Resoconto seduta n.51 del 19/12/2006
La seduta riprende alle 15,00



Proposta di atto amministrativo (Seguito della discussione e votazione): «Documento di programmazione economica e finanziaria regionale (Dpefr) 2007-2009» Giunta (37)

PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione della proposta di atto amministrativo n. 37, ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il consigliere Capponi.

Franco CAPPONI. Avevo preparato una relazione, un parere ragionato su questo documento che leggerò solo per sommi capi e poi consegnerò, per evitare di ingolfare temporalmente l’Assemblea.
Il Dpefr parte da un assunto sbagliato, che è quello previsto nella legge finanziaria del Governo Prodi, che sottolinea la presenza di una situazione finanziaria gravissima per questo paese e con questa filosofia pensa di tagliare i trasferimento agli enti locali e per i servizi e via dicendo, oltre alla tassazione e quant’altro.
Queste affermazioni sono recepite totalmente dal Dpefr regionale e quindi subiamo, in questo documento soprattutto, un’influenza negativa, una valutazione negativa della finanziaria nazionale. Si è preferito appesantire il sistema fiscale, colpire il ceto medio, il mondo delle professioni e soprattutto delle PMI industriali, artigiane, agricole, commercianti e dei servizi, mentre al contrario la pressione fiscale andava modulata a favore delle famiglie e delle imprese e non dunque orientate alle tasse o entrate fiscali, dalle quali non potremo attenderci uno stimolo alla ripresa per il sistema
Italia e anche per la nostra regione.
La depressione del nostro sistema economico si sente a pelle ed è avvalorata dai pareri di tanti esperti, proprio quando, al contrario, segnali incoraggianti si osservano per le economie dei maggiori paesi industriali europei.
Noi stessi affermiamo, nel nostro Dpefr che nelle Marche, anche in prospettiva, che la crescita economica sembra mantenere un profilo meno favorevole rispetto ai riferimenti nazionali e circoscrizionali. Anche per l’export nella nostra regione si prevede una crescita inferiore a quella delle regioni vicine e del paese.
Le Marche sono dunque una delle regioni, per il suo tessuto produttivo costituito principalmente di piccola e media impresa, che maggiormente risentirà della manovra di politica economica voluta dal Governo nazionale, quando al contrario avrebbe necessitato di un forte consolidamento ed espansione della sua economia.
Ma quando si continua ad insistere sul fronte delle entrate fiscali e contemporaneamente si destinano al settore sanitario per il triennio 2007-2009, rispettivamente l’83%, a cui vanno aggiunte le mancate risorse da trasferire — noi contestiamo questo aspetto — agli enti locali per l’integrazione socio-sanitaria, che viene ulteriormente rinviata in questo Dpefr, si comprende come al di là della facile propaganda, sia impossibile sostenere adeguatamente il sistema economico regionale sia per sostenere la produttività (notevolmente più bassa rispetto ai livelli italiani e del nord-est) con investimenti in innovazione e condensazione delle imprese ed inoltre l'internazionalizzazione che non può e non deve coinvolgere solo le poche aziende leaders ma il contesto dei distretti produttivi specializzati nel calzaturiero, nel tessile-abbigliamento, nel mobile e arredamento, nel turismo, nell'agroalimentare e nelle centinaia di poli produttivi in vari settori delle PMI anche con iniziative mirate e non generaliste gestite dalle stesse associazioni di categoria o dai consorzi di imprese.
Le richieste della Casa delle libertà e le proposte di Forza Italia per l’efficienza del settore sanità mediante la sua riorganizzazione più attenta al territorio e per una razionalizzazione della spesa evitando sprechi e clientele di vario tipo, sono ancora oggi inascoltate e quindi da questo Dpefr, non possiamo attenderci risultati apprezzabili per la qualificazione della spesa sanitaria in questa regione.
Tra l’altro l’83% di assorbimento delle risorse non genera una soddisfazione nell’utenza, specialmente nelle aree interne e in quelle svantaggiate, dove i cittadini sono anche meno esigenti.
Questo aspetto produce, oltre a 50 milioni di costo di mobilità passiva, anche il coinvolgimento di circa 30.000 marchigiani insoddisfatti dell’organizzazione sanitaria.
Ecco spiegato come l'incidenza del tutto marginale degli investimenti, tra l'altro residuali, non mirati ma a pioggia, non sono di per sé sufficienti a favorire settori fondanti dell'economia regionale quali l'artigianato, la piccola impresa, il commercio e l'agricoltura, né tanto meno porre il turismo, risorsa potenzialmente importante, come fulcro della rinascita culturale, civile e socio- economica delle Marche date le enormi risorse necessarie per la sua diversificazione, qualificazione e diffusione sul territorio.
E' mancata fino ad ora una vera manovra per la ricerca e la innovazione unita ad un efficace sostegno alla PMI in termini di servizi reali e con il nuovo Dpefr, al di là di ovvie dichiarazioni di principio, non si intravedono novità sostanziali.
Mi soffermo a fare valutazioni generali, perché poi tutto quello che sarà più pratico e più incidente su questa realtà lo vedremo con il bilancio di previsione 2007.
Non è soddisfacente l’avvio di discussione generata intorno ai fondi strutturali europei: scarso coinvolgimento del territorio nella definizione dei progetti e una attenzione troppo pressante delle città: parliamo dei fondi destinati a strategie di valorizzazione dei contesti urbani, i quali si stanno organizzando, anche per la forza politica che hanno di farlo, per entrare in tutti gli assi previsti dal Por, mettendo gravemente a rischio il futuro del territorio marchigiano, soprattutto una scelta oculata degli investimenti per il rilancio dell’economia, per la ricerca, l’innovazione e l’internazionalizzazione.
Questo è un aspetto a cui saremo molto attenti, soprattutto perché non risolve i problemi legati alla vivibilità delle città ma va a risolvere solamente i problemi di bilancio di tante città marchigiane gestite dalla sinistra e che hanno dei grossi problemi di bilancio.
Questi aspetti che noi indichiamo sono stati oggettivamente focalizzati attentamente anche da tutte le organizzazioni che hanno partecipato alla fase di consultazione e audizione.
Senza riportare tutti i discorsi che hanno fatto la Confindustria, la Cgil ecc., dico solamente che questi aspetti mi preoccupano ancora di più, perché sono valutazioni assolutamente negative su questo strumento, perché, come dice Confindustria, mancanza di programmazione e di scelte precise, mancano obiettivi selezionati o ben individuati. Necessita che, gli interventi ipotizzati in particolare quelli generati da anche del fondo unico regionale e nazionale per ottenere un indirizzo strategico di crescita del nostro sistema civile, sociale ed economico. Non c’è una correlazione tra il fondo unico regionale e le strategie europee. L’incremento di spesa dell’1,6% non riguarda l’area dello sviluppo economico e assistiamo a una forte contrazione nell’area destinata ai servizi alla persona, al territorio e all’ambiente. C’è scarsa attenzione per i tre punti fondamentali richiesti da questa associazione, che sono inerenti la ricerca, l’innovazione, l’aiuto alla crescita dimensionale e all’assetto funzionale delle imprese nonché al sostegno all’internazionalizzazione.
La Coldiretti dice che necessita un interesse particolare per l’energia verde, una rigorosa applicazione del Psr...

Pietro MARCOLINI. Le osservazioni delle associazioni le abbiamo già...

Franco CAPPONI. Ma io volevo solo sintetizzare, per dire che non mi sono inventato questa cosa. Le ho lette, a volte ho anche partecipato e le ho recepite come messaggio di coesione, non di critica politica. La Coldiretti dice che c’è bisogno di una rigorosa applicazione del Psr, la necessità di una legge sulla bonifica affinché smettano gli attacchi indiscriminati al mondo agricolo nella tutela del territorio, che invece derivano da un’assenza di strategie e di investimenti al settore.
La Cgil è dissacrante nei confronti di questo documento. Dice che già è tanto il fatto che la Cisl e la Uil non siano presenti al tavolo e che nella politica industriale non si affrontano in maniera decisiva i legami legati alla dimensione d’impresa, alle esigenze dell’innovazione produttiva, all’innovazione. Dice che mancano le reti tra i centri di ricerca, l’università e il territorio. Circa il commercio c’è una critica ancora più forte: “si nota la mancanza di una vera programmazione, anche a livello provinciale, se è vero come è vero che la grande distribuzione, nelle Marche, ha il rapporto di presenza — 1.000 mq. — tra i più alti d’Italia.
L’Uncem fa mille altre osservazioni, dicendo che c’è poca attenzione da parte del Dpefr riservata alle aree montane e soprattutto tengono a precisare che non c’è una strategia sull’energia rinnovabile, sulla difesa delle risorse idriche e degli spazi idonei anche per l’insediamento di piccole infrastrutture produttive. Dicono che il problema centrale resta quello della infrastrutturazione anche delle aree interne, e parliamo di reti che non trovano soluzione in questi atti di indirizzo e dicono che manca una politica fondamentale per la manutenzione del territorio che è causa dei vari rischi che sappiamo.
Circa il turismo, nel Dpefr non c’è alcuni riferimento ai sistemi turistici locali che sono stati confermati dalla recente legge sul turismo e che rappresentano, a nostro avviso, ancora un organismo fondamentale per l’attivazione delle reti di promozione del turismo, di formazione del prodotto e di qualificazione dello stesso, diretto soprattutto agli operatori, allo sviluppo dell’offerta.
Concludo dicendo che leggendo, pochi giorni fa, un autorevole rapporto sulla nostra regione edito da Il Sole 24 Ore ci si mette fortemente in guardia, soprattutto si condanna la miopia politica di questi ultimi anni e il monopolio della gestione della sinistra di questa Regione, monopolio di potere dei Ds pesaresi — probabilmente ad alcuni addebitiamo anche questo aspetto di sottovalutazione del problema della Valmarecchia — ma anche un “anconacentrismo” che diventa sempre più asfissiante e un sistema di potere che pensa più alle alchimie della gestione del potere che allo sviluppo di questa regione. Queste sono critiche scritte in questo rapporto. Non si è pensato alla competitività che le infrastrutture potevano portare ai nostri territori e gravissimo è stato l’ostacolo posto dalla Regione e dagli enti locali ad essa interconnessi, quale la vicenda stucchevole sulla “Quadrilatero”, ma soprattutto una mancanza di forza nel sostenere tutte le reti infrastrutturali delle Marche nonché infrastrutture s strategiche quali il porto, l’aeroporto e l’interporto. Si dice altresì che la politica nelle Marche molto toglie e poco dà.
Ce n’è anche per l’opposizione. Si dice che è solo grazie ai marchigiani che le Marche continuano ad avere bei numeri, grandi talenti, una enorme capacità di assorbire i colpi tremendi che arrivano dalla globalizzazione, malgrado l’incapacità della politica di mettere in campo politiche capaci di gestirli. Se anche la politica facesse la propria parte — conclude il rapporto e anch’io concludo così il mio intervento — tagliando gli sprechi, efficientando la pubblica amministrazione, definendo una strategia condivisa di sviluppo possibile, senza l’ingessatura di pianificazioni idrologiche e burocratiche, limitative della varianza delle opportunità e degli scenari possibili, soprattutto in tema di energia, di gestione dei servizi pubblici locali, di riqualificazione del settore turistico, e se si potesse finalmente lavorare tutti di più, al fine di rendere efficaci le nostre azioni, senza nascondere la palla come si sta facendo oggi, si potrebbero migliorare le cose. Oggi questa Regione è ferma, non riesce a individuare una sua precisa strategia. Questo lo notiamo anche dagli atti che transitano in questo Consiglio, dalle proposte che vengono dall’Amministrazione, dalle proposte che addirittura le categorie sociali fanno, alla ricerca di una strada diversa, una strada precisa.
Per questa regione ci sarebbe un futuro maggiore in vantaggi e un futuro migliore per tutti e non per i soliti noti. Noi abbiamo creato una gerarchia politica inamovibile, abbiamo creato questo sistema degli incarichi e delle consulenze che ruotano ormai tra le quattro Regioni di centro-sinistra del centro Italia — lo vediamo anche nelle nomine della sanità di questo periodo: c’è un ventaglio di persone che ogni tre anni si spostano da una Regione all’altra ma sono sempre le stesse — abbiamo creato questo sistema della politica degli annunci e delle belle relazioni, come questo Dpefr che, sostanzialmente, sotto l’aspetto della redazione è un bel documento, ma probabilmente, purtroppo, non ha gli strumenti per muovere verso nuovi orizzonti per le Marche, per l’economia delle Marche e per i marchigiani.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare quindi passiamo alla trattazione degli emendamenti.
Emendamento n. 1: le parole da “la Regione aderirà” a “della società” sono da intendersi soppresse, a firma Altomeni e Binci.
Ha la parola il consigliere Ricci.

Mirco RICCI. Pur togliendo il riferimento alla mozione si dovrebbe mantenere l’orientamento di aderire a una struttura, che sarà “Quadrilatero” o altra cosa, perché le Marche e l’Umbria su questo si sono già impegnate. Rispetto a quell’indirizzo che si è preso, spero ci sia la possibilità di arrivare a una soluzione comune. Questo emendamento modifica in parte in testo, ma non lo accolgo, quindi chiedo di trovare una soluzione comune, altrimenti dovremmo votare contro.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Binci.

Massimo BINCI. Stiamo per presentare un subemendamento.

PRESIDENTE. Passiamo all’emendamento n. 2 che propone di inserire “Da un punto di vista organizzativo si rileva l’esigenza di superare il modello fondato sull’azienda sanitaria unica regionale introdotto con la l.r. 13/03 e di attivare soluzioni di riordino del sistema attraverso la costituzione di Asl provinciali” a firma Castelli e altri.
Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Nel corso della discussione generale An ha presentato tutta una serie di emendamenti che riguardano le parti del Dpefr di natura anticipatoria rispetto ai contenuti del piano sanitario regionale, metodica che è stata proposta dall’assessorato al bilancio e che a mio modo di vedere non è perfettamente condivisibile, anche perché il rischio è di anticipare i contenuti del piano sanitario, cosa che poi è regolarmente successa. Con questo nostro primo emendamento che riguarda la sanità intendiamo avviare un percorso di riflessione su un argomento rispetto al quale tantissimi consiglieri, anche di maggioranza, si dicono persuasi, anche se non sempre esiste il coraggio e la chiarezza di voler essere conseguenti fino in fondo, ovvero la necessità di superare il modello centralistico sanitario introdotto nel nostro corpo normativo e nella nostra architettura ordinamentale con la legge 13 del 2003. Nel momento in cui la Giunta regionale ha ritenuto di non confermare l’incarico al direttore generale dell’Asur e al responsabile del servizio sanità, a noi è parso di poter dire che da quell’atto di sfiducia fosse anche celata una precisa, giusta, doverosa presa di distanza rispetto a un modello centralistico che non sta funzionando. Alcuni dati, i più semplici, ci parlano di un saldo di mobilità passiva assolutamente peggiorato, di una vera e propria giungla procedurale che sta avviluppando le stesse zone territoriali. Qualche giorno fa ho segnalato il caso delle procedure per l’adozione delle determine delle zone territoriali, procedure che prevedono addirittura che i funzionari istruttori delle determine, da San Benedetto, da Fermo, da Ascoli, così come da Urbino e Fano, debbano periodicamente prendere la macchina per andare a firmare informa autentica le delibere che vengono formalmente adottate dall’Ausr, ma che provengono dal lavoro istruttorio delle zone periferiche, per non dire dei sistemi software che ancora sono irriducibilmente diversi l’uno rispetto all’altro, per non dire delle procedure in materia di gara, solo per restare all’aspetto amministrativo. Ma più in generale vi è da dire che a tre anni di distanza i risultati auspicati e sperati dalla centralizzazione secondo il centro-sinistra non solo non si sono verificati ma addirittura hanno reso ancora più caotica la gestione della sanità.
Il caso Valmarecchia va anche interpretato come un monito a un processo di centralizzazione che va ripensato.
Ecco perché proponiamo sia il superamento del modello sia le cinque Asl provinciali come proposta politica di Alleanza nazionale ma sono convinto anche di altre forze del centro-destra.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Credo che la proposta di Castelli non sia assolutamente accoglibile, nel senso che ogni volta che si parla di sanità si rimettono in discussione le strutture portanti del sistema. Credo che sarebbe opportuno che la minoranza, prendendo atto che il sistema è stato definito in un certo modo, lavori in quella direzione. Pertanto auspicherei, magari, delle critiche rivolte al funzionamento del modello come in parte ha fatto Castelli, ma ogni volta che si parla di sanità si torna sulle 4 Asl, sulle 5 Asl, ogni volta si prende spunto dal cambiamento di responsabilità per dire che il progetto è fallito, ogni volta si fa della demagogia rispetto ad un sistema. Abbiamo capito che la minoranza non è d’accordo su quel modello, ma per cortesia, se vogliamo essere costruttivi cerchiamo di attenerci ad una scelta che, pur non essendo compatibile con le prerogative politiche che prospetta la minoranza, comunque è vigente, quindi atteniamoci al sistema così com’è. Nel Dpefr ci sono le linee che riguarderanno il piano e non la messa in discussione del sistema. Pertanto ritengo che ci dobbiamo attenere al testo come è stato elaborato e non sconfinate su questioni che non attengono espressamente al sistema stesso. Tra l’altro argomentare che le nuove nomine siano state assunte come una sconfessione al modello mi pare esagerato ed è un ulteriore momento di polemica politica sterile e non di una politica costruttiva, che abbia il senso vero della situazione, di quello che si vuol fare rispetto a questo nostro sistema sanitario.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Rimettere in discussione qualsiasi modello è sempre legittimo, tuttavia oggi è del tutto improprio discutere della organizzazione sanitaria, perché deve essere fatto dal piano sociale e sanitario regionale. Non è un caso che nelle Commissioni dove noi siamo presenti, ci siamo battuti per far stralciare la parte di nuova programmazione che attiene al piano sanitario. Se si vuol fare una discussione seria, è in quella occasione che dobbiamo parlare. Se uno vuole la targhetta, l’etichetta può farlo ed è in questo senso che noi abbiamo presentato un ordine del giorno che al termine della discussione del Dpefr dovrebbe essere votato dal Consiglio.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Romagnoli.

Franca ROMAGNOLI. Vorrei ricordare a Luchetti che chi impropriamente sta parlando e anticipando contenuti di leggi e di atti sanitari, anticipando il contenuto del piano e quindi riformando l’impianto sanitario ed ospedaliero è la maggioranza, che ha inserito in maniera surrettizia ed impropria tali argomenti nel Dpefr, quindi è chiaro che la discussione si posta poi anche su questo. Quindi nessuno scandalo, tutto legittimo, come diceva Procaccini. Salvo che questa maggioranza non faccia propria la logica della finanziaria prodiana e che quindi si ponga quasi come salvifica rispetto ai mali di questa Regione e che soprattutto siate profetici, messianici rispetto al volgo che non capisce — “salveremo l’Italia, vi accorgeremo quello che faremo, ora non percepite il vantaggio delle cose” — mi permetto di ricordare che sulla censura al modello unico dell’Asur tutti si sono espressi e si sono espressi come noi. Io parlo della mia zona, parlo anche della zona di Ascoli. Le segreterie provinciali di Ascoli e Fermo Cgil, Cisl e Uil hanno emanato e stanno emanando documenti dove per primo mettono in discussione il modello Asur e dicono che bisogna ritornare alle Asl provinciali. Il modello Asur non ha risolto i problemi economici, finanziari, non ha razionalizzato e ha creato ulteriori disagi e problemi. Quindi non lo desumiamo, come è giusto anche fare, dalle vostre scelte di nomine — togliere il “padre” dell’Asur è chiaro che significa sconfessarne la creatura — ma basta ascoltare quello che voi chiamate “paese” e che noi in questo caso chiamiamo “province” e “territori”, salvo porvi voi, come qualcuno altro sta facendo, avanti con il vessillo. Ma dietro non vi segue di sicuro il popolo, a cui credo tenete.

PRESIDENTE. Do lettura del subemendamento presentato all’emendamento n. 1 a firma Binci e Altomeni: a pag. 13, dopo le parole da “aderirà a ottobre 2006” sono sostituite dalle parole “valuterà di aderire”.
Ha la parola il consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Non mi sembra neppure ricevibile questo subemendamento, perché va contro un deliberato del Consiglio regionale che ha già deciso di aderire alla società “Quadrilatero”. Quindi non è nemmeno ricevibile, non solo sotto un profilo politico generale ma anche formale, perché non possiamo assolutamente andare in contrasto con un deliberato del Consiglio. Già è in atto questo processo, quindi penso che debba essere fatta una doppia verifica: quella formale con gli uffici e quella politica con la maggioranza.

PRESIDENTE. Ha la parola il Vicepresidente Agostini.

