Resoconto seduta n.46 del 14/11/2006
La seduta inizia alle 10,30

PRESIDENTE. Do per letto il processo verbale della seduta n. 45 del 7 novembre 2006, il quale, ove non vi siano obiezioni, si intende approvato ai sensi dell’art. 29 del regolamento interno.

(E’ approvato)


Proposta di atto amministrativo
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. E’ stata presentata, in data 27 ottobre 2006, la proposta di atto amministrativo n. 38, ad iniziativa della Giunta: «Programma degli interventi per l’anno 2006 – Criteri e modalità per la concessione dei contributi ai sensi degli articoli 2 e 3 della l.r. n. 51/19997 “Norme per il sostegno dell’informazione e dell’editoria locale”, assegnata alla I Commissione in sede referente e alla II per il parere obbligatorio.


Mozione
(Annuncio di presentazione)

PRESIDENTE. E’ stata presentata la mozione n. 129 del consigliere Capponi: «Problematiche relative alla prevenzione e il risarcimento dei danni provocati dalla fauna e dalla caccia di cui all'art. 34 della l.r. n. 7/95».



Deliberazioni inviate
dalla Giunta regionale


PRESIDENTE. La Giunta ha trasmesso, in data 23 ottobre 2006, le seguenti deliberazioni:
— n. 1230: «Art. 25, comma 1 della l.r. 10 febbraio 2006, n. 3 – Iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2006 di entrate derivanti da assegnazione di fondi da parte dello Stato vincolati a scopi specifici e delle relative spese. _ 2.861.845,72. Modifica al P.O.A. 2006 – D.G.R. 154 del 20/02/2006 e successive modificazioni»;
— n. 1231: «Art. 29, comma 2, della l.r. 11 dicembre 2001, n. 31 – Variazione compensativa al Programma Operativo Annuale 2006 approvato con D.G.R. n. 154 del 20 febbraio 2006 e sue successive modificazioni ed integrazioni. euro 50.000,00»;
— n. 1232: «Art. 29, comma 2, della l.r. 11 dicembre, n. 31 – Variazione compensative al Programma Operativo Annuale 2006, approvato con D.G.R. n. 154 del 20 febbraio 2006 per attuazione decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 11743 del 18/02/2005 (codici SIOPE). Modifica al Programma Operativo Annuale 2006 – D.G.R. 154 del 20 febbraio 2006 e successive modificazioni»;
— n. 1233: «Art. 20, comma 3, della l.r. 11 dicembre 2001, n. 31 – Prelevamento dal fondo di riserva per spese obbligatorie del bilancio di previsione per l’anno 2006. euro 100.000,00»;
— n. 1234: «Art. 25, comma 1, della l.r. 10 febbraio 2006, n. 3 – Iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2006 di entrate derivanti da assegnazioni dallo Stato e delle relative spese. Importo di euro 130.524,23»;
— n. 1235: «Art. 25, comma 1, l.r. 10 febbraio 2006, n. 3 – Iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2006 di entrate derivanti dal rimborso, da parte dello Stato, delle risorse per il finanziamento delle funzioni di cui alla L. 210/92 – Indennizzi a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati – trasferite ai sensi del D.Lgs 112/98 e DPCM; conseguenti in materia di salute umana e sanità veterinaria e delle relative spese»;
— n. 1236: «Art. 25, comma 1, della l.r. 10 febbraio 2006, n. 3 – Iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2006 di entrate derivanti da assegnazione di fondi dallo Stato alla Regione Marche per la legge 23 dicembre 1993, n. 548 – Fibrosi cistica e relativi impieghi. euro 121.060,00»;
— n. 1237: «Art. 29, comma 2, della l.r. 11 dicembre 2001, n. 31 e art. 26 della l.r. 10 febbraio 2006, n. 3 – “Variazioni compensative al Programma Operativo Annuale”»
— n. 1238: «Art. 29, comma 2, della l.r. 11 dicembre 2001e art. 42, comma 3, della l.r. 2 febbraio 2006, n. 2 – Variazione compensativa al Programma Operativo Annuale 2006 approvato con D.G.R. n. 154/2006 per attuazione decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 11743 del 18/02/2005 (codici Siope). Modifica al Programma Operativo Ann: «Art. 25, comma 1, della l.r. 10 febbraio 2006, n. 3 – Iscrizione nel bilancio di previsione per l’anno 2006 di entrate derivanti da assegnazione di fondi da parte dello Stato vincolati a scopi specifici e delle relative spese. euro 555.646,95».



Rinvio seduta consiliare

PRESIDENTE. La seduta del Consiglio prevista per martedì prossimo 21 novembre è stata rinviata a martedì 28 novembre.


Giornata mondiale del diabete —
Campagna salute dipendenti Regione Marche


PRESIDENTE. Saluto i componenti dell’Unitalsi di Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto che sono venuti a farci visita e comunico ai consiglieri che sono in corso nell’Aula Verde dei controlli nell’ambito della Giornata mondiale del diabete — campagna salute dipendenti Regione Marche dei controlli per la glicemia, il colesterolo e la pressione arteriosa.


Congedi

PRESIDENTE. Hanno chiesto congedo il Presidente del Consiglio Bucciarelli, il Presidente della Giunta Spacca e l’assessore Ascoli.



Ordine del giorno della seduta

PRESIDENTE. Su richiesta della Giunta e su accordo della Conferenza dei presidenti di gruppo è stata rinviata la discussione del punto 3 dell’ordine del giorno, proposta di atto amministrativo n. 31: «Disciplina del Consiglio delle autonomie locali», alla seduta del 5 dicembre.



Interrogazione (Ritiro): «Nomina Presidente dell'Ente Regionale Fieristico» Bugaro (220)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 220 del consigliere Bugaro, che ha chiesto di parlare. Ne ha facoltà.

Giacomo BUGARO. Se il Vicepresidente Agostini mi conferma che l’oggetto della questione è decaduto, ritiro l’interrogazione.

PRESIDENTE. Ha la parola il Vicepresidente Agostini.

Luciano AGOSTINI, Vicepresidente della Giunta. Non esiste alcun conflitto tra Merlonghi e la Regione.

Giacomo BUGARO. Ritiro l’interrogazione.



Interrogazione (Svolgimento): «Determinazioni della Giunta regionale conseguenti agli incarichi professionali affidati dalla regione Abruzzo al Direttore di zona n. 13 di Ascoli Piceno» Castelli (171)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 171 del consigliere Castelli.
Per la Giunta risponde l’assessore Mezzolani.

Almerino MEZZOLANI. In relazione alla richiesta in data 28 settembre 2005, l’assessore alla sanità della Regione Abruzzo, nel comunicare la decisione della Giunta con cui la stessa Regione aveva attribuito all’ing. Maresca l’incarico di direttore generale della Asl di Lanciano-Vasto con decorrenza dall’1.12.2005, aveva richiesto a questo assessorato un nullaosta per i futuri direttori designati (si trattava dell’ing. Mario Maresca e del dott. Mario Molinari) al fine di poter loro attribuire l’incarico di commissario verificatore prima dell’assunzione dell’incarico di direttore generale. Tale richiesta al fine di un’attività propedeutica alle funzioni da assumere.
La domanda così formulata è sembrata in contrasto con la normativa vigente, in particolare con il 10° comma dell'art. 3 bis del D. Lgs. 502/92 e successive modificazioni ed integrazioni, il quale stabilisce che " la carica di direttore generale è incompatibile con la sussistenza di altro rapporto di lavoro, dipendente o autonomo" e di conseguenza pur volendo rispondere alle necessità della vicina Regione con tutta la collaborazione possibile è stato espresso un diniego in tal senso.
Alla proposta interpretativa fornita dalla Regione Abruzzo in ordine al problema della incompatibilità e al suo possibile superamento si è ritenuto di poter rispondere semplicemente rinunciando ai termini di preavviso stabiliti dall'art. 4 del contratto, sottoscritto dal direttore di zona di Ascoli con il direttore generale Asur, per le esigenze, esplicitate dalla Regione Abruzzo, di avere necessità di un'attività formativa e conoscitiva propedeutica all'avvio dell'attività gestionale di direttore generale.
Il direttore generale Asur, con determina 589 del 25 ottobre 2005, nel rispondere positivamente alla richiesta, inviata dall'ing. Maresca al direttore dell'Asur, di anticipare le dimissioni già formulate con nota del 30 settembre 2005, dal 1° dicembre al l° novembre 2005, ha quindi preso atto della cessazione dell'incarico dal 31 ottobre 2005.
L'attività di commissario verificatore si è quindi svolta dopo la cessazione dell'incarico di direttore di zona e il direttore generale Asur, a seguito della lettera di dimissioni, ha comunque invitato il direttore di zona ad un confronto sulle principali decisioni da concordare sia con la direzione generale che con il livello regionale.
Si precisa, inoltre, circa le nomine citate, che in ordine alla prima nomina citata, il direttore di zona agisce autonomamente nell'ambito dei suoi poteri, in assenza di qualunque parere, e nel caso di specie la nomina in questione non è stata fatta oggetto di alcuna osservazione, mentre nel caso della designazione del coordinatore del personale di vigilanza e di ispezione del dipartimento di prevenzione, in contrasto con il parere del direttore di dipartimento, tale nomina, che effettivamente fu oggetto di scontro e di una nota di protesta da parte del medesimo direttore, non fu poi conferita.
Si evidenzia infine che, fino alla data di cessazione dalla carica, il direttore di zona mantiene legittimamente inalterati i suoi poteri, pur avendo resa nota la sua decisione di dimettersi.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Normalmente l’interrogante si deve dichiarare soddisfatto o insoddisfatto della risposta avuta. In questo caso, più che insoddisfatto o soddisfatto mi dichiaro attonito, perché è vero che le domande che io ponevo all’assessore Mezzolani in realtà riguardavano fatti dell’anno scorso, ma guarda caso, la questione, pur sotto altre latitudini, ritorna di attualità, visto che abbiamo letto nelle recenti interviste dell’assessore Mezzolani, che di qui a qualche settimana si dovrà probabilmente assistere a un nuovo insieme di nomine, visto che i contratti di direttore di zona scadono il 31 dicembre.
Credo che il rapporto che ha legato l’ing. Mario Maresca alla Asl 13-zona territoriale 13, sia un esempio di ciò che è bene non fare quando si deve scegliere un direttore sanitario, visto che il rapporto, molto controverso fra questo personaggio, da alcuni amato, da altri odiato, in realtà ha fatto segnare una serie incessante di...

Marco LUCHETTI. Se si fanno i nomi si fa la seduta segreta.

Guido CASTELLI. Però l’interrogazione non era stata “oscurata” perché non sono fatti personali, sono nomine di assunzioni, fatte da un direttore che aveva già accordi con un’altra Regione per andarsene. Tanto è vero che se ne è andato portandosi dietro metà dei dirigenti amministrativi che noi pagavamo e abbiamo formato. Comunque il problema è che sono nomi relativi a incarichi, quindi non dirò nomi, proseguirò dicendo “l’innominato”, utilizzando una famosa formula retorica cara a Manzoni, anzi “l’innominabile”.
Il problema si è posto nel momento in cui il nesso fiduciario era così palesemente rotto e violato, che l’ex direttore della zona aveva già accordi con un’altra Regione, nel frattempo nominava dirigenti di secondo livello, quindi primari.
A mio modo di vedere la Giunta regionale ha perso un’ottima occasione per affermare con chiarezza, la chiarezza di cui tutti avvertiamo il bisogno in materia di nomine sanitarie, che quel genere di comportamento non poteva essere tollerato, proprio perché sono tante e tali le competenze e le delicate funzioni che gestisce un direttore di zona, da rendere assolutamente inaccettabile questo genere di atteggiamenti. C’è il giallo, poi, della permanenza o meno dell’ex direttore della zona sanitaria 13 ai vertici di quella zona, che si è risolto come sappiamo, purtroppo non senza conseguenze negative soprattutto per quanto riguarda il management che era stato formato e costruito con risorse regionali, che ha seguito l’ex direttore nella sua nuova avventura abruzzese.
A parte questo, a me pare che l’insegnamento da prendere da questa vicenda è quello di improntare il rapporto con i direttori di zona ai crismi di una professionalità che in qualche misura non sia solo riferita all’appartenenza politica o al nesso di fiduciarietà politica che lega l’assessorato ai singoli uomini, io credo che lo scatto di qualità che deve fare la nostra sanità è proprio quello di fare un appello più forte, più radicale ai criteri di professionalità, al di là delle tessere e delle appartenenze politiche, di cui mai come ora abbiamo ulteriormente bisogno. Probabilmente questa può sembrare una chimera, può sembrare un miraggio, non lo è, caro Luchetti, quando registriamo, con soddisfazione, che proprio grazie a un’intuizione di entrambi, da qui a qualche giorno, con ogni probabilità, riusciremo a introdurre una nuova norma, innovativa nel corpo giuridico del nostro ordinamento che riguarda appunto la necessità di diminuire la discrezionalità — e la Giunta regionale in questo senso ha dato il suo assenso — nella nomina dei primari. E’ un primo passo di liberazione della sanità dalla politica, di cui a mio modo di vedere c’è bisogno per ridare credibilità all’intero sistema.



Interrogazione (Svolgimento): «Costituzione Centro regionale per la archiviazione ottica, la conservazione digitale e la dematerializzazione dei documenti» Solazzi (456)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 456 del consigliere Solazzi. Per la Giunta risponde l’assessore Carrabs.

Gianluca CARRABS. In riferimento all'interrogazione in oggetto, si precisa che la Regione Marche ha già avviato alcune iniziative progettuali volte alla gestione elettronica dei documenti, alla realizzazione di sistemi di conservazione dei documenti informatici e alla dematerializzazione dei procedimenti amministrativi, a beneficio di tutta la pubblica amministrazione locale, comprese le aziende sanitarie.
In particolare, in occasione dell’avviso nazionale di e-government, la Regione ha presentato il progetto FDRM (flussi documentali della Regione Marche), progetto che ha ottenuto il co-finanziamento da parte del Cnipa (Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione). Principali finalità del progetto: consentire a tutti gli enti locali aderenti (più di cento enti locali del territorio tra Province, Comuni, Comunità montane e Unione di Comuni) di adottare un sistema comune di protocollo informatico e gestione di flussi documentali, coerente con le disposizioni di legge; offrire a cittadini, imprese ed amministrazioni la possibilità di sostituire lo scambio di documenti cartacei con lo scambio di documenti informatici, attraverso un sistema di posta elettronica certificata e consentire la firma digitale dei documenti gestiti.
A supporto di queste funzionalità la Regione Marche sta provvedendo alla distribuzione delle caselle di posta elettronica certificata alle amministrazioni coinvolte e alle relative aree organizzative omogenee oltre che alla consegna delle Carte Raffaello per la firma digitale. Particolare attenzione è stata data anche alle componenti relative alla gestione archivistica dei documenti, al titolario di classificazione, alla gestione dei fascicoli e del repertorio.
Attualmente la Regione sta allargando l'adozione di tale sistema di protocollazione e gestione documentale anche a tutte le zone territoriali e alle aziende ospedaliere del territorio, oltre che all'Asur(Azienda sanitaria unica regionale).
Si precisa poi che la Regione ha provveduto a realizzare un sistema documentale unico per la gestione elettronica degli atti amministrativi della Regione e delle aziende sanitarie del territorio, che permette: l'inserimento dell'atto amministrativo, insieme a tutti i suoi allegati, nel sistema documentale regionale; la consultazione degli atti amministrativi da parte degli utenti autorizzati; la pubblicazione degli atti amministrativi (in estratto) su internet.
Infine, coerentemente con le linee di azione indicate nel quadro strategico nazionale, la Regione Marche ha previsto, nell'ambito della nuova programmazione 2007-2013, la realizzazione di una infrastruttura regionale per la gestione documentale a supporto dell'innovazione organizzativa della pubblica amministrazione locale. Nello specifico, si tratterà di operare per: l'implementazione e diffusione di infrastrutture di protocollo informatico e gestione dei flussi documentali interoperanti tra loro che permettano la sostituzione del documento cartaceo con quello digitale presso tutte le pubbliche amministrazioni del territorio, incluse le aziende sanitarie; lo sviluppo dei servizi infrastrutturali di interoperabilità e cooperazione applicativa tra sistemi anche eterogenei tra loro, di tutte le pubbliche amministrazioni del territorio, incluse le aziende sanitarie; lo sviluppo e la diffusione di sistemi di sicurezza a tutti i livelli delle strutture informatiche e telematiche della PA locale, incluse le aziende sanitarie, con particolare riferimento alla diffusione di strumenti quali la firma digitale e la casella di posta certificata, l'accesso sicuro ai servizi telematici; la realizzazione di un catalogo unico dei servizi telematici offerti dalle PA delle Marche, incluse le aziende sanitarie; la realizzazione di un repository unico per la standardizzazione delle informazioni e dei processi; l'adozione di una cultura che si adegui ai cambiamenti organizzativi che derivano dai processi di dematerializzazione dei flussi documentali.
Tali attività sono state inserite nel Por “Competitività regionale” 2007/2013.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Solazzi.

