Resoconto seduta n.50 del 19/12/2006
La seduta inizia alle 10,40



Approvazione verbale

PRESIDENTE. Do per letto il processo verbale della seduta n. 49 del 12 dicembre 2006, il quale, ove non vi siano obiezioni, si intende approvato ai sensi dell’art. 29 del regolamento interno.

(E’ approvato)



Proposte di legge
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti proposte di legge:
— n. 137, ad iniziativa del consigliere Mammoli: «Modifica dell’art. 13, comma 4, della legge statutaria 8 marzo 2005, n. 1», assegnata alla I Commissione;
— n. 138, ad iniziativa dei consiglieri Bucciarelli, Favia, Giannotti, Altomeni e Castelli: «Norme sull’organizzazione e il finanziamento delle Autorità di garanzia indipendenti e modificazioni delle leggi regionali 14 ottobre 1981 n. 29, 18 aprile 1986 n. 9, 27 marzo 2001 n. 8, 15 ottobre 2002 n. 18», assegnata alla I Commissione in sede referente e alla II Commissione per il parere obbligatorio.



Proposta di regolamento
(Annuncio e assegnazione)

PRESIDENTE. E’ stata presentata, in data 13 dicembre 2006, ad iniziativa del consigliere Luchetti, la proposta di regolamento n. 8: «Modificazione al regolamento regionale 8 marzo 2004, n. 1 in materia di autorizzazione delle strutture e dei servizi sociali a ciclo residenziale e semiresidenziale», assegnata alla V Commissione e iscritta all’ordine del giorno della seduta odierna.



Mozioni
(Annuncio di presentazione)

PRESIDENTE. Sono state presentate le seguenti mozioni:
— n. 141, dei consiglieri Bugaro e Capponi: «Inopportuna nomina di ex brigatisti in organi istituzionali»;
— n. 142, dei consiglieri Castelli, Pistarelli, D’Anna, Romagnoli e Silvetti: «Applicazione di ticket sanitari sulle prestazioni di pronto soccorso».



Congedo

PRESIDENTE. Ha chiesto congedo il consigliere Ciriaci.



Ordine dei lavori

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sull’ordine dei lavori, il consigliere Comi. Ne ha facoltà.

Francesco COMI. Chiedo un’attenzione e una sensibilità in merito ad una interpellanza depositata qualche mese fa, che chiedeva chiarimenti ed il coinvolgimento della Regione in merito ad alcuni fatti accaduti alla facoltà di scienze della formazione dell’università di Macerata. Quel chiarimento era indispensabile anche per rassicurare e superare un clima di equivoci e di tensione che c’è nell’università di Macerata e tra tanti studenti che hanno sollevato numerosi ricorsi. Purtroppo, per economia dei lavori e difficoltà organizzative, da mesi viene reiteratamente aggiornata la discussione in merito a questa interpellanza. Chiedo al Presidente di porla all’ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Prendo atto e vedremo come poter ottemperare, già dalla prossima seduta del Consiglio regionale.
La Conferenza dei presidenti di gruppo ha condiviso la proposta che ora vi sottopongo, circa i lavori della presente seduta.
Si propone di discutere come primo punto dell’ordine del giorno la mozione n. 136 relativa alla etichettatura degli oli d’oliva, quindi la proposta di regolamento n. 8 relativa alle autorizzazioni alle strutture di servizi sociali a ciclo residenziale e semiresidenziale, dopodiché si prosegue con il punto 3 dell’ordine del giorno previsto, quindi con il punto 9 e quindi si continua secondo quanto già previsto.
Pongo in votazione questa proposta.

Il Consiglio approva




Mozione (Votazione): «Etichettatura degli oli di oliva» Benatti, Solazzi, Favia, Pistarelli, Bandoni, Mammoli, Rocchi, Binci, Capponi, Ricci, Lippi e Procaccini (136)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la mozione n. 136 dei consiglieri Benatti ed altri.
Do lettura del dispositivo: “Il Consiglio regionale impegna il Presidente della Giunta regionale ad intraprendere ogni più opportuna azione nei confronti del Governo nazionale, tesa ad ottenere l’emanazione di un decreto interministeriale che individui le modalità per l’indicazione obbligatoria nell’etichetta degli oli di oliva vergine ed extravergine, del luogo di coltivazione e molitura delle olive utilizzate, anche in considerazione delle argomentazioni desumibili dal regolamento Ce n. 1019 del 13.6.2002, Commercializzazione dell’olio d’oliva; a dare sostegno alla petizione pervenuta alla Coldiretti anche attraverso gli organi di stampa, volta a sollecitare da parte del Governo le norme per l’attuazione della previsione di cui all’art. 1 ter della legge 204 del 2004 relativa alla etichettatura degli oli d’oliva”.
Se non vi sono interventi, la pongo in votazione.

Il Consiglio approva




Proposta di regolamento (Discussione e votazione): «Modificazione al regolamento regionale 8 marzo 2004, n. 1 in materia di autorizzazione delle strutture e dei servizi sociali a ciclo residenziale e semiresidenziale» Luchetti (8)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di regolamento n. 8 del consigliere Luchetti, che ha la parola per illustrare la proposta medesima, quale relatore di maggioranza.

Marco LUCHETTI. Si tratta di una modificazione del regolamento approvato poche settimane fa da questo Consiglio, in quanto si era posto un termine di permanenza nelle residenze dei bambini affidati da parte del tribunale. Noi avevamo posto un termine confidando che fosse sufficiente e necessario per affidare i bambini da zero a tre anni a famiglie affidatarie. Questo termine era stato individuato attraverso un emendamento dell’ultimo momento, però da informazioni più adeguate che siamo riusciti a reperire, ci siamo accorti che è un termine che non può essere rispettato in quanto l’affidamento di questi bambini in stato di necessità e di abbandono, necessita di tempi più lunghi. Poi c’è tutta un’altra serie di condizioni per cui i bambini che provengono da certe famiglie diventano di difficile affidamento e questo è un tema molto delicato e complesso. Ecco perché ci accingiamo a proporre la modifica del regolamento, in modo tale che queste strutture siano in grado di affrontare più adeguatamente il loro ruolo e la loro funzione.
Per questi motivi abbiamo tolto il termine, con la raccomandazione che comunque i bimbi da zero a tre anni affidati a queste strutture il più presto possibile possano essere affidati a famiglie affidatarie, altrimenti queste residenze hanno titolarità per continuare a svolgere la loro funzione nei riguardi dei bambini.
Andando in vigore il regolamento, se fosse trascorso questo termine alcuni degli enti preposti all’accoglienza si sarebbero trovati fuori legge. Ecco perché modifichiamo il testo e lo rendiamo più adeguato alle esigenze del servizio.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Tiberi.

Oriano TIBERI. Proprio perché oggi è una giornata piena, essendo evidente la motivazione di questa proposta di regolamento, annuncio che il nostro gruppo vota a favore.

PRESIDENTE. Sono stati presentati due emendamenti. Il primo, a firma Tiberi, Bugaro, Pistarelli, Capponi, Massi e viventi propone di aggiungere all’art. 1, dopo le parole “e per esclusiva disposizione del tribunale dei minorenni”, le parole “o dei servizi invianti”.
Ha la parola il consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Questo emendamento è impreciso. Ha una ratio, nel senso che ci sono dei Comuni che molte volte si trovano, in carenza della disposizione del tribunale dei minorenni, nelle condizioni di affidare comunque a queste residenze i bambini. “Servizi invianti” diventa molto generico. Non è che “servizio inviante” possa essere considerato qualsiasi servizio. Potremmo fare un subemendamento dicendo “servizi sociali comunali”, altrimenti rischiamo veramente di non capirci.

Oriano TIBERI. “Servizi invianti abilitati”.

Marco LUCHETTI. Abilitati a che cosa? Mettere una norma così generica non mi sembra opportuno.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio approva

Il secondo emendamento propone di sopprimere al primo capoverso, lettera b), dopo le parole “l’eventuale disponibilità ad ospitare temporaneamente” le parole “e comunque al di fuori degli spazi destinati all’attività di servizio della comunità”.
Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di regolamento. Ha la parola, per dichiarazione di voto, il consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. La dichiarazione di voto del gruppo di An, è condivisa da tutti i gruppi della Casa delle libertà. Si tratta di un atto per certi aspetti dovuto, per evitare problemi che avrebbero comportato ricadute dirette sull’utenza, sui servizi erogati, sulle strutture.
Per altri aspetti è un atto sostanziale, perché l’attenzione su questa questione delle strutture residenziali e semiresidenziali deve continuare ad essere, da parte dell’istituzione regionale, alta. E’ un aspetto questo, dei servizi sociali, assolutamente delicato, importante e deve sicuramente vederci impegnati in maniera forte affinché possa essere superata la logica dell’emergenza che purtroppo ci ha in molti casi “costretti” ad affrontare la questione senza la serenità e la visione prospettica dovuta. Dico questo perché la Regione, in molti casi è sostituita nei suoi compiti propri, da tante strutture a livello comunale e da gestioni importanti di rilievo, fortunatamente, perché c’è un ritardo da parte dell’istituzione regionale ad affrontare in maniera organica e forte, anche sotto il profilo del sostegno, le politiche sociali. E’ compito nostro, fortunatamente ci sono tanti soggetti che hanno surrogato questo compito, hanno sostituito la Regione, li dobbiamo aiutare a crescere di livello e di qualità, ma attenzione: aiutare e sostenere, non farli trovare di fronte — strutture, operatori e gruppi, non solo l’ente locale ma anche coloro che si convenzionano per l’erogazione di certi servizi — a imbuti che poi strozzano, impediscono non solo la crescita ma la stessa erogazione del servizio. Dico questo perché l’approccio può essere anche letto in questa maniera nei nostri regolamenti, cioè stringenti individuazioni di quelli che sono i criteri per autorizzazioni e accreditamenti, criteri per la gestione delle strutture e poi, magari, una realtà che è completamente diversa.
Oggi facciamo bene a mirare i nostri interventi, a are in modo che non ci siano problematiche, domani faremo ancora meglio ad affrontare la questione anche sotto il profilo del sostegno organico e dell’intervento integrato Regione, enti locali e operatori, affinché la socialità non sia solo una enunciazione di principio ma si cali nella realtà.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Condivido quanto detto da Pistarelli. Vorrei soltanto che questo atteggiamento, che questa buona volontà si dimostrassero ogni qualvolta parliamo di servizi sociali o di questioni di interesse delicato e generale, con quello stile che dovrebbe vedere maggioranza e minoranza tesi ad un comune obiettivo: quello di migliorare la qualità dei servizi, soprattutto in una materia come quella del sociale. Pertanto la collaborazione va bene, mentre non va bene utilizzare questi momenti come momenti strumentali.
Quindi accolgo questo tipo di impostazione ed esprimo un giudizio positivo, con la speranza che questo metodo che oggi ci ha ispirato continui anche nel futuro.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di regolamento.

Il Consiglio approva




Proposta di atto amministrativo (Discussione): «Documento di programmazione economica e finanziaria regionale (Dpefr) 2007-2009» Giunta (37)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di atto amministrativo n. 37 ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Brandoni.

Giuliano BRANDONI. C’è una considerazione di metodo che deve essere anticipata in questo dibattito e riguarda la normativa e il percorso di costruzione delle leggi di bilancio in questa Regione. Ci troviamo oggi a discutere ed approvare un documento in concomitanza con la legge di bilancio stessa. La propedeuticità che lo strumento dovrebbe avere in sé viene a mancare ed è una riflessione non solo di metodo ma riguarda il merito con cui un ente legiferatore e importante come la Regione costruisce la sua politica finanziaria. Non è in questo caso legato a esclusivi ritardi dell’Esecutivo, che, devo dire, per molti aspetti è stato tempestivo nel trasmettere l’atto alla Commissione, ma al percorso, alla difficoltà, a volte, che il Consiglio stesso nei suoi lavori, anche d’aula, ha incontrato. In realtà questo si connette in maniera significativa con un problema più generale. Proprio in questi giorni stiamo assistendo a una discussione sulla legge finanziaria nazionale che contiene le stesse problematiche, le stesse difficoltà, le problematiche e le difficoltà di uno strumento che diventa antologico, omnicomprensivo, mostruoso per molti aspetti e che fa perdere alla comunità complessiva gli atti, le caratteristiche, gli indirizzi, quindi la facoltà di un giudizio che possa essere adeguato alla funzione di questo strumento.
Quindi penso che dovremmo accompagnare il dibattito odierno ad una riflessione di percorso normativo che riguardi il Dpefr e complessivamente la questione della costruzione del bilancio, per renderlo contemporaneamente più snello e trasparente, per renderlo più efficace e più partecipato. E’ un percorso di somma di contraddizioni dentro le quali, probabilmente, dovremo cimentarci e a breve.
Del resto una difficoltà indotta di questo percorso è legata alla questione dei documenti di bilancio nazionali. Progettare e proporre senza un’indicazione precisa dei trasferimenti, delle quantità, delle qualificazioni è cosa ardua e complicata per tutti, tanto più è complicata per un ente come il nostro, rispetto al quale la fonte delle entrate che viene dai trasferimenti della finanziaria è particolarmente cospicua e significativa, non foss’altro per il trasferimento che riguarda il fondo sanitario, che è parte decisiva del bilancio regionale.
Detto questo, alcune considerazioni ulteriori di merito.
Ci sono, e sono diffusi, alcuni idolafora nella discussione dei bilancio. Una riguarda la questione della spesa pubblica: per troppo tempo, in troppe occasioni la spesa pubblica è vista come sinonimo di sprechi. C’è in questa vicenda una necessità di recupero di documentazione, di dimostrazione del ruolo, della funzione produttiva della spesa pubblica e accanto a questo c’è un’altra questione altrettanto significativa e importante, a mio giudizio: una vicenda che Antonio Gramsci avrebbe chiamato “il contenuto della plebe borghese”, di assoluto distacco dalla cosa pubblica e, rispetto a questo, una critica aprioristica e a volte senza senso di quelle che volgarmente vengono chiamate tasse. C’è un atteggiamento di repulsione e che ormai è diventato cultura, secondo cui la pressione fiscale è di per sé ingiusta, sbagliata e lontana dal realizzare il pubblico interesse. Questo è un primo idolafora che noi dovremmo tentare, abbiamo tentato di superare, e forse anche in questo documento ci sono le tracce di questo tentativo culturale di rompere questo tabù. L’altro è la questione ancor più importante di cosa si intende per sviluppo. Per troppo tempo impresa e sviluppo hanno rappresentato la stessa cosa, per troppo tempo un concetto più generale di qualità della vita, un concetto più generale di misura dell’efficienza e dell’efficacia della pubblica amministrazione date dalla qualità dei servizi, dalla spesa per la cultura, dalla spesa per i servizi sociali, è stato visto se non come uno spreco, come un lusso e invece i fondi da destinare all’impresa la necessaria qualità e qualità che garantiscono poi la crescita.
Oggi c’è diffusa, su questo versante, una critica e c’è un Dpefr che programma senza timore e senza reticenze, mettendo nei servizi sociali da una parte e nei servizi sociali dall’altra, quota significativa di questo bilancio. Questo mi pare voglia dare ed indicare un indirizzo che è quello che oggi ripercorre e pensa all’investimento sociale come un investimento vero e proprio di carattere economico, perché è la qualità della vita dei territori, è la coesione sociale, è il buon vivere che poi significano attrazione di investimenti, qualità della produzione, spese e scelte per l’innovazione.
Del resto tutto questo questa maggioranza ha provato a farlo anche attraverso la cosiddetta “intesa per lo sviluppo”. L’ha fatto perché in quell’intesa ha individuato filoni e nodi di rete per costruire l’azione politico-finanziaria. Nodi di rete che in qualche modo potranno permettere un’idea e un percorso dello sviluppo molto più articolati, proprio in un momento in cui ci sono parti del paese — penso alle dichiarazioni di ieri del presidente di Confindustria — che si sentono separate dalle vicende del nostro agire, che arrivano al terrorismo quando tentano di smentire le cifre e le previsioni di crescita di tutti gli organismi internazionali. C’è in questo atteggiamento, in questa indisponibilità a partecipare alla vicenda complessiva, un segnale particolarmente negativo e rispetto a questo segnale la maggioranza prova, anche attraverso questo documento, a ricostruire quei nessi.
Di cosa parliamo? Intanto parliamo di un documento che ha come capienza generale 3.467 milioni di euro, una cifra importante e che ha i suoi vincoli positivi ma obbligati: il 69% di questa spesa sarà dedicato alla spesa sanitaria e su questo il Consiglio dovrà cimentarsi, nelle prossime settimane, in un percorso articolato e importante, che sarà quello di un nuovo piano socio-sanitario regionale che, dentro queste vicende, non può più assolutamente essere caratterizzato dai particolarismi, dai campanilismi, dalle miopie, quando poi questi particolarismi, campanilismi e miopie producono fatti come quello dell’altro giorno. Quando non c’è un tentativo unitario, una rappresentazione unitaria dell’intervento e dell’azione politico-finanziaria, ognuno si sente privato di qualcosa e i populismi avanzano: il referendum della Valmarecchia in qualche modo questo ci segnala e questo ci indica.

Giancarlo D’ANNA. Non è populismo: quello è disagio.