Luciano AGOSTINI, Vicepresidente della Giunta. Chiedo una sospensione di 10 minuti per un incontro con i capigruppo di maggioranza.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di sospensione.

Il Consiglio approva

La seduta è sospesa. Riprenderà tra dieci minuti.

La seduta, sospesa alle 15,40,
riprende alle 15,50

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Binci.

Massimo BINCI. Ritiro l’emendamento, perché c’è un subemendamento che fa riferimento al programma pre-elettorale dell’Unione, in cui si parla di “Quadrilatero” e si dice “in accordo con la Regione Umbria, a condizione di salvaguardare le prerogative di Comuni e Province in materia di programmazione territoriale”, nella sua accezione più democratica, tornando alla valutazione iniziale della Regione Marche che dava precedenza all’assenso dei territori.

PRESIDENTE. Credo che ci sia bisogno di un po’ di attenzione, perché non solo non è decoroso sotto il profilo dell’educazione, ma sul piano dei lavori non è utile che un consigliere parla e ognuno pensi a cose o parli con altri senza ascoltare quello che dice, per cui è adesso necessario che il consigliere Binci o chi per lui riproponga il subemendamento all’emendamento n. 1 che, qualora accolto, farà decadere l’emendamento n. 1.
Ha la parola il consigliere Ricci.

Mirco RICCI. L’emendamento viene modificato in questo modo: “La Regione Marche aderirà alla società Quadrilatero, in accordo con la Regione Umbria, a condizione di salvaguardare le prerogative di Comuni, Province e Regioni in materia di programmazione territoriale e di garanzia da parte dello Stato circa il finanziamento completo dell’opera”.

PRESIDENTE. Pongo in votazione il subemendamento all’emendamento n. 1.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’emendamento n. 2, per appello nominale, a nome dei consiglieri Castelli, Pistarelli e Romagnoli, iniziando dalla lettera C.

Presidenza del Vicepresidente
DAVID FAVIA

Michele ALTOMENI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama.
Capponi sì
Castelli sì
Cesaroni astenuto
Ciriaci assente
Comi no
D’Anna assente
Donati no
Favia no
Giannini no
Giannotti sì
Lippi sì
Luchetti no
Mammoli no
Massi sì
Mezzolani no
Minardi no
Mollaroli no
Ortenzi no
Petrini assente
Pistarelli sì
Procaccini no
Ricci no
Rocchi no
Romagnoli sì
Santori sì
Silvetti sì
Solazzi no
Spacca assente
Tiberi sì
Viventi assente
Agostini no
Altomeni no
Amagliani no
Badiali no
Benatti assente
Binci no
Brandoni no
Brini no
Bucciarelli assente
Bugaro sì

Il Consiglio non approva

Presidenza del Presidente
RAFFAELE BUCCIARELLI

PRESIDENTE. Emendamento n. 3. Si propone di riformulare il capoverso compreso tra il rigo 15 ed il rigo 19 come segue: “Gli ospedali di rete riorientano i propri assetti organizzativi in modo tale da favorire la massimizzazione dell’utilizzo delle risorse e la qualità del servizio”. Firmatari Castelli ed altri.
Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Questo emendamento ha lo scopo di fare chiarezza su uno degli aspetti più inquietanti dell’ipotesi di revisione del piano sanitario del 31 luglio 2006 e nella prima bozza di Dpefr. In sostanza, secondo quello che abbiamo letto nella proposta originaria, poi confermata per gli ospedali di rete, questi ultimi dovrebbero organizzare le proprie attività specialistiche da distribuire secondo una logica di area vasta. Dietro questa espressione apparentemente innocua, c’è apparentemente una intenzione che potrebbe portare davvero alla drastica riduzione di servizi nei cosiddetti ospedali provinciali o di rete. Faccio l’esempio di Ascoli e San Benedetto, ma la stessa cosa vale per Macerata e Civitanova o Urbino e Cagli: l’idea che al di là delle specialistiche di base, che sono chirurgia e medicina, tutto ciò che è compreso fra queste e le alte specializzazioni, si dovrà distribuire in una logica di area vasta. Questo vuol dire che ci sarà una urologia per ospedale di rete, lo stesso discorso per pneumologia, per tutte le specialistiche. E’ evidente che siamo di fronte a un percorso di razionalizzazione drammatico, che potrebbe portare davvero all’involuzione ulteriore del sistema sanitario, che non è più compromesso solo nei piccoli ospedali che saranno oggetto di trattazione dopo, ma addirittura negli ospedali di rete che si apprestano a diventare dei grandi poliambulatori, secondo questa vertiginosa attività di centralizzazione che non solo si arresta ma addirittura si rafforza. Credo che sia assolutamente pernicioso per la sanità marchigiana pensare che gli ospedali di rete debbano sostanzialmente erogare solo medicina e chirurgia e tutto il resto si distribuisca secondo logiche che spesso e volentieri sono governate in maniera politica e secondo valutazioni territoriali che di qui a qualche tempo, con certezza potrebbero portare alla spoliazione soprattutto degli ospedali dell’entroterra. Non parliamo dei piccoli ma addirittura di quelli di rete. Abbiamo allora proposto di espungere questo aspetto dal capoverso dedicato agli ospedali di rete, alludendo sì a un’esigenza di ri-orientare i processi riorganizzativi, ma escludendo che vi sia questo destino che potrebbe davvero portare all’unificazione, di fatto, degli ospedali di rete, non in ragione di un progetto complessivo e attrezzato dal punto di vista scientifico e clinico ma in ragione di una pretesa: due ospedali avranno in sé ciò che oggi viene erogato da un solo ospedale. Io credo che si debba dire con chiarezza no e questo richiamo è opportuno e necessario soprattutto ora, perché tutti i consiglieri regionali, specie quelli di maggioranza, dovranno assumersi le proprie responsabilità rispetto a questa proposta che potrà essere in qualche modo inertizzata in quest’aula, ma che sarà nostra cura riportare e diffondere sul territorio, in maniera tale che con il voto per appello nominale, la cui richiesta già anticipo a nome anche dei consiglieri Pistarelli e Romagnoli, sappiano tutti — perché tutti debbono sapere — se addirittura dopo gli ospedali di polo, anche gli ospedali di rete dovranno subire questo effetto dimagrante che, ripeto, potrebbe portare virtualmente alla unificazione, almeno funzionale, di tanti ospedali di rete. E’ un atteggiamento secondo me sconsiderato che andrà nel senso di una ulteriore spoliazione dei presidi sanitari, ripeto non solo dei piccoli ospedali ma addirittura dei grandi ed è bene che ciascuno si assuma le proprie responsabilità al riguardo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Romagnoli.

Franca ROMAGNOLI. Aggiungo che questa parte — la pag. 143 è quella pi “incriminata” su queste direttrici per la salute — si fonda su un presupposto sbagliato: come se i livelli di offerta sanitaria, quindi le specialistiche, siano uguali da nord a sud delle Marche e quindi ci sia bisogno, come diceva giustamente Castelli, quasi di ridimensionare, cioè ci sono dei surplus e allora solo in base all’obiettivo della massimizzazione delle risorse, quindi della razionalizzazione, distribuiamo addirittura non solo in un’ottica di area vasta ma, quello che più preoccupa gli ospedali provinciali, che si trovano ad essere l’unico ospedale provinciale, come per esempio anche nella mia provincia, anche in un’ottica sovrazonale. Significa che certe specialistiche che oggi in un ospedale provinciale non ci sono, possono continuare a non esserci, perché magari un ospedale di zona — zona limitrofa, perché si introduce il discorso sovrazonale, non solo e/o area vasta, ma sovrazonale — in un’altra zona ha assegnata la specialistica di quell’ospedale provinciale e faccio l’esempio di Civitanova-Fermo o Fermo-San Benedetto. Ci sono delle carenze in questi ospedali, che di sicuro non verranno colmate. Non ragioniamo come se il mondo davvero finisse ad Ancona, perché è chiaro che ad Ancona può esserci e c’è sicuramente un surplus di certe specialistiche, di certe prestazioni ed allora l’ottica della razionalizzazione può andar bene... (Interruzione). Giannini, avete inserito la sanità nel Dpefr? Parliamo della sanità, con tutte le conseguenze che questo comporta. Ripeto, riteniamo che far finta che tutte le zone siano uguali è un’ipocrisia. Vorrei sapere le zone svantaggiate, penalizzate, che non hanno oggi quelle specialità che altre hanno, che hanno un aggravamento delle liste di attesa, che hanno una maggiore mobilità passiva o che hanno una situazione dell’emergenza peggiore di altre zone, come possono ottenere una sorta di compensazione con norme di questo tipo che vanno invece a togliere, anziché introdurre — e lì saremmo stati d’accordo — un criterio di equità. Si parla solo di massimizzazione di risorse ma non si parla di un criterio da parte vostra sempre equo e solidale che mi sarei aspettato; non si parla di un criterio di equità che si ponga prima l’obiettivo di uniformare i livelli di prestazioni, di servizi, a meno che non pensiate che questo sia già avvenuto, ma vorrei degli esempi e soprattutto vorrei che rispondeste a tutte le associazioni, alle categorie, ai sindacati che in certe zone protestano, con i tribunali del malato e tutte le sollevazioni che conoscete. Così è, perché la situazione è di grande differenziazione, sperequazione, penalizzazione per alcune. Queste direttrici vanno a peggiorare la situazione, perché sicuramente tolgono ulteriormente, anziché porsi l’obiettivo della uniformità e della omogeneizzazione delle prestazioni e delle specialità. Si dice chiaramente che le specialità verranno distribuite in un’ottica sovrazonale. Bene per chi già le ha. Ospedali come quello provinciale della mia provincia, che non ha ancora buona parte di quello che gli spetta, vorrei sapere se in quest’ottica è possibile che le abbiano o se addirittura il nocciolo essenziale di prestazioni le potrà possedere in seguito, permanendo queste direttrici.

PRESIDENTE. Prego di procedere alla votazione per appello nominale, richiesta dai consiglieri Castelli, Romagnoli e Pistarelli, a cominciare dalla lettera F.

Michele ALTOMENI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama.
Favia no
Giannini no
Giannotti sì
Lippi sì
Luchetti no
Mammoli assente
Massi sì
Mezzolani no
Minardi no
Mollaroli no
Ortenzi no
Petrini no
Pistarelli sì
Procaccini no
Ricci no
Rocchi no
Romagnoli sì
Santori sì
Silvetti sì
Solazzi no
Spacca assente
Tiberi sì
Viventi assente
Agostini no
Altomeni no
Amagliani no
Badiali no
Benatti no
Binci no
Brandoni assente
Brini assente
Bucciarelli no
Bugaro sì
Capponi sì
Castelli sì
Cesaroni assente
Ciriaci assente
Comi no
D’Anna assente
Donati assente

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 4 a firma Pistarelli e altri che propone, a pag. 143, terzo capoverso, dopo le parole “le indicazioni prevalentemente programmatorie riguardano i seguenti punti”, di sostituire il primo paragrafo con “gli ospedali di rete si confermano ospedali di riferimento dell’intera zona, per le specialità di base e per le specialistiche indicate e assegnate nel Psr”.
Ha la parola il consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Se il precedente emendamento, che era difensivo, non è stato accolto, questo che era propositivo e guardava anche in una visione prospettica, riteniamo che possa sortire la stessa cosa. Ci dispiace molto perché la discussione di oggi non è di lana caprina. Il Dpefr sarà utilizzato, almeno da parte della maggioranza, della Giunta, per dire “i paletti li abbiamo messi, avete votato”, quindi attenzione alle dialettiche che si svilupperanno per il futuro, perché se la frase si vota così com’è, non è assolutamente rassicurante quello che si vuol fare per il piano sanitario, perché qui si mettono in discussione gli stessi ospedali di rete nel senso che dicevano prima i colleghi Castelli e Romagnoli. Non è che gli ospedali di rete vivano una vita, oggi, di chissà quanta specialità diffusa nel territorio. Se si dice “tutti devono fare riferimento all’area vasta”, significa che, per esempio, oculistica a Macerata non ci sarà, perché verrà assegnata solo all’ospedale di rete di Camerino-San Severino e non ci sarà neppure l’appendice. La stessa cosa per otorino: Macerata lo perde definitivamente a favore di Civitanova. Lo vedremo, faremo attenzione, però qui c’era scritto “mettiamo un paletto: gli ospedali di rete confermano di essere gli ospedali di riferimento della zona, pertanto devono avere quelle dotazioni che il piano sanitario indicherà essere proprie degli ospedali di rete”, tutti gli ospedali di rete, perché il problema di oggi è il riequilibio.
Io spero ancora che ci sia un’apertura sotto questo profilo, anche perché sono indicazioni programmatiche, non stiamo parlando di quale e quanta specialità mettere qui o là, questo sarà dopo, ma almeno difendiamo quello che è un principio.

Presidenza del Vicepresidente
DAVID FAVIA

Pongo in votazione l’emendamento n. 4.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 5 a firma Pistarelli e altri. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Subemendamento 06. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Questo è il nodo di fondo del prossimo piano sanitario regionale. Credo che questo emendamento rappresenti un atto di grande significato politico, consigliere Solazzi, quindi mi aspetto che lei, coerentemente a quanto sostenuto in periferia dai suoi esponenti, vedi Pergola, vedi Sassocorvaro, vedi Cagli, vedi Fossombrone, voglia onorare questa linea che è stata sancita anche dal suo partito, oltre che dal mio. Forza Italia è favorevole al mantenimento degli ospedali di polo nell’attuale situazione, anzi noi andiamo ancora avanti e diciamo, così come abbiamo già chiesto, che presso gli ospedali di polo venga ripristinata la piena operatività delle chirurgie settimanali, non la chirurgia programmata ma la chirurgia con tanto di servizio di reparto. L’emendamento vale ad affermare questo principio.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Anche noi diciamo “mantengono tutti i livelli delle attività attuali”, comprese le chirurgie che sono già state trasformate in day surgery o strutture a chirurgia programmata. Nel nostro aggiungiamo anche il potenziamento delle patologie dell’anziano, perché in molti casi si è costretti a servirsi di strutture lontane dal proprio posto di residenza, perché magari non c’è una medicina dell’anziano in grado di evitare dolorosi ricoveri che molto spesso, quando si tratta di anziani con pluripatologie si possono risolvere in maniera molto difficile. Ci sono casi ormai conclamati: l’anziano muore a Jesi perché non ha più una struttura, un posto letto in grado di accogliere queste pluripatologie. Però il problema è un altro: la dizione letterale inserita nel Dpefr non è accettabile, perché dice “gli ospedali potenziano e razionalizzano l’offerta residenziale extraospedaliera, possono mantenere attività di chirurgia...” ecc. A mio avviso significa riaprire una discussione che abbiamo visto lungamente fare nei precedenti piani, che è stata fortemente contrastata. Vogliamo ancora toccare lì? Che risparmi ha fatto questa politica? Che soluzioni ha dato all’utenza? Mi fermo alla domanda, non do nemmeno risposte, per dire che vogliamo che questa formulazione nemmeno minimamente possa essere accettata in un documento di programmazione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Sarò telegrafico, per darvi il segnale di come le cose che dicevamo insieme sulla Valmarecchia, pari pari vengono riproposte in questa sede. Noi abbiamo presentato un emendamento che è il più tranquillo che si potesse immaginare. Chiediamo il mantenimento dei livelli di offerta sanitaria esistenti per gli ospedali di polo e lo facciamo forti di una convinzione: che gli ultimi tre piani regionali sanitari hanno sempre invariabilmente teorizzato la chiusura dei piccoli ospedali come misura salvifica per risolvere i problemi della sanità marchigiana. Il risultato è quello che conosciamo: un deficit sempre in aumento, in ogni caso una mobilità passiva sempre in vertiginosa ascesa.
Sono dieci anni che ci sentiamo dire che la chiusura dei piccoli ospedali è la panacea di tutti i mali. Da dieci anni ci rendiamo conto che questa strada non ha prodotto i risultati attesi, ma quel che è più grave è che noi proponiamo una cosa non dissimile da quella che ieri il Consiglio provinciale di Pesaro — non l’assemblea nazionale di An, dell’Udc o di Forza Italia — ha votato. Lungi da me il sospetto che il presidente Ucchielli e i Ds pesaresi dicano e facciano cose a Pesaro che poi allegramente smentiscono i loro colleghi di partito ad Ancona. Ecco cosa c’entra la Valmarecchia. La teoria dei due forni o delle doppie verità, se mai fosse confermata da un voto contrario di questa maggioranza al nostro emendamento sarebbe questa e lo dico anche a Vittoriano Solazzi il cui partito ieri ha sollecitato insieme alla maggioranza diessina, questo paragrafo inserito in un ordine del giorno approvato dal centro-sinistra pesarese: “gli ospedali di polo mantengano le funzioni attuali e anzi le stesse vengano possibilmente potenziate e riqualificate in un’ottica di prezioso ruolo filtro e di positiva integrazione con i rispettivi ospedali di rete”, che è né più né meno ciò che chiediamo noi. Noi questo chiediamo: mantenimento delle funzioni attuali.
Chiedo al centro-sinistra, chiedo all’assessore Mezzolani se è in disaccordo con il presidente Ucchielli e il centro-sinistra provinciale di Pesaro o se è disposto a realizzare anche ad Ancona quello che ieri avete affermato a Pesaro. Questo è un fatto di coerenza, quindi con molta serenità attendiamo il responso del centro-sinistra anconetano, nella convinzione che siate persone serie e che dunque approviate un emendamento che fa registrare questa miracolosa convergenza fra centro-sinistra e centro-destra. Quindi attendiamo, e siccome dobbiamo metterlo nero su bianco a futura memoria, chiedo la votazione per appello nominale a nome anche dei colleghi Romagnoli e Pistarelli.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Lippi.

Leonardo LIPPI. Ho partecipato ai lavori della Commissione sanità e su questo tema, quello che è risultato all’unanimità era scritto in modo diverso da come riportato attualmente nella modifica.
La Commissione sanità sugli ospedali di polo si era espressa in modo ben preciso e corretto, dicendo “per gli ospedali di polo ci riserviamo di fare degli studi approfonditi”, quindi la ricerca delle esigenze e dei servizi reali di quelle strutture legate alla popolazione che insiste su queste strutture e poi con progetti specifici calibrando gli stessi servizi per le esigenze della popolazione stessa. La sanità non è muri od ospedali, ma servizi al cittadino e bisogna mettere il cittadino al primo posto di queste esigenze. Io chiedo allora che venga riportato esattamente quello che è stato dibattuto e approvato all’unanimità dalla Commissione all’interno di questo documento, cioè che per gli ospedali di polo serve un’attenta lettura dei bisogni e successivamente si progetti l’esigenza di quella comunità che insiste attorno all’ospedale di polo, perché questa è la cosa più corretta da fare, perché in questo modo si produce risparmio per la sanità, senza fare operazioni di taglio demagogiche, che non portano a nessuna tutela della sicurezza dei cittadini che insistono in quelle aree.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Il subemendamento non è uguale all’emendamento, Castelli. Siccome stiamo discutendo del subemendamento e tu hai chiesto la votazione per appello nominale, ti ricordo che la differenza sta nel fatto che mentre da una parte si sollecita la conferma delle attuali funzioni, dall’altra Forza Italia ha chiesto, così come ha chiesto ieri al Consiglio provinciale di Pesaro, dove si è vista bocciare l’emendamento dalla maggioranza di centro-sinistra, che il nuovo piano sanitario regionale preveda la riattivazione delle chirurgie. Noi abbiamo sempre detto che il cuore di un piccolo ospedale è la chirurgia, sapete meglio di me che fatta eccezione per Amandola e per Novafeltria le chirurgie sono oggi programmate, quindi non hanno un’agibilità completa. Il nostro emendamento vuole invertire questo processo di decadimento degli ospedali minori.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Tiberi.

Oriano TIBERI. Chiedo la votazione del subemendamento per appello nominale, a nome anche dei consiglieri Giannotti e Capponi.

PRESIDENTE. Prego di procedere alla votazione per appello nominale, richiesta dai consiglieri Tiberi, Giannotti e Capponi.

Michele ALTOMENI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama.
Agostini no
Altomeni no
Amagliani no
Badiali no
Benatti no
Binci no
Brandoni no
Brini assente
Bucciarelli no
Bugaro sì
Capponi sì
Castelli sì
Cesaroni assente
Ciriaci assente
Comi no
D’Anna assente
Donato no
Favia no
Giannini no
Giannotti sì
Lippi sì
Luchetti no
Mammoli no
Massi sì
Mezzolani no
Minardi assente
Mollaroli no
Ortenzi no
Petrini no
Pistarelli sì
Procaccini no
Ricci no
Rocchi no
Romagnoli sì
Santori sì
Silvetti sì
Solazzi no
Spacca assente
Tiberi sì
Viventi assente

Il Consiglio non approva

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento n. 6.