Vittoriano SOLAZZI. Rispetto alle domande che erano state poste in questa interrogazione di cui sottolineo l’importanza operativa per una efficienza dell’ente che credo è dovuta perché assolutamente possibile, le risposte dell’assessore Carrabs, in modo particolare in riferimento a due domande specifiche che ponevo nell’interrogazione, quella relativa alla valutazione della realizzazione di una struttura centralizzata e all’inserimento, per l’investimento necessario, nel quadro strategico nazionale per la politica regionale 2007-2013 mi pare siano state di accoglimento di queste due richieste, quindi, salvo verificare nei fatti la concretezza dei propositi e la realizzazione degli stessi, mi dichiaro soddisfatto della risposta dell’assessore.



Interrogazione (Svolgimento): «Inaugurazioni, finanziamenti e appalti della società Quadrilatero» Giannini e Comi (438)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 438 dei consiglieri Giannini e Comi. Per la Giunta risponde l’assessore Pistelli.

Loredana PISTELLI. In relazione all'interrogazione si può rappresentare quanto segue.
Nel periodo in cui è stata presentata l'interpellanza l'area suddetta più correttamente era da definirsi "un'area di appoggio" per tutte quelle attività anticipate (verifiche) che consentono, lungo il tratto individuato dal progetto definitivo di redigere il progetto esecutivo per l'appalto dei lavori.
In definitiva tali attività riguardano: indagini geognostiche, monitoraggio ambientale, espropri, risoluzione interferenze con rilievi Che attengono alle infrastrutture presenti (acquedotti, linee telefoniche, ecc.).
Nel periodo che va da aprile a maggio è stata un'area di stoccaggio per i carotaggi eseguiti. Nel periodo di agosto e settembre l'area in questione di fatto non è stata utilizzata per depositi ulteriori.
Sono iniziate le opere di bonifica al fine di consentire l'impianto vero e proprio del cantiere che risulta posizionato a circa 200 mt. dall'area ora utilizzata come deposito di moduli del sisma della protezione civile in località Pontelatrave.
Il progetto esecutivo è stato completato e sarà consegnato al contraente generale del maxi lotto - 1, Collesentino 2 - Pontelatrave - SS 77 "ATI Associazione Temporanee di Impresa Strabag-CMC Grandi Lavori Fincosit Spa" (contratto di affidamento stipulato tra la Quadrilatero ed il contraente generale in data 20/04/2006), presumibilmente entro il corrente mese o la prima decade di dicembre.
Il tratto Collesentino-Pontelatrave avrà un tempo di realizzazione di tre anni ed è finanziato con i fondi del Cipe per un importo di euro 44.444.000,00.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Comi.

Francesco COMI. Questa interrogazione è datata perché risale a diversi mesi fa, quando assistevamo, nostro malgrado, a inaugurazioni di ogni tipo che non avevano poi una coerente visibilità in opere e lavori sul territorio. Oggi questa interrogazione fa emergere l’atteggiamento dei democratici di sinistra, ovvero un atteggiamento di censura politica verso un modo di interpretare le attività della società Quadrilatero, quindi un giudizio politico chiaro, netto con il quale noi conserviamo dubbi e perplessità da un punto di vista tecnico, contrattuale, finanziario circa le modalità, l’approccio con il quale si immaginava di realizzare le opere sul territorio ma al tempo stesso, acquisito questo giudizio politico, rispetto a chi annunciava che c’erano 4.000 miliardi e poi ce n’erano 2.000, rispetto a chi annunciava che entro marzo i lavori sarebbero iniziati e poi così non è stato perché sono iniziati solo da pochi giorni, rispetto a quel giudizio che è chiaro e netto, altrettanto netta è la determinazione della regione a non perdere tempo né risorse. Pertanto, con questo approccio abbiamo accolto, in uno degli ultimi Consigli regionali, il progetto di una nuova società Quadrilatero, una nuova compagine sociale nella quale entrassero anche le Regioni e le Province interessate. Tengo a dire questo, perché noi in futuro dovremo continuare la nostra opera di controllo. Lo faremo attentamente come consiglieri, come gruppo consiliare, perché ci sono due limiti forti nelle opere pubbliche, in particolare in quelle delle infrastrutture, che sono i tempi e i costi. Immaginare, progettare, realizzare una strada significa aspettare 25 anni, realizzare un chilometro di strada significa spendere mediamente 25 milioni di euro, in Italia, a dispetto dei 14 della Francia e dei 12 della Spagna. Ciò è inaccettabile.
Il ruolo di controllo continuerà, saremo presenti e attenti per assicurarsi che le opere siano fatte bene, in modo non invasivo e siano soprattutto opere concrete.



Interrogazione (Svolgimento): «Bollo auto per ambulanze» Massi (231)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 231 del consigliere Massi. Per la Giunta risponde l’assessore Marcolini.

Pietro MARCOLINI. Vorrei rispondere all’interrogante che la sua preoccupazione è anche la nostra, perché risulta del tutto evidente un regime di privilegio da accordare in materia di tasse automobilistiche alle associazioni di volontariato e di soccorso proprietarie delle autoambulanze. E’ un problema di ordine meramente formale, che però purtroppo non può essere eluso e per il quale la Regione non può sostituirsi alle associazioni di volontariato. E’ proprio in base alla lettera f) del testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche e con circolare 59/98 che il consigliere richiama, che sono le associazioni a dover chiedere il regime di esenzione e non unilateralmente la Regione a concederlo. Quindi in assenza di un regime privilegiato comunicato, cioè una domanda che deve essere fatta dalle associazioni all’agenzia delle entrate, unica titolare per il rilascio del privilegio, i ruoli regionali necessariamente registrano una posizione indifferenziata, quindi per non incorrere nelle censure della Corte dei conti per danno erariale, si inviano gli avvisi di pagamento in maniera indifferenziata. Il regime privilegiato deve essere richiesto all’agenzia delle entrate e ovviamente noi saremo ben lieti di registrarlo.
Mi rendo conto dell’effetto controproducente e da ovviare, ma gli avvisi di pagamento alla tassa automobilistica arrivano anche ai proprietari gestori delle autoambulanze come le associazioni di volontariato.
Potremmo farci parte diligente — cosa che abbiamo già segnalato all’agenzia delle entrate — facendo noi un’iniziativa presso le associazioni di volontariato, volta a sollecitare l’iscrizione presso i registri speciali delle agenzie delle entrate, ma più di questo non potremo fare.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Massi, per dichiararsi soddisfatto o meno.

Francesco MASSI GENTILONI SILVERI. La spiegazione fornita dall’assessore è razionale. Avevo avvertito un disagio in diverse associazioni che sembravano sorprese di questa non possibilità di usufruire del beneficio, però mi pare che nella conclusione dell’assessore ci sia la sostanza della questione, cioè che forse tutte le associazioni vanno informate di questa possibilità che hanno nel chiedere, con un’azione di parte, l’esenzione. Chiedo quindi all’assessore di informare, insieme all’assessore ai servizi sociali, le associazioni interessate di questa possibilità. Comunque ringrazio per il chiarimento.



Interrogazione (Svolgimento): «Problematiche relative all’orario di apertura degli uffici postali» Viventi (444)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interrogazione n. 444 del consigliere Viventi. Per la Giunta risponde l’assessore Carrabs.

Gianluca CARRABS. Sul caso specifico che ha riguardato, per il periodo estivo, l’ufficio postale di Albacina è stato già risposto in relazione alla interrogazione n. 444 del 2006, nella seduta del 10 ottobre 2006. In quella occasione ho riferito le spiegazioni delle scelte organizzative riguardanti gli orari e le assicurazioni fornite in merito dalla direzione regionale delle Poste Italiane. Ho risposto inoltre le iniziative in corso presso la Giunta regionale. Per rispondere più in particolare sugli specifici quesiti contenuti in questa interrogazione del consigliere Viventi, si fa presente quanto segue.
Le azioni intraprese successivamente alle risoluzioni approvate dal Consiglio regionale il 25 luglio 2001, sono state: la firma del protocollo d’intesa Regione, Anci, Upi, Uncem e Poste Italiane spa in data 24.11./2003.
Poste Italiane conserva ancora una posizione di esclusività in alcuni settori, ma in larga parte delle proprie attività è un privato a tutti gli effetti, soggetto al continuo confronto con il mercato.
Come ci è stato riferito dal country manager per l’Emilia Romagna e le Marche, il contratto di programma 2002/2005 del 4.4.2006 sottoscritto tra il ministro delle comunicazioni di concerto con il ministro dell’economia e delle finanze e Poste Italiane, ha impegnato la società a dare compiuta attuazione ai progetti e agli interventi di programma nel piano di rilancio dell’azienda attraverso soluzioni organizzative che garantiscano condizioni di equilibrio economico ed incremento della produttività.
E’ stato sperimentato anche all’interno di questa amministrazione che per allacciare alcuni rapporti contrattuali occorre porsi il problema di seguire procedure ad evidenza pubblica.
Negli incontri svolti in questi mesi è stato sempre dichiarato l’intendimento dell’azienda di valorizzare il radicamento capillare nel territorio, ma è stato anche evidenziato che il mantenimento degli attuali livelli dei servizi, anche in aree per l’azienda stessa improduttive (circa 100 uffici postali) è percorribile soltanto avviando con i principali enti locali della Regione accordi commerciali in qualche modo compensativi.
Va aggiunto che recentemente vi sono stati avvicendamenti nei vertici, da ultimo è stato nominato un nuovo country manager per l’Emilia Romagna e l(e Marche che ha già comunicato al Presidente della Giunta regionale una volontà di dialogo e di consolidamento dei rapporti e con il quale dovranno essere presto ripresi i contatti.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Viventi.

Luigi VIVENTI. Ringrazio l’assessore Carrabs per la risposta puntuale. Sollevai già in un’altra occasione questo argomento e ritengo che la risposta che oggi ho ricevuto vada comunque nella direzione che io auspico. Mi rendo conto per primo, essendo tra l’altro un uomo d’azienda, che le Poste oggi sono una spa e quindi devono fare ragionamenti improntati alla economicità e alla resa dell’investimento che viene effettuato. Mi permettevo però di ricordare che quando hanno assunto questa veste di privati e quando hanno ricevuto questa dote, lo hanno fatto in un regime sostanzialmente monopolistico, per cui dovrebbero anche ricordarsi dell’aspetto sociale che riveste la gestione di un servizio come quello postale. E’ evidente che le Poste oggi dicono “bisogna realizzare degli accordi con gli enti locali interessati in queste particolari zone interne, perché si può raggiungere un’intesa: praticamente noi manteniamo aperti dei servizi in cambio del pagamento dell’affitto dei locali da parte del Comune interessato, laddove si trova l’ufficio postale”. Qualcosa di simile è comprensibile. La mia sollecitazione andava nel senso di interessare la Regione affinché spinga in questa direzione nei confronti dei Comuni perché queste zone interne non perdano completamente tutti i servizi.



Ordine dei lavori

PRESIDENTE. Riassumo la situazione delle interrogazioni. La 424 e la 537 sono rinviate. E’ rinviata altresì la 400 e per assenza dell’assessore Ascoli è rinviata anche la 432, così come sono rinviate la 401, la 464 e l’interpellanza 25, abbinate, di Santori, Rocchi e Pistarelli. Le altre sono state espletate. L’interpellanza 28 del consigliere Castelli viene rinviata in quanto è assente il Presidente Spacca, così come vengono rinviate le interpellanze n. 29 e n. 34 alla quale avrebbe dovuto rispondere l’assessore Ascoli che è in congedo.



Interrogazione (Svolgimento): «Trasporto pubblico locale Valle del Marecchia: situazione studenti pendolari» Giannotti (35)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l’interpellanza n. 35 del consigliere Giannotti, che ha la parola per illustrarla.

Roberto GIANNOTTI. Questo atto ispettivo riguarda il trasporto degli studenti della Valmarecchia, in modo particolare dal comune di Pennabilli alla città di Rimini. Studenti costretti a sobbarcarsi un onere di viaggio lunghissimo: si parla di ore per una distanza percorribile di solito in 60 minuti. Utilizzando il servizio del trasporto pubblico che fa più fermate, si hanno tempi di percorrenza estremamente lunghi e disagevoli. Inoltre, molto spesso per quanto riguarda l’agibilità interna non viene garantita una idonea disponibilità di posti a sedere che mi sembra sia una cosa doverosa per un ragazzo che deve partire la mattina presto e andare a studiare in un’altra città.
Nella risposta alla mia interrogazione precedente sull’argomento, l’assessore Marcolini assunse l’impegno formale di chiedere all’azienda di trasporto di Rimini di organizzare una corsa diretta per gli studenti. A distanza di 8-9 mesi, con il nuovo anno scolastico, questo impegno, pure assunto dalla Giunta regionale, di cui diedi conto all’assessore Marcolini, non è stato mantenuto.
Mi sono permesso di chiedere, attraverso il meccanismo dell’interpellanza, questa cosa, perché se la risposta non sarà soddisfacente vorrei trasformare questo atto in una mozione. Mi dispiace che non sia presente in aula il consigliere Mollaroli, perché questa mattina nella Conferenza dei presidenti di gruppo ha proposto una mozione contro i propositi secessionisti della Valle del Marecchia. Consigliere Mollaroli, quando Forza Italia, Alleanza nazionale e il Polo, pur esprimendo una posizione di neutralità rispetto al voto referendario, parlano di lontananza del motore politico-istituzionale da quelle popolazioni come motivo che ha determinato questa situazione, ormai tutti sappiamo che il voto dei cittadini della vallata sarà plebiscitario per uscire dalla nostra provincia, dalla nostra regione e questo per gli errori, le gravissime omissioni delle istituzioni, in modo particolare la Provincia e la Regione Marche, al di là delle parate di facciata, delle intese di programma, del tentativo di recupero in extremis. Le partite non si vincono sempre dopo il 90° minuto. I cittadini sono molto maturi e capiscono quando c’è strumentalità.
Ci sarà un voto plebiscitario a favore del sì; probabilmente il referendum non sortirà il proprio effetto, perché ritengo sia difficile che vada a votare più del 50% dei cittadini, però se non cambia la cultura di governo di questa Regione rispetto a quelle popolazioni, se non cambia la cultura di governo della Provincia di Pesaro che non può mantenere una logica feudale rispetto a questa situazione, questi propositi non solo rimarranno forti nella Valle del Marecchia, ma presto contageranno anche le altre vallate della provincia di Pesaro. Insisto affinché vi sia un’azione forte, vigorosa da parte della Giunta regionale per tutelare i giusti interessi dei cittadini di quella vallata, a cominciare dagli studenti pendolari.

PRESIDENTE. Ha la parola, per la risposta, l’assessore Marcolini.