Giuliano BRANDONI. Caro D’Anna, io ho dato questo giudizio, tu avrai tutta la possibilità di dimostrarmi che di disagio vero si tratta. Io penso che sostanzialmente sia questo. Quando si pensa che pagare le tasse sia essere vessati, quando si pensa che il tuo territorio è il punto esclusivo della riflessione e della misura della tua qualità della vita, quando non si alza lo sguardo, quando si gioca da mediani e non da mezze ali, probabilmente avanzano questi particolarismi e questi populismi. Le destre li hanno sempre cavalcati, però i risultati si sono visti.
Torno al documento. Si parla di oltre 3.467 milioni, ma il 69% d questi dedicati alla sanità e in quel documento ci sono anche una serie di indicazioni che in qualche modo dovranno aiutarci a costruire questo nuovo piano socio-sanitario. Il restante è in parte vincolato dagli impegni finanziari fin qui assunti, dalle vicende sempre ricordate dei debiti che stanno maturando. Oltre a questo, il documento ci dà alcune indicazioni, costruite già da altri passaggi: penso all’intesa per lo sviluppo, penso al dibattito, alla discussione che riguarda la priorità delle infrastrutture, penso a un percorso che possa rilanciare la nostra regione e il suo modello industriale, valorizzando quello che c’è ma pensando anche a una questione essenziale e importante, che è diventata punto significativo del dibattito politico: il dimensionamento dell’impresa, come aiutare il dimensionamento dell’impresa, cosa significa, in una politica alta, pensare alla selezione dal punto di vista del credito, dal punto di vista dei trasferimenti e soprattutto penso che dovremmo tentare — lo stiamo tentando anche con questo documento — di dare fiducia a quel soggetto importante della nostra regione che sono le giovani intelligenze, le giovani professionalità che, in qualche modo, hanno bisogno di essere incentivate in maniera autonoma e libera. Dentro questo documento alcune indicazioni ci sono e andranno altrettanto valorizzate.
Altra questione fondamentale, importante, significativa, è quella della condizione del lavoro nella nostra regione. La nostra regione ha dei dati significativi dal punto di vista dell’occupazione, ma non sempre, purtroppo, ha un’occupazione di qualità, perché la cifra generale si chiama precarietà e alla precarietà noi dovremmo dare delle risposte, a partire da iniziative finanziarie che nel prossimo bilancio dovremmo cominciare ad attivare. Dovremmo dare delle risposte, perché in altre regioni si è cominciato a dare queste risposte, perché la questione della precarietà è essenziale anche rispetto a un’idea di sviluppo, che nella parcellizzazione della globalizzazione sta producendo sacche di emarginazione, sta rendendo o rischia di rendere periferica anche una regione come la nostra. Avere individuato, per alcuni aspetti, questo tipo di percorso anche in questo documento, ci permette di affrontare la sessione di bilancio come gli strumenti, le bussole per indicare e indirizzare le partite e le risorse. Di questo stiamo parlando, purtroppo in ritardo. Il documento è essenzialmente uno strumento importante, tuttavia e chi l’ha letto ha potuto trovarvi una serie di indicazioni, di numeri, di riflessioni sulla condizione complessiva della società marchigiana che dovranno essere ulteriore momento di confronto e ulteriore momento di articolata iniziativa legislativa.
Abbiamo, con questo documento, le mappe e i problemi: con il bilancio dovremo trovare i percorsi e le risposte.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Il documento di programmazione economica e finanziaria ha un rilievo che forse questa nostra Assemblea non ha colto, vista anche la distrazione diffusa tra i banchi, perché è un documento corposo, dove effettivamente la politica dispiega le sue capacità di analisi e di sintesi. L’anno scorso fu addirittura strozzato dentro la discussione del bilancio, sotto il profilo proprio formale, fu un’allegazione. Negli anni passati forse non è stata data importanza al passaggio e arriviamo anche quest’anno un po’ in sordina. In realtà oggi questo punto ritengo sia di molto rilievo, di molta importanza e spero che possa riuscire anche ad assolvere al compito, la relazione di minoranza, perché con questo clima non è semplice.
Cerco di riuscirci partendo da due considerazioni di fondo. La prima, l’impostazione del documento. La prima parte del documento è un compendio sintetico, statistico. Le prime 90 pagine sono una lettura interessante ma di raccolta di dati. Dalla novantesima pagina in poi, fino a quelle che sono descritte in maniera un po’ pomposa come prospettive programmatorie, che in effetti una riflessione deve essere fatta, alta e nobile, perché ci sono le cifre, ci sono le impostazioni fino ad oggi date alla politica economica e finanziaria della Regione, che poi è prodromica a tutti gli interventi nei settori della vita sociale, della vita associativa della nostra regione.
Le cifre. Ricordo all’aula cosa che forse sono note ai più, ma che è bene ricordare. Per esempio la dinamica delle entrate, che nel 2005 si sono discostate parecchio rispetto alle previsioni iniziali; entrate che sono cresciute, soprattutto nel titolo “tributi propri” e soprattutto nel titolo “trasferimenti”. Cosa significa questo? Primo dato, assessore Marcolini: mi pare che i trasferimenti dello Stato non siano stati penalizzanti, anzi letti questi numeri mi pare che si richiami una attenzione che c’è stata ed è stata crescente. Ricordo gli strali degli ani passati al Governo centrale: “tagliano i trasferimenti”. E’ la prima cosa che si smentisce, dalle prime pagine, sostanziali, di questo documento, se è vero, come è vero, che i trasferimenti correnti hanno avuto il discostamento più alto: 138% rispetto alle previsioni. C’è stato molto di più rispetto a quello che si prevedeva prudenzialmente da parte degli uffici.
Saltate le questioni dei mutui, del Bramante bond di cui parleremo in sede di bilancio, la questione della capacità di mutuazione da parte della Regione che è stata oggetto di critiche nel passato, siamo ad un livello di totale delle entrate di 3.702 milioni di euro, +248 milioni rispetto alla previsione, con un aumento del gettito dei tributi propri. Questo è un altro passaggio importante: c’è stato un aumento di trasferimenti di parte corrente e un contestuale aumento del gettito di tributi propri da parte della Regione.
Sono aumentate le entrate e sono aumentati i tributi propri, ci si aspetta di vedere capitoli sensibili delle spese nei quali sono stati riversati questi ingenti quantitativi di risorse. No, l’area che ha avuto un sensibile aumento di spesa è stata l’area 1, 208% in più nel 2005. L’area 1 è “assetto istituzionale e organizzativo”. Quando da questi banchi si fa critica seria su come si spendono le risorse, questa è la verifica per tabulas di quello che dicevamo e che continuiamo a dire: si spende male in questa Regione, malgrado un andamento delle entrate in costante crescita nel triennio analizzato dal documento. Su questo vorremmo una risposta: perché aumentano del 205%, nel 2005, le spese per l’assetto istituzionale e organizzativo, quando dai banchi della maggioranza si levavano critiche al Governo nazionale perché ci si trovava di fronte — si diceva da parte della maggioranza — ad impedimenti di natura finanziaria sul sociale, sulle attività di sostegno alle imprese? E poi vediamo questi numeri.
Per il futuro che cosa dice il governo regionale, l’attuale maggioranza? L’attuale maggioranza a pag. 99 fa una netta affermazione: “Il processo di alleggerimento della pressione fiscale nell’ambito della propria autonomia tributaria e finanziaria proseguirà”. Signori, di fronte a questa affermazione cadono le braccia, perché appena un minuto dopo aver votato questo documento, ci appresteremo a discutere e votare un altro documento, quello sulla questione dei tributi, che verificheremo se sarà un proseguimento di alleggerimento della pressione fiscale, lo verificheremo sull’addizionale sul gas, sull’Irap per le imprese. Verificheremo, perché avere strozzato la discussione in Commissione già è sospetto, perché in Commissione di quell’atto sui tributi non è stato fatto assolutamente alcun confronto serio, serrato, importante come l’atto avrebbe necessitato, che è sospetto.
E’ sicuramente un atto che, se interviene in maniera così subitanea, rientra in una verifica che gli uffici hanno fatto, che l’assessorato ha fatto, una verifica che ha fatto scaturire una necessità, perché deve essere chiuso al 31 dicembre, entro l’anno per avere i suoi effetti. Come mai non abbiamo affrontato questa verifica? Spero che nella discussione dell’atto si affronterà.
Leggiamo però, già dal documento di programmazione, che il bollo auto aumenterà dell’1%, quindi già comunque non vi è un allineamento sulle politiche di diminuzione della pressione.

Pietro MARCOLINI. La Regione non aumenta neanche di un euro la propria tassa.

Fabio PISTARELLI. L’assessore ha anticipato una argomentazione che poi svolgerà, penso, nella sua replica, ma io controdeduco.
Noi abbiamo un livello di tassazione sul bollo auto, alto, più alto rispetto ad altre Regioni. E’ l’effetto della manovra fiscale che facemmo a fine 2001. In conseguenza di quello che accadrà con la finanziaria nazionale, dove vi saranno degli aumenti, noi come marchigiani subiremo ancora di più questo tipo di aumento di pressione, perché abbiamo una percentuale più alta rispetto ad altre Regioni, quindi la pressione fiscale, per il solo fatto di essere marchigiani, aumenterà di più rispetto ad altri nostri concittadini che abitano in altre regioni.
Non è solo quell’1% indicato perché potrebbe aumentare il parco macchine e pertanto la contribuzione attraverso il bollo auto, ma anche — e secondo me non sarà limitato all’1% — perché qui abbiamo una percentuale di imposizione più alta rispetto a tutte le altre Regioni, perciò l’effetto della sciagurata manovra finanziaria nazionale, sarà doppio o triplo.
Comunque dire in maniera perentoria che si è orientati a proseguire il processo di alleggerimento della pressione fiscale è un dato che contestiamo. Questo lo diciamo perché già dal documento si evince ciò, lo diciamo a fronte del fatto che già nel 2006 entrate libere che aumentano: la pag. 102 è significativa sotto questo profilo. C’è una riepilogazione molto chiara: la somma di tutte le voci di entrate tributarie a libera destinazione ci dice che sono 303 milioni di euro, dati aggiornati, rispetto a una previsione iniziale di 299. Le entrate libere aumentano. Per quanto riguarda le entrate tributarie, per quanto riguarda la finalizzazione alla sanità, leggo l’Irap e l’Irpef, da 137 a 140 milioni, c’è un incremento già nel 2006. Da 731 a 810 per l’Irap.
Di fronte al fatto che già nel 2006 c’è un incremento di entrate — pertanto non si alleggerisce il carico complessivo — si dice però chiaramente, che la dinamica del prossimo triennio non sarà in diminuzione, perché c’è una diminuzione leggera nel 2007, ma poi c’è una ripresa nel 2008, da 99 a 102 e un’altra, nel 2009, da 102 a 104. Dov’è, pertanto, la dinamica virtuosa di alleggerimento? Non mi si dica che sarà perché le imprese saranno di più o faranno più gettito imponibile, perché prudenzialmente tutti dicono che la ripresa c’è ma è ancora una ripresa timida e comunque il quadro nazionale — la finanziaria 2007 che è stata votata al Senato e adesso ritorna alla Camera — ci dice che il tasso di crescita ritornerà ad essere intorno all’1%-1,2%, dall’1,7 che quest’anno dovrà essere la chiusura. Allora perché voci in aumento se non per il fatto che si continua, in realtà, a mantenere, se non ad elevare, seppure surrettiziamente, in maniera non detta, la pressione fiscale complessiva?
Lascio da parte gli extratributari e le alienazioni di beni, perché secondo me sono voci non attendibili, sono specchietti per le allodole delle entrate, perché sull’extratributario parlare da 55 a 68 milioni di crescita nel triennio, secondo me è poco giustificato, come è poco giustificata anche la parte delle entrate derivanti dalla alienazioni dei beni immobili.
La politica della spesa che si prevede nel prossimo triennio. Se facciamo riferimento allo schema di pagina 108 vediamo che abbiamo una conferma del dato dell’area 1, cioè delle spese fortissime in aumento nel 2006, nulla si dice per il 2007. Penso che questo dato abnorme di 209 milioni di euro, non spiegato — anzi, quella non è sicuramente una delle spiegazioni, perché la spesa vincolata è diminuita sulla stessa area — questa voce di spesa non si affronta nella giusta e dovuta maniera, perché ha avuto l’incremento maggiore, non si spiega perché, non si spiega che cosa succederà per il futuro. E’ un altro interrogativo che pongo all’assessore, alla maggioranza, alla Giunta. Si vede però chiaramente l’andamento della spesa sanitaria, cosa che ci preoccupa, ci ha sempre preoccupato.
Le perdite, che sono superiori a quelle che erano state previste e che nel 2006 hanno ormai raggiunto i quasi 100 milioni di euro perché sono 96,3, sono non solo fuori previsione ma anche preoccupanti, perché su questo, anche sul fatto della budgettizzazione, cioè dell’accordo che è stato trovato con le zone per quanto riguarda il 2006, non solo abbiamo fatto atti ispettivi ma abbiamo anche scritto ampiamente: qui siamo di fronte ad una contrattazione che ha avuto un vulnus di fondo, assessore, gravissimo, cioè si è fatta la contrattazione, nella maggior parte dei casi, sui pre-consuntivi 2005, non sui budget contrattati nel 2005. Questo è gravissimo, perché si è legittimata ancora una volta la pratica dello sforamento dei bilanci, che, così facendo, non avrà mai termine, non avrà mai fine e si è penalizzato chi invece di quei budget ne ha fatto effettivamente una colonna d’Ercole, cioè ci si è limitati a quello che si era contrattato e stabilito. Le percentuali di aumento a quelle zone sono state fatte su un budget rispettato, a quelle altre che non hanno rispettato, le percentuali di aumento sono state fatte sui consuntivi, cioè legittimando la pratica del non rispetto dei patti. Perché? Forse perché certi sancta sanctorum non devono essere toccati? Certe gestioni non devono essere messe in discussione, vedi alcune aziende ospedaliere o vedi il generale andamento negativo delle riforme, con l’Asur e ciò che questo ha comportato?
Ecco il quadro, un quadro complesso ma complessivamente negativo, fortemente negativo per le dinamiche della pressione fiscale e tributaria che continua ad essere in aumento, per le spese che sono ingiustificate perché vengono riversate su settori che nulla hanno a che fare con lo sviluppo, l’investimento, il sociale e quant’altro, l’area istituzionale e organizzativa. Quello significa ufficio del Presidente, gabinetto del Presidente su cui si spendono decine e decine di righe e di pagine per spiegare che cosa dovrà essere questa macchina meravigliosa, che significa, in realtà, consulenze, incarichi, prebende, collaborazioni e quant’altro di spesa assolutamente improduttiva ed inutile se non utile solo a fare la propaganda.
Sulla questione della programmazione siamo molto delusi dell’ultima parte di questo documento. Si dice molto sul gabinetto del Presidente e su quello che dovrà essere questo nuovo meccanismo messo in atto, ma si dice poco o nulla, anzi quello che si dice è anche omertoso, negativo, non condiviso, sull’industria, sul sostegno alle nostre imprese, sull’energia, sulla sanità. Siete stati costretti a stralciare intere parti del documento, perché si dicevano cose che non avevano assolutamente avuto il consenso neppure tra le vostre fila, sugli ospedali, sull’intervento sulle strutture, sul punto di riflessione sull’Asur e quello che ha comportato la riforma del nostro sistema sanitario regionale.
Su questo noi interveniamo con molti emendamenti qualificanti, soprattutto relativi a sanità, energia e infrastrutture. Anche sulle infrastrutture c’è una stanca ripetizione di enunciazioni senza che le stesse abbiano avuto la benché minima concretizzazione, perché anzi, lo ripeto — ma quest’aula ne ha fatto oggetto di discussione — la visita del ministro Di Pietro ha detto chiaramente una cosa: che di tutte quelle che sono le aspettative che da tempo si scrivono in tutti i documenti di programmazione, nulla c’è di concreto, da nord a sud delle Marche. Si dice “dobbiamo fare questo, dobbiamo fare quest’altro”, ma non si dice quando, come, con quali finanziamenti e tempi certi, anzi l’unica cosa certa che c’è, che è quella della “Quadrilatero”, la si mette in discussione con due righe pericolosissime, perché si dice che la “Quadrilatero” sarà in grado di essere maggiormente realizzata se si ridurranno le opere e i progetti. E’ la follia! L’unico capitolo certo di spese, di risorse e di programmi, di progetti, per il futuro, invece di essere continuato a seguire, cavalcato nella attenzione, si mette in discussione, “riducendo le opere”. Cosa significa? Rinunciamo alla strada che sa 4 sarà a 2 corsie, rinunciamo alle progettazioni. E’ inaccettabile. Questo vorremmo che fosse espunto dal documento come d’altronde emerso nella discussione in Commissione e non reintrodotto da emendamenti o da indicazioni che vengono soprattutto dalla sinistra dello schieramento di maggioranza.
Mi fermo qui. Penso che di fronte a questo atto la discussione e l’attenzione siano doverosi, perché qui c’è scritto quello che già oggi ci appresteremo a discutere e a votare come atti concreti, soprattutto per quanto riguarda le risorse tributarie e fiscali, il punto successivo che, facciamo una scommessa pubblica, significa aumento di pressione, significa continuare in una politica che oggi non solo il Ministero ma tutti i cittadini marchigiani hanno valutato come una politica che ha spremuto milioni di euro: 26-28 milioni di euro di fiscalità in più rispetto al complesso della fiscalità regionale ordinaria, derivante ancora da quella manovra del 2001, risorse sottratte all’economia, sottratte al nostro tessuto produttivo, perché famiglie e imprese, perché tutti sono stati toccati da questa pressione aumentata che non ha avuto la conseguente risposta che tutti si aspettavano e che era stata anche annunciata: risanamento della sanità, diminuzione delle spese improduttive, aumento dell’attenzione verso l’industria, l’impresa, l’artigianato e il commercio. Non c’è stato questo e voi stessi lo dite in questo documento.
Siamo pertanto fortemente e convintamente contrari a questo tipo di indicazione programmatica che la Giunta regionale, la maggioranza regionale oggi hanno proposto a quest’aula.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Mammoli.

