni reali di imprese all’estero.
Interrogazione (Svolgimento): «Calendario venatorio regionale 2006/2007» Santori (539)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 539 del consigliere Santori. Per la Giunta risponde il Vicepresidente Agostini.
Luciano AGOSTINI, Vicepresidente della Giunta. In riferimento all'interrogazione n. 539/06 del consigliere Vittorio Santori, con cui si chiede, in modo particolare, di conoscere i motivi per cui l'apertura della caccia alle specie migratrici è stata fissata al 2 settembre e per quale motivo, nel periodo 1 ottobre-30 novembre, sono state previste altre due giornate di caccia alla selvaggina migratoria, si comunica quanto segue.
Nello specifico e relativamente a ciascun punto dell'interrogazione si precisa quanto di seguito riportato.
L'apertura della caccia alle specie migratrici, ma non solo, la stessa potrebbe essere anche per le specie stanziali al l° settembre, discende dalla previsione legislativa di cui all'art. 18 della L.157/92 e dell'art. 30, comma 3 della L.R. 7/95.
L'insufficiente motivazione nei confronti del parere Infs per cui il Tar ha sospeso il calendario è da ricollegarsi al contenuto del D.L. 16 agosto 2006 n. 251 (attualmente non risulta convertito in legge) con il quale, di fatto allo stesso istituto è stato dato un potere più pregnante in materia venatoria.
Si ricorda che l'apertura anticipata della caccia alla selvaggina migratoria nelle Marche si è sempre effettuata e le motivazioni, in parte contrarie dell'Infs, sono state sempre le stesse che, ovviamente, sono state controdedotte così come quelle di quest'anno.
Il testo del calendario venatorio adottato è comunque condiviso, in generale, dalle associazioni di categoria.
La previsione relativa all'aggiunta di due giornate di caccia alla selvaggina migratoria nei mesi di ottobre e novembre, tenuto conto delle consuetudini locali, è prevista sia dalla L.157/92 che dalla L.R. 7/95. Il parere Infs che secondo il Tar risulta sostanzialmente disatteso, in effetti rileva che l'istituto stesso, in assenza di elementi di conoscenza specifici relativi all'entità ed alla fenomenologia del prelievo esercitato, in relazione all’andamento temporale dei flussi migratori, è impossibilitato a valutare le possibili conseguenze derivanti dalla concessione delle due giornate aggiuntive. Comunque, come è noto, si è dato corso al rinnovo della procedura e le giornate di cui trattasi sono state nuovamente concesse abbassando però notevolmente i capi prelevabili. La decurtazione dei capi prelevabili è tale che pur cacciando cinque giorni a settimana, i capi complessivi prelevabili risultano notevolmente inferiori cacciando per 3 giorni (ad esempio, per l'allodola da 50 capi, si è passati a 15 giornalieri). Con ciò, si è ritenuto che la programmazione del prelievo in tali mesi sia in sintonia con i principi di conservazione del patrimonio faunistico previsti dal quadro normativo vigente.
L'introito delle somme derivanti dalle tasse sulle licenze di caccia viene ripartito "annualmente" tra le Province, le associazioni venatorie e per il risarcimento dei danni alle produzioni agricole tra gli ambiti territoriali di caccia. Ogni legge di bilancio stabilisce la relativa quota parte del corrispondente gettito da far ritornare al settore.
Non risulta che il testo del manifesto e quello del volantino, relativi al calendario venatorio, presentino errori.
E' intendimento dell'Amministrazione regionale proporre appello al Consiglio di Stato relativamente all'ordinanza concernente la sospensione delle due giornate aggiuntive stante l'attualità dell'interesse, mentre nei confronti della prima, si ritiene superato il motivo del contendere.
La competenza relativa alla materia non è stata delegata, c'è solamente l'incarico attribuito a norma dello Statuto al consigliere Lidio Rocchi e non si ritiene dover trasferire le relative competenze amministrative ad altro dirigente.
In relazione ai gravi danni provocati nei confronti dei cacciatori marchigiani, in quanto esclusi dagli Atc della Puglia, si ritiene di non avere specifiche competenze al riguardo, poiché, come è noto la caccia programmata (numero di cacciatori definito su unità di gestione) è operativa su tutto il territorio nazionale e quindi la Regione Puglia, autonomamente, in relazione alle proprie realtà territoriali individua il numero dei cacciatori ammissibili. Comunque nulla toglie che ci possa essere un interessamento presso tale Regione affinché i cacciatori marchigiani possano essere ammessi con un maggior numero di giornate di caccia rispetto a quello attualmente concesso.
PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Santori.
Vittorio SANTORI. La risposta c’è ma purtroppo non è soddisfacente, perché non si è detto — mi pare che on sia neanche smentibile — come mai il 2 settembre si siano inserite la quaglia e la tortora come specie abbattibili, quando in realtà sono animali che già si sono trasferiti dal nostro territorio da ormai 10-15 giorni. L’Infs da anni dice che questi animali selvatici iniziano la loro migrazione il primo agosto e terminano il 25 agosto. Inserire questi animali come abbattibili all’interno del calendario venatorio è una presa in giro per i cacciatori e per tutti quelli che si occupano veramente di natura e di flussi migratori.
Per quanto riguarda anche la vicenda relativa alle note questioni giudiziarie intercorse sul calendario, dobbiamo essere molto chiari: il calendario è stato due volte sospeso dal Tar per insufficiente motivazione. Delle due l’una: o questo calendario è stato fatto male, oppure, come dice l’assessore, il calendario era perfetto ed ha sbagliato il Tar. Allora come mai non abbiamo fatto ricorso al Consiglio di Stato? Come mai non abbiamo agito per la sospensiva in appello al Consiglio di Stato e abbiamo preferito, invece, adattarci ai richiami del Tar?
Da ultimo la vicenda della Puglia. I nostri calendari, come ha ammesso testé l’assessore, non sono concordati con le altre Regioni, cioè il diritto e la condizione di reciprocità previsti nella legge 157 del 1992 la Regione Marche non sa neanche dove stanno di casa e quando fa il calendario lo fa autonomamente, non si concerta con l’Abruzzo e con la Puglia, tant’è che quest’anno i cacciatori marchigiani non hanno nessun permesso fisso da parte della Regione Puglia, trattati come pezze da piedi, perché non hanno avuto alcuna tutela da parte di questo organo e sono costretti a prendere permessi giornalieri che sono stati erogati o saranno erogati massimo in quattro giornate al mese, qualcosa di vergognoso.
Interrogazione (Svolgimento): «Grave stato di incuria in cui versa la stazione ferroviaria di Fano (PU)» Mollaroli e Altomeni (531)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 531 dei consiglieri Mollaroli e Altomeni. Per la Giunta risponde l’assessore Marcolini.
Pietro MARCOLINI. In relazione all'oggetto si riferisce quanto segue.
A seguito del sopralluogo effettuato presso la stazione di Fano in data 5/10/2006 da funzionari di Rfi e del competente ufficio di questo assessorato alla presenza di amministratori e tecnici del Comune di Fano, si è rilevato che la stazione si presenta, in generale in buone condizioni. Ci sono alcuni problemi relativi alla impermeabilizzazione del tetto rilevati anche da Rfi.
Sono in corso lavori per la realizzazione del progetto del nodo di scambio che riqualifica l'area che comprende anche il fabbricato bagni ed i locali del tronco lavori.
La pensilina e l'illuminazione sui binari è in stato di efficienza.
Per il sottopasso sono iniziati i lavori di straordinaria manutenzione inclusi quelli per il superamento delle barriere architettoniche, affrontando, di concerto con il settore infrastrutture di Rfi, il problema del drenaggio per scongiurare infiltrazioni d'acqua.
Relativamente al monitor, già nel pomeriggio del giorno del sopralluogo ne è stato ripristinato il funzionamento.
Il guasto della emettitrice automatica di biglietti è stato già segnalato a Trenitalia che ha dichiarato di provvedere al più presto.
Le segnalazioni dei disservizi lamentati e per gli incidenti accaduti sono al vaglio dei competenti uffici di Trenitalia affinché non abbiano più a verificarsi.
PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Mollaroli.
Adriana MOLLAROLI. Non ho ascoltato la risposta dell’assessore che spero abbia detto cose impegnative. Rileggerò attentamente il testo della risposta.
La situazione della stazione di Fano è gravissima. Fano è la terza città delle Marche, è una delle città con una crescita demografica tra le pi consistenti della nostra regione, sono 5.000 cittadini in più in pochi anni, è una città al centro di due vallate, Valle del Metauro e Valle del Cesano, con un bacino di utenza di oltre 130.000 abitanti ed ha una stazione ferroviaria molto usata — pendolarismo verso il sud e verso il nord delle Marche — in condizioni veramente indecorose.
Mi sono occupata di questa questione anche nella precedente legislatura. Alcuni interventi sono stati fatti, quelli proprio a garanzia della sicurezza per quanto riguarda la questione dell’illuminazione ed altri piccoli interventi. Credo veramente che questa situazione non si regga più. Se lei va nel sottopasso della stazione, assessore, può constatare come basti un minimo di pioggia perché questo si allaghi. Ultimamente è stato messo un sovrappasso, sembra di stare a Venezia. Vi sono carenze di personale, le biglietterie automatiche non funzionanti — una è complicatissima — i monitor spessissimo fuori servizio ed è stata anche una stazione interessata da gravi incidenti.
Quindi ritengo veramente che si debba fare uno sforzo straordinario. Tra l’altro la Regione ha investito in quella stazione, sono in corso i lavori per la realizzazione e il trasferimento della stazione dell’autobus, si creerà un polo intermodale, grazie anche ai contributi regionali che lì abbiamo investito. E’ una stazione dotata di un parcheggio ampio, quindi ha tutte le condizioni per essere utilizzata a vantaggio del famoso trasporto ferroviario alternativo all’automobile che diciamo sempre di dover sostenere. Esistono tutte le condizioni perché, con un adeguato intervento, possa sviluppare un ruolo ed una funzione di grande interesse. E’ assolutamente necessario, però, che queste opere di manutenzione per renderla più moderna e più aperta, si facciano. Non parlo delle questioni relative anche al personale: alle 19,40 non è più possibile fare biglietti. Insomma, una serie di situazioni abbastanza preoccupanti.
L’amministrazione comunale ha anche trasferito lì una sede decentrata della polizia municipale, quindi ci sono anche tutte le condizioni per garantire sicurezza. Manca veramente una manutenzione ed una cura di interventi che possano rendere quella stazione all’altezza del servizio che è necessario.
Io aspetto veramente interventi e credo che faremmo un’operazione di grande interesse proprio per le caratteristiche che ho descritto e soprattutto per il notevole bacino di utenza che quella stazione consente di sviluppare, dando un segnale che crediamo davvero nel trasporto ferroviario e ne favoriamo anche l’uso più frequente, quantitativamente più rilevante.
Interrogazione (Svolgimento): «Esclusione di centinaia di giovani imprenditori dai finanziamenti utili ad avviare nuove aziende agricole» Giannotti (294)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 294 del consigliere Giannotti. Per la Giunta risponde l’assessore Petrini.
Paolo PETRINI. In relazione all'interrogazione n. 294/06 richiesta dal consigliere Giannotti su "Esclusione di centinaia di giovani imprenditori dai finanziamenti utili ad avviare nuove aziende agricole" si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La Regione Marche ha presentato ricorso in appello per l'annullamento e la riforma, previa sospensiva, della sentenza del Tar Marche n. 4/2006 del 27.01.2006 nella parte in cui ha ritenuto che le previsioni contenute nel bando relativo alla erogazione dei fondi fossero prevalenti rispetto alle sopravvenute disposizioni di rango comunitario.
La suddetta sentenza ha annullato la DGR n. 754 del 29.06.04 (di integrazione e modifica della DGR 472/2004 nonché di riduzione da 8 a 5 milioni di euro della somma destinata a liquidazione dei premi per il primo insediamento di giovani in agricoltura), decreto n. 397 del 23.07.2004 e relativa nota di comunicazione del dirigente del servizio sviluppo e gestione attività agricole e rurali, che riconosceva il premio a soli 20 agricoltori. A seguito della istruttoria, il servizio aveva verificato la permanenza, solo per detti soggetti, dei requisiti per l'accesso al premio (età inferiore a 40 anni, insediamento dal 28.4.03 al 14.07.04 e completamento dell'insediamento entro 2 anni dalla comunicazione di concessione dell'aiuto).
In estrema sintesi, in data 14.03.01 con DGR n. 536 la Regione bandiva la misura B per il ricambio generazionale in agricoltura. Nella graduatoria unica regionale risultavano ammissibili 1038 posizioni; soltanto le prime 411, secondo i fondi disponibili, sono state liquidate.
Con DGR n. 472 del 27.04.04 (mai impugnata dai ricorrenti) la Regione decideva di destinare nuovi aiuti per il primo insediamento giovani, utilizzando la graduatoria unica regionale (dal 412 in poi) sul presupposto (indicato espressamente nella delibera) che gli aspiranti avessero (ancora) titolo, alla luce delle disposizioni comunitarie di riferimento e presentassero domanda di conferma.
E' bene sottolineare che, dal tempo dell'iniziale bando alla adozione della DGR n. 472/04, la normativa comunitaria di riferimento è mutata (art. 8 del Regolamento CE 1257/99, art. 4 comma 1 Regolamento CE 445/02 e art .4 comma 1 Regolamento CE 817/04 in ordine al requisito soggettivo della età: età inferiore a 40 anni al momento dell'adozione della decisione individuale di concedere il sostegno).
La presenza di dubbi di legittimità di atti adottati nel 2004, che meriterebbero un approfondimento da parte della Avvocatura sulla opportunità di atti in autotutela, considerazioni di ordine finanziario e di correttezza della applicazione dei regolamenti comunitari hanno indotto la Regione Marche a non accogliere l'invito espresso dal Tar nel 2005 ad una definizione non contenziosa della vicenda e ad adottare una condotta prudenziale di cautela.
Proprio in riferimento alla recente sentenza del Tar, la sentenza n. 4/06 si basa sull'assunto della prevalenza del bando quale lex specialis rispetto alla normativa comunitaria estendendo, erroneamente come sostenuto in appello dalla Regione, l'orientamento giurisprudenziale consolidato in tema di affidamento di opere pubbliche alla tematica ben differente del procedimento di assegnazione di fondi comunitari.
Il servizio agricoltura e quello dell'Avvocatura prima di proporre alla Giunta regionale l’autorizzazione per la presentazione dell'appello al Consiglio di Stato hanno, con un'apposita missione a Bruxelles, richiesto alla direzione generale competente quali margini esistessero per l'attuazione della sentenza del Tar secondo l'assunto che il bando fosse lex specialis rispetto ai regolamenti e considerata anche la sopravvenienza di nuove disposizioni comunitarie.
La risposta di Bruxelles è stata tale da non lasciare margine di dubbi per cui la base giuridica per la rendicontazione dei fondi sono i regolamenti comunitari e, pertanto, ogni erogazione che non tenga in primaria considerazione i requisiti richiesti dai regolamenti stessi subirebbe l'inevitabile stralcio delle somme erogate. Concreto si è dunque palesato il rischio che la somma per l'erogazione di 8 milioni di euro per attuare la sentenza n. 4/06, non definitiva, dovesse essere reperita a carico del bilancio regionale, con l'ulteriore pericolo che in sede di notifica, come aiuto di stato, la Comunità rilevasse comunque la contrarietà alle norme comunitarie.
Infine, nella memoria dell'avv. Scoca, che difende la Regione nel ricorso in appello al Consiglio contro la sentenza del Tar, tra l'altro si sostiene che la posizione degli ammessi in graduatoria, ma non classificati in posizione utile per essere ammessi al finanziamento in occasione della prima assegnazione dei premi, costituisce situazione giuridica di mero fatto, priva di una consistenza tale da apparire meritevole di tutela e azionabile in giudizio. In altre parole si sostiene l'assenza in capo alla Amministrazione del dovere di erogare i fondi e la sostenibilità da parte della Regione della palese carenza d'interesse degli originari ricorrenti.
Laddove la sentenza del Tar Marche n. 4/06 divenisse definitiva, la Regione Marche dovrebbe liquidare 8 milioni di euro. Ad ogni buon conto, va sottolineato che, con le suddette disposizioni, non si riuscirebbe comunque a soddisfare tutte le richieste, che dovrebbero ammontare a circa 10,5 milioni di euro.
In aggiunta, va indicato che prima della sospensiva concessa dal Tar in data 16.11.2004 degli atti poi annullati con la sentenza n. 4/06, la Regione aveva emanato un nuovo bando per la misura B pubblicato il 5.8.2004 destinando all'insediamento giovani imprenditori euro 4.000.000 confermando, dunque, la volontà di sostegno alla imprenditoria agricola giovanile attraverso una nuova procedura. In relazione a quest'ultimo bando, tenuto conto delle disponibilità finanziarie, sono state ammesse a contributo 224 domande. Per queste richieste il bando prevede il 31 agosto 2006 quale termine ultimo per l'acquisizione dei requisiti e la presentazione della richiesta di saldo del contributo.
PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Giannotti.
Roberto GIANNOTTI. Non sono stato in grado di seguire la lettura della risposta, non per colpa dell’assessore, ma perché, purtroppo, come già accaduto in mattinata, in questo Consiglio, nel periodo autunnale c’è una fermentazione dei sospiri che impedisce l’ascolto.
Rinuncio quindi alla replica, non esprimo un giudizio, mi riservo, dopo avere letto la risposta dell’assessore, di replicare attraverso una comunicazione formale.
PRESIDENTE. Credo che quanto detto dal consigliere Giannotti debba far riflettere i consiglieri sul loro comportamento all’interno di quest’aula, perché veramente il Presidente non può essere il guardiano di persone adulte e responsabili.
Interrogazione (Rinvio): «Propaganda elettorale con simbolo della Regione Marche», Comi e Giannini (388)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 388 dei consiglieri Comi e Giannini. La Giunta ha chiesto di rinviare la risposta a questa interrogazione, quindi passiamo all’interrogazione successiva.
Interrogazione (Svolgimento): «Fondi strutturali europei. Programmi di intervento comunitario 2000/2006, obiettivo 2 e obiettivo 3, utilizzo risorse» Castelli (146)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 146 del consigliere Castelli. Per la Giunta risponde l’assessore Petrini.
Paolo PETRINI. Nel II capoverso della sua premessa, il consigliere Castelli fa un'affermazione errata in quanto parla di "somme non spese entro il termine del 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui sono siate formalmente impegnate": in realtà, il meccanismo del “disimpegno automatico" scatta entro i due anni successivi e non in relazione agli impegni ma alla spesa effettuata.
Quindi la rendicontazione attuale riguarda l'andamento della spesa riferita al triennio 2001-2003 per il Fesr, mentre per l'Fse la rendicontazione è annuale.
Nel merito dei tetti di spesa maturati a tutt'oggi si specifica che:
il tetto effettivo della spesa rendicontata per l'0b. 2 alla data del 30.09.2005 è al 41%. Le cause di tale livello di spesa sono essenzialmente tre e consistono: nel vincolo determinato nel 2004 dall'art. 3 della finanziaria nazionale che ha indotto un blocco amministrativo di diversi mesi; nella minore propensione agli investimenti da parte degli enti locali a seguito dei minori trasferimenti di parte statale; soprattutto nella forte situazione di stallo, se non di crisi, determinatasi in importanti settori produttivi della regione a seguito dell'andamento dei mercati internazionali. A tutto questo si aggiunga che la conseguente azione regionale di ridefinizione del Docup Ob. 2, ha comportato uno specifico negoziato con la Commissione, per la attualizzazione dello scenario economico regionale e le conseguenti modifiche di alcune misure ed interventi previsti nel Docup. Il tutto si è concluso nel giugno scorso, dopo il rinnovo del Consiglio regionale, con l'approvazione formale da parte della Commissione pervenuta con decisione C2005 n.3727 del 30.09.2005, e questo ha consentito l'accelerazione delle istruttorie solo da settembre. La raccolta della documentazione di spesa darà i suoi risultati con la rendicontazione prevista per la fine di quest'anno.
Il dato, esatto, riportato dal consigliere circa la percentuale di impegno e di spesa che caratterizza l'andamento dell'Ob. 3 al 30.06.2005 colloca la nostra regione al sesto posto nella graduatoria nazionale e non agli ultimi posti come viene paventato.
Quanto ai punti essenziali dell'interrogazione, che sono tre, si può affermare che: la Regione Marche non ha impegnato risorse comunitarie "in misura sensibilmente inferiore alle altre regioni d’Italia" per i motivi già esposti, e segnatamente per quanto attiene l’Ob. 3, visto che il livello degli impegni non risulta essere un indice di per sé significativo; ad oggi non vi è stata alcuna decurtazione dei fondi comunitari e la Giunta ritiene che, a meno di avvenimenti ora imprevisti, non vi saranno decurtazioni in base al meccanismo del disimpegno automatico; quanto alla richiesta di conoscere le performances delle singole Province marchigiane, per quanto attiene l'andamento del Fesr (Ob.2) il dato non è disponibile, dato che la quantificazione delle erogazioni si caratterizza in relazione al territorio regionale nel suo complesso, articolato sia in territori dell'Ob. 2 sia in territori a sostegno transitorio, cioè in uscita dall'Ob.2 . Ciò in base ai criteri riguardanti la popolazione fissati dalla Commissione per l'individuazione dei territori rientranti nell'Ob. 2 e di quelli che ne fuoriescono; quanto ai risultati dell'Ob. 3 realizzati a livello delle singole province, l’anno scorso i dati erano i seguenti. Per quanto riguarda Ancona, impegni 41 milioni di euro, pagamenti 32 milioni di euro; per quanto riguarda Ascoli Piceno impegni 40 milioni di euro, pagamenti 34 milioni di euro; per quanto riguarda Macerata impegni 40 milioni di euro, pagamenti 30 milioni di euro; per quanto riguarda Pesaro e Urbino, impegni 37 milioni di euro, pagamenti 30 milioni di euro.
In relazione alla stessa interrogazione, si forniscono anche i dati aggiornati al 30 giugno 2006 relativi alle quote Fesr Obiettivo 2. Dal documento che si allega alla risposta, si evince una capacità complessiva di impegno pari al 73,77% del costo totale e una capacità di spesa pari al 53,43%. Attualmente si sta procedendo all’attività di certificazione, quindi a breve saranno disponibili i dati ufficiali di spesa aggiornati fino al 31 ottobre 2006.
PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Castelli.
Guido CASTELLI. Per quanto riguarda la replica sui numeri, è inevitabile che, dopo che avrò la documentazione in mano, potrò essere in grado di valutare con attenzione anche la risposta dell’assessore per quanto riguarda le diverse performances espresse dalle Province marchigiane. Una indicazione percentuale poteva essere più utile per capire, soprattutto per quanto riguarda l’Obiettivo 3, quindi la formazione professionale, se esiste una capacità di spesa differenziata tra le diverse province. Se cortesemente, in una prossima occasione, l’assessore potrà farmele ottenere potrò dirmi soddisfatto relativamente a questa esigenza di conoscenza che in realtà promana dalle singole province, visto che la capacità di utilizzo dei fondi dell’Obiettivo 3 della formazione professionale, è stata spesso oggetto di valutazioni discordanti. Io ho fatto il consigliere provinciale ad Ascoli Piceno e ricordo che non sempre si riusciva ad essere all’altezza di una capacità di spesa non solo intesa in termini puramente e freddamente contabili, ma, trattandosi di formazione, una capacità di spesa che deve essere anche valutata come diretta capacità di incidere sul territorio e di conseguire l’obiettivo della formazione, che è per l’appunto non arricchire i centri di formazione o impinguare i centri di formazione quanto creare figure professionali capaci di inserirsi nel tessuto produttivo.
Per quel che riguarda poi l’insieme dei dati che avevo il 3 ottobre del 2005 — quindi è un’interrogazione data da questo punto di vista — è evidente che io facevo riferimento a una sintesi dei dati pubblicati da Il Sole 24 Ore del settembre 2005, dati che comunque avevano suggerito una interrogazione che in qualche misura è stata, almeno nello spirito, fatta propria dai consiglieri che non più tardi di 15 giorni fa hanno poi voluto normare un rapporto specifico, particolare tra Consiglio e Giunta proprio per quanto riguarda il monitoraggio dei dati.
Mi spiego. I rapporti che secondo la tradizionale ottica dirigistica l’Ue impone agli stati e alle Regioni, sono tali per cui, spesso, la capacità di utilizzo viene ridotta alla capacità di rispondere, di corrispondere formalmente ad alcune esigenze aprioristicamente stabilite dall’Unione europea e questo è un problema. Sta di fatto che in alcuni settori della pubblica amministrazione e dell’intervento comunitario regionale vi sono stati degli stress anche piuttosto significativi che hanno indotto, per ragioni riconducibili proprio alle dinamiche regionali, a delle vicissitudini quali quelle che poi, più o meno tardivamente, sono state completate. Ricordo, ad esempio, il problema della rendicontazione dei piani di miglioramento fondiario che nel luglio scorso tanta inquietudine avevano generato tra gli agricoltori beneficiari della misura.
Più in generale, se il dato inteso in termini comparativi con le altre Regioni — questo ci dicono gli uffici, questo ci dice l’assessore — è meno sconfortante di quanto non emergesse nel settembre del 2005 dall’indagine de Il Sole 24 Ore — rimane la speranza che quel 41% e quel 53% possano essere migliorati, perché, sia pure dovuto a ragioni probabilmente sistemiche che si riconducono anche e soprattutto a quello che ho definito il dirigismo burocratico dell’Unione europea, sta di fatto che noi, intesi come cittadini italiani, formiamo il bilancio dell’Ue con la corresponsione di quote fisse, costose, tuttavia non riusciamo a riottenere dall’Ue qualcosa che superi almeno i due terzi del valore che quotidianamente confermiamo alla stessa Ue, che, leggiamo sui giornali — ma questo è affare che probabilmente dovremo trattare anche in Commissione affari comunitari —... Assessore, sono tutti curiosi di sapere per quale motivo e in base a quale circostanza si sia verificato o stia per verificarsi il fatto che mentre la coperta si restringe per tutte le Regioni d’Italia, noi abbiamo 8 milioni in più. Questo è un giallo che speriamo di dover svelare, perché sentendo anche il presidente della Commissione non era chiaro il meccanismo. Quando dico non chiaro non perché subdolo o surrettizio, ma proprio perché, se fossimo messi in grado di capire per quale motivo si è verificata questa importante, significativa situazione, saremmo tutti più contenti, perché oggi leggiamo su Il Corriere Adriatico che l’assessore Marcolini ritorna non completamente soddisfatto dalle riunioni romane sul bilancio della Regione, ma un giornale locale titola “8 milioni di euro in più”, cosa vera ma che c’entra poco con le dinamiche di trasferimento dallo Stato alle Regioni.
Se in occasione di una prossima audizione il presidente della VI Commissione Binci ce lo consentirà, potrebbe esserci l’opportunità di fare il punto su queste nuove dazioni, corresponsioni che sembrano essere superiori a quello che temevamo. Quindi l’invito è di dedicare una sessione della Commissione proprio a questo argomento, evitando l’accavallamento tra Commissioni che spesso non consente di farlo.
Mi riterrò quindi soddisfatto dopo che mi saranno consegnati gli ultimi dati.
Interrogazione (Svolgimento): «Mancato rispetto dei tempi di realizzazione del DEA e della radioterapia all’Ospedale S. Salvatore di Pesaro» Giannotti (491)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 491 del consigliere Giannotti. Per la Giunta risponde l’assessore Mezzolani.
Almerino MEZZOLANI. Per quanto riguarda il complesso della radioterapia si precisa quanto segue.
Sono in avanzata fase di completamento le opere edilizie di tutto il complesso, che accoglierà, oltre alla radioterapia, anche le malattie infettive e la oncoematologia; è inoltre in via di completamento il tunnel di collegamento della struttura con il complesso preesistente del Muraglia, nonché le opere di sistemazione esterna e si sta procedendo ad un primo collaudo delle cabine elettriche installate.
Per quanto riguarda la componente tecnologica, è stata in questi giorni ultimata la installazione del primo acceleratore, mentre la installazione del secondo inizierà il 23 ottobre e si completerà in due settimane circa.
Per quanto riguarda la componente del personale, è già stato conferito l'incarico di direttore medico di struttura complessa, è stata espletata la procedura per il conferimento dell'incarico di fisico di struttura complessa, è stato completato il concorso per l'assunzione del personale tecnico sanitario di radiologia; per quanto riguarda il restante personale medico, il primo dicembre è prevista l'acquisizione di' un dirigente medico per mobilità e sono in corso le procedure concorsuali per l’assunzione di altri due dirigenti medici, così come sono incorso le procedure concorsuali per l’assunzione di due dirigenti fisici.
Il cronoprogramma del progetto è pertanto, a questo momento, coerente rispetto alla programmazione prevista per il corrente anno, con attività cliniche che si prevede di iniziare per il mese di febbraio 2007.
Per quanto riguarda il complesso del Dea si precisa quanto segue: sono in avanzata fase di completamento le opere edilizie di tutto il complesso; purtroppo fatti subentrati ed imprevisti hanno di fatto rallentato le opere di ultimazione del cantiere per problemi che ci sono stati fra le aziende e per alcune problematiche sui lavori. A questo riguardo l’azienda è attivamente impegnata con la direzione dei lavori per una piena assunzione di responsabilità e comunque per la risoluzione della problematica.
Per quel che riguarda l’assunzione del personale previsto specificamente, ci dovrebbero essere 22 infermieri, 7 medici, 6 ausiliari che sono già inseriti e autorizzati nei budget del 2006 e le stesse avverranno in coerenza e nei tempi consoni alla disponibilità del complesso.
PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Giannotti.
Roberto GIANNOTTI. Questa volta ho ascoltato bene e sentito bene. Vorrei invitare gli assessori regionali ad affrontare le sedute del Consiglio con un po’ di cuore, evitando di rispondere ad una provocazione — chiamiamola così — del singolo consigliere che evidentemente si fa carico dei problemi reali, con una lettura di risposte in molti casi preparate da altri, quasi a far pensare che non conoscono la materia, comunque cercando di spiegare, di entrare nel vivo della questione, perché questa risposta assieme a tutte le altre a cui ho assistito, almeno in questa giornata, mi fa pensare più ad un teatrino, in cui il consigliere presenta una interrogazione, l’assessore viene qui con un foglio di carta, molte volte preparato dalla struttura tecnica e risponde.
Su una materia come questa, ci vuole un po’ di pathos, a dimostrazione che comunque questi problemi li viviamo, altrimenti il rischio è che la lettura che uno fa è che l’assessore non vive la realtà di quella situazione. Nel caso specifico dell’assessore Mezzolani siamo alla follia amministrativa, nel senso che il contenuto delle risposte è un pugno in faccia ai cittadini pesaresi, perché venire a dire quanto ha detto, che per quanto riguarda la radioterapia — voi sapete cosa sono le cure radioterapiche — siamo nel programma e anticipare un nuova data di apertura del servizio — ha detto oggi l’assessore che a febbraio del 2007 la radioterapia all’ospedale di Pesaro sarà efficiente ed efficace — non ci tranquillizza affatto. Ricordo che questa è una telenovela che va avanti da dieci anni, colleghi consiglieri, dalla petizione popolare firmata da 30.000 cittadini della provincia di Pesaro che chiedevano questa cosa, da una proposta di legge presentata dal sottoscritto in quest’aula insieme ad altri consiglieri, nella fattispecie Gasperi, Cecchini e qualcun altro, con cui si chiedeva l’istituzione della radioterapia all’ospedale di Pesaro, ad un atto deliberativo del Consiglio che riconosceva l’istituzione di reparti radioterapici a Macerata e a Pesaro, al fatto gravissimo che Macerata ha da tempo risolto questo problema e Pesaro no, con un cantiere infinito che ancora non ha terminato i propri lavori, con un ritardo di 3-4 anni, perché questo è il dato di fondo. Quando dico follia amministrativa, parlo della follia di una burocrazia e della incapacità di una classe politica a gestire anche le occasioni, anche i casi fortuiti, perché se una ditta fallisce la si sostituisce. Certo ci sono meccanismi che vanno tenuti presente, ma credo che di fronte ad una emergenza come questa, i tempi di realizzo dell’opera pubblica — così è definita — dovevano e devono essere diversi e non mi soddisfa affatto la risposta, perché io sono convinto, assessore Mezzolani, che lei ancora oggi ha detto un’altra bugia, perché a febbraio quel reparto non sarà in grado di essere attivo poiché lei ancora non ha assunto personale e lei sa meglio di me che quel tipo di cure richiedono un personale specializzato che deve essere assunto e preparato e come minimo ci vogliono 7-8 mesi perché questo avvenga.