Pietro MARCOLINI. Vorrei ricordare all’interpellante che in base all’accordo per il riassetto delle competenze in ordine all’esercizio dell’autolinea interregionale Valmarecchia-Rimini, che fu stipulato dagli assessori ai trasporti dell’Emilia Romagna e delle Marche, è la Provincia di Rimini che gestisce i servizi di trasporto pubblico locale in questa zona tramite la Tram, ex gestione governativa delle Ferrovie Padane. L’impegno assunto dalla Regione Emilia Romagna riguardava il trasferimento per l’anno 2000 e quelli successivi, dei contributi regionali sulle modalità specificate in quell’accordo. Voglio ancora ricordare che la Giunta regionale delle Marche, con nota a verbale condivise questo accordo, confidando nella fornitura del servizio, essendo prevalentemente la destinazione e la fornitura dei servizi svolta nella regione Emilia Romagna. Pur rimanendo tuttora la competenza del collegamento della Valmarecchia della Provincia di Rimini e della società Tram, nel novembre dello scorso anno, proprio sulla scorta della rilevazione di questo legittimo disagio denunciato, si aprì la possibilità di utilizzare le agevolazioni tariffarie marchigiane a valere sul servizio gestito dalla Regione Emilia Romagna. Con la deliberazione del 3 novembre 2005 si integrano e si rettificano le precedenti deliberazioni del 2002, quindi l’agenzia Tram di Rimini è stata autorizzata a rilasciare abbonamenti agevolati anche agli aventi diritto che sono diretti verso Rimini.
Il passaggio successivo che correttamente il consigliere Giannotti ricordava, è stato quello di incontrare e definire insieme alla Regione Emilia Romagna, sapendo che non è facile obbligare gli altri a pagare, un lavoro che dovrebbe trovare la sua conclusione per un incontro ufficiale fissato per il 20 di questo mese e io spero che aumentando gli sforzi e le risorse finanziarie a carico della Regione, ci sia un accoglimento, viste anche le buone accoglienze nei confronti dei diritti di questa popolazione in materia di servizi erogati e di ricchezza prodotta dalla comunità marchigiana a valere sull’area della città di Rimini. Voglio ricordare in tal senso dichiarazioni entusiastiche circa il ricevimento di questi flussi migratori dalle Marche verso la città di Rimini, da parte del sindaco della stessa Rimini. Noi abbiamo lavorato in tal senso. Intanto abbiamo allargato le agevolazioni, pur dovendosi prevedere un percorso accidentato. Si tratta, a mio avviso, di non istituire una corsa aggiuntiva ma di prevedere più tratte, per cui, sempre a valere sull’attuale gestore, intensificare i collegamenti tra questa area e l’area di Rimini. Sarà compito nostro informare tempestivamente il Consiglio, soprattutto le popolazioni dell’Alta Val Marecchia, che indubbiamente presentano un disagio che le differenzia dal resto della comunità marchigiana in termini di origine e destinazione. L’eccezionalità sta nel fatto che purtroppo la destinazione riguarda un insieme di servizi erogati fuori dalla regione Marche.

PRESIDENTE. Ha la parola, per dichiararsi soddisfatto o meno, il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Non voglio mettere in discussione la sua buona fede, assessore, nel senso che debbo riconoscerle quanto meno la delicatezza di rimanere in aula durante le sedute, quindi di partecipare in maniera concreta ai lavori del Consiglio, dando anche risposte “con il cuore”, non solamente in maniera automatica, leggendo una risposta preparata dagli uffici: si vede che c’è una sua partecipazione. Però non è soddisfacente, assessore Marcolini.
Io capisco tutto, capisco che i mezzi di trasporto alla fine concludono la loro corso in provincia di Rimini, che le scuole sono in provincia di Rimini, ma nulla toglie il fatto che chi utilizza questo mezzo è un cittadino pesarese e che gli studenti sono studenti della provincia di Pesaro, rispetto ai quali noi dobbiamo esercitare una responsabilità.
Ho posto due problemi. Primo, che si possa immaginare una corsa diretta riservata agli studenti, che riduca da due a un’ora i tempi di percorrenza. Non so quanti di voi sono padri di famiglia, ma pensare che un ragazzo debba alzarsi la mattina alla cinque e mezza, prendere il pullman alle 6 per arrivare a Rimini alle 8 a me sembra esagerato, se poi immaginiamo una giornata di studio abbastanza piena, perché si tratta di studenti delle scuole superiori. Quindi una corsa diretta che elimini alcune fermate e che consenta tempi più rapidi di percorrenza. Inoltre, pullman che siano adeguati, nel senso che un ragazzo che deve fare due ore in piedi non è una cosa conveniente. Quindi una corsa speciale per gli studenti. Non mi sembra di chiedere la fine del mondo.
Siccome non sono ancora soddisfatto, insisto perché lei faccia la sua parte e a questo punto chiederò alla mia Commissione consiliare una audizione degli amministratori locali, così il consigliere Mollaroli potrà farsi carico di conoscere le problematiche della Valle del Marecchia, e un’audizione dell’azienda tranviaria, tenendo conto di una cosa fondamentale: che questa Giunta regionale ha approvato la settimana scorsa un’intesa interistituzionale con la Regione Emilia Romagna e con la Provincia di Rimini per il governo dei problemi di questa area. Questo è il modo migliore per cominciare a dare concretezza alle parole, altrimenti non ci crede più nessuno.
Colgo l’occasione per dire che comunque bisogna fare mente locale, assessore. Le recenti delibere della Giunta regionale sul piano dei trasporti non hanno tenuto conto di una esigenza fondamentale: quella del diritto allo studio. Non è concepibile che gli studenti marchigiani che viaggiano in pullman o in treno, specialmente quelli che stanno nelle zone interne della regione, continuino a spendere tantissimo per esercitare un diritto, bisogna che individuiamo un meccanismo, un percorso che consenta di riconoscere alle famiglie di questi studenti un privilegio, nel senso di una riduzione tangibile del costo delle spese di viaggio.



Proposta di atto amministrativo (Discussione e votazione): «Documento strategico regionale – i fondi europei 2007-2013 e le politiche di sviluppo regionale» Giunta (33)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 33, ad iniziativa della Giunta. Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Binci.

Massimo BINCI. Discutiamo le linee generali del documento di programmazione del prossimo periodo 2007-2013 dei fondi comunitari.
Per le Marche, come per la gran parte delle Regioni italiane ed europee, le risorse europee dei fondi strutturali e degli altri fondi comunitari rivolte al sostegno dello sviluppo rurale e della pesca costituiscono gran parte di tutte le risorse che la Regione finalizza alle politiche di sviluppo regionali. Il presente documento strategico regionale intende fornire alle autorità di gestione dei singoli fondi e alle strutture amministrative anche della Regione incaricate dell’attuazione, gli indirizzi e le scelte utili a delineare lo scenario di progetti a cui raccordare la stesura e la messa in atto dei singoli programmi operativi e delle azioni in essi contenute. Quindi, successivamente all’approvazione di queste linee generali, gli uffici dovranno provvedere alla redazione dei programmi operativi.
Questo documento fa seguito al documento approvato in versione preliminare dalla Giunta regionale e ne rielabora i dati statistici su un contesto socio-economico e ambientale regionale. Assume inoltre, tra i materiali preliminari della sua elaborazione, i contenuti del dibattito sviluppatosi a livello nazionale e del relativo contributo delle Marche per la predisposizione del quadro strategico nazionale e per i fondi Fesr e Fse e del piano strategico nazionale per il fondo Feasr per l’agricoltura, ancora al vaglio della Commissione.
La fase successiva della stesura e dell’approvazione dei singoli programmi operativi terrà in debito conto le indicazioni e le scelte strategiche della versione definitiva del quadro strategico nazionale e del piano strategico nazionale una volta che questi saranno passati definitivamente al vaglio della Commissione europea e recepiti nella apposita prevista delibera Cipe.
Il presente documento strategico regionale si articola in questo modo: viene tracciato un sintetico quadro dei punti salienti della politica di coesione europea per il periodo di programmazione 2007-2013 con evidenziazione delle specifiche finalità dell’obiettivo competitività regionale-occupazione, che riguarda le regioni interessate dall’attuale Obiettivo 2 e quindi anche per le Marche, degli strumenti finanziari a disposizione e delle relative finalità.
Sulla scorta degli indirizzi programmatici europei e dell’esperienza articolata compiuta nel periodo di programmazione 2000-2006 si focalizzano i principali obiettivi della politica di sviluppo regionale delle Marche valida per i fondi strutturali Fesr, Fse e per gli altri fondi comunitari rivolti al sostegno dei territori rurali, dell’agricoltura e della pesca e le relative modalità di sinergia programmatica e gestionale, con evidenziazione da un lato dei punti di forza e di debolezza del territorio e del sistema produttivo, marchigiano, dall’altro del tema della governance delle politiche comunitarie e del coordinamento e integrazione di queste con le politiche ordinarie.
Si passa, nel documento, successivamente, alla individuazione delle finalità specifiche che la Regione intende perseguire mediante l’azione di ciascun fondo negli anni 2007-2013 con l’evidenza delle principali azioni che verranno allocate all’interno di ciascun programma operativo. Riveste particolare importanza la focalizzazione delle tematiche che possano consentire azioni attuativi plurifondo, perché questo periodo di programmazione prevede appunto l’integrazione tra i vari fondi e premia la trasversalità degli interventi tra i vari assi.
Un’apposita sezione del documento è dedicata, nella parte finale, alla funzione di valutazione, monitoraggio e controllo degli interventi sostenuti dalla politica regionale e comunitaria, che con la nuova programmazione crescono d’importanza e di incisività, con una evidenziazione del progetto di monitoraggio unificato per la lettura e la valutazione sistematica dell’andamento della spesa, relativi ai singoli programmi operativi e alla loro gestione d’insieme. Questo è un aspetto molto importante ed è stato un aspetto problematico di questo periodo di programmazione. E’ importante tenere sotto controllo l’andamento della spesa, il tiraggio dei vari assi e delle varie misure e quindi è importante partire bene con questo nuovo periodo di programmazione.
Questo vuol dire anche valutare l’efficienza ma la dotazione organica della struttura regionale che lavorerà. Infatti esiste il problema del passaggio da questo periodo di programmazione al prossimo anche per quanto riguarda il personale, perché moltissimo personale che lavora nel settore politiche comunitarie è a contratto e a termine o a tempo determinato ed è bene non interrompere e non perdere esperienze in questo passaggio di programmazione, perché è importante che chi ha gestito il passato periodo continui a portare il suo contributo di esperienza anche per il nuovo periodo di programmazione, quindi governare anche le problematiche legate alla professionalità che dovrà gestire questo nuovo periodo.
La Regione Marche rientra nell’obiettivo competitività regionale e occupazione, che ha come scopo quello di rafforzare la competitività e l’occupazione delle Regioni. Le Marche sono inoltre interessate dall’obiettivo cooperazione territoriale europea, attraverso il quale ci si propone di rafforzare la cooperazione transfrontaliera mediante azioni volte allo sviluppo territoriale integrato connesso alle priorità comunitarie e la cooperazione interregionale attraverso lo scambio a livello territoriale adeguato.
Parallelamente all’intervento sui fondi strutturali Fesr e Fse, agiscono, sul versante del sostegno allo sviluppo rurale e al settore della pesca, rispettivamente il Feasr e il Fep.
Il totale del finanziamento Feasr e Fse per il nuovo periodo di programmazione è indicato all’interno degli allegati. Feasr, Fse e Fas, compreso il co-finanziamento nazionale, portano in questo periodo di programmazione 675 milioni di euro. Le priorità del Feasr sono legate all’innovazione e all’economia della conoscenza mediante la creazione e il rafforzamento di economie regionali e di innovazione efficaci, con particolare riferimento alla ricerca e sviluppo e la promozione di relazioni sistemiche tra i settori pubblico e privato, l’università e i centri di sviluppo tecnologico, la promozione dell’imprenditoria e la creazione degli strumenti di ingegneria finanziaria.
Altro asse all’interno del Fesr è la priorità ambientale di prevenzione dei rischi, con azioni rivolte alla riabilitazione dell’ambiente fisico, alla promozione dello sviluppo di infrastrutture connesse alla biodiversità, alla promozione dell’efficienza energetica, alla promozione di energie rinnovabili, alla promozione di trasporti pubblici e politiche sostenibili, alla protezione e valorizzazione del patrimonio naturale e culturale.
L’ultima priorità all’interno del Fesr è quella relativa all’accesso ai servizi di trasporto e telecomunicazione di interesse economico generale, in particolare tramite il potenziamento delle reti di trasporto secondarie e la promozione dell’accesso alle tecnologie di informazione e comunicazione.
Altro intervento strutturale oltre il Fesr, è il Fse che concorre, insieme al Fesr, alla realizzazione dell’obiettivo competitività regionale e occupazione per il periodo 2007-2013.
Con specifico riferimento all’azione del Fse, le scelte potranno riguardare i seguenti atti: l’adattabilità, con la promozione degli investimenti delle imprese indirizzati verso la formazione dei lavoratori meno qualificati e più anziani; la diffusione delle competenze riguardanti la gestione e le tecnologie della comunicazione e dell’informazione; l’occupazione. Le azioni saranno volte a favorire l’occupazione delle persone in cerca di lavoro, la prevenzione della disoccupazione, il prolungamento della vita lavorativa e la maggiore partecipazione al mercato del lavoro di donne e di immigrati. Poi, l’integrazione di soggetti svantaggiati. Le azioni potranno essere finalizzate all’integrazione sociale dei soggetti con difficoltà. Quindi il rafforzamento del capitale umano, realizzando, mediante la riforma dell’istruzione e della formazione e dell’attività di raccordo tra mondo dell’istruzione e della ricerca dei centri tecnologici e d’impresa, anche con l’obiettivo di accrescere la partecipazione femminile al mercato del lavoro. Questo è un emendamento della I Commissione. Ricordo che il contributo della I Commissione è andato soprattutto in questa direzione, cioè destinare maggiore attenzione alla partecipazione femminile e alle politiche di genere.
L’altro fondo non strutturale di cui vengono dati gli indirizzi strategici è il Feasr, fondo europeo agricolo di sviluppo rurale. Gli obiettivi perseguiti per questo fondo si suddividono in tre assi: la competitività nel settore agricolo, forestale e alimentare che accoglie tutte le misure rivolte al capitale umano e fisico nei settori agroalimentari e forestali e alla produzione di qualità; ambiente e gestione del territorio che comprende le misure volte alla protezione e al rafforzamento delle risorse naturali; diversificazione dell’economia rurale e qualità della vita nelle zone rurali che mira invece ad uno sviluppo delle infrastrutture locali e del capitale umano nelle zone rurali, per migliorare la creazione di posti di lavoro in tutti i settori e la diversificazione delle attività economiche.
Da ultimo il fondo europeo della pesca, Fep che in questo periodo di programmazione ha un ruolo ben definito di strumento finanziario a servizio della politica comune della pesca delineata in sede comunitaria e persegue la sostenibilità economica, ambientale e sociale del settore della pesca e dell’acquacoltura.
Il Fep si articolerà attorno a quattro priorità fondamentali: aiutare la flotta ad adattare la capacità e lo sforzo di pesca alle risorse disponibili; sostenere i vari rami del settore; fornire un aiuto alle organizzazioni che rappresentano l’interesse collettivo del settore; favorire lo sviluppo sostenibile delle zone dipendenti dalla pesca.
In questo documento strategico si raccolgono gli indirizzi dei regolamenti europei di questo nuovo periodo di programmazione e lo sforzo successivo a questo documento sarà quello di individuare quali interventi, programmi operativi e quali priorità, quali macro obiettivi qui indicati, dovranno essere finanziati con i fondi della politica strutturale e non dell’Europa.
Questo indirizzo di programmazione comunitaria è previsto che si debba intrecciare con gli indirizzi di programmazione regionale, perché non può essere che i fondi europei vengano utilizzati con degli obiettivi e delle priorità e la politica regionale vada in un altro senso. Quindi il lavoro che dovremo fare sarà quello di integrare le programmazioni regionali e le programmazioni comunitarie.
Non è che la Regione e il Consiglio regionale si debbano inventare qualcosa di nuovo, noi abbiamo già degli strumenti di programmazione. Ad esempio abbiamo un piano energetico che prevede risparmio, efficienza, fonti rinnovabili e piccole centrali di co-generazione. Questa è anche la direzione della programmazione europea, quindi in qualche modo in questo settore le politiche regionali e quelle comunitarie si integrano e vanno nella stessa direzione.
Quindi eleggere la programmazione comunitaria, la programmazione europea alla luce della programmazione marchigiana.
Termino con l’indicazione dei fondi disponibili per questo periodo. Ricordo che per i fondi Fesr, Fse e Fas per il periodo 2007-2013 la Regione Marche, compreso il co-finanziamento nazionale, ha 675 milioni di euro. Per il Feasr, escluso il co-finanziamento nazionale che ancora non siamo in grado di determinare, vi sono 185 milioni di euro. Il Fep sarà gestito a livello nazionale, quindi qui non abbiamo ancora l’importo. Possiamo però dire che abbiamo mantenuto i livelli di finanziamento del passato periodo di programmazione, che significa che con l’entrata di nuovi paesi, in rapporto percentuale i nostri fondi sono aumentati, perché potevano essere destinati meno fondi, invece nonostante l’entrata di nuovi paesi all’interno della Ue, molto poveri, che utilizzeranno ingenti fondi nella direzione delle infrastrutture — che per l’Italia non sono più finanziabili — abbiamo mantenuto il livello di finanziamento del precedente periodo di programmazione, quindi abbiamo delle risorse ingenti, pari a quelle passate. Possiamo considerarci soddisfatti del livello di finanziamento di questo periodo di programmazione.
E’ importante che utilizziamo al meglio questi finanziamenti, che la struttura regionale sia pronta a questo nuovo impegno, affinché questi fondi contribuiscano veramente a sviluppare la competitività regionale, a sviluppare l’ambiente, a sviluppare la comunicazione, sia infrastrutturale che telematica.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Brini.