Katia MAMMOLI. Il mio intervento non sarà lungo e soprattutto non parlerò di cifre, perché questo è un atto strategico in cui si dovrebbero stabilire le politiche che attraverso il bilancio saranno portate avanti, quindi fare un intervento, come fatto fino ad ora, per cercare di minimizzare, o meglio di criticare quanto è stato detto qui dentro facendo riferimento a cose che potrebbero succedere, che sarebbero successe o che si potrebbero leggere in vari altri documenti o cifre, secondo me non rende un buon servizio rispetto alla discussione che oggi dobbiamo fare. Oggi dobbiamo parlare di questo atto e dobbiamo definire se all’interno di questo atto, al di là dei retropensieri che qualcuno potrebbe avere, sono contenuti quei principi programmatici che hanno fatto parte del nostro documento elettorale, del documento di questa legislatura.
Parto, rispetto a quanto detto fino ad ora, cercando di verificare se l’atto che oggi andremo a votare è coerente con atti che già abbiamo approvato precedentemente. Quindi parto dal patto per lo sviluppo e dal documento strategico regionale che abbiamo approvato pochi giorni or sono dove ritroviamo gli stessi, identici punti. E’ evidente che, come ci è stato detto anche in Commissione, dove non arrivano o non è possibile attivare altri tipi di risorse, per raggiungere i punti programmatici che tutti abbiamo votato insieme e condiviso, dovranno essere messe risorse regionali, in maniera tale che ci sia una coerenza rispetto a quanto insieme abbiamo deciso.
L’altra osservazione che volevo fare riguarda l’audizione tenuta dalla Commissione bilancio con vari soggetti di carattere imprenditoriale, istituzionale e soprattutto associazioni di categoria. All’interno di questa audizione è stato posto il problema di una difficoltà di rapporti o anche di una carenza di rapporti rispetto a quanto si sarebbe voluto, richiesto, o fosse stato garantito, tra questi soggetti e la Giunta. Il fatto strano — lo dico anche perché l’abbiamo letto in questi giorni sulla stampa — è che rispetto ai tantissimi soggetti invitati, a quelle audizioni i soggetti presenti erano molto pochi. Mi viene allora da pensare se nel momento in cui si chiedeva il confronto si chiede soltanto una contrattazione o si chiede invece un confronto anche per fare insieme un programma. Perché poi il programma si fa sicuramente con la Giunta ma con la Giunta forse si fanno più contrattazioni, con il Consiglio forse, rispetto a questo atto, si può anche lavorare per un programma. E allora qualche dubbio mi viene, certo dubbi che vanno risolti e soprattutto va risolto il rapporto con chi questi problemi li ha posti, però guardiamo da entrambe le parti.
Quello che invece mi ha un pochino meravigliato e anche preoccupato, in un certo senso, rispetto all’audizione che abbiamo fatto non è tanto che i vari soggetti, pochi, abbiano chiesto ciascuno, per il proprio ente di appartenenza, finanziamenti in più, impegni in più, perché questo è una cosa normale e naturale. Quello che mi ha preoccupato è stato il fatto che la Cgil e la Confindustria abbiano parlato lo stesso linguaggio, cioè hanno ritenuto che l’impegno rispetto allo sviluppo di questa regione non fosse forte come si aspettavano. E allora delle due l’una: o questo effettivamente non è, ma a me da questa programmazione così non sembra, oppure, dal momento che su questo abbiamo fatto veramente una forte campagna, che è stata compresa e apprezzata da tutti, questo è quanto ci chiedono, questo è l’impegno che ci chiedono particolarmente, o meglio un impegno che chiedono ancora di più rispetto a quello che in questo atto è previsto e che io condivido e che vorrebbero emergesse in maniera ancora più evidente.
Non parlo delle cifre, perché ne parleremo nel momento in cui approveremo il bilancio e sarà quello il momento in cui effettivamente vedremo se a questi principi corrispondono gli impegni necessari dal punto di vista economico, tenendo conto che altri impegni, sempre rispetto a questa programmazione sono già stati presi. Quindi bisognerà contemperare le cose.
Si è parlato del problema della tassazione. Io penso che da un lato dobbiamo evitare questo tabù per cui il fatto che si paghino le tasse sia la cosa pi vergognosa di un’amministrazione pubblica. Il fatto che si paghino le tasse significa che chi più ha deve mettere a disposizione rispetto a chi ha di meno, in maniera da poter distribuire quei servizi che altrimenti non potrebbero essere distribuiti. E’ la cosa fondamentale di una democrazia. Questo non significa che il fatto che per risolvere certi problemi si ricorra solo alla tassazione, sia un atto positivo. Non significa questo ma non deve essere nemmeno demonizzato il fatto che siano previste alcune tassazioni.
Ma in questo Dpefr non si prevedono, effettivamente, aumenti di tasse o aumenti di tasse consistenti: sono piccolissimi aggiustamenti. Ben altri sarebbero stati gli aumenti se si fosse spinto sull’aumento della tassazione per risolvere i problemi, piuttosto che sul contenimento, sulla riorganizzazione delle spese, o meglio ancora sul fatto che si è svolta una trattativa a livello nazionale, e anche se qualcuno dice che altre Regioni hanno ottenuto qualche cosa di più, no è di questo che ci importa, l’importante è che è stata fatta una trattativa a livello nazionale che ha consentito alla nostra regione di avere quel quid in più, in particolare sulla sanità ma in molti altri settori, che ci consente di programmare con un pochino più di tranquillità rispetto a quanto pensavamo fino ad ora.
Questo è il primo punto che io metterei in evidenza: un risultato che comunque la Regione Marche in questo momento ha già ottenuto.
Per il resto, andiamo a verificare i punti in cui questo Dpefr si sostanzia. Troviamo esattamente i punti che abbiamo già approvato in altri atti e troviamo esattamente i punti su cui abbiamo fatto la campagna elettorale che ci ha portato un forte consenso e che ci ha portato ad amministrare questa Regione. Il primo riguarda la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo del capitale umano. Sappiamo quali sono i problemi rispetto anche ad un passaggio generazionale all’interno della nostra regione, rispetto a un passaggio riorganizzativo dell’imprenditoria della nostra regione, rispetto ad un passaggio di professionalità che non può essere più quella di chi ha creato le imprese e che pensa di poter gestire da solo e con meccanismi ormai forse un po’ superati, considerando la realtà odierna. Su questo, effettivamente, ci si deve impegnare perché l’imprenditoria nelle Marche, perché l’economia nelle Marche possano trovare quello sviluppo che sia confacente ai tempi. Questo si lega anche allo sviluppo competitivo delle attività produttive.
Abbiamo già detto quali sono le motivazioni, oltre ad altre che non stiamo qui ad approfondire, ma questi due sono i punti essenziali su cui abbiamo basato il nostro programma e che questo atto privilegia.
L’altra cosa riguarda la coagulazione, il lavoro, l’impegno comune per uno sviluppo turistico superiore a quanto è stato finora, anche in vista di quello che sta succedendo rispetto al manifatturiero, anche rispetto al fatto che dobbiamo trovare altri sbocchi lavorativi ed economici oltre quelli che ci hanno garantito sviluppo nel passato. Quindi sviluppo turismo, cultura e territorio è un altro punto fondamentale che abbiamo già votato su cui tutti siamo d’accordo e su cui effettivamente bisogna lavorare.
Non sarà facile come sembra, perché le dichiarazioni sono semplici, più difficili sono i risultati. Non sarà facile ma anche quello significherà una riorganizzazione interna rispetto a questo tipo di procedura.
Lo sviluppo infrastrutturale. Se andiamo a verificare quanto è stato detto, che cosa si dice sulla “Quadrilatero”, che cosa dice il ministro Di Pietro e quant’altro, perdiamo di vista l’impegno che vogliamo raggiungere. L’impegno che vogliamo raggiungere è quello di un miglioramento, della necessità di uno sviluppo infrastrutturale. Quali sono i temi, quali saranno i finanziamenti, da dove verranno i finanziamenti lo vedremo in un momento successivo. E’ chiaro che questo impegno va ribadito e deve essere ribadito.
Altro punto. Le politiche energetiche. Io continuo a leggere sulla stampa, sempre in questi giorni, che la regione Marche non avrebbe il coraggio di portare avanti la politica energetica, semplicemente perché ha detto no alle due mega centrali dell’Api e di San Severino. Non era quello che prevedeva il Pear, non era quello che avevamo votato, non era quello che era stato scritto nel programma. Quello che bisogna fare perché questi problemi si risolvano, è veramente far sì che il Pear trovi soddisfacimento anche con risorse economiche, anche con impegni di carattere amministrativo che possano fare in modo che si trovi l’effettivo sviluppo, non certo pensando di scavalcare scelte già fatte in quanto sul territorio c’è già chi decide per noi. E’ un compito importantissimo, è un settore importantissimo, va seguito con grande attenzione e io ne sono convinta, perché è un settore che necessita di impegno, ma non si possono superare i problemi pensando che qualcun altro li risolva per noi.
Per quanto riguarda la sanità ne abbiamo parlato tantissimo, ne stiamo parlando ci sarà il nuovo piano sanitario regionale. Mi interessa molto meno il balletto di nomi e contronomi che in questi giorni leggiamo sulla stampa, mi interessa di più sapere quale sarà il piano sanitario regionale, mi fa piacere che siamo riusciti ad ottenere dei finanziamenti in più, soprattutto per questo settore che ci fa ragionare con meno acqua alla gola rispetto a una prospettiva sanitaria che mi auguro sia veramente degna della qualità che merita un settore come quello e poi, forse, capisco che sia necessario che vada fatto, capisco che sulla stampa interessa più quello che altro, mi auguro che anche il discorso dei direttori sanitari e quant’altro, tenga conto non di accordi politici ma soprattutto della qualità rispetto ad un progetto, ad un problema che vorremmo risolvere.
Infine controllo sull’efficacia della spesa regionale, che significa controllo sull’organizzazione del personale, un’organizzazione che non chiamo riorganizzazione ma organizzazione, perché deve avere una flessibilità tale da consentire, di volta in volta, che si utilizzino risorse nei settori in cui è necessario che questo avvenga. A me è dispiaciuto ascoltare in un convegno l’assessore Petrini dover dichiarare “non sono in grado di portare avanti in tempi rapidissimi quello che mi viene chiesto perché non ho le risorse umane sufficienti a che questo avvenga”. Questo non può succedere, il personale deve essere flessibile e deve rispondere alle esigenze che di volta in volta si pongono e alle esigenze che un programma elettorale porta. Non è il posto in cui siamo il diritto che abbiamo acquisito; il diritto che abbiamo acquisito è la garanzia del lavoro, poi il lavoro deve essere in funzione del rispetto e delle prospettive da portare avanti rispetto a questa Regione.
Al di là di tutto questo ritengo che non soltanto sia opportuno e sia utile che oggi discutiamo di questo atto. Se i tempi sono andati un pochino più in là del previsto è perché si doveva tener conto anche di quello che succedeva a livello nazionale. Comunque, prima di andare a discutere effettivamente di cifre e verificare se le cifre corrispondono ai principi, credo che dovremmo essere d’accordo sui principi.
Per quanto mi riguarda, questi principi io li condivido.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Non vedo il mio interlocutore preferito, ma cercherò di iniziare facendo un riferimento all’aspetto che peraltro avevamo già in qualche modo richiamato martedì scorso in riferimento ad altro provvedimento: il ritardo nella presentazione e nell’approvazione del Dpefr. La nostra non è solo una invocazione formalistica, un po’ avvocatesca, che punta l’indice su una data ma una valutazione politica più precisa e che presume di avere una certa pertinenza, proprio visto l’oggetto del documento. Lo dico alla collega Mammoli, perché avrebbe ragione lei se ci limitassimo a lacrimare sui ritardi, ma in questo caso e quest’anno credo che il ritardo assuma un rilievo particolare, alla luce di due aspetti che non si può non tenere in considerazione. Innanzitutto che per la prima volta da tanti anni — a me pare che successe solo nel 2001 — la Giunta presenta in ritardo il Dpefr ma senza avere contestualmente almeno proposto in Giunta la proposta di bilancio e questo rende ancora più esangue, ancora più etereo, se mi è possibile — ma visto i contenuti non abuso di questo aggettivo — il contenuto del Dpefr che quindi è privo anche di un saldo ancoraggio programmatorio in riferimento all’esercizio finanziario più prossimo, quello del 2007. Questo è un fatto politico grave, che non può essere solo riferito alla questione dei ritardi, che poi ritardi non sono, della legge finanziaria nazionale, perché i medesimi tempi erano stati osservati dal precedente Governo, che arrivava pressoché sistematicamente all’approvazione della finanziaria sempre a dicembre, mentre invece, in questo caso, abbiamo Dpefr proposto, fra l’altro anche superato, per certi versi, da alcune indicazioni della legge finanziaria ormai giunta a cottura nel senso stretto del termine, e che invece è sprovvisto di questo pendent.
Il secondo aspetto è che in realtà questo documento di programmazione economica e finanziaria che da un lato si giustifica nel ritardo proprio in relazione ai ritardi nazionali della finanziaria, non tiene conto di quelli che sono invece elementi della finanziaria già noti e, se non della finanziaria, del decreto finanziario collegato alla finanziaria, che è già stato approvato alla fine di novembre. Quindi, visto che sono passati venti giorni e che alcune indicazioni molto concreti e cogenti sono state non solo proposte dal Governo nazionale ma addirittura asseverate ed approvate, vediamo anche che il ritardo, in questo caso, non può essere giustificato semplicemente con il dato nazionale, che invece deponeva a favore della possibilità di aggiornare e modulare il Dpefr in maniera molto più concreta, specifica su alcuni aspetti. Mi dispiace che sia andata via la collega Mammoli, ma sul discorso delle tasse qui c’è un punto che sarà oggetto di una trattazione separata fra qualche ora o minuto ma una cosa la dobbiamo dire. Anche in questo caso noi non ci limitiamo a ululare alla luna chiedendo “meno tasse” e punto, in forza di un ragionamento tutto sommato demagogico e strumentale, per certi versi, ma facciamo un altro ragionamento, che è poi quello all’ordine del giorno, di tanta parte delle valutazioni dell’odierno Governo: si stima ormai in essere una crescita significativa dell’economia, un piccolo boom, qualcuno dice. E’ quanto Padoa Schioppa va ripetendo da qualche settimana a questa parte. Noi ci poniamo questa forte preoccupazione rispetto alla politica fiscale della Regione: nel momento in cui — questa è la verità e farebbero bene, i consiglieri di maggioranza a tenere a mente queste valutazioni — la Regione Marche ha ancora in piedi gli effetti di una manovra finanziaria adottata nel 2001 sostanzialmente e ufficialmente per il ripiano del deficit sanitario, oggi siamo in una condizione totalmente diversa: il deficit sanitario, secondo quanto sostenuto da Marcolini, è ormai rientrato entro limiti sostenibili e d’altro canto il gettito delle addizionali regionali aumenta per effetto della crescita. Quindi si stanno verificando due situazioni: una congiunturale, la crescita economica; l’altra strutturale, secondo la quale il deficit sanitario è ormai sotto controllo. E noi continuiamo a mantenere un livello impositivo che non ha uguali in Italia. E’ questo il punto. La nostra richiesta di rimodulazione fiscale nasce, per l’appunto, da queste due condizioni che si sono avverate, una stabilmente, a detta dell’assessore Marcolini, cioè il rientro del deficit sanitario, l’altra in senso congiunturale, cioè il miglioramento delle performances di crescita della nostra società, e noi imperterriti, invece, continuiamo ad applicare i livelli impositivi — questa è una cosa che offro alla valutazione di tutti i consiglieri — che, paradossalmente, sono gli stessi che da quest’anno entreranno in vigore nelle “Regioni-canaglia”, come le chiama Marcolini, che sono disastrate dai deficit sanitari di Lazio, Abruzzo e altre. Quello che forse non abbiamo capito e che la collega Mammoli non ha presente, è che noi continuiamo a mantenere da cinque anni livelli impositivi eccezionali, che sono gli stessi che, come sanzione, dovranno subire le “Regioni-canaglia” che hanno i conti pubblici della sanità in stato comatoso. Allora mi chiedo: c’è qualcosa che non funziona? Perché il percorso virtuoso — così è stato descritto — che ci ha portato al rientro dal deficit sanitario, è stato pagato dai cittadini, ma guarda caso, e a conferma di un sospetto che avevamo, nel momento in cui si completa il percorso virtuoso di rientro dal deficit sanitario, il sacrificio a carico dei cittadini rimane, a riprova ulteriore del fatto che quel sacrificio era solo in parte finalizzato alla copertura del debito sanitario, ma che illegalmente — l’avverbio è forte ma tant’è, perché questa era l’autorizzazione del 2001 fornita alle Regioni che avessero percorso la strada delle Marche — è stato distratto a favore di altro. Del resto non sono io il primo a dirlo: un autorevole deputato della Margherita, il cui nome fa scattare molti sull’attenti, nelle Marche, Maria Paola Merloni, prima di essere eletta, in occasione di un convegno sulla sanità tenutosi a Macerata, accusò proprio di questo la Regione Marche: di avere utilizzato i proventi della manovra fiscale per fare altro rispetto al risanamento e al ripiano del debito sanitario. Quella Maria Paola Merloni ci piaceva, nel novembre del 2005, poi, evidentemente si è convertita sulla via di Gentile da Fabriano e ha cambiato idea, ma pesa come un macigno il giudizio che oggi noi vediamo confermato proprio dal fatto... Assessore Marcolini, sintetizzando per non distruggere il fegato ai miei colleghi, dicevo alla collega Mammoli che ci sono due aspetti che ci inducono a chiedere una rivisitazione della politica fiscale: il fatto che la manovra fiscale del 2001 si motivava alla luce della necessità di un rientro dal deficit sanitario, che si dice, se non completato, sicuramente avanzato; l’altro elemento congiunturale è che c’è una crescita che fa aumentare il gettito. Cosa succede, allora? Il livello percentuale delle aliquote rimane lo stesso e rimane pressoché il massimo, la crescita produce più gettito, quindi entriamo in un tunnel che, a dire il vero, è bene commentare in termini di esasperazione fiscale.
Altro argomento è quello classista secondo cui questa manovra fiscale si giustifica, in realtà, alla luce anche della sostanziale equità che è in sé contenuta dalla manovra stessa. E’ un’altra cosa che va smentita, se è vero come è vero che la misura ordinaria dell’addizionale regionale all’Irpef nella maggior parte delle Regioni italiane è ancora ferma allo 0,9% e i titolari di reddito che partono da 15.500 euro, quindi i vecchi 30 milioni lordi annui — non parliamo sicuramente di nababbi o di sultani del Borneo — debbono comunque subire un effetto di incremento dell’addizionale regionale all’Irpef, che per questa categoria di persone e di redditi è pari all’1,2%. Quindi noi siamo in una situazione di incantesimo, di prigione fiscale da cui è bene uscire proprio perché la competitività fra territori si sviluppa in ragione di quelle che sono le politiche di fiscalità locale. Se ci sarà un punto di snodo del rapporto fra Regioni e nella competizione fra Regioni, sarà anche, soprattutto dopo l’avvento della politica del Governo Prodi, fra Regioni che dovranno competere in una capacità di contenere la fiscalità locale che sarà il vero grande dramma dell’Italia dei prossimi anni, proprio perché — e lo abbiamo più volte ribadito — la politica del Governo Prodi è tale per cui si compensano in maniera vieppiù sistematica i tagli agli enti locali e alle amministrazioni regionali, attraverso il rilascio di una sorta di autorizzazione all’aumento della fiscalità locale: trasferire sulla fiscalità locale il minore trasferimento dallo Stato alle Regioni.
Questi sono i problemi che ci fanno pensare a un Dpefr che ancora una volta mostra apprezzabili contenuti scientifici, statistici, che però, ripeto, pecca ancora una volta rispetto alla concreta indicazione programmatoria.
Questa è la critica di massima già sviluppata da Pistarelli. Le ultime valutazioni sono relative alla sanità. Noi abbiamo fatto alcuni emendamenti, perché abbiamo voluto lanciare la sfida che era la sfida lanciata dalla Giunta regionale, la quale ha deciso, sulla parte sanitaria, di anticipare in maniera assolutamente precisa e minuta i contenuti della propria idea della salute marchigiana, riproponendo e trasferendo all’interno del Dpefr i contenuti della nota a verbale del 31 luglio con cui la Giunta ha indicato alcuni percorsi, alcune finalità che, per quanto riguarda Alleanza nazionale, ci vedono del tutto contrari, che sono la rimodulazione degli ospedali di rete secondo una logica di area vasta che andrebbe a dimezzare, o giù di lì, le specialistiche in quelli che vengono comunemente definiti ospedali provinciali. Noi non ci stiamo ad una riconversione brutale tout-court ideata degli ospedali di polo così come era inizialmente previsto in una parte sanitaria del Dpefr che abbiamo convenientemente diluito, ma senza tuttavia dire con chiarezza quelle che devono essere le garanzie a questi ospedali e noi sfideremo oggi questa maggioranza sui contenuti anche della manovra sanitaria, non perché ci vogliamo inventare argomenti eccentrici rispetto alla discussione ma perché è stata la Giunta a voler anticipare i contenuti del piano sanitario in questo documento. Non ci sottraiamo al confronto, ma sarà anche il momento di una chiarificazione dei comportamenti. Qui non si può dire una cosa a Novafeltria e votare un’altra cosa ad Ancona, non si può sostenere a Fermo una tesi per poi battere in ritirata ad Ancona per ragioni di opportunità coalizionale. Questo Dpefr assumerà in questo caso, una grossa importanza, soprattutto alla luce di un emendamento su cui vorremo sfidare la maggioranza, relativamente all’atto di autoaccusa che questa Giunta ha fatto rispetto al fallimento del modello Asur. L’abbiamo detto più volte: la decapitazione dei vertici dell’Asur — del direttore generale così come del dirigente dell’assessorato — sono un’implicita ammissione di un fallimento. Noi abbiamo presentato un emendamento che con il giusto garbo introduce un’esigenza e manifesta un’intenzione: quella di ripensare il modello Asur, così da ridelineare l’assetto organizzativo della sanità marchigiana sulla base di Asl provinciali. E’ venuta l’ora di pensare a queste cose e di avere il coraggio di riconoscere da un lato il fallimento ma dall’altro che se errare è umano, perseverare è diabolico.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Svolgerò pochissime considerazioni, perché condivido le parti essenziali della relazione svolta. Quello che a me pare una fortissima contraddizione è il fatto che il centro-destra lamenti le poche risorse e al tempo stesso si caratterizzi come centro della rivolta fiscale, soprattutto per i redditi più alti. A mio modo di vedere ciò denota una crisi di progetto e di strategia alternativi, e denota solo una posizione ribellista, protestataria e in alcuni casi demagogica.
Per quanto ci riguarda il Dpefr per quelle Regioni che hanno i piani principali di programmazione — così era lo spirito della nuova legge sui bilanci — rappresenta un ottimo piano unico di programmazione. E’ un atto importante, importantissimo di programmazione. Ma — lo dico alla Giunta in termini problematici — per Regioni come la nostra dotata di tutti i piani di settore, il Dpefr, come oggi è, rischia di sovrapporsi a tali piani di settore, rischia di sovrapporsi ai piani con una sovrastruttura e con una sfasatura dei tempi che non solo non porta chiarezza ma rischia di fare confusione.
L’odierno Dpefr compie incursioni improprie, prefigurando scelte, ad esempio, nel piano sanitario e nel piano sociale, ancor prima di avviare una discussione complessiva su detti piani. Ciò è sbagliato ed è per questo che alcune Commissioni, in maniera giusta, questa prefigurazione l’hanno stralciata. Si era detto di stralciarla e noi avevamo svolto un’azione in questo senso, ma ancora si deve fare di più, perché ci sono riproposizioni molto pericolose.
Noi chiediamo formalmente di eliminare a pag. 147 il capitolo che porta come titolo “Integrazione della componente privata del sistema sanitario pubblico in un quadro di compatibilità economica”. Questa è una cosa molto delicata. Che cosa vuol dire? Che in base alle condizioni economiche possiamo privatizzare ulteriori pezzi della sanità oltre a quanto è già stato fatto? Noi siamo nettamene contrari ad una impostazione di questo tipo, perché la discussione sulla collaborazione tra il sistema sanitario pubblico ed universalistico della Regione marche e l’utilizzo delle strutture private, che deve essere visto attraverso opportune e limitate convenzioni, deve essere oggetto della discussione del piano sanitario, quindi invitiamo la Giunta regionale a toglierlo, altrimenti il nostro gruppo non voterà questa parte. E’ molto più corretto non compiere atti e scelte del nuovo piano sanitario. Questo sarebbe molto sbagliato, perché ne indebolirebbe la visione complessiva.