Se non si provvede in questo senso, rischiamo di partire con la radioterapia, a Pesaro, nel 2008 e io sarei contento di poter tornare in questo Consiglio regionale e dover ammettere di avere sbagliato, perché vorrebbe dire che abbiamo risolto un problema.
Per quel che riguarda il Dea siamo al ridicolo. Assessore, le debbo ricordare che la Regione aveva previsto l’inaugurazione della struttura del Dea a luglio di quest’anno. Siamo a dicembre, sono stato ieri a visitare la struttura e sono in grado di dire che i lavori vanno a rilento, non solamente i lavori della struttura ma anche i lavori di impiantistica. Lei, l’inaugurazione del Dea non la farà nemmeno a giugno del prossimo anno e questa è la dimostrazione della incapacità del sistema sanitario regionale che questa Giunta controlla, di rispondere ai bisogni dei cittadini.
Proposta di legge (Rinvio): «Disciplina del Consiglio delle autonomie locali» Giunta (31)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 31, ad iniziativa della Giunta.
E’ pervenuta una nota a firma dei consiglieri Ricci, Solazzi, Brandoni, Procaccini, Rocchi e Mammoli, con la quale si chiede il rinvio, “al fine di procedere ad un ulteriore, necessario approfondimento”. “Si propone altresì l’iscrizione del suddetto punto al Consiglio del 14 novembre”. Chiedo quindi al Consiglio di pronunciarsi.
Roberto GIANNOTTI. Si possono sapere i motivi per cui si chiede il rinvio?
PRESIDENTE. “Per un ulteriore, necessario approfondimento”.
Roberto GIANNOTTI. A firma di chi?
PRESIDENTE. Consiglieri, vi chiedo di essere un po’ più attenti a quello che sta accadendo in aula. C’è una proposta a firma dei presidenti di gruppo Ricci, Solazzi, Brandoni, Procaccini, Rocchi, Mammoli che recita: “Al fine di procedere ad un ulteriore necessario approfondimento si ritiene utile rinviare alla seduta del 14 novembre la discussione di cui al punto 3)”, proposta di legge n. 31.
Ha la parola il consigliere Capponi.
Franco CAPPONI. Presidente, consiglieri, il passo che stiamo per compiere di istituzione del Cal è un passo importante. Noi avevamo presentato molti emendamenti a questa proposta, però ritengo che non possa essere rinviata senza uno specifico obiettivo. O il rinvio è di tutto l’atto alla Commissione, riaprendo la discussione, oppure un semplice rinvio perché la maggioranza deve trovare una unità al suo interno, a noi non sta bene. Noi riteniamo che il Cal vada realizzato, certamente bisogna che la rappresentanza sia garantita, cosa che la proposta che avete presentato non contiene. Se la volete ritirare perché ci mettiamo di nuovo a discutere per fare uno strumento che rappresenti il territorio delle Marche siamo d’accordo, quindi accettiamo anche questa proposta di rinvio; se è un rinvio solo per trovare la quadratura del cerchio a noi questo non sta bene, riteniamo che ci debba essere un obiettivo nel ritiro. Se ci enunciate l’obiettivo noi siamo d’accordo.
PRESIDENTE. Consigliere Capponi, se ho capito bene lei propone un rinvio in Commissione?
Franco CAPPONI. A mio avviso è assolutamente indispensabile. E’ la terza volta che rinviamo, non possiamo sottostare ad altri giochi. O è perché quella proposta non rappresenta le volontà delle Marche, oppure non può essere che la maggioranza la ritiri per tre volte, facendo perdere tempo al territorio.
Propongo il rinvio in Commissione. Se ci deve essere ritiro, deve essere per il rinvio in Commissione. Siccome ci sono molti emendamenti, che ritengo siano anche dirimenti delle situazioni di cui stiamo parlando — penso che anche in maggioranza ci sia questa problematica della rappresentatività dei territori — se si tratta di rinvio in Commissione per approfondire, per fare nuove consultazioni non solo con una parte che arriva all’ultimo secondo a chiedere delle modifiche dopo avere espresso nella concertazione unitaria di tutti gli enti una posizione, allora siamo d’accordo, ma oggi non possiamo rimettere tutto in discussione senza ri-ascoltare tutte le autonomie, perché non mi sembra che questa sia una posizione, una scelta corretta.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.
Mirco RICCI. Le argomentazioni del consigliere Capponi sono in parte condivisibili: si parla del nuovo strumento che regolerà il Consiglio delle autonomie locali, quindi un ulteriore passaggio, non tanto rinviando il testo in Commissione e rivedendolo attraverso le audizioni, ma per verificare meglio rispetto ad alcuni emendamenti che ci sono stati, riteniamo sia opportuno. Noi auspichiamo che vi siano ancora limature rispetto ad ulteriori emendamenti che vi sono stati. Noi siamo convinti che quello strumento deve essere votato ed approvato, deve essere fatto preferibilmente il 14 novembre. Si è chiesto semplicemente di rivedere in tempo ragionevole alcune questioni attinenti ad emendamenti sopraggiunti in questi ultimi giorni. Si tratta di verificare ancora meglio l’approvazione del Cal, uno strumento che sarà interfaccia rispetto ai rapporti con il territorio, con gli enti locali di questa regione, quindi non mi sembra un argomento che non possa essere rinviato per ulteriori 15 giorni. Vi sono ragioni anche di interesse della Giunta regionale, del Consiglio regionale. Parliamo, appunto del Consiglio delle autonomie locali, uno strumento che non c’è e che per poter essere prodotto efficacemente, secondo noi ha bisogno di questa ulteriore verifica.
Ripeto, noi possiamo verificare gli emendamenti in Commissione e la presidente della Commissione è anche relatrice di maggioranza e penso che possa lei stessa intervenire; se dobbiamo tornare invece a una verifica dell’atto in sé con ulteriori audizioni questo mi sembra esagerato, perché abbiamo percorso un tempo che ha prodotto tutti gli approfondimenti necessari dell’impianto in sé della proposta.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mollaroli.
Adriana MOLLAROLI. Io credo che questo atto sia stato ampiamente costruito con una forte partecipazione dei territori e dell’intero sistema delle autonomie locali. La Giunta ha presentato da luglio la sua proposta, si è costituito un gruppo di lavoro tecnico-politico, composto da figure indicate dalla Giunta, dal Consiglio e da Anci, Upi e Uncem, hanno lavorato con grande serietà, c’è stata una costante interlocuzione con la Commissione, sono state fatte audizioni sul territorio, le conferenze provinciali delle autonomie si sono riunite, quindi a me pare che l’atto sia frutto di una straordinaria consultazione. E’ arrivato in Commissione, la Commissione ha fatto un lavoro di affinamento dopo l’ascolto dei territori e ha consegnato, dalla fine di luglio, questo lavoro all’aula.
La minoranza ha prodotto degli emendamenti alla data di oggi, la maggioranza mi pare che voglia produrre qualche emendamento non di singoli ma dell’insieme della maggioranza stessa. Questo è il lavoro da farsi, non un ritorno in Commissione. La maggioranza vorrà produrre degli aggiustamenti con emendamenti che discuteremo in aula. Non a caso abbiamo dato tempo, da luglio ad oggi, anche alla maggioranza per trovare le sue sintesi; altri quindici giorni credo che sia il tempo massimo per consegnare un progetto credibile. Quindi non credo che sia necessario un rinvio in Commissione. Se la maggioranza ha delle proposte di emendamento da fare le espliciti come maggioranza. Credo, comunque, che agli emendamenti dell’opposizione debba essere dato il giusto valore, perché non è possibile che su questo strumento non si debba anche tentare di trovare un voto unitario.
Quindi diamo alla maggioranza, intanto, tempo ma non oltre quelle date, per essere credibili e per trovare una sintesi e, se possibile, trovare una sintesi anche con la minoranza, ma questo è un lavoro politico, non tanto di Commissione, sul quale credo che la Commissione la sua parte l’abbia fatta. Quindi sono per rinviarlo in aula al 14, se possibile iscriverlo come primo punto all’ordine del giorno e in questo periodo la maggioranza e la minoranza lavorino per trovare la migliore sintesi.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.
Fabio PISTARELLI. Mi pare che sulla richiesta del collega Capponi debba essere fatta una votazione, preceduta da un intervento a favore e un contro. Però ho visto che da parte del gruppo Ds sono intervenuti due consiglieri, per carità, facciamo anche una discussione più ampia, è facoltà dell’aula, anzi noi la auspichiamo sempre.
Mirco RICCI. La collega Mollaroli è relatrice di maggioranza.
Fabio PISTARELLI. Non c’entra niente: quando c’è una richiesta di rinvio, possono parlare uno a favore e uno contro. Comunque io mi esprimo a favore per i seguenti motivi.
Certamente la Commissione ha compiuto un ampio sforzo di analisi della proposta iniziale e sintesi scaturita dal lavoro. Mi sembra però che questa sintesi non abbia trovato la condivisione più ampia. In Commissione vi sono stati dei voti di astensione sui punti più delicati, ma soprattutto nel dibattito che si è dispiegato all’interno dei gruppi, anche con le autonomie locali, ci sono state più voci e più spinte di sostanza, non formali. Ecco perché mi pare serio e corretto riprendere quei punti sostanziali nella sede più idonea e naturale, che è quella della Commissione, altrimenti sarebbe un dibattito extra consiliare e questo non è possibile. Secondo me è molto più giusto, dato che sono punti sostanziali, sui quali anche l’opposizione ha detto che senza una sintesi sugli stessi sarà difficile dare condivisione al documento, riportare il documento stesso in Commissione. E’ un documento che dovrebbe essere di natura assolutamente unitaria e complessiva, perché è l’applicazione dello Statuto, quindi una materia istituzionale che dovrebbe vederci tutti protesi verso uno sforzo unitario o il più possibile vicino a una condivisione ampia, massima. Ecco perché insistiamo sulla richiesta di rinvio in Commissione. E’ la sede più naturale e idonea per fare un buon lavoro, visto che le eccezioni, le osservazioni sono ancora di sostanza e non di forma.
PRESIDENTE. Credo che le posizioni siano abbastanza chiare. C’è una proposta, a questo punto il Consiglio è chiamato a pronunciarsi. Pongo in votazione la proposta di rinvio alla seduta del 14 novembre.
Il Consiglio approva
Fabio PISTARELLI. Lei ha interpretato questo rinvio come una bocciatura del rinvio in Commissione...
PRESIDENTE. Io credo che questo voto sia pregiudiziale, nel senso che una volta che il Consiglio si è pronunciato per rinviare il punto alla seduta del 14 novembre, è ovvio che tutte le proposte subordinate decadono.
Fabio PISTARELLI. Chiedo che rimanga a verbale.
PRESIDENTE. Certamente.
Proposta di atto amministrativo (Discussione e votazione): «Approvazione dell’intesa di programma per lo sviluppo» Giunta (31)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 31 ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Brandoni.
Giuliano BRANDONI. L’atto amministrativo che oggi discutiamo ha radici lontane, nel senso che ne abbiamo costruito la proposta all’interno del documento di bilancio preventivo. Questo è, insieme ad altri, un documento di programmazione e di coordinamento che si accompagna sia al Dpefr, sia ai piani socio-sanitari, sia al piano per le attività produttive e a tutta la legislazione comunitaria.
Intanto va rilevato il metodo della costruzione di questo documento. E’ un documento costruito attraverso un percorso partecipativo e soprattutto attraverso un confronto intenso, lungo, con le parti sociali e le parti economiche di questa regione. Il documento è articolato su cinque obiettivi. Il primo è nominato “rafforzamento della competitività regionale”, al cui interno sono indicate due azioni specifiche. La prima è quella del potenziamento delle cosiddette reti immateriali, del non cavo. La seconda riguarda iniziative e azioni che attengono alla razionalizzazione del sistema finanziario regionale. L’altro obiettivo, altrettanto importante, è quello del coordinamento e dell’integrazione tra le azioni che riguardano turismo, cultura e ambiente, anch’esso articolato in una serie lunga di azioni che vanno da interventi specifici per le attività culturali a spese e contributi da dedicare alle aree protette regionali, a interventi in materia di promozione turistica e a ulteriori, specifici interventi da dedicare alla cultura.
L’altro obiettivo particolarmente importante è quello che riguarda l’inserimento lavorativo dei giovani laureati e laureandi. Da tempo abbiamo indicato e denunciato come un problema di questa regione l’alto tasso di migrazione dei soggetti in attesa di lavoro, culturalmente più dotati, laureati e laureandi di questa regione e il tasso di disoccupazione di questa fascia di lavoratori è particolarmente alto, tra i più alti dal punto di vista nazionale. Proprio per questo l’obiettivo intende favorire, attraverso settori specifici, quelli dell’ambiente, della cultura, del turismo e della ruralità, il sostegno alla progettazione e alla programmazione di questi giovani e, con esso, un raccordo con l’impresa regionale.
L’altro obiettivo, più articolato, riguarda gli interventi di politica residenziale e sostegno alla fragilità sociale. Due assi di intervento, il primo particolarmente cospicuo, quello relativo alla fragilità sociale, di 14 milioni di euro, gli altri, altrettanto importanti, riguardano contributi sia all’infanzia sia a nuovi interventi per l’edilizia popolare.
L’ultimo, ma non ultimo, di questi obiettivi, riguarda il rafforzamento delle infrastrutture regionali, con particolare riguardo all’aeroporto.
Quindi cinque obiettivi già indicati, già costruiti, già riflettuti in sede di bilancio, ma che, attraverso questo strumento, si coordinano tra loro, si precisano e soprattutto hanno avuto l’opportunità e la possibilità di avere il confronto con le parti sociali. Un confronto che, come si evince dal documento, non era a priori scontato dal punto di vista dell’esito, perché in questo percorso le parti sociali hanno portato il loro contributo e la loro riflessione dialettica. D’altronde si tratta di una partita importante dal punto di vista finanziario, perché i cinque obiettivi muovono oltre 43 milioni di euro, quindi una quota importante per l’azione di programmazione e di politica economica nella nostra regione. Hanno avuto, da questo punto di vista, l’attenzione anche della nostra Commissione. Io credo che la Commissione è riuscita a operare in maniera significativa due condizioni: quella di riaprire il percorso partecipativo attraverso le audizioni e di recuperare quelle parti sociali che in qualche modo avevano espresso, nella fase della concertazione, dubbi, perplessità e anche critiche importanti. Lo facciamo attraverso alcune precisazioni, per esempio la definizione specifica dei soggetti beneficiari dell’Obiettivo 3, cioè i laureandi e i laureati, in qualche modo viene recuperata, anche attraverso il lavoro di Commissione e la verifica delle norme sovraordinate, la titolarità ai giovani laureati e laureandi, della disponibilità finanziaria, quindi un passaggio più libero, non condizionato e non stretto attraverso un intreccio con le esigenze delle imprese che in qualche modo dovranno sostenere questo tipo di inserimento. Viene precisata la destinazione dei fondi che riguardano il sostegno alle infrastrutture. In qualche modo viene tenuto aperto, anche attraverso il lavoro di Commissione il percorso partecipativo che, proprio perché di questa natura, dovrà vedere accompagnati non solo l’azione della Giunta, il percorso di continua concertazione con le parti sociali ma il coinvolgimento assiduo del Consiglio, delle Commissioni referenti per implementare in maniera significativa questo strumento.
La Commissione ha discusso e i commissari di maggioranza hanno ritenuto di accompagnare il voto di questo atto con un ordine del giorno che raccoglie le riflessioni, il dibattito in Commissione, ma anche i pareri delle altre Commissioni, perché, come noto, questo atto amministrativo ha avuto un percorso molto largo, quindi è passato in tutte le Commissioni consiliari e ogni Commissione consiliare ha espresso il proprio parere, pareri tutti favorevoli ma tutti con la richiesta di un impegno partecipativo ulteriore da parte del Consiglio e delle Commissioni.
Attraverso questo ordine del giorno la Commissione referente — in questo caso la maggioranza della stessa — intende proporre al Consiglio la calendarizzazione di questo passaggio. Ulteriormente, in questo ordine del giorno viene meglio precisata l’azione di uno degli obiettivi. Per quanto riguarda le attività finanziarie c’è l’istituzione del fondo di garanzia e questa partita finanziaria è finalizzata alla semplificazione del sistema dei confidi regionali che in qualche modo deve oggi confrontarsi in maniera importante con le normative della cosiddetta Basilea 2.
E’ evidente che ci troviamo di fronte a un atto importante, perché è un atto di programmazione, un atto che ha avuto già un percorso che dovrà continuare a essere confortato dal dibattito del Consiglio ma che ha bisogno oggi di avere quell’approvazione necessaria perché le azioni messe in campo attraverso questo strumento possano cominciare a realizzarsi.
PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Santori.
Vittorio SANTORI. L'atto sottoposto al nostro esame è francamente di difficile interpretazione. Pur essendo intitolato “proposta di atto amministrativo” e predisposto integralmente dalla Giunta in realtà è un atto contenente indirizzi programmatici.
La titolarità alla emissione di atti di indirizzo e di programma spetta esclusivamente al Consiglio regionale il quale dovrebbe avvalersi dell'attività di consulenza e di concertazione del Crel (Consiglio regionale per I'economia ed il lavoro). Questo organo, pur essendo formalmente previsto dalI'art. 40 dello Statuto regionale e dotato di iniziativa legislativa nelle materie di sua competenza ai sensi dell'art. 30, comma 1 lettera d), ad oggi non è stato costituito! Come fa la Regione a programmare interventi seri per l'economia del territorio senza la consulenza, la ricerca, i pareri e le proposte dell'organo che la stessa Regione ha indicato come fondamentale ed inserito tra le norme statutarie.
In questo atto che esaminiamo è palese la violazione delle competenze del Consiglio regionale cosi come la violazione delle norme statutarie da parte della Giunta. Questa che in realtà è soltanto l'organo esecutivo della programmazione e degli indirizzi del Consiglio, nella strana realtà di questa Regione, non solo ha predisposto indirizzi e scelte programmatiche ma addirittura li ha concordati e sottoscritti con le parti sociali ed oggi chiede al Consiglio la ratifica del suo operato.
In questa irrazionale ottica di funzionamento degli organi regionali, la Giunta scrive la musica, se la suona e se la balla. Il Consiglio regionale ed i singoli consiglieri non possono subire passivamente lo spoglio delle competenze attribuite loro per legge. Essi sono tenuti ad esercitare i loro diritti ed i loro poteri conformemente allo Statuto ed al mandato elettorale.
La Giunta stavolta è arrivata perfino a modificare I'art. 10 della L.R. 10.02.2006, n. 2 che istituiva il patto per lo sviluppo, assegnandole la nuova denominazione di “Intesa di programma per lo sviluppo”. L'organo amministrativo della Regione Marche modifica le leggi regionali!
Nella totale assenza del Dpefr relativo all'anno in corso da noi più volte denunciata, la Giunta regionale ha concertato con i sindacati, i rappresentanti di categoria e le altre parti sociali, il presente documento a valenza molto parziale rispetto al primo, autoderminando indirizzi e programmi secondo le proprie esigenze.
Non ci si dica che il Consiglio ha comunque il potere di correggere ed emendare l'atto predisposto, perché gli indirizzi programmatici non possono essere oggetto di mediazione o di accomodamenti pena l'inefficacia della manovra, ed anche perché ogni modifica ad un accordo sottoscritto tra le parti sociali e la Giunta assumerebbe i connotati di un'azione scorretta ed irriguardosa nei confronti dei primi che a ragione si sentirebbero presi in giro se le loro istanze venissero disattese in sede consiliare.
Nel merito, l'atto è certamente inutile in quanto la gran parte degli interventi qui previsti (vedasi tra l'altro Obiett. 4) risultano già inseriti in altri provvedimenti di spesa o di programmazione regionale per cui costituisce di fatto una duplicazione di quanto già deliberato.
Non siamo in presenza di un provvedimento a carattere generale ma di un atto di portata limitata, ciò nonostante, fortemente generico e palesemente carente di modalità attuative tale da costituire in alcuni casi una delega in bianco a favore della Giunta.
Carente appare anche sotto il profilo della tempestività. Non si vede la necessità di approvare tale documento alla fine di ottobre proprio alla vigilia dell'approvazione del nuovo Dpef. L'atto in questione si sovrappone quindi anche al Dpef per l'anno 2OO7 già predisposto dall'Amministrazione il quale ha certamente valenza e portata di gran lunga più vasta rispetto all'Intesa di patto per lo sviluppo che stiamo esaminando.
Gli interventi previsti nella seconda parte dell'intesa sono eccessivamente indeterminati e in gran parte già vincolati da precedenti disposizioni da non richiedere in pratica alcuna intesa o patto.
Oltre al declassamento operato passando da patto a semplice intesa, l'atto è carente di indirizzi in alcuni settori di importanza strategica come quello per il lavoro femminile, per le infrastrutture, per il rilancio delle attività produttive, per l'energia. I fondi previsti sono tra l'altro del tutto irrisori.
Perché insistere, poi, a finanziare l’Aerdorica sapendo che nessun programma di rinnovamento industriale è stato presentato da questa azienda? Non è con questo modo di programmare che la Regione Marche potrà incidere sullo sviluppo delle nostre attività produttive e sulla qualità della vita dei cittadini. Questo documento sintetizza efficacemente l'incapacità di sviluppare programmi e direttive proprie della Regione Marche.
Gravissima è la carenza istituzionale derivante dalla mancata istituzione del Crel (organo di consultazione e di consulenza tecnico-scientifica in seno al Consiglio regionale). Gli effetti di tale omissione o ritardo si rinvengono chiaramente nella lacunosità, inadeguatezze, genericità, carenze, duplicazioni e limitatezze presenti nell'intesa per lo sviluppo ma anche nella generale incapacità del Consiglio regionale di esercitare le sue funzioni di indirizzo e programmazione e della Giunta di eseguirle e realizzarle. In verità penso che anche la stessa Amministrazione regionale sia ben conscia dell'inutilità del fatto ed abbia portato avanti questa intesa solo per apparire sulla stampa e dimostrare di aver fatto qualcosa. Meglio sarebbe se questo documento, ampiamente contestato anche dalle parti sociali firmatarie, venisse ritirato.
PRESIDENTE. E’ aperta la discussione. Ha chiesto di parlare il consigliere Castelli. Ne ha facoltà.
Guido CASTELLI. Noi sappiamo che nella modernità, nelle società moderne in particolare, la parola, l’espressione verbale, la capacità di suggestionare è diventata forse una delle priorità dei politici e dell’azione politica. Leggevo qualche tempo fa alcuni commenti di cronisti e giornalisti americani che parlavano di come il confronto politico nord-americano che il 7 novembre porterà alle elezioni di metà legislatura, in realtà è proprio un banco di prova, una verifica di come spesso le espressioni nominalistiche facciano premio sui concetti, sulle essenze. Per dirla con Kant, vediamo l’affermazione, il trionfo dell’apparire, della capacità di suggestionare sulle essenze stesse delle azioni amministrative ridotte, spesso, a propaganda o comunque a capacità di seduzione, anche a prescindere dai portati concreti e reali dell’azione amministrativa.
Ultimamente il partito democratico si è affidato alla capacità sofistica di un professore che si chiama Lakoff, che per l’appunto ha cercato di convincere il partito democratico stesso di smetterla di parlare di mettere più tasse e che sarebbe meglio parlare, invece che di tasse, di “quote associative”, perché funziona meglio, non spaventa l’elettorato republicaneggiante del nord America e che probabilmente consentirebbe l’affermazione di un consenso maggiore.
Perché faccio questo discorso? Perché in realtà sulle espressioni nominalistiche, lo spin doctor — se mi consente questo appellativo — Pietro Marcolini, della Giunta D’Ambrosio prima e della Giunta Spacca oggi, ha legittimamente puntato molto sulla capacità di lanciare messaggi suggestivi alla società marchigiana, che invariabilmente, indefettibilmente presentano delle costanti: la condivisione, la sostenibilità, la progettualità, la voglia di guardare al futuro. Questo è il filo rosso — mai colore può essere ritenuto più pertinente — che lega l’esperienza, per certi versi, dei Co.I.Co. — vediamo, fra l’altro, un illustre rappresentante dei Co.I.Co. — che poi, gestiti dalla Svim hanno lasciato qualche traccia, ma questo è un altro capitolo.
C’è stata poi l’esperienza significativa e importante delle Arstel, che sono state una delle invenzioni del prof. Marcolini, fotografando la quale, probabilmente oggi vediamo quali possono essere i rischi del nuovo istituto “intesa per lo sviluppo” al netto di quelle che sono state le vicissitudini che hanno riguardato le Arstel. Mi soffermerò brevemente sulle Arstel che, ripeto, compaiono nel Dpefr del 2003 come strumento che deve coniugare sviluppo, sostenibilità, concertazione e condivisione, e che hanno da un punto di vista finanziario un curiosissimo andamento, che non esito a definire carsico, in cui le risorse si affacciavano, come i fiumi giuliani, e si sprofondavano per poi riaffacciarsi con ritmicità carsica che vale a non ritenere incongruo questo strumento. Vi risparmio i passaggi contabili, ma vi posso dire oggi che il caso delle Arstel lo cito oggi proprio perché è un rischio da evitare, è una sirena da scacciare, è una prospettiva che abbiamo vissuto e che pericolosamente potrebbe anche affliggere il destino dell’intesa per lo sviluppo se solo non fossimo noi guardinghi nel notificare l’avviso al prof. Marcolini, in maniera tale che quel tipo di andamento carsico non vada poi, sostanzialmente, a materializzare, a dare concretezza ad alcuni dubbi che sono stati in particolare manifestati da alcune componenti sociali come Cgil e Cisl.
Le Arstel, nei tre anni di loro vita — se di vita si può parlare — hanno complessivamente indotto la Regione ad accantonare per la sola spesa corrente 1.767.000 euro. A fronte di questi impegni annunciati, di queste prenotazioni che hanno tutte le caratteristiche di cui alla capacità di suggestionare che pure ha fruttato, ad oggi siamo a pagamenti per 11.823 euro, quindi oltre 3 miliardi di vecchie lire annunciati in termini di spesa corrente per le Arstel, pagamenti poco superiori a 21 milioni di vecchie lire. Peggio — ma questo è un altro capitolo — è andata sul fronte degli investimenti, in riferimento al quale la Giunta regionale ha annunciato e inserito via via sistematicamente in diversi documenti di programmazione economica, di assestamento in relazione al bilancio, l’astronomica cifra complessiva di 22 milioni e oltre di euro. In questi tre anni quindi, il fiume carsico relativo al finanziamento della condivisione, della partecipazione, della programmazione che doveva convincere la società marchigiana della bontà dell’azione delle Marche, ha rappresentato 22 milioni di euro. Colleghi consiglieri, di 22 milioni di euro che si sono via via, se non dissolti — la novazione la certifichiamo oggi, visto che una parte consistente di questi fondi rifluisce nel cassetto dell’intesa — ne abbiamo in cassa un milione, mentre altri 6-7 sono finiti nel calderone dei perenti e nessuno è oggi in grado di poter dire quale destino possono avere.
Il fantasma dell’Arstel è quello che deve in qualche modo preoccupare i sonni di tutti noi nel momento in cui oggi noi approviamo un provvedimento amministrativo che deve essere necessariamente salutato dal Consiglio regionale come un gravissimo arresto, un gravissimo cambiamento di rotta. Il caso Arstel è l’esempio di ciò che non dobbiamo fare, e quindi, pur volendo nutrire speranze, ottimismi nei confronti del destino di questa intesa che era patto, dobbiamo avere presente il rischio della definizione carsica di questi investimenti, che è tutt’altro che reale, perché io sono convinto che con buona pace dell’ironia con cui ho inaugurato il mio intervento, lo strumento Arstel, lo strumento suggestivo del patto, dell’intesa che ha tutte queste caratteristiche, se da un lato assolve ad una funzione legittimamente propagandistica, è anche, a mio modo di vedere, un formidabile, micidiale strumento nelle mani del prof. Marcolini per calmierare l’indebitamento, o meglio la spesa. Perché vediamo regolarmente che nel bilancio di questa Regione vengono annunciati fondi finanziati generalmente a mutuo, che vengono poi, altrettanto regolarmente, non utilizzati e messi in disparte, in economia. Siamo a un fenomeno di dissociazione contabile. Approviamo gli strumenti di contabilità, stanziamo con finanziamento a mutuo dei soldi per gli investimenti, annunciamo l’azione all’esterno, nel dimenticatoio di fine d’anno non vengono spesi, vengono portati in economia. “Fatta la festa gabbato lo’ santo”, ed ecco che vediamo poi, magari, ritornare, carsicamente ancora una volta, quegli stessi soldi che sono stati centrifugati, sistemati e in qualche misura riciclati nel senso buono.
Dico queste cose, perché il rischio che noi oggi abbiamo di fronte al patto per lo sviluppo è sostanzialmente lo stesso, perché gravano su questo patto alcune domande che il prof. Marcolini deve cercare in qualche modo di favorire con una risposta. Sono legittimi i dubbi che derivano dalla discussione, da quello che abbiamo letto o sentito dalle audizioni, professor Marcolini. “Professore” non è ironico, lo dico sempre, perché ho una grande considerazione di questa grande capacità di abbinare moral suasion politica a uno strumento deflattivo dell’irresistibile tendenza alla spesa che l’Amministrazione regionale ha. Quindi, da questo punto di vista è anche ammirabile. Ma ci sono dei punti, assessore Marcolini, sui quali è bene che lei ci dica come stanno le cose.
Il primo punto, il declassamento. Per quale motivo il patto diventa intesa? Abbiamo ascoltato diverse valutazioni, io ho delle mie idee, mi riservo di poterne parlare nella dichiarazione di voto, ma è giusto che questo Consiglio capisca, nell’età del nominalismo, perché di nomi si ferisce ma di nomi si può anche perire. Non è questo il caso ma sicuramente ci sono delle ragioni precise sul perché il patto diventa intesa e sono ragioni forti se è vero che in occasione dell’assestamento del 2006, addirittura abbiamo approvato un emendamento che modificava testualmente la nozione di “patto” in “intesa”, quindi un fatto giuridicamente qualificante.
La seconda domanda, in questa strana concertazione: qual è il rapporto fra questa intesa e l’intesa del marzo del 2005? Perché qua e là è venuto fuori, ma lo stesso preambolo supera d’amblè la fase concertativa così complicata, tanto complicata da portare la Cgil — non l’Ugl, non i Cobas — a mettere sotto accusa questa Giunta, tanto da non firmare la seconda parte. Venturi ce lo dice. Ha le sue idee, parla di obiettivi non determinati per certi versi, ordinari per altri. Questa è un’accusa che pesa come un macigno, perché il 18 marzo invece la Cgil — eravamo a un mese dalle elezioni — l’intesa del marzo 2005 la firma, questa non la firma. Allora il richiamo, il tentativo di ricollegarsi a quel marzo 2005 viene in qualche modo messo in dubbio dagli stessi aderenti a quell’intesa, e mi riferisco alla Cisl e alla Uil.
Terzo punto, i tempi amministrativi sono lunghi, tanto lunghi che alcuni dei soggetti sottoscrittori hanno pubblicamente dichiarato di avere prestato la loro adesione a questo patto declassato in intesa, perché convinti che dopo il 17 luglio, giorno della sottoscrizione dell’intesa stessa, le cose sarebbero cambiate per quanto riguarda la concertazione. Poi però abbiamo registrato, proprio recentemente, che gli stessi attori hanno detto “le cose stanno andando non esattamente come Spacca ci aveva promesso per quanto riguarda l’attivazione di una concertazione seria e reale”. Mi permetto di ricordare che anche questa volta la proposta di Dpefr è stata mandata alle parti sociali per la concertazione, dando 24 ore di tempo per un giudizio. Il Ces, se è stato convocato — immagino di sì — ancora una volta si è trovato nella condizione di dover leggere quasi furtivamente le elaborazioni del Dpefr per poter poi dare un riscontro. Mi pare che questa sia un’avvisaglia che non va nel senso auspicato dall’intesa.