Ottavio BRINI. Anche se tutti dicono essere questa una problematica molto importante, in aula siamo quattro gatti. Stiamo parlando del documento strategico regionale 2007-2013 tra pochi amici. Questo è un fatto gravissimo, che deve far riflettere e che deve responsabilizzare tutti i consiglieri regionali, perché troviamo difficoltà noi che siamo componenti della Commissione a discutere questa problematica, figuriamoci chi è assente e si estranea dal dibattito, senza neanche cercare di capire di cosa si sta discutendo.
O questo è un argomento che non ha importanza, rilevanza, oppure, se così non è, bisogna richiamare i consiglieri regionali al proprio dovere ad essere presenti in aula. Personalmente mi rifiuto di andare avanti nel dibattito, Presidente. E’ un fatto molto scorretto quello a cui stiamo assistendo in questo momento. E’ l’unica proposta all’ordine del giorno, perché fino adesso si è parlato di interrogazioni e interpellanze, quando si parla di un argomento serio, almeno ci sia il buon senso di stare in aula e ascoltare la proposta che viene dalla Giunta, non da un gruppo di minoranza.
Presidente, chiedo scusa all’assessore che è l’unico componente la Giunta che è al suo posto, ma si sta parlando di una programmazione di sei anni, se dobbiamo stare qui soltanto per dire che abbiamo fatto il nostro dovere, andiamo pure a prendere il caffè tutti quanti.

PRESIDENTE. Consigliere, svolga la relazione, per cortesia.

Ottavio BRINI. Intanto voglio che lei richiami al loro dovere i consiglieri, altrimenti abbandoniamo l’aula e andate avanti da soli, se è questo che volete. Volete che noi andiamo via?

PRESIDENTE. Il consigliere espleta il suo mandato come crede.

Ottavio BRINI. Non essere intollerante, devi stare calmo.

PRESIDENTE. Lei è relatore di minoranza, non è censore dell’aula.

Ottavio BRINI. Dammi del tu, però non fare il padre-padrone, perché non lo facevi prima, tanto meno te lo facciamo fare oggi.

PRESIDENTE. Non è nelle mie aspirazioni.

Ottavio BRINI. E’ nella tua indole fare il padre-padrone, ma in questa circostanza non lo fare con noi. Noi, se usciremo, lo faremo per la vostra incapacità ad essere presenti in aula...

PRESIDENTE. Consigliere, può svolgere la relazione?

Ottavio BRINI. Insisti... Non richiami chi sta fuori, richiami me che ti faccio notare questo? Ne prendo atto.

PRESIDENTE. Non la richiamo, la invito a svolgere la relazione.

Ottavio BRINI. Svolgo la mia relazione e mi auguro che alla fine abbiate i numeri per votarvi questo atto, visto che fai il censore. Mi auguro che alla fine di questo dibattito possano esserci 20 o 21 consiglieri che votano, altrimenti sarai responsabile di non aver fatto approvare questo atto per il tuo atteggiamento, il tuo comportamento.
Prima di entrare nel merito del documento strategico vorrei ricordare che l’assessore, anche se non ha responsabilità di quanto accaduto in passato, e lo stesso presidente della Commissione Binci hanno rimarcato con forza che spesso i fondi non vengono utilizzati secondo quanto stabilito, ma siccome tutti fanno finta di non capire e tentano di andare avanti, non possiamo fare la politica dello struzzo. Dobbiamo definire, mettere dei paletti. Recentemente con il collega Giannotti avevamo anche fatto un’interrogazione sul cattivo utilizzo dei fondi, alcuni utilizzati anche senza progetti. Questo è scaturito anche da un confronto che abbiamo avuto in Commissione, non per fare demagogia o strumentalizzazione ma perché è buon senso da parte di tutti far sì che questi fondi vengano utilizzati bene e nel miglior modo possibile. Non chiediamo di favorire l’agricoltura a differenza della pesca o di altro, ma dobbiamo cercare di capire che dai pochi dati che sono venuti in nostro possesso e dalle informazioni che siamo riusciti ad avere, sappiamo che molti finanziamenti hanno cambiato direzione, trovando allocazione in assi diversi da quelli recentemente individuati, molte risorse sono state spese pur di non perderle. A volte si dice “dobbiamo utilizzarle per forza”. Se sono spese male, meglio non utilizzarle, perché in questo modo facciamo due danni: non abbiamo utilizzato i fondi dove dovevano essere utilizzati togliendoli a un utilizzo più proficuo. Con una nostra interrogazione alla quale speriamo quanto prima ci venga data risposta, che ci sia una capacità di analisi. Noi troviamo difficoltà in Commissione. Quando si parla di fare un’analisi attenta, è una materia molto difficile e complessa, quindi penso che bisogna avere un approccio non approssimativo alle problematiche, ma ci si venga incontro e bisogna ringraziare quanti si adoperano per darci dei consigli, dei suggerimenti. Ma ne troviamo sempre pochi. Quindi, assessore, le chiediamo un rapporto diretto con la Commissione. Siamo in tre in Commissione, ma a volte noi tre ci guardiamo su alcune problematiche, dando atto al presidente che studia e si prepara e questo va a beneficio di tutto il Consiglio regionale, però è sempre poca cosa.
Fatta questa riflessione, ci auguriamo che in futuro questi fondi vengano utilizzati meglio e soprattutto che il Consiglio sia informato su come vengono utilizzati questi fondi. Ripeto, assessore, non ne facciamo una colpa a lei.
Per quanto riguarda il documento strategico regionale, discutendo qualche cosa di positivo, per quanto mi riguarda, anche se non abbiamo ottenuto tutto quello che ci eravamo prefissi, c’è stato. Il presidente ha parlato molto bene del Fesr per gli investimenti nel settore extragricolo, per quanto riguarda il Fears, il Fep, quindi non ripeto le cose che il presidente ha detto, perché ci troviamo in sintonia. Quello che di positivo la Commissione ha recepito e che mi auguro venga approvato in questo documento, sono le modifiche apportate nel senso di integrare le finalità di questo documento con le linee strategiche tracciata dal Pear, in modo tale che non poche risorse vengano destinate a quegli interventi che possono essere attuati sia dalle imprese che dagli enti pubblici a seconda del tipo di intervento, rivolti all’introduzione sul territorio regionale di misure per la promozione dell’efficienza energetica e la produzione di energia da fonti rinnovabili.
Recentemente l’Atac di Civitanova Marche ha organizzato un pullman per andare a vedere, a Zurigo, come funzionano questi piccoli impianti ed è stata una cosa molto interessante, a cui era stata invitata a partecipare anche la Regione, oltre alla Provincia. Si è lì visto come noi siamo molti anni addietro. Si parla di piccoli impianti, non di grandi impianti. Mi auguro che i fondi vengano dirottati a queste aziende pubbliche per realizzare questo tipo di impianti per un intervento duplice: da un lato ridurre la dipendenza delle imprese e degli enti pubblici marchigiani dalle fonti energetiche tradizionali; dall’altro migliorare o riducendo l’impatto ambientale e il consumo energetico.
Il nostro giudizio è quindi positivo per quello che stavo dicendo adesso, però non possiamo che essere fermamente critici per come vengono utilizzati i fondi. Si dice che prevenire è meglio che curare, però non vorremmo che fra il 2007 e il 2013 avvenga quanto è avvenuto in passato. La nostra critica è forte, dura, determinata, non è contro l’assessore, però vogliamo un maggiore coinvolgimento della Commissione e chiediamo che tutti i suoi componenti siano informati di questa problematica che è molto importante. Qui stiamo parlando del documento strategico regionale 2007-2013 e alla fine non so cosa scaturirà da questo dibattito. Noi ci auguriamo che possa scaturire tutto quello che poc’anzi abbiamo fatto notare. Non si parla di trasparenza, si parla di utilizzo dei fondi che è una cosa ben diversa. Chiediamo che questi fondi siano utilizzati al meglio e possibilmente tutti. Questo è il nostro obiettivo. In passato questo non c’è stato, non per sua negligenza, assessore, ma chiediamo che in futuro venga applicata questa regola naturale, normale, in modo che non si dica “non arrivano i fondi per le Marche”.

Presidenza del Vicepresidente
ROBERTO GIANNOTTI

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mammoli.

Katia MAMMOLI. Effettivamente stiamo per approvare un documento di grande importanza per il governo della Regione Marche, considerando che gran parte dei finanziamenti che possano consentire sviluppo a questa regione, al di là degli impegni statutari, derivano proprio dai finanziamenti europei. Quindi, secondo me, con grande attenzione questo dibattito dovrebbe essere seguito e con attenzione è stata seguita soprattutto l’elaborazione di questo documento strategico e il suo approfondimento da parte della Commissione VI. Riconosco quindi alla Commissione un impegno importante rispetto alla valutazione e alla valorizzazione di questo documento stesso.
Non intendo illustrarlo nuovamente, perché il presidente Binci ha fatto una illustrazione molto ampia ed articolata, però vorrei puntare l’attenzione soprattutto su alcuni elementi all’interno di questo documento che a me sembrano particolarmente importanti.
E’ stato già detto che gran parte dei finanziamenti che derivano da fondi europei vanno a coprire i settori dell’agricoltura e della pesca, settori assolutamente importanti all’interno del nostro territorio. Per la pesca perché abbiamo due marinerie estremamente importanti e perché gran parte dell’economia regionale si basa sulla pesca; per l’agricoltura perché sappiamo che per i problemi di carattere generazionale, per il fatto che la nostra non è un’agricoltura di grande estensione ma piuttosto tipica e di nicchia, ha sicuramente bisogno di aiuto. Ma mi rendo conto anche quanto sia difficile attivare tutto ciò, considerando che altri paesi dell’Ue che riescono ad imporre più fortemente di noi la loro forza e la loro presenza — anche se anch’io, in questo caso, debbo complimentarmi con gli amministratori regionali che sono riusciti a ottenere il meglio che era possibile ottenere — cercano di imporre possibilità di carattere diverso rispetto all’agricoltura, soprattutto quella di grande estensione.
Uno degli elementi che ho notato e una dichiarazione che avviene fin dall’inizio di questo atto, che potrebbe essere una dichiarazione anche inutile e che secondo me è invece estremamente importante ribadire, riguarda il fatto che attraverso questo documento strategico e quindi attraverso l’impostazione e la realizzazione, con i Por, di questo documento strategico; è necessario che vari servizi che vanno a gestire questo tipo di finanziamento, siano assolutamente integrati tra di loro. Proprio nell’ultima Commissione a cui anch’io ho partecipato pur non facendone parte, anche se viene dichiarato da parte degli stessi funzionari, degli stessi operatori amministrativi un sicuro miglioramento rispetto ai rapporti che avvenivano precedentemente per la gestione dei finanziamenti europei, quindi anche il fatto che le notizie passano per un sistema informatico diverso, passano in maniera più rapida e quindi è più semplice controllare quanto i vari servizi sono in grado di impegnare o di spendere, con la possibilità di modificare, qualora si veda che alcuni finanziamenti non si riesce a spenderli completamente, permangono tuttavia alcune difficoltà che portano all’ultimo minuto a modificare alcuni interventi già previsti.
L’altra proposta che trovo all’interno di questo atto, fatta dalla I Commissione — la I Commissione è composta in gran parte di donne, quindi, forse, per questo motivo c’è una maggiore sensibilità su questo argomento — è di accrescere la partecipazione femminile al mondo del lavoro. Su questo però vorrei fare una valutazione. I mezzi attraverso i quali si pensa di accrescere la partecipazione del mondo femminile al mondo del lavoro sono quelli di dare servizi in maniera tale che la donna sia più libera di partecipare attivamente e in maniera più integrata al mondo del lavoro, quindi parlo di asili nido, scuole materne, aiuti per gli anziani. A latere si cerca di rendere più semplice la partecipazione della donna al mondo del lavoro attraverso questi servizi.
Tutto questo è giustissimo e sarebbe necessario comunque, al di là del fatto che serva o non serva alle donne per partecipare al mondo del lavoro. Il problema, secondo me, è più importante in questa contingenza economica: non è la donna che ha difficoltà a partecipare al mondo del lavoro per questi motivi; la difficoltà della donna è quella di essere chiamata, nei momenti di maggiore contingenza, a partecipare al mondo del lavoro. Quindi non saprei quali possano essere le misure che potremmo introdurre rispetto a tutto questo. Avevo fatto una proposta in Commissione che forse è inattuabile, però secondo me andrebbe studiato questo meccanismo. Occorrono meccanismi più diretti proprio perché la donna possa essere agevolata nella partecipazione al mondo del lavoro. Per esempio sapete quanto il diritto alla maternità rende difficile la partecipazione delle donne, perché l’impresa che sa di assumere una giovane donna che negli anni successivi potrebbe lasciare il lavoro per problemi di maternità, ci pensa due volte. Quindi, più che sensibilizzare, più che fare convegni, più che fare depliants e le altre cose come asili nido, scuole materne ecc. che sono assolutamente necessarie, se è possibile occorrerebbe studiare meccanismi più diretti. Comunque sono assolutamente d’accordo che sia stata prevista questa esigenza.
L’altra è quella della ricerca applicata e di sviluppo tecnologico, per lo sviluppo energetico a tutela anche della salvaguardia ambientale. Questo è un tema che ci tocca, soprattutto in questi giorni, abbiamo discusso a lungo sul Pear con posizioni diversificate tra gruppi consiliari e la Giunta, è stato deciso che rimanga il piano ambientale che è stato redatto e che tutti troviamo sia un buon piano ambientale. Sono assolutamente d’accordo che dobbiamo cercare delle misure in maniera che il Pear possa avere realizzazione completa, portando la nostra regione, che ha bisogno di un maggior fattore di sviluppo energetico, al massimo rispetto dell’ambiente. Su questo sono assolutamente d’accordo che debbano essere previste delle misure ad hoc perché questo meccanismo possa essere attivato.
La parte che in assoluto, come scelta politica, ritengo più importante e che compenetra tutte le scelte che troviamo all’interno di questo documento strategico, è quella in cui si dichiara che vengono privilegiati i progetti unici di grande spessore o i progetti integrati coordinati tra di loro. Questa è una scelta forte, che potrebbe anche non essere facilmente compresa sul territorio, ma che io trovo assolutamente necessaria. Se i finanziamenti europei continuiamo a distribuirli a pioggia in piccoli finanziamenti che possono dare un minimo di aiuto a qualcuno ma che sicuramente non risolvono né il problema strutturale né il problema economico né il problema di sviluppo delle Marche, credo che poco abbiamo fatto. Abbiamo forse accontentato più persone di quanto possiamo fare attraverso questa scelta, ma questa è una scelta politicamente forte, politicamente importante, che condivido completamente. Non solo, nel momento in cui le misure non sono eccessivamente specificate, eccessivamente caratterizzate, questo consente di muoverci in maniera più agile all’interno dei finanziamenti stessi e siccome sia il mercato del lavoro, sia la società, sia questo mercato globalizzato corrono ad una velocità che a volte la politica non riesce a seguire, se abbiamo anche degli strumenti estremamente rigidi avremo forti difficoltà a decidere rispetto a quello che al momento si ritiene più opportuno o che il mercato chiede.
Sono quindi assolutamente d’accordo sia sulla scelta che si facciano progetti importanti sia sulla scelta che, essendo progetti importanti, queste misure non siano assolutamente parcellizzate.
Una parte importante di questo documento strategico riguarda il rapporto con le Province. Se i progetti devono essere importanti, è naturale che anche territorialmente siano importanti. Naturalmente non si impedisce che vi siano progetti presentati dai singoli enti locali, purché, anche in questo caso, siano coordinati tra loro e trovino l’avallo del livello superiore. Non deve essere un’imposizione come avvenuto in passato a volte, non scegliendo i progetti migliori ma quelli che erano più utili ai propri fini, però è chiaro che in un rapporto di correttezza che deve sempre essere al fondo della politica, questo consente una programmazione di livello più ampio, anche territorialmente.
Ci sono poi i cosiddetti fattori orizzontali. Per esempio il discorso delle pari opportunità che facevo prima è evidente che è un fattore orizzontale, non può riguardare un settore specifico ma deve riguardare l’insieme, così come per la politica ambientale e per il ricambio generazionale che questa regione sta vivendo in maniera drammatica, sia a livello di agricoltura che di industria o artigianato. Questo è un settore su cui bisogna intervenire fortemente, perché effettivamente sta determinando grosse difficoltà in questo momento.
L’altra scelta già accennata e che voglio ripetere, è che i finanziamenti trovino un coordinamento omogeneo, sia che siano finanziamenti europei che regionali, che nazionali. Se vogliamo finanziare grossi progetti è evidente che i grossi progetti debbono avere una entità consistente di partner e una entità consistente di finanziamenti da qualunque parte arrivino.
Interessante mi è sembrata la proposta rispetto alla cultura, che pure ricalca le scelte che sono state fatte. Quindi non piccoli interventi relativi al settore culturale ma piuttosto progetti integrati che vedano insieme diverse risorse di carattere culturale, considerando come risorsa di carattere culturale non soltanto il bene culturale a se stante ma piuttosto tutto l’insieme e il territorio in cui il bene culturale stesso si insedia.
Così come la tutela, la valorizzazione, la fruizione e la promozione. Sembra inutile dire tutto questo, perché è naturale che debba avvenire, però purtroppo non sempre è avvenuto. Abbiamo utilizzato finanziamenti europei importanti, consistenti, che hanno consentito di tutelare o di restaurare monumenti o contenitori culturali estremamente importanti — parlo dei teatri, delle pinacoteche, dei musei e di quant’altro — però contestualmente non si è andati avanti con un programma che consentisse la gestione e l’utilizzo di questi finanziamenti. E’ sempre utile restaurare le opere d’arte e soprattutto i contenitori culturali importanti, però è ancora più utile che questi contenitori abbiano un utilizzo proprio.
Per quanto riguarda il discorso delle città va benissimo i miglioramento della qualità urbana, considerato le aree degradate ma considerato anche e soprattutto i nostri centri storici che sono dei piccoli gioielli e insieme a questo il rafforzamento della coesione sociale, perché purtroppo, per tutta una serie di motivi anche nelle nostre città cominciamo ad avere qualche difficoltà con l’immigrazione, perché non tutti hanno lavoro, cominciamo ad avere qualche difficoltà con la microcriminalità e queste difficoltà si verificano particolarmente in alcune zone delle nostre città. Quindi, che questa misura serva per aiutare economicamente, e di conseguenza socialmente, alcune zone un po’ più degradate delle nostre città e dei nostri piccoli paesi, trovo che sia una scelta strategica assolutamente importante.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