Presidenza del Vicepresidente
DAVID FAVIA

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Viventi.

Luigi VIVENTI. Siccome anche quest’anno ci troviamo a discutere su questo documento che obiettivamente assomiglia sempre di più a una tesi di laurea piuttosto che a un documento di effettiva programmazione economica e siccome lo stesso andazzo c’è per le documentazioni di questo tipo a livello nazionale — io avevo seguito la presentazione del Dpefr prima della legge finanziaria e tra il Dpefr nazionale e la legge finanziaria c’è un abisso, sembra essere fatto da due governi completamente diversi — dico: vogliamo pensare se non sia necessario sopprimere questo passaggio rituale? Una domanda credo che ce la dobbiamo porre. Lo dico come proposta, non volendo né scandalizzare né fare una cosa straordinaria, anche perché, per esempi, lo scorso anno è stato presentato insieme al bilancio il finanziaria, e nulla è accaduto.
Ci sono delle dichiarazioni di principio che possono essere più o meno condivisibili. Io ho fatto anche un certo sforzo a leggerlo, ma al di là della proposta che facevo adesso, vorrei evidenziare alcuni fatti attraverso i quali si può comprendere quanto distante sia la verità, a volte, fra quello che si enuncia e quello che poi si fa.
Una nota che vorrei mettere in evidenza riguarda la cronica difficoltà nell’utilizzare le risorse disponibili da parte della Regione. Nel documento si parla addirittura di una percentuale del 15% per quanto riguarda gli investimenti per le attività produttive dell’anno precedente, per l’ambiente del 27%. Questo è un fatto che ho rilevato nelle documentazioni anche di anni precedenti. Per quanto riguarda il capitolo della sanità, che è la parte più consistente del bilancio regionale, sulle 210 pagine del documento ci sono appena quattro righe che parlano del problema delle liste di attesa, che è uno dei più grandi che abbiamo e addirittura ho visto che si fa una proposta di un capitolato di spesa per la realizzazione del centro unico di prenotazione a livello regionale e uno a livello interregionale. Noi sappiamo che già oggi, rispetto ai Cup esistenti è estremamente difficile telefonare e ottenere prenotazioni a distanza di qualche mese, quindi sono delle ipotesi scolastiche, per dire qualche cosa, perché non si realizzano, è inutile scriverlo, è inutile metterle nel documento. Nulla si dice rispetto al problema più grande, che è quello del deficit della sanità che siamo tutti convinti avrà ormai superato abbondantemente anche i 100 milioni di euro.
Un altro settore nel quale si evidenzia la distanza fra il dire e il fare è quello delle infrastrutture. leggiamo infatti nel documento che sono definite come opere strategiche e di assolutissima priorità quelle della “Quadrilatero”, quando sappiamo perfettamente che tutta la scorsa legislatura e anche l’inizio dell’attuale l’abbiamo passata a discutere su questi aspetti e a tutt’oggi, a onor del vero, per quanto mi risulta la Regione Marche non ha ancora risolto questo problema perché ancora non ha aderito alla “Quadrilatero spa”. E qui la distanza fra il dire e il fare è veramente notevole.
Un’ultima osservazione, anche se ce ne sarebbero tante altre, ma ho promesso a me stesso e al Presidente di essere conciso nell’intervento, quindi rispetterò il mandato che mi sono dato. Riguarda i trasporti, la rete ferroviaria in particolare, perché in questo caso vengono dedicate tre sole righe all’ipotetico potenziamento di queste linee minori. Dico ipotetico,, perché a parte le dimenticanze di alcune come la Fabriano-Sassoferrato, se questa volontà è seria, è effettiva, reale nella mente degli amministratori regionali, non risulta che in questo senso siano stati stipulati accordi alcuni con Trenitalia e questo lascia perplessi, ché significa che l’enunciazione potrebbe non corrispondere alla realtà.
In conclusione, un documento come questo che dovrebbe servire per fare chiarezza e dire esattamente come stanno le cose e che cosa si intende fare per ovviare a certi problemi, non mi pare che lo contenga. Evitiamo pertanto di impegnare l’aula, i lavori di Consiglio in una discussione un po’ scolastica e inutile, aboliamo questo atto, andiamo direttamente alla presentazione del bilancio consuntivo e già sappiamo, cari colleghi, che tra le indicazioni del bilancio di previsione e le verifiche del consuntivo corre tanta distanza. Il bilancio è fatto di numeri, quindi vorrei citare una sola affermazione. Si dice “prevediamo al chiusura in pareggio del bilancio, perché non saranno registrate perdite nemmeno nel settore della sanità” e lo scorso anno, se non vado errato, il consuntivo si è chiuso con un deficit di 145 milioni di euro. Quindi come si fa a dire che c’è corrispondenza piena tra l’uno e l’altro atto? Voi sapete che non sono un estremista ma avere la capacità di sostenere questo è veramente una dote particolare, che vi appartiene ma che io non ritengo di avere. Per me questo è un documento inutile e questo passaggio potrebbe essere tranquillamente abolito.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Santori.

Vittorio SANTORI. Rammentando l’utilità pratica del Dpefr e cioè del documento per l'individuazione delle priorità e delle scelte di programmazione necessario alle strutture dirigenziali che dovranno renderle operative, si comprende subito come il documento in esame sia atto inutile. Gli indirizzi e le priorità (laddove esistenti) sono stati indicati dai dirigenti di vertice cioè da coloro che dovrebbero metterli in pratica e realizzarli in concreto. La valutazione di coerenza dell'attività amministrativa con la programmazione e con l’attività delle società a prevalente partecipazione regionale prevista dall'art. 12 della L.R. 5.09.1992 n. 46, di fatto viene esercitata dai medesimi dirigenti.
Ci avviciniamo ormai al biennio di gestione di questa Amministrazione ma non ho visto un solo atto di indirizzo amministrativo o programmatico prodotto ed emanato dal Consiglio regionale per l’attività della Giunta.
E’ inutile continuare a dire come si fa a pag. 18 che non è ben definito il rapporto Giunta-Consiglio. Nulla si è fatto e nulla è previsto per ripristinare il ruolo e le prerogative del Consiglio regionale in verità già ben chiari nello Statuto e nella legge 267/2000.
Il primo atto di rinnovamento dovrebbe riguardare proprio la struttura regionale e la sua funzionalità. Tace il Dpefr sui metodi e sulle formule di tale rinnovamento. Il 90% della produzione legislativa regionale promana dalla Giunta regionale mentre le proposte di legge dei consiglieri e le loro mozioni restano per la gran parte dimenticate per l’intera legislatura! L'accesso alla discussione pressoché esclusivo delle proposte di legge e degli atti amministrativi della Giunta rispetto alle proposte di legge dei consiglieri viola il principio di partecipazione democratica limitando fortemente anche la capacità di rappresentanza di questi ultimi.
Il rapporto conflittuale tra gli organi istituzionali che ha deviato ed a volte impedito la vera attività decisionale dell'ente continuerà ad essere caratterizzato, quindi, dall'azione prevaricatrice della Giunta nei confronti del Consiglio fino a giungere perfino alla disinformazione nei confronti di questo ultimo come nel caso dell’Aerdorica spa .
Passando all'esame concreto del documento si ha la sensazione di avere dinanzi un atto che non tiene conto della realtà del territorio, dei servizi e dei reali bisogni dei cittadini e degli operatori economici. A pag. 4, infatti, si legge che il Dpefr si pone in perfetta conformità con gli orientamenti del passato i quali si sono dimostrati in grado di governare i problemi emersi negli ultimi anni. E allora la disastrosa gestione delle società partecipate, la disoccupazione femminile e giovanile, la carenza di infrastrutture, la carenza di servizi sanitari adeguati al sud della regione e nei territori interni, il grave indebitamento regionale ce li siamo inventati noi dell'opposizione? Si legge anche che la regione ha un "moderato livello di indebitamento" quando proprio nel corso di questo anno ha toccato il limite massimo ed esaurito la propria capacità di indebitamento.
Tra gli indirizzi strategici regionali viene indicata la valorizzazione del capitale umano ma continuamente ed in ogni settore si ricorre all'incarico esterno penalizzando le competenze e le capacità del nostro personale. Assente completamente è il settore sicurezza e tutela del cittadino. Ove si parla di sviluppo non vi sono mai indicazioni precise sul come poterlo avviare e su quali sono gli obiettivi di breve e medio periodo. Il testo fa sempre riferimento al termine "sostenibile", come se si trattasse di un peso da portare.
Ogni tentativo di rilancio dell'economia e lo stesso sforzo imprenditoriale locale verranno paralizzati dall'incremento delle tasse regionali e dalle addizionali che per effetto della legge finanziaria nazionale ed a causa del forte indebitamento esistente, la Regione sarà costretta ad elevare ai massimi livelli.
Nessun tentativo fa questo Dpefr per ridurre la spesa pubblica inutile e per controllare che la stessa sia legata al concetto di effettiva necessità ed utilità pubblica . Al contrario vi è la conferma degli sprechi e l'assenza di investimento nelle priorità e nelle necessità. Grande vuoto sulle politiche energetiche.
Si continua a proporre l'energia pulita derivante da apparecchiature fotovoltaiche ancora altamente costose perciò fuori mercato e da impianti a biomasse o addirittura da impianti eolici (dal devastante impatto ambientale e di bassissima produzione energetica). Per le imprese il Dpefr propone una politica volta alla riduzione dei consumi . Forse spera nella recessione economica per risolvere i problemi energetici. Ciò dimostra quanto lontana sia la nostra regione dall'assumersi una responsabilità seria sul problema energetico che altri hanno già da tempo egregiamente risolto. Per il servizio sanitario si punta alla prevenzione ed al controllo della spesa attraverso i budget annuali predisposti dalla Regione per ciascuna zona territoriale. Nessuna delle due direttive potrà avere risultati apprezzabili. La prevenzione comporta grandi investimenti nel settore; non si concilia con le lunghe liste di attesa e con le gravi disfunzioni amministrative esistenti (vedasi a pag. 25 della relazione annuale del difensore civico); deve poter garantire diagnosi tempestive ai malati, convenzioni per gli esami relativi a tutti i marker conosciuti, specie di quelli per le malattie asintomatiche o a lenta incubazione. Comporta altresì la presenza sul territorio delle strutture e dei macchinari necessari per tutte le diagnosi possibili. Ciò cozza con la realtà che vede la struttura ospedaliera di San Benedetto del Tronto ricorrere all’elemosina della Fondazione Carisap per poter acquistare una nuova Tac.
Che dire dei budgets annuali e della L.R. 29/2004? Le zone territoriali dovevano, a decorrere dall'1.1.2005 presentare trimestralmente resoconti attestanti la compatibilità della spesa effettuata rispetto al budget assegnato dalla Regione. Nel caso di sforamento vi era l'obbligo di predisporre un piano di rientro e di introitare effettivamente le somme nel trimestre successivo. Nulla di ciò è avvenuto. La Regione Marche ha assegnato il budget di spesa addirittura a luglio 2006 anziché a gennaio. I report trimestrali sono diventati semestrali ed i rientri negli sforamenti di spesa non sono stati recuperati nei tempi previsti. Tutto in violazione della L.R. 29/2004.
Non chi vi parla, ma i risultati preoccupanti degli ultimi rendiconti evidenziano che il controllo di gestione, almeno così come previsto dall'art. 196 del D. Lgs 18.08.2000 n. 267 non ha funzionato affatto ed in questo Dpefr non vi è nulla di nuovo in proposito mentre da ai cittadini marchigiani si dà la sola certezza del mantenimento di una tassazione a livelli elevati. E’ il caso di ricordare come la tassazione sia legittima soltanto quando è destinata alla copertura di servizi effettivamente erogati al cittadino e non quando è destinata alle consulenze amiche o ad inutili spese di rappresentanza e di pubblicità.
Ancora una volta, rispetto all’intero territori, la più dimenticata è la provincia di Ascoli Piceno con i suoi residenti. Non credo che questi rimarranno inerti ad attendere altri tre anni nelle loro condizioni. Forse decideranno di sottoscrivere una petizione popolare per abbandonare la regione marche e chiedere di far parte della regione Abruzzo. Meglio essere il nord dell’Abruzzo che il sud delle Marche.
Il Presidente Spacca ha chiesto di sospendere questa discussione. Stante l’importanza dell’argomento direi che possiamo accogliere la richiesta e dare senz’altro dargli la parola.