Guido CASTELLI. Per chiarezza, ricordo che è questo l’emendamento che, sostanzialmente, riproduce ciò che il Consiglio provinciale di Pesaro ieri ha approvato con il voto del centro-sinistra. Voglio quindi verificare se nella latitudine anconetana rimane vero o meno, assessore Mezzolani, ciò che il centro-sinistra ritiene valido a Pesaro.

PRESIDENTE. Prego di procedere alla votazione per appello nominale, richiesta dai consiglieri Castelli, Pistarelli e Romagnoli, dell’emendamento n. 6.

Presidenza del Presidente
RAFFAELE BUCCIARELLI

Michele ALTOMENI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama.
Agostini no
Altomeni no
Badiali no
Benatti assente
Badiali no
Binci no
Brandoni no
Brini assente
Bucciarelli no
Bugaro sì
Capponi sì
Castelli sì
Cesaroni assente
Ciriaci assente
Comi assente
D’Anna assente
Donati assente
Favia no
Giannini no
Giannotti sì
Lippi sì
Luchetti no
Mammoli no
Massi sì
Mezzolani no
Minardi assente
Mollaroli assente
Ortenzi no
Pistarelli sì
Procaccini assente
Ricci assente
Rocchi assente
Romagnoli sì
Santori sì
Silvetti sì
Solazzi no
Spacca assente
Tiberi sì
Viventi assente

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 7 a firma Castelli ed altri: al paragrafo 8.5, rigo 20, dopo l’espressione “possono mantenere” la parola “attività” è sostituita dalle seguenti: “attualmente svolte compresa quella”.
Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 8 a firma Castelli e altri, al paragrafo 8.5 è aggiunta la seguente espressione: “Dall’eventuale attivazione di processi di fusione di presidi ospedalieri ubicati nell’area sud della regione dovrà conseguire la costituzione di una nuova azienda ospedaliera”.
Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Il Vicepresidente Agostini è stato uno dei più convinti sostenitori dell’ipotesi di riunificazione degli ospedali, in particolare faccio riferimento ad Ascoli e San Benedetto. Chiedo che nel momento in cui si verifichi questa eventualità che è allo studio di una apposita Commissione, consegua a questo processo di fusione la costituzione di un’azienda ospedaliera. Lo chiedo per due motivi. Innanzitutto perché solo nel caso in cui la fusione produca l’effetto di un’azienda ospedaliera si potrà consentire a questa nuova realtà di ospitare le alte specializzazioni, in secondo luogo perché solo l’azienda ospedaliera è lo strumento che può garantire l’autonomia di bilancio che potrebbe giustificare questo sacrificio rispetto al quale in molti si sono dichiarati disponibili. E’ evidente che la fusione di due ospedali senza garanzia alcuna circa la certezza del reimpiego delle risorse che ne scaturiscono in loco, è una pura follia. Diverso è invece il caso di prevedere che la fusione evolva verso la costituzione di un’azienda ospedaliera. Credo che questo sia un emendamento che fa chiarezza sul reale intendimento della Giunta rispetto a questo processo di unificazione tra Ascoli e San Benedetto da molti ventilato, ma su cui c’erano intenzioni non perfettamente leggibili, proprio perché non si può teorizzare l’unificazione come fosse un ballon d’essai, un caso, un argomento giornalistico e poi rinunciare ad un aspetto che è il corollario di questo processo di unificazione: la costituzione della terza ospedaliera nel sud se vi è il processo di fusione. Spero che l’assessore Agostini voglia munire del proprio conforto questo emendamento del quale chiederò la votazione per appello nominale, proprio perché è bene che ciascuno si assuma le proprie responsabilità sul territorio. Chiedo la votazione per appello nominale anche a nome di Pistarelli e Romagnoli.

PRESIDENTE. Prego di procedere alla votazione per appello nominale, richiesta dai consiglieri Castelli, Romagnoli e Pistarelli, a partire dalle lettera L.

Guido CASTELLI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama.
Lippi sì
Luchetti no
Mammoli no
Massi sì
Mezzolani no
Minardi no
Mollaroli no
Ortenzi no
Petrini no
Pistarelli sì
Procaccini no
Ricci no
Rocchi assente
Romagnoli sì
Santori sì
Silvetti sì
Solazzi no
Spacca assente
Tiberi sì
Viventi assente
Agostini no
Altomeni no
Amagliani no
Badiali no
Benatti no
Binci assente
Brandoni no
Brini assente
Bucciarelli no
Bugaro assente
Capponi assente
Castelli sì
Cesaroni assente
Ciriaci assente
Comi no
D’Anna assente
Donati no
Favia no
Giannini no

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 9 a firma Castelli e altri: al paragrafo 8.5 il capoverso compreso tra il rigo 39 ed il rigo 42 è così riformulato: “L’attuale assetto dei laboratori analisi si ridisegna secondo logiche che favoriscano la più corretta gestione del personale, delle tecnologie e degli approvvigionamenti”.
Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 10 a firma Brandoni, per la Commissione: a pag. 184, nel paragrafo “Le tratte cosiddette minori”, dopo le parole “Pergola-Sassoferrato” inserire le parole “Valutare inoltre gli interventi necessari al ripristino della tratta Fano-Urbino e quelli per la progettazione del raccordo Fermignano-Pergola”.
Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 11 del consigliere Giannini: al punto 8.10 “governo del territorio mobilità e infrastrutture” di pagina 184, sull’obiettivo “SS 77 Val di Chienti e relative trasversali — 82,3 km” nel primo periodo, sostituire dalla parola “rappresentata” alla parola “paese” l’intero periodo con le seguenti parole: “Rappresenta un’altra trasversale strategica per la regione Marche, oltre che per la provincia di Macerata, ne suoi collegamenti con l’Umbria e il resto del paese”.
Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

L’emendamento n. 12 a firma Pistarelli e altri, viene votato insieme all’emendamento n. 13 del consigliere Giannini:
a pag. 184 paragrafo “SS 77 Val di Chienti” togliere l’ultima frase nel periodo che va da “una eventuale semplificazione “fino a “rapida realizzazione”.
Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 14 a firma Pistarelli: a pag. 185 dopo le parole “Sarnano-Urbisaglia-Sforzacosta” aggiungere le parole “collegamento Tolentino-San Severino”.
Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Subemendamento 015 a firma Giannotti: dopo la parola “completamento”, aggiungere il paragrafo “complanare Pesaro-Fano”: “oltre allo studio di fattibilità già previsto è necessario inserire la realizzazione della complanare Fano-Peasro tra le priorità infrastrutturali delle Marche”
Ha la parola il consigliere Giannotti.

Roberto GIANNOTTI. Come per alcune opere della provincia di Macerata mi aspetto analogo atteggiamento per la provincia di Pesaro. Voglio solo ricordare che in questi giorni i quotidiani delle Marche hanno parlato di questa querelle e delle difficoltà fra le istituzioni pesaresi — Provincia e Comune — e la Regione Marche rispetto alla realizzazione della complanare Pesaro-Fano. Leggo la delibera di Giunta a cui Spacca fa riferimento quotidianamente, che è molto evasiva, perché dice di richiedere alla Società Autostrade la predisposizione di idonea progettazione relativamente alle opere necessarie per ottimizzare il sistema viabilistico, facendo un riferimento specifico alla progettazione. A me sembra invece che, correntemente agli impegni assunti da noi e dagli altri colleghi consiglieri regionali sia più giusto richiamare un impegno preciso a battersi affinché nel piano infrastrutturale delle Marche venga inserita questa richiesta della realizzazione della complanare.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ricci.

Mirco RICCI. Credo che si possa accogliere questo emendamento, però c’è una puntualizzazione da fare. Molto spesso è ragionevole inserire anche ciò che è finanziato o finanziabile. Noi auspichiamo la realizzazione della complanare Pesaro-Fano, però è evidente che quando si parla di finanziamento della fattibilità vuol dire che in quel caso sono risorse: vi sono già 150.000 euro per realizzare lo studio. Quello ha un senso. Quando non ci sono le risorse per realizzare l’opera si rischia di fare delle forzature. Purtuttavia, siccome rispetto a questo progetto c’è una condivisione del territorio provinciale e la spinta forte affinché questo torni ad essere, nel documento di programmazione nazionale per le grandi infrastrutture, penso sia anche equilibrato e ragionevole accoglierlo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Binci.

Massimo BINCI. Penso che il problema delle infrastrutture nelle Marche sia dovuto a una semplice questione: al fatto che non si decidono le priorità. Inserire tutte le priorità vuol dire non portare avanti nessuna priorità. Questo è quello che si sta facendo, quindi non condivido questo emendamento.

Pongo in votazione il subemendamento.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 15 a firma Pistarelli: a pag. 185 dopo il paragrafo “Bretella di collegamento fra Val Marecchia ed E45 aggiungere il paragrafo “Strada intervalliva di Macerata capoluogo”. “Questa strada collega le frazioni di Villa Potenza e Piediripa e, in parte finanziata con fondi ex legge sulla ricostruzione post bellica deve essere portata a completamento”.
Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 16 a firma Pistarelli: a pag. 201, decima riga, dopo la frase “ interventi finora attivati” aggiungere la frase “detta verifica ha mostrato la necessità di urgenti modificazioni del Pear che verranno proposte entro i prossimi sei mesi”.
Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Ordine del giorno presentato dal consigliere Procaccini: “Il Consiglio regionale delle Marche, ritenuto che l’atto amministrativo n. 37/06 fissi linee generali di programmazione mentre la declinazione più particolare sarà demandata ai singoli piani di programmazione; considerato che si è nell’imminenza della predisposizione del nuovo piano sanitario regionale, impegna la Giunta regionale a riportare la parte sanitaria di nuova programmazione prevista dall’atto amministrativo 37/06 nel nuovo piano regionale ed in particolare stralciare il capitolo integrazione della componente privata nel sistema pubblico in un quadro di compatibilità economica, perché i connotati del sistema regionale sanitario pubblico sono universalistici e devono essere oggetto del piano sanitario regionale”.
Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di atto amministrativo come emendato.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva



Ordine del giorno della seduta

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, sull’ordine dei lavori, il consigliere Ricci. Ne ha facoltà.

Mirco RICCI. Diversamente da quanto concordato, forse è necessario tornare all’ordine del giorno originario, cioè tornare a discutere la legge che riguarda la modifica dei tributi regionali, altrimenti il rischio è che, essendo alla fine dell’anno, non si abbia il vantaggio della modifica delle tariffe.

(Così rimane stabilito)



Proposta di legge (Discussione e votazione): «Disposizioni in materia di tributi regionali» Giunta (132)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 132 ad iniziativa della Giunta. Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Ricci.

Mirco RICCI. Questa proposta di legge è composta di n. 3 articoli. L’articolo 1 fornisce l’interpretazione autentica del comma 5 bis della lettera b) dell’art. 1 della legge regionale 35 del 2001. L’esigenza si è posta in occasione di risposte a quesiti sollevati in sede di prima applicazione della norma. Detta interpretazione intende ulteriormente chiarire che “per la riduzione dell’aliquota Irap al 4% prevista dalla norma a favore delle imprese aventi certi requisiti si applica a partire dal 2005 solamente nell’anno in cui si verifichino almeno una delle condizioni previste”, cioè quelle che noi avevamo previsto proprio in relazione ad alcune fasce che potevano usufruire della riduzione dell’Irap. Per esempio, se un’impresa, come individuata dalla norma, assume nuovo personale laureato specialistico per la ricerca e l’innovazione appartenente ad una delle classi di laurea previste, la riduzione dell’aliquota Irap opera limitatamente al periodo di imposta in cui avviene la relativa assunzione. E’ quindi una interpretazione di fatto autentica del comma 5 bis, lettera b) dell’articolo 1.
L’articolo 2 ridetermina, a partire dall’1 gennaio 2007, in euro 0,0181 a metro cubo la misura dell’addizionale regionale all’imposta di consumo sul gas metano e dell’imposta sostitutiva per le utenze esistenti, fissate in euro 0,0155, prevedendo una riduzione ad euro 0,0129 al metro cubo per le utenze situate nei comuni appartenenti alla zona climatica E determinate a norma dell’art. 4, comma 4 della legge 10 del 1991 ovvero nei comuni che presentano un numero di gradi/giorni maggiore a 21 e non superiore a 30 nei quali è più alto il consumo medio, per utenza, di gas metano per il riscaldamento.
Nelle Marche, come si evince dalla tabella allegato A di cui al Dpr 412/93 sono state individuate due zone climatiche, la D e la E. Sono 103 i comuni appartenenti alla zona D mentre 143 appartengono alla zona E, per un totale di 246 comuni marchigiani suddivisi secondo zona climatica.
Si tratta quindi di una rimodulazione della misura del tributo che non determina alcuna variazione in gettito per la Regione, peraltro già adottata anche da altre Regioni, come ad esempio la Liguria.
L’art. 3 fissa l’aliquota della tassa per il diritto allo studio universitario a decorrere dall’anno accademico 2007-2008, confermando la stessa misura di euro 90 prevista negli ultimi tre anni accademici, senza dover ricorrere annualmente alla legge di bilancio per determinare l’importo della tassa stessa.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. La relazione del collega Ricci sintetica — e questo è un merito, in generale — un po’ omissiva, perché non si può liquidare come interpretazione autentica una cosa che non è così pacifica. Sulla scia di quello che già l’assessore Marcolini ha sostenuto, seppure in occasione della discussione del Dpefr, cioè che sulla questione delle addizionali regionali sull’imposta di consumo del gas metano vi è una sostanziale equivalenza allo zero dell’operazione, esprimo il più forte dissenso che già anticipavo nel dibattito sul Dpefr.
Infatti oggi siamo al 5,15 di Irap, con la legge 24 del 2005 al 4,50 per alcune imprese, con una riduzione per alcune tipologie. Il problema di questa proposta di legge in discussione, è che si vuol limitare al solo anno in cui si sono verificate le condizioni questo beneficio. Attualmente, nel 2006 vi sono stati acconti Irap e le imprese si sono tarate sul beneficio, perché se hanno fatto internazionalizzazione, hanno fatto assunzioni sono tarate su quel tipo di Irap. Se ora passa questa legge, in realtà l’Irap tornerà ad essere quella ordinaria. E allora altro che interpretazione autentica, qui c’è un effetto pesante sopra le imprese, perché fino ad oggi la lettura data e anche il tenore letterale hanno detto “a decorrere da”, quindi significa che c’è una visione di prospettiva. Mi rendo conto che gli uffici hanno fatto due conti, dicono “siamo fuori dalle previsioni, perché il gettito si è ridotto di più punti rispetto a quelli che preventivavamo, ma lo si dica chiaramente, non la si passi come interpretazione autentica. Si dica che si ristabilisce e si toglie un beneficio a chi ha fatto internazionalizzazione o assunzioni, perché vale solo per un anno.
Secondo aspetto, quello del gas. L’addizionale regionale sull’imposta di consumo di gas metano prevista dalla normativa, passa da 0,0155 a 0,0181, con un aumento del 16,8%. Come fa a essere pari a zero quando si dice che la zona montana che è più fredda non avrà l’aumento. Questi sono andamenti assolutamente impalpabili. Per esempio oggi viviamo una stagione che è stata relativamente calda, sicuramente molto più calda dell’anno scorso, quindi non possiamo fare dei calcoli che possano portare, pertanto, a dire “sono tendenti allo zero”, i consumi, no n è così.
In realtà il secco dato matematico dice che c’è un aumento e la previsione sarà quella di 2 milioni di euro di gettito in più. Se su 2 milioni di euro di gettito in più non ci sarà la somma pari a zero, è una previsione fatta sui consumi, differenziando le zone montane da quelle marine. Tra l’altro la zona montana ha una densità abitativa molto differente rispetto a quella marina, quindi l’impatto sulle province marchigiane sarà sicuramente sfavorevole al cittadino marchigiano in genere. Se salvaguardiamo le zone dell’entroterra, questo ci fa piacere, ma il marchigiano, a cui dobbiamo sempre tendere con uno sguardo d’insieme, perderà seccamente circa sui 2 milioni di euro. Comunque lo vedremo il prossimo anno, assessore. Se poi si toglie una piccola parte di territorio, perché le zone fredde sono meno rispetto a quelle costiere, per popolazione, non può essere la somma pari a zero.
Terzo elemento, quello dell’Ersu: su questo nulla quaestio perché è solo una questione di natura formale: ogni anno ripetiamo che l’imposta sui servizi erogati dagli enti è quella, ogni anno lo dobbiamo ripetere, non lo facciamo più perché si dice “da oggi è questo”. Se poi cambierà per il futuro, allora ci dovrà essere l’intervento legislativo. Però sulle altre due questioni siamo assolutamente contrari a far passare questo atto come neutro nei prodotti matematici, neutro nelle indicazioni, addirittura interpretazione autentica. Così non è, così non sarà, si accettano scommesse sin d’ora.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Capponi.

Franco CAPPONI. Si può cambiare idea? In materia di tassazione, in questa regione speravamo proprio di no, dopo le affermazioni così dogmatiche del Presidente. Ma non ci dobbiamo più stupire di nulla, perché vista la storia della finanziaria, dove si è cambiato per 348 volte le previsioni, ci dobbiamo aspettare di tutto.
Ritengo di dover sottolineare quello che diceva Pistarelli. Noi abbiamo fatto delle affermazioni forti per cui non si sarebbero più aumentate le tassazioni e questa operazione non è assolutamente a costo zero per i marchigiani. Non dico che ho i conteggi a posto, devo dire comunque che noi abbiamo un “naso buono”, perché non ci siamo mai sbagliati sul conto finale, sul deficit annuale di questa Regione. Quando lei diceva “deficit zero”, erano 140 milioni di euro, quest’anno saranno 200. Noi abbiamo stimato che ci sarà un costo per la comunità marchigiana. E’ uno dei modi soft e probabilmente furbescamente studiati per ottenere un gettito senza farlo vedere. Comunque l’aumento medio va dal 17 al 20% e anche la tassa per gli studenti universitari aumenta del 20%. Questo porta sicuramente dei problemi ad alcune economie e ad alcune famiglie. Se avevamo previsto che la manovra finanziaria era ad effetto zero per i cittadini delle Marche, questo non è più, perché questo è un effetto di quella manovra che Prodi ha fatto e che impegna la regione a reperire ulteriori risorse per portare avanti i propri programmi, fra l’altro non effettivamente molto qualificati.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Normalmente riconosco all’assessore Marcolini un particolare eloquio, una proprietà lessicale significativa e lo dico senza ironia. Devo dire che, a mio modo di vedere, questa legge non l’ha scritta lei, perché è una legge di stampo post-giustinianeo. I miei colleghi capiscono cosa voglio dire. Il corpus iuris civilis è frutto non tanto di norme positive codificate in un dato momento quanto dei depositi che si sono via via sedimentati nel tempo. Delle interpretazioni che venivano date dai giureconsulti, dai vari pandettisti, ne veniva fuori un qualcosa di omogeneo per una società pre-moderna. Mi chiedo, assessore Marcolini — lei è una persona attenta alla forma — a chi è venuto in mente di fare una legge che contiene l’interpretazione di una legge. Io credo che siamo veramente all’assurdo formale e logico: una legge interpretativa di una legge. Siccome la forma spesse volte è sostanza, questo la dice lunga sul modo raffazzonato con cui si fanno le cose, soprattutto in riferimento al provvedimento di cui dopo parlerò per 30 secondi.
Le nostre proposte e la nostra valutazione critica rispetto a questa legge post-giustinianea, sono che i livelli impositivi fiscali, per quanto riguarda l’autonomia tributaria di questa regione, sono dal 2001, nelle Marche, ai massimi livelli consentiti e anche più, almeno per tre anni.
Oggi, rispetto al dato che nel 2001 ci aveva indotto la famosa manovra finanziaria, sono cambiate due cose. Primo, la manovra finanziaria era stata giustificata in ragione della necessità di superare, di coprire, di risolvere il deficit sanitario, oggi ci dice l’assessore Marcolini, quel problema è sostanzialmente risolto ma le tasse per affrontare il problema rimangono. C’è qualcosa che non va.
La crescita economica, che qualcuno chiama “ripresina”, altri parlano di “piccolo boom” — le valutazioni di Confindustria di ieri hanno riempito le pagine dei giornali su cui tratteggia in maniera più o meno ponderosa questa crescita, che comunque c’è — sta portando — lo dice anche Marcolini nel Dpefr — a delle previsioni di gettito che aumentano. A parità di addizionale, ci dice Marcolini, aumenterà il gettito. Noi dobbiamo allora renderci conto del motivo per cui cambiano le ragioni che inducono alla super tassazione che ci porta a giungere fino ai massimi consentiti, poi non si torna più indietro, malgrado di sia raggiunto sostanzialmente l’obiettivo della sistemazione del deficit sanitario, malgrado la crescita consente un incremento di gettito. Questo è il punto che ci ha portato a fare tutta una serie di emendamenti tesi a ripristinare le misure ordinarie del prelievo Irpef, del prelievo Irap, della soprattassa regionale sul bollo auto. Questi sono i tre momenti fiscali che sono stati azionati nel 2001, che hanno portato questa regione a raggiungere il record poco invidiabile di regione più tassata d’Italia, e che oggi provocatoriamente, ma richiamandoci a questa situazione di crescita e di superamento del problema del deficit sanitario, riproponiamo con forza, per motivi che si collegano anche a delle valutazioni che derivano dall’ultima finanziaria. L’altro ieri Il Sole 24 Ore ha ricordato come nelle cosiddette “Regioni-canaglia”, quelle che hanno sforato i livelli sanitari e che avranno lo stesso livello impositivo che noi abbiamo da quattro anni nelle Marche, l’effetto benefico — quindi anche nelle Marche — del taglio del cuneo fiscale sarà diminuito del 60%. Questo vuol dire che le promesse e le assicurazioni di Prodi per quanto riguarda il beneficio indotto dalla finanziaria nazionale saranno drasticamente ridimensionate proprio in quelle Regioni comprese le Marche, che non è una “Regione-canaglia” ma che ha gli stessi livelli impositivi. Ecco cosa tate combinando mantenendo questi livelli fiscali assolutamente insopportabili, arrivando fra l’altro, assurdamente, a intervenire su quelle agevolazioni dell’Irap che, in nome dell’esigenza di far cassa, si andranno a modificare in maniera radicale, perché stabilire in una legge che a decorrere dal 2005 l’imprenditore che assume personale laureato avrà uno sgravio Irap del 4,50 a decorrere dal 2005... No, no, non richiamatemi ai tempi, perché queste sono cose serie, che dovete andare a spiegare agli imprenditori. Gli imprenditori nel 2005 hanno assunto personale contando su una legge che dice che da quel momento avrebbero goduto di un’Irap al 4,50, hanno pagato l’acconto Irap del 2006, quello di giugno e quello di luglio contando si quella legge. A fine anno cambiate le regole del gioco e dite loro che quella assunzione godrà di una premialità solo relativamente all’anno scorso. Dal 2006 è finita. Questa è una truffa, una cosa contro legge, perché non può essere una norma interpretativa a stabilire che un beneficio fiscale si esaurisce e non si applica al periodo d’imposta in cui addirittura la legge viene cambiata, con l’interpretazione autentica. Questo è contrario anche allo statuto del contribuente, che tra le altre cose prescrive che le innovazioni in peius della normativa fiscale non possono produrre effetti per i periodi antecedenti a quelli in cui è stata approvata la legge stessa.
Mi chiedo allora se questa è una cosa seria. Non ritengo che sia una cosa seria, è un motivo valido per fare ostruzionismo contro questo provvedimento, non senza indicare anche alcune linee e io spero che anche le componenti della cosiddetta sinistra estrema possano valutare, ad esempio, se approvare o meno un emendamento propositivo che abbiamo elaborato, che va nel senso di estendere il beneficio Irap a chi stabilizza il rapporto di lavoro di persone che lavorano con contratto a tempo determinato e con contratti di collaborazione a progetto. Allora capiremo se l’esigenza di stabilizzare la grande e giusta crociata contro la precarizzazione del lavoro, è o meno avvertita in maniera seria e concreta anche da questo Consiglio regionale. Noi abbiamo proposto che l’agevolazione Irap, che porta fra l’altro l’Irap a 25 centesimi in più rispetto alla media nazionale, possa essere spesa favorendo la stabilizzazione dei rapporti di lavoro. Su questo sfido il centro-sinistra da sinistra e capiremo se questa maggioranza si è ormai imbolsita nelle continue logomachie interne o voglia invece ridare u po’ di dignità a questa Assemblea, grigia perché è grigia, sorda perché è sorda, ma che non deve perdere la dignità, per lo meno, di pensare anche cinque secondi sul fatto che, al di là dei diktat di maggioranza, esiste anche un’esigenza, che è quella di valutare liberamente ciò che è giusto fare per la comunità.