Queste sono le tre domande che le vorrei fare, assessore Marcolini, sono le tre questioni che ineriscono a quella fondamentale, che era la prima: quello di cui noi abbiamo bisogno è la garanzia dell’effettività dell’intervento regionale, perché siamo arrivati kantianamente al fatto che ciò che appare fa premio su ciò che è, ormai siamo soliti ascoltare metafore, eufemismi, slogan che hanno anche un loro pregio, un loro significato, ma che non possono più, oggi come oggi, accontentare coloro i quali, stranamente — e parlo dei consiglieri regionali — si vedono quasi restituire ciò che forse non avevano neanche diritto di esercitare. Mi riferisco al fatto che il congegno di questi strumenti innovativi che lei ha escogitato, in genere presenta sempre un meccanismo di delega dal Consiglio alla Giunta. Questa volta l’eterogenesi dei fidi le ha fatto un brutto scherzo, perché la sensazione è che dopo avere inserito nello strumento “intesa” delle azioni ordinarie, è evidente che ora la richiesta del Consiglio di riavere la capacità di gestire l’ordinario complica anche ciò che l’assessore Marcolini poteva dire ormai fatto. Paradossalmente su quella delega quasi tutti i consiglieri — Benatti, Mammoli — hanno detto “noi abbiamo fiducia in voi, ma vogliamo monitorare, verificare, vedere”. Ora, paradossalmente, questo istinto verificatorio si dirigerà anche verso azioni che in realtà erano ordinarie e si poteva già ritenere portate a casa, ma ogni tanto lo spiritello dispettoso riesce a fare anche questa cosa, però immagino che lei saprà affrontare il tutto, se solo prima risponderà a quelle tre domande.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.
Cesare PROCACCINI. Secondo noi l’atto di cui discutiamo non sconvolge nulla rispetto alle misure, agli obiettivi e anche alla massa critica di risorse che mette in questa discussione nello sviluppo regionale. Tuttavia individua una modalità diversa di gestione, più partecipata, appunto l’intesa, un’intesa con le parti sociali, con i diretti attori dello sviluppo delle Marche, anche se in generale, per la verità, secondo la nostra concezione questa modalità dei patti e delle intese segnala una difficoltà della rappresentanza, segnala una difficoltà delle istituzioni e della politica di rappresentare le esigenze del popolo e il rischio è di una fase che corporativizza la società in generale e anche quella delle Marche. Ma questo atto in realtà individua una somma complessiva di 44 milioni di euro — non parliamo di cose di poco conto, riferite al bilancio regionale — di risorse significative che possono servire allo sviluppo della nostra regione, soprattutto nelle difficoltà in cui la situazione più generale inserisce le Marche. Una difficoltà di intravedere un sistema di sviluppo non dico innovativo ma almeno diversificato rispetto ai tre comparti grandi che sono tutti e tre in crisi: quello della calzatura, quello della meccanica e quello del mobile, seppure informe diverse. Quindi individuare una modalità più partecipata rispetto alla necessità dello sviluppo può servire a calibrare meglio le risorse.
Infatti l’Obiettivo 1, il sistema produttivo che si declina in diverse sfaccettature e che mobilita 3.300.000 euro, è un fatto molto importante, perché dentro questo si passa anche all’Obiettivo 2, una integrazione tra le diverse fasi dello sviluppo, da quella culturale al turismo, all’agricoltura, alle aree interne, ai sistemi rurali: 10.198.000 euro. Sono cose significative che debbono servire allo sviluppo e soprattutto devono avere anche una fase di verifica. L’Obiettivo 3 secondo noi è quello più importante, che avrebbe bisogno di maggiori risorse. Sono risorse insufficienti, e quando discuteremo del bilancio dovremo fare uno sforzo maggiore, quello dell’inserimento lavorativo dei giovani, dei giovani altamente scolarizzati, laureati e diplomati, che rappresentano nella nostra regione una percentuale più alta della disoccupazione che pure, nel suo complesso, è bassa, molto al di sotto della media nazionale.
Tuttavia quando dobbiamo parlare di inserimento lavorativo, lo sforzo deve essere quello di guardare la generalità del problema, anche il fatto dei contratti a termine, della precarizzazione. Da questo punto di vista — non è un caso che la legge finanziaria venga attaccata proprio qui — il Governo, seppure in maniera insufficiente, interviene in modo alternativo rispetto a prima: non si premia il precariato ma si danno incentivi a chi fa contratti a tempo indeterminato.
L’obiettivo 4 è quello della edilizia pubblica e della fragilità sociale. Esso guarda anche ad una società regionale che muta. Non solo il problema della immigrazione ma anche il problema generale dell’inurbamento della costa segnala una difficoltà del sistema abitativo nella nostra regione e avere mobilitato risorse significative — 27 milioni di euro — con il piano casa ed anche con misura intese a superare le emergenze e la fragilità, è significativo.
Per quanto riguarda l’Obiettivo 5, quello dell’aeroporto di Falconara, ho inteso, anche qui, dei problemi, delle difficoltà. Io credo che debba essere una volta per tutte considerato che l’aeroporto di Ancona-Falconara è l’aeroporto di tutte le Marche, non di una parte della regione, quindi avere messo 2 milioni di euro non per la gestione o per ripianare debiti pregressi che pure esistono, è positivo. Anzi, per la verità di debiti ne esistono troppi, anche per le cattive gestioni e quando noi Comunisti italiani segnalavamo questo fatto, venivamo, anche in questo Consiglio, quasi derisi, inascoltati. Invece la nostra analisi era perfetta, rigorosa ed oggi si cerca, con ritardo, di fare quelle cose che si potevano fare ieri.
In definitiva, 43.900.000 euro debbono servire, pur dentro questi vincoli, a declinare un’intesa per lo sviluppo più equilibrata, più precisa e non è un caso che i due maggiori sindacati nazionali e delle Marche, Cgil e Cisl, hanno sottoscritto solo la parte generale dell’intesa, proprio perché chiedono maggiore precisione nella declinazione delle misure in modo che le risorse non vadano disperse in mille rivoli. Comunque noi, ovviamente, voteremo questo atto.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Capponi.
Franco CAPPONI. In primis debbo ribadire alcuni concetti, quindi rinvio alla relazione di minoranza sulla nostra declinazione di questo patto, o cosiddetta intesa per lo sviluppo.
A noi sembra che in questa regione si continui a fare demagogia, quando invece ci sarebbe bisogno di una massima assunzione di responsabilità. Per me e per noi questa intesa è più una strategia subdola di gestione del bilancio di questa Regione, che ha cercato di congelare e ha congelato, praticamente, tutte le risorse destinate allo sviluppo fino ad oggi perché non ce n’erano, perché l’intenzione del Presidente Spacca era di poter rimpinguare questa disponibilità di risorse da destinare al patto per lo sviluppo attraverso un corretto andamento delle spese a cui questa Regione doveva far fronte per il 2006. Così non è stato e quindi ci siamo inventati delle somme che potevano benissimo stare nella parte ordinaria del bilancio. Moltissime di queste risorse sono a specifica destinazione, provenienti da capitoli di finanziamento statali o addirittura europei, quindi come tutti gli altri capitoli che contengono finanziamenti di questo tipo, ci potevano essere capitoli che avrebbero potuto contenere le somme di cui oggi stiamo parlando.
Ad esempio, i 27 milioni di euro per l’edilizia residenziale pubblica, certamente sono trasferimenti dello Stato per una grandissima parte e questi potevano già essere stati spesi non appena avete approvato il bilancio di questa Regione e non congelati per un anno, come è effettivamente avvenuto. Abbiamo congelato 45 milioni di euro per un anno, pensando che avessero potuto essere molti di più, che avrebbero potuto smuovere l’economia di questa regione, ma così non è stato perché il bilancio regionale di quest’anno è ugualmente disastroso come quello degli anni precedenti.
E’ andata male, proprio perché le risorse aggiuntive non ci sono, perché il nostro bilancio è gestito in quel modo e tra l’altro questo è certificato. Noi avevamo chiesto all’inizio della legislatura la due diligence, ma questa verifica ce l’ha fatta Standard & Poor’s, che ha declassato questa Regione come grado di affidabilità e non è vero, assessore Marcolini, che è conseguenza del declassamento della politica nazionale del Governo Prodi che trascina le Regioni, perché questo declassamento è avvenuto quasi esclusivamente per tre-quattro Regioni, tra cui le Marche ma non per tutte le Regioni italiane. Quindi questa interpretazione è assolutamente da declinare come pura e mera invenzione.
E’ un atto negativo perché se gli importi fossero stati lasciati nei capitoli e nelle poste di appartenenza, questi fondi avrebbero già prodotto quel poco che potevano all’interno dell’economia marchigiana, che invece è stagnante e addirittura è stata lasciata a secco di risorse in qualsiasi settore.
Il patto per lo sviluppo, questa formula, questa idea che doveva essere un bel progetto, addirittura un titolo che riempie i cuori e le anime di prospettive, oggi non accende più nessuno, come non accendono più tutti gli slogans con i quali la sinistra, in Campania elettorale, aveva cercato di appassionare il proprio elettorato, soprattutto quel mondo imprenditoriale che oggi si trova sostanzialmente tradito, vedi proprio la legge finanziaria.
Non si può vantare inoltre, la maggioranza, dell’ottenimento della firma delle parti sociali e imprenditoriali, perché loro avevano espresso un parere positivo sulla parte iniziale del documento, sulla parte delle intenzioni, di quello che la Regione voleva fare, di come si voleva approcciare con le categorie, ma questo è stato poi totalmente disatteso nella parte dispositiva, cioè in quella delle risorse, in quella degli interventi, in quella che doveva andare a incidere nei settori di cui stiamo parlando.
Devo anche fare una specie di osservazione-ammonimento. Siamo arrivati all’utilizzo dei fondi Erap proprio a fine anno, quindi teoricamente andremo a slittare nel 2007, proprio nel mentre stiamo modificando e realizzando una legge regionale che cambia sostanzialmente la filosofia degli investimenti, che va certamente nella direzione dei nuovi bisogni, che va nell’autonomia delle nostre comunità locali di scegliere l’intervento che più abbisogna per ogni particolare caso. Abbiamo i problema della redistribuzione di questi benefici residenziali, anche alla nostra gente, a quegli italiani che da tempo attendono l’autorizzazione ad abitare una casa popolare, mentre con la legge preesistente era praticamente impossibile, per un italiano, accedere a queste provvidenze. Siccome arriviamo a fine anno, non voglio inutilmente procrastinare l’utilizzo di queste risorse, ma dico che vanno ormai utilizzate con la legge che stiamo approntando, la legge 36 che è già approvata, ma anche quella di modifica del titolo IV della vecchia legge 44 che stiamo per approvare. Quindi anche in riferimento ai tempi, alle tempistiche ecc., devono essere riviste, perché il patto per lo sviluppo annunciato un anno fa è arrivato dopo un anno e nel frattempo il Consiglio regionale ha legiferato, è andato avanti e ha anche modificato le modalità di intervento. Faccio quindi un richiamo, anche se noi siamo sostanzialmente contrari a quest’atto perché è puro fumo negli occhi e non è la soluzione ad alcun problema. Tra l’altro contestiamo la inadeguatezza delle risorse messe a disposizione, anche perché sono tutte risorse ordinarie che provengono da altri fondi a specifica destinazione ed erano previsti in tutte quelle leggi regionali che abbiamo a disposizione e che ogni anno rifinanziamo con la parte ordinaria del bilancio. Quindi non è un patto straordinario per lo sviluppo, questo è un patto ordinario di sottosviluppo.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mammoli.
Katia MAMMOLI. Anch’io, prima di cominciare il mio intervento che sarà abbastanza breve, vorrei fare tre precisazioni. La prima è che voterò a favore di questo atto. E’ assurdo che da parte di un consigliere di maggioranza si debba dichiarare questo, ma visto che non sono completamente soddisfatta di questo atto lo dichiaro, proprio perché il resto del mio intervento dirà cose un pochino diverse.
Ho sentito più volte fare riferimento da parte dell’opposizione, durante la discussione, all’assessore Marcolini che in questo momento non è presente. Naturalmente né io né altri della maggioranza dobbiamo essere coloro che difendono un assessore in particolare, ma lo faccio perché mi sembra che ogni volta che si parla di bilancio o, come in questo caso, di patto per lo sviluppo, o non comprendiamo bene di che cosa stiamo parlando oppure ci fa comodo non comprendere bene di che cosa stiamo parlando. Se pensiamo che il bilancio sia un atto puramente tecnico-finanziario e se pensiamo che il patto per lo sviluppo sia un atto puramente tecnico-finanziario, in cui quello che conta è come sono state allocate le risorse e quante risorse sono state messe, allora è chiaro che dobbiamo chiamare in causa l’assessore al bilancio, ma se sappiamo o se capiamo che il bilancio è una scelta comune di tutta la Giunta e di tutta la maggioranza e che il patto per lo sviluppo è o sarebbe dovuto essere un incontro tra tutta la Giunta e fra tutta la maggioranza, per questo credo che sia riduttivo chiamare in causa un assessore in particolare. Non lo dico per difendere l’assessore che non ne ha certamente bisogno ma perché dobbiamo riportare la discussione che stiamo facendo nei giusti termini.
Il terzo punto che volevo mettere in evidenza è che ho sentito dire più volte negli interventi che si sono succeduti — più fortemente e con più credine da parte dell’opposizione, in maniera più soft da parte della maggioranza — che questo atto ha visto il Consiglio ancora una volta tenuto fuori dalla programmazione, che quindi noi vogliamo andare a controllare come verranno spesi questi soldi e quant’altro. Anche qui — l’ho detto in altre situazioni — è necessario assolutamente un coinvolgimento forte del Consiglio a monte della programmazione e non a valle. E’ anche vero che alla fine, tra la strategia, la programmazione e il controllo, io preferirei molto di più svolgere il primo e non il secondo. Quindi, tutto sommato, il fatto che poi il Consiglio, alla fine, debba andare a controllare come vengano spesi i soldi, mi fa dire che o ci fidiamo o non ci fidiamo. Avrei preferito un atto di spessore più alto, piuttosto che pretendere o arrabbiarmi perché poi pretendo di andare a controllare come questi finanziamenti verranno spesi.
E’ vero che non c’è il Crel e che oggi abbiamo rinviato l’atto per l’istituzione del Cal, ma siccome al Consiglio e alle Commissioni nessuno impedisce di convocare le parti interessate anche durante la procedura, anche prima che l’atto arrivi e considerato che in Commissione gli approfondimenti possono essere fatti in maniera molto più forte di come sono stati fatti in alcune Commissioni, per quanto riguarda questo caso, allora, per non usare la frase “un colpo al cerchio e un colpo alla botte”, diciamo che se non siamo del tutto soddisfatti dobbiamo dividerci le responsabilità un po’ tutti insieme.
Non sono molto soddisfatta di questo atto, probabilmente perché ci ho creduto troppo, probabilmente perché credevo davvero che avremmo fatto questo atto di grande spessore, di grande importanza che avrebbe dato la caratteristica a questa Amministrazione regionale, che sarebbe stato il salto di qualità e la punta di eccellenza di questa Giunta. Forse ci ho creduto troppo, mi aspettavo qualche cosa di diverso, mi aspettavo qualche cosa di più importante, di più forte, questo non ho trovato.
Il termine stesso “patto per lo sviluppo” modificato in “approvazione dell’intesa del programma per lo sviluppo”, già ci fa capire che non è quello che ci aspettavamo, è qualche cosa di meno, è una dichiarazione di intenti a cui, secondo me, non seguono poi concretamente i fatti. Questa scelta strategica forte di riprogrammazione, di ri-coordinamento, di reinvestimento delle risorse in maniera diversa, mi dispiace dirlo ma in quest’atto non l’ho trovata. Ho trovato diverse scelte a cui non possiamo dire di no, che sicuramente approviamo, ma che si sarebbe dovuto allocare in maniera diversa. Il fatto che ci siano tanti finanziamenti, all’interno di questo patto, per l’edilizia economica e popolare può non trovarci d’accordo? Siamo d’accordissimo. Non credo che sia però questo il contenitore. Secondo me avrebbe invece dovuto trovare maggiore sostanza e maggiori finanziamenti il discorso della ricerca, il discorso della volontà di innovazione, il discorso della volontà di modernizzazione di questa Regione e delle strutture che ad essa stanno a capo ed anche una chiarezza, una filosofia più precisa rispetto all’integrazione cultura-turismo e rispetto a quanto questa Regione voglia puntare effettivamente su questi due settori.
Mi pare che stia succedendo, in maniera meno grave, quello che è già successo precedentemente, quando per tanto tempo abbiamo parlato di agenzia o di azienda per l’internazionalizzazione, ci abbiamo creduto. Si trattava, naturalmente, di una riorganizzazione forte anche con le parti sociali, poi tutto ciò non è avvenuto, non se ne parla più, abbiamo scelto altre formulazioni.
Speriamo di ritornarci sopra, perché oggi mi sembra questo soprattutto un salvadanaio in cui abbiamo messo dei finanziamenti ed a cui andiamo ad attingere nel momento in cui questi finanziamenti ci servono.
Differentemente dai miei colleghi, sia di opposizione che di maggioranza, che hanno tenuto a giustificare, a valutare positivamente il comportamento delle associazioni che hanno firmato questo atto, io invece do un giudizio estremamente negativo, più ancora che sui politici, più ancora che su noi stessi. Se queste associazioni hanno firmato — non tutte — senza avere la consapevolezza, perché non ne avevano avuto il tempo, di quello che andavano a firmare — se fosse così, sarebbe ancora più grave — ma se hanno firmato perché sono state chiamate e quindi il fatto che sono state chiamate significa che possono partecipare al governo regionale direttamente e non indirettamente, è gravissimo. Non dobbiamo chiamare gli enti, i soggetti esterni, di qualunque parte essi siano, perché così, siccome stanno dentro, ci dicono di sì, li dobbiamo chiamare perché abbiano la competenza e la forza di dire e di aiutarci nel governare, perché se poi dobbiamo fare un tutt’uno perché non si sa più chi sta al governo o chi sta all’esterno,, gli enti pubblici e gli enti privati, gli enti istituzionali e gli enti privati, personalmente ne faccio volentieri a meno. Preferirei, la prossima volta, che decisero di no, che rinviino l’atto, che rinviino il patto, che chiedano approfondimenti, ma che non firmino quello di cui poi vanno dicendo di non essere convinti, e abbiano la capacità di aiutare veramente il governo regionale a questa crescita di qualità che serve per tutti e non certo per i politici.
Quindi la delusione più forte non è tanto su quello che trovo lì ma sul fatto che a questo patto siano state apposte tutte le firme.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.
Fabio PISTARELLI. Presidente, colleghi, vorrei rinunciare al mio intervento perché ha detto tutto la collega Mammoli. Voglio solo aggiungere una cosa: anzitutto rilevare la sua onestà intellettuale e politica, secondo il fatto che già i colleghi hanno sottolineato, che le critiche non sono in realtà nostre, si legga l’audizione del 28 settembre. Il segretario regionale della Cgil Venturi afferma: “abbiamo siglato solo la prima parte, perché o sono misure generiche o sono così specifiche e prese già dal bilancio che non occorre un nuovo patto”. Il segretario regionale della Cisl, Giovanni Serpilli, che ha sottoscritto solo la prima parte, dice: “E’ nato come un documento da incrociare con il Dpef, con il piano socio-sanitario. L’avevamo chiamato patto per questo, ora è solo un’intesa programmatica, generica e senza le specificazioni che erano state richieste: fasce deboli, infrastrutture, valorizzazione risorse intellettuali. L’Obiettivo 3 è assolutamente troppo debole”. Potrei continuare, per arrivare a Confindustria, dott. Pieroni, il quale afferma: “I contenuti. Poche le risorse. In effetti ci sono solo 10 milioni di euro scarsi aggiuntivi. E’ un’appendice a un bilancio già ingessato di per sé e che pertanto non permette di integrare quello che in realtà era stato promesso: misure per lo sviluppo, misure per la crescita”.
Io voglio aggiungere solo queste poche considerazioni per dire che il quadro è desolante, come è desolante quest’aula, disattenta, con una Giunta rappresentata, validamente per carità, ma solo o quasi dal Vicepresidente, non c’è l’assessore Marcolini, non c’è il Presidente Spacca. Doveva essere un documento di grande rilievo, la novità di questa legislatura già annunciata, perché nelle relazioni introduttive si dice ampollosamente questo. Già annunciata sia nel documento programmatico elettorale, sia nel precedente Dpef. L’attenzione mi pare sia commisurata e proporzionata a quello che è il rilievo di questo documento, cioè molto scarsa.
Mi fermo qui. Queste sono le considerazioni che abbiamo fatto ampiamente in Commissione, questa è l’ulteriore dimostrazione di quello che sostenevamo e sosteniamo da tempo: che purtroppo, per usare una vecchia definizione, si è spesso tentati — e lo si porta anche a compimento — di fare leggi manifesto, piuttosto che leggi o atti amministrativi di contenuto serio e mirato, attraverso una destinazione seria e mirata di risorse e di interventi qualificanti. Siamo qui a discutere un documento che rititola, ma senza scrivere un nuovo libro, con pagine assolutamente lasciate in bianco, che o sono capitoli di bilancio già presenti, oppure quel che c’è di nuovo è trattato in maniera molto inconsistente e insoddisfacente per quanto riguarda poi le dotazioni, le misure, dotazioni e misure che già vedono gli uffici da tempo impegnati a farne attuazione, ma che hanno espunto, escluso le parti sociali che hanno più volte denunciato questa cosa, l’intero Consiglio regionale nella discussione di merito. Cioè soggetti che sono i beneficiari, concrete modalità attuative di determinate misure: anche su questo individuiamo e rileviamo un’assoluta pochezza, mancanza di quelle che erano le basi del ragionamento, cioè quelle di un confronto serrato, fattivo e che portasse a risultati in grado di fare sintesi del nostro sistema regionale e delle sue emergenze.
E’ pertanto una bocciatura sonora di questo patto che diventa intesa di programma, un’intesa che non c’è, un programma che vede non innestata quella marcia che era stata annunciata ampiamente. Ancora una volta un’operazione di mero lifting, di mera propaganda esterna, priva di contenuti. Lo dicono le categorie, lo dicono le parti sociali, lo dicono ampi settori anche della stessa maggioranza.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannini.
Sara GIANNINI. Vorrei riportare la questione su cos’è l’intesa e anche sulla novità rispetto al contenuto del documento. Una novità — condivido quello che dica il consigliere Procaccini — che mette anche in relazione i decisori della politica con coloro che nella società, nell’economia hanno la possibilità di tradurre concretamente le posizioni, le decisioni, le norme e di utilizzare fondi e risorse che noi mettiamo a disposizione.
Mi pare un utile modo di procedere, perché penso che la politica non può più avere la presunzione, in una società complessa e articolata come la nostra, di racchiudere in sé tutte le risposte e di pensare di riuscire a risolvere da sola le questioni che attengono invece a bisogni, necessità che provengono da diverse istanze sociali ed economiche, una società articolata come quella marchigiana e italiana.
Su questa intesa penso che non dobbiamo né enfatizzare i contenuti, i risultati, ma nemmeno esagerare nella demonizzazione. Personalmente credo che sia un valore il fatto che le associazioni abbiano deciso di firmare l’atto. E’ sbagliato se l’atto viene firmato e a latere criticato, e su questo ha ragione la collega Mammoli. Ci possono essere sicuramente opinioni che pensano che l’atto poteva essere migliorato, anzi elaborato anche in Consiglio, con tutte le Commissioni che lo hanno esaminato, con tutte le audizioni che sono state fatte, un lavoro di miglioramento e di condivisione anche di un percorso che in molti casi ha ottenuto anche alcune posizioni congiunte di maggioranza e opposizione.
E’ quindi evidente che tutti gli atti che riguardano una programmazione larga e che toccano diversi aspetti della politica regionale hanno possibilità di essere migliorati, non dobbiamo enfatizzare e nemmeno demonizzare, io credo che questo sia uno strumento utile nel metodo e anche nel contenuto per le Marche e per la sua struttura socio-economica.
Nella Commissione bilancio ma anche nelle altre Commissioni si è chiesto alla Giunta di riportare entro sei mesi i risultati conseguiti sugli obiettivi che l’intesa si è data. Mi è sembrata una proposta utile, che ha il compito di responsabilizzare coloro che hanno firmato, quindi la Giunta e le parti sociali, anche il Consiglio che secondo me non ha la funzione di giudice ma di produrre insieme all’organo di governo le migliori leggi per le Marche, che è cosa diversa dall’introdurre pagelle o giudizi sui singoli assessori. Condivido quello che diceva la collega Mammoli su questo, perché è evidente che il lavoro che ha riguardato l’intesa è un lavoro collegiale, sul quale prima di tutto si è speso il Presidente della Giunta regionale oltre che i singoli assessori, quindi ritengo che quando questo accade il prodotto sia della Giunta e della maggioranza. Questo è il modo con cui i Ds si rapportano alla politica.
Credo che, come tutte le cose che iniziano e per la prima volta si strutturano — di patto per lo sviluppo ce n’è stato un altro, ma in altra legislatura — questa sia un’utile base di partenza. In realtà noi abbiamo una forte difficoltà nazionale. Il consigliere Capponi prima faceva riferimento al declassamento delle agenzie di rating. Questo è un problema che non si risolve con le intese per lo sviluppo, credo però che i risultati di questi declassamenti non provengano dagli ultimi 100 giorni del Governo Prodi ma derivano da un esame serio della finanza nazionale, che è frutto di un percorso pluriennale. Immagino che una riflessione su come anche le Regioni contribuiscono a lavorare affinché si possano recuperare le posizioni dell’Italia nel giudizio delle agenzie internazionali di verifica, sia utile farla e la faremo con il prossimo Dpefr, con la legge di bilancio, la stiamo facendo partecipando alla discussione nazionale sulla costruzione e definizione della finanziaria.
Credo che individuare in questa intesa aspetti positivi non sia difficile. Abbiamo 10 milioni di euro in più rispetto al bilancio corrente che è stato approvato, le parti sociali hanno sottoscritto tutte la pre-intesa. Credo che noi dobbiamo lavorare e su questo credo che un invito molto forte vada fatto al Presidente della Giunta regionale e agli assessori, ma principalmente al Presidente Spacca per recuperare al più presto il dialogo con le due sigle sindacali, tra l’altro importanti, che non hanno sottoscritto lo schema successivo di intesa. Si sono raccolti alcuni obiettivi strategici, che erano quelli stabiliti nel programma di legislatura e poi anche nella legge di bilancio regionale, quindi il favore del sistema produttivo nelle Marche, l’integrazione turismo-cultura-ambiente, gli inserimenti lavorativi, l’edilizia pubblica, che è vero che potrebbe non riguardare esplicitamente l’intesa, ma io credo che in un ragionamento complessivo sulla politica regionale per le Marche, il tema della casa che viene fornita a tutti, anche a coloro che non hanno la possibilità di acquistarla a prezzi che siano compatibili con le disponibilità economiche delle famiglie medie marchigiane, sia utile.
A nome anche del gruppo esprimo il voto favorevole all’atto amministrativo che viene oggi discusso. Credo che sia stato giusto che il percorso sia stato concordato, costruito anche con le Commissioni, perché questo ci ha consentito di recuperare quel compito importante che fa parte del ruolo del consigliere, che non è solo quello di approvare atti che altri propongono, ma lavorare affinché ci sia la possibilità di ampliare il consenso, di ragionare sulle questioni che ci vengono poste in modo anche libero, come oggi è avvenuto in questo Consiglio. Penso che sarebbe stata utile la presenza del Presidente Spacca che oggi è impegnato a Roma, però credo che quando discutiamo di queste cose sia utile concordarne la presenza, perché l’intesa è un provvedimento di carattere generale la cui importanza dovrebbe essere sottolineata anche con la presenza del Presidente della Giunta regionale.
Esprimo quindi parere positivo da parte del gruppo Ds, mi riservo di discutere quando verranno portati in Consiglio, fra sei mesi, i risultati conseguiti dall’intesa, gli obiettivi che sono stati colti e anche i limiti o le inefficienze delle questioni che sono state nell’intesa indicate, approfondendo ulteriormente sia la missione che questa intesa aveva sia il consenso che ha raccolto non solo con la firma delle organizzazioni sindacali e di categoria, ma anche il riscontro che nella società marchigiana, dal punto di vista economico e sociale si è avuto sull’atto calato nella vita quotidiana di ognuno.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Lippi.
Leonardo LIPPI. Colleghi consiglieri, Presidente, sono state dette tante parole, condivido gli apprezzamenti fatti dai consiglieri di minoranza in toto, condivido le parole della collega Mammoli. Voglio evidenziare un aspetto fondamentale, e parlo anche per quello che riguarda la strategia 2.1 relativa alla valorizzazione in modo integrato dei territori, con particolare riferimento alle aree interne.
Stiamo parlando di risorse ordinarie e quindi non parliamo di una strategia condivisa per il famoso riequilibrio su cui molto si è scritto nel programma di governo di questa Giunta regionale. Soprattutto voglio evidenziare un aspetto fondamentale: che si valorizza più il territorio, contrariamente a quella che deve invece essere la valorizzazione degli uomini e delle donne che vivono nelle aree interne e che credono e restano ancora attaccati a quei territori e ne permettono la vivibilità. Quindi critico la filosofia di fondo di parlare di un’area e non di un contesto antropizzato che ha mantenuto il livello di vita in quelle aree e permetterà, domani, di diventare una risorsa economica per questa regione.
Quando dico queste cose voglio puntualizzare che non si parla di territori come riserve indiane, sono territori che da sempre sono stati vissuti dall’uomo e che on devono essere abbandonati dall’uomo stesso, quindi ci vuole un’azione strategica mirata più sulla valorizzazione della risorsa umana e non del territorio stesso, perché se diamo capacità operativa ai giovani che stanno formandosi in questi territori, potranno permettersi anche il lusso di rimanere a lavorare in queste aree, altrimenti favoriremo un esodo biblico da queste aree e avremo sì territori di ampio valore paesaggistico e naturalistico, ma avremo delle aree completamente spopolate. Chiedo allora con forza un’intesa di riequilibrio, puntata esclusivamente e fondamentalmente sulla valorizzazione dell’uomo che ancora resta, resiste e continua a resistere su queste aree, nonostante le difficoltà economiche che lo vedono penalizzato rispetto agli altri cittadini della nostra regione.
Chiedo quindi con forza, in virtù anche del ruolo che svolgiamo all’interno di questo Consiglio, con una forte rappresentanza di consiglieri che provengono da quelle aree e che credono nello sviluppo interno, soprattutto per la valorizzazione del turismo, quindi creazione di nuovi posti di lavoro per le giovani leve che si stanno formando, un più puntuale intervento, maggiori risorse non destinate al mantenimento delle condizioni del manifatturiero di basso livello, ma azioni finanziarie che costituiranno il ruolo propositivo per lo sviluppo economico fondamentale della nostra regione, che creeranno cicli di sviluppo e flussi monetari importantissimi extra territoriali, provenienti da zone che non sono all’interno della nostra regione, ma dell’Italia e delle altre nazioni europee e mondiali. Quindi una maggiore attenzione a valorizzare gli uomini e le donne di queste aree, più che il territorio stesso. Questo ribadisco con forza, perché da quello che si vede in questo piano strategico, le risorse iscritte, fortunatamente recuperate — e ringrazio la maggioranza — con l’ordine del giorno presentato in occasione della discussione del bilancio di gennaio, sono solo l’ordinarietà per garantire il mantenimento dell’esistente. Se vogliamo credere nello sviluppo di queste aree e riequilibrare le risorse economiche di quei territori, dobbiamo investire di più, investire nel futuro, che non è immediato ma a lungo termine. Per questo chiedo con forza una maggiore attenzione nella programmazione e soprattutto una anticipazione del dibattito, non per correre dietro, poi, ai provvedimenti che la Giunta fa — perché deve operare — rispetto a quello che il Consiglio decide in questa sede.
Per questo confermo quanto ho detto e chiedo con forza maggiori risorse per le aree interne e per il loro riequilibrio.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare, quindi propongo che dopo l’intervento dell’assessore Marcolini, o interrompiamo i lavori per riprendere alle 15, oppure facciamo le dichiarazioni di voto sia sull’ordine del giorno che sull’atto, interrompendo per riprendere poi alle 15,30, altrimenti si allungherà sempre di più la lista delle mozioni non discusse.
Ha la parola l’assessore Marcolini.