Comunicazioni del Presidente della Giunta sul referendum nella Valmarecchia

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Presidente Spacca per una comunicazione in merito al referendum nella Valmarecchia. Stante l’importanza dell’argomento accogliamo la richiesta e diamo senz’altro la parola al Presidente Spacca.

Gian Mario SPACCA, Presidente della Giunta. So che questa mattina, giustamente, da parte del Consiglio regionale si volevano conoscere le valutazioni della Giunta regionale sull’esito del referendum che ieri si è svolto nell’Alta Valmarecchia. Sapete quali sono stati i risultati. Per chi n on li conoscesse li ripropongo: il referendum ha avuto esito positivo con il 56,1% e quindi, praticamente, da parte degli 11.000 cittadini aventi diritto di voto, rappresentati dal 56%, è stata espressa una valutazione positiva ad aderire al contesto territoriale dell’Emilia Romagna, quindi a proporre al Parlamento, che dovrà deliberare, la modifica dei confini formali delle due regioni Emilia Romagna e Marche. Questo referendum è di carattere consultivo, perché questa indicazione del 56% degli 11.000 cittadini ha espresso ha indicazione chiara, esplicita, che non ha bisogno di altre considerazioni, perché non si presta ad interpretazioni.
Dal punto di vista formale questa indicazione, essendo il referendum consultivo, viene ora proposto al Ministero degli interni che entro 60 giorni dovrà formulare un disegno di legge al Parlamento. Su questo disegno di legge verrà richiesto il parere obbligatorio dei due Consigli regionali delle marche e dell’Emilia Romagna, dopodiché la proposta di legge, corredata dei pareri dei due Consigli regionali andrà in Parlamento per la votazione e solo in quella sede si determinerà l’esecutività di un provvedimento che eventualmente possa portare alla modifica dei confini geografici della nostra regione.
Sul piano sostanziale, all’inizio della legislatura abbiamo preso consapevolezza della criticità di questa situazione e della sua importanza. Vorrei ricordare che la Giunta regionale ha iniziato questa legislatura proprio con una Giunta itinerante a Sant’Agata Feltria, con i sindaci e il presidente della Comunità montana dell’Alta Valmarecchia per cercare di consolidare e di valutare le opinioni, gli interessi e gli intendimenti di quella comunità. Fin da subito sono stati espressi dei sentimenti che hanno un profondo radicamento storico nell’identità della Romagna — neanche dell’Emilia Romagna ma della Romagna — che è un progetto di grande interesse che non riguarda solo quei 7 Comuni ma riguarda tutto quel contesto territoriale, fino a profilarsi l’idea della Costituzione di una regione Romagna che si staccasse dalla stessa Emilia. Quindi un processo molto radicato, molto profondo, che ha delle connotazioni di carattere culturale e storico e definisce un sentimento autentico di identità.
Rispetto a questo noi abbiamo fatto subito una valutazione, comprendendo proprio le ragioni che ci venivano espresse, anche in ragione di una situazione di fatto che si verificava da lunghi anni su quel territorio e in quella realtà, per cui i servizi erano molto più interconnessi con la realtà della città di Rimini che nel frattempo era divenuta capoluogo di provincia, quindi esercitava una capacità gravitazionale ancora più suggestiva nei confronti di questa realtà; dei servizi di un capoluogo di provincia che, non dimentichiamolo, è a 20 minuti di distanza rispetto ad oltre l’ora necessaria per raggiungere Pesaro e alle due ore per arrivare ad Ancona. Ma oltre a questo c’era da considerare proprio l’humus delle relazioni più elementari che su questo territorio si vivevano: ad esempio non passava Rai3 delle Marche ma passava il telegiornale dell’Emilia Romagna; i giornali che lì si diffondono e si leggono non sono i giornali delle Marche. Noi facciamo i nostri appelli su Il Messaggero, su Il Corriere Adriatico o su Il Resto del Carlino, ma lì quei giornali non arrivano, e i diretti interessati leggono La Voce di Rimini e le pagine regionali de Il Resto del Carlino, che hanno come riferimento quel contesto territoriale. Se ci fosse stato bisogno ancora di un indicatore, pensate che il prefisso telefonico di quella realtà è 0541, quindi non lo 0721 che interconnette questa comunità a noi. Quindi una situazione fin da subito apparsa molto difficile per questo radicato e forte sentimento culturale che la comunità viveva.
Noi abbiamo iniziato un’azione che per prima cosa ha riguardato proprio la comunicazione: abbiamo chiesto agli organi di informazione di integrarsi maggiormente con quel territorio, abbiamo chiesto a una televisione privata di allargare la sua emittenza, quindi realizzare fisicamente i trasmettitori per collegare quella realtà alla comunità regionale. Tv Centro Marche l’ha fatto, purtroppo ci ha messo un anno di tempo, questo servizio è partito, per ironia della sorte, una settimana prima del referendum. Abbiamo chiesto a Rai3 di creare i collegamenti perché il notiziario che passasse in quella realtà fosse quello marchigiano, non quello emiliano-romagnolo. Abbiamo fatto anche delle pubblicazioni, delle edizioni di giornali che in qualche modo collegassero maggiormente la nostra comunità regionale a quell’ambito territoriale. Abbiamo cercato anche di stabilire delle relazioni di carattere istituzionale, in modo tale da arrivare a un punto di convinzione: che non era tanto importante modificare i confini delle due regioni quanto che si stabilisse una relazione funzionale con l’Emilia Romagna, in modo tale che loro potessero soddisfare le loro necessità nel punto — scuola, sanità, istituzioni — che meglio corrispondesse ai loro interessi, attraverso la definizione di una convenzione che abbiamo prima costruito tra istituzioni e poi abbiamo dialogato, confrontandoci, fino ad arrivare a una stesura, che esiste, di un protocollo con la stessa Emilia Romagna.
L’esito del referendum è sicuramente inoppugnabile, la valutazione che hanno espresso i cittadini in quel territorio è chiarissima, altrettanto chiara è la complessità del procedimento che ora dovrà intercorrere, sia nei Consigli regionali che nel Parlamento del nostro paese. Noi, comunque, non recediamo dalla costruzione del percorso che fin qui abbiamo realizzato, nel senso che abbiamo stabilito una convenzione, o meglio un protocollo d’intesa con la Regione Emilia Romagna e nei prossimi giorni, subito dopo le feste, insieme al presidente Errani sottoscriveremo questo protocollo. Eravamo già in sintonia e ci siamo accordati rispetto al fatto che, qualunque fosse stato l’esito del referendum, sia che avesse prevalso il sì, sia che avesse prevalso il no, sia che ci fosse stata una soluzione di non legittimazione del referendum per l’astensione, avremmo comunque sottoscritto questo protocollo, perché questo protocollo risponde alle esigenze reali di quella comunità.

Presidenza del Presidente
RAFFAELE BUCCIARELLI

Questo protocollo vado a illustrarvelo. “Premesso: che il territorio della Valle del fiume Marecchia è diviso istituzionalmente tra la regione Emilia-Romagna e la regione Marche e, all'interno delle due regioni, tra le province di Pesare e Urbino, Rimini e Forlì-Cesena; che, in particolare, per la sua specifica condizione geografica, l'area dell'Alta Valmarecchia, fa riferimento istituzionale e amministrativo alla Regione Marche ma gravita prevalentemente per i suoi rapporti di carattere economico, per la gestione dei bacini e delle reti dei principali servizi (a cominciare da quello sanitario e scolastico) e per le sue comunicazioni infrastrutturali con il contiguo territorio riminese e cesenate; che, allo stesso tempo, i valori ambientali e culturali dell'Alta Valmarecchia rappresentano un bene condiviso, da salvaguardare e da valorizzare dalle due Regioni anche in ragione dei consistenti flussi turistici che insistono nella zona rivierasca adriatica; Preso atto: che è cresciuta, negli ultimi anni, la coscienza tra gli amministratori pubblici e i cittadini della Alta Valmarecchia che i problemi di quella parte della vallata possono essere meglio affrontati e risolti in una logica di coordinamento e di integrazione, nel governo del territorio, tra le due Regioni, tra le due Province, i Comuni e le Comunità Montane interessati; che tale coscienza è stata stimolata e accompagnata da prime positive azioni coordinate e concordate dalle stesse Regioni Emilia Romagna e Marche, dalle Province di Rimini e Pesaro e Urbino e dalle due Comunità Montane; ma che, anche in virtù di ciò, vi sono oggi le condizioni per compiere ulteriori passi in avanti nella logica del governo condiviso di un territorio così peculiare; Considerato ,che la risposta a tale esigenza non può essere ricercata nel distacco istituzionale e amministrativo dei comuni dell'Alta Valmarecchia dalla regione Marche e il loro passaggio alla competenza territoriale della Regione Emilia-Romagna, sottoscrivono il presente protocollo di intesa, che negli obbiettivi, nelle azioni, nelle modalità operative indicate nell'articolato che segue, costituisce la positiva risposta alle istanze legittime delle popolazioni interessate a trovare sempre più adeguati interventi per le esigenze di governo di un territorio complesso e, nello stesso tempo, individuano un modello di cooperazione interistituzionale utile ad evitare contrapposizioni e scelte irreversibili.
“La Regione Emilia-Romagna e la Regione Marche promuovono la collaborazione permanente al fine di realizzare azioni coordinate a favore del territorio della Valmarecchia, nelle forme istituzionali descritte al successivo art. 3.
Alla attuazione degli interventi previsti nel presente Protocollo di Intesa, individuati nelle linee generali nel successivo articolo 2 e che sono riconosciuti come prioritari dalle due Regioni, si provvede attraverso specifici accordi tra le Amministrazioni interessate (Comuni, Comunità montane e Province)
Le azioni e gli interventi riguardano quanto segue. Sanità: sviluppo di accordi convenzionali tra la Zona Territoriale 1 di Pesare e la ASL di Rimini, individuando l'ospedale di Rimini quale ospedale di riferimento per la popolazione residente nei comuni dell'Alta Valmarecchia (Provincia di PU) per tutte le prestazioni non espletabili nell'ospedale di Novafeltria, anche attraverso accordi di fornitura e con particolare riferimento alle funzioni relative all'emergenza-urgenza. Stipula di un accordo "di confine" tra le due Regioni sulla mobilità sanitaria, attivando anche un CUP integrato. Assetto del territorio e infrastrutture: integrazione e adeguamento dei Piani Territoriali di Coordinamento delle Province mediante apposite misure dedicate specificatamente alla Valmarecchia e alle sue esigenze di sviluppo; interventi sulla ex S.S. n. 258 "Marecchiese", sia di tipo manutentorio che di miglioramento strutturale (attuando anche, in territorio marchigiano, il nuovo tracciato Ponte S. Maria Maddalena-Ponte M. Baffoni) dell'attuale sede stradale da Rimini a Ponte Messa; realizzazione di un efficiente collegamento stradale tra l'Alta Valmarecchia e la Valle del Savio ("Marecchiese"-E 45); miglioramento dei collegamenti tra la ex S.S. 258 e la Autostrada A 14, sia in riferimento ai due caselli di Rimini nord e Rimini sud, sia con la realizzazione di un nuovo casello autostradale all’interconnessione tra A14 e "Marecchiese" o di svincolo sulla "complanare" di Rimini in corso di progettazione; cablaggio di tutta l'area della Valmarecchia. Tutela dell'ambiente e valorizzazione delle risorse naturali: definizione di un progetto organico interregionale in materia di disciplina del ciclo integrato delle acque, nell'ambito della riforma dell'Autorità di Bacino dei fiumi Marecchia e Conca, che porti alla costituzione di un ufficio interregionale per la difesa del solo che preveda la rappresentanza dei Comuni interessati; programmazione e realizzazione di una attività costante di manutenzione ordinaria e di idonea regimazione del fiume Marecchia; gestione in forma unitaria dei servizi di smaltimento e recupero dei rifiuti solidi urbani; valutazione sulla fattibilità della realizzazione di un ambito di tutela interregionale del Marecchia che raccordi lo stesso con i parchi urbani già esistenti o in corso di realizzazione nei Comuni dell'area; realizzazione e attuazione dei progetti per la valorizzazione dell'Appennino; accentuazione della attenzione, nel riparto dei fondi per la difesa del suolo, al territorio montano nel quale si verifìcano le maggiori criticità nel dissesto idrogeologico; raccordo delle normative regionali in materia di raccolta dei fanghi e dei tartufi; disciplina unitaria delle attività di manutenzione del fiume Marecchia , anche per quanto concerne l'eventuale prelievo di materiale litoide presente in eccedenza nell'alveo del fiume Marecchia. Sviluppo e valorizzazione delle risorse turistiche e culturali: promozione di un distretto interregionale del comparto della meccanica; attivazione di politiche attive del lavoro in una logica distrettuale interregionale; qualificazione della produzione alimentare (tracciabilità delle filiere produttive delle carni bovine, del formaggio di fossa e del castagno; individuazione dei centri locali di selezione, i punti di commercializzazione, etc...); inserimento dei Comuni dell'Alta Valmarecchia anche nel sistema turistico della Provincia di Rimini per favorire l'integrazione costa/montagna dei flussi turistici, con particolare attenzione alla valorizzazione dei loro beni ambientali, monumentali e culturali; creazione di reti di beni culturali (musei, biblioteche, patrimonio artistico); creazione di reti di eventi culturali.
L’attuazione di questo protocollo che sommariamente vi ho descritto, viene affidata alla costituzione di una Conferenza delle autonomie della Valmarecchia. Questa Conferenza delle autonomie della Valmarecchia è lo strumento di raccordo e concertazione permanente tra gli Enti locali della vallata, le Province di Pesaro-Urbino e Rimini, e le Regioni Marche ed Emilia-Romagna.
La Conferenza delle Autonomie della Valmarecchia è composta da: i Sindaci dei Comuni di Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant'Agata Feltria, Talamello, Poggio Berni, Santarcangelo di Romagna, Torriana, Verucchio; i Presidenti delle Comunità montane Valle del Marecchia e Alta Valmarecchia; i Presidenti delle Province di Pesaro-Urbino e di Rimini, o da un loro delegato; i Presidenti delle Regioni Marche ed Emilia-Romagna, o da un loro delegato.
I sindaci di cui alla lett. a) del comma precedente eleggono tra loro il presidente della Conferenza.
4 Partecipano ai lavori della Conferenza i consiglieri regionali eletti sulla base delle liste provinciali di Pesaro e Urbino e di Rimini. Possono essere invitati altresì a partecipare ai lavori della Conferenza i presidenti delle Comunità montane Appennino Cesenate, e Valtiberina Toscana, quando la natura degli oggetti trattati coinvolga gli interessi delle rispettive Comunità montane.
I compiti sono: promuovere lo sviluppo integrato delle politiche di vallata, e di garantirne la concertazione, quindi la Conferenza delle autonomie della Valmarecchia: formula proposte contenenti indirizzi, programmi di intervento, progetti su temi di interesse e rilevanza per il territorio della Valmarecchia agli enti istituzionalmente preposti ai relativi processi decisionali; esprime pareri, approvati con il consenso della maggioranza dei componenti, su richiesta degli enti istituzionali; esprime pareri sulle proposte di leggi regionale e sugli atti di programmazione delle Province; effettua il monitoraggio sulla progressiva attuazione del protocollo d'intesa e verifica la coerenza degli interventi e delle politiche pubbliche regionali e provinciali sul territorio della Valmarecchia rispetto agli indirizzi espressi dalla Conferenza stessa; assicura lo scambio di dati ed informazioni tra la Regione, le Province, le Comunità montane e i Comuni.
E' istituito l'Ufficio di Presidenza della Conferenza delle autonomie della Valmarecchia.
L'Ufficio di Presidenza, presieduto dal Presidente della Conferenza delle Autonomie della Valmarecchia, è composto da: Presidente della Regione Emilia-Romagna o da un suo delegato; Presidente della Regione Marche o da un suo delegato; Presidente della Provincia di Pesare e Urbino o da un suo delegato; Presidente della Provincia di Rimini o da un suo delegato; Presidente della Comunità montana dell'Alta Valmarecchia; Presidente della Comunità montana Valle del Marecchia. Sono istituite anche delle Commissioni, competenti per settore, articolate come segue: per le questioni istituzionali; per la pianificazione territoriale e la programmazione economica; per l'ambiente e per i rapporti con l'Autorità di bacino; socio-sanitaria; per il turismo e la cultura; per le infrastrutture, viabilità e mobilità
Questo accodo verrà sottoscritto dopo le vacanze natalizie, dal presidente della Regione Emilia Romagna, che questa mattina mi ha assicurato ulteriormente la sua disponibilità in precedenza concordata; dal presidente della Regione Marche, dai presidenti delle Province di Rimini e Pesaro e Urbino.
Credo che la linea più seria che possiamo tenere è quella di proseguire nel confronto serio e rigoroso con le istituzioni di quel territorio che ci hanno dimostrato ampia disponibilità, con istituzioni della Provincia di Rimini e della Regione Emilia Romagna e assicurare una risposta in termini funzionali ai bisogno di quella realtà, in modo che possa dare corso alla valorizzazione della propria identità, integrandosi sempre di più e maggiormente come un’unità territoriale che ha come riferimento una reale vita di comunità, ma senza creare complicazioni — questo penso debba essere l’auspicio che nasce dal Consiglio regionale delle Marche — senza creare lo sviluppo della complessità procedurale che un iter differente potrebbe comportare.