PRESIDENTE. Passiamo agli articoli.
L’emendamento n. 1 a firma Castelli e altri, propone di abrogare l’articolo 1.
Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Sulle tasse bisogna essere seri. Siccome i cittadini che ci votano le pagano, io mi sento onorato, nonostante l’ora, di parlare e di dire che la prima proposta, che è sicuramente una proposta forte, è quella di cancellare la norma post-giustinianea, che in virtù di una glossa — penso che questo sia un altro record negativo della Regione Marche — è una legge che introduce la norma interpretativa di un’altra legge. Questo è un fatto formale e sostanziale e anche per questo chiediamo di cancellare l’art. 1, che poi è quello che limita al solo anno 2005 il beneficio fiscale che era stato in precedenza assicurato alle imprese che avessero fatto certe cose, a decorrere dal 2005. Lo statuto del contribuente è chiaro a questo riguardo: non è consentito approvare, introdurre nell’ordinamento norme in materia fiscale di tenore retroattivo. E’ un fatto di civiltà liberale, nel senso nobile del termine.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento 1.

Il Consiglio non approva

Articolo 1. Emendamento n. 2 dei consiglieri Castelli e altri: sostituire l’articolo 1 con il seguente: «I commi 3, 4, 5 bis dell’art. 1 della legge regionale 19 dicembre 2001, n. 35 sono abrogati e sostituiti dal seguente comma: “A decorrere dall’anno 2007 l’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (Irap) di cui all’art; 16, comma 1 del d. lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 è fissata al 4,25%”»
Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Si vuol ristabilire nelle Marche la misura ordinaria dell’aliquota Irap vigente prima del dicembre 2001, incrementata inverosimilmente fino al 5,25 e poi portata al 5,15 nel corso di questi anni. Le motivazioni sono connesse innanzitutto al fatto che il disavanzo sanitario che aveva motivato l’introduzione di questa super Irap risulta, a detta dell’assessore, superato. In secondo luogo la crescita economica consente di prevedere gettiti comunque importanti e storicamente vicini a quello che è il livello di introito che abbiamo segnato negli ultimi tre anni. In terzo luogo è quello che accade nella stragrande maggioranza delle regioni d’Italia, dove è vero, come diceva Spacca, che in Emilia Romagna il 15 novembre hanno introdotto l’Irap al 5,25, ma sapete per chi? Per i petrolieri, per chi lavora alle scorie nucleari, per gli intermediari finanziari e da noi al 5,15 pagano quel 90% di imprese che si occupano di... (Interruzione). Ora parlo dell’Irap, poi parleremo dell’Irepf. Dicevo, petrolieri lavoratori del polonio 110, intermediari e operatori finanziari. Questa, in Emilia Romagna, che segna le magnifiche e progressive sorti dell’Italia secondo quello che anche in Valmarecchia ritengono, è la previsione del 5,25. Dopo che il disavanzo sanitario è superato, dopo che le norme del cuneo fiscale potrebbero essere vanificate nelle Marche, per effetto di questa super Irap, è venuto il momento, per il centro-sinistra di essere coerenti? So benissimo quale sarà l’esito della votazione, però non dismetto la volontà di porvi di fronte alle vostre responsabilità.

Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Subemendamento 03: dopo la parola “assunzione” è aggiunto il seguente comma: «Al comma 5 bis, lettera b) dell’art. 1 della legge regionale 19 dicembre ,. 35 è aggiunto, dopo il punto 4.2, il seguente punto 5: “stabilizzato personale già utilizzato in forza di contratto a tempo determinato e di collaborazione a progetto presso la sede o impianto ubicato nel territorio regionale. Di conseguenza la rubrica dell’articolo è integrata dalle seguenti parole: e modifica il comma 5, lettera b) dell’art. 1 della legge regionale 35/2001”».
Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Vorrei fare un appello al gruppo di Rifondazione comunista, al gruppo Verdi e al gruppo Comunisti italiani. Qual è la finalità che si prefigge questo subemendamento? Che siano estese le agevolazioni al 4,50 per le imprese che stabilizzano il personale che già è in forza nelle aziende, per effetto di un contratto a tempo determinato o di una collaborazione a progetto. Noi diciamo all’imprenditore, nel caso in cui tenda ad esercitare questa facoltà, che esiste una premialità, che si riconduce comunque a un livello di esazione Irap superiore alla media nazionale comunque — perché parliamo del 4,50 — nel caso in cui vi sia la volontà di stabilizzare un lavoratore. Sulla precarietà Rifondazione comunista, Verdi e Comunisti italiani si sono spesi molto, leggiamo del famoso emendamento sui “conti dormienti” che dovrebbero alimentare addirittura un progetto ben diverso di stabilizzazione dei precari della pubblica amministrazione, quindi chiedo ufficialmente e formalmente a tutta la minoranza, che venga appoggiato un emendamento che non ha natura particolarmente pregiudizievole degli equilibri economici della nostra regione ma che va nel senso di favorire il radicamento di rapporti di lavoro stabili. Proprio per l’importanza di questo emendamento, chiedo a nome anche di Pistarelli e Romagnoli, la votazione per appello nominale.

PRESIDENTE. Prego di procedere alla votazione per appello nominale, richiesta dai consiglieri Castelli, Pistarelli e Romagnoli, a partire dalla lettera P.

Guido CASTELLI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama.
Petrini no
Pistarelli sì
Procaccini no
Ricci assente
Rocchi no
Romagnoli sì
Santori sì
Silvetti sì
Solazzi no
Spacca no
Tiberi assente
Viventi assente
Agostini no
Altomeni astenuto
Amagliani astenuto
Badiali no
Benatti no
Binci no
Brandoni astenuto
Brini assente
Bucciarelli no
Bugaro sì
Capponi sì
Castelli sì
Cesaroni assente
Ciriaci assente
Comi no
D’Anna assente
Donati no
Favia no
Giannini no
Giannotti sì
Lippi sì
Luchetti no
Mammoli no
Massi sì
Mezzolani no
Minardi assente
Mollaroli no
Ortenzi no

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 3 dei consiglieri Castelli ed altri: all’articolo 1 l’espressione compresa tra la parola “limitatamente” e la parola “norma” è sostituita dalla seguente: “Limitatamente al periodo di imposta in cui si verifichi almeno una delle condizioni indicate ai numeri 2), 3) e 4). Nel caso di cui al numero 1) la riduzione dell’aliquota Irap al 4,50% si estende anche alle dieci annualità successive a quella in cui si è effettuata l’assunzione”.
Ha la parola il consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Se di interpretazione autentica si deve parlare, questo è il contenuto dell’interpretazione autentica, che tutte le categorie hanno sempre dato alla norma sull’Irap e che dovranno continuare a dare in questo senso, cioè in senso a loro favorevole, o n sfavorevole. Ecco allora che gli appelli precedenti potevano essere un guardare troppo avanti, questa è la realtà. Perciò se siamo in linea con questo tipo di ragionamento, cioè che è un beneficio da dare a quelle imprese che hanno effettuato ed effettuato assunzioni, diamo questa interpretazione, rientriamo nei ranghi e non spostiamo le questioni per rifare ancora drenaggio fiscale nella nostra regione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l’articolo 1.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 4 a firma Castelli e altri. Dopo l’art. 1 è aggiunto il seguente articolo 1 bis: “I commi 1 e 2 dell’art. 1 della legge regionale 19 dicembre 2001, n. 35 sono abrogati”.
Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Con questo emendamento propongo di eliminare la soprattassa regionale introdotta nel nostro regolamento a carico degli automobilisti residenti nelle Marche sempre nel dicembre 2001. Correva l’anno della emergenza del disavanzo sanitario e fra le tante misure draconiane la Regione Marche guidata allora dal Presidente D’Ambrosio propose un aumento che oggi è del 7,98%, cioè gli automobilisti marchigiani pagano un bollo che per effetto di questa disposizione nella sua misura di 2,50 euro al kw viene moltiplicato per 7,98%. Vi ricordo che questa misura ha riguardato solo 5 Regioni in tutto l’insieme dello Stato italiano. Cosa succede ora? Succede che per effetto della finanziaria nazionale che ha inasprito il costo del bollo, gli automobilisti marchigiani hanno un effetto moltiplicatore doppio, sicché aumentando la base su cui calcolare poi successivamente il bollo, arriviamo a delle somme assolutamente stratosferiche. Se è vero che il 90% dei titolari di automobile nelle Marche sarà colpito dall’incremento prodiano del bollo, nelle Marche l’incremento sarà più che doppio, a carico, in particolare, di coloro i quali non si possono comprare le macchine euro 4 ed euro 5 che hanno un trattamento di favore, ma soprattutto a carico di coloro che, pur potendo contare sugli 800 euro di incentivo del Governo, certo non hanno migliaia di euro per comprarsi la macchina. Noi proponiamo che, proprio per effetto di questo incremento di gettito che comunque vi sarà, la Regione Marche rinunci al super bollo regionale che oggi è pari all’8%.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 5 dei consiglieri Castelli ed altri. Ha la parola il consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Abuserò della vostra pazienza, ma voglio verificare se, come nel caso dell’ordine del giorno della Provincia di Pesaro, la sinistra gode a sbranare se stessa, perché voglio dimostrare a tutti che la sinistra, in questo, è una sinistra “pataccara”. Vedete questo volumetto? E’ il collegato alla finanziaria. Il collegato alla finanziaria, decreto già approvato sul finire di novembre, prevede una facoltà delle Regioni, che è quella di esentare dal bollo auto le macchine che hanno la doppia alimentazione benzina/Gpl oppure che hanno la sola alimentazione Gpl. Siccome lo dicono Prodi, Damiano, tutta la sinistra vuole questo “aggeggio”, io ho preso quello che ha detto Prodi e l’ho inserito in questo emendamento. Voglio allora sapere se questo centro-sinistra appartiene alla San Marino del centro-sinistra, una repubblica a sé, o se dà seguito a ciò che il Governo Prodi ha così faticosamente elaborato. Quindi propongo la votazione su un meccanismo ripreso testualmente dal decreto collegato alla finanziaria e in particolare per quanto riguarda i commi dell’art. 1249 e seguenti che riguarda la possibilità di esentare per cinque annualità successive i detentori di veicoli nuovi a doppia alimentazione, benzina/Gpl o benzina/metano e/o i veicoli immatricolati anche prima dell’entrata in vigore di questa legge, su cui viene installato un sistema di alimentazione a Gpl o metano. E’ una norma prevista dal collegato Prodi ed è una norma che va nel senso di ridurre l’inquinamento da polveri sottili. Vediamo se è più forte l’esasperazione fiscale o la coerenza tematica su questi argomenti.
Chiedo la votazione per appello nominale a nome anche di Silvetti e Capponi.

PRESIDENTE. Prego di procedere alla votazione per appello nominale, richiesta dai consiglieri Castelli, Silvetti e Capponi, partendo dalla lettera F.

Michele ALTOMENI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama.
Favia no
Giannini no
Giannotti sì
Lippi sì
Luchetti no
Mammoli no
Massi sì
Mezzolani no
Minardi assente
Mollaroli no
Ortenzi no
Petrini no
Pistarelli sì
Procaccini no
Ricci no
Rocchi no
Romagnoli sì
Santori sì
Silvetti sì
Solazzi no
Spacca no
Tiberi assente
Viventi assente
Agostini no
Altomeni no
Amagliani no
Badiali no
Benatti no
Binci sì
Brandoni no
Brini assente
Bucciarelli no
Bugaro sì
Capponi sì
Castelli sì
Cesaroni assente
Ciriaci assente
Comi no
D’Anna assente
Donati no

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 6 a firma Castelli e altri. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l’articolo 2.

Il Consiglio approva

Articolo 3. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 4. Si tratta della dichiarazione d’urgenza. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di legge. Ha la parola l’assessore Marcolini.

Pietro MARCOLINI. Per risparmiare tempo abbiamo rinunciato alla replica per il Dpefr, anche se la discussione è stata ampia, in gran parte documentata. Oggi stesso la Giunta è impegnata per approvare, come tradizione, il bilancio prima della fine dell’anno, quindi le prime settimane del prossimo anno saranno l’occasione più propria per intervenire nei meccanismi di merito su cui si è appuntata tanta preoccupazione, tanta critica e anche tanto motivo di polemica.
Due dati a recuperare quella discussione. Uno riguarda l’aumento da 120 a 200 milioni dell’area risorse umane e strumentali. C’è solamente una sopravvenienza attiva che lei ricordava in un altro capitolo, che sono gli 80 milioni del Dpcm. Quindi, 200 Milioni depurati degli 80 milioni fanno esattamente l’aumento delle risorse umane e strumentali.
La seconda questione riguarda invece un’osservazione che faceva Viventi, che non vedo più questa sera, che richiamava l’attenzione del preventivo rispetto al consuntivo. Ha perfettamente ragione, anche se il preventivo promette, programma delle cose e il consuntivo le rendiconta. Mi permetto di sottolineare il fatto che è stato certificato da Moody’s in un comunicato che domani mattina renderò ufficiale e che non è stato tenuto nel cassetto come vagheggiava il consigliere Castelli tre giorni fa. Conserva il profilo stabile per la congiuntura e per la prospettiva. In tale documento si dà atto che tranne per le risorse libere, in modo particolare quelle da alienazioni, le previsioni sono puntualmente rispettate, soprattutto per quello che riguarda le entrate sono millimetricamente rispettate.
Terza osservazione volante, che avevo avuto modo di fare, seppure informalmente, al consigliere Castelli, riguarda l’andamento del gettito. Ripeto ancora una volta che non c’è movimentazione delle aliquote fiscali, anche se non considero criminale l’utilizzo della manovra fiscale. Ripeto che a tutt’oggi le aliquote fiscali sono rimaste intatte: aumenta il gettito della tassa di circolazione unicamente perché aumenta il parco rotabile sottoposto a tassa di circolazione, aumenta la cilindrata media, per un fenomeno di costume che spinge verso le alte cilindrate, quindi aumenta anche il gettito, di un milione. Gli aumenti di 4 milioni riferiti alle entrate generali fanno riferimento esattamente a quell’1% scarso che, in derivazione all’aumento del Pil, che ancora viene previsto per l’1,4 dagli organismi econometrici, e pure ribassato dall’1,7, in frenata, si va verso l’1,4, da 299 si passa a 303, con poco più dell’1%, in linea con tutte le previsioni generali.
Venendo al documento altrettanto sinteticamente, nei tavoli di negoziato per l’interpretazione autentica dell’Irap abbiamo lavorato con gli artigiani e con gli industriali, stabilendo che le agevolazioni previste per l’Irap fossero inevitabilmente vincolate a un comportamento positivo che meritava un apprezzamento premiale. Faccio due esempi per tutti: l’impresa che esporta più del 50% non è che, perché raggiunge in un anno quel risultato, ha stabilmente lo sconto dell’1% dell’Irap, l’impresa che assume due dipendenti non è che per tutta la vita ha uno sconto di Irap dell’1%. La norma è permanente, quindi viene confermata, ma ovviamente può essere ripetuta se viene ripetuto il comportamento virtuoso, ma voi capite bene che non sarebbe assolutamente possibile concepire il contrario.
Terza questione su cui si è aperto un dibattito che non abbiamo la possibilità e il tempo di chiudere questa sera, la manovra sul metano. Voglio rassicurare tutti che la manovra ha un valore ambientale ed energetico e al di là dei calcoli che abbiamo fatto, evidentemente in maniera diversa, che portano a risultati diversi, noi stimiamo che ci sarà qualcosa come 400-600 mila euro. Può darsi che ci stiamo sbagliando noi e che calcoli più raffinati portino a un aumento del gettito di due milioni, vorrei sottolineare come è impegno della Giunta, qualora ci fosse questo auspicato o temuto aumento del gettito, la differenza fra entrate e uscite possa essere destinata a misure volte alla stabilizzazione di personale precario oppure a misure energetico-ambientali, che mi pare, vista la teoria di emendamenti presentati anche dall’opposizione, significhi intercettare anche i vostri desiderata. Ripeto, se il gettito a consuntivo dovesse rivelarsi superiore alla stima che noi abbiamo fatto, la differenza può essere indirizzata a politiche positive.
Non dico niente invece per il diritto allo studio universitario, perché la norma non è stata criticata ed è stata compresa da tutti, rimandando a un approfondimento analitico e anche a una analisi di contesto, a una imminente discussione in bilancio.
Condivido la considerazione che molti hanno fatto circa l’utilità del Dpefr, che se viene a slittare per arrivare alla vigilia della discussione sul bilancio perde la propria utilità il carattere preliminare e indicativo del Consiglio nei confronti della Giunta, tanto da metterne in discussione l’utilità.
La riforma della legge 46 a livello regionale e la riforma della 76 sul piano nazionale ci darà indicazione.
In ogni caso non è possibile aprire una discussione con documenti che si realizzano durante il mese di agosto e vanno in discussione durante il mese di dicembre. Non è utile perché diventa una discussione-omnibus difficilmente governabile perché nel Dpefr c’entra tutto e il contrario di tutto. Si tratta, caso mai, di stabilire delle sessioni tematiche sui principali documenti di programmazione, che sono il documento strategico territoriale, il documento strategico preliminare, il piano sanitario regionale. Su questi, insieme al bilancio, nelle prossime settimane il confronto proseguirà.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini per dichiarazione di voto.