Pietro MARCOLINI. Penso che questa stessa discussione sull’intesa di programma per lo sviluppo abbia, seppure con difficoltà, cercato di affrontare gli scopi, gli obiettivi sottostanti con la necessaria chiarezza.
Intanto vorrei riflettere su un elemento che riguarda l’istruzione degli atti di programmazione e sul fatto che ci sia una diacronia tra l’istruzione e la discussione degli atti stessi. Voglio ricordare che la discussione sul patto per lo sviluppo, come inizialmente si chiamava questo documento, poi ridenominato “intesa di programma per lo sviluppo”, viene indicata dal documento di bilancio e comincia una discussione a partire dal mese di giugno. Il 17 luglio viene siglato l’atto e purtroppo soltanto oggi riusciamo a discuterne. Nel frattempo ci sono stati due appuntamenti importanti: l’assestamento di bilancio e la presentazione al Consiglio del Dpef. Lo dico al consigliere Santori, perché su questo sa bene, perché ne abbiamo già parlato in Commissione, che la critica circa le sfasature della discussione sono un problema che riguarda l’impianto istituzionale e forse anche l’impianto della legge, la 46 in modo particolare, ma in generale quella sulla programmazione finanziaria.
Il consigliere Santori ricorderà di avere convenuto con tutta la Commissione, oltre che con il sottoscritto, che il Dpef, ad esempio, ha un senso discuterlo se si riesce a parlarne entro il mese di settembre, cosa che regolarmente abbiamo fatto anche quest’anno, lavorando durante il mese di agosto per formulare una proposta che poi, in base agli obblighi della legge, deve avere due pareri preventivi: quello del vecchio comitato economico e sociale e quello della conferenza delle autonomie locali, che hanno chiesto tempi e termine per la discussione e che è arrivato esattamente a ieri mattina. Quindi il carattere previsionale, di orizzonte viene ad essere completamente sfumato, dovendosi aspettare a questo punto, per l’aggiornamento, la discussione della finanziaria che tradizionalmente si conclude nella seconda metà del mese di dicembre. Lo ripeto perché era una condivisione comune, consigliere Santori. Sarebbe utile o accorpare la discussione del preventivo considerandolo come un appuntamento legato al Dpef, oppure dichiarare l’insufficienza dello strumento legislativo di cui ci siamo avvalsi. In qualche maniera il patto, l’intesa di programma per lo sviluppo soffre dello stesso sfasamento. Questo sfasamento, dal punto di vista dei risultati politici ha due vantaggi. Il primo è che è un documento largamente partecipato. Voglio ricordare che il documento è stato firmato dalla Confapi, dalla Confindustria, dall’organizzazione degli artigiani Casa, Cgia, Clai, Cna, per l’agricoltura da Cia, Coldiretti, Confagricoltura, Copagri, per il commercio da Confcommercio, Confesercenti, per le cooperative dall’Agci, dalla Confcooperative, dall’Unci, dalla Lega delle cooperative e dalle organizzazioni sindacali, di cui una integralmente, la Uil, e altre due, Cisl e Cgil, per la parte preliminare, riservandosi di esprimere un giudizio più compiuto sulla base dei risultati che verranno rendicontati.
C’è stata un’ampia partecipazione del Consiglio, con pareri motivati, con arricchimenti e con l’individuazione anche del percorso che viene sintetizzato nell’ordine del giorno presentato dal presidente della II Commissione, che stabilisce un percorso non soltanto di indirizzo ma anche di controllo su questo atto, a sei mesi dal suo varo definitivo in aula, per cercare di misurare gli effetti concreti che questo atto di programmazione concertato riesce a produrre.
Venendo al merito della questione si è detto anche che le risorse sono poco significative, che spesso c’è un intreccio dello straordinario con l’ordinario e che quindi il carattere moltiplicativo di questo intervento risulta piuttosto modesto. Vorrei richiamare, senza iattanza ma con grande realismo, i limiti finanziari, da collasso finanziario in cui le amministrazioni locali e le Regioni versano, anche per il pesante lascito della finanza nazionale, che non può che essere registrato. A distanza di quattro mesi, realisticamente si rispecchia uno stato di cose, non voglio dire né in peggio né in meglio. Convengo che per quello che riguarda i problemi del sottofinanziamento, c’è un problema di profilo e di respiro ancora più storico.
Detto questo, che in una situazione di collasso finanziario la Regione riesca a indirizzare qualche cosa come una decina di milioni per quello che riguarda la moltiplicazione degli effetti nei settori cruciali dell’amministrazione regionale a me pare un risultato dignitoso, degno di una valutazione positiva, perché si è riusciti a indirizzare su obiettivi qualificati e partecipati una somma non insignificante, data la disponibilità delle risorse. Che poi ci sia stato un intreccio stretto sia con le risorse regionali che con quelle comunitarie, penso che sia un dovere, non un lusso. Grave sarebbe stato se avessimo avanzato un’ipotesi decontestualizzata, che non avesse alcun contatto con le politiche in corso, con l’ambizione di fungere da impulso, da acceleratore, da moltiplicatore degli interventi definiti.
Complessivamente si porta a coerenza con questa intesa, non soltanto l’intervento dei 10 milioni ma anche l’intervento dei circa 23 milioni riferiti agli interventi finanziati con risorse statali nel campo dell’edilizia economica e popolare, residenziale, convenzionata e pubblica, quindi sommando aggiuntivamente, perché le risorse regionali per l’edilizia sono state riservate alla gestione diretta delle Regioni e non assegnate alle Province e agli Erap. Quindi, pur a valere sulle risorse statali, erano appannaggio regionale l’indirizzo e le qualificazione degli interventi, in due direzioni: quella sociale e quella tecnologicamente avanzata, rispettivamente per 14 e per oltre 7 milioni. Parliamo complessivamente di oltre 40 miliardi di vecchie lire che, aggiunti alla parte realmente aggiuntiva di circa 10 milioni, significa poter indirizzare 63-64 miliardi di vecchie lire per interventi di sostegno allo sviluppo economico nel nome della modernizzazione dell’apparato e della equità sociale.
Penso quindi che lo sforzo fatto e i risultati conseguiti meritino un giudizio di piena sufficienza, di soddisfazione avuto riguardo ai limiti in cui si viene ad operare. Non voglio però sfuggire ad alcune delle questioni che qui sono state sollevate. Qui non c’è alcuna volontà sperimentalista, oppure di premio sulla comunicazione rispetto al reale. E’ vero che Berlusconi ha contagiato un po’ tutti, quindi spesso la comunicazione virtuale ha una prevalenza sul reale. E’ questa una critica che ormai ci possiamo ritorcere quasi costantemente. Devo dire che non è questo il caso, nel senso che si è detto con grande onestà quello che c’era sul piatto, quali sono state le difficoltà.
Mi verrebbe di dire qualcosa sul declassamento, che sarebbe imputato alla capacità nazionale o regionale, fatto da Standard & Poor’s, ma avremo modo nelle prossime settimane di parlarne più propriamente, sapendo che né sul piano nazionale può essere addebitato nemmeno al più scellerato dei governi, in tre mesi, con un mese estivo, il merito o il demerito del declassamento. Per quello che riguarda le Regioni, avvocato Castelli, lei dovrebbe sapere, prima di polemizzare, di che cosa si parla, perché la Regione Marche, insieme ad altre cinque Regioni ha un rating pari a quello della Repubblica. Per convenzione, cioè per legge, il rating delle Regioni non può superare quello della Repubblica. Insieme a noi sono state “declassate” la Lombardia, l’Emilia Romagna, la Toscana, la Valle d’Aosta, le migliori regioni, perché erano quelle che stavano a livello dello Stato. Anche la Lombardia, pur avendo quasi il 20% delle esportazioni nazionali, è pur sempre una parte del tutto e se quindi il tutto ha un declassamento, la parte non può avere un merito di credito superiore.
Noi abbiamo avuto confermato da Standard & Poor’s, non più tardi di quattro settimane fa, il merito pieno della Repubblica, che è confermato dai conti analizzati durante il corso dell’anno e che è stato abbassato in relazione al fatto che la Repubblica ha avuto un livello in meno di rating. Con questo nessun demerito alla Regione: è l’automatismo legato alla Repubblica.
Voglio lasciare per strada la secretazione di eventuali rapporti di Moody’s, che conterrebbero giudizi negativi. le lettura giallistiche non dovrebbero avere udienza nel dibattito politico. Il Consiglio regionale ha tutti i documenti di rating consegnati tempestivamente e in maniera trasparente. Voglio ricordare però — e lo dico cogliendo questa occasione — che un conto è la trasparenza, un conto minacciare l’efficienza dei servizi. Voglio ricordare che da questo punto di vista abbiamo una nota della Corte dei conti che ci impone di privilegiare l’azione amministrativa corrente rispetto a quella che può essere considerata un’azione di neutralizzazione della buona amministrazione. Voglio spiegarmi: il consigliere Castelli ha presentato nelle ultime settimane, grazie a una consulenza particolarmente qualificata, 102 interrogazioni. Se il consigliere Castelli pensa che il servizio bilancio e la ragioneria possano essere messi a servizio di una forza politica che non ha né il tempo né la voglia di studiare e di guardare le carte, ha sbagliato indirizzo.
Guido CASTELLI. Lei è un bugiardo, perché in occasione...
Pietro MARCOLINI. Programmaticamente...
Guido CASTELLI. ...aspettiamo risposte di cinque mesi fa!
Pietro MARCOLINI. Lo voglio dire programmaticamente, perché se c’è qualcuno che pensa di dover rispondere negli ultimi mesi a 102 interrogazioni, più infine sollecitazioni...
Fabio PISTARELLI. Si vede, allora, che ha studiato, non che non ha studiato, il collega Castelli...
Pietro MARCOLINI. Voglio tornare all’argomento, perché fino adesso il tempo dedicato è stato tenace, paziente e spero di avere forza, pazienza e risorse da destinare a una doverosa informazione, che però deve conoscere un limite rispetto alla interdizione e alla riduzione dell’efficienza degli uffici.
Torno alle altre due osservazioni che venivano fatte. Una è il declassamento da patto a intesa. Qui non c’è alcun imbarazzo: è stata una richiesta condivisa di definire un percorso concertativo in forma meno contrattualizzata e in questo senso l’osservazione politica coglie nel segno. Si tratta di una modalità diversa di organizzazione che non replica quella che avevamo stipulato nella precedente esperienza di patto per lo sviluppo, anche se avevamo soltanto 7,5 miliardi a disposizione.
Il Consiglio riprende vigore? Io penso di sì, anche a questa domanda non mi sentirei, con grande franchezza e anche con onestà, di rispondere negativamente, perché lo stesso ordine del giorno presentato dai presidenti dei gruppi di maggioranza va nella direzione che indicava l’avv. Castelli: mi pare che si richiami la necessità di un controllo, oltre all’indirizzo, più penetrante e quindi la prospettiva di avere a sei mesi l’avanzamento delle singole misure, potendo sindacare e discutere nel merito degli aspetti che vanno suggerendo delle integrazioni, mi pare vada in questa direzione.
Le Arstel hanno avuto una vita particolarmente sacrificata, è partito tutto con un anno di ritardo, il primo anno sta andando in esecuzione, il secondo anno, d’accordo con le forze economiche e sociali, non per unilaterale iniziativa, si è deciso, proprio perché piuttosto impegnativa l’istruttoria — e si era già a metà dell’anno — di prevedere che quel finanziamento potesse confluire nel dare maggiore corpo, maggiore sostanza al patto per lo sviluppo. Questo è il motivo. Quindi non una strumentale separazione tra l’annuncio e l’esecuzione bensì una tempestiva occasione di utilizzare quelle risorse che altrimenti sì, sarebbero rimaste impegnate genericamente ma non spendibili nel corso del 2006.
Il consigliere Procaccini ha richiamato la necessità di una verifica che io condivido, e mi pare che si possa anche prevedere una sessione con le Commissioni congiunte in Consiglio per valutare i vari aspetti distribuiti per i singoli settori.
L’intesa di programma per lo sviluppo può rappresentare una modalità partecipata per le forze economiche e sociali ma anche per i livelli istituzionali, quindi può rappresentare una modalità da mettere a regime. Se la procedura venisse rilevata come straordinaria e aggravante il percorso democratico consiliare inserita organicamente nei documenti ordinari di bilancio, oppure nei piani generali. Abbiamo tre documenti in discussione in Consiglio che voglio ripetere. Uno è il Dpefr che è già in Consiglio da ieri, il secondo è il documento strategico preliminare che riguarda i finanziamenti delle politiche comunitarie dei prossimi sei anni, il terzo è il documento strategico territoriale. Aggiungere nell’ambito del bilancio annuale e triennale un capitolo che è monitoraggio e attuazione dell’intesa di programma per lo sviluppo, può venire incontro esattamente all’oggetto, all’animo dell’ordine del giorno presentato dai consiglieri di maggioranza e, penso, rispondere anche alle esigenze sottese agli interventi dei consiglieri di opposizione.
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto congiunte per l’ordine del giorno e per la proposta di atto amministrativo.
Ha la parola il consigliere Castelli.
Guido CASTELLI. L’ultima volta che ho sentito parlare il prof. Marcolini delle mie 102 interrogazioni è quando, in occasione dell’assestamento, mi ha detto “Burattini sta arrivando per le risposte”, però sono passati cinque mesi... Burattini si sarà perso, probabilmente, coperto dalla concertazione e ancora aspettiamo. Posso capire che sono stato spinto da un eccesso indagatorio, però mi pare che l’effetto ostruzionistico si dovrebbe essere esaurito da tempo, perché ormai 102 in tre mesi sono pari a poche decine alla settimana, attualizzate.
Credo di poter dire, annunciando con questo il voto negativo del nostro gruppo, che in realtà il prof. Marcolini ha eluso, sostanzialmente, le domande che gli facevo. E’ stato declassato, dice lui, il patto, a intesa perché si è richiesto un impegno molto contrattualizzato. Traducendo in linguaggio più banale si potrebbe sostenere che effettivamente questo grande invito alla costituzione di questo grande fenomeno programmatorio del patto sia stato obiettivamente degradato.
Da questo punto di vista, a mio modo di vedere oggi possiamo suggellare il fatto che in realtà quell’impegno è tramontato, è un obiettivo fallito. Dobbiamo dare alle cose il giusto nome, quindi il patto per lo sviluppo, così come fu congegnato nel bilancio 2006, è un esperimento fallito perché diluito in un impegno meno contrattualizzato, che in realtà sta ad alludere, a significare, a documentare il fatto che non si è realizzata quella condivisione operativa che era in animo di poter suscitare da parte della Regione.
Il collasso finanziario. Anche da questo punto di vista vale il discorso che facevamo prima per le mie 102 interrogazioni: se c’è una minaccia di carattere finanziario alla possibilità di realizzare i patti, questo va dichiarato prima, non dopo. Non possiamo accettare l’idea che vengano annunciate avveniristiche iniziative amministrative, tacendo, in quell’occasione, dei rischi finanziari che incombono sulla nostra Regione, poi il rischio finanziario, dovuto ovviamente a Berlusconi, viene tirato fuori nel momento in cui, a consuntivo, si misura una difficoltà o addirittura un fallimento, perché siamo di fronte a un fallimento, questo credo valga la pena valutarlo.
Terzo punto. La gravità della mancata realizzazione del patto deve essere messa in diretta relazione con il significato politico-amministrativo che aveva nel corso dell’ultima sessione di bilancio, quando il patto per lo sviluppo doveva essere anche lo scatolone verso cui dovevano rifluire gli interventi reclamati e non concessi, in quell’occasione, dai vari corpi sociali intermedi che protestavano e bussavano alle porte, come le Comunità montane e altri. Poi qualcuno c’è e qualcuno non c’è; certo è che da questo punto di vista lo strumento patto, ora intesa, è risultato essere semplicemente un calderone dove il ribollire dei diversi rancori ha cercato di trovare, in maniera più o meno contingente, una risposta. Ricordo all’aula che rifluiscono nell’intesa per lo sviluppo quei famosi 3 milioni di euro che furono oggetto di una grave contestazione per il differimento dei termini per quanto riguarda la legge 18, un meccanismo che abbiamo approvato la scorsa settimana, per quanto riguarda la possibilità di assegnare ai Comuni delle somme entro la primavera del prossimo anno.
Quindi a mio modo di vedere c’è di tutto, ma non quello che ci doveva essere. Ripeto, dobbiamo essere onesti e chiarire al Consiglio regionale e alle Marche che è un obiettivo non realizzato, molto semplicemente, senza troppa enfasi, senza troppi giri di parole.
L’assessore Marcolini si è molto scaldato. Io non ho mai confutato che la tesi dell’automatismo non fosse vera, non sono stato io a dirlo. Io ho semplicemente chiesto quale sia stato, nei tempi recenti, il rating fornito dalla Moody’s. Lei si è molto scaldato su questa cosa, perché dallo scartabellare continuo che poi consente la presentazione delle 102 interrogazioni, ho preso nota e contezza del rating di Standard & Poor’s, non ho ritrovato le carte, che sicuramente ci sono, del rating di Moody’s, quindi ho chiesto “mi dice qual è stato l’ultimo rating di Moody’s?”.
Pietro MARCOLINI. Tu hai detto una cosa diversa: hai detto che io avrei secretato il giudizio perché è negativo.
Guido CASTELLI. Ma puoi leggere la centotreesima interrogazione che dice: “è successo, per caso, che l’assessore Marcolini si è avvalso della clausola, che lega Moody’s alla Regione Marche, di rifiutare il rating?”. Non appena la mia verve ostruzionistica te lo consentirà, mi risponderai che ho detto una sciocchezza.
Un minimo di grattacapo l’esercizio della funzione assessorile, pure lo contempla.
Sul rating non ho mai confutato l’automatismo, dico semplicemente che voglio sapere qual è l’andamento degli ultimi rating di Moody’s: se sarà possibile saperlo, avremo secretato, in questo modo, la polemica.
Quello che invece mi sembra giusto dire a conclusione del discorso, è che noi, in questa circostanza, possiamo cantare il de profundis alle Arstel che non esistono più, sono state una meteora che ha screziato il cielo di questa regione per tre anni, ora quel denaro va in quel calderone che ribolle di idee e di auspici programmatori, a questo punto. Dovremmo tenere informati coloro i quali, magari, ci avevano creduto, perché le Arstel, probabilmente come prenotazione finanziaria ancora rimangono, ma mi sembra di poter dire che buona parte della sostanza che doveva consentirne la realizzazione, non c’è più.
Credo quindi che, su questa base, si debba dire semplicemente, con molta onestà, che l’esperimento “patto per lo sviluppo” è fallito. Poi, sull’ordine del giorno sono d’accordo, però dobbiamo visionare un qualcosa di ineffabile, probabilmente di ectoplasmatico, ma monitoriamo pure; speriamo che ci sia qualcosa da monitorare.
PRESIDENTE. Non ho altri iscritti a parlare, quindi pongo in votazione l’ordine del giorno...
Fabio PISTARELLI. Presidente, chiedo la verifica del numero legale, perché l’aula sta per votare un documento programmatico di una certa rilevanza. Mi pare che sia preliminare anche alle dichiarazioni di voto, perché questo ordine del giorno noi non l’abbiamo sottoscritto in Commissione né lo voteremo in aula perché premette una condivisione che non c’è sul documento programmatico, ma sottolineiamo pure la preoccupazione forte della maggioranza, perché questo ordine del giorno fa capire quanto sono preoccupati, già, all’interno della maggioranza, per quanto riguarda l’attuazione di questa intesa, che prevede entro sei mesi un confronto consiliare, dice di non attivare nuove strutture finanziarie ma riorganizzare la razionalizzazione degli strumenti finanziari. Significa che l’intesa non è ancora né un patto né un’intesa vera e propria, perché tali e tante sono le preoccupazioni.
Chiediamo, comunque, che preliminarmente sia verificato il numero legale.
PRESIDENTE. Prego di procedere alla verifica del numero legale.
Michele ALTOMENI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama.
Agostini presente
Altomeni presente
Amagliani assente
Badiali presente
Benatti assente
Binci presente
Brandoni presente
Brini assente
Bucciarelli presente
Bugaro assente
Capponi assente
Castelli assente
Cesaroni assente
Ciriaci assente
Comi presente
D’Anna assente
Donati presente
Favia presente
Giannini presente
Giannotti assente
Lippi assente
Luchetti presente
Mammoli presente
Massi assente
Mezzolani presente
Minardi assente
Mollaroli presente
Ortenzi assente
Petrini presente
Pistarelli presente
Procaccini presente
Ricci presente
Rocchi assente
Romagnoli assente
Santori assente
Silvetti assente
Solazzi presente
Spacca assente
Tiberi assente
Viventi assente
PRESIDENTE. Dato che non sussiste il numero legale, sospendo la seduta che riprenderà tra un’ora.
La seduta, sospesa alle 13,55,
riprende alle 15,25
PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta dove l’avevamo lasciata. Pongo pertanto in votazione l’ordine del giorno.
Il Consiglio approva
Pongo in votazione il coordinamento tecnico.
Il Consiglio approva
Pongo in votazione la proposta di atto amministrativo.
Il Consiglio approva
La seduta è tolta.
La seduta termina alle 15,30
Approvazione verbale
PRESIDENTE. Ove non vi siano obiezioni do per letto, ai sensi dell’art. 29 del regolamento interno, il processo verbale della seduta n. 43 del 17 ottobre 2006.
(E’ approvato)
Proposte di legge
(Annuncio e assegnazione)
PRESIDENTE. In data 13 ottobre 2006 è stata presentata la proposta di legge n. 124, ad iniziativa dei consiglieri Giannotti e Tiberi: «Modifica alla legge regionale 16 gennaio 1995, n. 12 “Ordinamento delle Comunità Montane” come modificata dalla l.r. 28 dicembre 1995, n. 66 e della l.r. 20 giugno 1997, n. 35», assegnata alla I Commissione.
Proposte di atto amministrativo
(Annuncio e assegnazione)
PRESIDENTE. In data 23 ottobre 2006 sono state presentate le seguenti proposte di atto amministrativo:
— n. 35, ad iniziativa della Giunta: «Individuazione delle procedure ed aggiornamento dei requisiti previsti per l'accreditamento istituzionale degli stabilimenti termali», assegnata alla V Commissione;
— n. 36, ad iniziativa della Giunta: «Valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente (D.Lgs. 351/1999): zonizzazione del territorio regionale, piano di azione, individuazione autorità competente», assegnata alla IV Commissione.
Mozioni
(Annuncio di presentazione)
PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti mozioni:
— n. 118 dei consiglieri Capponi, Giannotti, Brini, Ciriaci e Tiberi: «Sanità: riorganizzazione e razionalizzazione del servizio di emergenza con eliambulanza»;
— n. 119 dei consiglieri Pistarelli, Castelli, D'Anna, Romagnoli e Silvetti: «Provvedimenti per alluvionati zone Recanati ed Ancona Sud»;
— n. 120 dei consiglieri Ciriaci, Capponi, Tiberi, Brini, Giannotti, Cesaroni e Bugaro: «Soppressione completa dell'art. 77 della Finanziaria 2007 che toglie ad alcune Province, compresa la Provincia di Fermo, l'istituzione di uffici periferici del Ministero dell'Interno quali la Prefettura, la Questura ed altri minori»;
— n. 121 del consigliere Capponi: «Manovra finanziaria 2007 varata dal Governo Prodi - Ripristino norma 5 per mille».
Congedo
PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo i consiglieri Benatti, Ciriaci e l’assessore Pistelli.
Interrogazione (Svolgimento): «Condizioni di lavoro presso la Fincantieri di Ancona» Brandoni (185)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 185 del consigliere Brandoni. Per la Giunta risponde l’assessore Mezzolani.
Almerino MEZZOLANI. In riferimento alla interrogazione in oggetto, si precisa quanto segue:
Almerino MEZZOLANI. In relazione ai problemi di controllo della normativa per la sicurezza e salute dei lavoratori, l'attività produttiva svolta all'interno degli stabilimenti Fincantieri di Ancona è sottoposta a regolare vigilanza da parte del servizio prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro della zona territoriale 7 dell'Asur. Tale struttura ha comunicato che nel corso del 2006 sono state impartite prescrizioni e disposizioni alle Ditte operanti in appalto in data: 17/2/06, 23/3/06, 08/5/06,16/5106, 11/7/06, 31/7/06, 05/9/06 e 03/10/06. Rispetto alla attività di coordinamento, con DGR 2446 del 12/10198 è stato istituito presso la nostra Regione il comitato di coordinamento previsto dall'articolo 27 del D. Lgs. 626/94. Tale coordinamento, per legge, vede coinvolte solamente le pubbliche amministrazioni. Nell'ambito di un percorso di revisione della metodologia per la prevenzione nei luoghi di lavoro, la delibera consiliare 164105 (progetto obiettivo "Tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro") ha previsto la modifica della organizzazione del comitato al fine di rendere maggiormente efficace il rapporto con le parti sociali. Attualmente il servizio salute - P.F. sanità pubblica ha in corso la istruttoria tecnica preliminare finalizzata alla predisposizione dell'atto di Giunta regionale.
E' invece evidente che l'attività di controllo finalizzata al rispetto della legalità nei luoghi di lavoro ha una primaria specifica competenza presso le prefetture; in tal senso la Regione Marche ha nominato e partecipa ai lavori del comitato per il lavoro e l'emersione del sommerso (CLES) istituito presso la prefettura di Ancona nel novembre del 2002, ai sensi della Legge 22 novembre 2002 n. 266 di conversione del decreto legge 25 settembre 2002 n. 210.
In merito al lavoro immigrato il servizio istruzione, formazione e lavoro - PF servizi all'impiego e mercato del lavoro attraverso l'osservatorio regionale sta predisponendo un report sulla situazione del lavoro immigrato nelle marche che uscirà entro novembre e che sarà inviato anche al Ministero del lavoro. Tale attività rientra nell'ambito del percorso, di dialogo e confronto tra le Regioni ed il Governo, avviato per giungere ad una gestione coordinata dei flussi d'ingresso, per motivi di lavoro, dei cittadini extracomunitari. Il ruolo della Regione nella co-gestione di tali flussi sarà determinante per ottenere, con il fondamentale contributo delle parti sociali, la massima efficienza dell’incontro domanda/offerta di lavoro per gli immigrati e allo stesso tempo, per arrivare ad un sistema di monitoraggio del lavoro immigrato più efficace.
PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Brandoni.
Giuliano BRANDONI. Non ho ascoltato con grande attenzione la risposta dell’assessore, perché ritenevo che la risposta fosse rinviata in assenza dell’assessore Ascoli. Solo nel finale ho capito che si trattava della mia interrogazione. Comunque leggerò con attenzione la sua risposta, assessore. Intanto uso questo mio tempo per ricordare che solo una settimana fa un altro lavoratore immigrato ha avuto un gravissimo incidente nell’area portuale di Ancona. La mia interrogazione data 30 marzo oltre 6 mesi fa, quindi, al di là della buona volontà e dell’impegno le condizioni del lavoro e dei lavoratori in quell’area restano gravi, anzi gravissime, quindi ritengo assolutamente importante che, cogliendo l’occasione di questa riflessione, la Giunta regionale, oltre alle azioni amministrativamente dovute, che se non ho ascoltato male mi pare siano state adempiute a pieno, produca su questo versante un’azione di comunicazione efficace, adeguata, forte, perché non è più tollerabile che le condizioni dei lavoratori, ovunque ma lì in particolare, siano a livello di terzo mondo, perché gran parte di questi lavoratori, soprattutto quelli immigrati, sono qui e restano qui solo grazie al contratto di lavoro, quindi una condizione di semischiavismo. E’ necessario accendere tutti i fari possibili e quindi è necessaria e urgente una forte campagna di comunicazione e politica, pari all’impegno e all’attenzione che abbiamo per altri settori e per altri soggetti sociali.
Interrogazione (Svolgimento): «Costi verifica impianti termici nella provincia di Pesaro» Giannotti (232)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 232 del consigliere Giannotti. Per la Giunta risponde l’assessore Giaccaglia.
Gianni GIACCAGLIA. In relazione all'interrogazione in oggetto sui costi per le verifiche su impianti termici nella provincia di Pesaro e Urbino si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La competenza sui controlli degli impianti termici, sia di potenza inferiore ai 35 KW che per quelli superiori, in attuazione del Dpr 412/93 art. 11 comma 18, è stata attribuita ai Comuni con più di 40.000 abitanti ed alle province per le restanti parti del territorio.
Ai sensi dello stesso Dpr detti controlli, finalizzati ad accertare l'effettivo stato di manutenzione e di esercizio di ogni singolo impianto, vengono effettuati con cadenza almeno biennale e con onere a carico degli utenti anche avvalendosi di organismi esterni.
Nel rispetto della normativa ogni amministrazione locale ha stabilito di effettuare i suddetti controlli in base alla propria organizzazione senza alcun intervento da parte dell'amministrazione regionale.
PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Giannotti.
Roberto GIANNOTTI. Questo genere di atti ispettivi ha una valenza particolare, perché evidentemente la responsabilità della Regione è indiretta, molto lontana dai fatti, però è anche una occasione per intervenire su una materia che coinvolge la generalità dei cittadini, quindi a me sembrava giusto porre questa questione.
Parto dalla risposta dell’assessore che sostanzialmente dice “noi non c’entriamo nulla” e questo è un fatto che devo riconoscere. Rimane però il fatto grave di un comportamento di un’assemblea elettiva, nel caso specifico della Provincia di Pesaro, che va a determinare una situazione di non uguaglianza dei cittadini della provincia, perché purtroppo la realizzazione di questo adempimento previsto dalla legge, avviene a due diversi ritmi di marcia.
Sostanzialmente lo stesso adempimento, previsto dalla legge, viene applicato nella provincia di Pesaro con misure diverse: il Comune di Pesaro applica di fatto una tariffa, l’Amministrazione provinciale ne applica un’altra. Ne deriva che, ad esempio, il consigliere Giannotti paga per la verifica della propria caldaia 30 e il consigliere Minardi paga 40. Credo che questo sia un atto di palese ingiustizia nei confronti dei cittadini.
Mi permetto di suggerire all’assessore di richiamare il presidente dell’Amministrazione provinciale ad un comportamento più consono agli interessi dei cittadini della provincia di Pesaro.
Interrogazione (Svolgimento): «Delocalizzazione del tessuto produttivo marchigiano e sulle prospettive strategiche dell’economia regionale» Altomeni e Brandoni (396)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 396 dei consiglieri Altomeni e Brandoni. Per la Giunta risponde il Vicepresidente Agostini.
Luciano AGOSTINI, Vicepresidente della Giunta. I consiglieri interroganti facendo riferimento alla DGR 1387 del 14 novembre 2005 progetto " internazionalizzazione e tutela della qualità dei prodotti; alla DGR 1469 del 28 novembre 2005 "approvazione piano d'azione regionale-governance dei processi di internazionalizzazione dei sistemi produttivi locali - Doc. UP ob 2 Marche 2000-2006 - Misura 1.5; alla DGR 1618 del 12 dicembre 2005 di approvazione del progetto di "Partnership strategica - filiera del mobile e della meccanica in Brasile 2005/2006", osservano che tali atti "... sembrano più orientati alla creazione di unità produttive nei paesi stessi che non a sviluppare mercati per l’esportazione di prodotti marchigiani”; vi è "... una tendenza generale dell'economia globale alla delocalizzazione della produzione nei paesi ove è più basso il costo del lavoro e meno garantiti diritti..."; “... nelle Marche è oggettivamente in atto un processo di delocalizzazione che investe numerosi distretti industriali...”, e interrogano per: “conoscere quali altri atti e finanziamenti abbia prodotto la Regione Marche per favorire processi di delocalizzazione; se non ritenga opportuno accompagnare l'impegno della futura agenzia per l’internazionalizzazione con una consultazione appropriata”.
In risposta si può affermare che le DGR citate, ed in particolare la DGR 1469/2005 e la DGR 1618/2005, riguardano una specifica misura dell'Ob. 2 - Misura 1.5 - che opera per la valorizzazione del territorio ed il sostegno al sistema imprenditoriale presente nelle aree classificate dall'Obiettivo 2 e quindi non in tutta la regione. Nello specifico per quanto riguarda le iniziative da intraprendersi in Brasile, va ricordato che sino a tutto il 2005 la Regione Marche, assieme ad altre Regioni quali la Toscana e l'Umbria è stata protagonista di un importante progetto di cooperazione istituzionale/amministrativa con il governo brasiliano che ha portato ad una più approfondita conoscenza di quella importante realtà e ad allacciare importanti rapporti di amicizia e di collaborazione con tante Regioni brasiliane. A seguito di tale iniziativa si sono creati i presupposti per allacciare rapporti di collaborazione sul piano produttivo e di commercializzazione. Nello specifico si sono individuati due settori di primario interesse: quello del mobile per l'area amazzonica e quello della meccanica per l'area di San Paolo.