PRESIDENTE. Il regolamento prevede che si possa aprire una breve discussione. Il tempo degli interventi è limitato a cinque minuti.
Ha chiesto di parlare il consigliere Giannotti. Ne ha facoltà.

Roberto GIANNOTTI. Quello che è accaduto è un fatto gravissimo. Al di là di come la si voglia raccontare il dato oggettivo è che 1.738 elettori, pari all’84,9% hanno votato sì alla proposta dei sindaci, raggiungendo la percentuale del 56,13% degli aventi diritto, quindi raggiungendo largamente il quorum previsto dalla legge per l’efficacia del referendum.
E’ un fatto grave, perché rappresenta una mutilazione territoriale della regione. Credo che si debba prendere atto di questo fatto. Mai una cosa del genere era successa, non solo nelle Marche ma credo in Italia. Mai era successo che un’intera vallata, che 7 comuni, che una enclave di 36.000 cittadini si pronunciasse in questa maniera. Non era mai successo e al di là di come la si voglia vendere, questo pronunciamento rappresenta la protesta popolare per i ritardi e le omissioni dei governi di centro-sinistra di questa Regione e della Provincia di Pesaro. Lei può dire quello che vuole, Presidente, ma non può cavarsela facendo un richiamo generico alla contiguità ambientale della Valle del Marecchia alla città di Rimini, alla provincia di Rimini. Certo che è un dato oggettivo. Intanto non è una contiguità storica, perché lei sa meglio di me che i rapporti, storicamente, sono stati di altra natura. C’è una contiguità ambientale, ma l’85% dei cittadini che votano sì non è solamente legato allo shopping, ai rapporti di altra natura che si mettono in piedi ma ad una insofferenza pesante delle popolazioni per quello che le Giunte regionali che si sono succedute alla guida della Regione non hanno fatto, per la lentezza e per l’incapacità della Giunta provinciale di Pesaro di rispondere a questa cosa. E’ inutile richiamare il fatto che abbiamo scarsi servizi nel campo della sanità, abbiamo un depotenziamento di tanti servizi pubblici. C’è una non iniziativa nel campo del recupero del deficit infrastrutturale, c’è stato un attacco all’ambiente non tutelato dalla Regione.
Mi sia allora consentito, Presidente: le parate finali — lei l’ha fatto anche oggi — quando si è persa la credibilità politica, come ha fatto questa Giunta, non servono a niente. Il protocollo d’intesa che dovevate fare cinque anni fa ma che avete fatto in piena campagna referendaria non serve a niente. I soldi a pioggia che siete andati a spendere, da ultimo l’assessore Carrabs, nella vallata, sono stati considerati dall’opinione pubblica una presa per i fondelli. Quindi la Giunta regionale ha gravissime responsabilità in questo senso. Non è con le elemosine che si inverte una sensibilità già orientata.
Il voto popolare, amici, è un dato oggettivo, indiscutibile, non ci sono vie di mezzo: il mancato raggiungimento del quorum che poteva essere un’ipotesi, la scarsa differenza ecc. Il pronunciamento è detto e io dico che è una protesta popolare rispetto alle cose che non avete fatto. Certo, gli effetti del referendum sono chiari, il Consiglio regionale dovrà esprimersi, dovrà dare il proprio giudizio su questa questione come...

Luciano AGOSTINI, Vicepresidente della Giunta. E’ ridicolo...

Roberto GIANNOTTI. Adesso ti dico io chi è ridicolo, caro Agostini, perché tu stai ad Ascoli e probabilmente...

PRESIDENTE. Consigliere Giannotti, sono trascorsi i cinque minuti.

Roberto GIANNOTTI. Presidente, io ho finito, però lei non consenta ai consiglieri, né agli assessori, di interrompere. Tra l’altro, sarebbe opportuno richiamare gli assessori a partecipare in maniera più attiva alle sedute del Consiglio, perché rilevo che spesso i banchi della Giunta sono vuoti quando i miei colleghi intervengono su diverse questioni. Quindi intervenite di più e cercate di interrompere di meno.
Vorrei chiudere con una cosa diversa, Agostini. Attenzione, questa non è una sciocchezza, al di là dei rimpalli di responsabilità che sono evidenti. Presidente Spacca, Vicepresidente Agostini, attenzione: la vicenda della Valmarecchia è la punta di un iceberg. C’è un rischio ancora più grave: che l’esempio della Valmarecchia venga seguito domani mattina dal Conca, che vuol dire altri 4 comuni: che venga seguito dall’intero Montefeltro della provincia di Pesaro.

Lidio ROCCHI. Così, nella prossima legislatura...

Roberto GIANNOTTI. A differenza tua, io so quando smettere di fare politica, Rocchi, quindi mi interessa relativamente la prossima legislatura.
State attenti, non banalizzate questo fatto. Il rischio è che la provincia di Pesaro possa essere smembrata, perché questo fatto può avere un effetto-contagio pericolosissimo sul Conca, sul Montefeltro. Questo vuol dire un soprassalto di responsabilità, un’assunzione di responsabilità. Per esempio, se la Regione e la Provincia di Pesaro si mettono sulla strada delle vendette, non dando nemmeno attuazione a quel protocollo che fareste bene a firmare subito e, ancor di più, fareste bene a fare quello che vi ho detto venti giorni fa in una interrogazione scritta, se non estendete quel protocollo d’intesa anche alla Vallata del Conca subito, perché ha gli stessi problemi e gli stessi disagi, vi troverete di fronte alla medesima situazione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere D’Anna?

Giancarlo D’ANNA. Nei tre minuti che il consigliere Giannotti si è preso in più ha detto alcune cose che stavo per dire, ma le ribadisco, perché evidentemente sia il consigliere Giannotti che il consigliere D’Anna conoscono abbastanza bene quella realtà. In effetti il problema che è stato evidenziato da Giannotti, cioè che altre realtà del territorio della provincia di Pesaro e Urbino — e non solo — seguono quella strada, è reale. Questa mattina ho ricevuto diverse telefonate da diverse realtà che non fanno parte nemmeno della Valle del Conca o del Marecchia ma che fanno parte di quel territorio più ampio che è l’entroterra, che hanno molta attenzione a quello che è accaduto. Quei territori sono stati da sempre trascurati. Vedo l’attivismo del presidente Ucchielli, ma l’attivismo del presidente Ucchielli nel rispetto dell’impegno che lui porta avanti, evidentemente non ha funzionato, perché non funziona più. Le risposte al territorio bisogna necessariamente darle. Se lei, presidente, avesse fatto in queste settimane o nelle settimane scorse il giro d’ascolto che ha fatto nella sua campagna elettorale, molto probabilmente con argomentazioni come quelle avrebbe battuto sicuramente il record di fischi di Prodi al Motor Show, parlando in Valmarecchia, perché la gente si sente assolutamente umiliata e offesa. Io ho partecipato, insieme ad altri colleghi del centro-sinistra, a qualche riunione nella Valmarecchia ed era evidente che sarebbe accaduto quello che poi è successo. Quindi c’è stato un difetto di sottovalutazione di quel segnale, ed è un segnale pericolosissimo, perché quello, tra l’altro, è un territorio che ha una valenza importantissima, sia dal punto di vista turistico ma anche dal punto di vista della nostra comunità. Proprio quando si celebra la “Giornata delle marche” in provincia di Pesaro e Urbino il segnale che arriva dalla provincia di Pesaro e Urbino è che della “Giornata delle Marche” non gliene può importare di meno. E’ un flop clamoroso: da una parte c’è un impegno a rivalutare le nostre tradizioni, il nostro territorio, dall’altra c’è il territorio che una settimana dopo risponde “non ne vogliamo più sapere niente della nostra cultura, della nostra tradizione, soprattutto di chi ci rappresenta”. Questo è un segnale gravissimo, tanto è vero che ieri il presidente si è affrettato subito a dire “non è un giudizio sul nostro operato”, ma l’ha fatto perché è proprio quello il motivo: non tanto o solo su questa Giunta ma anche sull’Amministrazione della Provincia di Pesaro e Urbino che si è basata, in questi anni, solo ed esclusivamente sul solito discorso del consenso che arriva nei soliti modi e con le solite interpretazioni.
Questo è un segnale fortissimo, un segnale trasversale, che va a colpire anche l’elettorato di centro-sinistra, quindi se non vi preoccupa il territorio, preoccupatevi, almeno, di quello che è un vostro serbatoio elettorale importante. Non siete stati nemmeno capaci di tutelare quel serbatoio, perché il segnale è gravissimo, si potrebbe diffondere a macchia d’olio. So che già c’è gente in queste ore che si sta attrezzando per fare qualcosa di simile: che poi vada in porto o meno non importa, è un segnale che non può essere assolutamente sottovalutato e quindi credo che in queste settimane, nei prossimi mesi, al di là dei convegni, degli incontri, delle conferenze, delle dichiarazioni d’intenti bisogna agire immediatamente per vedere se è possibile, e in quale misura, recuperare un disagio di decenni che non può essere assolutamente messo in quattro fogli di intenzioni programmatiche che arrivano in netto ritardo, quando la gente non si fida più delle istituzioni e questa è un’altra grave colpa che vi prendete sulle spalle, perché qui è la classe politica che rappresenta il territorio che non è più tenuta in considerazione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.

Mirco RICCI. Condivido l’impostazione del Presidente Spacca, perché ci mancherebbe che adesso facessimo vendette in Valmarecchia. Anzi, l’atteggiamento è invece quello di mantenere quell’equilibrio e quella posizione già presi diverse settimane fa, in un accordo tra Emilia Romagna e Marche, che il Presidente Spacca ci ha ricordato leggendo per stralci il contenuto del protocollo. Credo che l’atteggiamento della Regione Marche, della Provincia di Pesaro e Urbino e delle istituzioni che in qualche modo sono legate a quella realtà debba essere questo.
Il voto è stato quello che abbiamo visto, è stato raggiunto un quorum. Seppure assume una dimensione originale rispetto ad altre realtà del paese, purtroppo questi fenomeni accadono un po’ ovunque in Italia, non solo in Valmarecchia. Però qui il referendum ha avuto quell’esito, per cui si apre una procedura che potrebbe anche portare alla rettifica dei confini: vedremo i vari passaggi.
Ovviamente non è un bel segnale, è un segnale che può aprire altri tentativi di strumentalizzare un passaggio, un percorso per le ragioni più diverse. Credo che in Valmarecchia come altrove nella provincia di Pesaro e Urbino ma anche in altre province, il disagio a volte, in alcune realtà c’è. Però devo dire che quello che ha orientato gli elettori della Valmarecchia, secondo la mia esperienza fatta in questi anni, non è solo un disagio legato alla mancanza di vicinanza delle istituzioni, è qualcosa di più profondo che ricordava anche il presidente poco prima: vi sono ragioni di identità, di vicinanza, storiche, culturali, geografiche, una proiezione diretta su Rimini. Sapete cos’è la Valle del Savio? E’ una vallata che sta al di là della Valmarecchia, a Sant’Agata Feltria, a dieci minuti dal bivio per Sarsina. Siamo davvero orientati, anche geograficamente, in quella realtà. Però è giusto che siano state richiamate — anche se penso in maniera esagerata — le difficoltà che a volte ci sono. Dico però per esperienza personale — poi ognuno individua delle carenze: difficoltà di rapporti, interventi che si potrebbero fare — che il disagio non nasce esclusivamente dalla carenza o dalla difficoltà di rapporti, dalla mancata vicinanza degli enti superiori rispetto ad alcuni temi. Lo dico in maniera molto serena e molto tranquilla. Poi si possono sottolineare alcune lacune, si può parlare di viabilità. La vicinanza c’è stata e forse ha ragione la collega Mollaroli: bisogna qualche volta essere più presenti, realizzare le cose, essere attenti. Ci sono stati alcuni elementi di critica da quella realtà, purtuttavia, secondo l’esperienza che ho fatto personalmente in quella realtà, non parte da qui il disagio, il disagio è già presente da diversi anni in quella realtà e non è esclusivamente legato, secondo me, alla diffidenza o al non avere ottenuto risposte sui servizi, sulle infrastrutture, sulle opere. Ricordo un passaggio che ha prodotto sempre un dibattito molto forte in Valmarecchia — io ero assessore provinciale — cioè la viabilità della Marecchiese, una battaglia storica. La Marecchiese è stata dell’Anas fino al 2001, abbiamo cercato di recuperarla con progettazioni, ma il disagio c’era e rimarrà. Fra l’altro ricordo che quando si è incontrato più volte — il l’ho fatto, personalmente — il presidente della Provincia di Rimini, gli do atto che ha sempre avuto la chiarezza delle argomentazioni anche rispetto ad assemblee affollate che chiedevano di migliorare la viabilità. La Provincia di Pesaro e Urbino spingeva affinché ci fosse un intervento sulla Marecchiese, la Provincia di Rimini ha sempre rallentato, non perché chissà quale progetto aveva o per anticipare i passaggi referendari, ma perché le sue preoccupazioni sono sulla costa e il presidente della Provincia di Rimini ha sempre detto “no non possiamo essere lì presenti, perché abbiamo altri interessi”. Lo ha detto pubblicamente, sono atti registrati.
Quindi su certi temi la polemica strumentale non solo era inutile prima, è inutile anche oggi.
Credo che l’equilibrio dimostrato dal Presidente Spacca, il mantenimento dell’orientamento per firmare il protocollo d’intesa siano la risposta giusta, oggi, evitando strumentalizzazioni di carattere politico che non ci servono, perché se la Valmarecchia se ne va, non è un problema dei Ds o di questa maggioranza, è un problema della regione nel suo insieme, dei cittadini marchigiani. Non credo che sia una preoccupazione di consenso elettorale: bisogna cercare in qualche modo di governare questo percorso e di evitare che anche in altre realtà possano scatenarsi questi fenomeni, non solo nella provincia di Pesaro e Urbino, a Rimini, nelle Marche o in Emilia Romagna, ma dalla Campania al Lazio, dalla Lombardia al Piemonte. Se passa il segnale che, sulla base della mancanza di un servizio o di una vicinanza che non viene riconosciuta, si possono cambiare i confini, sbrindelliamo non la regione Marche ma il paese. Mi pare che su questo le strumentalizzazioni siano del tutto inutili e infondate.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Lo sbaglio vostro è quello di pensare che questo problema sia solo di un lembo delle Marche, invece, giustamente, Mirco Ricci ha dato una lettura che per certi versi, di fatto, sfida l’analisi che ha fatto il Presidente Spacca. Il Presidente Spacca dice “è un problema sostanzialmente connesso a un fatto di identità”, però ci dobbiamo capire su un punto: perché confini che più o meno sono stati disegnati dai commissari sabaudi solo oggi vengono messi in discussione con questa virulenza, attraverso addirittura una sfida che, considerato l’omogeneità politica di quelle parti, assume veramente i tratti di una rivolta? Pensiamoci, facciamo una riflessione. Il fatto che io non sono di quelle parti spero mi autorizzi ad essere considerato riflessivo in questa mia occasione.
Perché solo ora? La lettura che io do è che tutto sia riconducibile alla riforma del titolo V della Costituzione. Perché? Perché ciò che era un confine flebile, addirittura qualcuno dice inesistente dal punto di vista identitario, è diventata una palizzata nel senso che

Roberto GIANNOTTI. Ma non è così...

Guido CASTELLI. Ma fammi finire, arrivo a quello che dici tu.
Quello che era un transito — fra Romagna e Marche, da quelle parti, da quello che so è un semplice transito — diventa invece una palizzata nel momento in cui il cittadino che è dotato delle capacità di mobilità, mette a confronto i servizi, la proposta dell’azione pubblica. Voi davvero pensate che un imprenditore di Casteldelci o Talamello non sappia fare i conti e verificare che paga un’Irap al 5,15, mentre un chilometro più in là la paga al 4,25? O pensate che un contribuente di Pennabilli non sappia fare i conti e verifichi che ha pagato fino al 4%, quando il cittadino di San Mauro di Romagna paga lo 0,9? Sono soldi. Quindi non voglio tirar via il discorso identitario, ma il problema è che il titolo V porta le performances regionali delle entità ad essere competitive. Io lo vivo fra le Marche e l’Abruzzo. Ecco perché il virtuosismo dell’azione politica oggi porta i territori a dover necessariamente competere al meglio. I cacciatori della Valmarecchia saranno stati più o meno contenti di un calendario venatorio cambiato cinque volte...