Luigi VIVENTI. Le cifre di riferimento di questo atto ci parlano dell’importanza dell’atto stesso, perché stiamo parlando di circa 900 milioni di euro a gestione regionale.
Premetto che la posizione dell’Udc su atti come questo è di attenzione rispetto a quella che sarà la gestione. Noi non possiamo essere contrari a priori rispetto a un atto programmatorio così, però saremo attenti e vigili affinché quello che si dice a parole sia realizzato nei fatti.
Entrando nel merito del problema, credo che ci siano due pericoli che aleggiano quando si vanno a utilizzare questi fondi europei. Il primo è quello della burocratizzazione. Quando parlo di burocratizzazione non intendo solo i vari passaggi burocratici fra enti e uffici che a volte sono estenuanti e che rischiano anche di far perdere per strada delle risorse, parlo anche di un rischio di burocratizzazione dei cervelli della Regione che devono gestire questi fondi, e mi spiego meglio. Sono fondi per la pesca, per l’agricoltura, per l’industria, per la cultura e quindi c’è una certa assuefazione, una certa tradizione nel gestirli in un certo modo, senza individuare quelle che sono invece le necessità nuove, reali della regione che si amministra.
Per esempio, quali sono i problemi più grandi che ha oggi la nostra regione? Esaminiamoli e poi cerchiamo di concentrare su questo le risorse fin dove è possibile, dove non ci sono dei vincoli particolari. Noi abbiamo un problema infrastrutturale e un problema di ricerca di energia da fonti rinnovabili. Per esempio, energia e costi dei trasporti, infrastrutture ecc., sono due aspetti fondamentali per lo sviluppo di una regione. Secondo me una buona parte di questi fondi dovrebbe essere indirizzata nei confronti di questo settore.
Nella nostra regione c’è sicuramente una attività agricola ancora abbastanza accentuata, che però è in pericolo, non lo possiamo sottovalutare, con l’ingresso in Europa di altri paesi a più basso costo di manodopera, di produzione ecc. Quindi la nostra agricoltura potrebbe correre dei rischi, quindi bisogna anche qui incentivare un senso di imprenditorialità diffusa anche nel settore agricolo, che significa scelta, che significa individuazione di nicchie di mercato, che significa investire e spingere per quei prodotti che hanno un marchio, una qualità particolare, in maniera tale che possano essere poi esportati anche all’estero, fuori dell’Italia e consentire ai nostri agricoltori di ottenere dei ritorni economici.
Nella precedente seduta parlavamo dei gravi danni provocati da alcune situazioni climatiche, per esempio nella zona sud di Ancona. Ho visto che ci sono fondi dedicati al risanamento. Io sono d’accordo su questa impostazione, perché anche questo assume una rilevanza particolare proprio sotto il profilo economico, oltre che della qualità della vita.
Il turismo è un altro settore al quale dobbiamo essere attenti.
Credo che se la Regione riesce a individuare 4-5 filoni fondamentali per il progresso delle sue terre, veicolando verso questi settori gli investimenti, consistenti, provenienti dal fondo europeo, senza disperderli in rivoli diversi ma concentrandoli in 4-5 settori e in alcune cose fondamentali, questi soldi non saranno dispersi e si potrà fare il bene dei nostri amministrati, altrimenti si rischia di essere attenti solo all’aspetto formale e di essere sopraffatti dalla burocratizzazione che è sempre in agguato in tutti i settori, in particolare in questi, perché una volta mi sono trovato coinvolto per motivi professionali nell’aspetto della formazione e c’era difficoltà ad orientarsi e a capire come si doveva fare per realizzare una cosa che a me sembrava tanto semplice e immediata, mentre invece mi sono trovato di fronte a ostacoli insormontabili, incredibili e ho detto “è meglio pagarseli da soli che cercare questi fondi”.
Per il resto, tutte le Regioni d’Italia fanno conto su questi fondi in maniera fondamentale per la loro attività, quindi non ci sarebbe nemmeno bisogno di dirlo, ma un’attenzione particolare, una razionalizzazione nell’uso di queste risorse creerà sicuramente benefici per la nostra regione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.

Mirco RICCI. Riprendo alcune cose ascoltate dal dibattito. Il documento è ponderoso, con il rischio di essere ridondante su alcuni aspetti, e anche generico, perché poi, alla fine, è un percorso che non si conclude con l’approvazione dell’atto strategico di indirizzo ma ci sarà il corpo vero, che è la gestione di questa notevole quantità di risorse a disposizione anche per i prossimi sette anni.
Ci sono quattro linee strategiche che voglio semplicemente richiamare, perché le ritengo di primaria importanza. La prima è quella dell’innovazione tecnologica, anche perché questo è uno degli assi portanti che abbiamo sottolineato debba essere sostenuto rispetto all’insieme dell’economia regionale e non solo regionale. Il tema dello sviluppo economico deve passare attraverso l’innovazione tecnologica, la crescita dell’impresa, per cui una delle linee strategiche principali individuata come intervento attraverso gli strumenti di gestione di queste risorse, riguarda l’innovazione tecnologica, attraverso anche il sostegno alla ricerca applicata, in relazione all’università, agli istituti di ricerca. Questo percorso deve essere in grado di incrementare la capacità competitiva del nostro sistema di imprese.
La seconda linea, attraverso il Fears, tende ad uno sviluppo equilibrato delle aree rurali, recuperando lo squilibrio che c’è all’interno della regione Marche, nel nostro sistema rurale. Qui ci sono due elementi di fondo, uno dei quali ricordava Viventi: il riequilibrio delle aree rurali e il legame con il sistema del turismo e con il patrimonio ambientale, passa anche attraverso la gestione del territorio o la sua salvaguardia. E’ un’altra delle linee programmatiche di fondo importanti di questo piano.
La terza, legata sempre al tema dell’ambiente, è la misura introdotta, anche dopo la Direttiva di Lisbona, riguarda la qualificazione ambientale e, dietro il dibattito sull’energia, l’utilizzo di sistemi di fonti rinnovabili sul territorio regionale. E’ un altro campo prioritario per utilizzare bene le risorse che abbiamo a disposizione.
La quarta linea è la misura Fse che di fatto riconferma le risorse del settennio precedente e riguarda l’occupazione e le risorse umani. Sulle risorse umane intese come risorse per la formazione continua delle imprese, bisognerebbe fare una digressione a parte. Molto spesso la dimensione d’impresa delle Marche rende difficoltoso questo approccio alla formazione continua dei propri dipendenti, perché si tratta di intervenire in situazioni nelle quali le nostre imprese hanno personale ridotto, quindi andrebbe sostenuta nella misura in cui, però, la compartecipazione si possa fare e, più che individuare la formazione all’interno di una singola azienda, dovrebbe essere di distretto, trovando quindi forme diverse, innovative rispetto a questo tema.
Complessivamente, fra i fondi strutturali destinati e quelli che arriveranno come compartecipazione dello Stato e altri fondi, sfioriamo il miliardo di euro, più o meno. Mi pare che siano queste le dimensioni. Sono, come indicano anche gli enti locali territoriali, non tanto fondi integrativi ma veri e propri fondi sostitutivi, una risorsa che permette di intervenire sul territorio.
Sottolineava il consigliere Brini che bisogna spendere bene le risorse e bisogna spenderle tutte, nel senso che è vero, bisogna dare atto alla Giunta che, tutto sommato, per le ragioni addotte nella trattativa, addirittura c’è un incremento di fondi strutturali nelle Marche, mi pare 16 milioni in più, quindi un’ulteriore risorsa aggiuntiva, purtuttavia c’è una percentuale di risorse che credo non si riesca a spendere, così come indicava il consigliere Brini, anche se sono risorse che non vanno perdute ma andranno riassegnate per i prossimi sette anni. Questo è uno degli aspetti che va sottolineato.
Ribadito che è un lavoro pregevole, ed è un giudizio convinto che diamo sul documento strategico, forse anche generico in questa fase, ma è giusto così, credo che nel momento in cui andremo a realizzare la seconda parte, quella dei piani operativi e poi dei bandi, bisognerà cercare di individuare qualche sistema per evitare la competizione fra i soggetti pubblici, nel senso che bisognerà cercare di fare in modo che vi sia competizione fra soggetti tali che siano in grado di aggregarsi, altrimenti il rischio è che ci sia dispersione di risorse. Se oggi non c’è più la zonizzazione dell’Obiettivo 2 come in precedenza, il rischio è davvero che vi sia una dispersione possibile delle risorse. Questo ci deve spingere a favorire l’aggregazione dei soggetti che possono concorrere, con i propri progetti, a realizzare interventi sul territorio attraverso i fondi strutturali.
Crediamo che attraverso una progettazione avvero integrata si possano spendere meglio le risorse a disposizione. Si tratta di accompagnare questo percorso di utilizzo di questa sostanziosa disponibilità di risorse con i fondi strutturali, con un concorso di progettazione vero con i territori, in modo tale che ci sia la possibilità di presentare progetti non differenziati, non dispersi in tante direzioni, favorendo la concertazione progettuale. In questo modo possiamo anche ottenere il risultato di riuscire, nei sette anni, a spendere tutte le risorse a disposizione, con controlli sulla qualità dei progetti, con controlli affinché ci sia la compartecipazione vera nei progetti stessi per arrivare fino in fondo. Si tratta quindi di trovare queste formule per poter garantire davvero l’utilizzo pieno di questa grande disponibilità che ci arriva dai fondi strutturali europei.

Presidenza del Vicepresidente
DAVID FAVIA

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Vorrei brevemente soffermarmi su questo atto straordinariamente importante, visto che al di là delle censure che muoveva il relatore di minoranza, obiettivamente siamo di fronte a uno snodo significativo e importante. Questo perché questo provvedimento cade alla luce e sotto l’egida di una ridefinizione importante di quelle che sono state le direttive dell’Ue, della Commissione in ordine proprio a questo genere di sussidio e di intervento teso a favorire la coesione europea di territori.
Una delle “rivoluzioni” che sono state introdotte è proprio l’abbandono del principio della zonizzazione che tanta parte ha avuto nel negoziato interno al Consiglio regionale e tra Consiglio regionale e territori, dell’anno 2000, quando prima di affrontare la definizione del Docup e, successivamente, il complemento di programmazione 2000-2006, effettivamente vi fu un’attività particolarmente difficile, attenta, analitica di cucitura territoriale che riguardava quali dovessero essere le zone da inserire nell’obiettivo 2 e quali le zone che potevano essere considerate meritevoli del sostegno cosiddetto transitorio. Era l’estate del 2000 e in effetti vi fu un grande lavoro che portò, come ogni lavoro, alla produzione di molti scontenti e di molti soddisfatti.
Il lavoro della Commissione credo possa essere ritenuto apprezzabile, non senza considerare un aspetto che pure ho cercato di materializzare in alcuni emendamenti che hanno, in questa sede di documento strategico, quindi volto a descrivere e dettare gli indirizzi che in sede di Por dovranno essere concretamente attuati. Si tratta di una raccomandazione di questo genere: la natura stessa dell’intervento comunitario che oggi ci occupa è diretta al superamento dello squilibrio territoriale. E’ un dato che può sembrare scontato ma non lo è, anche perché nella dinamica concreta del farsi dell’intervento comunitario 2000-2006 abbiamo visto come esigenze di carattere economico, momentanee contingenze negative sotto il profilo anche contabile della Regione Marche, hanno fatto sì che il vecchio Docup fosse sostanzialmente, nei limiti del possibile, un salvadanaio utile anche a sussidiare azioni ordinarie della Regione che difettavano di provvista finanziaria. Questa è una linea che la Regione Marche ha tenuto, nel rispetto della normativa ma anche per dare risposte a categorie di imprese, a settori economici che non potevano contare su un serbatoio di denaro sufficiente ad alimentare le azioni ordinarie di sostegno alle imprese, al settore dell’artigianato e del commercio.
Proprio in questi giorni leggiamo — lo dico senza ironia — che anche la celebrazione della “Giornata delle Marche” sarà, pro-quota, sostenuta con fondi comunitari per 170.000 euro. Non esprimo una critica da questo punto di vista, o meglio non è questo il momento di parlare della legittimità o meno di fare la “Giornata delle Marche” con i fondi comunitari, dico che la mia preoccupazione, oggi, è sostanzialmente tesa a garantire che questo documento chiarisca, se mai ve ne fosse bisogno, che la missione del Fesr in particolare, è quella di garantire il riequilibrio dei territori laddove si manifestano particolari fragilità. Perché ciò sia reso possibile, a mio modo di vedere è giusto e consigliabile che all’interno del documento strategico, che pure va apprezzato per i richiami che la Commissione ha voluto fare, anche per quanto riguarda il diritto-dovere del Consiglio di esprimere e di imprimere la propria valutazione su quello che sarà poi, a cascata, il sistema che ci porterà ai bandi e quindi all’assegnazione delle risorse, sia opportuno fare in modo che nella griglia delle opzioni questo aspetto sia tenuto in particolare considerazione, anche perché qua e là potrebbero riaffermarsi ed affiorare tentazioni che in qualche modo hanno suscitato anche qualche minimo di polemica all’interno dei lavori non della Commissione ma tra soggetti istituzionali che sono stati protagonisti del lavoro che si è sviluppato, prima che nella VI Commissione, anche tra i vari attori istituzionali che hanno contribuito alla redazione del documento, alla modifica e all’emendamento al documento. Dico, solo per ragioni semplificative, che ad esempio, sulle aree urbane c’è stato un problema, perché nel momento in cui l’assessore della Provincia di Ancona faceva riferimento alla necessità di evidenziare...

Massimo BINCI. E’ oggetto di un emendamento.