Tali progetti si esplicano con la creazione in queste due aree di due centri servizi, similari ai nostri Cosmob e Meccano, e alla contestuale creazioni di accordi produttivi e commerciali tra imprese marchigiane e imprese brasiliane di quei settori. Tali progetti hanno ottenuto il più alto gradimento delle autorità locali tanto è che il finanziamento complessivo delle azioni previste, oltre 6.000.000,00 di euro, verrà coperto per euro 1.4000,00 dalla Regione Marche ed il restante pari a euro 4.6000,00 dal Sebrae (organismo brasiliano di sviluppo) e dalla Banca Interamericana. Per parte marchigiana si è deciso di favorire, in una prima istanza, le imprese del settore legno e meccanica ricadenti nelle aree Ob. 2 e quindi utilizzando le risorse della misura 1.5. In sostanza, per il tramite dei nostri centri servizi Cosmob e Meccano saremo in grado di realizzare in quelle località due centri servizi in grado di supportare tecnicamente le imprese brasiliane della zone e di affiancare l'azione di penetrazione sia produttiva ed in particolare commerciale delle nostre imprese; vi è quindi un coinvolgimenti importante e sostanziale delle nostre imprese che per il tramite di questo progetto potranno conoscere potenziali partner brasiliani, creare i presupposti per la formazione di società miste sia produttive che commerciali.
Come è noto in questi paesi, così come in tutti quelli che si trovano in fase di sviluppo, non esiste ancora un vero e proprio mercato (inteso in forma classica) ma diventa essenziale approcciare tali realtà con la ricerca di partner fidati con cui sviluppare le proprie strategie e diventa essenziale anche poter arrivare "per primi". Non si tratta di vere e proprie delocalizzazioni produttive ma di semplici alleanze che consentano di penetrare delicatamente i quei mercati e nel contempo rafforzare la propria capacità produttiva nel territorio marchigiano.
Oltre a questo progetto, che non può certo considerarsi di delocalizzazione ma di sostegno alle imprese marchigiane alla creazione di partenariati, non sono stati approvati altri progetti.
Sul termine "delocalizzazione" vi è l'esigenza di fare chiarezza su quanto si intende.
Vi può essere una forma di delocalizzazione finalizzata ad accrescere la propria capacità produttiva nazionale (completando la gamma dei prodotti o abbassando alcuni costi).
Vi può essere una "delocalizzazione" trasferendo altrove alcune linee produttive, generalmente quelle di prodotti medio bassi, al fine di rafforzare la propria produzione di eccellenza.
Vi può essere una "delocalizzazione" speculativa che mira esclusivamente a massimizzare il profitto.
E' ovvio che mentre la delocalizzazione speculativa va certamente monitorata con attenzione e combattuta evitando comunque ogni forma di sostegno pubblico anche indiretto, le altre due meritano una più attenta valutazione. Dal nostro punto di vista elemento sostanziale di valutazione è il livello e la qualità dell'occupazione che viene garantita all'interno della nostra regione.
Se tali delocalizzazioni portano con certezza ad un rafforzamento dell'impresa e alla garanzia provata del mantenimento dei livelli di occupazione, se non addirittura all'incremento, così come ad una migliore qualificazione dei propri dipendenti tali azioni sono da sostenersi anche da parte del pubblico.
E' ormai nella dinamica oggettiva legata alla globalizzazione che le imprese debbano affacciarsi, anche per taluni aspetti produttivi, a realtà anche molto lontane dal proprio territorio d'origine purché prevalga in tutte lo spirito di vera imprenditorialità e non quello della pura speculazione.
In merito alla passata ipotesi di costituzione dell'agenzia regionale per l'internazionalizzazione è ormai noto che concordemente si è deciso al momento di attivare un organismo regionale di coordinamento il più ampio e rappresentativo possibile nel quale certamente argomenti quali quello relativo alla delocalizzazione saranno ampiamente dibattuti.
PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Altomeni.
Michele ALTOMENI. La risposta della Giunta mi preoccupa ancora di più delle delibere, nel senso che emerge per certi versi una rassegnazione rispetto a quello che avviene, cioè la delocalizzazione del tessuto produttivo e non emerge un’intenzione, da parte della Giunta, di contrastare questo fenomeno, anzi si prendono le difese di atti che in qualche modo questi fenomeni favoriscono.
Intanto, nel merito la forma di questi atti: siamo in presenza di fondi che vengono trasferiti alla Svim, un’agenzia che a sua volta fa progettare a dei consorzi privati, Cosmob e Meccano in particolare, una serie di progetti ed interventi, quindi la sostanza è che i fondi pubblici transitano e la decisione o le modalità di spesa sul territorio vengono assunte direttamente dalle imprese economiche, che naturalmente hanno interessi parziali, che non coincidono necessariamente con gli interessi dello sviluppo e dell’economia del territorio.
Non dubito quando l’assessore dice che questi progetti sono fatti con il pieno coinvolgimento, quindi con il sostegno, con il placet delle imprese territoriali, perché non credo — e questa interrogazione non voleva metterlo in discussione — che le imprese non fossero soddisfatte di queste procedure o avessero qualche cosa da lamentarsi. La preoccupazione era, ovviamente, più sul fronte dei lavoratori, con i quali invece, probabilmente, questo tipo di confronto e di concertazione non è stato fatto.
Sono altrettanto convinto che gli stati interessati da queste misure — Brasile ed altri — abbiano pienamente condiviso e sostenuto — perché hanno tutto da guadagnare — un processo di delocalizzazione e di implementazione di imprese che vanno in quegli stati a creare posti di lavoro. Il problema è che quei posti di lavoro che si vanno a creare in quegli stati, in parte sono posti di lavoro nuovi perché queste imprese poi produrranno per i mercati locali, ma la storia ci insegna che questi non saranno solo nuovi posti di lavoro ma tendono sempre di più ad essere posti di lavoro in sostituzione dei posti di lavoro che invece si perdono nel paese di origine.
Anche perché se noi andiamo a vedere i progetti che sono presentati in delibera, notiamo, per esempio, per quanto riguarda il Cosmob, il “progetto di trasferimento tecnologico in Messico”, il “progetto Croazia centro di innovazione tecnologico”, il “progetto trasferimento tecnologico in Brasile”. Sostanzialmente questi sono progetti con i quali finanziamo, insieme a questa partnership, la formazione di personale produttivo, quindi favoriamo sostanzialmente l’implementazione di strutture produttive.
E’ chiaro che nel momento in cui io fabbrica ics, magari attraverso il consorzio, favorisco l’implementazione della fabbrica in un paese dove il costo del lavoro è molto più basso, le garanzie di tipo ambientale e sociale mi causano costi minori, nel momento in cui ho una struttura produttiva che fa le stesse cose che faccio io qui in Italia, dove purtroppo c’è questo noiosissimo statuto dei lavoratori, ci sono norme ambientali, tutti questi lacciuoli inutili e superflui, dannosi per lo sviluppo liberista dell’economia, una volta che ho la possibilità di scegliere — cioè là c’è già una fabbrica, l’ho realizzata anche grazie al sostegno di soldi pubblici e dei fondi messi dalla Regione — sarà automatico che farò la scelta di smantellare prima possibile un’impresa in un paese dove ci sono le garanzie, dove i costi di produzione sono più alti, per trasferire la produzione, non solo quella per il mercato dove ho implementato la fabbrica ma anche quella del mercato di origine, perché poi sarà più economico ri-trasportare la merce dal Brasile, dal Messico, ma ancora di più dalla Romania, dalla ex Jugoslavia ecc., che produrla in loco.
Questo per dire che quando si fanno scelte di questo tipo bisogna stare molto attenti. Tra l’altro invito anche la Giunta a leggere i materiali che produce, che le sue agenzie producono. Qui ho uno studio dell’Armal del settembre 1994 sui processi di delocalizzazione nel tessuto regionale. Prende ad esempio il tessile e il calzaturiero che sono stati i primi settori, in questa regione, ad avviare processi di delocalizzazione, mentre quelli afferenti a questa delibera, cioè il mobile e la meccanica, fanno parte di un’ondata successiva. Ma già oggi noi potremmo fare uno studio analogo e vedere che cosa è successo nel tessuto produttivo su questi due settori e verificare che si è passati da una fase in cui si perdevano posti di lavoro stabili e fissi garantiti a favore di posti di lavoro di tipo interinale o precario, e oggi, allo stato attuale, siamo in una fase in cui questi posti di lavoro precario e interinale sono addirittura sostituiti dal nulla, cioè il saldo prima era una perdita di qualità del posto di lavoro e oggi è una perdita netta del posto di lavoro.
Questo studio molto interessante, ci dice che in un’economia basata sui distretti, dice che le delocalizzazioni possono avere in alcuni casi anche effetti positivi sull’economia locale, però dice che questo non è vero in un’economia basata, guarda caso, sui distretti, perché un’economia basata sui distretti, quindi sul terzismo, su piccole imprese ecc., il primo fenomeno che un qualunque tipi delocalizzazione produce è la perdita netta di lavoro e la chiusura netta di imprese — qui sono citati i dati delle imprese chiuse a livello nazionale con questi fenomeni — che fanno il terzismo, che producono per conto delle imprese principali. Anche queste, in una seconda fase subiscono una perdita netta di posti di lavoro: prima una dequalificazione, poi una perdita netta.
Questo è, a mio avviso, fenomeno assolutamente preoccupante, che meriterebbe una riflessione attenta da parte di questa Regione, ma devo dire che il problema vero è che manca una riflessione più in generale sulla politica industriale, per cui si fanno scelte per assecondare interessi come quelli rappresentanti dai consorzi e dalle imprese private ai quali non si nega mai nulla e si stanziano quindi i fondi, che vengono poi spesi con delibere tipo queste, senza pensare alle conseguenze e alle ripercussioni che avranno poi nel breve, medio e lungo periodo. Per questo in qualche modo chiedevamo — ancora in questa interrogazione si fa riferimento all’agenzia per l’internazionalizzazione, di cui abbiamo discusso e che poi abbiamo scelto di non fare — di discutere e di fare un dibattito, perché a mio avviso una Regione, che deve avere ad interesse lo sviluppo, l’economia locale, il prodotto locale, la possibilità locale sul territorio di garantire posti di lavoro ecc., deve tenerne conto a 360 gradi, non può fare un semplice, freddo calcolo del pil, scoprire che una tale impresa ha aumentato i propri profitti e pensare che quei profitti sono andati a beneficio del territorio, se in realtà i posti di lavoro sono stati creati altrove e qui si sono persi.
Quindi una politica reale, seria da parte della Giunta regionale su questo settore dovrebbe prevedere sicuramente sostegni a forme di economia che realmente producano sviluppo sul territorio, non disincentivo ma nemmeno appoggio a tutte quelle forme che in qualche modo promuovono quella che dovrebbe essere la vera internazionalizzazione, quindi la commercializzazione all’estero dei prodotti marchigiani e sicuramente politiche di disincentivo, non di incentivo come viene fatto in questo caso, per quelle politiche che invece favoriscono lo smantellamento del tessuto produttivo locale a favore di trasferimenti, quindi delocalizzazioni reali di imprese all’estero.
Interrogazione (Svolgimento): «Calendario venatorio regionale 2006/2007» Santori (539)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 539 del consigliere Santori. Per la Giunta risponde il Vicepresidente Agostini.
Luciano AGOSTINI, Vicepresidente della Giunta. In riferimento all'interrogazione n. 539/06 del consigliere Vittorio Santori, con cui si chiede, in modo particolare, di conoscere i motivi per cui l'apertura della caccia alle specie migratrici è stata fissata al 2 settembre e per quale motivo, nel periodo 1 ottobre-30 novembre, sono state previste altre due giornate di caccia alla selvaggina migratoria, si comunica quanto segue.
Nello specifico e relativamente a ciascun punto dell'interrogazione si precisa quanto di seguito riportato.
L'apertura della caccia alle specie migratrici, ma non solo, la stessa potrebbe essere anche per le specie stanziali al l° settembre, discende dalla previsione legislativa di cui all'art. 18 della L.157/92 e dell'art. 30, comma 3 della L.R. 7/95.
L'insufficiente motivazione nei confronti del parere Infs per cui il Tar ha sospeso il calendario è da ricollegarsi al contenuto del D.L. 16 agosto 2006 n. 251 (attualmente non risulta convertito in legge) con il quale, di fatto allo stesso istituto è stato dato un potere più pregnante in materia venatoria.
Si ricorda che l'apertura anticipata della caccia alla selvaggina migratoria nelle Marche si è sempre effettuata e le motivazioni, in parte contrarie dell'Infs, sono state sempre le stesse che, ovviamente, sono state controdedotte così come quelle di quest'anno.
Il testo del calendario venatorio adottato è comunque condiviso, in generale, dalle associazioni di categoria.
La previsione relativa all'aggiunta di due giornate di caccia alla selvaggina migratoria nei mesi di ottobre e novembre, tenuto conto delle consuetudini locali, è prevista sia dalla L.157/92 che dalla L.R. 7/95. Il parere Infs che secondo il Tar risulta sostanzialmente disatteso, in effetti rileva che l'istituto stesso, in assenza di elementi di conoscenza specifici relativi all'entità ed alla fenomenologia del prelievo esercitato, in relazione all’andamento temporale dei flussi migratori, è impossibilitato a valutare le possibili conseguenze derivanti dalla concessione delle due giornate aggiuntive. Comunque, come è noto, si è dato corso al rinnovo della procedura e le giornate di cui trattasi sono state nuovamente concesse abbassando però notevolmente i capi prelevabili. La decurtazione dei capi prelevabili è tale che pur cacciando cinque giorni a settimana, i capi complessivi prelevabili risultano notevolmente inferiori cacciando per 3 giorni (ad esempio, per l'allodola da 50 capi, si è passati a 15 giornalieri). Con ciò, si è ritenuto che la programmazione del prelievo in tali mesi sia in sintonia con i principi di conservazione del patrimonio faunistico previsti dal quadro normativo vigente.
L'introito delle somme derivanti dalle tasse sulle licenze di caccia viene ripartito "annualmente" tra le Province, le associazioni venatorie e per il risarcimento dei danni alle produzioni agricole tra gli ambiti territoriali di caccia. Ogni legge di bilancio stabilisce la relativa quota parte del corrispondente gettito da far ritornare al settore.
Non risulta che il testo del manifesto e quello del volantino, relativi al calendario venatorio, presentino errori.
E' intendimento dell'Amministrazione regionale proporre appello al Consiglio di Stato relativamente all'ordinanza concernente la sospensione delle due giornate aggiuntive stante l'attualità dell'interesse, mentre nei confronti della prima, si ritiene superato il motivo del contendere.
La competenza relativa alla materia non è stata delegata, c'è solamente l'incarico attribuito a norma dello Statuto al consigliere Lidio Rocchi e non si ritiene dover trasferire le relative competenze amministrative ad altro dirigente.
In relazione ai gravi danni provocati nei confronti dei cacciatori marchigiani, in quanto esclusi dagli Atc della Puglia, si ritiene di non avere specifiche competenze al riguardo, poiché, come è noto la caccia programmata (numero di cacciatori definito su unità di gestione) è operativa su tutto il territorio nazionale e quindi la Regione Puglia, autonomamente, in relazione alle proprie realtà territoriali individua il numero dei cacciatori ammissibili. Comunque nulla toglie che ci possa essere un interessamento presso tale Regione affinché i cacciatori marchigiani possano essere ammessi con un maggior numero di giornate di caccia rispetto a quello attualmente concesso.
PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Santori.
Vittorio SANTORI. La risposta c’è ma purtroppo non è soddisfacente, perché non si è detto — mi pare che on sia neanche smentibile — come mai il 2 settembre si siano inserite la quaglia e la tortora come specie abbattibili, quando in realtà sono animali che già si sono trasferiti dal nostro territorio da ormai 10-15 giorni. L’Infs da anni dice che questi animali selvatici iniziano la loro migrazione il primo agosto e terminano il 25 agosto. Inserire questi animali come abbattibili all’interno del calendario venatorio è una presa in giro per i cacciatori e per tutti quelli che si occupano veramente di natura e di flussi migratori.
Per quanto riguarda anche la vicenda relativa alle note questioni giudiziarie intercorse sul calendario, dobbiamo essere molto chiari: il calendario è stato due volte sospeso dal Tar per insufficiente motivazione. Delle due l’una: o questo calendario è stato fatto male, oppure, come dice l’assessore, il calendario era perfetto ed ha sbagliato il Tar. Allora come mai non abbiamo fatto ricorso al Consiglio di Stato? Come mai non abbiamo agito per la sospensiva in appello al Consiglio di Stato e abbiamo preferito, invece, adattarci ai richiami del Tar?
Da ultimo la vicenda della Puglia. I nostri calendari, come ha ammesso testé l’assessore, non sono concordati con le altre Regioni, cioè il diritto e la condizione di reciprocità previsti nella legge 157 del 1992 la Regione Marche non sa neanche dove stanno di casa e quando fa il calendario lo fa autonomamente, non si concerta con l’Abruzzo e con la Puglia, tant’è che quest’anno i cacciatori marchigiani non hanno nessun permesso fisso da parte della Regione Puglia, trattati come pezze da piedi, perché non hanno avuto alcuna tutela da parte di questo organo e sono costretti a prendere permessi giornalieri che sono stati erogati o saranno erogati massimo in quattro giornate al mese, qualcosa di vergognoso.
Interrogazione (Svolgimento): «Grave stato di incuria in cui versa la stazione ferroviaria di Fano (PU)» Mollaroli e Altomeni (531)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 531 dei consiglieri Mollaroli e Altomeni. Per la Giunta risponde l’assessore Marcolini.
Pietro MARCOLINI. In relazione all'oggetto si riferisce quanto segue.
A seguito del sopralluogo effettuato presso la stazione di Fano in data 5/10/2006 da funzionari di Rfi e del competente ufficio di questo assessorato alla presenza di amministratori e tecnici del Comune di Fano, si è rilevato che la stazione si presenta, in generale in buone condizioni. Ci sono alcuni problemi relativi alla impermeabilizzazione del tetto rilevati anche da Rfi.
Sono in corso lavori per la realizzazione del progetto del nodo di scambio che riqualifica l'area che comprende anche il fabbricato bagni ed i locali del tronco lavori.
La pensilina e l'illuminazione sui binari è in stato di efficienza.
Per il sottopasso sono iniziati i lavori di straordinaria manutenzione inclusi quelli per il superamento delle barriere architettoniche, affrontando, di concerto con il settore infrastrutture di Rfi, il problema del drenaggio per scongiurare infiltrazioni d'acqua.
Relativamente al monitor, già nel pomeriggio del giorno del sopralluogo ne è stato ripristinato il funzionamento.
Il guasto della emettitrice automatica di biglietti è stato già segnalato a Trenitalia che ha dichiarato di provvedere al più presto.
Le segnalazioni dei disservizi lamentati e per gli incidenti accaduti sono al vaglio dei competenti uffici di Trenitalia affinché non abbiano più a verificarsi.
PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Mollaroli.
Adriana MOLLAROLI. Non ho ascoltato la risposta dell’assessore che spero abbia detto cose impegnative. Rileggerò attentamente il testo della risposta.
La situazione della stazione di Fano è gravissima. Fano è la terza città delle Marche, è una delle città con una crescita demografica tra le pi consistenti della nostra regione, sono 5.000 cittadini in più in pochi anni, è una città al centro di due vallate, Valle del Metauro e Valle del Cesano, con un bacino di utenza di oltre 130.000 abitanti ed ha una stazione ferroviaria molto usata — pendolarismo verso il sud e verso il nord delle Marche — in condizioni veramente indecorose.
Mi sono occupata di questa questione anche nella precedente legislatura. Alcuni interventi sono stati fatti, quelli proprio a garanzia della sicurezza per quanto riguarda la questione dell’illuminazione ed altri piccoli interventi. Credo veramente che questa situazione non si regga più. Se lei va nel sottopasso della stazione, assessore, può constatare come basti un minimo di pioggia perché questo si allaghi. Ultimamente è stato messo un sovrappasso, sembra di stare a Venezia. Vi sono carenze di personale, le biglietterie automatiche non funzionanti — una è complicatissima — i monitor spessissimo fuori servizio ed è stata anche una stazione interessata da gravi incidenti.
Quindi ritengo veramente che si debba fare uno sforzo straordinario. Tra l’altro la Regione ha investito in quella stazione, sono in corso i lavori per la realizzazione e il trasferimento della stazione dell’autobus, si creerà un polo intermodale, grazie anche ai contributi regionali che lì abbiamo investito. E’ una stazione dotata di un parcheggio ampio, quindi ha tutte le condizioni per essere utilizzata a vantaggio del famoso trasporto ferroviario alternativo all’automobile che diciamo sempre di dover sostenere. Esistono tutte le condizioni perché, con un adeguato intervento, possa sviluppare un ruolo ed una funzione di grande interesse. E’ assolutamente necessario, però, che queste opere di manutenzione per renderla più moderna e più aperta, si facciano. Non parlo delle questioni relative anche al personale: alle 19,40 non è più possibile fare biglietti. Insomma, una serie di situazioni abbastanza preoccupanti.
L’amministrazione comunale ha anche trasferito lì una sede decentrata della polizia municipale, quindi ci sono anche tutte le condizioni per garantire sicurezza. Manca veramente una manutenzione ed una cura di interventi che possano rendere quella stazione all’altezza del servizio che è necessario.
Io aspetto veramente interventi e credo che faremmo un’operazione di grande interesse proprio per le caratteristiche che ho descritto e soprattutto per il notevole bacino di utenza che quella stazione consente di sviluppare, dando un segnale che crediamo davvero nel trasporto ferroviario e ne favoriamo anche l’uso più frequente, quantitativamente più rilevante.
Interrogazione (Svolgimento): «Esclusione di centinaia di giovani imprenditori dai finanziamenti utili ad avviare nuove aziende agricole» Giannotti (294)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 294 del consigliere Giannotti. Per la Giunta risponde l’assessore Petrini.
Paolo PETRINI. In relazione all'interrogazione n. 294/06 richiesta dal consigliere Giannotti su "Esclusione di centinaia di giovani imprenditori dai finanziamenti utili ad avviare nuove aziende agricole" si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La Regione Marche ha presentato ricorso in appello per l'annullamento e la riforma, previa sospensiva, della sentenza del Tar Marche n. 4/2006 del 27.01.2006 nella parte in cui ha ritenuto che le previsioni contenute nel bando relativo alla erogazione dei fondi fossero prevalenti rispetto alle sopravvenute disposizioni di rango comunitario.
La suddetta sentenza ha annullato la DGR n. 754 del 29.06.04 (di integrazione e modifica della DGR 472/2004 nonché di riduzione da 8 a 5 milioni di euro della somma destinata a liquidazione dei premi per il primo insediamento di giovani in agricoltura), decreto n. 397 del 23.07.2004 e relativa nota di comunicazione del dirigente del servizio sviluppo e gestione attività agricole e rurali, che riconosceva il premio a soli 20 agricoltori. A seguito della istruttoria, il servizio aveva verificato la permanenza, solo per detti soggetti, dei requisiti per l'accesso al premio (età inferiore a 40 anni, insediamento dal 28.4.03 al 14.07.04 e completamento dell'insediamento entro 2 anni dalla comunicazione di concessione dell'aiuto).
In estrema sintesi, in data 14.03.01 con DGR n. 536 la Regione bandiva la misura B per il ricambio generazionale in agricoltura. Nella graduatoria unica regionale risultavano ammissibili 1038 posizioni; soltanto le prime 411, secondo i fondi disponibili, sono state liquidate.
Con DGR n. 472 del 27.04.04 (mai impugnata dai ricorrenti) la Regione decideva di destinare nuovi aiuti per il primo insediamento giovani, utilizzando la graduatoria unica regionale (dal 412 in poi) sul presupposto (indicato espressamente nella delibera) che gli aspiranti avessero (ancora) titolo, alla luce delle disposizioni comunitarie di riferimento e presentassero domanda di conferma.
E' bene sottolineare che, dal tempo dell'iniziale bando alla adozione della DGR n. 472/04, la normativa comunitaria di riferimento è mutata (art. 8 del Regolamento CE 1257/99, art. 4 comma 1 Regolamento CE 445/02 e art .4 comma 1 Regolamento CE 817/04 in ordine al requisito soggettivo della età: età inferiore a 40 anni al momento dell'adozione della decisione individuale di concedere il sostegno).
La presenza di dubbi di legittimità di atti adottati nel 2004, che meriterebbero un approfondimento da parte della Avvocatura sulla opportunità di atti in autotutela, considerazioni di ordine finanziario e di correttezza della applicazione dei regolamenti comunitari hanno indotto la Regione Marche a non accogliere l'invito espresso dal Tar nel 2005 ad una definizione non contenziosa della vicenda e ad adottare una condotta prudenziale di cautela.
Proprio in riferimento alla recente sentenza del Tar, la sentenza n. 4/06 si basa sull'assunto della prevalenza del bando quale lex specialis rispetto alla normativa comunitaria estendendo, erroneamente come sostenuto in appello dalla Regione, l'orientamento giurisprudenziale consolidato in tema di affidamento di opere pubbliche alla tematica ben differente del procedimento di assegnazione di fondi comunitari.
Il servizio agricoltura e quello dell'Avvocatura prima di proporre alla Giunta regionale l’autorizzazione per la presentazione dell'appello al Consiglio di Stato hanno, con un'apposita missione a Bruxelles, richiesto alla direzione generale competente quali margini esistessero per l'attuazione della sentenza del Tar secondo l'assunto che il bando fosse lex specialis rispetto ai regolamenti e considerata anche la sopravvenienza di nuove disposizioni comunitarie.
La risposta di Bruxelles è stata tale da non lasciare margine di dubbi per cui la base giuridica per la rendicontazione dei fondi sono i regolamenti comunitari e, pertanto, ogni erogazione che non tenga in primaria considerazione i requisiti richiesti dai regolamenti stessi subirebbe l'inevitabile stralcio delle somme erogate. Concreto si è dunque palesato il rischio che la somma per l'erogazione di 8 milioni di euro per attuare la sentenza n. 4/06, non definitiva, dovesse essere reperita a carico del bilancio regionale, con l'ulteriore pericolo che in sede di notifica, come aiuto di stato, la Comunità rilevasse comunque la contrarietà alle norme comunitarie.
Infine, nella memoria dell'avv. Scoca, che difende la Regione nel ricorso in appello al Consiglio contro la sentenza del Tar, tra l'altro si sostiene che la posizione degli ammessi in graduatoria, ma non classificati in posizione utile per essere ammessi al finanziamento in occasione della prima assegnazione dei premi, costituisce situazione giuridica di mero fatto, priva di una consistenza tale da apparire meritevole di tutela e azionabile in giudizio. In altre parole si sostiene l'assenza in capo alla Amministrazione del dovere di erogare i fondi e la sostenibilità da parte della Regione della palese carenza d'interesse degli originari ricorrenti.
Laddove la sentenza del Tar Marche n. 4/06 divenisse definitiva, la Regione Marche dovrebbe liquidare 8 milioni di euro. Ad ogni buon conto, va sottolineato che, con le suddette disposizioni, non si riuscirebbe comunque a soddisfare tutte le richieste, che dovrebbero ammontare a circa 10,5 milioni di euro.
In aggiunta, va indicato che prima della sospensiva concessa dal Tar in data 16.11.2004 degli atti poi annullati con la sentenza n. 4/06, la Regione aveva emanato un nuovo bando per la misura B pubblicato il 5.8.2004 destinando all'insediamento giovani imprenditori euro 4.000.000 confermando, dunque, la volontà di sostegno alla imprenditoria agricola giovanile attraverso una nuova procedura. In relazione a quest'ultimo bando, tenuto conto delle disponibilità finanziarie, sono state ammesse a contributo 224 domande. Per queste richieste il bando prevede il 31 agosto 2006 quale termine ultimo per l'acquisizione dei requisiti e la presentazione della richiesta di saldo del contributo.
PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Giannotti.
Roberto GIANNOTTI. Non sono stato in grado di seguire la lettura della risposta, non per colpa dell’assessore, ma perché, purtroppo, come già accaduto in mattinata, in questo Consiglio, nel periodo autunnale c’è una fermentazione dei sospiri che impedisce l’ascolto.
Rinuncio quindi alla replica, non esprimo un giudizio, mi riservo, dopo avere letto la risposta dell’assessore, di replicare attraverso una comunicazione formale.
PRESIDENTE. Credo che quanto detto dal consigliere Giannotti debba far riflettere i consiglieri sul loro comportamento all’interno di quest’aula, perché veramente il Presidente non può essere il guardiano di persone adulte e responsabili.
Interrogazione (Rinvio): «Propaganda elettorale con simbolo della Regione Marche», Comi e Giannini (388)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 388 dei consiglieri Comi e Giannini. La Giunta ha chiesto di rinviare la risposta a questa interrogazione, quindi passiamo all’interrogazione successiva.
Interrogazione (Svolgimento): «Fondi strutturali europei. Programmi di intervento comunitario 2000/2006, obiettivo 2 e obiettivo 3, utilizzo risorse» Castelli (146)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 146 del consigliere Castelli. Per la Giunta risponde l’assessore Petrini.
Paolo PETRINI. Nel II capoverso della sua premessa, il consigliere Castelli fa un'affermazione errata in quanto parla di "somme non spese entro il termine del 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui sono siate formalmente impegnate": in realtà, il meccanismo del “disimpegno automatico" scatta entro i due anni successivi e non in relazione agli impegni ma alla spesa effettuata.
Quindi la rendicontazione attuale riguarda l'andamento della spesa riferita al triennio 2001-2003 per il Fesr, mentre per l'Fse la rendicontazione è annuale.
Nel merito dei tetti di spesa maturati a tutt'oggi si specifica che:
il tetto effettivo della spesa rendicontata per l'0b. 2 alla data del 30.09.2005 è al 41%. Le cause di tale livello di spesa sono essenzialmente tre e consistono: nel vincolo determinato nel 2004 dall'art. 3 della finanziaria nazionale che ha indotto un blocco amministrativo di diversi mesi; nella minore propensione agli investimenti da parte degli enti locali a seguito dei minori trasferimenti di parte statale; soprattutto nella forte situazione di stallo, se non di crisi, determinatasi in importanti settori produttivi della regione a seguito dell'andamento dei mercati internazionali. A tutto questo si aggiunga che la conseguente azione regionale di ridefinizione del Docup Ob. 2, ha comportato uno specifico negoziato con la Commissione, per la attualizzazione dello scenario economico regionale e le conseguenti modifiche di alcune misure ed interventi previsti nel Docup. Il tutto si è concluso nel giugno scorso, dopo il rinnovo del Consiglio regionale, con l'approvazione formale da parte della Commissione pervenuta con decisione C2005 n.3727 del 30.09.2005, e questo ha consentito l'accelerazione delle istruttorie solo da settembre. La raccolta della documentazione di spesa darà i suoi risultati con la rendicontazione prevista per la fine di quest'anno.
Il dato, esatto, riportato dal consigliere circa la percentuale di impegno e di spesa che caratterizza l'andamento dell'Ob. 3 al 30.06.2005 colloca la nostra regione al sesto posto nella graduatoria nazionale e non agli ultimi posti come viene paventato.