Mirco RICCI. L’hanno cambiato anche loro...

Guido CASTELLI. Oppure, la famosa questione della possibilità di prelevare il materiale litoide nella Valmarecchia romagnola e non nella Valmarecchia pesarese. Questa è la chiave di lettura, perché il Presidente Spacca, in realtà, ha fatto una diagnosi del problema ma ha difettato nella prognosi, perché è vero quello che dice Giannotti, che probabilmente questo protocollo d’intesa doveva essere fatto prima per rimuovere quelle criticità che io prima, in maniera più o meno maldestra, elencavo.
Il Presidente Spacca ha detto del protocollo d’intesa e per certi versi è anche un atto di accusa, perché si doveva fare prima, ma cosa proporrà a quest’aula di fare quando sarà onerata del parere? E’ questo il punto. Perché comunque quella procedura referendaria è stata esaurita, noi facciamo bene a fare i protocolli d’intesa, ma dovremo rivederci da qui a qualche mese dicendo sì o no. E allora penso che chi oggi guarderà il Tg3 e domani leggerà i giornali, da quelle parti, vorrà sapere questo. Mi sembra arduo sbarrare la strada a una volontà popolare così evidente, ma oggi questo è il punto.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Telegrafiche considerazioni, perché avremo modo di discutere di questo problema e forse se ne poteva discutere prima.
Si è detto motivazioni molteplici, culturali, storiche, legate alla geografia e alle infrastrutture, ma appena qualche anno fa una cosa del genere sarebbe stata impensabile, perché il primo motivo che ha portato al referendum di cui prendiamo atto — e forse illustrare oggi il protocollo d’intesa non aiuta la composizione unitaria, forse è intempestivo, ma va valutato — è la mancanza della politica. Oggi un giornale titolava “La politica senza sogni perde”. Noi diciamo che la politica senza ideali perde, tutto è delegato alle rappresentanze istituzionali e ai poteri economici. Anche qui il ruolo di sintesi si rischia di perderlo. Alcuni interventi anche di questa mattina generano la guerra tra territori, eppure le scelte della Regione Marche per quei territori sono state scelte significative, con il mantenimento, ad esempio, di tutte le funzioni ospedaliere nel plesso di Novafeltria. Eppure non è bastato e anche oggi, qui, si sentono lacrime di coccodrillo, perché nessuno, in realtà, ha avuto il coraggio di schierarsi, tutto è stato lasciato ai comitati o a qualche esponente istituzionale che quasi sempre ha parlato a titolo personale.
Noi Comunisti italiani che siamo un piccolo partito, purtroppo siamo stati gli unici a svolgere un ruolo grande, un ruolo politico contro la separazione, a svolgere assemblee pubbliche per il no alla divisione. Dobbiamo riprendere il dialogo senza atteggiamenti centralistici, ma al tempo stesso occorre molta attenzione a far credere che con altre Province e Regioni si starà meglio, perché non è così.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Silvetti.

Daniele SILVETTI. Poche battute per sottolineare in pochi passaggi quello che è stato detto. Siamo qui per registrare un atto dovuto, era doveroso da parte sua, Presidente, cercare di correre ai ripari di fronte a un responso non solo politico, così grave. E’ sicuramente una pagina nera nella politica di questa regione, di cui lei si fa carico, ovviamente, in parte. Però è evidente che l’Amministrazione di questa regione, che non è più isola felice da tempo, un po’ per la crisi economica che ha investito anche questa regione, comincia a mietere le prime vittime e la prima vittima è se stessa, cioè la Regione Marche vede sostanzialmente, non più simbolicamente, andarsene una parte consistente, una parte importante della provincia di Pesaro e Urbino. Io le suggerirei di cominciare a vedere un protocollo di questo genere, magari concordandolo con il suo collega dell’Umbria, perché purtroppo ci sono realtà analoghe come Ussita, Visso e altre dell’Alto Maceratese, che lamentano qualche difficoltà molto similare a quella dei comuni che hanno appena votato, e magari per tempo potrà aiutare la Regione a fare una conferenza permanente che possa essere propedeutica, anzi essere già la medicina curante di un malessere che potrebbe sfociare in referendum così penosi, perché sicuramente c’è un discorso di competitività che non è stato espletato da questa Regione, che ha prodotto gli esiti di quel titolo V, che porta la regione Marche ad essere in competizione con quelle vicino. Il risultato, purtroppo, non è soddisfacente. Magari ci sono comuni dell’Abruzzo che pensano di poter aderire o poter entrare nella regione Marche, bisogna essere onesti e riconoscere anche questo, perché ci sono. Però non siamo comunque competitivi con le regioni vicine a nord e a ovest. Ecco perché credo che il suo era un atto dovuto, lo registriamo anche se non possiamo non considerare il responso popolare. Quando questo Consiglio verrà coinvolto, quando il centro-destra dovrà esprimere un proprio parere a fronte di questa richiesta che i cittadini, di destra come di sinistra, rivolgono alle istituzioni, a quel punto noi ci porremo una domanda molto severa: se andare contro. Credo che questa Conferenza delle autonomie potrà essere la conseguenza della battuta più scontata: quella di correre dietro i buoi quando il recinto è ormai aperto. Credo che sia un po’ tardivo e sia la pagina più nera e la sconfitta di una politica che non dà le risposte concrete alla cittadinanza e alle amministrazioni locali che in primis si sono fatte portatrici di una richiesta fortemente sentita.
Ecco perché credo che questi protocolli dovrebbero essere più frequenti, dovrebbero prevenire situazioni del genere. Quella sull’Umbria non era una battuta, credo che debba essere valutata da lei e dalla sua Giunta in modo molto serio e anche molto sereno e comunque la situazione non è così imminente ma potrebbe diventare pericolosa.
Per questo credo che la situazione possa essere un campanello d’allarme che possa essere però recepito in modo costruttivo e possa far rivedere alcune situazioni che ancora non sono arrivate a questo livello di emergenza.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Solazzi.

Vittoriano SOLAZZI. Signor Presidente, colleghi consiglieri, debbo dire che a seguito delle parole che ho ascoltato dalla minoranza — di questo sono un po’ dispiaciuto e per alcuni interventi quasi sorpreso: trovare in D’Anna questo atteggiamento leghista mi sorprende un po’ — vorrei fare qualche brevissima sottolineatura. Non facciamo un grande servizio alle istituzioni e nemmeno alla politica se confondiamo i piani sui quali dobbiamo confrontarci. Il giudizi sulla Provincia lo si esprime alle elezioni provinciali, il giudizio sulla Regione lo si esprime alle elezioni regionali, il giudizio sul Governo lo si esprime alle elezioni politiche. Il referendum è un istituto che va giudicato non in base a giudizi, parametri e termini di riferimento che non possono essere quelli della politica e particolarmente su un ma così delicato come quello delle zone di confine, perché io non credo — dovrei pensare cose non buone in base a ciò che ho sentito in molti interventi — che intimamente pensiate le cose che sono state dette. Credo che sul referendum, per quanto possa amareggiarci, il giudizio non può non fare riferimento, come il Presidente sottolineava nel suo intervento, ad una condizione assai particolare di quei territori. Non ci possiamo nascondere dietro un dito, non lo possiamo fare. Però accanto a questo dico che quel voto va rispettato. Quello che non mi piace e contro cui mi schiero, sono atteggiamenti che o cercano in quel risultato una rivincita politica o tendono, nei comportamenti, ad assecondare situazioni che potrebbero non essere più controllabili e che non danno risposte a problemi veri ma assecondano atteggiamenti che possono rappresentare, in prospettiva, un problema non per la provincia di Pesaro e Urbino e non per il presidente della Provincia di Pesaro e Urbino, non per la regione Marche e il presidente della Regione Marche ma per l’intero paese. Ogni terra è confine di un’altra terra, ogni terra è a confine. E allora, non assumiamo atteggiamenti che incentivino a campanilismi che sono fuori luogo in un contesto come quello che viviamo. Mi verrebbe quasi da chiedere a D’Anna come ha votato nel referendum secessionistico di Marotta di Fano verso Marotta di Mondolfo: lì, se c’era il rispetto dell’autodeterminazione dei popoli, avresti dovuto votare a favore. C’era una legge diversa. Quando qualcuno si chiedeva come mai questa cosa è scoppiata adesso...

Guido CASTELLI. Non andare fuori tema...

Vittoriano SOLAZZI. Non vado fuori tema, c’è un articolo anche oggi, sulla rassegna stampa, su quel problema. Se qualcuno fa il tentativo, che non riesce, che rischia di cadere nel ridicolo, che questa cosa è esplosa in questo momento “perché il presidente Spacca o perché il presidente Ucchielli...”, siamo fuori strada. IL problema è molto più serio ed attiene a un disagio vero di alcune popolazioni che vivono in un determinato territorio che ha riferimenti logistici in alcuni territori piuttosto che in altri, ma il ruolo della politica e delle istituzioni è precisamente il ruolo al quale si è attenuto il Presidente Spacca proponendo la firma di quel protocollo.
Chiudo dicendo che forse qualcuno, oggi, si aspettava da parte delle istituzioni, che ci fosse un atteggiamento, rispetto a quel voto, per cui quei territori fossero lasciati a se stessi. No, non è questo. Fino a quando quei territori faranno parte di questa regione, la posizione del Presidente la condivido ed è un grande segno di responsabilità rispetto ad atteggiamenti demagogici che sono e saranno un problema non per qualche partito ma rischiano di essere un problema per il nostro sistema-paese.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la prosecuzione della seduta oltre le 13,30.

Il Consiglio approva

Ha la parola il consigliere Capponi.

Franco CAPPONI. Vorrei sottolineare come quanto accaduto sia un fatto grave, soprattutto in un momento in cui stiamo tentando di lanciare messaggi di appartenenza del popolo marchigiano alla sua regione, come la “Giornata delle Marche” e quant’altro. Nella proposta del Presidente Spacca, seppure lodevole come atteggiamento, ravviso un aspetto non citato, quello di un’autocritica. Nel momento delle difficoltà uno deve pensare anche a cosa non ha fatto, a cosa poteva fare e a cosa non è stato fatto non dalla sua Giunta ma probabilmente anche da quelle precedenti.
Sono 33.000 cittadini, il 2% delle Marche, quelli che hanno chiesto di lasciarci, e non è un fatto marginale. E’ la prima grande sconfitta sancita, certamente non attribuibile alla Giunta Spacca ma all’humus politico di questa regione, al modo di fare politica in questa regione. Noi non ci siamo mai preoccupati di tradurre pragmaticamente tutto quello che affermiamo. Ci sono stati anni di programmazioni, fiumi di parole, ma obiettivamente la soluzione dei problemi di questa regione non è stata mai trovata. Parlo delle infrastrutture, perché sappiamo tutti che abbiamo fatto decine e decine di accordi di programma e non abbiamo realizzato nulla. Parlo della difficoltà della sanità dell’entroterra e delle zone marginali di questa regione. Vi dovete preoccupare, perché questa situazione vale dappertutto: il modello anconacentrico della sanità, l’Asur unica, l’abbandono dei territori lontani è un fatto importante, che crea dei problemi.
Poi non possiamo non permettere ai cittadini di guadare oltre il loro giardino. Probabilmente in Emilia Romagna le cose funzionano meglio, c’è una politica di attrazione e di investimenti maggiore che nelle Marche, c’è una valorizzazione del sistema turistico molto più pregnante di quanto avviene in questa regione, ci sono tante situazioni di cui dobbiamo tener conto.
Questa è una sconfitta anche per l’organizzazione politica di quella Provincia che ha guardato sempre alla Romagna per portare dirigenti a più non posso anche dentro le proprie strutture amministrative. Se voi continuate a dire che i cervelli sono tutti in Romagna, che sono loro che devono gestire la sanità, che devono gestire i servizi pubblici, certamente ammettete che questi hanno una marcia in più e i cittadini recepiscono anche questo aspetto.
Non contesto il contenuto del protocollo d’intesa che è stato proposto, anche se potevano esserci anche altre valutazioni. Penso che questo documento poteva essere maggiormente condiviso da questo Consiglio regionale, dedicandogli una seduta apposita. Le divisioni che possono generarsi all’interno di questo consesso non facilitano la soluzione del problema. Noi vorremmo portare il nostro contributo affinché la Valmarecchia resti nel territorio delle Marche. Per questo chiedo alla sensibilità dell’Amministrazione regionale, quindi anche del suo “governatore”, un’attenzione a quest’ultima richiesta.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brandoni.

Giuliano BRANDONI. Dovremmo evitare le analisi emozionali che rischiano la superficialità, quando si cerca di piegare un risultato che dovrebbe essere preoccupante per tutto il Consiglio, non tanto e non solo perché un territorio ha deciso una scelta diversa, frutto del combinato disposto tra una storia che segna una comunità e le risposte mancate. Ma le risposte mancate di che cosa? E’ questa la domanda che ci dobbiamo fare. C’è un problema secondo me particolare in questa fase e in questo contesto della vita sociale e politica non delle Marche ma del nostro paese: c’è una crescita di particolarismi che diventano populismo e una crescita dei populismi che trasformano gli articoli indeterminativi di un problema negli articoli determinativi e diventano “il” problema. Allora alcune situazioni si amplificano o vengono amplificate e io non penso che una comunità decida perché è stata fatta una strada in meno o in più ma perché c’è un bisogno di ricostruire il tessuto sociale, il senso della partecipazione comune che ha un’onda lunga che non riguarda solo la Valmarecchia. Basterebbe avere in mano una carta geografica dell’Europa per capire i sommovimenti straordinari che ci sono stati, sommovimenti che costruiscono cultura, che fanno opinione, che fanno senso e modo di pensare, per cui non si cerca qualcosa, si fugge da qualcosa e a volte lo si fa portando un particolarismo.
Se assumessimo, attraverso questa riflessione, il dibattito attuale, forse riusciremmo ad aiutare lo sforzo che il Presidente ha fatto, anche con il protocollo che ci ha letto questa mattina. E’ un tentativo degno di un percorso, che dovrebbe però essere aiutato e accompagnato da un tentativo di costruzione non solo di strumenti che provino a riunificare, non solo di moniti — perché è necessario anche questo — ma occorre capire che può innescarsi un percorso di sfarinamento, di emulazione, di confini geografici che diventano gommosi, per cui c’è chi vuole arrivare, c’è chi vuol partire. Invece si tratta di ricostruire quei luoghi della partecipazione, quei tentativi della comunicazione partecipata che non riguardano solo esclusivamente gli strumenti che pure il Presidente ha citato — i media, la stampa, la televisione — ma riguardano i percorsi culturali che dobbiamo in qualche modo tentare di ritessere.
Penso quindi che il documento che ci ha sottoposto il Presidente è un passo importante, credo che alcuni momenti di discussione siano però altrettanto importanti. Non basta la sottoscrizione da parte degli esecutivi, non basta, forse, nemmeno il tentativo itinerante di rendere vicina l’istituzione regionale alle periferie; si tratta di capire, oggi, cos’è e cosa significano le periferie e dentro questo si tratta di ricentrare attraverso le periferie, i percorsi della comunità e i percorsi della comunità oggi richiamano al tentativo delle reti della partecipazione che impongono una politica. Questo è il tipo di riflessione che sento di fare per poter aiutare questo dibattito.
Troverei veramente sbagliato che affrontassimo il dibattito dalla parte sbagliata, cioè quella di assumere quei particolarismi come dati e come necessità, perché se si assume questo si fa un passo indietro gravissimo e si innesca quel meccanismo di sfarinamento che alcuni paventavano ma in realtà volevano alimentare.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Romagnoli.

Franca ROMAGNOLI. Vorrei soltanto aggiungere una ulteriore chiave di lettura, facendo mie tutte le considerazioni già espresse dai consiglieri di minoranza. Io sono molto rispettosa di un risultato, di quando i cittadini si pronunciano sui loro status di appartenenza o anche di richiesta di autonomia e la esercitano nelle forme civili e regolari previste dalla legge. Mi fa piacere che il consigliere Brandoni non abbia ripetuto quanto ha detto in sede di presentazione del Dpefr, che si trattava di populismo. Non può essere populismo quando i cittadini si pronunciano in maniera difforme da come la sinistra vuole, ed essere invece espressione di democrazia la più alta, la più sublime quando vanno nella direzione che la sinistra auspica. Mi pare che si parli addirittura di referendum sulle pensioni: non sarà populismo ma è chiedere ai tacchini di anticipare il Natale, ma quello verrà fatto e lo rispetteremo. Credo quindi che un po’ più di rispetto non faccia male.
Ritengo che la strada che la Valmarecchia si accinge a prendere, verso l’Emilia Romagna, sia la strada che il centro-sinistra, in particolare il centro-sinistra regionale ha da sempre culturalmente e politicamente indicato, o meglio rispecchia la subalternità che il centro-sinistra delle Marche ha sempre mostrato nei confronti dell’Emilia Romagna. Voi per primi avete indicato questo percorso culturale per anni non rivendicando l’orgoglio marchigiano, di cui si parla solo da due anni, nella “Giornata delle Marche”, ma poi, nei fatti, avete sempre dimostrato di prendere politici, manager, scopiazzare scelte culturali, turistiche, legislative dall’Emilia Romagna. In particolare i manager della sanità dimostrano questo. La Valmarecchia segue questo filone, questo orientamento culturale e politico che voi avete sempre indicato ed individuato. Avete considerato le Marche più una parte della più ampia “sacra famiglia delle Regioni rosse” che Marche e quindi regione rispettabile per la sua peculiarità, per le sue caratteristiche. Se questo è l’orientamento, se il calderone delle “regioni rosse” è qualcosa di indistinto da cui attingere, da cui, come è spesso avvenuto, prendere ed attingere rispetto a nome, è chiaro che il cittadino, di fronte al non avere favorito, invece, un sano orgoglio marchigiano, sceglie dove le cose funzionano meglio.
Per quale motivo prendere i manager, prendere tutto dall’Emilia Romagna e non andarci, dove è possibile? Per la Valmarecchia è un passo facile.
Credo che questo sia la conseguenza di una politica e di un modo di fare e di pensare che avete per troppo tempo favorito, dove la sinistra è il calderone principale, poi viene il fatto di appartenere a questa o quella regione, a questa o quella provincia. Non vedo quindi la necessità di lacrime di coccodrillo e di protocolli che ritengo sicuramente tardivi.