Cesare PROCACCINI. Le considerazioni svolte adesso dall’assessore Marcolini sono significative. E’ apprezzabile lo sforzo demolitore che alcuni consiglieri del centro-destra fanno. A me pare che sia mancante una proposta alternativa, perché chi ha una cultura e una politica di governo la deve esercitare anche quando non è al governo. Voi dovete dire dove prendereste le risorse quando indicate di diminuire le entrate, perché nel 2001, fino al 2004 voi vi siete caratterizzati come i rappresentanti della rivolta fiscale, contro le addizionali Irpef per i redditi alti, avete agito per istigare le categorie per una visione egoistica della società, non inclusiva e solidale, ed oggi fate la demagogia sul bollo auto e sulle precarietà. Questa è una cosa che non fa onore al Consiglio regionale. Occorre invece confrontarsi su progetti politici e alternativi e le considerazioni della Giunta regionale ci fanno votare in maniera convinta la proposta di legge n. 132.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Caro capogruppo Procaccini, ti conosco come persona corretta, questa volta sei andato un po’ oltre il seminato, perché qui e ora possiamo dire che queste nostre proposte sono state tutte in grado di individuare un percorso, anche perché il punto di partenza era ed è — l’ha detto l’assessore Marcolini, che ringrazio per la chiarezza e per lo sforzo di confronto democratico che ha fatto prendendo la parola malgrado l’aula — che questa manovra è a invarianza. Non diciamo qualche cosa che va in contrasto con una impostazione coerente, costruttiva e di governo, perché siamo stati animati, in maniera uguale e contraria, naturalmente, dalla stessa impostazione. L’assessore Marcolini ci dice che questa è una manovra a invarianza rispetto al gettito tributario e fiscale complessivo, noi diciamo che questa manovra non è a zero, la vogliamo riportare a zero dando benefici a certe categorie o a imprese che fanno stabilizzazione.
L’assessore non ci è venuto totalmente incontro ma non ha neppure chiuso la porta come stai facendo adesso tu, perché ha detto “se ci sarà effettivamente qualche cosa di diverso rispetto alle nostre proposte, parleremo di stabilizzazione, parleremo di meccanismi virtuosi come quelli del gas metano”.
Pertanto respingiamo al mittente le accuse e votiamo convintamente contro questa manovra.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di legge nel suo complesso.

Il Consiglio approva



Proposta di regolamento (Votazione): «Regolamento per il trattamento dei dati sensibili e giudiziari della Giunta regionale, delle aziende del servizio sanitario regionale, degli enti e delle agenzie regionali e degli altri enti controllati e vigilati dalla Regione in attuazione del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (articolo 20, comma 2, e articolo 21, comma 2» Giunta (7)

PRESIDENTE. Mi viene fatto presente che c’è da votare, in quanto ha delle scadenze molto precise, la proposta di regolamento n. 7, sui dati sensibili. Se non ci sono obiezioni, procediamo alla votazione degli articoli.
Articolo 1. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 3. Emendamento n. 1. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 3. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’articolo 3 emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 4. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 5. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di regolamento nel suo complesso.

Il Consiglio approva




Proposte di legge (Discussione e votazione):
«Disposizioni in materia di riordino della disciplina dell’Istituto nazionale riposo e cura per anziani (I.N.R.C.A.)» Giunta (123)
«Disposizioni in materia di riordino dell’Istituto nazionale di riposo e cura per anziani» Rocchi (111)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le proposte di legge n. 123 ad iniziativa della Giunta e n. 111 ad iniziativa del consigliere Rocchi.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Luchetti.

Marco LUCHETTI. Presidente, colleghi, con questa proposta di legge si pone fine ad una lunga storia che ha coinvolto il nostro Irccs, cioè l’Inrca, da 12 anni commissariato parimenti a tutti gli altri 14 Irccs pubblici che hanno avuto una vicenda piuttosto strana dal punto di vista istituzionale, in quanto per 12 anni hanno avuto la guida di un commissario nominato direttamente dal ministro.
Per quanto ci riguarda, questa lunga storia ha portato il nostro istituto ad una condizione assolutamente diversa da quella che originariamente lo ha contraddistinto come un istituto di riferimento per le cure e per la ricerca geriatrica. Infatti negli anni ‘70 e ‘80 l’Inrca vantava una posizione di riferimento importantissima in ambito nazionale e internazionale grazie alla sua capacità di esprimere ricerca e grazie anche alla enorme fama che si era conquistato anche al di fuori dell’Italia.
Questa situazione di commissariamento ha inevitabilmente paralizzato l’attività dell’Inrca e il succedersi di più commissari ha determinato quella che potremmo definire una involuzione organizzativa dell’Inrca che non ha più avuto eccessivo riferimento alla geriatria ma si è sostanzialmente trasformato in un ente che si è occupato anche di altre questioni.
Dopo la legge del 2001 che ha tentato di portare una nuova regolamentazione degli Irccs — ricordiamo che in quella occasione è stata innestata una forte polemica tra il ministro Sirchia e le Regioni, in quanto con la legge n. 3 del 2000 questi istituti venivano sostanzialmente divisi in due: quelli che potevano trasformarsi in fondazioni di tipo privato, sempre a capitale pubblico, e gli enti che rimanevano pubblici — dopo una prima fase tutti quegli Irccs rimasti nell’area pubblica sono stati disciplinati dal decreto 288 con il quale si è regolamentata la trasformazione di questi enti pubblici, ma a seguire, di fronte ad una direttiva di questo decreto molto precisa in termini di riferimento statale, a seguito anche dell’avvenuta approvazione, dopo il referendum dell’ottobre del 2001, del titolo V, le Regioni si sono ribellate a questa indicazione e hanno fatto ricorso alla Corte costituzionale. Anche la Regione Marche ricorse, a suo tempo, proprio per invocare l’autonomia di questi Irccs, in quanto sia la ricerca che l’assistenza erano materie concorrenti tra Stato e Regioni e pertanto lo Stato, in quanto detentore di queste materie concorrenti, doveva soltanto dettare i principi, invece il 288 è andato a regolamentare in maniera molto specifica tutte le parti dei nuovi Irccs. A seguito della sentenza 270 della Corte costituzionale le Regioni hanno avviato una fase di revisione della normativa e tutte hanno definito, attraverso proprie leggi, la nuova situazione degli loro Irccs.
Dopo che è stato riconosciuto dal Ministero come istituto di carattere scientifico — infatti dopo la legge n. 3 il Ministero, attraverso una Commissione, ha valutato la congruità di questo ente come ente di ricerca — può essere regolamentato come Irccs e la peculiarità della nostra realtà è tale per cui dobbiamo tener conto che il nostro istituto di ricerca ha sede in Ancona ma ha altre sedi periferiche in altre tre regioni, segnatamente Calabria, Lazio e Lombardia.
Per la verità l’Irccs di un tempo aveva anche altre due sedi periferiche in Toscana e anche in Sardegna, ma dopo la revisione del Ministero della sanità le due ultime Regioni hanno declinato il proprio interesse a continuare una relazione di organizzazione con le sedi periferiche dell’Inrca e pertanto solo tre Regioni sono rimaste in collegamento con il nostro istituto.
Potremmo dire molto di più per quanto riguarda un ente come questo. Con il piano sanitario vigente la Regione Marche ha inserito l’ente nella programmazione regionale per la prima volta dopo il commissariamento, perché si era preso coscienza dell’utilità dell’Inrca come punto di riferimento della programmazione regionale. Oggi, con questo atto possiamo fare di più, cioè inseriremo definitivamente l’Inrca come struttura di riferimento e di ricerca e assistenza per la nostra regione, mantenendo la caratteristica di valenza nazionale che contraddistingue un Irccs.
Il testo di legge risente anche di una certa relazione con le altre Regioni, in quanto, proprio in riferimento alla sentenza 270 e al collegamento con le altre Regioni si è definito un testo che individua sicuramente, nel primo e secondo articolo, l’attività di questo ente e poi, a seguire, tutta l’organizzazione nei vari articoli che danno origine a questo ente che viene ad assumere una caratteristica aziendale ma che, prevedendo il comitato di indirizzo e verifica, mantiene di per sé anche una veste che va al di là della stessa realtà aziendale, in quanto il fatto che esista un organismo che controlla e indica i vari obiettivi all’istituto, fa venir meno quella caratteristica meramente aziendale che le nostre aziende del sistema sanitario, sulla base del 502, rivestono.
E’ quindi un ente particolare, ente di ricerca, in quanto i fondi che utilizzerà gli provengono per la ricerca dal Ministero della sanità e per quanto riguarda l’assistenza direttamente dal convenzionamento con le Regioni interessate.
Entrando sinteticamente nell’articolato, gli organi che dovranno presiedere l’attività dell’Inrca sono il comitato di indirizzo e verifica, il direttore generale, il direttore scientifico e il collegio sindacale. Se andiamo a verificare come sono identificati questi organismi, ci rendiamo conto del collegamento e della situazione di commistione tra Regione e Ministero della sanità, proprio nella definizione di questo ente.
Per quanto riguarda il consiglio di indirizzo e verifica è un ente piuttosto pletorico di 9 componenti e all’interno di questo consiglio abbiamo ritenuto opportuno, sulla base anche delle indicazioni nazionali, prevedere la componente relativa alle altre Regioni. Per quanto riguarda il direttore generale, è eletto direttamente dalla Giunta regionale tra i soggetti secondo le caratteristiche che hanno i direttori generali. Per quanto riguarda il direttore scientifico, è nominato dal Ministero della sanità, sentito il Presidente della Giunta.
Questi organismi hanno tutti una loro funzione, ma vengono a realizzare quel connubio importantissimo dell’Irccs che abbina la ricerca al fattore assistenziale che si deve svolgere sia all’interno dei vari nosocomi che si organizzano nell’Inrca quanto sul territorio. Infatti una delle questioni che abbiamo precisato nell’attività è proprio questa capacità del nuovo istituto di ricerca di formulare modelli che possano interessare la nostra regione che, essendo piuttosto longeva, ha bisogno di un sostegno scientifico di questo tipo. E’ chiaro che l’Inrca entrerà in rapporto, in termini di costruzione di questi modelli, di queste novità scientifiche, non solamente con il territorio e con le altre strutture sanitarie ma anche con l’università. Credo che da questo punto di vista questa abbinata potrà dare sicuramente effetti positivi.
Concludo questa illustrazione, scusandomi della sinteticità, affrontando la tematica, piuttosto discussa anche in Commissione, relativa alla situazione finanziaria dell’ente, piuttosto pesante, come quella di tutti gli Irccs che sono stati mantenuti pubblici, a differenza dei privati, per i quali il Governo ha ripianato i bilanci. Gli Irccs pubblici ancora devono prevedere questo intervento del Governo, ma abbiamo appreso dal nostro assessore che è aperto questo negoziato con il livello nazionale, proprio perché le pendenze che fino ad oggi questi Irccs commissariati hanno accumulato, non possono ricadere sul bilancio della Regione Marche.
Ecco perché ci sarà un emendamento al comma 4 bis dell’art. 12 dove chiariamo ulteriormente che, per quanto riguarda la fase pregressa, sarà compito di una fase stralcio, del nuovo direttore dell’Inrca che sarà nominato commissario, formulare la regolamentazione dei criteri per la gestione del debito pregresso, in modo tale che tutta l’attività che verrà svolta dal momento in cui la legge avrà previsto la nuova organizzazione, sarà scevra dai debiti accumulati dalla gestione commissariale.
Questo è l’articolato di legge previsto. Questo articolato è stato formulato attraverso un lavoro di Commissione abbastanza concreto e proficuo che ha visto l’apporto di tutte le forze presenti in Commissione e che spero daranno conto del loro apporto anche nella formulazione del voto finale.
Mi sembra anche di dover esprimere un parere favorevole nei confronti dell’emendamento proposto dal consigliere Bugaro sul discorso della valenza nazionale e della caratteristica dell’Irccs, così come vanno accettati gli emendamenti proposti dalla Commissione.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Castelli.

Guido CASTELLI. Il giudizio della minoranza è sostanzialmente positivo sull’articolato. Abbiamo lavorato, cercando, anche in Commissione, di trovare punti di convergenza. La maggiore perplessità è quella connessa alla problematica finanziaria, che è tale per cui la soluzione proposta, tra l’altro tardivamente, dall’assessore proprio questa mattina, non è sufficiente a garantire in maniera chiara ed effettiva dal rischio che i debiti dell’Inrca, o meglio i debiti che le altre Regioni dovrebbero coprire, garantire a valere sugli stabilimenti Inrca diversi da quelli marchigiani, possano effettivamente non ricadere sul nostro bilancio.
Su questo argomento si è a lungo dibattuto, ci sono state approssimazioni diverse, successive nel proporre delle versioni dell’articolo 12 ma devo dire che anche quella finale effettivamente non è esaustiva, non chiarisce una chiarezza e una garanzia. Probabilmente si sarebbe anche potuto posporre l’approvazione della legge ad una chiarificazione in sede nazionale, perché di fatto è il Ministero che ci dovrà dare le giuste garanzie a questo riguardo. Ciononostante vi è una grande attesa del personale, di tutti i soggetti che operano collateralmente all’Inrca, affinché questa legge venga approvata. Non ci siamo voluti sottrarre, rimane però questo aspetto finanziario. Noi chiediamo che il Presidente della Giunta o l’assessore Mezzolani con chiarezza si assumano una responsabilità precisa rispetto all’effettività di una garanzia che tutto il Consiglio regionale richiede, cioè che le passività pregresse maturate non vadano poi ulteriormente a detrimento del nostro bilancio, perché sarebbe davvero una cosa assolutamente inaccettabile. So che l’assessore è di questo avviso, non essendoci però una garanzia formale, noi ci rimettiamo alla sua assunzione di responsabilità e condizioniamo a questo il nostro voto positivo sull’articolato.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Sentite le affermazioni dei due relatori, dopo 12 anni di commissariamento dell’Inrca, compiere un’accelerazione prima di una discussione del piano sanitario senza una chiarezza sul punto più delicato, quello del deficit, sulla quantità e sul fatto se esso ricadrà o no sul sistema e sul bilancio della Regione, costituisce a dir poco un’anomalia, tanto più che è in corso una trattativa con il Ministero. L’Inrca, nella trasformazione del decreto 288/2003 è diventato una struttura pubblica a totale carico pubblico e non una fondazione. Ma una struttura pubblica di ricerca e di cura ha bisogno, al tempo stesso, di una chiarezza e di una certezza finanziarie. Noi condividiamo la finalità, ma non condividiamo la declinazione organizzativa proposta per raggiungere questo obiettivo.
Ho già detto del decreto legge e della Conferenza Stato-Regioni che hanno dettato una linea, ma noi riteniamo che proprio in virtù della modifica del titolo V della Costituzione la Regione Marche poteva e doveva compiere una giusta vertenza e non una forzatura istituzionale, prevedendo che la nuova organizzazione dell’Inrca fosse inglobata all’azienda ospedaliera di Torrette, invece — e qui la responsabilità non se la assumono l’assessore o il Presidente della Giunta ma l’intero Consiglio regionale che voterà — in realtà viene cerata la terza azienda ospedaliera delle Marche e la seconda ad Ancona. Poi c’è il unto più controverso e più serio, quello della situazione economica e finanziaria, della situazione patrimoniale e del deficit.
Visto che l’Inrca è in diverse regioni e che la sede delle Marche, attraverso la nuova legge diventerà quella centrale, non sappiamo su chi ricadranno i deficit. Né chiarisce questo problema e questo aspetto la proposta di modifica della Giunta, che anzi aggrava questo punto interrogativo,, perché in realtà si dice che la Regione Marche, attraverso il nuovo direttore generale e la nuova struttura direzionale dell’Inrca, non saprà se il deficit interferirà o meno sul bilancio, ma addirittura attraverso la nuova azienda ospedaliera la Regione Marche sarà la titolare del recupero dei crediti. Quindi questo fatto non solo non chiarisce ma, se possibile, aggrava.
Per questi motivi il gruppo dei Comunisti italiani si asterrà su questa proposta.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli articoli.
Articolo 1, emendamento n. 1: all’art. 1, comma 2, dopo le parole “a carattere scientifico” sono aggiunte le parole “a rilevanza nazionale”. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’articolo 1 così come emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 3. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 4. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 5. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 6. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 8. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 9. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 9 bis. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 10. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 11. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 11 bis. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Articolo 12. Emendamento n. 1 a firma del presidente della Commissione. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 2 della Commissione. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’articolo 12 come emendato.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’ordine del giorno a firma Altomeni: “impegna il Presidente della Giunta regionale a tener conto della situazione della precarietà dei ricercatori dell’Inrca all’interno del tavolo tecnico per la stabilizzazione e ad individuare anche per loro, in tempi ragionevoli, la stabilizzazione del rapporto di lavoro”.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di legge nel suo complesso. Ha la parola, per dichiarazione di voto, il consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Stiamo per approvare un atto importante che dà rilievo, finalmente, alla parte propria dell’istituto, quella di essere istituto di ricerca. Per questo la nostra attenzione è stata grande, anche se l’orario non ha permesso una discussione ampia, però in Commissione e anche in quest’aula questa nostra posizione è da spiegarsi sotto questo profilo: condividiamo il passaggio che ha chiarito e chiarisce meglio le caratteristiche dell’istituto, che non può essere considerato un orpello addirittura demandato ad un’ordinaria gestione, o peggio svilito al ruolo di struttura quasi per colmare lacune su lungodegenze o secondarie attività e servizi.
Sotto questo profilo è da spiegare la nostra posizione, lo voglio fare con questa dichiarazione di voto perché rimanga agli atti del Consiglio regionale. Sotto questo profilo penso che ora la discussione sul nuovo pano sanitario possa essere fatta correttamente, considerando quello che è e dovrà essere sempre di più l’istituto, visto che nel passato così non è stato per le gestioni commissariali e quant’altro. L’Inrca ha ruolo e rilievo e dovrà averli anche nella programmazione e negli atti programmatori che dovranno assumere decisioni importanti per il futuro delle strutture sanitarie della nostra regione.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di legge.