Quanto ai punti essenziali dell'interrogazione, che sono tre, si può affermare che: la Regione Marche non ha impegnato risorse comunitarie "in misura sensibilmente inferiore alle altre regioni d’Italia" per i motivi già esposti, e segnatamente per quanto attiene l’Ob. 3, visto che il livello degli impegni non risulta essere un indice di per sé significativo; ad oggi non vi è stata alcuna decurtazione dei fondi comunitari e la Giunta ritiene che, a meno di avvenimenti ora imprevisti, non vi saranno decurtazioni in base al meccanismo del disimpegno automatico; quanto alla richiesta di conoscere le performances delle singole Province marchigiane, per quanto attiene l'andamento del Fesr (Ob.2) il dato non è disponibile, dato che la quantificazione delle erogazioni si caratterizza in relazione al territorio regionale nel suo complesso, articolato sia in territori dell'Ob. 2 sia in territori a sostegno transitorio, cioè in uscita dall'Ob.2 . Ciò in base ai criteri riguardanti la popolazione fissati dalla Commissione per l'individuazione dei territori rientranti nell'Ob. 2 e di quelli che ne fuoriescono; quanto ai risultati dell'Ob. 3 realizzati a livello delle singole province, l’anno scorso i dati erano i seguenti. Per quanto riguarda Ancona, impegni 41 milioni di euro, pagamenti 32 milioni di euro; per quanto riguarda Ascoli Piceno impegni 40 milioni di euro, pagamenti 34 milioni di euro; per quanto riguarda Macerata impegni 40 milioni di euro, pagamenti 30 milioni di euro; per quanto riguarda Pesaro e Urbino, impegni 37 milioni di euro, pagamenti 30 milioni di euro.
In relazione alla stessa interrogazione, si forniscono anche i dati aggiornati al 30 giugno 2006 relativi alle quote Fesr Obiettivo 2. Dal documento che si allega alla risposta, si evince una capacità complessiva di impegno pari al 73,77% del costo totale e una capacità di spesa pari al 53,43%. Attualmente si sta procedendo all’attività di certificazione, quindi a breve saranno disponibili i dati ufficiali di spesa aggiornati fino al 31 ottobre 2006.
PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Castelli.
Guido CASTELLI. Per quanto riguarda la replica sui numeri, è inevitabile che, dopo che avrò la documentazione in mano, potrò essere in grado di valutare con attenzione anche la risposta dell’assessore per quanto riguarda le diverse performances espresse dalle Province marchigiane. Una indicazione percentuale poteva essere più utile per capire, soprattutto per quanto riguarda l’Obiettivo 3, quindi la formazione professionale, se esiste una capacità di spesa differenziata tra le diverse province. Se cortesemente, in una prossima occasione, l’assessore potrà farmele ottenere potrò dirmi soddisfatto relativamente a questa esigenza di conoscenza che in realtà promana dalle singole province, visto che la capacità di utilizzo dei fondi dell’Obiettivo 3 della formazione professionale, è stata spesso oggetto di valutazioni discordanti. Io ho fatto il consigliere provinciale ad Ascoli Piceno e ricordo che non sempre si riusciva ad essere all’altezza di una capacità di spesa non solo intesa in termini puramente e freddamente contabili, ma, trattandosi di formazione, una capacità di spesa che deve essere anche valutata come diretta capacità di incidere sul territorio e di conseguire l’obiettivo della formazione, che è per l’appunto non arricchire i centri di formazione o impinguare i centri di formazione quanto creare figure professionali capaci di inserirsi nel tessuto produttivo.
Per quel che riguarda poi l’insieme dei dati che avevo il 3 ottobre del 2005 — quindi è un’interrogazione data da questo punto di vista — è evidente che io facevo riferimento a una sintesi dei dati pubblicati da Il Sole 24 Ore del settembre 2005, dati che comunque avevano suggerito una interrogazione che in qualche misura è stata, almeno nello spirito, fatta propria dai consiglieri che non più tardi di 15 giorni fa hanno poi voluto normare un rapporto specifico, particolare tra Consiglio e Giunta proprio per quanto riguarda il monitoraggio dei dati.
Mi spiego. I rapporti che secondo la tradizionale ottica dirigistica l’Ue impone agli stati e alle Regioni, sono tali per cui, spesso, la capacità di utilizzo viene ridotta alla capacità di rispondere, di corrispondere formalmente ad alcune esigenze aprioristicamente stabilite dall’Unione europea e questo è un problema. Sta di fatto che in alcuni settori della pubblica amministrazione e dell’intervento comunitario regionale vi sono stati degli stress anche piuttosto significativi che hanno indotto, per ragioni riconducibili proprio alle dinamiche regionali, a delle vicissitudini quali quelle che poi, più o meno tardivamente, sono state completate. Ricordo, ad esempio, il problema della rendicontazione dei piani di miglioramento fondiario che nel luglio scorso tanta inquietudine avevano generato tra gli agricoltori beneficiari della misura.
Più in generale, se il dato inteso in termini comparativi con le altre Regioni — questo ci dicono gli uffici, questo ci dice l’assessore — è meno sconfortante di quanto non emergesse nel settembre del 2005 dall’indagine de Il Sole 24 Ore — rimane la speranza che quel 41% e quel 53% possano essere migliorati, perché, sia pure dovuto a ragioni probabilmente sistemiche che si riconducono anche e soprattutto a quello che ho definito il dirigismo burocratico dell’Unione europea, sta di fatto che noi, intesi come cittadini italiani, formiamo il bilancio dell’Ue con la corresponsione di quote fisse, costose, tuttavia non riusciamo a riottenere dall’Ue qualcosa che superi almeno i due terzi del valore che quotidianamente confermiamo alla stessa Ue, che, leggiamo sui giornali — ma questo è affare che probabilmente dovremo trattare anche in Commissione affari comunitari —... Assessore, sono tutti curiosi di sapere per quale motivo e in base a quale circostanza si sia verificato o stia per verificarsi il fatto che mentre la coperta si restringe per tutte le Regioni d’Italia, noi abbiamo 8 milioni in più. Questo è un giallo che speriamo di dover svelare, perché sentendo anche il presidente della Commissione non era chiaro il meccanismo. Quando dico non chiaro non perché subdolo o surrettizio, ma proprio perché, se fossimo messi in grado di capire per quale motivo si è verificata questa importante, significativa situazione, saremmo tutti più contenti, perché oggi leggiamo su Il Corriere Adriatico che l’assessore Marcolini ritorna non completamente soddisfatto dalle riunioni romane sul bilancio della Regione, ma un giornale locale titola “8 milioni di euro in più”, cosa vera ma che c’entra poco con le dinamiche di trasferimento dallo Stato alle Regioni.
Se in occasione di una prossima audizione il presidente della VI Commissione Binci ce lo consentirà, potrebbe esserci l’opportunità di fare il punto su queste nuove dazioni, corresponsioni che sembrano essere superiori a quello che temevamo. Quindi l’invito è di dedicare una sessione della Commissione proprio a questo argomento, evitando l’accavallamento tra Commissioni che spesso non consente di farlo.
Mi riterrò quindi soddisfatto dopo che mi saranno consegnati gli ultimi dati.
Interrogazione (Svolgimento): «Mancato rispetto dei tempi di realizzazione del DEA e della radioterapia all’Ospedale S. Salvatore di Pesaro» Giannotti (491)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 491 del consigliere Giannotti. Per la Giunta risponde l’assessore Mezzolani.
Almerino MEZZOLANI. Per quanto riguarda il complesso della radioterapia si precisa quanto segue.
Sono in avanzata fase di completamento le opere edilizie di tutto il complesso, che accoglierà, oltre alla radioterapia, anche le malattie infettive e la oncoematologia; è inoltre in via di completamento il tunnel di collegamento della struttura con il complesso preesistente del Muraglia, nonché le opere di sistemazione esterna e si sta procedendo ad un primo collaudo delle cabine elettriche installate.
Per quanto riguarda la componente tecnologica, è stata in questi giorni ultimata la installazione del primo acceleratore, mentre la installazione del secondo inizierà il 23 ottobre e si completerà in due settimane circa.
Per quanto riguarda la componente del personale, è già stato conferito l'incarico di direttore medico di struttura complessa, è stata espletata la procedura per il conferimento dell'incarico di fisico di struttura complessa, è stato completato il concorso per l'assunzione del personale tecnico sanitario di radiologia; per quanto riguarda il restante personale medico, il primo dicembre è prevista l'acquisizione di' un dirigente medico per mobilità e sono in corso le procedure concorsuali per l’assunzione di altri due dirigenti medici, così come sono incorso le procedure concorsuali per l’assunzione di due dirigenti fisici.
Il cronoprogramma del progetto è pertanto, a questo momento, coerente rispetto alla programmazione prevista per il corrente anno, con attività cliniche che si prevede di iniziare per il mese di febbraio 2007.
Per quanto riguarda il complesso del Dea si precisa quanto segue: sono in avanzata fase di completamento le opere edilizie di tutto il complesso; purtroppo fatti subentrati ed imprevisti hanno di fatto rallentato le opere di ultimazione del cantiere per problemi che ci sono stati fra le aziende e per alcune problematiche sui lavori. A questo riguardo l’azienda è attivamente impegnata con la direzione dei lavori per una piena assunzione di responsabilità e comunque per la risoluzione della problematica.
Per quel che riguarda l’assunzione del personale previsto specificamente, ci dovrebbero essere 22 infermieri, 7 medici, 6 ausiliari che sono già inseriti e autorizzati nei budget del 2006 e le stesse avverranno in coerenza e nei tempi consoni alla disponibilità del complesso.
PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Giannotti.
Roberto GIANNOTTI. Questa volta ho ascoltato bene e sentito bene. Vorrei invitare gli assessori regionali ad affrontare le sedute del Consiglio con un po’ di cuore, evitando di rispondere ad una provocazione — chiamiamola così — del singolo consigliere che evidentemente si fa carico dei problemi reali, con una lettura di risposte in molti casi preparate da altri, quasi a far pensare che non conoscono la materia, comunque cercando di spiegare, di entrare nel vivo della questione, perché questa risposta assieme a tutte le altre a cui ho assistito, almeno in questa giornata, mi fa pensare più ad un teatrino, in cui il consigliere presenta una interrogazione, l’assessore viene qui con un foglio di carta, molte volte preparato dalla struttura tecnica e risponde.
Su una materia come questa, ci vuole un po’ di pathos, a dimostrazione che comunque questi problemi li viviamo, altrimenti il rischio è che la lettura che uno fa è che l’assessore non vive la realtà di quella situazione. Nel caso specifico dell’assessore Mezzolani siamo alla follia amministrativa, nel senso che il contenuto delle risposte è un pugno in faccia ai cittadini pesaresi, perché venire a dire quanto ha detto, che per quanto riguarda la radioterapia — voi sapete cosa sono le cure radioterapiche — siamo nel programma e anticipare un nuova data di apertura del servizio — ha detto oggi l’assessore che a febbraio del 2007 la radioterapia all’ospedale di Pesaro sarà efficiente ed efficace — non ci tranquillizza affatto. Ricordo che questa è una telenovela che va avanti da dieci anni, colleghi consiglieri, dalla petizione popolare firmata da 30.000 cittadini della provincia di Pesaro che chiedevano questa cosa, da una proposta di legge presentata dal sottoscritto in quest’aula insieme ad altri consiglieri, nella fattispecie Gasperi, Cecchini e qualcun altro, con cui si chiedeva l’istituzione della radioterapia all’ospedale di Pesaro, ad un atto deliberativo del Consiglio che riconosceva l’istituzione di reparti radioterapici a Macerata e a Pesaro, al fatto gravissimo che Macerata ha da tempo risolto questo problema e Pesaro no, con un cantiere infinito che ancora non ha terminato i propri lavori, con un ritardo di 3-4 anni, perché questo è il dato di fondo. Quando dico follia amministrativa, parlo della follia di una burocrazia e della incapacità di una classe politica a gestire anche le occasioni, anche i casi fortuiti, perché se una ditta fallisce la si sostituisce. Certo ci sono meccanismi che vanno tenuti presente, ma credo che di fronte ad una emergenza come questa, i tempi di realizzo dell’opera pubblica — così è definita — dovevano e devono essere diversi e non mi soddisfa affatto la risposta, perché io sono convinto, assessore Mezzolani, che lei ancora oggi ha detto un’altra bugia, perché a febbraio quel reparto non sarà in grado di essere attivo poiché lei ancora non ha assunto personale e lei sa meglio di me che quel tipo di cure richiedono un personale specializzato che deve essere assunto e preparato e come minimo ci vogliono 7-8 mesi perché questo avvenga.
Se non si provvede in questo senso, rischiamo di partire con la radioterapia, a Pesaro, nel 2008 e io sarei contento di poter tornare in questo Consiglio regionale e dover ammettere di avere sbagliato, perché vorrebbe dire che abbiamo risolto un problema.
Per quel che riguarda il Dea siamo al ridicolo. Assessore, le debbo ricordare che la Regione aveva previsto l’inaugurazione della struttura del Dea a luglio di quest’anno. Siamo a dicembre, sono stato ieri a visitare la struttura e sono in grado di dire che i lavori vanno a rilento, non solamente i lavori della struttura ma anche i lavori di impiantistica. Lei, l’inaugurazione del Dea non la farà nemmeno a giugno del prossimo anno e questa è la dimostrazione della incapacità del sistema sanitario regionale che questa Giunta controlla, di rispondere ai bisogni dei cittadini.
Proposta di legge (Rinvio): «Disciplina del Consiglio delle autonomie locali» Giunta (31)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 31, ad iniziativa della Giunta.
E’ pervenuta una nota a firma dei consiglieri Ricci, Solazzi, Brandoni, Procaccini, Rocchi e Mammoli, con la quale si chiede il rinvio, “al fine di procedere ad un ulteriore, necessario approfondimento”. “Si propone altresì l’iscrizione del suddetto punto al Consiglio del 14 novembre”. Chiedo quindi al Consiglio di pronunciarsi.
Roberto GIANNOTTI. Si possono sapere i motivi per cui si chiede il rinvio?
PRESIDENTE. “Per un ulteriore, necessario approfondimento”.
Roberto GIANNOTTI. A firma di chi?
PRESIDENTE. Consiglieri, vi chiedo di essere un po’ più attenti a quello che sta accadendo in aula. C’è una proposta a firma dei presidenti di gruppo Ricci, Solazzi, Brandoni, Procaccini, Rocchi, Mammoli che recita: “Al fine di procedere ad un ulteriore necessario approfondimento si ritiene utile rinviare alla seduta del 14 novembre la discussione di cui al punto 3)”, proposta di legge n. 31.
Ha la parola il consigliere Capponi.
Franco CAPPONI. Presidente, consiglieri, il passo che stiamo per compiere di istituzione del Cal è un passo importante. Noi avevamo presentato molti emendamenti a questa proposta, però ritengo che non possa essere rinviata senza uno specifico obiettivo. O il rinvio è di tutto l’atto alla Commissione, riaprendo la discussione, oppure un semplice rinvio perché la maggioranza deve trovare una unità al suo interno, a noi non sta bene. Noi riteniamo che il Cal vada realizzato, certamente bisogna che la rappresentanza sia garantita, cosa che la proposta che avete presentato non contiene. Se la volete ritirare perché ci mettiamo di nuovo a discutere per fare uno strumento che rappresenti il territorio delle Marche siamo d’accordo, quindi accettiamo anche questa proposta di rinvio; se è un rinvio solo per trovare la quadratura del cerchio a noi questo non sta bene, riteniamo che ci debba essere un obiettivo nel ritiro. Se ci enunciate l’obiettivo noi siamo d’accordo.
PRESIDENTE. Consigliere Capponi, se ho capito bene lei propone un rinvio in Commissione?
Franco CAPPONI. A mio avviso è assolutamente indispensabile. E’ la terza volta che rinviamo, non possiamo sottostare ad altri giochi. O è perché quella proposta non rappresenta le volontà delle Marche, oppure non può essere che la maggioranza la ritiri per tre volte, facendo perdere tempo al territorio.
Propongo il rinvio in Commissione. Se ci deve essere ritiro, deve essere per il rinvio in Commissione. Siccome ci sono molti emendamenti, che ritengo siano anche dirimenti delle situazioni di cui stiamo parlando — penso che anche in maggioranza ci sia questa problematica della rappresentatività dei territori — se si tratta di rinvio in Commissione per approfondire, per fare nuove consultazioni non solo con una parte che arriva all’ultimo secondo a chiedere delle modifiche dopo avere espresso nella concertazione unitaria di tutti gli enti una posizione, allora siamo d’accordo, ma oggi non possiamo rimettere tutto in discussione senza ri-ascoltare tutte le autonomie, perché non mi sembra che questa sia una posizione, una scelta corretta.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.
Mirco RICCI. Le argomentazioni del consigliere Capponi sono in parte condivisibili: si parla del nuovo strumento che regolerà il Consiglio delle autonomie locali, quindi un ulteriore passaggio, non tanto rinviando il testo in Commissione e rivedendolo attraverso le audizioni, ma per verificare meglio rispetto ad alcuni emendamenti che ci sono stati, riteniamo sia opportuno. Noi auspichiamo che vi siano ancora limature rispetto ad ulteriori emendamenti che vi sono stati. Noi siamo convinti che quello strumento deve essere votato ed approvato, deve essere fatto preferibilmente il 14 novembre. Si è chiesto semplicemente di rivedere in tempo ragionevole alcune questioni attinenti ad emendamenti sopraggiunti in questi ultimi giorni. Si tratta di verificare ancora meglio l’approvazione del Cal, uno strumento che sarà interfaccia rispetto ai rapporti con il territorio, con gli enti locali di questa regione, quindi non mi sembra un argomento che non possa essere rinviato per ulteriori 15 giorni. Vi sono ragioni anche di interesse della Giunta regionale, del Consiglio regionale. Parliamo, appunto del Consiglio delle autonomie locali, uno strumento che non c’è e che per poter essere prodotto efficacemente, secondo noi ha bisogno di questa ulteriore verifica.
Ripeto, noi possiamo verificare gli emendamenti in Commissione e la presidente della Commissione è anche relatrice di maggioranza e penso che possa lei stessa intervenire; se dobbiamo tornare invece a una verifica dell’atto in sé con ulteriori audizioni questo mi sembra esagerato, perché abbiamo percorso un tempo che ha prodotto tutti gli approfondimenti necessari dell’impianto in sé della proposta.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mollaroli.
Adriana MOLLAROLI. Io credo che questo atto sia stato ampiamente costruito con una forte partecipazione dei territori e dell’intero sistema delle autonomie locali. La Giunta ha presentato da luglio la sua proposta, si è costituito un gruppo di lavoro tecnico-politico, composto da figure indicate dalla Giunta, dal Consiglio e da Anci, Upi e Uncem, hanno lavorato con grande serietà, c’è stata una costante interlocuzione con la Commissione, sono state fatte audizioni sul territorio, le conferenze provinciali delle autonomie si sono riunite, quindi a me pare che l’atto sia frutto di una straordinaria consultazione. E’ arrivato in Commissione, la Commissione ha fatto un lavoro di affinamento dopo l’ascolto dei territori e ha consegnato, dalla fine di luglio, questo lavoro all’aula.
La minoranza ha prodotto degli emendamenti alla data di oggi, la maggioranza mi pare che voglia produrre qualche emendamento non di singoli ma dell’insieme della maggioranza stessa. Questo è il lavoro da farsi, non un ritorno in Commissione. La maggioranza vorrà produrre degli aggiustamenti con emendamenti che discuteremo in aula. Non a caso abbiamo dato tempo, da luglio ad oggi, anche alla maggioranza per trovare le sue sintesi; altri quindici giorni credo che sia il tempo massimo per consegnare un progetto credibile. Quindi non credo che sia necessario un rinvio in Commissione. Se la maggioranza ha delle proposte di emendamento da fare le espliciti come maggioranza. Credo, comunque, che agli emendamenti dell’opposizione debba essere dato il giusto valore, perché non è possibile che su questo strumento non si debba anche tentare di trovare un voto unitario.
Quindi diamo alla maggioranza, intanto, tempo ma non oltre quelle date, per essere credibili e per trovare una sintesi e, se possibile, trovare una sintesi anche con la minoranza, ma questo è un lavoro politico, non tanto di Commissione, sul quale credo che la Commissione la sua parte l’abbia fatta. Quindi sono per rinviarlo in aula al 14, se possibile iscriverlo come primo punto all’ordine del giorno e in questo periodo la maggioranza e la minoranza lavorino per trovare la migliore sintesi.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.
Fabio PISTARELLI. Mi pare che sulla richiesta del collega Capponi debba essere fatta una votazione, preceduta da un intervento a favore e un contro. Però ho visto che da parte del gruppo Ds sono intervenuti due consiglieri, per carità, facciamo anche una discussione più ampia, è facoltà dell’aula, anzi noi la auspichiamo sempre.
Mirco RICCI. La collega Mollaroli è relatrice di maggioranza.
Fabio PISTARELLI. Non c’entra niente: quando c’è una richiesta di rinvio, possono parlare uno a favore e uno contro. Comunque io mi esprimo a favore per i seguenti motivi.
Certamente la Commissione ha compiuto un ampio sforzo di analisi della proposta iniziale e sintesi scaturita dal lavoro. Mi sembra però che questa sintesi non abbia trovato la condivisione più ampia. In Commissione vi sono stati dei voti di astensione sui punti più delicati, ma soprattutto nel dibattito che si è dispiegato all’interno dei gruppi, anche con le autonomie locali, ci sono state più voci e più spinte di sostanza, non formali. Ecco perché mi pare serio e corretto riprendere quei punti sostanziali nella sede più idonea e naturale, che è quella della Commissione, altrimenti sarebbe un dibattito extra consiliare e questo non è possibile. Secondo me è molto più giusto, dato che sono punti sostanziali, sui quali anche l’opposizione ha detto che senza una sintesi sugli stessi sarà difficile dare condivisione al documento, riportare il documento stesso in Commissione. E’ un documento che dovrebbe essere di natura assolutamente unitaria e complessiva, perché è l’applicazione dello Statuto, quindi una materia istituzionale che dovrebbe vederci tutti protesi verso uno sforzo unitario o il più possibile vicino a una condivisione ampia, massima. Ecco perché insistiamo sulla richiesta di rinvio in Commissione. E’ la sede più naturale e idonea per fare un buon lavoro, visto che le eccezioni, le osservazioni sono ancora di sostanza e non di forma.
PRESIDENTE. Credo che le posizioni siano abbastanza chiare. C’è una proposta, a questo punto il Consiglio è chiamato a pronunciarsi. Pongo in votazione la proposta di rinvio alla seduta del 14 novembre.
Il Consiglio approva
Fabio PISTARELLI. Lei ha interpretato questo rinvio come una bocciatura del rinvio in Commissione...
PRESIDENTE. Io credo che questo voto sia pregiudiziale, nel senso che una volta che il Consiglio si è pronunciato per rinviare il punto alla seduta del 14 novembre, è ovvio che tutte le proposte subordinate decadono.
Fabio PISTARELLI. Chiedo che rimanga a verbale.
PRESIDENTE. Certamente.
Proposta di atto amministrativo (Discussione e votazione): «Approvazione dell’intesa di programma per lo sviluppo» Giunta (31)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 31 ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Brandoni.
Giuliano BRANDONI. L’atto amministrativo che oggi discutiamo ha radici lontane, nel senso che ne abbiamo costruito la proposta all’interno del documento di bilancio preventivo. Questo è, insieme ad altri, un documento di programmazione e di coordinamento che si accompagna sia al Dpefr, sia ai piani socio-sanitari, sia al piano per le attività produttive e a tutta la legislazione comunitaria.
Intanto va rilevato il metodo della costruzione di questo documento. E’ un documento costruito attraverso un percorso partecipativo e soprattutto attraverso un confronto intenso, lungo, con le parti sociali e le parti economiche di questa regione. Il documento è articolato su cinque obiettivi. Il primo è nominato “rafforzamento della competitività regionale”, al cui interno sono indicate due azioni specifiche. La prima è quella del potenziamento delle cosiddette reti immateriali, del non cavo. La seconda riguarda iniziative e azioni che attengono alla razionalizzazione del sistema finanziario regionale. L’altro obiettivo, altrettanto importante, è quello del coordinamento e dell’integrazione tra le azioni che riguardano turismo, cultura e ambiente, anch’esso articolato in una serie lunga di azioni che vanno da interventi specifici per le attività culturali a spese e contributi da dedicare alle aree protette regionali, a interventi in materia di promozione turistica e a ulteriori, specifici interventi da dedicare alla cultura.
L’altro obiettivo particolarmente importante è quello che riguarda l’inserimento lavorativo dei giovani laureati e laureandi. Da tempo abbiamo indicato e denunciato come un problema di questa regione l’alto tasso di migrazione dei soggetti in attesa di lavoro, culturalmente più dotati, laureati e laureandi di questa regione e il tasso di disoccupazione di questa fascia di lavoratori è particolarmente alto, tra i più alti dal punto di vista nazionale. Proprio per questo l’obiettivo intende favorire, attraverso settori specifici, quelli dell’ambiente, della cultura, del turismo e della ruralità, il sostegno alla progettazione e alla programmazione di questi giovani e, con esso, un raccordo con l’impresa regionale.
L’altro obiettivo, più articolato, riguarda gli interventi di politica residenziale e sostegno alla fragilità sociale. Due assi di intervento, il primo particolarmente cospicuo, quello relativo alla fragilità sociale, di 14 milioni di euro, gli altri, altrettanto importanti, riguardano contributi sia all’infanzia sia a nuovi interventi per l’edilizia popolare.
L’ultimo, ma non ultimo, di questi obiettivi, riguarda il rafforzamento delle infrastrutture regionali, con particolare riguardo all’aeroporto.
Quindi cinque obiettivi già indicati, già costruiti, già riflettuti in sede di bilancio, ma che, attraverso questo strumento, si coordinano tra loro, si precisano e soprattutto hanno avuto l’opportunità e la possibilità di avere il confronto con le parti sociali. Un confronto che, come si evince dal documento, non era a priori scontato dal punto di vista dell’esito, perché in questo percorso le parti sociali hanno portato il loro contributo e la loro riflessione dialettica. D’altronde si tratta di una partita importante dal punto di vista finanziario, perché i cinque obiettivi muovono oltre 43 milioni di euro, quindi una quota importante per l’azione di programmazione e di politica economica nella nostra regione. Hanno avuto, da questo punto di vista, l’attenzione anche della nostra Commissione. Io credo che la Commissione è riuscita a operare in maniera significativa due condizioni: quella di riaprire il percorso partecipativo attraverso le audizioni e di recuperare quelle parti sociali che in qualche modo avevano espresso, nella fase della concertazione, dubbi, perplessità e anche critiche importanti. Lo facciamo attraverso alcune precisazioni, per esempio la definizione specifica dei soggetti beneficiari dell’Obiettivo 3, cioè i laureandi e i laureati, in qualche modo viene recuperata, anche attraverso il lavoro di Commissione e la verifica delle norme sovraordinate, la titolarità ai giovani laureati e laureandi, della disponibilità finanziaria, quindi un passaggio più libero, non condizionato e non stretto attraverso un intreccio con le esigenze delle imprese che in qualche modo dovranno sostenere questo tipo di inserimento. Viene precisata la destinazione dei fondi che riguardano il sostegno alle infrastrutture. In qualche modo viene tenuto aperto, anche attraverso il lavoro di Commissione il percorso partecipativo che, proprio perché di questa natura, dovrà vedere accompagnati non solo l’azione della Giunta, il percorso di continua concertazione con le parti sociali ma il coinvolgimento assiduo del Consiglio, delle Commissioni referenti per implementare in maniera significativa questo strumento.
La Commissione ha discusso e i commissari di maggioranza hanno ritenuto di accompagnare il voto di questo atto con un ordine del giorno che raccoglie le riflessioni, il dibattito in Commissione, ma anche i pareri delle altre Commissioni, perché, come noto, questo atto amministrativo ha avuto un percorso molto largo, quindi è passato in tutte le Commissioni consiliari e ogni Commissione consiliare ha espresso il proprio parere, pareri tutti favorevoli ma tutti con la richiesta di un impegno partecipativo ulteriore da parte del Consiglio e delle Commissioni.
Attraverso questo ordine del giorno la Commissione referente — in questo caso la maggioranza della stessa — intende proporre al Consiglio la calendarizzazione di questo passaggio. Ulteriormente, in questo ordine del giorno viene meglio precisata l’azione di uno degli obiettivi. Per quanto riguarda le attività finanziarie c’è l’istituzione del fondo di garanzia e questa partita finanziaria è finalizzata alla semplificazione del sistema dei confidi regionali che in qualche modo deve oggi confrontarsi in maniera importante con le normative della cosiddetta Basilea 2.
E’ evidente che ci troviamo di fronte a un atto importante, perché è un atto di programmazione, un atto che ha avuto già un percorso che dovrà continuare a essere confortato dal dibattito del Consiglio ma che ha bisogno oggi di avere quell’approvazione necessaria perché le azioni messe in campo attraverso questo strumento possano cominciare a realizzarsi.
PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Santori.
Vittorio SANTORI. L'atto sottoposto al nostro esame è francamente di difficile interpretazione. Pur essendo intitolato “proposta di atto amministrativo” e predisposto integralmente dalla Giunta in realtà è un atto contenente indirizzi programmatici.
La titolarità alla emissione di atti di indirizzo e di programma spetta esclusivamente al Consiglio regionale il quale dovrebbe avvalersi dell'attività di consulenza e di concertazione del Crel (Consiglio regionale per I'economia ed il lavoro). Questo organo, pur essendo formalmente previsto dalI'art. 40 dello Statuto regionale e dotato di iniziativa legislativa nelle materie di sua competenza ai sensi dell'art. 30, comma 1 lettera d), ad oggi non è stato costituito! Come fa la Regione a programmare interventi seri per l'economia del territorio senza la consulenza, la ricerca, i pareri e le proposte dell'organo che la stessa Regione ha indicato come fondamentale ed inserito tra le norme statutarie.
In questo atto che esaminiamo è palese la violazione delle competenze del Consiglio regionale cosi come la violazione delle norme statutarie da parte della Giunta. Questa che in realtà è soltanto l'organo esecutivo della programmazione e degli indirizzi del Consiglio, nella strana realtà di questa Regione, non solo ha predisposto indirizzi e scelte programmatiche ma addirittura li ha concordati e sottoscritti con le parti sociali ed oggi chiede al Consiglio la ratifica del suo operato.
In questa irrazionale ottica di funzionamento degli organi regionali, la Giunta scrive la musica, se la suona e se la balla. Il Consiglio regionale ed i singoli consiglieri non possono subire passivamente lo spoglio delle competenze attribuite loro per legge. Essi sono tenuti ad esercitare i loro diritti ed i loro poteri conformemente allo Statuto ed al mandato elettorale.
La Giunta stavolta è arrivata perfino a modificare I'art. 10 della L.R. 10.02.2006, n. 2 che istituiva il patto per lo sviluppo, assegnandole la nuova denominazione di “Intesa di programma per lo sviluppo”. L'organo amministrativo della Regione Marche modifica le leggi regionali!
Nella totale assenza del Dpefr relativo all'anno in corso da noi più volte denunciata, la Giunta regionale ha concertato con i sindacati, i rappresentanti di categoria e le altre parti sociali, il presente documento a valenza molto parziale rispetto al primo, autoderminando indirizzi e programmi secondo le proprie esigenze.
Non ci si dica che il Consiglio ha comunque il potere di correggere ed emendare l'atto predisposto, perché gli indirizzi programmatici non possono essere oggetto di mediazione o di accomodamenti pena l'inefficacia della manovra, ed anche perché ogni modifica ad un accordo sottoscritto tra le parti sociali e la Giunta assumerebbe i connotati di un'azione scorretta ed irriguardosa nei confronti dei primi che a ragione si sentirebbero presi in giro se le loro istanze venissero disattese in sede consiliare.
Nel merito, l'atto è certamente inutile in quanto la gran parte degli interventi qui previsti (vedasi tra l'altro Obiett. 4) risultano già inseriti in altri provvedimenti di spesa o di programmazione regionale per cui costituisce di fatto una duplicazione di quanto già deliberato.
Non siamo in presenza di un provvedimento a carattere generale ma di un atto di portata limitata, ciò nonostante, fortemente generico e palesemente carente di modalità attuative tale da costituire in alcuni casi una delega in bianco a favore della Giunta.
Carente appare anche sotto il profilo della tempestività. Non si vede la necessità di approvare tale documento alla fine di ottobre proprio alla vigilia dell'approvazione del nuovo Dpef. L'atto in questione si sovrappone quindi anche al Dpef per l'anno 2OO7 già predisposto dall'Amministrazione il quale ha certamente valenza e portata di gran lunga più vasta rispetto all'Intesa di patto per lo sviluppo che stiamo esaminando.
Gli interventi previsti nella seconda parte dell'intesa sono eccessivamente indeterminati e in gran parte già vincolati da precedenti disposizioni da non richiedere in pratica alcuna intesa o patto.
Oltre al declassamento operato passando da patto a semplice intesa, l'atto è carente di indirizzi in alcuni settori di importanza strategica come quello per il lavoro femminile, per le infrastrutture, per il rilancio delle attività produttive, per l'energia. I fondi previsti sono tra l'altro del tutto irrisori.