PRESIDENTE. Ha la parola il Vicepresidente Agostini.

Luciano AGOSTINI, Vicepresidente della Giunta. Ho ascoltato il dibattito, sicuramente molto interessante. Ci sono però alcune accentuazioni che non mi sono piaciute.
Io penso che l’introduzione, l’informazione corretta fatta dal Presidente debba essere sostenuta con molta forza dall’intero Consiglio regionale, perché c’è un dato che emerge: non si sottovaluta il risultato, lo si prende con tutta la forza che esso ha in queste ore e si cerca di comprendere quel fenomeno e nella comprensione di quel fenomeno si cerca di dare delle risposte, come una amministrazione seria, una maggioranza politica seria deve fare in questa occasione: rispettare il risultato, cercare di capirlo fino in fondo e dare alcune risposte.
Penso che nel merito il Presidente ha avanzato delle proposte specifiche per quella realtà, in linea generale a me pare che questo governo regionale abbia rafforzato l’idea di una forte identità marchigiana, fino a promuovere la “Giornata delle Marche”, ma quotidianamente le Giunte si svolgono nel territorio per cercare di ridurre questa lontananza tra gli amministrati e gli amministratori e la visione lontana della Regione si cerca di accorciarla, di andare nel territorio, cercare di comprenderlo. Tutte le settimane svolgiamo questa funzione con il nuovo governo regionale, cercando di interpretare, di capire le esigenze, di valutare gli umori del territorio in un momento di non semplice unità, a livello generale, ed anche le forze che hanno cercato di introdurre la disgregazione, la rottura dell’unità nazionale contribuiscono ad avallare una cultura di questo genere.
Quindi io sosterrò con molta forza le proposte che il Presidente ha fatto per questa parte del territorio e per le altre che intenderemo fare. Un po’ meno a me piace la polemica politica, su questo, che non comprendo. Come se dall’opposizione si fosse contenti di un risultato di questo genere. Invece di cercare di interpretarlo, di capirlo, si è contenti che si sia arrivati a un risultato di questo genere. Addirittura Giannotti dice “una maggioranza di centro-sinistra fallisce perché alcuni Comuni decidono di staccarsi”, per andare dove? In una maggioranza di centro-sinistra che ha certamente ragioni e radicamenti più forti. Quindi non credo che sia l’idea del governo della maggioranza che amministra la Regione ad avere fatto balenare l’idea a quei Comuni di andare avanti.
Castelli dice “qui si paga l’Irap più alta”. E allora stiamo tranquilli da questo punto di vista, perché nei prossimi giorni tutto l’Abruzzo verrà qui, giacché qualche giorno fa l’Abruzzo ha votato una proposta di legge che aumenta l’Irap molto più delle Marche, quindi ci sarà una trasmigrazione di questo genere. Io invece penso che alcune peculiarità delle Marche, quelle per cui la nostra è la regione dove si vive più a lungo, dove le aspettative di vita sono più lunghe, in questi mesi... (Interruzione). So che a te dispiace anche questo, Giannotti, però ce lo riconoscono in Europa.
Come se io e Castelli avessimo dovuto giubilare quando si è fatta la provincia di Fermo e dire che la colpa era di Ascoli. Non credo che le cose stiano in questi termini. Prendo atto, consigliere Santori, che un’Amministrazione governata da cinquant’anni da una maggioranza di centro-destra abbia in qualche modo fallito, data la spinta secessionistica alla provincia di Fermo. Io credo, come dice la collega Romagnoli molte volte, che ci siano esigenze storiche, di identità diverse da una attribuzione di responsabilità politiche.
Quindi non gioisco di questo risultato come fa l’opposizione. Voglio comprenderlo, rispettarlo, capirne le ragioni e trovare, come ci ha presentato il Presidente Spacca, le misure giuste di una comprensione per far rimanere ancora quel territorio nelle Marche.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Santori.

Vittorio SANTORI. Poche parole per rassicurare l’assessore Agostini che anch’io mi intendo di secessione, perché nel momento in cui Fermo si è scissa da Ascoli ero consigliere della Provincia di Ascoli e ho vissuto direttamente quella vicenda. E’ vero che c’erano dei motivi di ordine storico che ovviamente hanno avuto il loro gioco e le loro motivazioni di fondo in questa vicenda, ma è vero pure che la Provincia di Ascoli Piceno in quanto tale, era accentratrice al massimo nei confronti di un territorio che da tempo chiedeva un decentramento, soprattutto amministrativo, soprattutto di competenze. Alcuni uffici della Provincia di Ascoli Piceno ben potevano essere aperti sul territorio del Fermano, magari guidati e condotti attraverso la rete telematica con i computer e le disponibilità che oggi ci sono e che si possono realizzare con costi ridottissimi.
Questo disagio che si è creato per Fermo, oggi si è creato anche in altra zona. E’ un disagio che si crea nel tempo, non avviene dall’oggi al domani. Si crea per disagi che si accumulano l’uno sull’altro. Vorrei ricordare la questione di San Benedetto del Tronto che presenterà prossimamente un disegno di autonomia, perché subito dopo questa vicenda apriremo un discorso su San Benedetto del Tronto e sulla vallata del Tronto, poiché lì c’è il 62% di mobilità passiva sanitaria. La gente che va all’ospedale di San Benedetto, quelli che hanno capacità di intendere e di volere dicono subito di volere essere trasferiti altrove, quindi vanno via, quelli che non hanno capacità di intendere e di volere, purtroppo rimangono lì e subiscono la sanità che trovano.
C’è un malessere fortissimo anche lì, quindi facciamo tesoro di questa situazione che è capitata in altra zona, ma cambiamo modo di programmare. La spesa non può continuare ad essere programmata in questa maniera, cioè dando ai territori in ragione del numero di cittadini che ci sono; la spesa va programmata in ragione delle necessità del territorio. Bene ho accolto l’iniziativa del presidente della Commissione sanità di recarsi negli ospedali a vedere ciò che manca, però è stata un’iniziativa che spero porti qualche frutto anche all’interno del Consiglio, sul modo di programmare che deve vedere questo Consiglio sempre più responsabile, che deve sempre più avere l’iniziativa di questa programmazione, perché è il Consiglio che rappresenta il territorio e non la Giunta.

PRESIDENTE. Ha la parola l’assessore Minardi.

Luigi MINARDI. Condivido totalmente l’impostazione che il Presidente Spacca ha dato questa mattina alla discussione, però sento la necessità di intervenire, perché per me i fatti della Valmarecchia ci invitano a ragionare, anticipano delle cose che dobbiamo comprendere. Siamo soltanto agli inizi. Credo che assumere un atteggiamento di rinuncia a portare a casa, a lucrare qualche cosa dal punto di vista politico sia assolutamente saggio.
Ho ascoltato due colpe indicate. Una riguarda la mancata attenzione: ma siete convinti che è la mancata attenzione che ha determinato un fenomeno di questo tipo? Se io guardo l’ospedale di polo di Novafeltria c’è la guardia anestesiologica, c’è il punto nascita, c’è la chirurgia generale. Non esiste in nessun altro ospedale di polo della nostra regione. Quindi non si tratta di attenzione. Attenti, perché questo può essere demagogico nel dire comunque che c’è stata una trascuratezza rispetto a certe necessità.
Seconda questione: ho sentito dire che il titolo V ha reso flebili i confini. Ma cosa c’è oggi di più flebile di un confine, nel momento in cui tutte le relazioni assumono una gittata ben più lunga dei confini? Le nostre città non stanno più dentro i loro confini, le nostre aziende non stanno più dentro i confini, quindi non è neanche questo l’elemento di fondo. E’ un elemento importante ma è un elemento sovrastrutturale. Cosa è successo sotto? A Novafeltria vado da molto tempo, sono andato anche recentemente, ho cercato di comprendere e per me si presenta un elemento nuovo, non dico istituzionale, ma si presenta in modo dirompente un elemento nuovo nella nostra provincia, che lì ha assunto questa funzione. Elemento nuovo è la convergenza di 3-4 fenomeni. Il primo fenomeno è di tipo economico: ormai le nostre economie si sono aperte, non c’è più la società agricola che le teneva chiuse. Le nostre economie si sono aperte e questa apertura ha fatto una trasformazione formidabile della geografica economica. La geografica economica della nostra regione ormai è mutata e lì c’è il tentativo di adeguare, io dico sbagliando, il mutamento della geografia politica ed istituzionale. C’è un elemento nuovo, ed è l’importanza della valle, perché l’elemento fondamentale che determina quella rottura è la costituzione della provincia di Rimini, il grande polo di attrazione che rappresenta la città di Rimini. I cittadini della Valmarecchia cercano l’unione non con l’Emilia Romagna, con la città di Rimini e se guardiamo come funziona la nostra regione, vediamo che sta mutando la geografia istituzionale, perché si stanno formando tante nuove città lineari, che dalla costa risalgono nelle aree interne e rappresentano la vera unione economica. C’è un punto che dobbiamo comprendere, di livello sub-provinciale, che rappresenta una unità di valutazione, una unità di comportamenti, relazioni sempre più intense.
Dal punto di vista della provincia di Pesaro credo che questo rappresenti il fatto che ormai la provincia di Pesaro si configuri come tre città lineari, la cui capitale sta lungo il mare: Rimini, Fano e Pesaro, ovviamente. Ma se andiamo a guardare ogni provincia della nostra regione, nelle città della costa si sono sviluppati già, spontaneamente, dei servizi che non sono più per i cittadini di quella città ma sono per i cittadini dell’intera valle. Non c’è una valle che non abbia in fondo alla valle stessa un iper, un servizio sovracittadino; non c’è una città che non abbia in fondo alla valle dei servizi che hanno una valenza molto superiore rispetto alla dimensione della propria città. Sono città nuove che dobbiamo comprendere, che vanno al di là dei confini.
Qual è l’altro elemento? La debolezza della politica, la crisi della rappresentanza. Sta succedendo un fenomeno nella nostra regione: non c’è questione consistente nella quale noi non incrociamo, nel territorio, la presenza delle associazioni organizzate, siano esse di categoria, siano esse partiti. E’ la crisi della rappresentanza che aveva una funzione di collante.
Il futuro, a mio modo di vedere, ci impone questa valutazione, un ragionamento sul modello. Sono d’accordo con Santori, è assolutamente necessario che noi approfondiamo due questioni: la questione del decentramento e la questione della sussidiarietà, mettendo al centro della nostra attenzione il ruolo strategico e fondamentale delle città. non tutte le città sono uguali in questa regione, ci sono città medie che svolgevano funzioni di radicamento e di orientamento del territorio, che sono andate in crisi nella crisi del sistema dei servizi. Dobbiamo ricostruire quella trama e i rapporti saranno più istituzionali che tradizionalmente delegati alle associazioni di qualunque tipo, che sono importanti ma in una crisi di prospettiva come quella odierna non riescono ad orientare i territori che sono in movimento anche per cause spontanee, forti e solide come quelle economiche.

PRESIDENTE. Ha la parola, per le conclusioni, il Presidente Spacca.

Gian Mario SPACCA, Presidente della Giunta. A conclusione di questo dibattito in cui sono emerse valutazioni ispirate da concezioni differenti e da analisi profondamente differenti, diventa impossibile riprendere tutte le argomentazioni. Bisogna dire che come governo regionale le assumiamo, le valuteremo una per una, perché tutte sono fonte di meditazione, quindi devono farci riflettere anche alla luce del risultato che ieri è stato conseguito. Però vorrei riprendere alcuni elementi in rapidissima successione.
Il primo è che il tema delle aree di confine non tocca soltanto le Marche ma riguarda il Trentino con il Friuli, il Piemonte con la Valle d’Aosta, la Calabria con la Basilicata e così via. Esiste in questo momento un fronte molto ampio che è oggetto di analisi e di preoccupazione all’interno della Conferenza delle Regioni italiane e rispetto a cui ci sarà un’attenzione, una valutazione e credo anche un pronunciamento che in qualche modo ispirerà i comportamenti, mi auguro, del Governo e del Parlamento, perché questa è una materia che non riguarda soltanto la nostra realtà regionale ma riguarda tutto il contesto nazionale.
Certamente riguarda in modo particolare noi, le Marche, regione plurale, regione di identità differenti. Non è il caso che noi abbiamo messo, all’inizio di questa legislatura, il problema dell’orgoglio marchigiano come uno dei problemi che doveva impegnarci maggiormente, perché dovevamo ricostruire un humus, un sentimento che spesso non è percepito nei suoi aspetti di identità comunitaria; dovevamo ricostruirlo perché era prevalente un altro tipo di atteggiamento, quel tipo di atteggiamento che, è stato rilevato porta alcuni comuni, che non sono solo Ussita ma ben più importanti, a guardare all’Umbria, che porta alcuni comuni dell’Abruzzo a guardare le Marche forti dell’identità picena, che porta i Comuni dell’Alta Val Marecchia a guardare verso la Romagna forti di una identità storica, culturale che non riguarda solo quei 7 Comuni, perché adesso i problemi saranno noi per noi ma per la Regione Emilia Romagna che dovrà fronteggiare un progetto ben più ambizioso, finalizzato alla costruzione della regione Romagna che si stacca dall’Emilia. Quindi il problema è di una portata molto significativa, rispetto a cui è necessario fare una valutazione profonda, che non faremo soltanto noi ma che farà la Conferenza delle Regioni italiane e che farà il Parlamento.
Quindi non liquiderei, questa mattina, il dibattito con posizioni che già vengono definite pregiudizialmente, perché avremo la necessità di approfondire davvero questi problemi in una valutazione che riguarda gli aspetti di coesione delle nostre comunità.
Non credo che ci sia stata una valutazione in termini di interesse. Castelli ha fatto una riflessione buona nella sua prima parte, quando ha detto che è vero che la crisi dello Stato, l’allargamento verso l’Unione europea fa nascere più forti le identità territoriali e le valorizza, valorizza quei programmi che precedentemente erano compressi da una definizione di carattere amministrativo molto stringente, com’era quella definita dallo Stato centrale. Adesso che questo confine non si percepisce più vengono queste identità di carattere territoriale. Ma non sono valutazioni di interesse, lui ha portato un esempio che non ha motivo di essere valutato. L’analisi rispetto alla tassazione porterebbe i Comuni della Valmarecchia a rimanere nelle Marche, perché l’Emilia Romagna ha approvato un Dpef con una manovra fiscale di 240 milioni di euro, di cui il 60% sull’Irap e gli altri sull’Irpef, un’Irpef che tocca tutte le fasce di popolazione, non come nelle Marche dove l’1,4 è riferito soltanto ai redditi da 60.000 euro in su, ma che tocca tutti i redditi, anche quelli da 15.000 euro. Quindi i cittadini della Valmarecchia domani andranno a pagare più Irpef di quanta ne pagavano nelle Marche. Eppure sono andati là. Perché non c’è un interesse materiale. Circa i servizi, se prendessimo l’indicatore degli investimenti pro-capite che la Regione fa sui territori — questa è una valutazione che bisognerà fare — troveremmo degli standard, per quel territorio, molto più alti, perché sono stati garantiti servizi sanitari attraverso l’ospedale di Novafeltria, sono stati garantiti servizi di carattere scolastico: i ragazzi di Sant’Arcangelo di Romagna vengono nella scuola di Novafeltria, non è il contrario. Ma il problema è che poi i ragazzi di Novafeltria vanno a giocare il torneo di calcio e a confrontarsi con le squadre dell’altra parte della Romagna, è quello il loro bacino di riferimento.
Purtroppo, nei tanti anni non avevamo capito questo, che bisognava lavorare sull’identità. Adesso lo stiamo facendo e dobbiamo continuare a farlo perché ne va della coesione della nostra comunità regionale, quindi noi non interrompiamo il percorso che abbiamo iniziato a fare, proseguiamo su quel percorso.
Prendo pertanto la parte positiva di questo dibattito, dopo le feste, dopo Natale e Capodanno, insieme al presidente Errani sottoscriveremo questo protocollo di collaborazione, per offrire a queste popolazioni la possibilità di soddisfare i loro bisogni, le loro necessità all’interno di un quadro amministrativo che sia funzionale alle loro esigenze, dopodiché il dibattito non si esaurisce saremo chiamati a riprenderlo, ma nei termini alti che questa mattina sono stati adombrati e che hanno a riferimento un aspetto fondamentale: la coesione della nostra comunità e il rapporto che deve esistere tra i territori e le periferie, tra le città e le periferie, ma che non può essere risolto con una logica puramente amministrativa o con un dibattito esclusivamente basato su un profilo di natura politica. Esistono delle valutazioni di carattere sociologico, economico, istituzionale che qui sono state rappresentate che devono richiamare — per primi lo faremo noi, come Giunta regionale — delle valutazioni e delle modalità innovative nel modo in cui i territori si raccordano tra di loro, sia pure all’interno di un disegno che, non dimentichiamolo, è stato definito dalla Costituzione repubblicana.

PRESIDENTE. La seduta è sospesa. Riprenderà alle 15.


La seduta è sospesa alle 14,20