Il Consiglio approva



Proposta di legge (Discussione generale): «Modificazioni ed integrazioni alla legge 16 dicembre 2005, n. 36 “Riordino del sistema regionale delle politiche abitative”» Comi (93)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 93 ad iniziativa del consigliere Comi.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Ortenzi

Rosalba ORTENZI. Colleghi, come ricorderete nel dicembre del 2005 abbiamo approvato la legge regionale 36 inerente il riordino del sistema regionale delle politiche abitative. In quell’occasione abbiamo deciso di stralciare dal testo dell’originaria proposta di legge ad iniziativa della Giunta regionale la parte inerente la gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica. In questo modo si è riusciti ad avviare immediatamente l’innovamento, da tutti ritenuto necessario, delle dinamiche operative del settore con la trasformazione dell’Iacp in Erap, l’ammodernamento e la contestualizzazione delle politiche abitative alle mutate dinamiche demografiche e sociali, il tutto scegliendo di lasciare al Consiglio un periodo più ampio per riflettere sulle delicatissime tematiche connesse alla gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica, dal momento dell’assegnazione a quello della possibile vendita. Problematiche all’epoca oggetto di numerose istanze di approfondimento e modifica, in un clima di incertezza dettato anche dal prospettarsi di possibili stravolgimenti normativi ad opera dell’amministrazione centrale dello Stato. Oggi sono lieta di presentare in Consiglio per l’approvazione questa proposta di legge nel testo approvato pochi giorni fa dalla IV Commissione. Questo testo si integra bene con quello della legge 36 del 2005 e costituisce la seconda parte di una riforma che giunge a completamento. E’ un sto frutto di un cospicuo e serio lavoro, scevro da pregiudizi ideologici, svolto in Commissione IV con grande senso di collaborazione e di responsabilità da parte di ogni sua componente, un lavoro che ha visto coinvolti, con diverse audizioni, tutti gli operatori interessati al settore — Erap, Comuni, sindacati degli inquilini — al fine di determinare un quadro nuovo, moderno, efficace che sostituisca quello ormai obsoleto fermo al 1997. Sotto il profilo operativo questa legge affronta, contestualizzandole alle disposizioni della legge regionale 36/2005, le dinamiche dell’assegnazione, gestione ed alienazione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica.
Da una disamina delle norme in esso incluse emergono con forza i seguenti elementi. Primo, la scelta di affidare la gestione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica su tutto il territorio regionale ad operatori efficienti e specializzati, gli Erap, (ex Iacp). Secondo, una maggiore rispondenza delle norme in materia di assegnazione degli alloggi alle mutate dinamiche sociali e demografiche del territorio, anche attraverso la possibilità delle amministrazioni comunali di autodeterminazione dei punteggi di valutazione per la formazione delle graduatorie per gli aspiranti assegnatari, nell’ambito di un quadro generale prestabilito come omogeneo sull’intero territorio regionale. La possibilità, poi, di alienare il patrimonio di edilizia residenziale pubblica con criteri assennati, sulla base di comprovate esigenze di razionalizzazione ed economia della gestione degli immobili a prezzi in linea con il reale valore degli immobili, ad eccezione di quando la vendita viene effettuata a favore dell’assegnatario, che viene favorito con uno sconto pari ad un quinto del valore immobiliare.
La norma poi si completa con alcune disposizioni di carattere transitorio e l’approvazione delle disposizioni normative precedenti, che in qualche modo confliggono con quelle di cui si propone l’approvazione.
Tra gli aspetti segnalati vorrei evidenziarne alcuni. In particolare la disciplina per l’assegnazione degli alloggi. E’ una parte assai delicata per i chiari risvolti socio-politici e sulla quale si è concentrata la gran parte del lavoro della Commissione. La scelta operata è stata quella di passare dalla formazione di una graduatoria chiusa — è questo forse uno dei punti fondanti — degli aspiranti assegnatari, redatta sulla base di una normativa rigida, uniformemente applicata sull’intero territorio regionale e da rinnovarsi ogni due anni, così come prevedeva la precedente normativa — legge 44 del 1997 — ad una graduatoria aperta nella quale, chi si trovi in sopravvenute situazioni di emergenza abitativa, non sia costretto ad attendere due anni per essere introdotto nella graduatoria che, come accennato, viene formata sulla base di criteri stabiliti dalle singole amministrazioni comunali, le quali possono determinare i punteggi da assegnare alle diverse condizioni soggettive ed oggettive individuate dall’Amministrazione regionale quali meritevoli di assegnare punteggio. Così facendo le Amministrazioni comunali potranno contestualizzare il bando per l’assegnazione alle esigenze specifiche del territorio, eliminando così le storture connesse alla precedente uniformità della disciplina che prescindeva del tutto dalle peculiarità locali.
In pratica, dove esistono problemi alla difficoltà ad accedere alla prima casa da parte delle giovani coppie, si potrà assegnare a questa particolare categoria sociale un punteggio maggiore che ad altre. Se esiste nel territorio comunale un problema di accesso all’abitazione da parte degli anziani, anche qui sarà il Comune a prenderne atto, assegnando agli anziani un maggiore punteggio.
Di particolare importanza tutta la rinnovata disciplina inerente la gestione degli immobili di edilizia residenziale pubblica, gestione che verrà effettuata dagli Erap sulla base delle norme contenute in un apposito regolamento da emanare a cura della Giunta regionale n nonché la nuova disciplina del subentro, dell’ampliamento, della mobilità, dell’annullamento dell’assegnazione, della decadenza dell’assegnazione, delle sanzioni amministrative da comminare in caso di uso inadeguato del bene pubblico e, in generale, di tutte le possibili problematiche che possano presentarsi nell’ambito della gestione del rapporto locativo. In particolare per quanto concerne la mobilità viene ampliata e maggiormente dettagliata la normativa relativa al fine di incentivare, rendendolo maggiormente efficace, questo strumento da sempre poco utilizzato ma che si ritiene importantissimo al fine della efficiente gestione del patrimonio.
Per quanto concerne il canone di locazione, sarà lo stesso Consiglio regionale a determinarne l’entità attraverso un apposito regolamento da emanare entro sei mesi dall’entrata in vigore di questa legge. Questa scelta non è sicuramente casuale. Sarà infatti solo sulla scorta di un proficuo scambio di informazioni e dati con gli enti gestori e le associazioni di categoria degli inquilini, che potranno essere determinati nuovi canoni maggiormente congrui per gli immobili che saranno locati, sempre tenuto conto della necessità di proteggere le fasce sociali maggiormente bisognose di aiuto. Cosa che si potrà fare solamente una volta determinato il quadro normativo di contorno, quadro normativo che con questa legge viene portato a compimento.
Per quanto concerne l’alienazione del patrimonio di edilizia residenziale pubblica infine, mi sembra importante mettere in evidenza come questa legge stabilisca il passaggio dal precedente regime di svendita ad uno maggiormente congruo. Sulla base del regime previgente infatti, quello introdotto dalla legge 560 del 1993, un appartamento veniva alienato a un prezzo pari a circa un quinto di quello di mercato. La norma che abbiamo voluto introdurre consente di alienare solamente al fine della efficiente ed economica gestione del patrimonio, stabilendo contestualmente come finalizzare i ricavati delle alienazioni. Questo principio impedirà agli enti proprietari di alienare ed accantonare i proventi per decenni, senza utilizzarli. Viene scongiurato cioè l’utilizzo dei fondi, consentendo di alienare solo al fine di realizzare nuovi obiettivi preordinati. D’ora in avanti quindi, si effettueranno solamente alienazioni finalizzate all’attuazione di nuovi interventi nel settore dell’edilizia residenziale pubblica.
Per quanto concerne il prezzo di vendita, viene introdotto il concetto di valore di mercato, ed è una delle novità, garantendo un congruo sconto — del 20% — nel caso che ad acquistare l’alloggio sia lo stesso assegnatario. All’assegnatario, inoltre, vengono garantite tutte le possibili cautele in ordine alla determinazione del prezzo. Infatti, qualora non ritenesse congruo quello stabilito dall’ente proprietario, potrà richiedere che a determinarlo sia la competente agenzia del territorio.

PRESIDENTE. Ha la parola il relatore di minoranza, consigliere Capponi.

Franco CAPPONI. Come avvenuto per l’approvazione della legge 36 di riordino del ruolo dei vecchi Iacp trasformati in Erap, anche questa legge di completamento e coordinamento del testo unico in materia di gestione e regolamentazione dei criteri di assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica ha visto i gruppi della Casa delle libertà e di Forza Italia lavorare intensamente per proporre soluzioni quanto più logiche, semplificate, partecipate, sia per la regolamentazione delle assegnazioni che per la gestione e la dismissione degli alloggi e l’individuazione dei requisiti più rispondenti al contesto socio-territoriale della nostra regione e necessari per l’accesso al godimento dei servizi abitativi dei cittadini che sono nelle condizioni di reddito e di famiglia che ne permettano l’accesso.
La presente proposta di legge quindi ha recepito moltissime osservazioni e convincimenti portati avanti nella IV Commissione dai rappresentanti della Casa delle libertà, poi vagliati, calibrati, recepiti e condivisi quasi interamente dalla stessa Commissione. Questo a dimostrazione del senso di responsabilità di questa classe politica verso la comunità marchigiana e dell’attenzione che tutti dobbiamo porre alla soluzione del problema del disagio abitativo, ritenendo tale aspetto essenziale per una corretta convivenza civile, per la tutela delle garanzie sociali e personali a cui ogni cittadino ha diritto, che si esplicitano anche nella disponibilità di un alloggio adeguato e garantito a prezzi rapportati al proprio reddito e alle proprie condizioni.
Il filo conduttore adottato in questo testo unico ritengo possa considerarsi fra quelli più mirati, appropriati e qualificati nel panorama delle politiche abitative delle Regioni italiane. Vengono perseguiti infatti, contemporaneamente, più obiettivi.
Il primo, dare certezza e possibilità di accesso a locazioni e possibili acquisti a prezzi sostenibili a quante più famiglie possibile; possibilità di riqualificazione del patrimonio esistente e dello sviluppo di nuove modalità realizzative degli alloggi in aree di qualità, ricche di spazi urbanistici qualificati e utilizzo anche di tecniche costruttive che mirino al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale; coinvolgere nella gestione di strategie di potenziamento dell’offerta l’individuazione delle categorie critiche di cittadini presenti in ogni determinato territorio; attuare principi di adeguatezza, responsabilità e sussidiarietà dei procedimenti amministrativi di tutti gli enti locali coordinati dalla legge regionale, ivi compresa la possibilità di gestione associata dei procedimenti e dei servizi abitativi.
Questa era, a nostro avviso, l’unica strada perseguibile in presenza di un mercato delle locazioni sostanzialmente rigido e sempre più selettivo, dato il progressivo ampliarsi del numero di famiglie disagiate a causa dei fenomeni sociali (difficoltà per i giovani di avvicinarsi all’acquisto di un’abitazione, livello medio di reddito e aumento del costo della vita) anche in condizioni di occupazione. Difficoltà inoltre per le coppie di anziani o anziani soli quando i trattamenti pensionistici sono vicini al minimo tabellare, ma anche dei nuovi fenomeni demografici conseguenti ai tumultuosi fenomeni di presenza di immigrati.
Ecco perché le problematiche abitative rappresentano uno dei punti centrali delle politiche di governo del territorio e di inclusione sociale a cui la Casa delle libertà e il gruppo di Forza Italia intendono dare priorità e risposta, anche se ancora sono scarse le risorse a ciò destinate da questa Regione, a causa, forse, anche delle incoerenti scelte nelle priorità, che privilegiano spesso la spesa corrente, fortemente influenzata anche dall’indebitamento a cui sinora si è ricorsi e a una staticità dell’azione di governo.
Gli emendamenti accolti dalla Commissione e proposti dal nostro gruppo riteniamo siano significativi e possono essere schematicamente ricondotti a pochi ma significativi obiettivi: riequilibrio territoriale nell’assegnazione delle risorse, in modo da consentire anche alle aree interne di poter accedere alle risorse previste per l’edilizia sovvenzionata; rafforzamento delle competenze degli Erap e degli enti locali, sia nelle funzioni di gestione del patrimonio ma anche per favorire una oculata politica di dismissione dello stesso a vantaggio della realizzazione di nuovi alloggi, data anche la bassissima rotazione strutturale possibile per tali tipologie di servizio; riqualificazione dei servizi di supporto alla residenza con priorità per quelli sociali e dei servizi pubblici, specie nei centri storici e per la soluzione dei problemi a livello emergenziale come quelli delle nuove povertà e delle nuove criticità sociali; precisa regolamentazione delle situazioni di subentro, di ampliamento dei nuclei e delle mobilità, rese più flessibili per rispondere alle tendenze di maggiore mobilità del lavoro e soprattutto per favorire l’attivazione di meccanismi di aiuto parentale, data la graduale problematicità relativa alla senilizzazione della popolazione ospitata in detti alloggi e all’invecchiamento generale; una equa valorizzazione del patrimonio da dismettere in modo da avere a disposizione maggiori risorse per la realizzazione di nuovi alloggi; una diretta partecipazione e responsabilizzazione degli enti locali nella definizione dei pesi da attribuire ai concorrenti nella partecipazione ai bandi da applicare a criteri generali — condizioni soggettive e oggettive — individuati dalla legge in argomento, ma dove gli enti locali possano sentirsi attori principali, attori responsabili per la individuazione delle principali criticità sociali presenti nei loro territori, che sappiamo variano enormemente tra le aree ad alta densità urbana, le aree costiere, le aree collinari e quelle montane, in base all’età media dei richiedenti, la presenza di disagi socio-economici diversi, alti indici di popolazione giovane o anziana, indici di disoccupazione, aree in crisi industriale, centri rurali.
Tale aspetto a nostro avviso potrebbe stimolare la ripresa anche di un interesse locale alla soluzione dei problemi di messa a disposizione di alloggi, data la più diretta responsabilizzazione degli amministratori e delle comunità locali, come tra l’altro indicato negli indirizzi di decentramento e sussidiarietà tra enti e territori. Inoltre le condizioni oggetti ve e soggettive individuate per definire il grado di difficoltà socio-economica dei richiedenti risultano soddisfacenti in quanto adeguate alle nuove situazioni verificatesi nel contesto dell’ambito sociale e demografico. La soddisfazione ha prodotto nel nostro schieramento anche l’accoglimento dell’inserimento, tra le condizioni che concorrono alla formazione dei punteggi dei potenziali assegnatari, una temporalità trascorsa infruttuosamente, con presenza utile nelle graduatorie di Erap precedenti e nella residenza dei Comuni che emanano i bandi. E’ importante inoltre la possibilità che la legge consenta di sostenere anche le giovani coppie formate da giovani con età inferiore ai 30-35 anni che abbiano contratto o siano in procinto di contrarre matrimonio come prevede un nostro emendamento. Questo aspetto, dopo avere soddisfatto i diritti di tutti gli individui alla possibilità di accesso al diritto della casa, sostiene quei giovani che responsabilmente si impegnano a svolgere un ruolo strategico nella creazione di nuove famiglie, con l’obiettivo anche di mettere al mondo dei figli ed educare la prole garantendo un equilibrato ed integrato sviluppo del nostro paese.
Una particolare attenzione — cioè riserva di alloggi — è stata altresì riservata dalla legge a particolari esigenze di mobilità degli assegnatari, con problemi di necessità in assistenza sanitaria e altre categorie speciali, per far fronte alle particolari situazioni di handicap e di mobilità connesse alla necessità di superare particolari barriere architettoniche.
Attenzione, il nostro gruppo, ha posto poi alla semplificazione amministrativa nella presentazione e nell’adeguamento automatico, con i dati a disposizione dell’amministrazione procedente, dei punteggi nelle graduatorie aperte.
Una norma conclusiva, inoltre, invita i Comuni a potenziare le loro attività di controllo e vigilanza edilizia, per scoraggiare l’affitto privato di alloggi impropri, insalubri, anti igienici o inagibili, causa, spesso, anche di sfruttamento di cittadini che versano in stato di particolare disagio e di situazioni di precarietà.
Non voglio continuare oltre, dico solamente che a mio avviso la legge si mostra adatta ad affrontare le problematiche del bisogno abitativo delle Marche, sotto forma proprio di strumento legislativo. L’impegno che bisognerà mettere subito dopo o contemporaneamente, è quello di rafforzare le politiche per la casa di questa Regione, mettendo nei bilanci le risorse che sono state molto scarse in quest’ultimo periodo.
Invito anche la maggioranza a valutare positivamente gli emendamenti che abbiamo proposto a questa norma, sono due-tre emendamenti significativi, soprattutto di maggiore e migliore definizione del concetto di nucleo familiare e la volontà di cercare di sostenere, nel livello di punteggio e quindi tener presente anche l’impegno delle famiglie, giovani coppie che intendano contrarre matrimonio, in un momento di difficoltà, soprattutto inerenti la possibilità di acquisto e addirittura di affitto di alloggi quando si è in situazioni precarie, dove magari c’è un solo componente della coppia che ha lavoro.
La nostra è una valutazione essenzialmente positiva. Anticipo la conclusione a cui dovremmo arrivare nella dichiarazione di voto, sostanzialmente positiva, dato anche il contributo che abbiamo messo in questa predisposizione e anche di vicinanza alle problematiche che sono emerse dalla consultazione e dalle audizioni. Questa legge l’abbiamo portata avanti per quattro mesi ed è quindi stata molto approfondita. Ritengo che gli ultimi aggiustamenti proposti con gli emendamenti siano funzionali a rafforzare l’intero impalcato normativo.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Silvetti.

Daniele SILVETTI. Inizio dalla fine. Complessivamente, visto anche l’iter istruttorio che è stato svolto in questi mesi, possiamo giudicare questa una buona legge che fa una fotografia molto più attendibile e fedele rispetto alla vecchia legge votata nel 1997. Una fotografia demografica e sociale che risponda a un certo numero di esigenze che diventavano anno per anno sempre impellenti e che in qualche modo sono state recepite da questa proposta di legge che abbiamo già votato in Commissione e che abbiamo voluto perfezionare con la presentazione di alcuni emendamenti. Gli ultimi sono emendamenti che vanno a perfezionare un sto che a nostro modo di vedere dà la possibilità ai Comuni di un consistente margine di manovra e non dà quindi la possibilità di trovare più il solito alibi secondo cui la colpa era comunque del Comune se certe esigenze, certe aspettative non venivano accolte perché la legge regionale dava la possibilità a certe graduatorie di vedere alcuni squilibri di carattere sociale. L’intendimento di Alleanza nazionale — è questo il punto su cui Alleanza nazionale, con senso di responsabilità ha dibattuto prima al suo interno e poi all’interno della Commissione — era quello comunque di contribuire in modo fattivo e concreto all’approvazione di questa legge. Presentammo a suo tempo una proposta di legge, convertita poi in emendamento a questa proposta di legge, che prevedeva la presentazione di due distinte graduatorie. Ritenevamo noi stessi che fosse un emendamento antipatico che si prestava a delle strumentalizzazioni e che politicamente non risolveva i problemi delle graduatorie. Abbiamo quindi sospeso l’intendimento di questo emendamento proprio per far fronte a una esigenza reale ma a un’intenzione politica che era sicuramente costruttiva e lo è stata fino alla fine. Ecco perché la presentazione di alcuni emendamenti in seno alla Commissione e la loro approvazione ci hanno convinto che quell’emendamento poteva essere ritirato e che gli altri, quelli che prevedevano, sostanzialmente, un riequilibrio nella presentazione delle graduatorie, potevano essere una risposta sufficiente perché anche il nostro voto si aggiungesse a quello della maggioranza.
Riteniamo che la filosofia fondante di questa proposta di legge fosse la filosofia giusta: quella di ridare potere e responsabilità, nella misura proporzionale, ai Comuni, nello stabilire, a seconda delle esigenze, delle aspettative, delle peculiarità del territorio, la forbice di minimo e massimo e valutare quali erano le categorie che dovevano essere sostenute, valutate proprio nella composizione della graduatoria, dando quindi la possibilità ai Comuni, di dotarsi di uno strumento sicuramente molto più valido di quello di cui sono stati depositari fino ad oggi.
E’ chiaro che poi il Comune non avrà più l’alibi di dire “la colpa è della Regione”. Se le graduatorie sono a composizione particolarmente eterogenea, dove gli italiani erano particolarmente discriminati, non si potrà più dire che è colpa della Regione. La Regione ha dati ai Comuni la possibilità e gli strumenti perché valutino volta per volta, per mezzo del proprio regolamento, quali categorie, quali situazioni incoraggiare, quali situazioni andare a regolamentare.
Ecco perché siamo d’accordo su questo testo normativo che recepisce queste nostre istanze, queste nostre aspettative.
E’ però chiaro — questo risulterà subito evidente agli addetti ai lavori — che per quanto buono e valido questo strumento potrà apparire, sarà ben poca cosa di fronte all’incapacità delle amministrazioni locali se queste non avranno la capacità di sviluppare una programmazione urbanistica adeguata, perché è inutile avere un buono strumento per dare la casa ai cittadini che lo richiedono, se poi le case non ci sono, perché il problema alla fine è sempre quello ed è quello che attanaglia molte amministrazioni comunali.
Riteniamo comunque, senza anticipazioni, senza fughe in avanti e senza preconcetti ideologici, di essere arrivati a un buon risultato. Riteniamo che la valutazione di coloro che sono in graduatoria da diverso tempo, coloro che hanno maturato la propria residenza sul posto di origine da più tempo, debbano in qualche modo essere salvaguardati all’interno di questa legge. L’autonomia locale riteniamo si perfezioni e si relazioni particolarmente bene anche con quei diritti individuali che comunque vengono salvaguardati da questa legge. Sono diritti individuali che vengono garantiti sia nei confronti del singolo sia nei confronti di colui che fa parte di una famiglia, che sta all’interno di un rapporto familiare che abbiamo visto sia per quello che riguardava il discorso delle famiglie more uxorio. Ecco perché siamo particolarmente ben predisposti alla votazione di questa legge. E’ chiaro che per noi sarà importante vedere anche come e quanto questa maggioranza recepirà gli emendamenti che sono stati depositati.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Solazzi.