Perché insistere, poi, a finanziare l’Aerdorica sapendo che nessun programma di rinnovamento industriale è stato presentato da questa azienda? Non è con questo modo di programmare che la Regione Marche potrà incidere sullo sviluppo delle nostre attività produttive e sulla qualità della vita dei cittadini. Questo documento sintetizza efficacemente l'incapacità di sviluppare programmi e direttive proprie della Regione Marche.
Gravissima è la carenza istituzionale derivante dalla mancata istituzione del Crel (organo di consultazione e di consulenza tecnico-scientifica in seno al Consiglio regionale). Gli effetti di tale omissione o ritardo si rinvengono chiaramente nella lacunosità, inadeguatezze, genericità, carenze, duplicazioni e limitatezze presenti nell'intesa per lo sviluppo ma anche nella generale incapacità del Consiglio regionale di esercitare le sue funzioni di indirizzo e programmazione e della Giunta di eseguirle e realizzarle. In verità penso che anche la stessa Amministrazione regionale sia ben conscia dell'inutilità del fatto ed abbia portato avanti questa intesa solo per apparire sulla stampa e dimostrare di aver fatto qualcosa. Meglio sarebbe se questo documento, ampiamente contestato anche dalle parti sociali firmatarie, venisse ritirato.
PRESIDENTE. E’ aperta la discussione. Ha chiesto di parlare il consigliere Castelli. Ne ha facoltà.
Guido CASTELLI. Noi sappiamo che nella modernità, nelle società moderne in particolare, la parola, l’espressione verbale, la capacità di suggestionare è diventata forse una delle priorità dei politici e dell’azione politica. Leggevo qualche tempo fa alcuni commenti di cronisti e giornalisti americani che parlavano di come il confronto politico nord-americano che il 7 novembre porterà alle elezioni di metà legislatura, in realtà è proprio un banco di prova, una verifica di come spesso le espressioni nominalistiche facciano premio sui concetti, sulle essenze. Per dirla con Kant, vediamo l’affermazione, il trionfo dell’apparire, della capacità di suggestionare sulle essenze stesse delle azioni amministrative ridotte, spesso, a propaganda o comunque a capacità di seduzione, anche a prescindere dai portati concreti e reali dell’azione amministrativa.
Ultimamente il partito democratico si è affidato alla capacità sofistica di un professore che si chiama Lakoff, che per l’appunto ha cercato di convincere il partito democratico stesso di smetterla di parlare di mettere più tasse e che sarebbe meglio parlare, invece che di tasse, di “quote associative”, perché funziona meglio, non spaventa l’elettorato republicaneggiante del nord America e che probabilmente consentirebbe l’affermazione di un consenso maggiore.
Perché faccio questo discorso? Perché in realtà sulle espressioni nominalistiche, lo spin doctor — se mi consente questo appellativo — Pietro Marcolini, della Giunta D’Ambrosio prima e della Giunta Spacca oggi, ha legittimamente puntato molto sulla capacità di lanciare messaggi suggestivi alla società marchigiana, che invariabilmente, indefettibilmente presentano delle costanti: la condivisione, la sostenibilità, la progettualità, la voglia di guardare al futuro. Questo è il filo rosso — mai colore può essere ritenuto più pertinente — che lega l’esperienza, per certi versi, dei Co.I.Co. — vediamo, fra l’altro, un illustre rappresentante dei Co.I.Co. — che poi, gestiti dalla Svim hanno lasciato qualche traccia, ma questo è un altro capitolo.
C’è stata poi l’esperienza significativa e importante delle Arstel, che sono state una delle invenzioni del prof. Marcolini, fotografando la quale, probabilmente oggi vediamo quali possono essere i rischi del nuovo istituto “intesa per lo sviluppo” al netto di quelle che sono state le vicissitudini che hanno riguardato le Arstel. Mi soffermerò brevemente sulle Arstel che, ripeto, compaiono nel Dpefr del 2003 come strumento che deve coniugare sviluppo, sostenibilità, concertazione e condivisione, e che hanno da un punto di vista finanziario un curiosissimo andamento, che non esito a definire carsico, in cui le risorse si affacciavano, come i fiumi giuliani, e si sprofondavano per poi riaffacciarsi con ritmicità carsica che vale a non ritenere incongruo questo strumento. Vi risparmio i passaggi contabili, ma vi posso dire oggi che il caso delle Arstel lo cito oggi proprio perché è un rischio da evitare, è una sirena da scacciare, è una prospettiva che abbiamo vissuto e che pericolosamente potrebbe anche affliggere il destino dell’intesa per lo sviluppo se solo non fossimo noi guardinghi nel notificare l’avviso al prof. Marcolini, in maniera tale che quel tipo di andamento carsico non vada poi, sostanzialmente, a materializzare, a dare concretezza ad alcuni dubbi che sono stati in particolare manifestati da alcune componenti sociali come Cgil e Cisl.
Le Arstel, nei tre anni di loro vita — se di vita si può parlare — hanno complessivamente indotto la Regione ad accantonare per la sola spesa corrente 1.767.000 euro. A fronte di questi impegni annunciati, di queste prenotazioni che hanno tutte le caratteristiche di cui alla capacità di suggestionare che pure ha fruttato, ad oggi siamo a pagamenti per 11.823 euro, quindi oltre 3 miliardi di vecchie lire annunciati in termini di spesa corrente per le Arstel, pagamenti poco superiori a 21 milioni di vecchie lire. Peggio — ma questo è un altro capitolo — è andata sul fronte degli investimenti, in riferimento al quale la Giunta regionale ha annunciato e inserito via via sistematicamente in diversi documenti di programmazione economica, di assestamento in relazione al bilancio, l’astronomica cifra complessiva di 22 milioni e oltre di euro. In questi tre anni quindi, il fiume carsico relativo al finanziamento della condivisione, della partecipazione, della programmazione che doveva convincere la società marchigiana della bontà dell’azione delle Marche, ha rappresentato 22 milioni di euro. Colleghi consiglieri, di 22 milioni di euro che si sono via via, se non dissolti — la novazione la certifichiamo oggi, visto che una parte consistente di questi fondi rifluisce nel cassetto dell’intesa — ne abbiamo in cassa un milione, mentre altri 6-7 sono finiti nel calderone dei perenti e nessuno è oggi in grado di poter dire quale destino possono avere.
Il fantasma dell’Arstel è quello che deve in qualche modo preoccupare i sonni di tutti noi nel momento in cui oggi noi approviamo un provvedimento amministrativo che deve essere necessariamente salutato dal Consiglio regionale come un gravissimo arresto, un gravissimo cambiamento di rotta. Il caso Arstel è l’esempio di ciò che non dobbiamo fare, e quindi, pur volendo nutrire speranze, ottimismi nei confronti del destino di questa intesa che era patto, dobbiamo avere presente il rischio della definizione carsica di questi investimenti, che è tutt’altro che reale, perché io sono convinto che con buona pace dell’ironia con cui ho inaugurato il mio intervento, lo strumento Arstel, lo strumento suggestivo del patto, dell’intesa che ha tutte queste caratteristiche, se da un lato assolve ad una funzione legittimamente propagandistica, è anche, a mio modo di vedere, un formidabile, micidiale strumento nelle mani del prof. Marcolini per calmierare l’indebitamento, o meglio la spesa. Perché vediamo regolarmente che nel bilancio di questa Regione vengono annunciati fondi finanziati generalmente a mutuo, che vengono poi, altrettanto regolarmente, non utilizzati e messi in disparte, in economia. Siamo a un fenomeno di dissociazione contabile. Approviamo gli strumenti di contabilità, stanziamo con finanziamento a mutuo dei soldi per gli investimenti, annunciamo l’azione all’esterno, nel dimenticatoio di fine d’anno non vengono spesi, vengono portati in economia. “Fatta la festa gabbato lo’ santo”, ed ecco che vediamo poi, magari, ritornare, carsicamente ancora una volta, quegli stessi soldi che sono stati centrifugati, sistemati e in qualche misura riciclati nel senso buono.
Dico queste cose, perché il rischio che noi oggi abbiamo di fronte al patto per lo sviluppo è sostanzialmente lo stesso, perché gravano su questo patto alcune domande che il prof. Marcolini deve cercare in qualche modo di favorire con una risposta. Sono legittimi i dubbi che derivano dalla discussione, da quello che abbiamo letto o sentito dalle audizioni, professor Marcolini. “Professore” non è ironico, lo dico sempre, perché ho una grande considerazione di questa grande capacità di abbinare moral suasion politica a uno strumento deflattivo dell’irresistibile tendenza alla spesa che l’Amministrazione regionale ha. Quindi, da questo punto di vista è anche ammirabile. Ma ci sono dei punti, assessore Marcolini, sui quali è bene che lei ci dica come stanno le cose.
Il primo punto, il declassamento. Per quale motivo il patto diventa intesa? Abbiamo ascoltato diverse valutazioni, io ho delle mie idee, mi riservo di poterne parlare nella dichiarazione di voto, ma è giusto che questo Consiglio capisca, nell’età del nominalismo, perché di nomi si ferisce ma di nomi si può anche perire. Non è questo il caso ma sicuramente ci sono delle ragioni precise sul perché il patto diventa intesa e sono ragioni forti se è vero che in occasione dell’assestamento del 2006, addirittura abbiamo approvato un emendamento che modificava testualmente la nozione di “patto” in “intesa”, quindi un fatto giuridicamente qualificante.
La seconda domanda, in questa strana concertazione: qual è il rapporto fra questa intesa e l’intesa del marzo del 2005? Perché qua e là è venuto fuori, ma lo stesso preambolo supera d’amblè la fase concertativa così complicata, tanto complicata da portare la Cgil — non l’Ugl, non i Cobas — a mettere sotto accusa questa Giunta, tanto da non firmare la seconda parte. Venturi ce lo dice. Ha le sue idee, parla di obiettivi non determinati per certi versi, ordinari per altri. Questa è un’accusa che pesa come un macigno, perché il 18 marzo invece la Cgil — eravamo a un mese dalle elezioni — l’intesa del marzo 2005 la firma, questa non la firma. Allora il richiamo, il tentativo di ricollegarsi a quel marzo 2005 viene in qualche modo messo in dubbio dagli stessi aderenti a quell’intesa, e mi riferisco alla Cisl e alla Uil.
Terzo punto, i tempi amministrativi sono lunghi, tanto lunghi che alcuni dei soggetti sottoscrittori hanno pubblicamente dichiarato di avere prestato la loro adesione a questo patto declassato in intesa, perché convinti che dopo il 17 luglio, giorno della sottoscrizione dell’intesa stessa, le cose sarebbero cambiate per quanto riguarda la concertazione. Poi però abbiamo registrato, proprio recentemente, che gli stessi attori hanno detto “le cose stanno andando non esattamente come Spacca ci aveva promesso per quanto riguarda l’attivazione di una concertazione seria e reale”. Mi permetto di ricordare che anche questa volta la proposta di Dpefr è stata mandata alle parti sociali per la concertazione, dando 24 ore di tempo per un giudizio. Il Ces, se è stato convocato — immagino di sì — ancora una volta si è trovato nella condizione di dover leggere quasi furtivamente le elaborazioni del Dpefr per poter poi dare un riscontro. Mi pare che questa sia un’avvisaglia che non va nel senso auspicato dall’intesa.
Queste sono le tre domande che le vorrei fare, assessore Marcolini, sono le tre questioni che ineriscono a quella fondamentale, che era la prima: quello di cui noi abbiamo bisogno è la garanzia dell’effettività dell’intervento regionale, perché siamo arrivati kantianamente al fatto che ciò che appare fa premio su ciò che è, ormai siamo soliti ascoltare metafore, eufemismi, slogan che hanno anche un loro pregio, un loro significato, ma che non possono più, oggi come oggi, accontentare coloro i quali, stranamente — e parlo dei consiglieri regionali — si vedono quasi restituire ciò che forse non avevano neanche diritto di esercitare. Mi riferisco al fatto che il congegno di questi strumenti innovativi che lei ha escogitato, in genere presenta sempre un meccanismo di delega dal Consiglio alla Giunta. Questa volta l’eterogenesi dei fidi le ha fatto un brutto scherzo, perché la sensazione è che dopo avere inserito nello strumento “intesa” delle azioni ordinarie, è evidente che ora la richiesta del Consiglio di riavere la capacità di gestire l’ordinario complica anche ciò che l’assessore Marcolini poteva dire ormai fatto. Paradossalmente su quella delega quasi tutti i consiglieri — Benatti, Mammoli — hanno detto “noi abbiamo fiducia in voi, ma vogliamo monitorare, verificare, vedere”. Ora, paradossalmente, questo istinto verificatorio si dirigerà anche verso azioni che in realtà erano ordinarie e si poteva già ritenere portate a casa, ma ogni tanto lo spiritello dispettoso riesce a fare anche questa cosa, però immagino che lei saprà affrontare il tutto, se solo prima risponderà a quelle tre domande.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.
Cesare PROCACCINI. Secondo noi l’atto di cui discutiamo non sconvolge nulla rispetto alle misure, agli obiettivi e anche alla massa critica di risorse che mette in questa discussione nello sviluppo regionale. Tuttavia individua una modalità diversa di gestione, più partecipata, appunto l’intesa, un’intesa con le parti sociali, con i diretti attori dello sviluppo delle Marche, anche se in generale, per la verità, secondo la nostra concezione questa modalità dei patti e delle intese segnala una difficoltà della rappresentanza, segnala una difficoltà delle istituzioni e della politica di rappresentare le esigenze del popolo e il rischio è di una fase che corporativizza la società in generale e anche quella delle Marche. Ma questo atto in realtà individua una somma complessiva di 44 milioni di euro — non parliamo di cose di poco conto, riferite al bilancio regionale — di risorse significative che possono servire allo sviluppo della nostra regione, soprattutto nelle difficoltà in cui la situazione più generale inserisce le Marche. Una difficoltà di intravedere un sistema di sviluppo non dico innovativo ma almeno diversificato rispetto ai tre comparti grandi che sono tutti e tre in crisi: quello della calzatura, quello della meccanica e quello del mobile, seppure informe diverse. Quindi individuare una modalità più partecipata rispetto alla necessità dello sviluppo può servire a calibrare meglio le risorse.
Infatti l’Obiettivo 1, il sistema produttivo che si declina in diverse sfaccettature e che mobilita 3.300.000 euro, è un fatto molto importante, perché dentro questo si passa anche all’Obiettivo 2, una integrazione tra le diverse fasi dello sviluppo, da quella culturale al turismo, all’agricoltura, alle aree interne, ai sistemi rurali: 10.198.000 euro. Sono cose significative che debbono servire allo sviluppo e soprattutto devono avere anche una fase di verifica. L’Obiettivo 3 secondo noi è quello più importante, che avrebbe bisogno di maggiori risorse. Sono risorse insufficienti, e quando discuteremo del bilancio dovremo fare uno sforzo maggiore, quello dell’inserimento lavorativo dei giovani, dei giovani altamente scolarizzati, laureati e diplomati, che rappresentano nella nostra regione una percentuale più alta della disoccupazione che pure, nel suo complesso, è bassa, molto al di sotto della media nazionale.
Tuttavia quando dobbiamo parlare di inserimento lavorativo, lo sforzo deve essere quello di guardare la generalità del problema, anche il fatto dei contratti a termine, della precarizzazione. Da questo punto di vista — non è un caso che la legge finanziaria venga attaccata proprio qui — il Governo, seppure in maniera insufficiente, interviene in modo alternativo rispetto a prima: non si premia il precariato ma si danno incentivi a chi fa contratti a tempo indeterminato.
L’obiettivo 4 è quello della edilizia pubblica e della fragilità sociale. Esso guarda anche ad una società regionale che muta. Non solo il problema della immigrazione ma anche il problema generale dell’inurbamento della costa segnala una difficoltà del sistema abitativo nella nostra regione e avere mobilitato risorse significative — 27 milioni di euro — con il piano casa ed anche con misura intese a superare le emergenze e la fragilità, è significativo.
Per quanto riguarda l’Obiettivo 5, quello dell’aeroporto di Falconara, ho inteso, anche qui, dei problemi, delle difficoltà. Io credo che debba essere una volta per tutte considerato che l’aeroporto di Ancona-Falconara è l’aeroporto di tutte le Marche, non di una parte della regione, quindi avere messo 2 milioni di euro non per la gestione o per ripianare debiti pregressi che pure esistono, è positivo. Anzi, per la verità di debiti ne esistono troppi, anche per le cattive gestioni e quando noi Comunisti italiani segnalavamo questo fatto, venivamo, anche in questo Consiglio, quasi derisi, inascoltati. Invece la nostra analisi era perfetta, rigorosa ed oggi si cerca, con ritardo, di fare quelle cose che si potevano fare ieri.
In definitiva, 43.900.000 euro debbono servire, pur dentro questi vincoli, a declinare un’intesa per lo sviluppo più equilibrata, più precisa e non è un caso che i due maggiori sindacati nazionali e delle Marche, Cgil e Cisl, hanno sottoscritto solo la parte generale dell’intesa, proprio perché chiedono maggiore precisione nella declinazione delle misure in modo che le risorse non vadano disperse in mille rivoli. Comunque noi, ovviamente, voteremo questo atto.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Capponi.
Franco CAPPONI. In primis debbo ribadire alcuni concetti, quindi rinvio alla relazione di minoranza sulla nostra declinazione di questo patto, o cosiddetta intesa per lo sviluppo.
A noi sembra che in questa regione si continui a fare demagogia, quando invece ci sarebbe bisogno di una massima assunzione di responsabilità. Per me e per noi questa intesa è più una strategia subdola di gestione del bilancio di questa Regione, che ha cercato di congelare e ha congelato, praticamente, tutte le risorse destinate allo sviluppo fino ad oggi perché non ce n’erano, perché l’intenzione del Presidente Spacca era di poter rimpinguare questa disponibilità di risorse da destinare al patto per lo sviluppo attraverso un corretto andamento delle spese a cui questa Regione doveva far fronte per il 2006. Così non è stato e quindi ci siamo inventati delle somme che potevano benissimo stare nella parte ordinaria del bilancio. Moltissime di queste risorse sono a specifica destinazione, provenienti da capitoli di finanziamento statali o addirittura europei, quindi come tutti gli altri capitoli che contengono finanziamenti di questo tipo, ci potevano essere capitoli che avrebbero potuto contenere le somme di cui oggi stiamo parlando.
Ad esempio, i 27 milioni di euro per l’edilizia residenziale pubblica, certamente sono trasferimenti dello Stato per una grandissima parte e questi potevano già essere stati spesi non appena avete approvato il bilancio di questa Regione e non congelati per un anno, come è effettivamente avvenuto. Abbiamo congelato 45 milioni di euro per un anno, pensando che avessero potuto essere molti di più, che avrebbero potuto smuovere l’economia di questa regione, ma così non è stato perché il bilancio regionale di quest’anno è ugualmente disastroso come quello degli anni precedenti.
E’ andata male, proprio perché le risorse aggiuntive non ci sono, perché il nostro bilancio è gestito in quel modo e tra l’altro questo è certificato. Noi avevamo chiesto all’inizio della legislatura la due diligence, ma questa verifica ce l’ha fatta Standard & Poor’s, che ha declassato questa Regione come grado di affidabilità e non è vero, assessore Marcolini, che è conseguenza del declassamento della politica nazionale del Governo Prodi che trascina le Regioni, perché questo declassamento è avvenuto quasi esclusivamente per tre-quattro Regioni, tra cui le Marche ma non per tutte le Regioni italiane. Quindi questa interpretazione è assolutamente da declinare come pura e mera invenzione.
E’ un atto negativo perché se gli importi fossero stati lasciati nei capitoli e nelle poste di appartenenza, questi fondi avrebbero già prodotto quel poco che potevano all’interno dell’economia marchigiana, che invece è stagnante e addirittura è stata lasciata a secco di risorse in qualsiasi settore.
Il patto per lo sviluppo, questa formula, questa idea che doveva essere un bel progetto, addirittura un titolo che riempie i cuori e le anime di prospettive, oggi non accende più nessuno, come non accendono più tutti gli slogans con i quali la sinistra, in Campania elettorale, aveva cercato di appassionare il proprio elettorato, soprattutto quel mondo imprenditoriale che oggi si trova sostanzialmente tradito, vedi proprio la legge finanziaria.
Non si può vantare inoltre, la maggioranza, dell’ottenimento della firma delle parti sociali e imprenditoriali, perché loro avevano espresso un parere positivo sulla parte iniziale del documento, sulla parte delle intenzioni, di quello che la Regione voleva fare, di come si voleva approcciare con le categorie, ma questo è stato poi totalmente disatteso nella parte dispositiva, cioè in quella delle risorse, in quella degli interventi, in quella che doveva andare a incidere nei settori di cui stiamo parlando.
Devo anche fare una specie di osservazione-ammonimento. Siamo arrivati all’utilizzo dei fondi Erap proprio a fine anno, quindi teoricamente andremo a slittare nel 2007, proprio nel mentre stiamo modificando e realizzando una legge regionale che cambia sostanzialmente la filosofia degli investimenti, che va certamente nella direzione dei nuovi bisogni, che va nell’autonomia delle nostre comunità locali di scegliere l’intervento che più abbisogna per ogni particolare caso. Abbiamo i problema della redistribuzione di questi benefici residenziali, anche alla nostra gente, a quegli italiani che da tempo attendono l’autorizzazione ad abitare una casa popolare, mentre con la legge preesistente era praticamente impossibile, per un italiano, accedere a queste provvidenze. Siccome arriviamo a fine anno, non voglio inutilmente procrastinare l’utilizzo di queste risorse, ma dico che vanno ormai utilizzate con la legge che stiamo approntando, la legge 36 che è già approvata, ma anche quella di modifica del titolo IV della vecchia legge 44 che stiamo per approvare. Quindi anche in riferimento ai tempi, alle tempistiche ecc., devono essere riviste, perché il patto per lo sviluppo annunciato un anno fa è arrivato dopo un anno e nel frattempo il Consiglio regionale ha legiferato, è andato avanti e ha anche modificato le modalità di intervento. Faccio quindi un richiamo, anche se noi siamo sostanzialmente contrari a quest’atto perché è puro fumo negli occhi e non è la soluzione ad alcun problema. Tra l’altro contestiamo la inadeguatezza delle risorse messe a disposizione, anche perché sono tutte risorse ordinarie che provengono da altri fondi a specifica destinazione ed erano previsti in tutte quelle leggi regionali che abbiamo a disposizione e che ogni anno rifinanziamo con la parte ordinaria del bilancio. Quindi non è un patto straordinario per lo sviluppo, questo è un patto ordinario di sottosviluppo.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mammoli.
Katia MAMMOLI. Anch’io, prima di cominciare il mio intervento che sarà abbastanza breve, vorrei fare tre precisazioni. La prima è che voterò a favore di questo atto. E’ assurdo che da parte di un consigliere di maggioranza si debba dichiarare questo, ma visto che non sono completamente soddisfatta di questo atto lo dichiaro, proprio perché il resto del mio intervento dirà cose un pochino diverse.
Ho sentito più volte fare riferimento da parte dell’opposizione, durante la discussione, all’assessore Marcolini che in questo momento non è presente. Naturalmente né io né altri della maggioranza dobbiamo essere coloro che difendono un assessore in particolare, ma lo faccio perché mi sembra che ogni volta che si parla di bilancio o, come in questo caso, di patto per lo sviluppo, o non comprendiamo bene di che cosa stiamo parlando oppure ci fa comodo non comprendere bene di che cosa stiamo parlando. Se pensiamo che il bilancio sia un atto puramente tecnico-finanziario e se pensiamo che il patto per lo sviluppo sia un atto puramente tecnico-finanziario, in cui quello che conta è come sono state allocate le risorse e quante risorse sono state messe, allora è chiaro che dobbiamo chiamare in causa l’assessore al bilancio, ma se sappiamo o se capiamo che il bilancio è una scelta comune di tutta la Giunta e di tutta la maggioranza e che il patto per lo sviluppo è o sarebbe dovuto essere un incontro tra tutta la Giunta e fra tutta la maggioranza, per questo credo che sia riduttivo chiamare in causa un assessore in particolare. Non lo dico per difendere l’assessore che non ne ha certamente bisogno ma perché dobbiamo riportare la discussione che stiamo facendo nei giusti termini.
Il terzo punto che volevo mettere in evidenza è che ho sentito dire più volte negli interventi che si sono succeduti — più fortemente e con più credine da parte dell’opposizione, in maniera più soft da parte della maggioranza — che questo atto ha visto il Consiglio ancora una volta tenuto fuori dalla programmazione, che quindi noi vogliamo andare a controllare come verranno spesi questi soldi e quant’altro. Anche qui — l’ho detto in altre situazioni — è necessario assolutamente un coinvolgimento forte del Consiglio a monte della programmazione e non a valle. E’ anche vero che alla fine, tra la strategia, la programmazione e il controllo, io preferirei molto di più svolgere il primo e non il secondo. Quindi, tutto sommato, il fatto che poi il Consiglio, alla fine, debba andare a controllare come vengano spesi i soldi, mi fa dire che o ci fidiamo o non ci fidiamo. Avrei preferito un atto di spessore più alto, piuttosto che pretendere o arrabbiarmi perché poi pretendo di andare a controllare come questi finanziamenti verranno spesi.
E’ vero che non c’è il Crel e che oggi abbiamo rinviato l’atto per l’istituzione del Cal, ma siccome al Consiglio e alle Commissioni nessuno impedisce di convocare le parti interessate anche durante la procedura, anche prima che l’atto arrivi e considerato che in Commissione gli approfondimenti possono essere fatti in maniera molto più forte di come sono stati fatti in alcune Commissioni, per quanto riguarda questo caso, allora, per non usare la frase “un colpo al cerchio e un colpo alla botte”, diciamo che se non siamo del tutto soddisfatti dobbiamo dividerci le responsabilità un po’ tutti insieme.
Non sono molto soddisfatta di questo atto, probabilmente perché ci ho creduto troppo, probabilmente perché credevo davvero che avremmo fatto questo atto di grande spessore, di grande importanza che avrebbe dato la caratteristica a questa Amministrazione regionale, che sarebbe stato il salto di qualità e la punta di eccellenza di questa Giunta. Forse ci ho creduto troppo, mi aspettavo qualche cosa di diverso, mi aspettavo qualche cosa di più importante, di più forte, questo non ho trovato.
Il termine stesso “patto per lo sviluppo” modificato in “approvazione dell’intesa del programma per lo sviluppo”, già ci fa capire che non è quello che ci aspettavamo, è qualche cosa di meno, è una dichiarazione di intenti a cui, secondo me, non seguono poi concretamente i fatti. Questa scelta strategica forte di riprogrammazione, di ri-coordinamento, di reinvestimento delle risorse in maniera diversa, mi dispiace dirlo ma in quest’atto non l’ho trovata. Ho trovato diverse scelte a cui non possiamo dire di no, che sicuramente approviamo, ma che si sarebbe dovuto allocare in maniera diversa. Il fatto che ci siano tanti finanziamenti, all’interno di questo patto, per l’edilizia economica e popolare può non trovarci d’accordo? Siamo d’accordissimo. Non credo che sia però questo il contenitore. Secondo me avrebbe invece dovuto trovare maggiore sostanza e maggiori finanziamenti il discorso della ricerca, il discorso della volontà di innovazione, il discorso della volontà di modernizzazione di questa Regione e delle strutture che ad essa stanno a capo ed anche una chiarezza, una filosofia più precisa rispetto all’integrazione cultura-turismo e rispetto a quanto questa Regione voglia puntare effettivamente su questi due settori.
Mi pare che stia succedendo, in maniera meno grave, quello che è già successo precedentemente, quando per tanto tempo abbiamo parlato di agenzia o di azienda per l’internazionalizzazione, ci abbiamo creduto. Si trattava, naturalmente, di una riorganizzazione forte anche con le parti sociali, poi tutto ciò non è avvenuto, non se ne parla più, abbiamo scelto altre formulazioni.
Speriamo di ritornarci sopra, perché oggi mi sembra questo soprattutto un salvadanaio in cui abbiamo messo dei finanziamenti ed a cui andiamo ad attingere nel momento in cui questi finanziamenti ci servono.
Differentemente dai miei colleghi, sia di opposizione che di maggioranza, che hanno tenuto a giustificare, a valutare positivamente il comportamento delle associazioni che hanno firmato questo atto, io invece do un giudizio estremamente negativo, più ancora che sui politici, più ancora che su noi stessi. Se queste associazioni hanno firmato — non tutte — senza avere la consapevolezza, perché non ne avevano avuto il tempo, di quello che andavano a firmare — se fosse così, sarebbe ancora più grave — ma se hanno firmato perché sono state chiamate e quindi il fatto che sono state chiamate significa che possono partecipare al governo regionale direttamente e non indirettamente, è gravissimo. Non dobbiamo chiamare gli enti, i soggetti esterni, di qualunque parte essi siano, perché così, siccome stanno dentro, ci dicono di sì, li dobbiamo chiamare perché abbiano la competenza e la forza di dire e di aiutarci nel governare, perché se poi dobbiamo fare un tutt’uno perché non si sa più chi sta al governo o chi sta all’esterno,, gli enti pubblici e gli enti privati, gli enti istituzionali e gli enti privati, personalmente ne faccio volentieri a meno. Preferirei, la prossima volta, che decisero di no, che rinviino l’atto, che rinviino il patto, che chiedano approfondimenti, ma che non firmino quello di cui poi vanno dicendo di non essere convinti, e abbiano la capacità di aiutare veramente il governo regionale a questa crescita di qualità che serve per tutti e non certo per i politici.
Quindi la delusione più forte non è tanto su quello che trovo lì ma sul fatto che a questo patto siano state apposte tutte le firme.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.
Fabio PISTARELLI. Presidente, colleghi, vorrei rinunciare al mio intervento perché ha detto tutto la collega Mammoli. Voglio solo aggiungere una cosa: anzitutto rilevare la sua onestà intellettuale e politica, secondo il fatto che già i colleghi hanno sottolineato, che le critiche non sono in realtà nostre, si legga l’audizione del 28 settembre. Il segretario regionale della Cgil Venturi afferma: “abbiamo siglato solo la prima parte, perché o sono misure generiche o sono così specifiche e prese già dal bilancio che non occorre un nuovo patto”. Il segretario regionale della Cisl, Giovanni Serpilli, che ha sottoscritto solo la prima parte, dice: “E’ nato come un documento da incrociare con il Dpef, con il piano socio-sanitario. L’avevamo chiamato patto per questo, ora è solo un’intesa programmatica, generica e senza le specificazioni che erano state richieste: fasce deboli, infrastrutture, valorizzazione risorse intellettuali. L’Obiettivo 3 è assolutamente troppo debole”. Potrei continuare, per arrivare a Confindustria, dott. Pieroni, il quale afferma: “I contenuti. Poche le risorse. In effetti ci sono solo 10 milioni di euro scarsi aggiuntivi. E’ un’appendice a un bilancio già ingessato di per sé e che pertanto non permette di integrare quello che in realtà era stato promesso: misure per lo sviluppo, misure per la crescita”.
Io voglio aggiungere solo queste poche considerazioni per dire che il quadro è desolante, come è desolante quest’aula, disattenta, con una Giunta rappresentata, validamente per carità, ma solo o quasi dal Vicepresidente, non c’è l’assessore Marcolini, non c’è il Presidente Spacca. Doveva essere un documento di grande rilievo, la novità di questa legislatura già annunciata, perché nelle relazioni introduttive si dice ampollosamente questo. Già annunciata sia nel documento programmatico elettorale, sia nel precedente Dpef. L’attenzione mi pare sia commisurata e proporzionata a quello che è il rilievo di questo documento, cioè molto scarsa.