Guido CASTELLI. Purtroppo non ho gli emendamenti, ma per colpa mia perché sono un gran disordinato. Lo citavo perché è evidente che nel momento in cui, nella valutazione delle fragilità, nella valutazione delle linee di indirizzo si introducono meccanismi quale quello dell’allegato 8, si fa una scelta molto chiara e precisa, in cui all’area urbana funzionale di Ancona, ad esempio, viene data una pesatura molto significativa.
Non è questo il momento di fare valutazioni di carattere particolarmente polemico tra i territori, però non vi sfuggirà quello che non è un dettaglio: che noi usciamo da un Docup 2000-2006 che, con un meccanismo forse troppo rigido però individuava aree ben definite, che avevano particolari e documentate fragilità di carattere socio-economico — le aree dell’Obiettivo 2 in pheasing out — se non stiamo bene attenti a partire comunque da quelli che sono veramente i territori in ritardo in questa regione, rischiamo di introdurre concetti sicuramente apprezzabili, sicuramente significativi, ma che vanno a spostare radicalmente l’intervento del Docup, a tutto discapito delle aree che fino al 2006 erano inserite nell’Obiettivo 2 e nel pheasing out.
Mi astengo dal continuare sull’argomento dell’area urbana funzionale, perché se c’è un emendamento voglio capire di che si tratta. (Interruzione). L’asse per lo sviluppo urbano ha fatto sobbalzare sulla sedia qualcuno presente al dibattito, proprio perché si tratta di una prenotazione di risorse che, per quanto riguarda il superamento, importante, dei territori eleggibili all’intervento comunitario del primo sessennio, fa qualcosa di piuttosto impattante, però c’è da valutare, perché secondo la geografia delle aree urbane funzionali, l’area urbana funzionale per eccellenza è quella della zona anconetana che era quasi del tutto fuori dalla zonizzazione precedente. Quindi sono risorse che si allocano in chi era fuori completamente dalla zonizzazione, prima. Legittimo, ma valutiamo l’impatto di quello che stiamo facendo. Soprattutto valutiamo l’impatto di un’altra “innovazione” che di qui a qualche settimana dovrebbe riguardare i nostri territori e quelli connotati in un particolare debolezza. Mi riferisco al fatto che è in corso di negoziazione il nuovo regime degli aiuti di stato. La Carta degli aiuti a finalità regionale ricomprendeva alcuni territori che, in deroga all’art. 87, comma 3 del trattato, consentiva gli aiuti di stato. Per effetto dei nuovi ingressi nell’ambito dell’Unione europea, da quello che si vocifera è fortemente probabile che non tutti, forse nessuno dei Comuni marchigiani precedentemente inseriti nella Carta degli aiuti manterrà questa posizione, per ragioni che probabilmente non afferiscono alla nostra capacità negoziale ma per dati che ci provengono direttamente dagli ingressi di nuove nazioni nell’Unione europea.
L’altro giorno parlando con alcuni esponenti delle istituzioni del territorio da cui provengo, dicevo “probabilmente il documento strategico regionale avremmo dovuto approvarlo — i tempi sono quelli che sono e quindi non ci possiamo permettere altri ritardi — solo dopo avere avuto l’esatta indicazione di quali territori saranno, se vi saranno, all’interno della Carta degli aiuti, perché quei territori hanno una doppia conseguenza da pagare: l’assenza di una zonizzazione, che, almeno tendenzialmente, rischia di spalmare le risorse in maniera diversa da quello che la precedente programmazione comunitaria ci consentiva, ma addirittura il rischio di non poter essere più beneficiari degli aiuti di stato. Questo, per alcuni territori, non solo della provincia di Ascoli Piceno, ma anche di Macerata, di Ancona... (Interruzione). Mi pare Castelraimondo, la stessa Fabriano. Però, il fatto che non esistano più territori beneficiari dell’aiuto regionale non è un dato secondario. Ecco perché in uno dei miei emendamenti — poi vorrò tradurre la cosa in termini di direttiva generica da affidare a coloro che confezioneranno i Por — si tiene conto di questo, cioè dei dati che provengono da una situazione economico-sociale che oggi ci impedisce di parlare delle Marche come di un’entità omogenea, perché al di là di quelli che sono i nostri doverosi sforzi tesi a favorire l’identità marchigiana, le Marche sono almeno due, se non di più, sotto il profilo almeno di un fattore, rispetto al quale credo non v’è chi non possa avere la certezza che la disoccupazione che si sconta nel sud delle Marche, che viaggia verso il 12%, è un dato che in quei territori, senza voler assolutamente dare sottolineature campanilistiche al mio intervento, esiste. Se vogliamo parlare di riequilibrio e di colmare il gap fra i territori, non possiamo non partire da quei territori che comunque presentano tassi di disoccupazione che hanno non solo una percentuale superiore alla media nazionale ma una percentuale più che doppia rispetto a quella dei territori che hanno una più accentuata industrializzazione. E qui non parlo solo di una doverosa solidarietà verso quei territori e quei comuni ma parlo anche di una precisa coerenza con le finalità dell’intervento comunitario.
Un’ultima brevissima considerazione riguarda l’apprezzamento che devo fare anche al lavoro della Commissione, che emendando il documento così come era stato inizialmente proposto, ha voluto affidare ai Por una valenza sicuramente corretta ma probabilmente superiore a quella che qualcuno, inizialmente, voleva riannettere a questo livello di discussione e di decisione, perché qui non possiamo — spero che non ci sia nessuno che voglia assecondare questa impostazione — stabilire un divario, un baratro fra il documento strategico e il bando, nel senso di dare al bando il diritto-dovere di stabilire chi prende cosa e secondo quali modalità. Noi non vogliamo illegittimamente interferire sul diritto sacrosanto dei dirigenti di fare il loro dovere, ma abbiamo anche l’obbligo di non cumulare al dirigismo maledetto che domina le stanze di Bruxelles, che ci dicono già fin troppo cosa dobbiamo fare — perché se si tratta di stabilire le performances dei nostri bilanci, dei nostri debiti pubblici ci stiamo, probabilmente abbiamo bisogno di qualcuno che dall’altro ci imponga certi livelli di virtuosità contabile, ma il dirigismo comunitario assume tratti onestamente inaccettabili — la tentazione che qualcuno potrebbe avere di assegnare alla burocrazia regionale un compito superiore a quello che le spetta. E il compito che le spetta sarà quello che decideremo noi con la redazione dei Por, che non dovranno essere una replica più o meno generica di quanto noi sosteniamo oggi in sede di documento strategico regionale, ma dovranno essere invece sufficientemente rimarcati nei lori contenuti precipui, in maniera tale che sapremo con precisione dove destinare queste risorse, ferme restando le competenze dei dirigenti che faranno i bandi, ma sulla base di scelte politiche che spettano a questo consesso.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mollaroli.

Adriana MOLLAROLI. Brevi considerazioni su questo atto che ritengo sia uno dei più importanti che questa Amministrazione regionale sta compiendo. Un atto importante che quindi credo meriti l’attenzione dovuta da parte del Consiglio. Abbiamo anche lavorato molto perché fosse il Consiglio regionale ad occuparsene, quindi è bene che noi cerchiamo di dare un contributo.
Farò una considerazione generale e una molto specifica. Innanzitutto avrei gradito che facesse parte di questo atto una valutazione su come noi abbiamo utilizzato negli anni precedenti le risorse comunitarie, quali obiettivi abbiamo raggiunto, quali abbiamo mancato. Ci sono nell’atto punti di forza e di debolezza, però mi pareva che questo meritasse una questione più specifica.
Avrei desiderato un atto meno generico e soprattutto un atto che tenesse insieme, con un po’ più di attenzione le due parti: la premessa, l’atto in sé e gli allegati, perché se andiamo a vedere gli allegati ci consegnano una lettura e una fotografia della nostra regione sulla quale credo dobbiamo soffermarci. Alcuni dati mi preoccupano e voglio mettere in evidenza.
Siamo la regione che ha un tasso di povertà fra i più alti d’Italia, più alto delle regioni del centro Italia. E’ un dato che mi colpisce, vuol dire che, malgrado l’Irpet della Toscana dica che noi siamo la prima regione per benessere, genericamente inteso, siamo al decimo posto per tenore di vita, siamo al decimo posto per disagio sociale. Se andiamo a vedere lo stato dell’ambiente delle Marche, non ci viene consegnata, per lo meno dagli allegati, una situazione tranquillizzante, né dal punto di vista della qualità dell’aria — la questione dell’inquinamento da PM 10 è molto alta — né dal punto di vista del dissesto idrogeologico, né dal punto di vista delle risorse idriche, né dal punto di vista dei rifiuti. Noi siamo una regione che aumenta i rifiuti solidi urbani, che ha una percentuale molto bassa di raccolta differenziata e io avrei desiderato di trovare negli orientamenti — spero che il Por lo faccia — indicazioni e scelte che andassero nel senso di raccogliere quella descrizione della nostra realtà, aggredirla e risolverla.
Su un altro dato specifico voglio riflettere, perché ne abbiamo discusso anche nella mia Commissione, che ha voluto esprimere un parere su questo, e che riguarda la condizione lavorativa delle donne nelle Marche. E’ vero che noi abbiamo una percentuale che vede la nostra regione con tassi di occupazione femminile tra i più alti d’Italia, ma siamo ancora molto distanti dall’obiettivo di Lisbona del 2010 e se andiamo a leggere dentro, ci sono delle situazioni che a noi preoccupano. Voglio riportare alcuni dati che sono frutto di una indagine della Cgil di Pesaro che per il secondo anno porta avanti un report su questi dati. Questo studio ci dice che la retribuzione delle donne, media, è più bassa di quella degli uomini in maniera molto consistente, sia per quanto riguarda i quadri che gli impiegati e gli operai. Se una retribuzione media annuale degli uomini è di 24.000 euro, 14.000 sono per le donne. C’è ancora una scarsa promozione delle donne nei percorsi di carriera. Sempre lo studio della Cgil ci dice che su 764 promozioni fatte in 36 aziende della provincia di Pesaro — questi sono dati significativi e sono in grado di consegnarli a chi li voglia — 231 riguardano le lavoratrici, 538 gli uomini. Così come la formazione rivolta alle donne vede delle percentuali bassissime: solo il 10% di donne contro il 30% di uomini.
Ma su un altro dato voglio riflettere. Noi ci siamo battuti in Italia sui congedi parentali, abbiamo una legge abbastanza avanzata, e tra l’altro tra gli obiettivi di questa finanziaria, criticatissima, sul terreno dei congedi parentali vi sono delle indicazioni positive, perché verranno estesi anche ai lavoratori precari — e lì di donne ce ne sono tante — e comunque su 159 congedi connessi in questo pacchetto di aziende che sono l’universo della ricerca, vi sono 24 uomini e 135 donne. Vuol dire che nella nostra regione permane una situazione di qualità dell’occupazione femminile sulla quale bisogna intervenire. Una regione che senza le famiglie non riesce a risolvere il problema della conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, tant’è che, sempre da fonte sindacale, ci arriva anche un’altra forte preoccupazione: quella che mentre i lavoratori e le lavoratrici marchigiani, grazie alla rete familiare riescono ancora a conciliare e anche a lavorare, per le famiglie che vengono da fuori — e mi riferisco all’immigrazione italiana, ma anche a quella straniera — c’è una grande preoccupazione perché manca notevolmente una rete di servizi.
Ci tenevo, in quest’aula, di fronte a questo atto, del quale riconfermo l’importanza per la nostra regione, anche per le risorse molto consistenti che metterà a disposizione, a dire che nelle azioni concrete, che saranno quelle indicate dal Por, dovremo risolvere i nostri punti di debolezza, che sono quelli che indicavo all’inizio, ma dovremo dedicare grande attenzione a questo terreno, cioè a rivedere il nostro welfare in maniera tale che, se vogliamo davvero continuare a garantire benessere alla nostra regione credo che non si possa fare a meno di pensare a famiglie marchigiane dove entrambi, uomini e donne, possano lavorare, perché senza due stipendi in una famiglia non si garantisce qualità del benessere, quindi dedicare attenzione alla qualità e quantità del lavoro femminile e anche alla rete di servizi necessari perché questo venga mantenuto in qualità e anche in numeri sufficientemente alti.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brandoni.

Giuliano BRANDONI. Questo è un atto di indirizzo importante, ma io credo che è ancor più importante, ancor più significativo il percorso che questo atto apre e il modo come lo accompagnerà il Consiglio, come lo accompagnerà la Giunta. Mi soffermo solo su alcune questioni.
La prima. Uno degli assi indicati dalla programmazione europea, quello del Fesr, ha un titolo, “Competitività e occupazione”. Penso che dovremo riflettere su questo tipo di asse, di indicazione nella costruzione dei piani operativi. Qual è il punto ordinatore di questo asso, la priorità? L’occupazione o la competitività? O meglio, come coniugheremo, quali saranno gli indirizzi e i progetti che andremo a ricostruire dentro questo percorso? Competitività e occupazione, se ci volgiamo per qualche attimo indietro nella storia sociale ed economica degli ultimi venti anni, è stato un elemento di conflitto, direi ossimorico. La finanziarizzazione importante dell’economia ha prodotto la formazione del sistema delle spa pubbliche e private, ha prodotto un meccanismo tale per cui essere competitivi per un’impresa, essere competitivi per un sistema era intervenire nel risparmio di lavoro, nella riduzione delle possibilità occupazionali e in altre forme, in altre attività ,nella trasformazione dell’occupazione in un elemento accessorio nella sostanza, perché quando accompagniamo la vicenda occupazionale alla sua condizione generale in questa fase sociale ed economica che si chiama precarietà, individuiamo subito, immediatamente, una destrutturazione. Quindi la ricostruzione della coesione sociale attraverso un processo di iniziativa economica è un’azione particolarmente complessa, difficile ed articolata e in questo documento è tentata, ma penso che andrà esplorata, ricostruita, ritessuta nel percorso che faremo, dal documento strategico ai piani operativi, alle incentivazioni territoriali.
E’ stato detto qui — e lo condivido — che c’è un meccanismo tradizionale nell’affrontare questo problema. Ci sono stati i sei anni precedenti, si è consolidato un sistema, un percorso e qualcuno ci ha suggerito qui — l’aveva fatto anche il consigliere Viventi, e accolgo questo tipo di stimolo, di riflessione — che bisogna affrontare questa vicenda con metodi nuovi, con sguardi nuovi. Anche in questi assi, la riflessione che viene opportuna: c’è l’idea di affrontare e di utilizzare questi fondi dentro grandi progetti. Io penso che il sistema marchigiano debba accompagnare i grandi progetti sapendo che molte volte sono la somma di tanti piccoli attori, di tante piccole realtà che insieme, in maniera sinergica, contribuiscono alla realizzazione di questa progettualità. Per costruire questo, il ruolo delle istituzioni pubbliche — la Regione, le Province, i Comuni — è fondamentale quando è capace di costruire gli elementi, i tessuti della conoscenza, della partecipazione, dell’individuazione.
E’ una fase, quella che da qui ci porterà alla costruzione dei Por, che necessita obiettivamente un percorso largamente partecipato. E’ un invito che faccio all’assessore, che faccio alla Giunta e che faccio anche al presidente della Commissione. Dovremo costruire occasioni entro cui il quadro generale di questo documento strategico diventa vissuto e partecipato, perché solo così riusciremo a evitare non solo la storicizzazione della progettualità in essere ma un altro elemento: il rischio che qui è stato paventato, di utilizzare meno o male questi fondi. Meno e male vuol dire averne ancora di meno e avere ancora disponibilità negate nel futuro.
Il quadro meno desolante di quello che il consigliere Mollaroli ci ha descritto nella nostra regione — ho trovato toni eccessivi in quell’intervento, problemi veri che possono essere narrati con una oggettività, una prudenza e una discrezione diversa — l’asse di quei problemi deve impattare dentro la questione che qui è stata indicata, cioè un fondo che abbia, come asse di definizione quello dell’occupazione, della competitività. Definizioni complicate da declinare e da costruire, perché la competitività, per tanti versi, è oggi la ricostruzione di quella coesione sociale, di quella qualità della vita, della misurazione dello sviluppo versus crescita, non pro crescita, che imporrà una riflessione attenta quando andremo a fare i piani. Stimolare quei piani, stimolare quella parte del territorio, stimolare quella economia che molte volte è economia marginale per tanti aspetti, perché non si sente, dentro, l’idea della costruzione dello sviluppo o è negata come idea della costruzione dello sviluppo... Diceva Keynes che il problema non sono le idee nuove, il problema è rimuovere le vecchie idee. Io credo che dovremo affrontare il percorso che ci si propone, dal piano attuale che contiene indicazioni e stimoli, ai piani operativi, con questa preoccupazione, con questo atteggiamento, con questo tipo di riflessione. Ci condurrà, evidentemente, a utilizzare al meglio queste risorse e soprattutto a sviluppare nella società marchigiana nuovi attori, nuove progettualità, nuovi indirizzi.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Badiali.