Vittoriano SOLAZZI. Ritengo doveroso fare alcune precisazioni, premesso che voterò a favore della legge. Comprendo che la Commissione ha fatto un lavoro attento, lungo, meditato, però avrei provveduto, in questa sede, ad approvare la legge ma rimandando nel tempo la stesura di un regolamento per l’assegnazione degli alloggi. Avendo fatto l’amministratore, il sindaco, capisco che nei Comuni il sindaco e gli amministratori spesso si debbono scontrare con una realtà di domanda, di richiesta di alloggi e con graduatorie che talvolta non premiano quello che l’amministratore giudica come domanda più urgente o più degna di immediata risposta. Comprendo un po’ di esigenza di flessibilità nell’assegnazione degli alloggi, però la ritengo assolutamente eccessiva, assolutamente sproporzionata e realizziamo un intervento a macchia di leopardo in questa nostra regione, perché ci saranno Comuni governati da determinate Giunte con una determinata sensibilità, che attribuiranno punteggi diversi rispetto ad altri Comuni con un’altra sensibilità politica. Questo atto fatto da un ente come la Regione che deve governare un territorio, deve svolgere una funzione programmatoria su tutto il territorio, è un provvedimento sul quale a me pare che c’è una scarsa sensibilità nel comprendere i danni che l’approvazione di questo regolamento comporta.
Qualcuno mi deve spiegare: ai nuclei familiari composti esclusivamente da persone anziane di età superiore ai 65 anni cosa vuol dire “da 2 a 4 punti?”. Perché, l’anziano di 65 anni che sta a Mondolfo è diverso dall’anziano di 65 anni che sta a San Costanzo? Non mi pare.
“Presenza di un potatore di handicap, da 2 a 4 punti”. Cosa vuol dire questa gradualità, nel caso che in un nucleo familiare ci sia un portatore di handicap? Io devo pensare che in un comune c’è un amministratore che ha una sensibilità rispetto al portatore di handicap diversa da quella che deve avere il sindaco di un altro comune?
Avendo fatto l’amministratore io mi rendo perfettamente conto. Sarebbe stato più opportuno stabilire, in questa legge, che una percentuale degli alloggi da assegnare, con approfondite motivazioni fosse lasciata nella discrezionalità dell’ente, questo ci può stare. Ci possono essere casi d’urgenza, ci possono essere casi particolari. Era preferibile che una percentuale degli alloggi che dovevano essere assegnati per motivate ragioni potesse entrare nella discrezionalità dell’assegnazione, naturalmente discrezionalità giustificata. Ma così si dà una discrezionalità assoluta alle amministrazioni.
Se non ci fossero state ragioni di tempo avrei fatto una battaglia feroce su questa cosa, ma c’è una formula di chiusura su questi punti, che vorrei farvi rilevare, quella relativa ai “punteggi aggiuntivi”: “I Comuni possono individuare eventuali condizioni aggiuntive di punteggio rispetto a quelle sopra indicate, fino a un massimo di cinque punti”. Non basta la discrezionalità su tutti i criteri che hanno i Comuni, c’è ancora una clausola di chiusura: 5 punti a discrezione, con criteri nemmeno indicati nella legge regionale. Certo che c’è l’urgenza di approvare questa legge, però, come peraltro sostenuto anche da Cgil, Cisl e Uil, era preferibile approvare una legge questa sera ma rimandare a un regolamento confrontato anche con le organizzazioni sindacali, anche con il sistema delle autonomie. Se poi ci si doveva far carico dell’esigenza di flessibilità che come amministratore io dico che c’è, si poteva trovare una formula che avesse una discrezionalità che potesse servire, ma più trasparente di questa, perché con il gioco dei punteggi la trasparenza che viene fuori da questo regolamento è molto scarsa.
Non lo dico per altre ragioni, sapete come sono fatto: faccio difficoltà a non dire quello che penso. In questo caso penso che qualche errore l’abbiamo fatto. Sarebbe bastato rinviarla a un approfondimenti maggiore, perché non approviamo un qualsiasi atto, approviamo di dare la casa ai disgraziati, non approviamo la promozione turistica o qualsiasi altra cosa. Facciamo un provvedimento per dare la casa a chi ha bisogno e sono convinto che una famiglia di Fermignano, con gli stessi parametri ha gli stessi diritti di una famiglia di Monteporzio o di Offida.
So che questo mio intervento non sortirà nulla, però siccome verrà verbalizzato, fra qualche anno, quando non sarò più qui, magari qualcuno dirà “forse Solazzi aveva ragione”, anche se spero di sbagliarmi. Voto la legge per dovere di maggioranza ma queste cose sentivo di dirle.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Comi.

Francesco COMI. Quello di oggi è un atto significativo e non sicuramente un atto isolato da parte della Regione, perché sono state tante le iniziative della Giunta regionale in questi anni, entrate nel merito di quella che abbiamo definito vera e propria emergenza abitativa. Penso al piano di edilizia residenziale pubblica, ai 96 milioni di euro che abbiamo investito, all’istituzione del fondo unico regionale, all’utilizzo e gestione del patrimonio di edilizia pubblica sovvenzionata, fino alla riforma di quelli che avevamo definito Istituti autonomi case popolari. Questo è uno degli atti che si inseriscono in un quadro di atti normativi che affrontano l’emergenza abitativa, molto significativa nella regione Marche, in particolare nelle zone costiere e più sviluppate.
Oggi, di fronte a un’emergenza che riguarda una richiesta di 6.500 abitazioni di edilizia convenzionata, noi riusciamo a fornire una risposta marginale solo di 500 abitazioni in un anno. Quindi una struttura pubblica di sostegno alle politiche abitative pressoché inadeguata ad affrontare le sfide del futuro, le tante domande di solidarietà. Questa è la questione che ci dobbiamo porre nel momento in cui andiamo a riordinare il sistema: se l’attuale sistema di finanziamento e l’attuale istituto sono in grado di dare delle risposte. Gli attuali Erap gestiscono circa 16.000 alloggi che sono tanti e che non riusciamo più a sostenere attraverso le opere di manutenzione, anche ordinaria, in conseguenza dell’esaurimento dei fondi che avevamo fino a pochi anni fa a disposizione. Penso ai fondi ex Gescal, al fondi della legge 560, ai fondi della ricostruzione post terremoto.
Queste due questioni, quella dell’inadeguatezza della struttura e quella dell’inadeguatezza dell’istituto che doveva far fronte alle politiche abitative, e soprattutto avere sul territorio una domanda di solidarietà e di abitazione che non è omogenea ma molto eterogenea, molto frammentata, non possono non richiedere la nostra massima attenzione. I problemi della sede universitaria, del comune ad alta densità demografica, del piccolo comune, della zona in via di sviluppo e di quella più in difficoltà in termini economici, sono molto diversi. In questi mesi abbiamo affrontato il dibattito avendo di fronte tutti questi problemi, quindi le novità contenute in questa legge sono importanti.
La prima riguarda il patrimonio. Noi cerchiamo di favorire una diversa destinazione degli alloggi, meno vincolata, per favorire politiche abitative, qualora la domanda sul territorio sia forte, quindi una maggiore elasticità in funzione dell’obiettivo strategico da parte dei soggetti proprietari e gestori delle politiche abitative.
C’è poi la questione del ruolo dei Comuni in funzione della diversa domanda che c’è sul territorio. Questa è la questione sulla quale tutti qui si interrogano. Io penso che per chi non ha partecipato alla discussione, ascoltare il dibattito possa essere anche importante. Noi abbiamo offerto una maggiore autonomia ai Comuni, che on significa una assoluta discrezionalità, che non significa svincolare il Comune da un ordine di valori che salvaguardi l’equità e l’uguaglianza, perché noi abbiamo affidato alla legge regionale la definizione di principi di uguaglianza, di equità che vanno osservati dalle autonomie locali, poi abbiamo individuato nell’organo di governo, cioè la Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente, la definizione dei criteri generali per l’affidamento e la gestione degli alloggi popolari. Abbiamo suggerito, nel testo che proponiamo, attraverso l’allegato A, solamente le modalità con cui individuare criteri e norme puntuali con l’atto di Giunta e l’atto del Consiglio comunale. Quindi non è vero che c’è l’assoluta autonomia dei Comuni, non è vero che si possono creare forti sperequazioni, perché i Comuni, attraverso l’istituto del regolamento dovranno individuare regole all’interno dei criteri stabiliti dalla Giunta, che mutuerà anche in funzione dell’evoluzione dei bisogni all’interno dei principi cristallizzati nel tessuto normativo che offriamo con questa proposta di legge. La ratio che ha ispirato la proposta è quella di dare diverse risposte alle domande che vengono dalle sedi universitarie, dai Comuni con poca densità demografica, scarsamente abitati e con un’alta percentuale di longevità, ai Comuni della costa dove c’è una più alta percentuale di immigrazione. Pensare di dare risposte uguali a domande diverse non corrisponde a una esigenza di uguaglianza e di equità che invece vogliamo salvaguardare.
Nel definire questi criteri, paradossalmente abbiamo anche irrigidito e responsabilizzato le autonomie locali rispetto al passato, perché oggi, per esempio, individuiamo criteri più rigorosi rispetto al nucleo familiare, che non va costituito ad hoc, artatamente, il giorno prima ma deve essere consolidato da almeno due anni. Abbiamo associato i requisiti del richiedente come requisiti che debbono appartenere a tutto il nucleo familiare. Abbiamo chiarito che per il soggetto immigrato la carta di soggiorno deve essere almeno biennale e non da individuare e ricercare artatamente il giorno prima della domanda. Abbiamo stabilito che questi requisiti non debbono permanere al giorno della domanda ma al giorno della assegnazione della casa, e questa è una grande novità. Abbiamo ridotto la validità delle graduatorie dagli attuali 3 anni a 1 anno, offrendo una flessibilità che garantisce una risposta più tempestiva e adeguata alle esigenze che ci sono.
E’ quindi una legge coraggiosa, una legge che rompe alcuni schemi, una legge consapevole che non può rispondere a tutti, perché noi siamo coscienti di non avere le risorse per tutti. Voglio ricordare senza nessuna polemica, che il Governo precedente, nel cercare di offrire una soluzione al “problema casa” proponeva nella finanziaria la vendita del patrimonio delle case popolari, dimenticando che era patrimonio dei Comuni o degli stessi Iacp. Quindi abbiamo l’assoluta necessità di offrire soluzioni innovative.
Il nostro lavoro non finisce qui, perché abbiamo problemi seri dei quali il Consiglio regionale dovrà farsi carico, problemi che oggi non abbiamo ancora risolto. Il primo è l’assoluta insensibilità dei Comuni che non offrono la disponibilità di aree a basso prezzo. In nessuno dei piani urbanistici adottati faticosamente nei Consigli comunali, viene riservata una quota del 20-30% per l’edilizia agevolata e questo complica anche il lavoro degli istituti di edilizia pubblica. Abbiamo, soprattutto, un tariffario per i costi di costruzione ai quali dobbiamo fare affidamento, antico e che non ci rende assolutamente competitivi con tutti i soggetti che sono nel mercato. Il prezziario degli Iacp, 100.000 euro per abitazione, è insufficiente, assolutamente insufficiente per le giuste esigenze delle imprese. Questo significa che ai nostri appalti partecipano solo imprese del sud che poi falliscono e bloccano a tempi indefiniti la durata dei lavori e l’assegnazione delle case popolari. Abbiamo un altro problema, anche questo impopolare, quello dei canoni. Oggi i nostri canoni oscillano dai 15 ai 100 euro. Non è assolutamente democratico offrire un canone di locazione così basso, perché riduciamo la possibilità di realizzare nuovi alloggi e di dare una domanda più ampia. Soprattutto rinunciamo alla qualità della vita in quella casa perché non abbiamo le risorse per la manutenzione.
Credo quindi che questa legge vada approvata e occorre anche farlo in fretta, perché se non dovessimo approvare oggi anche l’allegato, rischieremmo di allungare a dismisura i tempi, allungando la possibilità, per i Comuni, di dare risposte adeguate a un’emergenza abitativa che è assolutamente forte in questa regione.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Poche considerazioni, perché nel mentre noi discutiamo in maniera approfondita del contenitore, non bisogna mai dimenticare la scelta politica che questa Regione ha fatto nel corso degli ultimi periodi, perché fra questa e la precedente legislatura sono stati investiti 101 milioni di euro e su un problema così significativo non è cosa di poco conto. Al tempo stesso voglio dare atto al lavoro svolto dalla IV Commissione su una questione molto tecnica, molto particolareggiata, alla quale, a sprazzi, non facendone parte, ho partecipato. Tuttavia, a nostro modo di vedere sarebbe più utile e corretto stralciare l’allegato A. Noi chiediamo di stralciare l’allegato A, perché, come veniva detto anche dal collega Solazzi, questa legge in realtà pone i Comuni all’interno di una autonomia che loro stessi non chiedono. Ognuno di noi ha svolto funzioni di sindaco o di amministratore pubblico e su una questione così delicata in realtà c’è bisogno di un criterio uniforme, non centralistico. Non è vero che i Comuni vogliono questa discrezionalità. In realtà — mi auguro di sbagliare — questo allegato A e, di conseguenza, tutta la legge, si prestano a ricorsi, perché ci saranno molti ricorsi, in quanto c’è una discrezionalità che va da 4 a 5 punti da comune a comune, sulla stessa caratteristica del soggetto e questo è un fatto molto delicato, delicatissimo. C’è il rischio di andare non ad una discrezionalità ma ad un soggettivismo molto negativo e per certi versi anche a discriminazioni. E’ per questo che sarebbe opportuno stralciare l’allegato A, che noi non voteremo, astenendoci.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Rocchi.

Lidio ROCCHI. Non vorrei ripetere le cose già dette dai colleghi Solazzi e Procaccini. Chiedo il rinvio di questa legge, perché è molto difficile, l’abbiamo sentito anche dagli interventi che ci sono stati. Prendiamo ulteriore tempo, in modo di poter sanare le difficoltà, perché ci sono problemi che dobbiamo ancora approfondire. Ecco perché chiedo il rinvio di questa legge.

PRESIDENTE. Possono parlare un consigliere a favore e uno contro. Ha la parola il consigliere Silvetti.

Daniele SILVETTI. Non me ne voglia il collega Rocchi, ma questa richiesta la ritengo non rispettosa del lavoro che ha fattola Commissione in questi quattro mesi. Che la legge fosse particolarmente difficile e articolata lo sappiamo perfettamente; l’abbiamo discussa, dibattuta, votata in Commissione, siamo arrivati qui dopo diversi mesi di lavoro, quindi se ci sono questioni politiche attinenti alla vostra coalizione non ce ne possiamo far carico noi. Se gli intendimenti sono gli stessi con cui si è arrivati in aula non ci sono problemi a votarla, a votare gli emendamenti, ma se viene stralciato l’allegato A o viene rinviata questa legge, per quanto riguarda Alleanza nazionale ci riterremo liberi di muoverci politicamente. Era stato raggiunto un accordo che oggi viene invalidato, a quanto ho capito, quindi ci riterremo liberi di valutare gli atteggiamenti politici e l’inconcludenza di questa istruttoria che è durata quattro mesi e oggi in aula c’è chi si permette, dopo avere letto in cinque minuti il testo di questa legge, di mettere dei veti che produrranno, a quanto sembra, un rinvio che da parte nostra è assolutamente inaccettabile.

Francesco COMI. Presidente, chiedo di sospendere la seduta per cinque minuti.

PRESIDENTE. Potremmo sospendere la discussione di questa proposta di legge per verificare se si possa raggiungere un accordo e nel frattempo, se non vi sono obiezioni, potremmo procedere alla discussione della proposta di legge n. 136.

(Così rimane stabilito)



Proposta di legge (Discussione e votazione): «Norme ed indirizzi per il settore del commercio» Giunta (136)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la proposta di legge n. 136, ad iniziativa della Giunta.
Ha la parola il relatore di maggioranza, consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. La presente proposta di legge si limita in maniera esclusiva a modificare gli articoli 16 e 16 bis della legge 26 del 1999. Questa proposta in realtà costituisce più un fatto tecnico che politico, nel senso che delega alla Giunta regionale di stabilire, d’intesa con i rappresentanti dei commercianti e dei consumatori, le date entro le quali dovranno essere eseguiti i saldi.
Per quanto riguarda tutta la discussione più generale, secondo il nostro gruppo sarebbe opportuno discutere tutto il resto nella proposta di modifica della legge quadro sul commercio. In quella sede dovremmo valutare in maniera più appropriata dal punto di vista politico, le ricadute della normativa nazionale su quella regionale.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Bugaro.

Giacomo BUGARO. Noi abbiamo presentato un emendamento e un subemendamento per individuare bene i periodi per individuare, come ci è stato suggerito dalle associazioni di categoria, i periodi in cui effettuare le svendite, individuando nel 30 novembre e nel 30 maggio le date, escludendo la stagione commerciale invernale in corso.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli articoli.
Articolo 1. Ha la parola il Vicepresidente Agostini.

Luciano AGOSTINI, Vicepresidente della Giunta. Chiedo al consigliere Altomeni di ritirare l’emendamento, perché la discussione degli orari è difficile e complessa, a maggior ragione dopo che alcune Regioni limitrofe hanno approvato leggi che uniformano lo status. Abbiamo già iniziato a discutere della bozza di testo unico del commercio — è previsto per giovedì un ulteriore incontro sindacale — dove viene ricompreso anche l’argomento degli orari che è complesso, quindi dobbiamo concordarlo, concertarlo, ma fortunatamente oggi abbiamo una uniformità di leggi con le Regioni limitrofe. Nei primi mesi del prossimo anno verrà in discussione il testo unico sul commercio. La norma di questa sera serviva solo a dare la possibilità, per quest’anno, di anticipare i saldi che noi abbiamo previsto per legge. L’8 gennaio quest’anno cade di lunedì e le associazioni di categoria di chiedono di poter anticipare tale termine ai giorni festivi o pre-festivi.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Altomeni.

Michele ALTOMENI. Prima di ritirare l’emendamento bisogna che faccia la storia. In realtà questo emendamento è la copia esatta di una proposta di legge che il gruppo di Rifondazione ha depositato appena insediato, raccogliendo un’istanza che veniva dal mondo del lavoro e che raccoglieva l’istanza che veniva anche dal piccolo commercio, dal mondo ecclesiastico e da un ragionamento sul ruolo dei consumi nella nostra società. Abbiamo visto, tra l’altro, che è una problematica fortemente condivisa, anche trasversale alle forze politiche, quindi ci aspettavamo che su questo ci sarebbe stata una apertura di discussione.
Richiamo gli organi consiliari al rispetto dei regolamenti che ci siamo dati, perché o i regolamenti valgono oppure diciamo quali sono le regole. La proposta di legge depositata nel giugno 2005 — il regolamento prevede che per una proposta di legge depositata in Commissione vadano nominati i relatori nella seduta successiva — a oggi non ha i relatori. Mi sembra una anomalia che segnalo al Presidente e chiedo che per il futuro queste cose non si ripetano.
Altrettanto anomalia è la storia di questo emendamento, perché è andato in Commissione e la Commissione non l’ha votato, non si capisce bene in base a quale norma del regolamento. Io so che se un consigliere presenta un emendamento a una legge che va in Commissione, la Commissione se non è convinta lo boccia, ma non dice “non la voto perché non è opportuno”. Non credo che l’opportunità sia una categoria giuridica prevista dai nostri emendamenti, perché si può bocciare, approvare o chiedere il ritiro, ma non fare valutazioni di opportunità e non votare. Questo è il motivo per cui arriva qui senza che la Commissione lo abbia discusso.
Capisco anche che è un atto brutale quello di presentare un emendamento di questa natura su una modifica di una legge che riguarda altre cose, ma siamo stati messi nelle condizioni di fare questo perché non ci è stata data altra agibilità politica nelle norme proprio del regolamento, non si chiedevano cose particolari. Una proposta di legge presentata: almeno si nominino i relatori e i relatori si assumano la responsabilità di dire perché non va avanti la proposta. Abbiamo dovuto presentare anche una mozione che è all’ordine del giorno dopo le 100 mozioni che ci sono prima, con la quale chiedevamo di portare questo tema in discussione. Oggi che la discussione arriva in Consiglio ci si chiede il ritiro. Proprio perché ci rendiamo conto che è una forzatura rispetto all’atto che c’è in Consiglio, non vogliamo portare avanti questa forzatura, capiamo le esigenze con le Regioni limitrofe, anche se ritengo che una Regione come le Marche possa dare un segnale in questo senso e non ha la necessità di rincorrere le altre Regioni ma può dare la linea a cui le altre Regioni si possono accodare. Ritiro quindi l’emendamento ma mi aspetto che entro i primissimi mesi del prossimo anno, massimo marzo, questo testo di legge venga finalmente alla discussione del Consiglio e si discuta su questo punto che ha una rilevanza enorme per chi si trova a dover lavorare nei giorni festivi mentre gli altri vanno a spasso, per decisioni prese da chi la domenica regolarmente sta a casa e va, il lunedì, a contare i soldi degli incassi degli ipermercati. Ribadisco “ipermercati”, perché questa delle molte domeniche di apertura è una norma fortemente avversata anche dalle associazioni dei commercianti, particolarmente mal vista dalle organizzazioni di categoria, basti vedere gli atteggiamenti assunti dalla Confesercenti della provincia di Pesaro proprio in queste ultime settimane, rispetto ad alcune scelte da parte del Comune di Pesaro che andavano in questa direzione. Quindi mi aspetto che questo sia veramente un impegno formale affinché entro marzo questa norma possa essere visita. Poi ci confronteremo, ognuno porterà le sue posizioni, ragioneremo sui numeri, ma nell’ambito di una correttezza formale di rispetto dei regolamenti che questo Consiglio si dà.