Mi fermo qui. Queste sono le considerazioni che abbiamo fatto ampiamente in Commissione, questa è l’ulteriore dimostrazione di quello che sostenevamo e sosteniamo da tempo: che purtroppo, per usare una vecchia definizione, si è spesso tentati — e lo si porta anche a compimento — di fare leggi manifesto, piuttosto che leggi o atti amministrativi di contenuto serio e mirato, attraverso una destinazione seria e mirata di risorse e di interventi qualificanti. Siamo qui a discutere un documento che rititola, ma senza scrivere un nuovo libro, con pagine assolutamente lasciate in bianco, che o sono capitoli di bilancio già presenti, oppure quel che c’è di nuovo è trattato in maniera molto inconsistente e insoddisfacente per quanto riguarda poi le dotazioni, le misure, dotazioni e misure che già vedono gli uffici da tempo impegnati a farne attuazione, ma che hanno espunto, escluso le parti sociali che hanno più volte denunciato questa cosa, l’intero Consiglio regionale nella discussione di merito. Cioè soggetti che sono i beneficiari, concrete modalità attuative di determinate misure: anche su questo individuiamo e rileviamo un’assoluta pochezza, mancanza di quelle che erano le basi del ragionamento, cioè quelle di un confronto serrato, fattivo e che portasse a risultati in grado di fare sintesi del nostro sistema regionale e delle sue emergenze.
E’ pertanto una bocciatura sonora di questo patto che diventa intesa di programma, un’intesa che non c’è, un programma che vede non innestata quella marcia che era stata annunciata ampiamente. Ancora una volta un’operazione di mero lifting, di mera propaganda esterna, priva di contenuti. Lo dicono le categorie, lo dicono le parti sociali, lo dicono ampi settori anche della stessa maggioranza.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannini.
Sara GIANNINI. Vorrei riportare la questione su cos’è l’intesa e anche sulla novità rispetto al contenuto del documento. Una novità — condivido quello che dica il consigliere Procaccini — che mette anche in relazione i decisori della politica con coloro che nella società, nell’economia hanno la possibilità di tradurre concretamente le posizioni, le decisioni, le norme e di utilizzare fondi e risorse che noi mettiamo a disposizione.
Mi pare un utile modo di procedere, perché penso che la politica non può più avere la presunzione, in una società complessa e articolata come la nostra, di racchiudere in sé tutte le risposte e di pensare di riuscire a risolvere da sola le questioni che attengono invece a bisogni, necessità che provengono da diverse istanze sociali ed economiche, una società articolata come quella marchigiana e italiana.
Su questa intesa penso che non dobbiamo né enfatizzare i contenuti, i risultati, ma nemmeno esagerare nella demonizzazione. Personalmente credo che sia un valore il fatto che le associazioni abbiano deciso di firmare l’atto. E’ sbagliato se l’atto viene firmato e a latere criticato, e su questo ha ragione la collega Mammoli. Ci possono essere sicuramente opinioni che pensano che l’atto poteva essere migliorato, anzi elaborato anche in Consiglio, con tutte le Commissioni che lo hanno esaminato, con tutte le audizioni che sono state fatte, un lavoro di miglioramento e di condivisione anche di un percorso che in molti casi ha ottenuto anche alcune posizioni congiunte di maggioranza e opposizione.
E’ quindi evidente che tutti gli atti che riguardano una programmazione larga e che toccano diversi aspetti della politica regionale hanno possibilità di essere migliorati, non dobbiamo enfatizzare e nemmeno demonizzare, io credo che questo sia uno strumento utile nel metodo e anche nel contenuto per le Marche e per la sua struttura socio-economica.
Nella Commissione bilancio ma anche nelle altre Commissioni si è chiesto alla Giunta di riportare entro sei mesi i risultati conseguiti sugli obiettivi che l’intesa si è data. Mi è sembrata una proposta utile, che ha il compito di responsabilizzare coloro che hanno firmato, quindi la Giunta e le parti sociali, anche il Consiglio che secondo me non ha la funzione di giudice ma di produrre insieme all’organo di governo le migliori leggi per le Marche, che è cosa diversa dall’introdurre pagelle o giudizi sui singoli assessori. Condivido quello che diceva la collega Mammoli su questo, perché è evidente che il lavoro che ha riguardato l’intesa è un lavoro collegiale, sul quale prima di tutto si è speso il Presidente della Giunta regionale oltre che i singoli assessori, quindi ritengo che quando questo accade il prodotto sia della Giunta e della maggioranza. Questo è il modo con cui i Ds si rapportano alla politica.
Credo che, come tutte le cose che iniziano e per la prima volta si strutturano — di patto per lo sviluppo ce n’è stato un altro, ma in altra legislatura — questa sia un’utile base di partenza. In realtà noi abbiamo una forte difficoltà nazionale. Il consigliere Capponi prima faceva riferimento al declassamento delle agenzie di rating. Questo è un problema che non si risolve con le intese per lo sviluppo, credo però che i risultati di questi declassamenti non provengano dagli ultimi 100 giorni del Governo Prodi ma derivano da un esame serio della finanza nazionale, che è frutto di un percorso pluriennale. Immagino che una riflessione su come anche le Regioni contribuiscono a lavorare affinché si possano recuperare le posizioni dell’Italia nel giudizio delle agenzie internazionali di verifica, sia utile farla e la faremo con il prossimo Dpefr, con la legge di bilancio, la stiamo facendo partecipando alla discussione nazionale sulla costruzione e definizione della finanziaria.
Credo che individuare in questa intesa aspetti positivi non sia difficile. Abbiamo 10 milioni di euro in più rispetto al bilancio corrente che è stato approvato, le parti sociali hanno sottoscritto tutte la pre-intesa. Credo che noi dobbiamo lavorare e su questo credo che un invito molto forte vada fatto al Presidente della Giunta regionale e agli assessori, ma principalmente al Presidente Spacca per recuperare al più presto il dialogo con le due sigle sindacali, tra l’altro importanti, che non hanno sottoscritto lo schema successivo di intesa. Si sono raccolti alcuni obiettivi strategici, che erano quelli stabiliti nel programma di legislatura e poi anche nella legge di bilancio regionale, quindi il favore del sistema produttivo nelle Marche, l’integrazione turismo-cultura-ambiente, gli inserimenti lavorativi, l’edilizia pubblica, che è vero che potrebbe non riguardare esplicitamente l’intesa, ma io credo che in un ragionamento complessivo sulla politica regionale per le Marche, il tema della casa che viene fornita a tutti, anche a coloro che non hanno la possibilità di acquistarla a prezzi che siano compatibili con le disponibilità economiche delle famiglie medie marchigiane, sia utile.
A nome anche del gruppo esprimo il voto favorevole all’atto amministrativo che viene oggi discusso. Credo che sia stato giusto che il percorso sia stato concordato, costruito anche con le Commissioni, perché questo ci ha consentito di recuperare quel compito importante che fa parte del ruolo del consigliere, che non è solo quello di approvare atti che altri propongono, ma lavorare affinché ci sia la possibilità di ampliare il consenso, di ragionare sulle questioni che ci vengono poste in modo anche libero, come oggi è avvenuto in questo Consiglio. Penso che sarebbe stata utile la presenza del Presidente Spacca che oggi è impegnato a Roma, però credo che quando discutiamo di queste cose sia utile concordarne la presenza, perché l’intesa è un provvedimento di carattere generale la cui importanza dovrebbe essere sottolineata anche con la presenza del Presidente della Giunta regionale.
Esprimo quindi parere positivo da parte del gruppo Ds, mi riservo di discutere quando verranno portati in Consiglio, fra sei mesi, i risultati conseguiti dall’intesa, gli obiettivi che sono stati colti e anche i limiti o le inefficienze delle questioni che sono state nell’intesa indicate, approfondendo ulteriormente sia la missione che questa intesa aveva sia il consenso che ha raccolto non solo con la firma delle organizzazioni sindacali e di categoria, ma anche il riscontro che nella società marchigiana, dal punto di vista economico e sociale si è avuto sull’atto calato nella vita quotidiana di ognuno.
PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Lippi.
Leonardo LIPPI. Colleghi consiglieri, Presidente, sono state dette tante parole, condivido gli apprezzamenti fatti dai consiglieri di minoranza in toto, condivido le parole della collega Mammoli. Voglio evidenziare un aspetto fondamentale, e parlo anche per quello che riguarda la strategia 2.1 relativa alla valorizzazione in modo integrato dei territori, con particolare riferimento alle aree interne.
Stiamo parlando di risorse ordinarie e quindi non parliamo di una strategia condivisa per il famoso riequilibrio su cui molto si è scritto nel programma di governo di questa Giunta regionale. Soprattutto voglio evidenziare un aspetto fondamentale: che si valorizza più il territorio, contrariamente a quella che deve invece essere la valorizzazione degli uomini e delle donne che vivono nelle aree interne e che credono e restano ancora attaccati a quei territori e ne permettono la vivibilità. Quindi critico la filosofia di fondo di parlare di un’area e non di un contesto antropizzato che ha mantenuto il livello di vita in quelle aree e permetterà, domani, di diventare una risorsa economica per questa regione.
Quando dico queste cose voglio puntualizzare che non si parla di territori come riserve indiane, sono territori che da sempre sono stati vissuti dall’uomo e che on devono essere abbandonati dall’uomo stesso, quindi ci vuole un’azione strategica mirata più sulla valorizzazione della risorsa umana e non del territorio stesso, perché se diamo capacità operativa ai giovani che stanno formandosi in questi territori, potranno permettersi anche il lusso di rimanere a lavorare in queste aree, altrimenti favoriremo un esodo biblico da queste aree e avremo sì territori di ampio valore paesaggistico e naturalistico, ma avremo delle aree completamente spopolate. Chiedo allora con forza un’intesa di riequilibrio, puntata esclusivamente e fondamentalmente sulla valorizzazione dell’uomo che ancora resta, resiste e continua a resistere su queste aree, nonostante le difficoltà economiche che lo vedono penalizzato rispetto agli altri cittadini della nostra regione.
Chiedo quindi con forza, in virtù anche del ruolo che svolgiamo all’interno di questo Consiglio, con una forte rappresentanza di consiglieri che provengono da quelle aree e che credono nello sviluppo interno, soprattutto per la valorizzazione del turismo, quindi creazione di nuovi posti di lavoro per le giovani leve che si stanno formando, un più puntuale intervento, maggiori risorse non destinate al mantenimento delle condizioni del manifatturiero di basso livello, ma azioni finanziarie che costituiranno il ruolo propositivo per lo sviluppo economico fondamentale della nostra regione, che creeranno cicli di sviluppo e flussi monetari importantissimi extra territoriali, provenienti da zone che non sono all’interno della nostra regione, ma dell’Italia e delle altre nazioni europee e mondiali. Quindi una maggiore attenzione a valorizzare gli uomini e le donne di queste aree, più che il territorio stesso. Questo ribadisco con forza, perché da quello che si vede in questo piano strategico, le risorse iscritte, fortunatamente recuperate — e ringrazio la maggioranza — con l’ordine del giorno presentato in occasione della discussione del bilancio di gennaio, sono solo l’ordinarietà per garantire il mantenimento dell’esistente. Se vogliamo credere nello sviluppo di queste aree e riequilibrare le risorse economiche di quei territori, dobbiamo investire di più, investire nel futuro, che non è immediato ma a lungo termine. Per questo chiedo con forza una maggiore attenzione nella programmazione e soprattutto una anticipazione del dibattito, non per correre dietro, poi, ai provvedimenti che la Giunta fa — perché deve operare — rispetto a quello che il Consiglio decide in questa sede.
Per questo confermo quanto ho detto e chiedo con forza maggiori risorse per le aree interne e per il loro riequilibrio.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare, quindi propongo che dopo l’intervento dell’assessore Marcolini, o interrompiamo i lavori per riprendere alle 15, oppure facciamo le dichiarazioni di voto sia sull’ordine del giorno che sull’atto, interrompendo per riprendere poi alle 15,30, altrimenti si allungherà sempre di più la lista delle mozioni non discusse.
Ha la parola l’assessore Marcolini.
Pietro MARCOLINI. Penso che questa stessa discussione sull’intesa di programma per lo sviluppo abbia, seppure con difficoltà, cercato di affrontare gli scopi, gli obiettivi sottostanti con la necessaria chiarezza.
Intanto vorrei riflettere su un elemento che riguarda l’istruzione degli atti di programmazione e sul fatto che ci sia una diacronia tra l’istruzione e la discussione degli atti stessi. Voglio ricordare che la discussione sul patto per lo sviluppo, come inizialmente si chiamava questo documento, poi ridenominato “intesa di programma per lo sviluppo”, viene indicata dal documento di bilancio e comincia una discussione a partire dal mese di giugno. Il 17 luglio viene siglato l’atto e purtroppo soltanto oggi riusciamo a discuterne. Nel frattempo ci sono stati due appuntamenti importanti: l’assestamento di bilancio e la presentazione al Consiglio del Dpef. Lo dico al consigliere Santori, perché su questo sa bene, perché ne abbiamo già parlato in Commissione, che la critica circa le sfasature della discussione sono un problema che riguarda l’impianto istituzionale e forse anche l’impianto della legge, la 46 in modo particolare, ma in generale quella sulla programmazione finanziaria.
Il consigliere Santori ricorderà di avere convenuto con tutta la Commissione, oltre che con il sottoscritto, che il Dpef, ad esempio, ha un senso discuterlo se si riesce a parlarne entro il mese di settembre, cosa che regolarmente abbiamo fatto anche quest’anno, lavorando durante il mese di agosto per formulare una proposta che poi, in base agli obblighi della legge, deve avere due pareri preventivi: quello del vecchio comitato economico e sociale e quello della conferenza delle autonomie locali, che hanno chiesto tempi e termine per la discussione e che è arrivato esattamente a ieri mattina. Quindi il carattere previsionale, di orizzonte viene ad essere completamente sfumato, dovendosi aspettare a questo punto, per l’aggiornamento, la discussione della finanziaria che tradizionalmente si conclude nella seconda metà del mese di dicembre. Lo ripeto perché era una condivisione comune, consigliere Santori. Sarebbe utile o accorpare la discussione del preventivo considerandolo come un appuntamento legato al Dpef, oppure dichiarare l’insufficienza dello strumento legislativo di cui ci siamo avvalsi. In qualche maniera il patto, l’intesa di programma per lo sviluppo soffre dello stesso sfasamento. Questo sfasamento, dal punto di vista dei risultati politici ha due vantaggi. Il primo è che è un documento largamente partecipato. Voglio ricordare che il documento è stato firmato dalla Confapi, dalla Confindustria, dall’organizzazione degli artigiani Casa, Cgia, Clai, Cna, per l’agricoltura da Cia, Coldiretti, Confagricoltura, Copagri, per il commercio da Confcommercio, Confesercenti, per le cooperative dall’Agci, dalla Confcooperative, dall’Unci, dalla Lega delle cooperative e dalle organizzazioni sindacali, di cui una integralmente, la Uil, e altre due, Cisl e Cgil, per la parte preliminare, riservandosi di esprimere un giudizio più compiuto sulla base dei risultati che verranno rendicontati.
C’è stata un’ampia partecipazione del Consiglio, con pareri motivati, con arricchimenti e con l’individuazione anche del percorso che viene sintetizzato nell’ordine del giorno presentato dal presidente della II Commissione, che stabilisce un percorso non soltanto di indirizzo ma anche di controllo su questo atto, a sei mesi dal suo varo definitivo in aula, per cercare di misurare gli effetti concreti che questo atto di programmazione concertato riesce a produrre.
Venendo al merito della questione si è detto anche che le risorse sono poco significative, che spesso c’è un intreccio dello straordinario con l’ordinario e che quindi il carattere moltiplicativo di questo intervento risulta piuttosto modesto. Vorrei richiamare, senza iattanza ma con grande realismo, i limiti finanziari, da collasso finanziario in cui le amministrazioni locali e le Regioni versano, anche per il pesante lascito della finanza nazionale, che non può che essere registrato. A distanza di quattro mesi, realisticamente si rispecchia uno stato di cose, non voglio dire né in peggio né in meglio. Convengo che per quello che riguarda i problemi del sottofinanziamento, c’è un problema di profilo e di respiro ancora più storico.
Detto questo, che in una situazione di collasso finanziario la Regione riesca a indirizzare qualche cosa come una decina di milioni per quello che riguarda la moltiplicazione degli effetti nei settori cruciali dell’amministrazione regionale a me pare un risultato dignitoso, degno di una valutazione positiva, perché si è riusciti a indirizzare su obiettivi qualificati e partecipati una somma non insignificante, data la disponibilità delle risorse. Che poi ci sia stato un intreccio stretto sia con le risorse regionali che con quelle comunitarie, penso che sia un dovere, non un lusso. Grave sarebbe stato se avessimo avanzato un’ipotesi decontestualizzata, che non avesse alcun contatto con le politiche in corso, con l’ambizione di fungere da impulso, da acceleratore, da moltiplicatore degli interventi definiti.
Complessivamente si porta a coerenza con questa intesa, non soltanto l’intervento dei 10 milioni ma anche l’intervento dei circa 23 milioni riferiti agli interventi finanziati con risorse statali nel campo dell’edilizia economica e popolare, residenziale, convenzionata e pubblica, quindi sommando aggiuntivamente, perché le risorse regionali per l’edilizia sono state riservate alla gestione diretta delle Regioni e non assegnate alle Province e agli Erap. Quindi, pur a valere sulle risorse statali, erano appannaggio regionale l’indirizzo e le qualificazione degli interventi, in due direzioni: quella sociale e quella tecnologicamente avanzata, rispettivamente per 14 e per oltre 7 milioni. Parliamo complessivamente di oltre 40 miliardi di vecchie lire che, aggiunti alla parte realmente aggiuntiva di circa 10 milioni, significa poter indirizzare 63-64 miliardi di vecchie lire per interventi di sostegno allo sviluppo economico nel nome della modernizzazione dell’apparato e della equità sociale.
Penso quindi che lo sforzo fatto e i risultati conseguiti meritino un giudizio di piena sufficienza, di soddisfazione avuto riguardo ai limiti in cui si viene ad operare. Non voglio però sfuggire ad alcune delle questioni che qui sono state sollevate. Qui non c’è alcuna volontà sperimentalista, oppure di premio sulla comunicazione rispetto al reale. E’ vero che Berlusconi ha contagiato un po’ tutti, quindi spesso la comunicazione virtuale ha una prevalenza sul reale. E’ questa una critica che ormai ci possiamo ritorcere quasi costantemente. Devo dire che non è questo il caso, nel senso che si è detto con grande onestà quello che c’era sul piatto, quali sono state le difficoltà.
Mi verrebbe di dire qualcosa sul declassamento, che sarebbe imputato alla capacità nazionale o regionale, fatto da Standard & Poor’s, ma avremo modo nelle prossime settimane di parlarne più propriamente, sapendo che né sul piano nazionale può essere addebitato nemmeno al più scellerato dei governi, in tre mesi, con un mese estivo, il merito o il demerito del declassamento. Per quello che riguarda le Regioni, avvocato Castelli, lei dovrebbe sapere, prima di polemizzare, di che cosa si parla, perché la Regione Marche, insieme ad altre cinque Regioni ha un rating pari a quello della Repubblica. Per convenzione, cioè per legge, il rating delle Regioni non può superare quello della Repubblica. Insieme a noi sono state “declassate” la Lombardia, l’Emilia Romagna, la Toscana, la Valle d’Aosta, le migliori regioni, perché erano quelle che stavano a livello dello Stato. Anche la Lombardia, pur avendo quasi il 20% delle esportazioni nazionali, è pur sempre una parte del tutto e se quindi il tutto ha un declassamento, la parte non può avere un merito di credito superiore.
Noi abbiamo avuto confermato da Standard & Poor’s, non più tardi di quattro settimane fa, il merito pieno della Repubblica, che è confermato dai conti analizzati durante il corso dell’anno e che è stato abbassato in relazione al fatto che la Repubblica ha avuto un livello in meno di rating. Con questo nessun demerito alla Regione: è l’automatismo legato alla Repubblica.
Voglio lasciare per strada la secretazione di eventuali rapporti di Moody’s, che conterrebbero giudizi negativi. le lettura giallistiche non dovrebbero avere udienza nel dibattito politico. Il Consiglio regionale ha tutti i documenti di rating consegnati tempestivamente e in maniera trasparente. Voglio ricordare però — e lo dico cogliendo questa occasione — che un conto è la trasparenza, un conto minacciare l’efficienza dei servizi. Voglio ricordare che da questo punto di vista abbiamo una nota della Corte dei conti che ci impone di privilegiare l’azione amministrativa corrente rispetto a quella che può essere considerata un’azione di neutralizzazione della buona amministrazione. Voglio spiegarmi: il consigliere Castelli ha presentato nelle ultime settimane, grazie a una consulenza particolarmente qualificata, 102 interrogazioni. Se il consigliere Castelli pensa che il servizio bilancio e la ragioneria possano essere messi a servizio di una forza politica che non ha né il tempo né la voglia di studiare e di guardare le carte, ha sbagliato indirizzo.
Guido CASTELLI. Lei è un bugiardo, perché in occasione...
Pietro MARCOLINI. Programmaticamente...
Guido CASTELLI. ...aspettiamo risposte di cinque mesi fa!
Pietro MARCOLINI. Lo voglio dire programmaticamente, perché se c’è qualcuno che pensa di dover rispondere negli ultimi mesi a 102 interrogazioni, più infine sollecitazioni...
Fabio PISTARELLI. Si vede, allora, che ha studiato, non che non ha studiato, il collega Castelli...
Pietro MARCOLINI. Voglio tornare all’argomento, perché fino adesso il tempo dedicato è stato tenace, paziente e spero di avere forza, pazienza e risorse da destinare a una doverosa informazione, che però deve conoscere un limite rispetto alla interdizione e alla riduzione dell’efficienza degli uffici.
Torno alle altre due osservazioni che venivano fatte. Una è il declassamento da patto a intesa. Qui non c’è alcun imbarazzo: è stata una richiesta condivisa di definire un percorso concertativo in forma meno contrattualizzata e in questo senso l’osservazione politica coglie nel segno. Si tratta di una modalità diversa di organizzazione che non replica quella che avevamo stipulato nella precedente esperienza di patto per lo sviluppo, anche se avevamo soltanto 7,5 miliardi a disposizione.
Il Consiglio riprende vigore? Io penso di sì, anche a questa domanda non mi sentirei, con grande franchezza e anche con onestà, di rispondere negativamente, perché lo stesso ordine del giorno presentato dai presidenti dei gruppi di maggioranza va nella direzione che indicava l’avv. Castelli: mi pare che si richiami la necessità di un controllo, oltre all’indirizzo, più penetrante e quindi la prospettiva di avere a sei mesi l’avanzamento delle singole misure, potendo sindacare e discutere nel merito degli aspetti che vanno suggerendo delle integrazioni, mi pare vada in questa direzione.
Le Arstel hanno avuto una vita particolarmente sacrificata, è partito tutto con un anno di ritardo, il primo anno sta andando in esecuzione, il secondo anno, d’accordo con le forze economiche e sociali, non per unilaterale iniziativa, si è deciso, proprio perché piuttosto impegnativa l’istruttoria — e si era già a metà dell’anno — di prevedere che quel finanziamento potesse confluire nel dare maggiore corpo, maggiore sostanza al patto per lo sviluppo. Questo è il motivo. Quindi non una strumentale separazione tra l’annuncio e l’esecuzione bensì una tempestiva occasione di utilizzare quelle risorse che altrimenti sì, sarebbero rimaste impegnate genericamente ma non spendibili nel corso del 2006.
Il consigliere Procaccini ha richiamato la necessità di una verifica che io condivido, e mi pare che si possa anche prevedere una sessione con le Commissioni congiunte in Consiglio per valutare i vari aspetti distribuiti per i singoli settori.
L’intesa di programma per lo sviluppo può rappresentare una modalità partecipata per le forze economiche e sociali ma anche per i livelli istituzionali, quindi può rappresentare una modalità da mettere a regime. Se la procedura venisse rilevata come straordinaria e aggravante il percorso democratico consiliare inserita organicamente nei documenti ordinari di bilancio, oppure nei piani generali. Abbiamo tre documenti in discussione in Consiglio che voglio ripetere. Uno è il Dpefr che è già in Consiglio da ieri, il secondo è il documento strategico preliminare che riguarda i finanziamenti delle politiche comunitarie dei prossimi sei anni, il terzo è il documento strategico territoriale. Aggiungere nell’ambito del bilancio annuale e triennale un capitolo che è monitoraggio e attuazione dell’intesa di programma per lo sviluppo, può venire incontro esattamente all’oggetto, all’animo dell’ordine del giorno presentato dai consiglieri di maggioranza e, penso, rispondere anche alle esigenze sottese agli interventi dei consiglieri di opposizione.
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto congiunte per l’ordine del giorno e per la proposta di atto amministrativo.
Ha la parola il consigliere Castelli.
Guido CASTELLI. L’ultima volta che ho sentito parlare il prof. Marcolini delle mie 102 interrogazioni è quando, in occasione dell’assestamento, mi ha detto “Burattini sta arrivando per le risposte”, però sono passati cinque mesi... Burattini si sarà perso, probabilmente, coperto dalla concertazione e ancora aspettiamo. Posso capire che sono stato spinto da un eccesso indagatorio, però mi pare che l’effetto ostruzionistico si dovrebbe essere esaurito da tempo, perché ormai 102 in tre mesi sono pari a poche decine alla settimana, attualizzate.
Credo di poter dire, annunciando con questo il voto negativo del nostro gruppo, che in realtà il prof. Marcolini ha eluso, sostanzialmente, le domande che gli facevo. E’ stato declassato, dice lui, il patto, a intesa perché si è richiesto un impegno molto contrattualizzato. Traducendo in linguaggio più banale si potrebbe sostenere che effettivamente questo grande invito alla costituzione di questo grande fenomeno programmatorio del patto sia stato obiettivamente degradato.
Da questo punto di vista, a mio modo di vedere oggi possiamo suggellare il fatto che in realtà quell’impegno è tramontato, è un obiettivo fallito. Dobbiamo dare alle cose il giusto nome, quindi il patto per lo sviluppo, così come fu congegnato nel bilancio 2006, è un esperimento fallito perché diluito in un impegno meno contrattualizzato, che in realtà sta ad alludere, a significare, a documentare il fatto che non si è realizzata quella condivisione operativa che era in animo di poter suscitare da parte della Regione.
Il collasso finanziario. Anche da questo punto di vista vale il discorso che facevamo prima per le mie 102 interrogazioni: se c’è una minaccia di carattere finanziario alla possibilità di realizzare i patti, questo va dichiarato prima, non dopo. Non possiamo accettare l’idea che vengano annunciate avveniristiche iniziative amministrative, tacendo, in quell’occasione, dei rischi finanziari che incombono sulla nostra Regione, poi il rischio finanziario, dovuto ovviamente a Berlusconi, viene tirato fuori nel momento in cui, a consuntivo, si misura una difficoltà o addirittura un fallimento, perché siamo di fronte a un fallimento, questo credo valga la pena valutarlo.
Terzo punto. La gravità della mancata realizzazione del patto deve essere messa in diretta relazione con il significato politico-amministrativo che aveva nel corso dell’ultima sessione di bilancio, quando il patto per lo sviluppo doveva essere anche lo scatolone verso cui dovevano rifluire gli interventi reclamati e non concessi, in quell’occasione, dai vari corpi sociali intermedi che protestavano e bussavano alle porte, come le Comunità montane e altri. Poi qualcuno c’è e qualcuno non c’è; certo è che da questo punto di vista lo strumento patto, ora intesa, è risultato essere semplicemente un calderone dove il ribollire dei diversi rancori ha cercato di trovare, in maniera più o meno contingente, una risposta. Ricordo all’aula che rifluiscono nell’intesa per lo sviluppo quei famosi 3 milioni di euro che furono oggetto di una grave contestazione per il differimento dei termini per quanto riguarda la legge 18, un meccanismo che abbiamo approvato la scorsa settimana, per quanto riguarda la possibilità di assegnare ai Comuni delle somme entro la primavera del prossimo anno.
Quindi a mio modo di vedere c’è di tutto, ma non quello che ci doveva essere. Ripeto, dobbiamo essere onesti e chiarire al Consiglio regionale e alle Marche che è un obiettivo non realizzato, molto semplicemente, senza troppa enfasi, senza troppi giri di parole.
L’assessore Marcolini si è molto scaldato. Io non ho mai confutato che la tesi dell’automatismo non fosse vera, non sono stato io a dirlo. Io ho semplicemente chiesto quale sia stato, nei tempi recenti, il rating fornito dalla Moody’s. Lei si è molto scaldato su questa cosa, perché dallo scartabellare continuo che poi consente la presentazione delle 102 interrogazioni, ho preso nota e contezza del rating di Standard & Poor’s, non ho ritrovato le carte, che sicuramente ci sono, del rating di Moody’s, quindi ho chiesto “mi dice qual è stato l’ultimo rating di Moody’s?”.
Pietro MARCOLINI. Tu hai detto una cosa diversa: hai detto che io avrei secretato il giudizio perché è negativo.
Guido CASTELLI. Ma puoi leggere la centotreesima interrogazione che dice: “è successo, per caso, che l’assessore Marcolini si è avvalso della clausola, che lega Moody’s alla Regione Marche, di rifiutare il rating?”. Non appena la mia verve ostruzionistica te lo consentirà, mi risponderai che ho detto una sciocchezza.
Un minimo di grattacapo l’esercizio della funzione assessorile, pure lo contempla.
Sul rating non ho mai confutato l’automatismo, dico semplicemente che voglio sapere qual è l’andamento degli ultimi rating di Moody’s: se sarà possibile saperlo, avremo secretato, in questo modo, la polemica.
Quello che invece mi sembra giusto dire a conclusione del discorso, è che noi, in questa circostanza, possiamo cantare il de profundis alle Arstel che non esistono più, sono state una meteora che ha screziato il cielo di questa regione per tre anni, ora quel denaro va in quel calderone che ribolle di idee e di auspici programmatori, a questo punto. Dovremmo tenere informati coloro i quali, magari, ci avevano creduto, perché le Arstel, probabilmente come prenotazione finanziaria ancora rimangono, ma mi sembra di poter dire che buona parte della sostanza che doveva consentirne la realizzazione, non c’è più.
Credo quindi che, su questa base, si debba dire semplicemente, con molta onestà, che l’esperimento “patto per lo sviluppo” è fallito. Poi, sull’ordine del giorno sono d’accordo, però dobbiamo visionare un qualcosa di ineffabile, probabilmente di ectoplasmatico, ma monitoriamo pure; speriamo che ci sia qualcosa da monitorare.
PRESIDENTE. Non ho altri iscritti a parlare, quindi pongo in votazione l’ordine del giorno...
Fabio PISTARELLI. Presidente, chiedo la verifica del numero legale, perché l’aula sta per votare un documento programmatico di una certa rilevanza. Mi pare che sia preliminare anche alle dichiarazioni di voto, perché questo ordine del giorno noi non l’abbiamo sottoscritto in Commissione né lo voteremo in aula perché premette una condivisione che non c’è sul documento programmatico, ma sottolineiamo pure la preoccupazione forte della maggioranza, perché questo ordine del giorno fa capire quanto sono preoccupati, già, all’interno della maggioranza, per quanto riguarda l’attuazione di questa intesa, che prevede entro sei mesi un confronto consiliare, dice di non attivare nuove strutture finanziarie ma riorganizzare la razionalizzazione degli strumenti finanziari. Significa che l’intesa non è ancora né un patto né un’intesa vera e propria, perché tali e tante sono le preoccupazioni.
Chiediamo, comunque, che preliminarmente sia verificato il numero legale.
PRESIDENTE. Prego di procedere alla verifica del numero legale.
Michele ALTOMENI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama.
Agostini presente
Altomeni presente
Amagliani assente
Badiali presente
Benatti assente
Binci presente
Brandoni presente
Brini assente
Bucciarelli presente
Bugaro assente
Capponi assente
Castelli assente
Cesaroni assente
Ciriaci assente
Comi presente
D’Anna assente
Donati presente
Favia presente
Giannini presente
Giannotti assente
Lippi assente
Luchetti presente
Mammoli presente
Massi assente
Mezzolani presente
Minardi assente
Mollaroli presente
Ortenzi assente
Petrini presente
Pistarelli presente
Procaccini presente
Ricci presente
Rocchi assente
Romagnoli assente
Santori assente
Silvetti assente
Solazzi presente
Spacca assente
Tiberi assente
Viventi assente
PRESIDENTE. Dato che non sussiste il numero legale, sospendo la seduta che riprenderà tra un’ora.
La seduta, sospesa alle 13,55,
riprende alle 15,25
PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta dove l’avevamo lasciata. Pongo pertanto in votazione l’ordine del giorno.
Il Consiglio approva
Pongo in votazione il coordinamento tecnico.
Il Consiglio approva
Pongo in votazione la proposta di atto amministrativo.
Il Consiglio approva
La seduta è tolta.
La seduta termina alle 15,30