Fabio BADIALI. E’ già stato detto molte volte che stiamo approvando un atto importante, il documento strategico regionale, le linee guida per poi fare i programmi operativi regionali che sono ancora più importanti, ma se non diamo l’ossatura non riusciamo poi a fare dei programmi operativi seri e necessari per il nostro territorio. Voglio ringraziare per il dibattito che c’è stato in Commissione, quindi voglio ringraziare il presidente, il consigliere Brini, perché siamo riusciti a dialogare, a confrontarci, a trovare qualche integrazione al programma presentato dalla Giunta in maniera semplice, ma chiara, nel senso che moltissime cose andavano bene, qualche cosa è stato integrato, penso nell’interesse di tutti. Voglio richiamare, per esempio, il nostro Pear che deve trovare risposte anche all’interno dei fondi strutturali europei. Per la nostra regione saranno i finanziamenti più importanti, non ce ne saranno altri di questa portata: oltre un miliardo di euro che, spalmati nei sei anni, dovranno dare risposte alle esigenze della nostra regione.
Nella Comunità europea, che si è allargata a 25 e che ha come obiettivo la coesione economica e sociale in Europa — è un obiettivo importante, perché significa far crescere tutte le regioni in maniera similare e togliere i divari che ci sono — c’è stato e c’è il rischio di un abbassamento dei fondi strutturali, sociali e per l’agricoltura.
La nostra Regione — per questo ringrazio l’assessore, il Presidente, la Giunta — non è mento a 25 ma, come veniva ricordato dal nostro capogruppo Ricci prima, abbiamo addirittura 15 milioni di aumento che, considerato i tagli delle altre Regioni significa un aumento consistente.
Proprio perché questo atto è importante voglio condividere la proposta della Giunta regionale ed esprimere una priorità generale rispetto a progetti di qualità e a progetti integrati che siano in grado di dare risposte a più bisogni manifestati nel nostro territorio.
Come è noto, il prossimo periodo di programmazione non prevede una zonizzazione come veniva richiamato nei precedenti interventi, simile a quella del passato, vedi Obiettivo 2, nel senso che non ci obbliga a scegliere i territori che beneficeranno delle risorse comunitarie. Questo non significa però che on possiamo dare delle indicazioni, soprattutto in sede di definizione dei programmi operativi che verranno approvati da questo Consiglio, grazie anche alla legge che abbiamo approvato sulle procedure di percorso delle politiche comunitarie, la 14. Indicazioni che non potranno prescindere da un’attenzione particolare alle necessità legate allo sviluppo dell’entroterra. E’ vero che non ci sono più zonizzazioni ma è anche vero che dobbiamo tener conto delle zone maggiormente sottosviluppate o che hanno più bisogno di qualche intervento per far ripartire le economie di quei territori. La nostra è una regione piccola, che va dal mare all’Appennino, le ricchezze sono della costa e non dell’Appennino, quindi dovremo essere attenti a obiettivi quando faremo i Por. Qui sono d’accordo con chi diceva che questi Por devono essere dibattuti, concertati, visti dalla maggior parte di persone e di enti, perché qui dovremo trovare il filone che ci terrà legati per i prossimi 6-7 anni.
Il documento strategico regionale propone uno sviluppo armonioso, in grado di coniugare l’obiettivo della crescita del tessuto economico e sociale con quello altrettanto prioritario della tutela dell’ambiente, un obiettivo che non dobbiamo mai perdere di vista. Così come gli interventi potranno essere co-finanziati dal Fesr e saranno tali da consentire alle imprese marchigiane di svilupparsi in settori innovativi, aumentando gli investimenti in ricerca e sviluppo, promuovendo l’innovazione e la qualità, elementi fondamentali per aumentare la competitività sul mercato mondiale anche con l’utilizzo dei fondi per le energie rinnovabili e per la co-generazione diffusa, cioè gli obiettivi del Pear, per far partire questa legge che abbiamo voluto e di cui siamo orgogliosi, che però deve avere qualche incentivo.
Altrettanto importante sarà la realizzazione di macro obiettivi finalizzati a uno sviluppo urbano integrato e sostenibile, a una crescita equilibrata e integrata con le aree rurali. Veniva molto richiamata la questione della ruralità delle nostre aree. E’ allora importante una crescita della nostra agricoltura di qualità e del turismo rurale. Anche qui, penso che sia fattibile coniugare le due cose e deve essere possibile sicuramente.
Comunque tutta questa partita non potrà che portare vantaggi alla nostra regione, alle nostre comunità, dare competitività alle nostre imprese, dare innovazione, accrescere il lavoro femminile, accrescere l’occupazione giovanile, specialmente quella fortemente scolarizzata, che purtroppo non trova risposte adeguate.
Con questi fondi strutturali dovremo essere in grado di mettere insieme tutte queste cose per dare le risposte migliori.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Voglio sottolineare, come hanno fatto altri colleghi, che questo documento sarebbe stato più opportuno che fosse stato oggetto di un approfondimento e di un’analisi più partecipata da parte di tutto il Consiglio, non solo per l’importanza in sé, perché poi ci saranno i Por con i quali dovranno essere fatte delle scelte precise, poi ci saranno i bandi, quindi si metteranno in essere le azioni concrete che dovranno sostanziare queste indicazioni, ma perché sarebbe stata un’occasione importante per fare il punto sulla nostra realtà regionale che, dopo la campagna elettorale in cui abbiamo potuto fare analisi, proiezioni, prospettazioni per il nostro sviluppo regionale, non ci ha dato molte altre occasioni per soffermarci se non su aspetti marginali, ma comunque importanti della vita complessiva della nostra regione.
Dico questo perché un approfondimento dovrebbe metterci ancor più in condizioni di capire fino in fondo come la nostra comunità e come il nostro territorio stanno reagendo rispetto ai profondi cambiamenti di questi ultimi 10-15 anni.
Ho idea che questo cambiamento ci stia passando sopra la testa, fuori da ogni schema programmatorio, in quanto la celerità dello sviluppo, la celerità delle trasformazioni che si sono avute, non sono tanto frutto di una programmazione della vita comunitaria che non può essere “sovietica” ma una programmazione che quanto meno desse il bandolo della matassa, oltre a quello che siamo riusciti a fare in due-tre punti del nostro sviluppo. Parlo, ovviamente, dello sviluppo industriale, una tenuta tutto sommato buona dell’ambiente e il welfare che ha tenuto, che è stato l’elemento che ha inciso fortemente sulle condizioni di vita della nostra comunità e che sostanzialmente ha mantenuto, ha sviluppato la cosiddetta coesione sociale, che ovviamente ha riferimento negli altri due elementi che ho citato, cioè lo sviluppo industriale e la tutela dell’ambiente.
Dico questo perché probabilmente, al di là di quello che siamo riusciti a fare — e abbiamo ottenuto risultati egregi nei tre punti che ho citato, che ci collocano come realtà regionale ai massimi livelli della realtà nazionale, per tutte le conseguenze che sappiamo: non è cosa secondaria l’anzianizzazione, non è cosa secondaria il tentativo, ancora non del tutto esplicato, di un’istruzione sempre più diffusa — questo momento ci poteva servire soprattutto per scrollarci di dosso quel provincialismo che tutto sommato ancora abbiamo addosso, proprio per il fatto che siamo molto legati alla nostra provenienza, siamo orgogliosi della nostra provenienza. Questo non ci fa fare quel salto di qualità che significherebbe “essere di più” in Europa.
La filosofia del documento, che è sicuramente condivisibile da un punto di vista strategico perché si tratta dell’individuazione delle azioni concrete che si dovranno fare per consentire l’ulteriore sviluppo della nostra comunità, manca di quel “sentirsi europei”. La politica di coesione europea non è solamente fatta da una prospettazione di interventi economici e sociali che consentano l’evoluzione stessa della comunità, ma è fondamentale quella partecipazione effettiva, quel sentirsi parte di quelle politiche di coesione che sono il presupposto della politica europea.
In altri termini, in molti punti della nostra regione noi abbiamo momenti di partecipazione extraregionale, sia nazionale che a livello europeo, ma questo sentirsi europei non può essere solamente il fatto che le nostre aziende vanno a Timisoara o si esportano le scarpe in Germania, la cosa importante è che questo nostro sentirsi europei dovrebbe consentirci anche di fare un salto di qualità dal punto di vista culturale, che dovrebbe servirci anche a dare una prospettazione nuova alle giovani generazioni. Credo che questo sia il senso su cui dobbiamo lavorare intensamente e io auspico che sia l’assessore alle politiche comunitarie sia la stessa Commissione che trova qui una sua valorizzazione specifica — e credo che la scelta della VI Commissione trova valorizzazione quanto più lavorerà in questa direzione — debbano far sentire la comunità marchigiana sempre più parte dell’Europa, sostanzialmente dentro l’Europa. Credo che da questo punto di vista dobbiamo fare molti passi in avanti.
Il dato relativo alle zona dell’Alto Montefeltro che vuol andare a Rimini, l’aspirazione ad una ulteriore provincia, sono tutti aspetti che denotano ancora un ritrarci dentro noi stessi e non guardare oltre. Sono fatti indicativi, non di per sé negativi ma significativi di un dato che ci porta ulteriormente dentro la nostra realtà e non ci fa guardare fuori. Probabilmente avremmo potuto immaginare più una regione che pensa alle istituzioni europee piuttosto che alle istituzioni locali.
Un altro dato di fondo è che questo sarà uno dei pochi strumenti a supporto dello sviluppo. Vista l’attuale strutturazione della finanza pubblica, credo che le risorse europee sono l’unico volano che ci consentirà di poter andare avanti sul piano dello sviluppo complessivo.
Dal punto di vista strategico mi pare di condividere una filosofia: un dato centrale di tutte le azioni contenute in questo piano è lo sviluppo del territorio, cioè è il territorio che per la prima volta viene messo complessivamente alla base dello sviluppo futuro e questo ha le implicazioni che qui sono state ricordate, che ovviamente attengono l’occupazione, attengono le attività produttive, ma attengono anche e soprattutto un corretto utilizzo del territorio che va da una parte mantenuto illeso rispetto agli attentati di una degenerazione di carattere ambientale, ma d’altra parte questo territorio, per poter vivere, ha bisogno anch’esso delle risorse necessarie. Di qui il nostro discorso sul piano di sviluppo energetico non può essere in contraddizione con il piano di sviluppo europeo che si prospetta, perché saremmo veramente pezzi. Noi dovremo assolutamente sviluppare tutte quelle politiche che ci consentano di mettere a disposizione delle azioni di sviluppo e di investimento, supportati da strumenti essenziali come quello della politica energetica.
Dico questo perché a me sembra che l’avere lasciato il dibattito sulla politica energetica prendendoci un altro anno, non so se ci consentirà — visto le prospettazioni delle azioni che in questo schema di sviluppo vengono impostate — di fare a meno di una politica energetica sicuramente adeguata. Ma soprattutto, se il territorio è alla base dello sviluppo, dobbiamo predisporre tutte quelle azioni affinché il territorio risponda coerentemente. Credo allora che questo sentirsi europei significa anche fare in modo che siano allertati i soggetti del territorio rispetto a questa nostra prospettazione. Cito non solo i soggetti quali le azioni di categoria, le associazioni sindacali, imprenditoriali ecc., ma credo che questa volta non potremo non chiamare il credito a sostegno di queste nostre operazioni, perché al di là dei bandi finanziati, se quei bandi non vengono implementati con delle politiche che il credito sostenga in maniera adeguata, perderemo occasioni d’oro. Pertanto dobbiamo anticipare lo sviluppo delle politiche europee, anche con delle sollecitazioni al sistema creditizio che da molti anni a questa parte dorme, non ci aiuta. Si continua a fare una politica dello struzzo, dove automaticamente non vengono offerti quei sostegni doverosi al nostro tessuto.
Inoltre, uno dei difetti essenziali che potrebbe anche mettere in crisi questo impianto di sviluppo, è la coesione territoriale, che io non interpreto come discorso della infrastrtturazione che è ovviamente preliminare per quanto riguarda il nostro collegamento con il resto dell’Europa, è quello della mancanza di coesione interna al territorio, che rende drammatica, per esempio, la situazione dell’ascolano. Se ci fosse stata coesione interna, quindi infrastrutturazione nostra, che le Province devono sviluppare, se ci fossero stati collegamenti adeguati tra il Fermano e l’Ascolano, non è detto che quelle cifre drammatiche di disoccupazione dell’Ascolano sarebbero rimaste tali, perché probabilmente, lungo le strade della coesione territoriale camminano anche le strade dello sviluppo e, di conseguenza, dell’occupazione. Credo che le Province debbano essere richiamate. Capisco la limitatezza dei mezzi che abbiamo a disposizione, ma dobbiamo riprendere alcune questioni fondamentali, vedi la pedemontana per l’Alto Maceratese, che risulterà fondamentale ed essenziale all’implementazione delle politiche di sviluppo. Pertanto coesione del territorio rispetto a questa piattaforma, altrimenti on faremo di queste misure la massima utilizzazione.
Termino con alcune osservazioni. Ho citato prima la VI Commissione, che secondo me può svolgere un’azione molto importante nella diffusione delle politiche europee e di come esse possono essere utilizzate dal territorio, sia enti locali che imprese. Attenzione, in passato c’è stata una profonda non conoscenza delle occasioni che vengono date dalla politica europea e non solamente dai fondi strutturali ma anche dagli altri fondi che la Comunità europea mette a disposizione, ed io sostengo che noi dobbiamo dotarci, come Regione, di una struttura adeguata nella implementazione di queste politiche. Invito l’assessore a predisporre una struttura interna dei servizi della nostra Regione, in modo tale che sia da riferimento per tutto il territorio regionale e che abbia un costante riferimento con Bruxelles, perché da questo punto di vista credo che abbiamo perso parecchi punti. Abbiamo cioè poche persone che conoscono sia le possibilità che vengono date a livello europeo sia i percorsi che si devono realizzare una volta implementati i vari Por.
Considero questa una occasione unica per la finanziabilità del nostro sviluppo, pertanto in carenza di altre finanze credo sia un compito doveroso da parte nostra utilizzare fino in fondo le occasioni che ci possono essere date da una politica europea che, oltre ad incrementare lo sviluppo territoriale, deve consentire alla nostra regione di recuperare una dimensione internazionale, europea, perché la internazionalizzazione per le Marche parte proprio dall’Europa.

PRESIDENTE. Ha la parola, per le conclusioni, l’assessore Petrini.