PRESIDENTE. Emendamento n. 2, subemendamento 02 a firma Bugaro e Badiali. Dopo la parola “estive” è aggiunto il seguente articolo: “Le modalità stabilite dall’art. 16, comma 6 bis della legge regionale 26/99 non si applicano per la stagione commerciale relativa all’inverno 2006/2007”.

Il Consiglio approva

Emendamento n. 2: alla fine del comma dell’art. 1 aggiungere: “Il periodo e le modalità delle vendite di fine stagione sono stabiliti dalla Giunta regionale entro il 30 novembre per le vendite invernali ed entro il 30 maggio per quelle estive”. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Decade l’emendamento n. 3.
Ha la parola il consigliere Procaccini per dichiarazione di voto.

Cesare PROCACCINI. Bisogna eliminare equivoci sulla questione degli orari, altrimenti l’informazione non avrebbe quella continuità istituzionale e storica se ognuno pensasse alla questione degli orari come un fatto soggettivo. Se riguardasse il nostro partito, tutte le domeniche e tutte le festività si dovrebbe chiudere l’esercizio commerciale, tuttavia sugli orari e sulla questione delle aperture la concertazione con le altre Regioni è essenziale. Siccome fui relatore della legge, la mediazione che oggi è inserita nella legge ha previsto l’apertura di un certo numero di festività, consigliere Altomeni, per la precisione 24+4, perché quello fu un punto avanzatissimo di mediazione. Se fosse stato per voi, sarebbe passata la liberalizzazione totale, anche relativamente al 25 aprile e al primo maggio. Quindi questa legge non solo non è stata di retroguardia ma va rivendicata come un fatto positivo di mediazione e se un domani si limiterà in maniera ulteriore questa cosa, noi saremo contenti.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’articolo 1.

Il Consiglio approva

Articolo 2. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Art. 3. Si tratta della dichiarazione d’urgenza. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di legge nel suo complesso. Ha la parola, per dichiarazione di voto, il consigliere Altomeni.

Michele ALTOMENI. Al di là della questione che ho posto prima e che rimane aperta, intervengo sulla legge e la mia dichiarazione di voto personale è di astensione, perché questa legge prevede una totale liberalizzazione di una normativa sul commercio. Tra l’altro questa legge prevede la concertazione con le organizzazioni del commercio e con le associazioni dei consumatori, non con i lavoratori? Alla fine, chi tiene aperti i negozi per i saldi sono i lavoratori. Secondo me era opportuno aggiungere questa cosa.
In generale mi pare una liberalizzazione eccessiva di punto in bianco, quindi mi asterrò.

PRESIDENTE. Ha la parola il Vicepresidente Agostini.

Luciano AGOSTINI, Vicepresidente della Giunta. Voglio rassicurare il consigliere Altomeni che per quanto riguarda le organizzazioni dei lavoratori, comunque verranno sentiti e con essi si farà la concertazione. Non è una liberalizzazione, significa dare mandato alla Giunta di scegliere quello che è previsto oggi per legge, cioè scegliere la data di inizio dei saldi. Oggi è previsto per legge, l’8 cade di lunedì, le associazioni dei commercianti e i commercianti stessi preferirebbero il festivo. E’ solo dare la possibilità di elasticità, non si allarga nulla su questo.
Per quanto riguarda il lavoratori ha perfettamente ragione il consigliere Altomeni, ma può stare tranquillo, perché li ascolteremo al pari delle associazioni di categoria e dei consumatori.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Brandoni.

Giuliano BRANDONI. Il gruppo di Rifondazione comunista voterà questa proposta di legge, tenendo conto, tuttavia, delle considerazioni e delle assicurazioni dell’assessore e del dibattito che c’è stato. Lo facciamo con spirito di fiducia e ci auguriamo che il giorno della Befana la grande distribuzione resti chiusa. Quindi votiamo con questo auspicio. Quella della Befana è una giornata da santificare.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di legge.

Il Consiglio approva




Proposta di legge (Seguito della discussione generale e votazione): «Modificazioni ed integrazioni alla legge 16 dicembre 2005, n. 36 “Riordino del sistema regionale delle politiche abitative”» Comi (93)

PRESIDENTE. Torniamo alla proposta di legge n. 93. Ha la parola il consigliere Ortenzi.

Rosalba ORTENZI. Credo che sia opportuno andare avanti e considerare gli emendamenti che ci sono, perché riteniamo che il lavoro svolto sia stato esaustivo. Abbiamo verificato tutte le esigenze, siamo andati incontro a delle considerazioni che vanno a favore delle categorie meno protette, quindi abbiamo considerato gli anziani, i giovani, la possibilità di dare ai Comuni un minimo di discrezionalità. Del resto vorrei ricordare, in relazione alle questioni che venivano contestate, che abbiamo l’art. 20 quinquies che riguarda la disciplina delle assegnazioni e la durata del contratto di locazione, ove si dice, al punto 2): “Il Comune, sulla base dei criteri stabiliti dalla Giunta regionale provvede all’individuazione delle modalità di assegnazione degli alloggi, previo parere della Commissione consiliare competente, disciplinando in particolare i contenuti e le modalità di presentazione della domanda, i criteri di priorità per l’assegnazione dei relativi punteggi da attribuire alle domande secondo le modalità di cui all’allegato A”.
Abbiamo ritenuto che lasciare un minimo di discrezionalità ai Comuni fosse importante, perché è stato detto prima dal collega Comi, che le esigenze che si possono ravvisare in un Comune piccolo, di 700-1.000 abitanti sono nettamente diverse dalle condizioni di una grande città come Pesaro, Ascoli o Ancona. E’ chiaro che è in funzione di questo la serie di punteggi attribuiti con l’allegato A.
Credo che su questo non abbiamo fatto un lavoro superficiale, abbiamo individuato con molto rigore le categorie da proteggere, senza aver dovuto poi fare molto lavoro in più, perché sono evidenti le esigenze che ci vengono proprio dai territori. Quindi riteniamo che la legge si possa votare. Per andare incontro anche a qualche preoccupazione che questa sera abbiamo incontrato, potremmo togliere, nell’allegato A, i punteggi aggiuntivi, ove si dice che “I Comuni possono individuare eventuali condizioni aggiuntive di punteggio rispetto a quelle sopra indicate, fino a un masso di 5 punti”. Questa è una indicazione che viene dall’ufficio e sicuramente va in funzione del fatto che magari, per una categoria che non è indicata nella legge — sfollati o per un motivo qualsiasi — un Comune può individuare un punteggio in più fino a 5 punti. Per tranquillità di qualcuno che può sospettare chissà cosa, propongo di cassare sui punteggi aggiuntivi i Comuni, fino alle parole “5 punti”.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la prosecuzione in seduta notturna.

Il Consiglio approva

Articolo 1, emendamento n. 1, a firma. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 9, a firma Massi. Siamo all’emendamento 9 perché, insieme agli altri emendamenti fino al 12 bis, riguardano l’allegato A.
Ha la parola il consigliere Capponi.

Franco CAPPONI. Noi abbiamo presentato un emendamento con una definizione più nitida e più certa del concetto di nucleo familiare e di corretta composizione del nucleo e diretta responsabilizzazione dei componenti. Questo andava a inserirsi in un discorso di punteggi in cui vogliamo premiare le giovani coppie che hanno contratto matrimonio civile o religioso, perché riteniamo che queste siano le coppie che vadano premiate, perché intendono costruire la società del domani. Per questo motivo ritengo che questa ulteriore specificazione, come contenuto tra l’altro in moltissime norme che la Regione ha fatto nell’assegnazione di contributi, proprio per i bonus casa, sia utile, aggiungendo il privilegio soltanto per quelle giovani coppie che contraggano matrimonio. Comunque preciso che tutte le forme costituite di coppie hanno diritti soggettivi di partecipazione all’assegnazione di un alloggio popolare, ma la premialità deve andare a chi ha un obiettivo di futuro.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento n. 9.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 10 a firma Capponi. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 11 a firma Capponi. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 12 a firma Silvetti. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 12 bis della Commissione: si propone di stralciare, nell’allegato A, la parte individuata dal titolo punteggi aggiuntivi”.
Ha la parola il consigliere Procaccini.

Cesare PROCACCINI. Questa proposta di modifica va nel senso di quello che noi avevamo chiesto, cioè di stralciare l’allegato A o di modificarlo, per non fare una proposta di delega agli enti locali del tutto impropria e soggettiva.
Noi apprezziamo lo sforzo che la Commissione e gli altri colleghi della maggioranza hanno fatto ed è per questo che voteremo tutta la legge.

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Pistarelli.

Fabio PISTARELLI. Non riesco a capire dove si agganci questo subemendamento.

Rosalba ORTENZI. E’ un emendamento della Commissione.

Fabio PISTARELLI. Ma quando si è riunita?

Daniele SILVETTI. Io faccio parte della Commissione e non ne so niente.

Fabio PISTARELLI. Questo è un emendamento irricevibile. La Commissione non è mai stata convocata.

PRESIDENTE. Prendo atto della precisazione del consigliere Pistarelli e a questo punto, a norma di regolamento, o si sospende il Consiglio e si convoca la Commissione per il parere sull’emendamento, altrimenti non è possibile accettarlo.

Fabio PISTARELLI. Propongo di sospendere questo argomento e di riprenderlo a gennaio perché non è possibile andare avanti con questa confusione totale.

PRESIDENTE. Ili problema non si pone, perché a norma di regolamento, o la Commissione si riunisce ed esprime il proprio parere sull’emendamento, e allora può continuare la discussione e la votazione, oppure l’emendamento non è ricevibile e proseguiamo senza l’emendamento.

Rosalba ORTENZI. Chiedo di poter riunire la Commissione... (Interruzione). A me sembra eccessiva la parola “porcheria” che ho sentito dire. Un po’ di rispetto anche per i colleghi di minoranza, e non solo di maggioranza, che hanno lavorato “a chiodo” su questa legge che non è semplice, perché riguarad un problema fondante delle famiglie marchigiane, qual è quello della casa che credo sia un problema primario. Dire che è una porcheria, mi scusi la collega Franca Romagnoli, on mi sembra opportuno. C’è da considerare che la Commissione si è riunita questa mattina alle 9 e c’è chi, come me, è partito alle 7,30 da casa per arrivare qui puntualmente. Mi dispiace che Silvetti era arrivato ancora prima e poi non c’era quando abbiamo riunito la Commissione , chiedendo sempre il parere degli uffici, che non sono mai stati di parte per alcuna questione, tanto meno per quello che riguarda le politiche abitative. Adesso buttare tutto “all’imbraca” credo che non valga la pena. Non vale la pena sicuramente per noi che siamo qui a lavorarci, tanto meno per quanti aspettano questa legge e vi assicuro che sono in molti, perché le commissioni per le assegnazioni delle case popolari sono scadute, quindi se questa sera non variamo questa legge, la responsabilità è di tutti e non so se riusciamo a far capire le nostre “sfumature” sulle questioni. Abbiamo fatto tanto, quindi chiedo di riunire la Commissione, chi c’è c’è, chi non c’è non importa, votiamo a maggioranza, chi vuol votare vota, chi non vuol votare se ne assume la responsabilità. Chiedo cinque minuti di sospensione, come abbiamo fatto anche per tante altre questioni, forse meno importanti.

PRESIDENTE. Siccome la sospensione del Consiglio è una prerogativa del Presidente, vi chiedo un po’ di comprensione: sospendiamo il Consiglio e convochiamo la Commissione. Tra cinque minuti riprenderemo l’esame della legge.

La seduta, sospesa alle 20,20,
riprende alle 20,25

PRESIDENTE. Ha la parola il consigliere Ortenzi, presidente della IV Commissione.

Rosalba ORTENZI. La Commissione si è riunita e a maggioranza ha approvato il seguente emendamento alla proposta di legge n. 93: nell’allegato A sopprimere le parole da “punteggi aggiuntivi” a “5 punti”.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento n. 12 bis. Ha la parola il consigliere Capponi.

Franco CAPPONI. Noi riteniamo che per le premesse fate anche dai consiglieri di maggioranza Comi e Ortenzi, questa legge tenda soprattutto a responsabilizzare gli enti locali, perché non esistono condizioni oggettive territoriali e socio-economiche identiche su tutto il territorio di questa regione, quindi vorremmo mettere a disposizione dei sindaci un parametro che possa andare a rafforzare le emergenze più eclatanti e importanti presenti in quel determinato territorio. Premetto anche che il regolamento che approva il Comune è un regolamento di natura comunale, fatto dai consigli comunali e c’è scritto anche nella legge che devono essere sentite le organizzazioni sindacali e di categoria.
Anche nel livello comunale ci sono tutte quelle garanzie che servono a dire che anche i Comuni devono fare una cosa che non sia veicolata o attratta da situazioni estremiste. Devo anche dire che partecipando a un convegno fatto a Fermo su cui si parlava di Erap, erano presenti molti sindaci ed abbiamo avuto un grande consenso sull’aspetto di dare un minimo di responsabilità ai sindaci e di interesse alle amministrazioni locali, che oggi, addirittura, non mettono più a disposizione degli Erap neanche le aree edificabili per l’edilizia residenziale pubblica, perché sono controproducenti dal punto di vista politico, quindi non importa loro nulla se non ci sono le case popolari. Questo è l’atteggiamento che in molte amministrazioni sta passando. Io sono cristiano, sono cattolico, ho affrontato questa legge con un senso di responsabilità verso tutte le forme di aggregazione e di composizione dei nuclei familiari, ma anche in un’ottica di guardare alla realtà del territorio, ai comportamenti che abbiamo come amministratori locali, provinciali e quant’altro. Quindi questo senso di responsabilità e di attenzione verso quello che accade sul territorio mi ha portato a dire che questa era la strada giusta per responsabilizzare sempre più le amministrazioni locali, perché parliamo sempre di decentramento, di responsabilizzazione, di sussidiarietà e poi gli atteggiamenti sono diversi. Mi dispiace di quello che hai detto prima, Solazzi, e spero che tu ti ravveda, perché teoricamente stiamo distruggendo questi principi, facendo quelle affermazioni. I Consigli comunali queste responsabilità se le vogliono prendere, anzi vogliono avere una nuova forza per dire “mi impegno di più, perché vado a risolvere problemi reali della società e non decisi da Ancona che potrebbe non avere capito la mia condizione locale”.

Marco LUCHETTI. Qui c’è un problema di cittadinanza...

Franco CAPPONI. Abbiamo salvaguardato tutto.
La mia proposta era di mediazione, ma era l’unico aspetto che si poteva lasciare a discrezione delle comunità e delle amministrazioni locali, non era un aspetto pericoloso per il vostro senso di definizione dei livelli democratici. Non sarebbe successo nessun colpo di stato, non sarebbe successo nulla, con questa norma.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento 12 bis.

Il Consiglio approva

Gli emendamenti nn. 2, 3 e 3 bis sono ritirati. Emendamento n. 4 a firma Massi, che recita: al comma 4 bis dell’art. 20, ultima riga, sostituire il numero “20” con il numero “30”. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

L’emendamento n. 5 è decaduto. Emendamento n. 5 bis a firma Lippi. Lo pongo in votazione.

Il Consiglio non approva

Pongo in votazione l’articolo 1 come emendato.

Il Consiglio approva

Articolo 1 bis. Emendamento 5 bis a firma Ortenzi. E’ ritirato.
Pongo in votazione l’articolo 1 bis.

Il Consiglio approva

Articolo 2. Emendamento n. 5 ter a firma Capponi, che ha la parola per illustrarlo.

Franco CAPPONI. La legge che abbiamo approvato contiene la norma introdotta dai consiglieri di maggioranza, relativa a una modifica della legge 36, soprattutto sulla definizione di nucleo familiare. E’ una norma che noi proponiamo e che riesce a descriverei, in un modo più chiaro e rispettoso della Costituzione e delle norme in materia di ordinamento civilistico, il concetto di nucleo familiare. Questo emendamento in pratica va a stabilire quali sono le forme di convivenza che possono avere accesso al beneficio del servizio abitativo. Non c’è alcuna gravissima chiusura nei confronti di alcuno, solamente si ripercorre la Costituzione e i regolamenti tuttora vigenti. La correzione che era stata proposta in Commissione è una situazione che apre, senza avere il supporto legislativo, a forme di convivenza neanche regolamentate. Sono forme di convivenza libere. Noi prevediamo una forma di convivenza sancita dalla legge, fino ad arrivare al more uxorio che viene, tra l’altro, responsabilizzato chiedendo ad entrambi o al nucleo che non ha una regolare forma di aggregazione civilistica, di condividere totalmente, responsabilmente, per tutti i conviventi del nucleo e non solo del richiedente o dello pseudo capo famiglia. Quindi è una responsabilizzazione ulteriore di unioni che non sono sancite con regole previste dal nostro codice ordinamentale. Chiediamo che queste forme, come peraltro la maggioranza aveva gi previsto nell’approvazione della 36, siano comprovate esistere, dal punto di vista anagrafico, almeno da due anni. E’ una definizione più stringente, più chiara e più seria, che non introduce forme di convivenza che oggi non esistono e non sono regolamentate. Questa legge era illegittima per quell’aspetto.

PRESIDENTE. Pongo in votazione l’emendamento

Il Consiglio non approva

Emendamento n. 5 quater a firma Capponi. Viene ritirato, così come gli emendamenti 6, 7 e 8.
Pongo in votazione l’articolo 2.

Fabio PISTARELLI. Chiedo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Prego di procedere alla verifica del numero legale.

Michele ALTOMENI, Consigliere segretario. Procedo alla chiama.
Agostini presente
Altomeni presente
Amagliani presente
Badiali presente
Benatti presente
Binci presente
Brandoni presente
Brini assente
Bucciarelli presente
Bugaro assente
Capponi assente
Castelli assente
Cesaroni assente
Ciriaci assente
Comi presente
D’Anna assente
Donati presente
Favia assente
Giannini presente
Giannotti assente
Lippi assente
Luchetti presente
Mammoli presente
Massi assente
Mezzolani presente
Minardi assente
Mollaroli presente
Ortenzi presente
Petrini presente
Pistarelli presente
Procaccini presente
Ricci presente
Rocchi assente
Romagnoli assente
Santori assente
Silvetti assente
Solazzi presente
Spacca assente
Tiberi assente
Viventi assente

PRESIDENTE. Sono presenti n. 21 consiglieri, quindi la seduta può proseguire.
Pongo in votazione l’articolo n. 2.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione il coordinamento tecnico, che è di per sé un emendamento.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’ordine del giorno a firma Altomeni e Brandoni.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’ordine del giorno a firma Altomeni.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione l’ordine del giorno a firma Altomeni, Comi e Mollaroli.

Il Consiglio approva

Pongo in votazione la proposta di legge nel suo complesso. Ha la parola il consigliere Silvetti.

Daniele SILVETTI. Ho interrotto i miei interventi sugli emendamenti perché ho capito qual era la nuova filosofia di questa legge, che ovviamente non ci trova d’accordo. Sono dispiaciuto per due questioni. La prima, che da parte nostra è stata dimostrata la concretezza delle nostre proposte e un percorso che noi volevamo condividere è stato fatto saltare al fotofinish e di questo sono molto dispiaciuto. Mi dispiace e do atto alla presidente della Commissione Ortenzi di avere lavorato con serietà, con capacità. Mi dispiace che lei stessa è stata messa in difficoltà da logiche che non hanno nulla a che fare con i contenuti di questa legge o con quelli che avrebbe dovuto avere questa legge. Va comunque dato merito alla presidente di avere portato fino al termine questo lavoro. Purtroppo non ha avuto gli esiti che auspicavamo e riteniamo questo comportamento da parte della maggioranza assolutamente inaccettabile. Riteniamo scorretto questo metodo che cambia le regole all’ultimo momento, quando c’era un accordo convinto da parte di tutte le forze del centro-destra a votare questa proposta di legge assolutamente scevra da qualsiasi tipo di barriera archeologica. Da laico convinto quale sono, ho votato in modo convinto alcuni emendamenti che hanno proposti i colleghi della maggioranza e ho anch’io fatto qualche proposta, sicuramente non improntata da una matrice ideologica né religiosa. Mi dispiace che questo non è stato raccolto, non è stato apprezzato, probabilmente o non è stato sufficiente perché si addivenisse a un voto unanime. Sono molto dispiaciuto di questo, così come la forza politica che rappresento. Purtroppo questo crea un precedente: sarà un po’ difficile, in futuro, fidarsi di una maggioranza che purtroppo non è così affidabile. Per questo non intendiamo partecipare al voto e abbandoniamo l’aula.

PRESIDENTE. Prendendo atto con dispiacere di quanto affermato dal consigliere Silvetti, pongo in votazione la proposta di legge.

Il Consiglio approva

Ringrazio tutti i consiglieri, in particolare quelli che sono rimasti ed hanno dimostrato grande responsabilità e rinnovo gli auguri a voi e alle vostre famiglie per un buon anno 2007.
La seduta è tolta.


La seduta termina alle 20,40