Paolo PETRINI. Il primo soggetto da ringraziare per il fatto di avere una dotazione sufficientemente accettabile di questi strumenti, è il Governo che ha scelto di far fronte ai grossi tagli del bilancio comunitario con un forte aumento del co-finanziamento. Solo per fare un esempio, nei fondi strutturali avremmo avuto una decurtazione totale del 12% che è stata ridotta mediamente al 6%. Quindi il Governo, in termini di co-finanziamento ha messo un miliardo di euro. All’interno di questa dotazione rispetto alla quale molte Regioni hanno perso fino al 10% — la Lombardia ha perso 210 milioni di euro, l’Emilia Romagna 200 — la Regione Marche è stata l’unica che di fatto ha guadagnato fra quelle del centro-nord. Perché ha guadagnato? In parte perché abbiamo indicatori che non sono tutti positivi, soprattutto in termini di produttività, ma anche perché nello scorso periodo di programmazione, per chiudere la trattativa, essendo una delle Regioni coordinatrici, avevamo fatto un sacrificio. Questa volta sono stati dimostrati gli indicatori che avevamo, quindi le effettive condizioni nelle quali la Regione si trova, che ci hanno portato ad avere +7 milioni nei fondi strutturali, più il Fas.
Noi siamo cresciuti non solo sui fondi strutturali, anzi in misura sia percentuale che in valore assoluto noi siamo cresciuti ancor di più nel Fears, cioè nel fondo per lo sviluppo rurale, dove da poco si è chiusa la trattativa e a fronte dei 193 milioni della vecchia dotazione di fondo europeo, oggi abbiamo una dotazione di 202 milioni, che con i finanziamenti porterà ad aumentare i vecchi 455 milioni a circa 474. Anche nel Fep, pur essendo questo un fondo diverso come funzionamento rispetto agli altri perché c’è un piano nazionale, stiamo trattando — e le Marche sono la Regione coordinatrice per il Fep — una ripartizione diversa rispetto allo scorso periodo di programmazione, non solo delle risorse ma soprattutto delle funzioni fra Governo e sistema delle Regioni.
Sapete che oltre a questo c’è tutto l’aspetto legato alla cooperazione, c’è l’aspetto legato anche agli aiuti regionali sui quali avete in particolare insistito e sui quali ha insistito in particolare il consigliere Castelli. Il regolamento legato all’articolo 87 3C, è appannaggio di Regioni che sono zonizzate a livello europeo con un colore diverso: la Sardegna è tutta gialla, il Friuli-Venezia Giulia, per evidenti motivi legati alla zona di confine ha parecchia zona gialla, le Marche non ce l’ha per niente. Questo non significa che le zone bianche non riceveranno nulla in termini di deroghe al regolamento sugli aiuti, significa che in relazione all’esito della trattativa nazionale, noi puntiamo — questo è l’unico obiettivo verosimile — ad avere 20.000-30.000 persone in deroga per intercettare le esigenze della zona che ne ha maggiormente bisogno per gli indicatori che vi sono presenti, che è quella della SG Carbon, dove altrimenti appare difficile andare a una riconversione, a un recupero, poiché si tratta di una zona in cui gli indicatori sono di gran lunga diversi.
Oltre a questo voglio farvi notare che al di là degli stereotipi che su questi fondi a volte abbiamo — lo dico in particolare per il Fesr — oggi questo non è più uno strumento settoriale ma uno strumento che ha spostato la sua attenzione dal terreno al territorio, cioè anche il Fesr si occuperà di riequilibrio, si occuperà di mantenere o attrarre addirittura popolazioni nelle aree più interne, di diversificare l’economia, di migliorare la qualità della vita nelle zone più svantaggiate di questa regione.
Questo lo dico per rendere esplicita una compenetrazione anche di attività di questi strumenti. Di fatto, quello che ho appena citato, cioè una attività intrinseca al programma di sviluppo rurale, sono le stesse cose che in parte persegue anche il fondo per lo sviluppo regionale, cioè il Fesr. Questo per significare che non bisogna agire per compartimenti stagni ed è proprio uno degli obiettivi principali di questo documento, che è sì abbastanza generico, ma intanto rende espliciti i collegamenti che vi sono nelle strategie europee e nei macro obiettivi regionali di questa Regione tra i diversi fondi. Quindi anche le sinergie che tra questi fondi possono essere messe in campo. Così come questo strumento permette certamente di migliorare di gran lunga la partecipazione dei soggetti, prima di tutto del Consiglio regionale ma anche di tutte le articolazioni della società marchigiana, le rappresentanze, le autonomie funzionali con le quali abbiamo svolto un confronto e un dialogo, a partire dal Dsr che è stato approvato in Giunta regionale che ha visto non solo incontri nelle formalità delle nostre leggi — Ces, Anci, Upi, Uncem e quant’altro — ma anche nei diversi territori dove la Giunta è andata per spiegare che dovevano mettersi in moto e, sulla base degli indirizzi comunitari, avere idee coerenti agli obiettivi da perseguire.
Credo che uno dei meriti principali di questo documento sia proprio quello di aver fatto partire, da molto tempo, una discussione ben prima che questa discussione si cristallizzasse intorno a delle azioni specifiche che certamente i Por dovranno contenere in termini anche di scelte molto più profonde, in termini di territorio e di settore, con una parentesi: è un preciso indirizzo della Commissione europea che questi fondi vadano a recuperare gli squilibri territoriali. Questi fondi non servono a far andare più veloci le locomotive e lasciare ancor più indietro i vagoni, queste risorse servono soprattutto a far sì che i vagoni abbiano la stessa velocità delle locomotive. Quindi questa è una particolare preoccupazione europea, ma lo doveva essere obbligatoriamente anche per la Regione Marche che altrimenti si vedrebbe non approvato il Por che presenterà in Commissione europea.
Faremo questo attraverso una safety net o attraverso dei programmi integrati o dei bandi integrati che permettano di mantenere sempre una dotazione certa per queste aree? Cercheremo di tradurlo, anzi lo stiamo già facendo perché per fortuna la redazione del Por è andata nel frattempo avanti, parallelamente al coordinamento con il piano strategico nazionale che pure ha avuto un notevole ritardo per il fatto che non era stato giudicato positivamente dalla Commissione europea e quindi l’attuale Governo ha dovuto rimetterci mano. Come abbiamo dovuto correre, insieme alle altre Regioni e al Governo, anche il piano di sviluppo rurale nazionale, che pure era stato dichiarato irricevibile nell’aprile scorso.
Tutti questi ritardi oggi ce li portiamo dietro. Nel frattempo si sono sviluppate delle elaborazioni, ma tutto il sistema nazionale si pota dietro un ritardo che ci vedrà maturare questo strumento in termini anche di approvazione di Commissione europea, quasi a metà anno, quindi perdendo anche del tempo, e con le nuove regole dell’N+2, rischiando anche in termini di perdita di risorse se non saremo particolarmente attenti.
Credo comunque che questo strumento sia stato utile non solo per le cose che ho appena detto ma anche per esplicitare alcuni approcci.
Noi qui parliamo di burocrazia, quindi di necessità di sburocratizzare, oppure parliamo di far funzionare questi strumenti coerentemente agli assunti e non semplicemente per colpire l’obiettivo di spendere pur di spendere, perché ovviamente, su questo, nessuno di noi sarebbe d’accordo. Ma perché queste cose molto spesso non funzionano? Non funzionano, molto spesso, perché c’è un’esigenza politica, della quale noi dovremmo portare le maggiori responsabilità in termini di scelta, di non elargire — uso appositamente questo termine — queste risorse sul territorio a prescindere, ma solo per finalità politiche. Quindi abbiamo l’esigenza di concentrare risorse, di non fare mancate scelte che non indichino i settori e neanche i territori dove abbiamo maggior bisogno di concentrare queste risorse. La burocrazia nasce laddove si vuol uscire dal solco europeo: ogni volta che si vuol uscire dai solchi che la Comunità europea disegna, là abbiamo bisogno di maggiore burocrazia per dimostrare che stiamo agendo border line ma che ci sono tutte le garanzie, quindi tutte le verifiche e tutti i controlli che rendono trasparente questo nostro agire border line. Dico questo perché, secondo me, dobbiamo renderci conto che stare in Europa significa prima di tutto assumere in maniera autentica gli indirizzi che ci vengono dall’Europa e non cercare di dichiararsi europeisti quando fa comodo e poi, quando non fa più comodo, derogare anche con atti formali.
Nello scorso periodo di programmazione ci sono state ulteriori difficoltà, perché rispetto a una programmazione che era stata fatta, c’è stata una crisi delle nostre aziende che non hanno più assorbito quelle risorse, anche perché mancavano in termini di co-finanziamento, c’è stata una crisi anche negli enti locali — pensiamo al patto di stabilità — ma anche perché le normative per gli appalti nel frattempo sono cambiate. Pensiamo a quelle 81 misure che, con diversi livelli di contribuzione, hanno creato una enorme difficoltà di gestione. Gestione che per il momento ha permesso di non perdere risorse, ma gestione che ha bisogno di fare grossi salti mortali periodicamente per poter mantenere queste risorse. Non dovremo certamente fare allo stesso modo la prossima volta ma dovremo cercare, attraverso un accordo con voi, un miglioramento della struttura e dei processi, per migliorare soprattutto nella programmazione.
Durante l’ultimo periodo, in cui la Giunta ha licenziato lo strumento del Dsr, che già era stato parzialmente discusso con la Commissione e che la Commissione già conosceva ampiamente, abbiamo avuto modo, attraverso l’attività che è stata fatta di riflessione e di concertazione con la Commissione, non solo la VI presieduta da Binci, ma anche con la I, di poter apportare quei cambiamenti che hanno di fatto migliorato, coerentemente con gli assunti, questo documento. Se penso al Pear, credo che questa sia una delle strategie più trasversali di tutti questi fondi, sia del Fesr che del Feasr e non è stato male esplicitarlo ulteriormente. Vi assicuro che è uno dei principali obiettivi che si vogliono raggiungere.
Credo che lo strumento che andiamo ad approvare dimostri comunque, attraverso le analisi di contesto che sono state fatte, che i nostri principali problemi sono legati ai limiti di accessibilità fisica e informatica, all’inesistenza di un settore hi-tech che sia degno di questo nome, a un basso livello dell’innovazione di sistema, a una scarsa diffusione delle innovazioni, a una frammentazione degli investimenti, a una limitatezza delle risorse finanziarie, soprattutto per quel che riguarda il funzionamento del mercato dei capitali e a corrispondenti limiti di preparazione tecnico-scientifica delle persone.
Credo che abbiamo il dovere, quindi, di difendere e valorizzare le nostre maggiori potenzialità, credo che abbiamo un dovere di difendere il nostro sistema di piccole e medie imprese, l’ambiente e il territorio, in osmosi con l’attività agricola e rurale in genere, le risorse culturali e il turismo. Credo che le azioni conseguenti e compatibili con le risorse disponibili o che sono attivabili nel corso del prossimo periodo di programmazione, debbano volgere a promuovere e supportare tutto quello che può farci migliorare in termini di ricerca applicata, a supportare le nostre reti di piccole e medie imprese, distretti, filiere o associazionismo in genere. Tutte quelle che introducono, però, innovazioni significative. Così come potremo finanziare le singole imprese solo laddove possano diventare beneficiarie della ricerca applicata di cui stavo parlando. Dobbiamo certamente dare un supporto alla nascita di nuove imprese, soprattutto laddove queste imprese siano caratterizzate non solo da innovazione ma anche da un cimentarsi nei settori che crescono di più sui mercati mondiali. Dobbiamo dare strumenti e porre in essere azioni per l’emersione della domanda della ricerca applicata da parte delle piccole e medie imprese, individuare anche dei soggetti che possano farsi mediatori tra le imprese e il mondo della ricerca applicata.
Credo che dovremo coprire tutte le esigenze legate alla banda larga o simili di questa regione e credo che le nostre dotazioni ce lo permettano tranquillamente. Così come dobbiamo potenziare i nostri centri di trasporto intermodali che è vero, gravitano soprattutto nella zona anconetana ma questo non deve certamente esimerci dalla ricerca di un sistema che consenta un migliore funzionamento del porto o dell’interporto di Jesi, queste mi sembrano cose assolutamente naturali e forse anche scontate. Ciò migliorando anche la mobilità delle persone e facendo azioni di tutela del territorio in maniera trasversale e dando un sostegno alle singole imprese o associate per tutte le azioni che sapranno mettere in campo, di efficienza energetica, quindi attivazione di fonti energetiche alternative, con una particolare attenzione al mondo del credito per tutte le azioni di garanzia e di ingegneria finanziaria da attivare direttamente anche con il fondo europeo degli investimenti e con l’eventuale accordo della Bei per le infrastrutture, mentre il Fei va utilizzato per tutte le azioni che si fanno riguardo alle imprese.
Credo che tutto questo lo potremo fare, per quel che riguarda il Fesr con i tre assi che abbiamo indicato, ma forse con qualche cambiamento. Già nei passaggi che abbiamo avuto presso la Commissione europea, con cui cerchiamo di avere delle relazioni utili, oltre che continue, ci è stato consigliato di sdoppiare l’asse “accessibilità”, distinguendo i trasporti dalle telecomunicazioni. Così come per quanto riguarda il partnerariato — questo si evince anche dai resoconti delle audizioni che ha tenuto la VI Commissione — un asse “sviluppo urbano” sembra assolutamente opportuno e coerente rispetto alle esigenze e alle articolazioni attraverso le quali queste esigenze verranno intercettate sul territorio.
Questi sono aspetti che approfondiremo insieme, ma da questo documento traiamo la forza per poterlo fare. Non possiamo prescindere da una cosa che dicevo all’inizio: sarà anche preoccupante quanto ci diceva Adriana Mollaroli in relazione ad alcuni indicatori che ci vedono al decimo posto, comunque la nostra è una regione di mezzo e il decimo posto è più o meno il nostro, ma noi abbiamo un problema enorme in termini di produttività, perché le nostre imprese sono piccole e perché, in termini di beni collettivi, soprattutto quelli dedicati alla ricerca e all’innovazione, abbiamo poco in questa regione. Se non miglioriamo sotto questi due aspetti, fare innovazione di organizzazione e di processo, soprattutto di prodotto, sarà assolutamente impensabile, quindi torno all’integrazione e alla concentrazione di risorse, soprattutto su soggetti integrati tra loro, che sappiano anche integrare le risorse in campo.
Concludo dicendo che per essere europei, Luchetti, forse il maggior salto di qualità da questo punto di vista lo dobbiamo fare noi tutti migliorando la nostra capacità amministrativa, che si migliora anche con la capacità progettuale che, come sistema non solo regionale ma anche delle altre istituzioni e rappresentanze, sapremo sollecitare, anche come capacità di cooperare tra i diversi soggetti, ma anche come capacità di misurare gli effetti di quello che decidiamo e soprattutto di valutarne, ben prima che questi si affermino, i benefici per il nostro territorio.

PRESIDENTE. La discussione generale è conclusa. Passiamo alla votazione dell’atto che presenta quattro emendamenti, tutti a firma del consigliere Castelli. Il primo è relativo al paragrafo 2.2 di pag. 15 del documento. Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Per snellezza del lavoro potrei illustrarli brevissimamente tutti insieme, perché sono simili. Si tratta sostanzialmente di introdurre in due paragrafi, uno relativo ai fattori di cambiamento, l’altro ai fattori di valutazione territoriale, un richiamo che ha chiaramente la tenuità di ogni forma di indicazione, di direttrice, di raccomandazione al concetto di disoccupazione, quindi propongo in questi due paragrafi di fare riferimento aggiuntivo ad altri valori di fragilità che pure vengono evidenziati, cioè la tutela dell’occupazione.
Gli ultimi due emendamenti, il 3 e il 4 sono disponibile a ritirarli, nel senso che ho proposto un subemendamento che li riassorbe e che costituisce il valore di un richiamo fatto alla successiva redazione del Por, sempre per quanto riguarda i territori e le aree che presentano i tassi di disoccupazione più elevati e quelli che, con ogni probabilità, verranno esclusi dalla nuova carta degli aiuti. Anche in questo caso non si tratta di richiami che hanno un carattere preclusivo, sostitutivo o cogente ma sono indicazioni e direttrici che ritengo sia giusto dare proprio per un richiamo alle esigenze di coesione interne che dovunque dobbiamo perseguire approvando il documento. Quindi, nel caso in cui il subemendamento 03 venisse accolto, ritiro l’emendamento 4.

PRESIDENTE. Per un atto di cortesia nei confronti dell’assessore, per non interromperlo, non ho prima messo in votazione la prosecuzione della seduta oltre le 13,30. Chiedo la votazione a ratifica.

Ottavio BRINI. Quando l’hai messa in votazione la prosecuzione?

PRESIDENTE. A ratifica, sto dicendo. Ho detto “per non essere scortese nei confronti dell’assessore che stava parlando...”.
Pongo in votazione la proposta di prosecuzione della seduta.

Il Consiglio approva

Ha la parola l’assessore Petrini.

Paolo PETRINI. Nell’intervento ho già detto che condivido lo spirito degli emendamenti di Guido Castelli, che tra l’altro ha animato anche altri interventi, cioè di sottolineare una delle maggiori vocazioni di questo strumento, quella di andare a riequilibrare i territori. Per questo, dal mio punto di vista, al di là della forma il primo emendamento è certamente accettabile. Anche il secondo, pur trovandolo ridondante. Io avrei meglio suggerito, caso mai, di sopprimere quella frase.
Per quel che riguarda il resto, credo che non sia allineato a questo strumento e a quello che è stato il dibattito che abbiamo avuto, perché qui si vanno a fare scelte territoriali abbastanza precise, che faremo solo con i Por. Quindi anticipare alcune scelte non mi sembra la modalità migliore.

Guido CASTELLI. Il subemendamento teneva conto proprio delle esigenze di non determinare anticipazioni su scelte, tanto è vero che assume il valore di un “tener conto” riguardo a scelte che comunque vengono introdotte con l’espressione “possono”. C’è comunque il “potranno essere considerate”.

Paolo PETRINI. L’obiettivo di riequilibrio è l’assunto principale e questa è una ulteriore specifica. Dal mio punto di vista è un po’ asimmetrico e un po’ ridondante, però non pongo problemi per l’approvazione di questo subemendamento.

PRESIDENTE. Quindi l’assessore è favorevole agli emendamenti 1 e 2 e al subemendamento 03 che è assorbente del 4.
Ha la parola il consigliere Binci.

Massimo BINCI. Ritengo che siano accettabili e integrativi, all’interno della riflessione del Consiglio regionale, gli emendamenti proposti dal consigliere Castelli, con il subemendamento 03 che cambia da un invito a un possibile intervento dei Por in quella direzione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento n. 1.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’emendamento n. 2.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il subemendamento 03. Se viene approvato, decade l’emendamento n. 3.

Il Consiglio approva

L’emendamento n. 4 viene ritirato, quindi pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di atto amministrativo.

Il Consiglio approva

La seduta è tolta.


La seduta termina alle 14,05